di Raffaella Frullone
“La verità mi fa male lo so, la verità mi fa male lo sai”, così attacca “Nessuno mi può giudicare (nemmeno tu)”. Basta una canzone del 1966 per spiegare che la verità sulle cose ci costringe a un giudizio, ci conduce a chiamarle con il loro nome, basta Caterina Caselli per dire quanto la verità sappia fare male, soprattutto alle donne.
Visto che siamo tra noi possiamo dircelo: ci sono casi in cui per le donne, la verità è un optional. Ebbene sì, nello straordinario mondo femminile ci sono delle bugie non solo socialmente accettate, ma che addirittura entrano a fare parte del bon ton, dell’eleganza, e ci fanno sentire più unite.
Naturalmente non sto parlando di quelle che si dicono al proprio marito, o fidanzato: “No, non ho comprato un altro paio di scarpe, le ho vinte coi punti del supermercato”, “No, non sono arrabbiata per il fatto che tu abbia scordato l’anniversario”, “L’abbonamento a Sky calcio è il regalo che ho sempre desiderato”, “Il mio ex è brutto, antipatico, e comunque nemmeno me lo ricordo”, “Non sono stata io a parcheggiare la macchina in quel modo, deve essere stato un colpo di vento”, “Non sono affatto gelosa della tua collega che come secondo lavoro fa la fotomodella ed è alta 1.80”, “E’ un piacere per me che tua madre mi insegni a cucinare le lasagne come-piace-a-te”, ecc.
Parlo di quelle che ci diciamo tra noi. “Sei dimagrita!! Stai benissimo”, “Ma no, mangio quel che mi capita sotto tiro, se ho perso qualche millesimo di grammo è lo stress”; “Casa tua è sempre uno specchio, ma come fai?”, “Ma no i bambini giocano col fango sul pavimento tutto il giorno, io pulisco quando capita”, “Che scarpe da favola, le avrai pagate un sacco!”, “Ma no, un saldo del saldo del saldo in promozione e le ho prese a 10 euro”, ecc. Ci sono intere conversazioni costruite su affermazioni e domande per cui la verità è un optional, non ci interessa. Non conta sapere cosa è vero e cosa no, basta sentirsi dire delle cose piacevoli, storpiare la realtà e farla diventare bella, compiacerci di tanto compiacerci a vicenda. Non ci importa sapere se davvero siamo o non siamo belle, siamo o non siamo le più brave, siamo o non delle cuoche provette, ci basta sentirselo dire.
Queste bugie non solo non minano, ma anzi rafforzano le amicizie. Ci conosciamo, ci intendiamo, ci comprendiamo, facciamo a turni per apparire meno peggio di quello che siamo, e ci va bene così, perché tanto, quando il peggio arriva, saremo lo stesso lì ad attenderlo, insieme.
Ci sono momenti però in cui le bugie sono bandite. Momenti in cui non sono ammessi sconti, in cui la verità deve venire prima di tutto perché ad essa deve seguire il giudizio, si tratta dei momenti in cui ci giochiamo la vita: compromessi di fronte ai quali non si può e non si deve cedere, debolezze e dipendenze con le quali è impossibile convivere, errori che è impensabile riparare con errori ancora più grandi, valori per i quali non c’è negoziazione possibile, principi che non possono essere scardinati, paletti che non solo non vanno oltrepassati ma nemmeno avvicinati.
Ecco, questi sono momenti in cui non solo non sono ammesse bugie, non sono ammesse nemmeno delle mezze verità. Non è ammesso il “io non posso dirti cosa è giusto e cosa è sbagliato”, “Fai quello che ti senti”, “Non ti posso dare consigli perché rispetto la tua libertà”, “Non posso decidere per te”, “L’importante è che tu stia bene con te stesso”, “Quello che conta è che tu creda in quel che fai”, “Devi dare ascolto a quello che senti”. No. Non è vero che l’importante è essere sereni, sentirsi bene, non è vero che basta dare ascolto a quello che si desidera, fosse così non so se la mattina andremmo tutti a lavorare, non è vero che dare consigli vada contro la libertà e soprattutto quando è il momento dobbiamo saper dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Bisogna dire la verità.
Non tanto perché gli altri ci diano ascolto, ma perché ci sono momenti in cui noi donne sprofondiamo in un voragine nera che ci trascina e ci impedisce di vedere le cose lucidamente, e abbiamo bisogno di una voce fuori che ci dica cosa succede mentre noi giriamo vorticosamente nella bufera, ne abbiamo bisogno per capire cosa succede, dobbiamo conoscere la verità, per giudicarla e agire in base ad essa.
Non possiamo tirarci indietro o per paura di causare sofferenza, non possiamo tacere per amore e mettere in secondo piano il Vero, ma anzi, proprio per quell’amore fraterno che ci unisce bisogna avere il coraggio di dire quella parola scomoda. Amare qualcuno significa mettere al centro il suo bene, non il suo benessere, tanto meno il nostro ben apparire.
Che la verità non possa essere disgiunta dall’amore lo ricorda bene il Papa nella Caritas in veritate: “La verità apre e unisce le intelligenze nel lógos dell’amore: è, questo, l’annuncio e la testimonianza cristiana della carità. Nell’attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero, vivere la carità nella verità porta a comprendere che l’adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. La carità è amore ricevuto e donato. Essa è « grazia » (cháris). La sua scaturigine è l’amore sorgivo del Padre per il Figlio, nello Spirito Santo. È amore che dal Figlio discende su di noi. […]È amore creatore, per cui noi siamo; è amore redentore, per cui siamo ricreati. Amore rivelato e realizzato da Cristo e « riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo » Destinatari dell’amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità”.
Siamo chiamati amare non solo a parole, ma con i fatti e nella verità. Anche se la verità su questioni cruciali è spesso veramente scomoda, anche se a volte è terribilmente difficile o anche irrimediabilmente doloroso dire quella parola che getta sale su una ferita che un’altra donna vuol far credere rimarginata. Non può bastare questo rinunciare alla verità quando in gioco ci sono le nostre vite, le nostre famiglie, il futuro dei nostri figli.
E dobbiamo ribadirla. Anche a costo di passare dall’essere l’amica adorabilissima che inietta stima a suon di “Sei bellissima e sei perfetta in ogni cosa”, all’amica pesante come un pachiderma che ci ricorda cosa è bene e cosa è male, anche a costo di passare dal podio delle amiche del cuore al libro nero delle amiche (ex?) che si preferirebbe non sentire.
Se l’effetto è questo avremo solo la conferma che la verità fa male, come cantava la Caselli, ma questo non la renderà meno vera.
Prima?
Posso scocciare ancora? Basta, ormai ho assunto il ruolo di tafano in questo blog 🙂 io ho sempre detto la verità ai miei amici e non sono mai stata sul libro nero di nessuno. Che pizza ‘sta cosa che se sei cristiano, sincero e autentico e leale ti ritrovi sul libro nero, sei pesante, sei brutto, cattivo, antipatico (oddio dipende, se te ne vai in giro urlando “Peccatore! Peccatore! Convertiti” forse sì. Come sempre, caritas in veritate e VERITAS IN CARITATE.
Diciamola tutta, invece: la mia esperienza mi dice che quando sei sincero e leale, anche nei momenti scomodi, poi sei l’amico che tutti vengono a cercare.
UN po’ diverso è in famiglia, mia sorella dice che sono pesante perché le ho detto a volte che le sue mini sono davvero troppo mini. Ma ok, la famiglia è un terreno diverso (qui semmai è difficile, dire la verità…se io penso alle bugie dette a mamma e papà affinché non pensassero mai male l’uno dell’altro, o non si arrabbiassero ai tempi della separazione…ma vabbè).
Lidia, condivido quello che dici quando precisi che questo grido nefasto “peccatore!” vada spento.
Non vedo però come questo si connetta con il post di Raffaella…
sono pienamente d’accordo sul fatto che se sei sincero e leale, e aggiungere rispetto e caritatevole come immagino tu sottointendessi, ti vengono a cercare
Grazie per la tua nota!
Con stima e simpatia
paolo
si connette perché mi pare – e posso sbagliare, anzi! probabilmente è così – che il sottile fil rouge che lega tutti i post del blog sia lo stesso : testimoniare la verità è doveroso, ma è difficile, la gente non ti capisce mai, perché sono peccatori, secolarizzati, pagani, e contro di loro si deve ergere il nostro muro di difesa.Tanto il mondo non ci capisce e visto che Cristo ha vinto il mondo (inteso in questa teoria come “tutto ciò che non è cristiano”, arte, persone, cultura etc.) noi anche vinceremo la nostra crociata.
Ora, beninteso: questo che ho detto è probabilmente falso. Probabilmente nessuno dei commentatori/autori dei post pensa così, e probabilmente la mia è un’interpretazione sbagliata. Ma forse, nel confutarla, possiamo scoprire tesori ancora nascosti, nelle risposte dei commentatori ai miei commenti.
Infine, si connette perché, appunto, un conto è dire “bella, col marito di un’altra non ci devi andare a letto peccatrice!Io pregherò per la tua anima affinché tu ti salvi dalle fiamme dell’inferno” (nal qual caso finisci sul libro nero) e dire “bella, fai come vuoi perché sei libera, ma sappi che andare a letto col marito un’altra non è “amore”, ma è una carognata, indegna (nel qual caso ti guadagnidella tua grande libertà come donna e nelc aso tu fossi cristiana, della tua dignità di cristiana. IOprego per te perché tu sia felice, e secondo me lo sarai solo rinunciando a questa carognata”.
Ora, io sono certa a 200% che Raffaella non direbbe mai le parole della prima variante. né nessuno di voi. però è indubbio che sul libro nero ci si finisce così.
Nel caso della famiglia, invece, ecco lì taccio, perché dalla mia esperienza è diverso, fa più male e si finisce sul libro nero magari anche essendo caritatevoli (beh io non sono sul libro nero di nessuno, ma mia sorella non vuole più che le parli di minigonne 😉 però siamo state di recente a fare shopping insieme e i miei consigli – di bei vestiti decenti – le sono piaciuti 😉 Probabilmente lì ero io che sbagliavo,prima. stavolta non le dico più”troppo corto” ma “sei molto più bella con quest’ altro”)
grazie della stima, ovviamente, ricambiata!
@Lidia: condivido tutto
🙂
Bello, bello davvero. La verità fa male, è bella ed è donna. Una riflessione profonda, e disgraziatamente, seppure in forme molto diverse, non riguarda affatto soltanto il mondo femminile, lo “straordinario mondo femminile” citato in apertura. Verità e amore sono legate molto strettamente, in modo direi fatale. Sarà per questo che sono belli e difficili..
E sarà per questo che comportano sofferenza, non per il presunto rapporto automiatico bontà/dolore, ma perché camminando così si evitano le scorciatoie che vogliono togliere la sofferenza. Per questo, Lidia, mi pare che verità e amore siano oggetto di un rifiuto e di un odio (persino) dei quali partecipiamo quando camminiamo “in caritate et veritate”. In questo senso credo vada inteso il finale di RaffF…anche se effettivamente le ultime frasi sono in toni da “fiat iustitia pereat mundus”…
Lidia, vuol dire che sei davvero amica dei tuoi amici. E non è una cosa così scontata.
Quando si dice veritas in caritate la carità di cui si parla è l’amore di Cristo per gli apostoli, non un semplice l’atteggiamento “caritatevole” con cui a volte si predica la verità a coloro che ci stanno accanto e che vediamo agire come secondo noi non va bene ma che sottintende (involontario magari) il giudizio del fariseo nei confronti del pubblicano. Gli altri se ne accorgono se è così. Non sono molti gli amici a cui posso dire davvero “la verità”. O meglio sono molti se li conto, ma sono una percentuale ridotta rispetto a tutte le persone con cui mi relaziono. Sarebbe bello poter dire la verità a tutti, sempre, senza sconti, ma dovrei imparare ad amare davvero tutti come ci chiede Cristo, e sono così indietro su questa strada!
Pensateci un attimo, mettendovi dall’altra parte: voi accettate serenamente che chiunque vi possa dire che state sbagliando? Io no. Magari poi razionalmente ci penso e anche la verità detta dalla mia collega che vuole farmi le scarpe la ascolto e la accetto. Ma certo è diverso se a dirmi che devo cambiare in qualcosa è il mio migliore amico o il mio capo: nel primo caso so che me lo dice perchè mi vuol bene. Nel secondo do per scontato il suo giudizio.
Veritas in caritate. Se non amiamo non siamo legittimati a dire la verità. Io la vedo così.
Sono d’accordo.
Ma sopratutto io la verità non riesco nemmeno a dirla se non voglio veramente bene alla persona. Se é una persona che conosco poco e con cui non ho un rapporto profondo non riesco proprio a dirle: “guarda qui ti sbagli”. Perché davvero la verità fa male e si può dire solo con amore.
Qui mi accorgo dei miei limiti e di quanto poco sono capace di amare
Grazie per questo elogio alla verità. Ne abbiamo bisogno. Sempre di più.
“Destinatari dell’amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità”.
Chi abbandona tutte le cose, riceverà il centuplo in cambio. Ma chi mira al centuplo non riceve niente perché non lascia tutto, ma vuole avere il centuplo in cambio. Nostro Signore però promette il centuplo a quelli che abbandonano tutto
(Mt 19,,29)Se qualcuno lascia TUTTO riceverà il centuplo e la vita eterna. Questa è VERITA’.Poi uno può fare anche finta di non vederla questa verità..
…VERITA’ del Vangelo. Lo so che ce n’è mille verità nel Vangelo, ma questa mi sembra parecchio importante,
vorrei quasi dire fondamentale.
“Se qualcuno lascia TUTTO riceverà il centuplo e la vita eterna”. Questa secondo te, Alvise, sarebbe la verità “vorrei quasi dire fondamentale” del Vangelo.
Ma che significa lasciare TUTTO?
Mt 19,29 recita precisamente: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.”
Esatto!!!
E tu dici, se ho ben capito, che non vedi molti cattolici che hanno lasciato “case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome”…
Che non ti darebbero un ventino, come tutti!!!
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-festa-della-donnasotto-scacco–luomo-4722.htm
la Frullone ke intervista il genio cosmico…..sulla festa della donna
ke!(con la kappa,tutto per Alvise)….
…per favore, la cappa no!!!
sao ko kelle terre per kelli fini que ki kontene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti,
la prossima volta uso il che come formulato-“ko”- nel placitocapuano-ko poi son almeno tre-(960 d.C.).gl’inizi dell’italiano….
….sì, è vero, proprio così, già allora ci avevano le terre i frati!!!
Chiedersi perché la gente gliela lasciava, la terra ai frati (che poi erano monaci) posto che neanche nel 960 erano del tutto cretini!
La cappa lasciamola nei placiti cassinesi (o insieme alla spada), je vous en prie 🙂
Me meschina, che dissi! Mi correggo: la cappa lasciamola nei placiti capuani …
Capuano,cassinese,l’è lo stesso( tre placiti ed una “memoratio”).ma sempre con la kappa sono….
MANEGGIARE CON CURA:
Raffaella Frullone intervista Costanza Miriano per LA BUSSOLA QUOTIDIANA
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-festa-della-donnasotto-scacco–luomo-4722.htm
Besos! Smack! 😉
“Posti in piedi in paradiso” è un film cristiano che fa morire dal ridere”
…ed è anche(senza kappa,solo per non far prender un coccollone-anche questi senza k-ad Alvise)la stessa Caselli che cantò uno dei più bei testi comici della canzone italiana:Perdono?
L’ultima frase del post… sono io che non capisco (e può essere benissimo…) o c’è un errore? Secondo me manca un “non”… Copio e aggiungo in maiuscolo: “Se l’effetto è questo avremo solo la conferma che la verità fa male, come cantava la Caselli, ma questo NON la renderà meno vera.” O sbaglio?
grazie
Admin, perdonami… ma è ancora sbagliata… “la non renderà” anziché di “non la renderà”…
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=1299
Coloro che per non mentire, si servono dell’equivoco, cioè di parole a doppio senso con le quali pretendono di “cavarsela senza dire la verità” e, in definitiva, “mentire in tranquillità di coscienza”… canonizzano la menzogna. Coloro che pensano di salvare la verità con questo arteficio, la uccidono, la soffocano doppiamente, perché niente offende tanto la verità e la semplicità, quanto la doppiezza. E c’è forse qualcosa di più doppio che un equivoco?
(dalle lettere di S. Francesco di Sales alla figlia spirituale S. Giovanna Francesca de Chantal)
😀
Pensieri di Gandhi sulla verità:
– dobbiamo mai commettere l’errore di credere che in tema di falsità, ve ne siano di “grandi” e di “piccole”.
– Anche la più piccola menzogna contribuisce a condurre l’uomo verso la perdizione, esattamente come un sola goccia di veleno infetta il mare intero.
– In che modo dobbiamo rendere onore alla verità? Chi la conosce? La verità a cui ci riferiamo è sempre un fatto relativo, è un qualcosa che sembra essere “il” vero solo ai miei occhi.
Per trovare un diamante, è necessario lavorare con tenacia, smuovendo centinaia di tonnellate di terra e di sassi. Ma adoperiamo anche solo una minima parte di quella tenacia per eliminare dal nostro animo le scorie della menzogna e cercare la gemma della verità?
– Non perdere la serenità se qualcuno ti chiama bugiardo o ti contraddice. Se vuoi dire qualcosa, dilla tranquillamente. Altrimenti non c’è nulla di meglio che il silenzio. Se sei veramente sincero, non diventare bugiardo per il semplice fatto che qualcuno ti ha accusato di esserlo.
– La menzogna distrugge l’anima. La verità la rafforza.
– Per conoscere la verità, è necessario leggere le vite dei santi e meditarle.
– Una piccola goccia del veleno della menzogna infetta tutto l’oceano della verità.
– L’uomo retto è in grado di esorcizzare la menzogna anche quando si chiama “luogo comune”.
– Chi segue la via della verità non inciampa.
“- dobbiamo mai commettere l’errore…”: NON dobbiamo mai commettere l’errore…
e aggiungo: “chi cerca la verità dovrebbe essere più umioe della stessa polvere”
Sigh!
Un incontro è vero solo quando sono vere le persone che si incontrano. Da questo punto di vista, finiamo costantemente col contraffare l’incontro. Non solo in noi, ma nell’immagine stessa che abbiamo di Dio, ci è assai difficile essere autentici. Per tutto il giorno assumiamo una dopo l’altra una serie di “personalità sociali”, a volte irriconoscibili per chi ci sta innanzi o perfino ai nostri stessi occhi. Quando viene l’ora della preghiera e desideriamo presentarci a Dio, ci sentiamo spesso smarriti, perché non sappiamo quale di queste personalità sociali sia la verità della nostra persona; non siamo più capaci di distinguere la nostra autentica identità. Le diverse persone che presentiamo a Dio, una dopo 1’altra, non sono noi stessi. C’è del nostro in ciascuna di esse, ma la persona nella sua globalità rimane assente. Ecco perché la preghiera, che pure sarebbe in grado di salire con forza dal cuore di una persona autentica, non trova la sua strada in mezzo al nugolo di marionette che offriamo a Dio. Ognuna di queste dice una parola che è vera nella sua parzialità, ma non esprime le altre personalità parziali che abbiamo assunto durante il giorno. Ritrovare la nostra unità, l’identità fondamentale, diventa oltremodo importante. Se ciò non accade, non possiamo incontrare il Signore nella verità. (Mons. Anthony Bloom)
Buon giorno Ragazzi!Ok sto ridendo perché devo essere proprio tremenda e socialmente inaccettabile.
” E’ un piacere per me che tua madre mi insegni a cucinare le lasagne come-piace-a-te” è una di quelle frasi che non mi è mai uscita dalla bocca ” cucino meglio di tua madre ” ( riferita al mio ragazzo ) invece si.
Le persone che mi amano lo fanno a loro rischio e pericolo. Se una mia amica mi chiede come le sta un vestito e sembra il tendone a strisce di Moira Orfei lo dico senza tanti complimenti. Mesi fa mio fratello mi chiese un’opinione, io risposi sinceramente e lui ci rimase male per un mese.
Alla fine del mese si rese conto che avevo ragione ed era un consiglio spassionato
Come potevo mentirgli?
Ok questo rende la convivenza con me un’incubo, ma il fatto è che proprio non ci riesco e chi mi conosce se ne accorge dalla faccia che faccio prima ancora che risponda.
Tra l’altro l’unica donna con la quale mi compro un vestito è mia madre, perché ha il mio stesso brutto ” vizio “.
Per chi non l’avesse capito, dopo essere stata una grandissima bugiarda, sono arrivata alla conclusione che la menzogna è menzogna, quindi da evitare, compresi gli escamotage ed i sotterfugi. Credo che non esistano le bugie a fin di bene.. 😉
Grandi santi hanno aborrito la menzognia e ne hanno fatto la loro bandiera spirituale.
Ad esempio Padre Pio diceva: “Se la bugia non porta danno agli altri, però porta danno all’anima, perché è contro la verità e Dio è verità”.
Per favorire il flusso di prenotazioni, i superiori di Padre Pio avevano stabilito che le confessioni dello stesso penitente presso Padre Pio fossero intervallate da circa una settimana. Un signore di Padova si era recato da Padre Pio per raccomandare la figlia ammalata. Essendosi confessato da pochi giorni, quattro per la precisione, fu invitato ad attendere qualche giorno. Non ci fu verso; ansioso per il problema della figlia, entrò in confessionale ma ne uscì «bastonato». Raccontò, poi, piangendo, che entrato si era sentito chiedere: «Da quanto tempo non ti confessi?». Ed egli subito: «Da otto giorni, Padre». E Padre Pio: «Che otto giorni, bugiardo, sono quattro giorni: hai detto bugie per tutta la vita, credi tu con le bugie di imbrogliare anche in paradiso? Vai via». Di professione era mediatore di affari, quindi la bugia era abitudine professionale. Tutto finì bene, la figlia anoressica guarì, egli divenne un cristiano fedele e praticante: messa quotidiana e rosario ogni giorno.
Non mi pare che andasse molto delicatezza ma i risulati li ha avuti, no? Con lui sì che LA VERITA’ FACEVA MALEEE!
Per dire la verità bisogna imparare a tacere e ascoltare la Verità.
Così – più o meno – oggi il Papa all’udienza generale:
“la dinamica di parola e silenzio, che segna la preghiera di Gesù in tutta la sua esistenza terrena, soprattutto sulla croce, tocca anche la nostra vita di preghiera in due direzioni.
La prima è quella che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio. E’ necessario il silenzio interiore ed esteriore perché tale parola possa essere udita. E questo è un punto particolarmente difficile per noi nel nostro tempo. Infatti, la nostra è un’epoca in cui non si favorisce il raccoglimento; anzi a volte si ha l’impressione che ci sia paura a staccarsi, anche per un istante, dal fiume di parole e di immagini che segnano e riempiono le giornate.
Per questo nella già menzionata Esortazione apostolica Verbum Domini ho ricordato la necessità di educarci al valore del silenzio: «Riscoprire la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa vuol dire anche riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore. La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in noi, come è accaduto in Maria, inseparabilmente donna della Parola e del silenzio» (n. 21)”
Ale! Sei troppo forte! Smack! 😀
Giovanni e Paolo paragonano entrambi la Parola di Dio ad una spada a doppio taglio, cioè un arma affilatissima e micidiale, sottolineando entrambi la sua capacità “chirurgica” di tagliare esattamente dove si deve tagliare (“fino al punto di divisione dell’anima dallo spirito”, dice Paolo). Forse se dovessimo dire noi lo stesso concetto oggi parleremmo di un bisturi.
Invece a volte, e credo che sia questo che vuol dire Lidia, la Parola (e quindi la Verità) viene brandita come una clava, usata per ferire e non per guarire, per schiacciare l’avversario invece di salvarlo. Come al solito, parlando di cose cattoliche, vale il principio dell’et-et, non bisogna tacere, ma nemmeno possiamo sentirci autorizzati a schiantare il debole (“non spegnerà lo stoppino fumigante…”).
“Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti,” scrive Raffa, ed è vero, ma un cristianesimo di verità senza carità non è nemmeno cristiano! Come dire che se noi siamo servi della Verità è anche vero che essa stessa è a servizio dell’amore ed a volte amore può significare anche non dico tacere, questo mai, ma sfumare, valorizzare il positivo, cercare il confronto…
Per questo prego ogni giorno per imparare a capire quando parlare e quando tacere
CCC 2488: “Il diritto alla comunicazione della verità non è incondizionato. Ognuno deve conformare la propria vita al precetto evangelico dell’amore fraterno. Questo richiede, nelle situazioni concrete, che si vagli se sia opportuno o no rivelare la verità a chi la domanda.”
don Fabio: mi fai venire in mente una cosa molto fresca! Ho un amico da quasi 20 anni che da una 15ina ha incontrato anche lui il Signore. Beh, sabato sera eravamo entrambi invitati ad un Battesimo, con relativa cena. Lui se n’è andato molto presto e anche con l’aria piuttosto scocciata. Quindi il giorno dopo l’ho chiamato cercando di capire cosa fosse succeso. In pratica c’era rimasto male perché la cena era a base di CARNE. Alla mia esclamazione: “Ma era sabato!” si è alterato ancora di più e se n’è uscito con una frase molto balorda, per i miei gusti: “Non lamentatevi se le cose vanno male! In Quaresima una volta la carne non si mangiava! E pooi vi considerate una comunità di preghieraaaaa!”. Ho risposto: “A parte che non era un venerdì, stavamo facendo festa perché una creaturina dolcissima aveva ricevuto il Battesimo! Queste cose si festeggiano anche se è Quaresima!”. Sentendo che si infuriava di più, ho continuato molto seria e molto serena: “A che serve fare astinenza per tutta la Quaresima se poi ci arrabbiamo e giudichiamo gli altri perché non fanno la stessa cosa e, inevitabilmente, li condannano! Meno digiuni e più carità!”. A questo punto ha cominciato a dire: “Cosa stai dicendo non ti sento più bene”… e a quel punto E’ CADUTA LA LINEA (!?!?). Ancora mi deve chiamare! 🙁
Ma io non ho mai preso in considerazione il problema di non dire la verità a una domanda, (non è quella la cosa più importante)ma non essere sinceri su se stessi, sulla verità di se stessi, ammesso che uno la conosca, ecco, lì, non mi sembra che non sia giustro “sfumare”.
Che se poi uno sfumasse allora, in quel caso, bisognerebbe vedere se la sfumatura arrivasse fino a
occultare, tenere nascosto. il verbo greco lantano. aleteia etc.
suppongo ci si riferisca a qualcosa di più oggettivo che il parlare ed esprimere verità-ammesso che ci si conosca-su sé stessi. che so tipo,nonostante le circonlocuzioni eufemistiche utilizzate,il ventilato diritto all’infanticidio apparso sul journal of medical ethics di melbourne….
No, bhe, di fronte ad un esempio così macroscopico non sono possibili sfumature né c’è alcun positivo da valorizzare, ma di rado la vita ci pone di fronte ad alternative così secche.
Uffa… ogni post la stessa storia… non vi sto dietro con tutti ‘sti commenti… rallentate! 🙂
Bella quella canzone! Mi piace il tuo blog, perchè c’è sempre qualcuno nei commenti che posta le canzoni/video di cui parli al posto mio, così mi risparmio la noia di andarle a cercare per risentirle…
Le donne sono così. Dire bugie = amicizia femminile. Le bugie sono spesso all’ordine del giorno.
In questo caso io sono poco donna, perchè sono fin troppo schietta e sincera.
A volte, le persone rimangono male per questo, ma io non riesco a non dire la verità.
Mi dispiace, gente!
Stefano Manfrin:
Sei anche te di origini venete’
Io sì, mi chiamo Alvise Scopél. (babbo vicentino)
Scopél che vuol dire scalpello, famiglia di cavapietre, scalpellini etc.