Contro la povertà

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 di Emanuele Fant

Gli inviti ad andare dai poveri hanno generato eserciti di volontari che accarezzano gli ex senzatetto e danno loro le caramelline, sentendosi in missione per conto del Signore. Dovrebbero sapere che il Signore si nasconde tra i poveri, non si sovrappone perfettamente a loro. La caccia al tesoro richiede ore, giornate, anni. Convivenza. Il povero va attraversato, come una palude melmosa. Va scrostato. I sentimenti che si devono provare approcciandolo sono il timore e il rispetto, non la leggerezza che genera i sorrisini. Non bisogna fermarsi alle soglie del povero, e dire: “Che carino, sembra il Signore!”.

Tirandoglielo fuori a schiaffi, anche i poveri più cattivi hanno dentro un fulcro divino. Ma solo dopo molta rieducazione si intravede qualcosa di straordinario e pure, per certi versi, superiore. Raggiunto il nocciolo, allora ci si può permettere di offrire le caramelline, senza il rischio di nutrire una parte cattiva (anche se non si capisce bene cosa se ne faccia, il Signore, delle nostre caramelline).

Visitare la povertà è un rischio che non si può assumere a cuor leggero. I poveri sono cattivi, sono arrabbiati, sono lamentosi, sono incostanti, dicono le bugie. A volte non per colpa loro, a volte perché sono malati (anzi, quasi sempre, perché sono malati). I poveri non hanno un buon odore. San Camillo de Lellis diceva di sentire il profumo nelle piaghe dei poveri, ma fratel Ettore Boschini gli rispondeva: “Invece io, caro San Camillo, sento ancora la puzza”. Faceva bene. Bisogna fuggire la tentazione di guardare i poveri con gli occhi romantici, perché non esiste il barbone-poeta che fa gli acquarelli fuori dalla stazione e che ha lasciato un tetto per scelta. I poveri sono persone messe ai margini, il più delle volte perché non hanno saputo restare dove avrebbero potuto vivere bene, e questo a causa dei loro peccati, delle loro scelte sbagliate, delle loro cattiverie. E allora, beati i poveri, di cosa? Perché dovremmo andarli a stanare? Per farci rubare il portafogli? Per avere un esempio cattivo?

Noi andiamo dai poveri perché ci fidiamo di Gesù, che ci ha detto che sotto le loro ferite, sotto le loro nefandezze, è nascosto un segreto. E questa è parola di Dio, nessuno lo può negare. Ma nessuno può nemmeno negare che le ferite e le nefandezze fanno schifo. Non sono attraenti.  Credo sia terribilmente fuorviante idealizzare una condizione, far finta che delle urla per il dolore siano risate. Il mistero che sta nei poveri è connesso proprio alla loro sofferenza, non a una sciocca euforia che dovrebbe ottenere chi li accosta, o chi decide di non possedere, come loro, cose materiali. I poveri veri non sono beati per condizione, così come ingenuamente si dice, citando male le Beatitudini.

Beati sono “i poveri in spirito”, specifica Matteo. In spirito. Che significa? Cosa hanno di diverso i poveri in spirito dai semplicemente-poveri?  Ho scritto un sms a fra Roberto Pasolini, e gli ho chiesto questa distinzione. Ecco cosa mi ha risposto:

DIREI CHEI POVERI IN SPIRITO SONO QUELLI RADICALMENTE POVERI, GLI AZZERATI NELLE PRETESE, NELLE ANSIE DA PRESTAZIONE. CHE STANNO DAVANTI ALLA VITA E A DIO SENZA ALCUNA PRETESA ORIGINATA DAL DISGUSTO DELLA PROPRIA DEBOLEZZA.

Lo trovo bellissimo. Soprattutto la fine. I poveri in spirito hanno fatto un passo oltre, hanno affinato il discorso, sembrano volerci finalmente far uscire da una grande metafora concreta, per cogliere il senso più profondo e volatile del discorso “povertà”, così presente nel Vangelo.

La povertà in spirito è povertà nell’essenza di noi. In quello che permane, che è impalpabile. La condizione economica non è un elemento che ci portiamo dietro dopo morti. Né se siamo ricchi, e questo lo sappiamo bene; né se siamo poveri, e questo mi sembra da approfondire.

La corsa alla spoliazione di noi borghesi, rischia di farci ottenere il contrario di quello che speriamo, perché ci espone al rischio dell’esibizionismo. La povertà è poetica per chi la visita quando ne ha voglia, e poi può sempre tirarsi fuori, andare a mangiare in un ristorantino. È poetico mettersi i maglioncioni infeltriti, i cappotti di taglie sbagliate, i cappellini. Tutto questo é carino, ma un défilé non ha mai salvato nessuno dalla dannazione. Semmai il contrario, se diventa lo scopo. La povertà ostentata non fa meno male dell’eccessiva ricchezza, rischia di diventare una medaglia d’onore, una nobiltà d’animo, facendo di me il contrario dell’erede del Regno dei cieli. A noi che abbiamo visto i film di san Francesco e ci sentiamo chiamati a scelte estreme, Dio sembra dire: “Rilassatevi!”, “Cercate prima di tutto il mio Regno, e tutto il resto vi sarà dato in più”. Anche la pace, anche la giustizia sociale. Dio sembra dire: “Tanto per iniziare, pensate per voi. Vedrete che poi il resto si aggiusta da solo”. Perché l’accesso al Suo Regno  è una cosa che riguarda ognuno intimamente e singolarmente. Dio ci chiede di avere come primo obiettivo la nostra anima personale, non di salvare l’universo o le balene dall’estinzione. In un certo senso ci chiede egoismo, un egoismo buono. Non è commovente, che il Padre pretenda da noi niente di più di quello che è in nostro completo potere? Non è controcorrente? Non è rilassante? Io trovo di si.

Noi poveri “per vocazione” dimentichiamo troppo spesso che l’abbandono delle cose non è il centro della proposta di Cristo. È vero, se non ho una automobile non mi possono rubare una automobile. E questo mi renderà più sereno. Ma vi sembra che un insegnamento del Signore in persona possa essere così superficiale? Io credo di no. Questa è roba da comune frikkettona. Quella cosa della serenità va bene, ma lo dice anche la logica, lo dicono anche parecchie filosofie. Noi cerchiamo, nella nostra fede, risposte ad interrogativi ben più gravi  e consistenti. Ad esempio, noi vogliamo sapere come si sopravvive al morire. Questo è l’enorme mistero centrale a cui dobbiamo connettere la povertà.

Io credo che Dio non sarà severo con chi non se la sente di abbandonare il padre, la madre, la casa nel senso di persone e cose materiali; perché tanto Lui ha messo un esame finale ben più valido, durante il quale tutti entreremo in relazione con la povertà più perfetta e sublime, l’unica che ci affina fino in fondo, che non permette esibizioni, che richiede silenzio assoluto, solitudine perfetta, massima concentrazione. Cioè la morte.

27 pensieri su “Contro la povertà

  1. Che bel pezzo. Magari le prediche di tanti sacerdoti fossero così.
    E molte persone di buona volontà ma che han perso la fede o non l’hanno ancora trovata fanno ragionamenti praticamente identici espressi con parole differenti. Probabilmente raccontando loro la Buona Notizia con un vocabolario più simile al loroloro rischi perfino di fargli conoscere il capo. E chissà mai che da cosa non nasca cosa…

  2. Velenia

    Tutto vero, però due cose caro Emanuele:la prima, quando quattordicenne cominciai ad andare in caritativa, mi venne insegnata una preghiera:-Signore insegnaci a stare con loro come Tu sei stato con noi. La seconda cosa è quella a cui tengo di più , , perché è il motivo per cui sono cristiana:quando Gesù esorta a lasciare padre, madre, fratelli e campi promette non solo l’eternità ma il centuplo quaggiù. Non solo l’aldila ma l’aldiqua.Io ai cappellini infeltriti non ho interesse, ma il centuplo quaggiù ….guai chi lo tocca.

  3. Lara B.

    …Grazie!…è ciò che ogni tanto provo a formulare e a balbettare in qualche incontro di aspiranti poveri..ma tu lo hai espresso benissimo..grazie! Lara

  4. “I poveri sono persone messe ai margini, il più delle volte perché non hanno saputo restare dove avrebbero potuto vivere bene, e questo a causa dei loro peccati, delle loro scelte sbagliate, delle loro cattiverie.” (!!!)

    E poi, comunque, per tutti, tenebrosa, LA MORTE!!!

  5. Laudato si’ mi signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente po skappare. Guai acquelli ke morrano ne le peccata mortali, beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda nol farrà male.

  6. Franca 35

    Grazie, Emanuele, Dio ti benedica. Sono trent’anni che predico le cose che dici tu, se i poveri sono veramente i beati di cui parla Cristo, lasciamoli stare così, non ti pare? Ma Gesù al giovane ricco, quando gli chiede di lasciare i suoi beni per seguirLo, gli dice di lasciarli ai poveri e così avrà un tesoro nei cieli. Lui, non i poveri ai quali li ha dati. Come ci dice san Paolo, nella lettera agli Efesini, Dio ci prepara le opere buone perché noi le possiamo fare, non perchè ci vantiamo, ma perchè noi si riesca a imparare l’amore per il prossimo. Il tuo libro mi ha allargato il cuore, grazie.

    1. Perché il “(?)”. Che c’è che non va? Perché mi vanti, perchè ti vanti, perché si vanti, perché ci vantiamo, perché vi vantiate, perché si vantino.

  7. “Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli.

    Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere

    fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste”.

    Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?”.

    Allora egli risponderà loro dicendo: “in verità vi dico: tutte le volte che non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me

    E questi andranno nelle pene eterne e i giusti nella vita eterna”,

  8. “I poveri sono cattivi, sono arrabbiati, sono lamentosi, sono incostanti, dicono le bugie. A volte non per colpa loro, a volte perché sono malati (anzi, quasi sempre, perché sono malati). I poveri non hanno un buon odore.”

    L’errore è anche quello di pensare che i poveri sono quelli vestiti di stracci e senza dimora… con “le pezze al culo” come si usa dire.
    La frase qui sopra non ritrae forse una gran parte di Umanità? Non è forse molto spesso il nostro stesso ritratto, di noi che ci diciamo Cristiani? Maggiormente colpevoli noi, che abbiamo Dio come Padre, che siamo Figli di Re, che tutto possediamo anche quando non abbiamo materialmente nulla. Noi che non conosciamo malattia che ci possa annientare, veleno che ci possa uccidere, tranne quando scegliamo e ci adagiamo nella febbre, nella putridume dei nostri peccati.
    Quando ci lamentiamo, normoriamo, mettiamo i bastoni tra le ruote del Piano di Dio (che pure non si arresta) perché lo vorremmo piegato a fare la NOSTRA volontà!

    Così giustamente anche questo articolo ci spinge a curare noi stessi in primis, a farci curare, a chiedere aiuto, a implorare la Misericordia di Dio… poi andare verso i poveri. O meglio vivere da poveri tra i poveri, non pensando di avere qualcosa in più se non l’unica nostra ricchezza: aver incontrato Cristo.
    Perché non è facile essere “poveri in spirito”… non avere nulla da difendere, nulla da pretendere, mendicare tutto a da Cristo. Che si degni di fermarsi e non passare oltre.

    Solo così potremo non fare alcuna differenza né nello sguardo, né nel nostro atteggiamento, stando tra i “poveri della stazione” o quelli che “vivono nei palazzi”… perché anche coloro che hanno il portafogli pieno da scoppiare “…sono cattivi, sono arrabbiati, sono lamentosi, sono incostanti, dicono le bugie. A volte non per colpa loro, a volte perché sono malati (anzi, quasi sempre, perché sono malati).” E non hanno un buon odore… nonostante i costosi profumi.

  9. giuliana75

    in quel povero puzzolente incostante sporco e lamentoso ci sono io. C’ero io tanti anni fa e ci sono ancora. E come allora anche oggi c’è qualcuno che mi viene a soccorrere non perché sono carina e coccolosa con tutte le mie pezze, no. Mi viene incontro qualcuno che mi dice che io non sono le mie pezze. Le mie pezze fanno sempre schifo, ma io non sono i miei quattro stracci puzzolenti. Quegli amici che mi soccorrono si sono fidati a loro volta di Un Altro che li ha medicati per primo e hanno voluto fare la stessa cosa con me. E’ questo passaparola di pietà amorevole che non guarda le pezze, che le chiama col nome di peccato, ma non mi inchioda ad esse che voglio raccontare ad altri barboni come me. Perché quella povertà materiali diventi povertà di spirito. Quanto desidero quella povertà di spirito di cui ha parlato fra Roberto!…. quanto coraggio ci vuole per abbandonare la propria “pretesa originata dal disgusto della propria debolezza”….

    1. Fransi

      “Io sarei un povero pezzettino di ferro inutile, se mi allontanassi dal fuoco divino.”
      Teresa di Lisieux

  10. 61angeloextralarge

    Emanuele: questo post è incredibilmente concreto. Ho fatto esperienza per anni di quello che scrivi. Confermo in pieno.

  11. “Noi cerchiamo, nella nostra fede, risposte ad interrogativi ben più gravi e consistenti. Ad esempio, noi vogliamo sapere come si sopravvive al morire. Questo è l’enorme mistero centrale a cui dobbiamo connettere la povertà.”

    Il mistero centrale, va benissimo, nessuno ve lo leva, il che non toglie l’aiutare (evangelicamnte) chi ha bisogno (in tanti modi) senza necessariamente per questo sconfinare nell’esibizionismo, e tantomeno nei golfini infeltriti nei cappellini eccetra eccetra…
    Alle volte, caro Elefant, a voler fare troppo gli originaloidi, si dà di banda!

  12. Anna

    Mi è molto difficile capire questo discorso e lo dico in tutta sincerità, mi è difficile in parte per il linguaggio (mea culpa, mancanza di cultura direi), in parte perchè non riesco a farlo mio totalmente. Insomma mi sembra un discorso un pò borghese, quasi un cercare un alibi …. Facendo volontariato alla Mensa dei poveri ho visto sporcizia , malattie, volti devastati, violenza, … confesso che dopo un pò ho iniziato a mettere I guanti per il timore di portare malattie a casa ai miei figli… Ma ogni volta che vedo UNO di questi poveri non posso fare a meno di pensare a Gesù, che sin dall’infanzia ha vissuto veramente anche nella povertà materiale, così la sua mamma e il suo papà Giuseppe. Penso che Gesù ci richieda una povertà di spirito che inevitabilmente porta anche alla povertà materiale. Penso a Pier Giorgio Frassati, nato ricco che viveva da povero, penso a Giovanni Paolo II…. Ecco intimamente sono convinta che I santi amino e abbiano sempre amato anche tanto la povertà materiale.
    Non penso che chi non ha mai vissuto nella loro povertà possa capire cosa vuol dire trovarsi in una simile situazione. O capire cosa significa non avere abbastanza soldi per arrivare alla fine del mese, non avere più lavoro, non avere un paio di vestiti decenti per I propri figli, non avere una casa decente in cui farli vivere, non avere I soldi per null’altro che veramente l’essenziale. Mi spezza il cuore soprattutto la povertà dei genitori che non riescono a provvedere ai figli con dignità. E non posso non pensare che se nella pratica condividessimo veramente I nostri averi materiali queste famiglie non si troverebbero in queste situazioni.
    Ho letto un bel libro di una famiglia che , spinta dalla figlia adolescente, vende la costosissima casa, ne compra una che vale la metà e l’altra metà la usa a fin di bene. Non dovremmo tutti fare così ? (Lo dico a me stessa per prima).
    Non riesco a capire perchè alcuni rinfaccino Don Tonino Bello di pauperismo… Ecco… Se per favore mi spiegaste (ma in parole semplici) cosa vuole dire vi sarei grata. Senza polemiche, proprio per capire. Grazie 🙂

    1. @Anna personalmente non trovo che quanto hai scritto sia molto distante dal cuore di quanto è scritto nell’articolo (seppure contenga parecchie e diverse sfumature).

      Rifacendomi solo al mio commento e parlando per me, io mi riferivo in particolare alla estrema e più profonda povertà dell’Uomo: quella della non-conoscenza di Dio e di Suo Figlio Gesù Cristo. Conoiscenza, incontro, che vanno proposti anche a chi ha tutti i beni di questo mondo.
      Questo non ci esime dal guardare a chi soffre di estrema povertà materiale, quella povertà che rischia, come ben dici, di togliere, eclissare, la stessa dignità umana.

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