Padri, madri e lavoro

Trascrizione di parte dell’intervento di Costanza Miriano alla Consulta Nazionale della CEI, Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, del 16 novembre 2012 

Consulta Nazionale della CEI novembre 2012
Consulta Nazionale della CEI novembre 2012

di Costanza Miriano

[…] Penso che le donne stiano sbagliando completamente l’obiettivo della loro battaglia sul piano lavorativo, sul tema della conciliazione. Ogni volta che si parla di conciliazione tra lavoro e famiglia si parla di asili nido, quote rosa, soffitto di cristallo da sfondare.

Io credo che attualmente il mondo del lavoro abbia delle regole e dei tempi, soprattutto, completamente maschili e noi donne combattiamo per entrare in questo mondo che ci snatura e ci toglie il diritto di accudire i nostri figli.

Io credo che bisognerebbe lottare soprattutto perché il mondo del lavoro avesse dei tempi e dei modi femminili, quindi, innanzitutto, permettere a chi lo desidera, a chi ha la benedizione di avere dei figli, di stare a casa anche anni, senza perdere il posto e con degli assegni familiari dignitosi. Perché una mamma che segue i figli svolge un lavoro sociale. Non è naturale mettere i bambini all’asilo nido a tre o quattro mesi, è una violenza che viene fatta ai bambini.

Io, purtroppo, con i primi due figli ho dovuto riprendere a lavorare quando avevano quattro mesi perché ero precaria, sono stata precaria tredici anni, e se non avessi accettato quel contratto avrei perso, a parte i soldi, e non avremmo potuto farne a meno, anche il diritto, avrei perso ”la priorità acquisita” come dicono al call center e il mio precariato sarebbe durato più di tredici anni… E quindi, sono stata costretta a lasciare i primi due, insomma, tirandomi il latte, lasciandolo in frigo, un po’ con la nonna, un po’ col papà, un po’con una signora, un po’ io correndo come una pazza in tangenziale per tornare a casa in tempo.

Innanzitutto bisognerebbe lasciare la possibilità di scelta perché ora non è vero che si può scegliere. Ci hanno rubato uno stipendio, prima bastava un portatore di stipendio in casa adesso è quasi impossibile che sia sufficiente.

Quindi, lottare per questo: perché le mamme abbiano il diritto, cioè perché i padri siano retribuiti anche in base al quoziente familiare, con un forte assegno, uniti ad ogni aiuto possibile anche se, adesso penso che sia un argomento, in questo momento, insomma, molto difficile da tirare fuori, però questo è il primo punto.

L’altro è che anche quando i bambini poi non sono più, magari, piccolissimi sarebbe giusto che le donne combattessero, ecco, non tanto per le quote rosa quanto per avere una maggiore flessibilità lavorativa.

Io devo dire, io su questo non mi posso lamentare perché alla RAI ho trovato a volte dei capi che guardavano il risultato, quindi sono riuscita a lavorare con tempi umani, sempre andando in giro con la borsa, con la banana spiaccicata e il panino, come dico io (ho tutte le borse che sanno di salumi perché sono sempre in giro col panino), di corsa, per contrarre i tempi. Tante colleghe che possono lo fanno e devo dire che questa poi è una lealtà cioè, diciamo, una generosità a doppio senso perché poi, magari, siamo andate, io stessa sono andata al lavoro anche con la febbre a trentotto perché, comunque, visto che mi viene accordata una disponibilità in un senso poi cerco di restituirla. Vedo tante colleghe che corrono e cercano di tenere insieme tutti i pezzi con molta fatica, però.

Invece, ci sono tante, tante donne che non hanno questo privilegio e non mi spiego come mai questa non sia una battaglia prioritaria delle donne, all’ordine del giorno, cioè scendono in piazza, “se non ora quando”, per le quote rosa, quando secondo me le donne vere, in carne e ossa, che abbiano il problema di entrare in un consiglio di amministrazione sono pochissime. Quelle che conosco io sono tutte mamme che, ormai ho un buon campione statistico avendo quattro bambini e parlando con i genitori che incontro, tutte hanno il problema di tenere insieme i pezzi, arrivare alla fine della giornata, tenere insieme tutto, non di entrare in un consiglio di amministrazione che personalmente non è posto per me, sarebbe una iattura, proprio una cosa tragica.

E però mi sembra che nel dibattito pubblico sia sempre questo il tema, l’ascesa al potere e mai i problemi di orario che veramente interessano tutte noi e ci riguardano.

Io credo che ci sia un disegno molto preciso contro la famiglia perché le quote rosa per esempio sono contro la famiglia. Secondo me, cioè, è vero che si può fare tutto, delegando a baby-sitter e tate, però una non è più una mamma quella che sforna biologicamente un figlio però non fa la mamma.

Io credo che ci sia un disegno politico e ideologico molto preciso, contro la famiglia, contro i figli, e a favore dell’appiattimento di genere, che per me è una parolaccia.

Una volta mi hanno invitata a un convegno contro le discriminazioni di genere, e io ho detto subito: io non vengo perché “genere” è una parola che rifiuto e sono anche un po’ a favore delle discriminazioni. Secondo me siamo diversi e dobbiamo avere modalità diverse, abbiamo talenti diversi e modalità diverse di lavoro. Cioè, il padre può essere meno presente a casa perché il padre è quello che mette la regola, che dice i sì e i no, quello che sì deve essere presente come figura, come punto di riferimento, come archetipo. Cioè io dico ai miei figli: “il babbo dice così” anche se lui non c’è, in quel momento. Però per noi è presente, e non è necessario che sia lì dodici ore al giorno sempre a mettere i cerotti sui ginocchi sbucciati ecc. perché è la madre che incarna l’accoglienza, cioè la madre insegna a vivere, il padre prepara a morire mettendo le regole, dicendo i sì e i no, essendo una guida, anche giocando con i figli perché anche con il gioco poi si educa, però è un tipo di presenza completamente diversa.

Invece, tutte le battaglie che vedo fare sul tema, anche quella dei congedi parentali obbligatori per i padri, non centrano il cuore del problema. Io ho sentito all’asilo nido, che come ho detto è un posto secondo me contro la natura dei bambini, ho sentito all’asilo nido delle maestre che sgridavano i padri perché non cambiavano i pannolini.

I padri di oggi sono fin troppo accudenti, siamo una generazione senza padri; non so se voi frequentate asili, scuole, ma io vedo delle cose proprio ignobili a scuola, bambini completamente senza regole, completamente senza punti di riferimento, questo è il lavoro che devono fare i padri, però se i padri vengono indottrinati a cambiare i pannolini, ad essere accudenti, a spingere i passeggini, poi non possono anche essere la regola, incarnare il limite, il senso della realtà perché c’è una polarizzazione che viene completamente sbilanciata a favore, appunto, dell’aspetto accogliente del genitore, e uno non può essere quello che provoca, diciamo, le lacrime e anche quello che le asciuga. Il padre deve essere il senso di realtà, qui c’è un muro, non puoi aprirci una porta.

Quelle che finiscono sui giornali insomma, sono piccole polemiche giornalistiche, simboliche però: magari due o tre giorni di paternità obbligatoria non è che cambino nell’essenza la figura paterna o il suo profilo lavorativo, però secondo me sono delle battaglie simboliche che vogliono tutte comunicare, appunto, l’intercambiabilità dei ruoli e la femminilizzazione del maschio che è in atto nella nostra società. Come anche la battaglia per le adozioni, i matrimoni omosessuali, affermare che anche coppie dello stesso sesso possono adottare figli o averli sfruttando crudelmente donne che mettono i loro uteri in affitto: sono tutte battaglie che servono a veicolare il messaggio che non c’è più bisogno del padre e della madre, quindi, alla fine non c’è più bisogno di Dio perché è lui il Padre, è quel Padre a cui rimanda il padre sulla terra.

82 pensieri su “Padri, madri e lavoro

  1. admin

    il nostro Andrea Torquato Giovanoli ha scritto questo ieri su FaceBook:

    “Un piccolo, amichevole appello
    🙂
    Mio figlio domattina sarà ricoverato in ospedale per essere sottoposto ad un intervento ai piedini mediante il quale speriamo possa recuperare quanto meglio possibile la posizione eretta e la deambulazione: sua madre ed io chiediamo a tutti i nostri amici e le nostre amiche che volessero una preghierina per lui secondo questa intenzione.
    Grazie comunque per la vostra vicinanza ^_^ “

    Sono certo che non saranno pochi i frequentatori del blog che si uniranno all’amichevole appello.

    1. 61Angeloextralarge

      Admin: allargo il giro delle preghiere a sacerdoti e conventi/mnasteri di clausura… meglio abbondare che scarseggiare, no?

    2. Sara

      Vicina con la preghiera al piccolo e ai suoi genitori! Oggi il nostro Rosario quotidiano è per voi!
      Sara

  2. ‎”I padri di oggi sono fin troppo accudenti, siamo una generazione senza padri;”

    Non è “una generazione”, è un processo iniziato con l’ascesa dei grandi dogmi behaviouristi negli anni 50, che ha visto il suo fenomeno patologico acuto durante gli anni 70, e che adesso che è cronico diventa sempre più grave ogni giorno che passa.
    “No frustration children”, ce fosse la macchina del tempo a sti pseudo-positivisti e alla gente che s’è bevuta quelle cazzate bisognerebbe proprio fagliela vede’, la frustrazione…

  3. roberto

    Grazie Costanza quanto avrei voluto che le femministe imboccassero questa strada , ma non è mai troppo tardi, continua la tua magnifica lotta controcorrente, il coraggio del pensiero libero e fuori dagli schemi prima o poi sarà ripagato perchè spiazza e fa discutere. E il mondo di oggi ha fame di questo… Eppure io non riesco a immaginarti in sacrestia…. la tua potenza disarmante e convincente merita un uditorio più vasto ed eterogeneo….non in politica ,ma quasi…nella società civile insomma ….lì c’è bisogno di una come te che dica le cose senza veli e fronzoli e lo dica a tutti non solo ai credenti….ciò che è vero vale per tutti al di là del credo politico e religioso. e so per certo che molte donne sarebbero pronte ad accogliere il tuo messaggio perchè arriva direttamente alla essenza della femminiltà che per fortuna le donne ancora percepiscono senza dover transitare dalla mente..

  4. Alex67

    Grazie Costanza, intervento veramente illuminato!
    Sui temi di questi giorni (dis-educazione dei bambini e orientamento dei “generi” in particolare)…..Tutto qua! Meno di 2 minuti per descriver le mele come tali.

  5. Lucia

    Pensare di dover tornare al lavoro con unabimba di 6mesi e un bimbo di 2 anni mi da un’angoscia terribile.
    Ma anche riuscissi ad arrivare all’anno della seconda: come posso perdermi le sue tappe?! E se non ci fossi quando inizia a camminare?!
    E l’altro che è ancora un topolino…
    Anch’io penso che la battaglia sia sbagliata. Perchè hanno lottato come se tutte volessero la carriera. Ma anche questa è un’imposizione.
    Chi vuole vivere per lavorare…?! Io no! Voglio vivere per i miei figli e un giorno portare a casa un giusto stipendio facendo un lavoro che sia un minimo nelle mie capacità, se necessario…ma niente di più! Vorrei esserci per i loro compiti, l’uscita da scuola, vedere i film Disney abbracciati sul divano, poterli prendere io da scuola se stanno male, non delegare questo ad una signora, avere tempo per cucinare e migliorarmi, anche cucire (ma perchè uno deve offendersi per lo “stereotipo della donna che sta in casa a cucire”…non è una cosa bellissima fare e inventarsi vestiti per la famiglia?! Mia nonna ha cucito sempre per tutta la famiglia e i suoi cappotti sono per me dei veri e propri capolavori)!
    Insomma che io VOGLIO ESSERCI per i miei bambini.
    Ma non ci saró come vorrei, a me fa un male terribile e pensare che hanno lottato per qualcosa che ha un valore nullo in confronto al crescere i propri figli ed accompagnarli nel mondo mi fa una gran rabbia.
    Per poi delegare alla scuola questo compito, vederli alla sera carichi di sensi di colpa, riempirli di “regalini e caramelle” e pretendere che crescano altruisti, non prepotenti, capaci di ascolto e relazione. Come possiamo pretendere di creare una società giusta con bimbi che sono abituati a reprimere il loro bisogno d’affetto, di cure?!
    Ultimamente ho visto una figlia di amici con il magone, gli occhi lucidi, perchè la mamma lavora troppo e “i pomeriggi sono lunghi senza di lei”.
    Mi si è stretto il cuore e ho proprio pensato che stiamo sbgliando tanto, tantissimo.

    1. @Lucia l’equivoco è che chi non sceglie la carriera (non ho poi capito di cosa si tratti) lavora meno…

      a me risultata che cameriere e commesse lavorino molto di più di medici e dirigenti, e senza facilitazioni di sorta.
      Quindi il punto è la conciliazione tra lavoro e famiglia non tra carriera e famiglia.
      Vive per lavorare più chi fa lavori comuni che chi fa carriera…

      1. Lucia

        @hannover.
        Si il termine carriera è sbagliato…ma immagino che chi faccia lavori umili si trovi a farlo per necessità e non per ambizione.
        Io non penso che lavorare non sia un diritto ma così facendo è diventato un dovere. E io madre che partorisco, modifico le intonazioni della mia vita a seconda dell’età di mio figlio (simbiosi giorno e notte quand’è neonato, i primi distacchi con la scuola e attività, poi la giusta distanza per dargli indipendenza nell’adolescenza ecc ecc), insomma io donna e madre che ho un (dolce) carico, d’importanza sociale ENORME, devo gestire una famiglia nel migliore dei modi, devo pure lavorare?!
        Se posso scegliere: no grazie.

  6. Questo ottimo intervento di Costanza coglie l’essenzialità del problema lavoro collegato alla vita famigliare della donna e di conseguenza di tutta la famiglia. Mi accodo all’invito di Roberto affinché questa risorsa dialettica possa confluire in un progetto politico con l’aiuto di persone volenterose e competenti, altrimenti rimane una piccola luce in un mondo tenebroso. Ci sono tante persone brave e tanti movimenti ma ci vorrebbe un po’ di unità politica di intenti. Per quanto riguarda la presenza dell’uomo, è vero che la sua presenza dovrebbe sentirsi anche quando non c’è ma ci sono alcuni aspetti da considerare. Nella mia zona ci sono molti gelatai che vivono in Germania. In genere avviene che il papà rimane fuori casa da febbraio ad ottobre e la mamma deve gestire da sola almeno tutto il periodo scolastico dei figli. Non è facile. E’ vero che in queste famiglie si avverte fortemente la figura paterna, quasi idealizzandola ma la presenza fisica dei padri è molto rassicurante, sia per la sposa che per i figli. Nelle famiglie contadine venete, nel passato, il padre lavorava nei campi ma alla sera era in casa e recitava il rosario assieme a tutta la famiglia. Finito il Rosario c’era spazio per dialogare con i figli, qualsiasi problema veniva affrontato insieme, poi si cantava o si raccontavano storie per i più piccoli. Il Patriarca di Venezia proprio ieri nell’ambito dell’incontro con le famiglie affermava che l’amore tra i coniugi è la prima grande testimonianza che apprendono i figli.

  7. Fatto salvo per la parte finale che c’azzecca come il cavolo a merenda (ma che ci volete fare, l’ideologia – di qualsiasi colore sia – è sempre la bestia peggiore e più strisciante), si può essere d’accordo ma… questo è un discorso che si può fare a valle, ma di quale sia il problema a monte nessuno se lo chiede, per carità.
    I soldi, quindi gli stipendi, non li paga pappagone, li pagano le aziende e generalmente non li prendono dal cilindro, checchè se ne dica.
    Quindi se si volesse realizzare quel che lei dice bisognerebbe avere un fortissimo intervento dello Stato e con ciò una fortissima solidarietà tra lavoratori perchè il welfare si paga con le tasse. E per me sarebbe una santissima cosa (anche se welfare è una parola che non va di moda…). Ma questo è il Paese dell’eterna doppia morale, che concede diritti a pochi con i sacrifici di molti, lasciando gli altri al margine.
    Poi bisogna uscire dalla logica che siamo tutti giornalisti o simili e soprattutto tutti dipendenti (pubblici o privati). Sveglia, sono chiacchiere da bar, il mondo lì fuori è fatto di operaie, commercianti, medici, badanti, ingegneri e via dicendo. Dire che bisogna puntare sulla flessibilità e consentire alle donne di conservare il proprio posto per anni significa porsi il problema a metà, anzi per la metà della metà. Allora o impediamo fisicamente alle donne di accedere a certi lavori o ci poniamo il problema per tutte. Forse, dico forse, proporre di incrementare il numero degli asili nido serve a quelle donne in carne ed ossa che non possono star lì a discettare di demoniaci disegni di equiparazione tra uomo e donna.
    Poi dire che le donne dovrebbero lavorare poco e star a casa per molto tempo dopo la nascita dei figli mi sembra antistorico. Generazioni e generazioni sono cresciute così, e mi permetto di dire che sono state generazioni un tantino meglio riuscite di quelle venute su dalla casalinghe (me compresa).
    E poi… lasciatemi aggiungere… ma perchè avere questo sguardo sul lavoro come se fosse il peggiore dei mali o il primo nemico delle donne? Mai sentito dire che il lavoro nobilita gli uomini? saranno incluse anche le donne? E di questa nobiltà possono mai non giovarsi i figli?

    1. admin

      “I soldi, quindi gli stipendi, non li paga pappagone, li pagano le aziende”
      forse non hai capito, è lo stato che deve intervenire come lo fa con la cassa integrazione o con le pensioni. Si potrebbe, ad esempio, equiparare l’età pensionabile di uomini e donne e concedere alle donne un congedo retribuito per lo stesso numero di anni che avrebbe anticipato la pensione, è più utile per una donna e per il bambino stare a casa quando nasce il figlio che a 62 anni. Una soluzione del genere sarebbe vantaggioso anche economicamente per l’INPS che pagherebbe meno un lavoratore giovane con meno anzianità di uno che ha maturato l’intero stipendio, per lo stato che risparmierebbe sugli asili nido, e per la società che avrebbe dei figli cresciuti dalla propria madre.

      1. in verità ho capito benissimo, dico solo che è uno sguardo parziale sulla realtà perchè riguarda solo una (ormai) piccola fetta di persone. Ad esempio non le professioniste o le iscritte alla gestione separata e soprattutto non i lavoratori discontinui e dipendenti di piccole imprese. C’è un divario in questo Paese di cui forse non si accorge nemmeno che ci è dentro. Il divario tra chi gode di diritti (disoccupazione, maternità, cassa integrazione etc.) e chi pur sostenendone il costo previdenziale non può goderne. Quella fetta di popolazione non fa rumore ma è ormai la maggioranza. A queste donne che diciamo?
        E poi un costo per le aziende esiste. La sostituzione con altro personale è possibile nello Stato e nella grandi aziende, ma nelle piccole, nel commercio e nel lavoro autonomo no. Ammettiamo che le lavoratrici possano godere di sussidi dello Stato magari per due anni dopo il parto. Nel frattempo l’azienda che fa?

    2. Guit

      Secondo me il problema non è economico ma culturale. Il laicismo indossa la maschera del diritto e dell’eguaglianza ma persegue un fine tecnocratico: appellandosi al legittimo diritto della donna di autodeterminarsi, introduce un sistema di valori radicale e contrario, che impedisce alla donna di fare la mamma. L’ordine valoriale di oggi, stigmatizza la vita di una donna dedita alla famiglia per propria scelta, come una forma di oppressione su di lei, oppressione di ruolo, che la società deve contrastare; il risultato di tale demagogia è quello di una guerra contro l’antropologia cattolica. Credo che la libertà di scegliere sia libertà di scegliere e non costrizione a fare quello che desidera l’oligarchia.

      1. concordo sul fatto che alla fine dei conti non è una questione economica, ma girarla sulla storia del tecnicismo… suvvia… sono i problemi più vecchi del mondo, soltanto che una volta non c’era scelta (per il 90% delle donne o giù di lì), e quando non c’era scelta non c’era nemmeno moralismo. Le donne lavoravano, molto, come tutti, e zero storie. L’attività più diffusa, l’agricoltura, non lasciava certo spazio per interpretazioni su oligarchia e via dicendo. Il problema della scelta appartiene solo ai decenni più recenti, quando la classe media si è affermata e allargata, dando la possibilità alle donne di stare a casa. Al recente passato è dovuta l’amnesia.

    3. Ho letto ora il post ed i vari commenti. per ciò che riguarda le “generazioni e generazioni che sono venute su un tantino meglio” ho i miei profondi e personalissimi dubbi. Sono figlia di due ottime persone professioniste che hanno avuto quattro figli. Pur essendo buonissime persone, il loro lavoro è stato massacrante e pesantissimo per i risvolti nella conduzione familiare…io ho sempre avuto chiaro, fin da piccola, che mai e poi mai avrei intrapreso la loro professione da “grande”. Ripeto, non per loro cattiva volontà, ce l’hanno messa tutta per noi figli, ma non hanno centrato l’obiettivo per alcuni passaggi fondamentali della nostra crescita,letteralmente persi a causa del lavoro. Una mamma o c’è o non c’è, se ha dei turni in ospedale, con tutte le preoccupazioni legate alla vita ed alla morte dei pazienti che segue, non c’è e basta. E tu bimbo piccolo o grandino che sia, ma non scemo, ti rendi conto che devi dare meno fastidio possibile con i tuoi possibili problemi…

  8. Mariella

    Grazie Costanza! Ancora una volta hai centrato il punto che da sempre sostengo e per cui anche ora che sono nonna “lotto”: hai descritto sinteticamente e benissimo quella che è stata la scelta fatta da me e mio marito quando avevamo i figli piccoli – ora hanno dai 23 ai 29 anni – e questo, secondo me ha pagato tantissimo. In modo particolare me ne sono accorta quando abbiamo vissuto la grande fatica della scelta di andarsene da casa del marito e padre con conseguente divorzio.
    Lui ed io avevamo insieme lavorato perché io fossi il punto dell’accoglienza e lui quello delle regole e, per questo motivo e soprattutto per Grazia di Dio, la casa non è crollata in quel frangente doloroso…ma io mi sono accorta di come sia contro natura dover incarnare l’accoglienza e la regola al contempo. Come dici tu:” Uno non può essere quello che provoca, diciamo, le lacrime e anche quello che le asciuga”. Io l’ho dovuto fare e tanti altri come me…. Si è fatto, si deve fare…ma è contro natura …ognuno ha un compito e quando manca lascia il segno. Poi la misericordia di Dio, per fortuna, scrive sia dove ci sono spazi rimasti bianchi per incapacità o in quelli che per la nostra povera umanità sono a volte volutamente neri per rabbia o dolore.
    Ho scritto tutto questo perché possa ognuno di noi riscoprire la bellezza della sua diversità come uomo e come donna, e e non vederle come un ostacolo ma un arricchimento per sé, il proprio coniuge e i figli..e allora non potrà che gioire di quel che è e che ha e vedere come porta frutto.
    Ti ringrazio per la posizione controcorrente, ma più vera, che ci ricordi ogni giorno.

    Mariella

  9. lele

    Assolutamente condivisibile. Nella cattolicissima Italia c’è sempre meno spazio alla famiglia.
    Ma è curioso come in stati più “liberali” e più vicini alla “cultura del gender” ci sia invece quest’attenzione alla madre. Dove per ogni figlio la madre può ricevere fino a 800€ al mese per i primi anni di vita.
    Forse forse non è la cultura cattolica o meno… forse è la cultura del popolo. Di un popolo che fino ad oggi ha dormito sonni tranquilli convinto di essere “ben guidato” e “ben consigliato”.
    Forse è ora che questo popolo prenda coraggio e si faccia veramente sentire.
    Dai che ce la possiamo fare.

    P.s. Comunque non vedo proprio cosa ci sia di male per un papà cambiare un pannolino o portare il passeggino.
    Io lo faccio spesso (e anche volentieri) … questo non mi limita nell’essere colui che impone le regole.
    Secondo me i giovani papà(quelli che oggi hanno 30anni) vogliono essere meno “dittatori” e più “ascoltatori” delle esigenze dei figli. Saperli capire e saperli ascoltare.
    Quello che forse i nostri padri(quelli che oggi sono nonni) forse non hanno saputo fare per mancanza di una buono consapevolezza.

  10. Valeria Grassi

    Ma io ultimamente sento genitori che affermano che al nido i loro figli si divertono moltissimo mentre a casa si annoiano…
    Sostengono che quando un virus li costringe a casa non vedono l’ora di tornare al nido a giocare con i compagni, perché la sono attrezzati con giochi educativi stupendi, amici e imparano l’autonomia. Io non sono d’accordo su questo ma resto perplessa davanti a queste convinte affermazioni.
    Mi sono resa disponibile a tenere io i miei nipotini di 20 e 9 mesi piuttosto che al nido ma niente.
    Ed infine mi chiedo(cambio argomento) vista dalla parte del piccolo imprenditore, quando una mamma va in maternità per l’azienda e’ un problema non indifferente….come sarebbe possibile conciliare le cose? Mantenere il posto di lavoro per 3/4 anni ok….ma nel frattempo chi svolge il suo ruolo? Una persona nuova, da formare e un nuovo stipendio…poi quando la mamma rientra? che ogni volta che il bambino e’ ammalato sta giustamente a casa? hanno una quantita di giorni di permesso retribuito infinita….Boh! Scusate,,sono ignorante lo so ma vedo i problemi pratici che ho in casa e non sono così semplici e liquidabili in poche parole.

  11. “di stare a casa anche anni, senza perdere il posto e con degli assegni familiari dignitosi. ” Giusto!!!

    e che questo, di avere un assegno, valesse per tutti, anche per quelli/e che il lavoro non ce l’hanno e non ce l’hanno mai avuto, come è d’uso (almeno fino a ora)nei paesi, specialmente, del nord Europa, Francia compresa.

  12. Mi rendo conto che io mi limito a sollevare il problema, e non fornisco soluzioni. Per il momento sarebbe già una grandissima cosa se questo venisse percepito come problema, secondo me, se ci fosse un cambiamento generalizzato di mentalità, e quindi se la cosa venisse messa all’ordine del giorno dell’agenda politica: poi le soluzioni si troverebbero. per esempio, come ho accennato nel mio primo libro, le donne potrebbero andare in pensione più tardi, almeno come gli uomini (rispetto ai quali, si sa, invecchiano meglio). I quattro anni di lavoro così guadagnati però se li potrebbero prendere prima, in occasione delle eventuali maternità. Questo dovrebbe essere a carico dell’Inps, non del datore di lavoro, come è per la pensione.

  13. Erika

    Ho detto spesso e continuo a dire che una mamma che lavora, se da una parte “toglie” qualcosa ai figli, il tempo, da una parte “dà” qualcosa di molto importante.
    Un esempio.
    Non finirò mai di ringraziare la mia mamma per questo: avermi mostrato come si fa a essere una mamma amorevole e raggiungere risultati importanti nella propria professione.
    Questo non significa che quella attuale sia la situazione perfetta. E’ un dato di fatto che nei primi tre anni un bimbo ha bisogno di una presenza molto assidua, quindi ben vengano congedi parentali molto lunghi e assegni parentali significativi, come avviene in Francia.
    Sono certa che i soldi delle nostre tasse potrebbero coprirne i costi, se smettessimo di buttarli via in opere inutili e privilegi assurdi.
    Alle donne che, come Lucia, si chiedono a che servono certe battaglie, perché loro non vorrebbero altro, giustamente, che poter stare coi loro bimbi, rispondo che il mondo è grande e vario, non tutte le donne hanno figli e non credo sia giusto che (come purtroppo ancora avviene), una donna debba essere penalizzata nelle possibilità di carriera perché POTREBBE avere dei figli.
    Io non riesco a vedere una dicotomia in questo: la “battaglia” non deve tra quelle che vogliono stare a casa e quelle che vogliono lavorare. Possiamo e dobbiamo creare le condizioni per uno sviluppo armonico dei talenti e delle diverse vocazioni.

  14. Costanza Miriano

    Erika, hai ragione, infatti la possibilità di stare a casa sarebbe facoltativa, e dovrebbe gravare sullo stato sociale (pagato da noi lavoratori e lavoratrici e da noi famiglie tutte), e non essere un problema solo per il datore. Io penso tra l’altro che sia giusto che chi sceglie di dedicarsi più al lavoro venga considerata di più, e faccia per così dire “più carriera”, la cosa mi sembra naturale. E concordo sul fatto che lavorare possa essere un arricchimento anche per i figli: le madri che – a occhio – stimo di più lavorano QUASI tutte. E’ un problema di organizzazione del lavoro, e dovrebbe essere un problema di tutta la società.

    1. Erika

      Costanza, trovo che la tua proposta sull’allungamento dei tempi pensionistici sia ottima.
      Le mamme che lavorano (come te), hanno spesso idee pratiche e sensate su questi temi.
      Ahimé, il più delle volte ignorate…

  15. misartik

    Sono d’accordo sul concentrarsi sul reale problema.. Che gli asili esistono solo per riparare un buco, per così dire, poichè ci impediscono di stare vicini ai nostri figli.. Ma questa differenziazione tra maschio e femmina proprio non la capisco.. Solo perchè in questo mondo siamo sempre stati abituati al fatto che il padre debba essere quello che prepara alla morte e la madre quella che insegna a vivere allora dev’essere sempre così e non si può cambiare? Chi dice che non può essere il contrario?? Per me è stato il contrario.. Eppure sono qui, coi miei problemi certo, ma sono una persona matura, che non ammazza la gente, che non picchia i più deboli, che non scippa le vecchiette.. E soprattutto chi dice che due donne non possono insegnare a vivere ma anche a imparare a morire? O che due uomini crescano con le giuste regole e i giusti insegnamenti i propri figli? Lo dicono anche i fatti, ma certo, potrebbero essere pure coincidenze.. Non esistono solo coppie omosessuali che sfruttano crudelmente l’utero di una povera donna, come non esistono solo padri assenti.. Ci sono coppie omosessuali che adottano legalmente, ci sono sempre più padri single.. Ma di questo nessuno parla.. Sta di fatto che spesso mi trovo d’accordo con quello che scrivete, ma questa volta mi sembra di essere di nuovo nel medioevo con questi discorsi.. Nonostante condivida il fatto che sia un problema il non poter stare vicini ai propri figli durante i primi anni di vita.. Ma non solo da parte delle madri!!

  16. alessandra

    In Francia ci sono tantissimi asili nido a prezzi bassi e, allo stesso tempo, lunghi congedi parentali; ad esempio una mia amica e’ rimasta a casa 8 anni nei quali ha cresciuto 3 figli percependo circa 500 euro al mese di congedo (lavorava nell’amministrazione di un supermercato). Oltre a questo si aggiungono per il primo figlio circa 170 euro per 3 anni, per il secondo un aiuto per l’affitto, altri 125 euro, e per il terzo mille sgravi fiscali.

    In Germania sono dell’idea che il bambino ha bisogno della mamma fino a 3 anni quindi i nidi sono eccezioni (ci sono pero’ molte Tagensmutter cioe’ 5/6 bambini a casa di una baby-sitter). Per permettere questo hai l’80 % dello stipendio per un anno, oppure, nel mio caso di studentessa-casalinga-mamma-meravigliosamoglie ho una maternita’ di 330 euro al mese + 3 anni di contributi come una lavoratrice che guadagna 2000 euro al mese.
    Dalla nascita fino alla fine dell’universita’ per il primo figlio riceviamo 160 euro al mese + 160 euro per il secondo + 190 euro per il terzo.
    La cosa ancor piu’ bella e’ che oltre tutti questi aiuti e uno stipendio, se pur precario, sicuramente molto dignitoso rispetto a quello italiano, qualsiasi cosa per bambini cosa pochissimo; es: il latte in polvere Mellin, per citarne uno, costa 8 euro (in Italia 23 euro), un cartone di pannolini costa 13 euro, andare a danza 120 euro per 5 mesi, la piscina 8 euro tutta la famiglia una giornata intera (con idromassaggio gratis per la mamma!).

    Ho scritto questo papiro per esperienza personale, ma soprattutto per dire che si puo’ fare, che gli altri lo fanno e non sono piu’ intelligenti di noi, ne’ sicuramente piu’ lavoratori, anzi. Io leggo i giornali italiani riguardo le campagne elettorali e leggo solo dei diritti dei gay e politici condannati dai tribunali, ma di famiglie, oltre all’IMU, non sento neanche una parole, possibile???!!!

    Costanza, tu e Gigi De Palo state seminando tanto, e’ bellissimo il vostro impegno; non siete soli, con voi ci sono una schiera di mogli sottomesse e di uomini coraggiosi.

  17. Carlo

    Il problema vero è che un movimento che sostenga i veri diritti delle donne normali, inteso proprio nel senso illustrato da Costanza Miriano, non esiste e andrebbe costruito. Certe tesi circolano soltanto nell’ambito di un certo mondo, di un certo associazionismo cattolico…insomma, circolano fra gente che già le condivide. Invece la vera urgenza sarebbe costruire una campagna mediatica, aggressiva e che si imponga all’opinione pubblica. Quello che hanno fatto le femministe negli anni ’60 e ’70. Anche nelle chiese non si parla di certe cose; siamo culturalmente succubi delle idee dominanti. Sono battaglie politiche, in questo campo, non religiose o filosofiche. Ci vogliono tanti e, soprattutto, tante, militanti; ci vogliono soldi; ci vogliono forze politiche che sposino certe cause senza ambiguità o almeno di politici, gruppi, associazioni anche trasversali ai diversi partiti che decidano di fare di questo tema un manifesto. Perchè in effetti la questione è cruciale ma non si arriverà a nulla se certe idee non fanno presa sull’opinione pubblica.

  18. Alessandra, quello che tu dici mi sembra confermare che l’accesso al welfare è legato alla cittadinanza e non al tipo di contratto o al datore di lavoro. Il problema italiano sta tutto lì. Devi avere un contratto a tempo indeterminato e con aziende di certe dimensioni. Io per esempio ho un contratto a tempo indeterminato con me stessa (!), pago anche io i contributi previdenziali, ma è come se ogni mese facessi un regalo a qualcuno.
    E comunque non è un caso che il mio sogno è fare la borsa e andare in Germania…

    1. Alessandra

      Io sono italiana, non ho cambiato cittadinanza. Siccome siamo precari fra un paio d ‘anni può essere che andremo via dalla Germania, quindi sto ricevendo un grande regalo da una societá che è semplicemente civile.Ai tedeschi,come ai francesi, interessa che io abito qui e che spendono qui, è necessario questo per avere tutti questi benefici

  19. 61Angeloextralarge

    Grazie, Costanza! Smack! 😀
    Concordo anche con l’intervento di Admin e i due di Costanza…

    1. 61Angeloextralarge

      Ringrazio per le preghiere per Marzia, la giovane madre: è ancora grave ed avrà bisogno di tempo e cure (oltre che di preghiere), ma è uscita da rianimazione e non è più a rischio della vita. Smack agli orantibus! 😀

        1. 61Angeloextralarge

          Giusi: non so se sei madre… io, fisicamente, non lo sono, ma questo video mi ha toccato nel profondo. Per te e tutti:

  20. Pingback: Padri, madri e lavoro « Una casa sulla roccia

  21. Francesco

    Interessante articolo che mi trova d’accordo praticamente su tutto. C’è però la questione di dove trovare le risorse per mantenere le famiglie: si sostiene che le madri ripagherebbero questi congedi andando in pensione più tardi.
    Intanto la tendenza attuale, che la si approvi o meno, è verso lo smantellamento dello stato sociale. Inoltre nella realtà sempre meno persone mantengono lo stesso lavoro (posto che ne abbiano uno, e con reddito dignitoso) fino ai 70 anni in modo da ‘ripagare’ i contributi percepiti.
    Perciò, tale proposta nella pratica non risolverebbe il problema di mantenere famiglie di altri: dove qualcuno prende, l’altro dà e posto che anche le famiglie contribuiscono, a 30 o 70 anni, al… fondo famiglie e ci sono sempre meno ‘ricchi’ a compensare i redditi dei meno abbienti, un eventuale maggior beneficio per le suddette famiglie da dove verrebbe?
    Soldi per tutti non ce ne sono, quindi con tali proposte di fatto si alimenta una situazione in cui la gran maggioranza di lavoratori spesso precari e sottopagati, e che non hanno mezzi per metter su famiglia, devono paradossalmente mantenere i figli di pochi ‘privilegiati’.
    Si può anche sostenere che molte aziende non abbiano mezzi. Il discorso sulle risorse sarebbe piuttosto ampio, però con tutto il rispetto per le buone intenzioni accollare questi oneri a una popolazione sempre più impoverita non rappresenta una soluzione. Il risultato non sarebbe di aumentare il numero delle famiglie, ma di far affluire decrescenti risorse verso le poche esistenti.
    È giusto sostenere la famiglia, però gli ‘incentivi statali’, che solo la Germania si può ancora permettere, come si è visto per l’auto non funzionano quando nessuno le compra per mancanza di reddito, o non ci sono risorse per aumentare il numero delle famiglie. La questione non è redistribuire, ma aumentare la ricchezza circolante, e sarebbe bello se in questo senso ci fossero proposte concrete.

  22. Lorenzo

    Scusate ma volevo fare solo un commento tecnico.
    Perchè non avete sistemato un po’ il discorso invece di trascriverlo tale e quale come è stato pronunciato. Posso capire che dal vivo ci si lanci in incidentali e avverbi a ripetizione (cioè, comunque però…volvo dire che…) ma in un testo scritto, abbiate pazienza, non si capisce nulla. Essendo una tematica fondamentale non vorrei che sembri affrontata con pressapochismo.
    Non era per offendere, era solo per aiutare 🙂

  23. “Soldi per tutti non ce ne sono, quindi con tali proposte di fatto si alimenta una situazione in cui la gran maggioranza di lavoratori spesso precari e sottopagati, e che non hanno mezzi per metter su famiglia, devono paradossalmente mantenere i figli di pochi ‘privilegiati’.”

    Esatto, credo che si tratti di una realtà sempre più diffusa ma paradossalmente ignota ai più.

    Ecco perchè quando si tratta di welfare e quando si parla di conciliazione famiglia-lavoro, di questi tempi, è meglio avere un’ottica di sistema, perchè averne una ristretta a quella che non è nemmeno più la maggioranza numerica delle persone rischia solo di gettare croci più pesanti su chi è ai margini

    Ecco perchè c’è bisogno di un welfare universale, non legato al tipo di azienda o contratto (come è altrove).
    Poi visto che non tutti i lavori sono uguali per motivi “strutturali” è necessario che esista, oltre al welfare, una rete di servizi che consenta alle donne di lavorare e fare le mamme, come i tanto vituperati asili nido.

    Per altro concordo sulla necessità di umanizzare il lavoro (magari senza tralasciare categorie di lavoratori e lavoratrici) rispetto ai tempi e rispetto agli obiettivi.

    E poi magari un po’ di passione per il lavoro non guasta…

    1. Vivere in una società dovrebbe comportare anche la solidarietà sociale.
      Quindi tagli alle pensioni, per esempio, statali, oltre i 5000 euro mese, tagli al numero degli impiegati inutili, taglio ai costi della spesa pubblica, tagli alle spese militari, assegno sociale di Stato a tutti i disoccupati di 1000 euro il mese,
      investimenti nella ricerca e nella formazione professionale, cancellazione delle Università fine a se setsse, abolizione delle esenzioni fiscali a favore della Chiesa, dei sindacati, delle fondazioni Bancarie e quant’altro…

      1. admin

        perché invece non ci parli del tuo “movimento” per abrogare il concordato, confiscare tutti i beni della Chiesa e ripianare così il debito pubblico?

        1. Non è il “mio” movimento, è un movimento aperto a tutti e che ha come scopo di portare al nostro parlamento una proposta di legge per l’abrogazione unilaterale del Concordato, la confisca e la messa sul mercato dei beni ecclesiastici
          che non siano chiese, immobili con valore d’arte(come tutta la città del Vaticano, per esempio, che dovrà pagare l’IMU) opere d’arte, e fare, finalmente, pagare l’acqua all’ex-Stato città del Vaticano. Inoltre abolizione degli insegnanti di religione. Otto per mille solo a chi specificato dai contribuenti. Il rimanente
          diviso in quote proporzionali.

          1. me stesso

            spero che questa idea nasca dal tuo viscerale anticlericalismo con lo scopo di annichilire la Chiesa perché come proposta economica è ridicola

              1. Alessandro

                Caspita! Il tesoro fascista della Chiesa!
                Ma fammi il piacere, Alvise! T’atteggi ad agnostico cultore del dubbio e poi ti fai intortare dalle panzane più smaccate…

      2. Guit

        Tu credi veramente che con un po’ di accorgimenti contabili si possa guarire i mali di un’epoca?

  24. admin

    …sempre dalla bacheca di FaceBook di Andrea Torquato Giovanoli>

    “A tutti voi, cari amici, un grazie di cuore da parte nostra per la sollecitudine e l’affetto con cui ci avete testimoniato la vostra vicinanza: abbiamo appena finito di parlare con il chirurgo che ha operato Jonathan e ci ha detto che l’intervento è andato bene; ora il nostro bimbo “indossa” un bellissimo paio di “stivaletti” in fibra di vetro che verranno vivacemente decorati al più presto con allegri dinosauri, nell’attesa che ci diano l’ok per provare a rimettersi in piedi.
    Ci vorrà un po’ di tempo ed un po’ di pazienza, ma rimaniamo fiduciosi in quella Provvidenza che già ora ha privilegiato il nostro bimbo della comunione con Gesù nei suoi piedi crocifissi 😉
    Per la cronaca: appena risvegliato dall’anestesia Jonny ha offerto tutto a Gesù con una bella Ave Maria…”

  25. Siamo una società senza padri perchè i padri sono stai costretti (in modo politicamente corretto, ovviamente) ad esternare le proprie emozioni e a cambiare i pannolini.
    Vie d’uscita? Gli uomini che si riappropriano del loro ruolo? Giammai: maschilismo! Questo ci siamo sentiti ripetere per anni, noi dell’arcipelago U3000 e MS, anche da insigni uomini di Chiesa.
    Allora che le donne prese dalla disperazione ci obblighino a riprenderci il ruolo che ci avevano sottratto? Già: una puntata di “Oggi le Comiche”. L’invito di Costanza a riscoprire la ragionevolezza della sottomissione femminile è una nota stonata nella marcia triofale verso l’Apocalisse. Ma porterà da qualche parte? Oppure quando i nodi arrivano al pettine, anche le deliziose follower di Costanza scoprono il telefono di un avvocato nel portafoglio?
    Difficile ammetterlo, ma noi attorno a questo calice amaro ci giriamo da anni: non c’è alcuna via d’uscita credibile.
    Non lo diciamo vantandocene, ma con vero irrisolto sgomento.

    1. admin

      Cosimo, non so cosa succederà ma ti posso dire cosa è già successo: centinaia di mail di “followers” che hanno scritto di aver cambiato atteggiamento verso il proprio marito e anche diverse che hanno rinunciato alla separazione e ritirato le carte dall’avvocato. La rivoluzione si fa anche un matrimonio alla volta.

      1. vale

        ahi, la sciùra Costanza si è già inimicata tutti gli avvocati che han perso la parcella….
        però vuoi mettere la soddisfazione per il risultato di decine o centinaia di famiglie non distrutte( o che almeno si danno un’altra “chance”?)…
        anche da piccole cose-come un libro- si riesce a cavar del bene….

  26. Franca 35

    Tra poco sarò nella nostra Cappellina dell’adorazione per la mia ora di preghiera, assicuro Admin della mia preghiera per il suo bambino, e continuo a pregare anche per Marzia. Gesù dice di pregare sempre senza stancarsi, io prego anche per strada e se sono alla Posta a fare la coda, ma certo se sono davanti a Lui esposto nell’Eucaristia Gli apro il mio cuore e Lui fa il resto…
    Costanza, non demordere, importante e far sapere che il problema esiste e non è vero che tutto va bene così come è, e non sei tu a dover dare la soluzione. Sarebbe come dire che siccome non vediamo via d’uscita allora continuiamo così! Quante cose che sembravano non cambiabili poi si sono capovolte e si sono trovate le soluzioni. Il Primo che le ha cambiate è stato Gesù, e Lui è sempre con noi e con le nostre battaglie, quando riflettono la Sua volontà. Io ti appoggio con la preghiera. Smack.

  27. …incontrata oggi una giovane amica, tre figli,marito disoccupato, lei un lavoro da 800 euro al mese, casa del Comune, lei ora ammalata, forse grave, manca dal lavoro da un mese,non crede in Dio, ma , ovviamente Dio l’aiuterà, o comunque sarà di lei quello che la Provvidenza avra escogitato che sia, perché tanto la Provvidenza è sempre la Provvidenza, in ogni caso, quindi allora uguale come senza Provvidenza, mi sembra a me, cara amica mia….

    1. Alessandro

      “non solo ai cattolici, o ai loro figli, tocca il privilegio delle malattie”

      La malattia è una cosa seria, è veramente penoso e offensivo che tu la evochi a vanvera per alimentare la tua sterile polemica anticattolica. Impara a moderare le parole, e quando hai una fesseria da dire impara a stare zitto.

  28. Franca 35

    Scusatemi, il bambino è di Andrea Torquato Giovanoli, Admin ha solo dato la notizia, però la preghiera l’ho dedicata al bambino giusto…e cmq il Signore le cose le sa. Buonanotte.

  29. ….a proposito di madri e lavoro, alcuni giorni fa camminavo sotto la pioggia (e chiaramente senza ombrello … introvabili in casa nostra nonostante i ripetuti acquisti) lungo via Palermo a Perugia per raggiungere gli uffici della provincia e passando dinanzi all’edicola li vicino, in una delle locandine ho letto il seguente titolo: sussidi del comune per le mamme disoccupate…. più o meno così, letta correndo sotto una pioggia insistente. La notizia era data lì per invitare all’acquisto del quotidiano mediante un messaggio del tipo: finalmente!!! un Ente locale che ha pensato ad un sussidio economico per le mamme disoccupate…. C’era però qualcosa che non mi tornava mentre salivo le scale degli uffici della provincia…. nel pomeriggio ho anche acquistato uno dei quotidiani locali che ritenevo aver pubblicato l’articolo esposto, ma non ricordando il nome della testata ho sbagliato giornale. Comunque l’errore macroscopico che ho rilevato è il seguente: Madri disoccupate!! Chi conosce una mamma disoccupata? Noi abbiamo cinque figli e mia moglie lavorava in un ufficio commerciale, ma gli orari impossibili ci hanno costretto a prendere la decisione che per seguire ed educare (almeno nel miglior modo possibile) i nostri figli fosse necessario che mia moglie rinunciasse al proprio lavoro (e stipendio) per dedicarsi anima e corpo al “lavoro” di mamma e moglie … lavoro sicuramente molto più difficile ed impegnativo e non retribuito. A nulla sono servite le richieste di poter fare un orario part-time … non serviva e avrebbe creato un precedente verso le altre impiegate…. Non rimpiangiamo la scelta della rinuncia anzi siamo grati a Dio per averci illuminato nella scelta di vita mediante la sua Parola, confermata negli anni in tantissima atti dove abbiamo visto concretamente operare la Divina Provvidenza!!!… Certo siamo profondamente convinti di una cosa …. “e meglio vivere bene con due bei stipendi che tirare avanti a stento con uno solo” … più o meno questa era una delle “massime” di Catalano in una popolare trasmissione di Arbore anni “80…. battute a parte: non esistono mamme disoccupate e il loro lavoro è ininterrotto, non si applica alcun CCNL, non esistono sindacati, non esistono vertenze, esistono tanti straordinari (non retribuiti), lavorano anche con la febbre… in una parola sono la manifestazione di una sola parola: Amore. Quindi un aiuto economico servirebbe eccome!!! … ma basterebbe rivedere gli assegni familiari no? … non solo per gli importi erogati, ma anche per il tempo di corresponsione: a diciotto anni cessano … a noi famiglie numerose a ventuno anni …. ma come, quando gli studi richiedono maggior impegno economico, tutti i sussidi (quei pochi esistenti in quando non esiste di fatto un efficace quoziente familiare) vengono meno? Non voglio dilungarmi, potremmo parlare a lungo… solo un’ultima, critica ed attinente osservazione: ma il nostro caro stato sociale non riesce a coprire almeno l’assicurazione contro gli infortuni delle mamme casalinghe??? dobbiamo versare tutti gli anni € 12 e poco più … è vero, è giusta la compartecipazione e l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro… ma allora … è lavoro, non è disoccupazione!! E comunque… l’INAIL con tutto il patrimonio e fondi accumulati, possibile non riesca ad assicurare tutte le mamme che possono, purtroppo, incorrere in qualche infortunio domestico, nel dover fare spesso due, tre o più cose contemporaneamente??? … io nel mio lavoro faccio sempre una cosa alla volta…..

  30. Non riesco a capire cosa ci sia di male per un papà cambiare un pannolino o portare il passeggino, cosa che ho sempre fatto (e continuo a fare) senza che questo mi impedisca di essere colui che impone le regole…io ho quatto figli e ho abbastanza chiaro la distinsione dei ruoli della mamma e del papà (http://padrinonmammi.blogspot.it/2012/11/ognuno-al-posto-suo.html) . La sera vedo mia moglie stanca e sistemo la cucina e questo non mi rende meno uomo ma mi rende marito (coniuge vuol dire portare lo stesso peso).

  31. tema importante e che sento vivo nella mia conciliazione lavoro-famiglia, per quanto tutto sommato mi ritenga discretamente fortunata per il lavoro che faccio!
    racconto due cose:
    1) quando un primario con cui ho lavorato ha saputo che aspettavo il 5° figlio ha commentato “brava sul lavoro, peccato, non farà mai carriera”. che importa? chi ha detto che questo per me è importante? per me è importante fare bene il mio lavoro (e qui mi collego al secondo punto)
    2) a parte il problema economico, mi sono interrogata su cosa mi fosse chiesto, su cosa fosse chiesto alla mia persona. Non ho una risposta, ma credo che il mio lavoro faccia parte del mio compimento, quindi non potrei farne a meno! non credo sarei una madre migliore senza.

  32. Francesco

    Assolutamente d’accordo con la tematica sollevata e con l’approccio di Costanza. E’ vero che non siamo tutti lavoratori dipendenti del pubblico impiego, ma è anche vero che il welfare è previsto per tutti i lavoratori. Il disagio è che per i lavoratori dipendenti (pubblici o assimilati) il welfare è abbastanza automatico, mentre per gli altri lavoratori bisogna fare trafile e file agli sportelli dell’INPS che sono sicuramente scoraggianti e intanto l’INPS si mantiene quanto ha introitato di contributi che poi un lavoratore non dipendente, iscritto alla gestione separata, non ha fruito per le difficoltà incontrate o la scarsa informazione. Lo dico da marito che nelle prime due gravidanze aveva una moglie iscritta alla gestione separata, e avendo appunto la moglie scettica sul fatto di avere un qualche diritto, si è sobbarcato di file e di sciogliere le “pastoie burocratiche”, per accedere a quel po’ di welfare che c’è anche per quella categoria, che versa i contributi (che prevedono anche indennità di malattia cui non abbiamo mai avuto accesso, ma avrei tentato, qualora ci fosse stato tale accadimento). E’ certo che il welfare non c’è per tutti, occorre scegliere dove e come indirizzarlo, ma:
    – se contribuisco alle risorse del welfare come lavoratore (dipendente o meno, cococo o commerciante o professionista o altro che sia) avrò pure diritto a riavere qualcosa indietro (aldilà della pensione che sembra sempre più un miraggio per la maggior parte delle categorie);
    – penso che investire sull’avere più possibilità per il genitore lavoratore di stare vicino ai figli, aldilà del credo, sia quantomai strategico per avere una migliore società e incoraggia all’essere meno chiusi alla vita nuova.

  33. Giovanni

    Una preghiera, rivolta soprattutto ai più prolissi. Ricordatevi che non è peccato mortale, quando si scrive, fare ampio uso di punti fermi.

    Giovanni

  34. Giuseppe

    cara Costanza,
    l’appiatimento di genere è un dato di fatto che dobbiamo accettare.
    E’ stata una scelta popolare che ha cambiato la nostra società tanto nel profondo che adesso non si può nemmeno immaginare di poter tornare indietro : non abbiamo più le risorse e le energie per poterlo fare.
    La cosa più grave, a prescindere dalle difficoltà di ordine materiale, è che le donne moderne non possiedono più una loro identità di genere.
    In poche parole : non sono più femminili.
    No, non stò esagerando : negare questo fatto significa partire da un presupposto fondamentalmente sbagliato.
    Ci sono troppi aborti, troppi divorzi, il denaro ed il lavoro, anche per le più giovani, sono diventati dei valori fini a se stessi.
    La critica che ti rivolgo è questa : non è meglio occuparsi dei problemi reali di questa società (droga, alcoolismo, ambiente, integrazione degli extracomunitari …), piuttosto che correre dietro alle fate di un tempo che fù e che non ritornerà mai più?
    In altri termini : piuttosto che tentare un impossible rivoluzione sessuale (valorizzazione della maternità), non è meglio concentrare le nostre deboli forze per tentare di migliorare un poco per volta, un passo dopo l’altro, ciò che ogni giorno ci offre?

  35. Tom

    Quello presentato da Costanza è un tipo di equilibrio familiare che funziona. Il suo, però. Un’altra volta, però, fa l’errore di supporre che tutti gli uomini si comportano così e tutte le donne si comportano colà. Nella mia famiglia, andare a dormire fregandosene delle cose che ci sono da mettere a posto in casa o delle cose da lavare è considerata maleducazione. E mi sembra chiaro che nemmeno a Costanza va giù tanto bene, visto che sente il bisogno di sfogarsi sul blog per questo comportamento di suo marito. Credo che molte donne preferirebbero un marito che aiuta a cambiare i pannolini (con questo insudiciandosi di effeminatezza!) e ha la considerazione di fare un minimo sforzo di riordinare la casa prima di andare a dormire.
    Sì, forse molti di noi rientrano nelle comode categorie “uomo tipico” e “donna tipica”. Ma il mondo è molto, molto più vasto di così. Il rispetto e l’aiuto reciproco sono più importanti del forzare la realtà dentro certe categorie per la propria pace mentale.

    1. Signor Tom non si permetta di dare giudizi sulla vita e sui familiari di persone che non ha mai visto e conosciuto e si limiti ad esprimere le sue opinioni…nel vasto mondo ovviamente, non qui. Addio.

I commenti sono chiusi.