
Ecco la lettera che ho mandato al quotidiano LIBERO, pubblicata oggi in prima pagina, in risposta alla pagina di ieri 5 marzo con il dibattito “Sottomissione sì o no”.
Gentile direttore,
essere oggetto di un dibattito tra due firme sulla prima pagina di un quotidiano nazionale è qualcosa che va oltre le mie più luminose aspettative. Un po’ come se il Perugia, che milita in serie D, vincesse lo scudetto.
Detto questo, vorrei chiarire la questione della sottomissione. Quella di cui parlo io non ha molto a che fare con la divisione dei compiti pratici. Anche una donna che lavora, e che lo fa ad alto livello, può essere sottomessa se ascolta il marito, lo rispetta, tiene in gran conto le sue opinioni e le mette prima delle proprie. Io invito le donne alla sottomissione, ma nel frattempo lavoro in un telegiornale nazionale, ho girato documentari a New York e corso maratone oltre Oceano. Insomma, ho fatto il militare a Cuneo. Credo comunque che le donne si debbano riappropriare della loro vocazione all’accoglienza della vita, quella che viene dal loro essere morbide, capaci di ricucire i rapporti, di fare spazio, di intessere relazioni, di tirare fuori da tutti il meglio. Che mettano questo loro genio femminile in cima alle priorità. Non c’entra niente con il trovare un marito ricco da (fingere di ) sopportare in cambio di sicurezza economica. C’entra invece con la lealtà, la dedizione, la dolcezza.
Quanto ai ruoli e ai rapporti di forza tra i sessi devo a malincuore ammettere una cosa. Essere donna mi ha procurato solo vantaggi: ignoro se la mia auto possegga una ruota di scorta, ed eventualmente dove si nasconda, la subdola. Non ho la minima idea di come, attraverso quali misteriose vie la mia casa venga rifornita di energia elettrica, calore, gas. Posso guardare Sex and the city e trascorrere svariati minuti a scegliere uno smalto senza perdere il mio prestigio, perché la mia frivolezza è ormai socialmente ammessa. Ho avuto il privilegio incommensurabile di ospitare e sentir muovere quattro bambini nella pancia, anche se, lo ammetto, nei momenti di farli uscire l’aspetto del privilegio non mi è sembrato il più evidente.
Non ho mai subito discriminazioni di genere. Al lavoro capita di non essere apprezzati e valorizzati, ma capita agli uomini e alle donne. E la riuscita professionale è determinante per l’identità di un uomo. Conosco molti, moltissimi uomini demoralizzati, a volte depressi per come vanno le cose nel mondo del lavoro, per la prepotenza, la mancanza diffusa di meritocrazia e professionalità.
Per questo, lo confesso, non ho mai sentito il bisogno di nessuna rivendicazione di genere. Sono molto riconoscente per le libertà che le donne delle generazioni precedenti hanno conquistato per noi, ma proprio perché le ho ricevute, e ne godo con soddisfazione, non riesco a provare nessuna rabbia in merito.
Penso invece, certo, con il cuore stretto alle donne di gran parte del nostro pianeta, provando molto sollievo per essere nata dalla parte fortunata del mondo.
Perché non si creda che io abbia assunto sostanze psicotrope e sia in preda a una specie di delirio rosa confetto e uccellini cinguettanti, ammetto che delle difficoltà per le donne ci sono: essere mamma e lavorare è una fatica bestiale. Per la legge di non penetrabilità delle ore o si sarà carenti su un fronte, o lo si sarà sull’altro. Ma non è colpa della congiura maschile. E’ la natura: i figli li fanno le femmine della specie. Le quali, poi, se vorranno o dovranno anche lavorare, finiranno inevitabilmente per piegare calzini a mezzanotte; andranno alle conferenze stampa con un rigurgito latteo sul twin set; sbaglieranno l’orario dell’antibiotico; si sforzeranno con grande perizia di non addormentarsi sulla scrivania dopo una notte passata a raccogliere vomiti; si dimenticheranno merende dell’asilo e appuntamenti fondamentali con il nuovo capo.
Quelle che decidono di puntare tutto o quasi sul lavoro spesso ce la fanno ad emergere, anche se pagando un prezzo alto sul piano della vita personale.
Fare bene tutto non è possibile, e quando non arrivo non mi arrabbio con le congiure di cui sarei vittima, ma tendo piuttosto a pensare che essere donna sia comunque una meravigliosa ricchissima avventura.
Sarà per questo che non voglio ribellarmi agli uomini, ma, riconoscendo la loro superiorità in tanti settori (e in altri la nostra), una volta trovato quello giusto ho capito che ascoltare ed ”obbedire” alla sua lucidità, la sua razionalità, non poteva che farmi del bene. E io fare del bene a lui con il mio genio femminile, il mio talento, le mie capacità.
Buon otto marzo a tutti!
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