Il mensile di approfondimento di politica ed economia l’ Ago e il Filo mi ha chiesto come è nato il libro. Ecco:
Principalmente è stato un problema di auricolare non funzionante.
E’ per questo che ho cominciato a scrivere un libro.
Urlare dentro un auricolare scassato, mentre con una mano si cerca di non perdere il pallino del rosario lasciato a metà, con l’altra di cambiare marcia, e con le cosce di tenere in equilibrio la lattina di Coca Light può essere veramente estenuante, soprattutto se la missione è convincere l’amica carissima a non lasciarsi sfuggire da sotto il naso l’uomo della sua vita. Per questo ho cominciato a scrivere: perché il mio auricolare non funzionava bene.
La mia amica N. sollevava delle obiezioni ridicole sull’Uomo Perfetto che la Provvidenza aveva messo sulla sua strada, e per giunta dotato di scatolino con anello di fidanzamento. E mentre io cercavo affannosamente di dipanare i suoi dubbi, mi rendevo conto che a occhio e croce erano gli stessi della maggior parte di noi, quasi quarantenni professioniste bisognose di ritrovare il senso della nostra chiamata. Che è, come per tutte le donne, principalmente quella a dare la vita.
Così ho cominciato a fissare le idee da mandare a N., almeno per farmi perdonare di tutte le volte che le avevo chiuso il telefono in faccia (l’auricolare rotto, un bambino che vomita, il caporedattore che chiama), e per non rischiare di perdere il filo dei pensieri che – me ne rendevo conto – servivano anche a me per fare due conti sulla mia, di identità.
Poi è capitato che scrivessi, per la prima volta in vita mia, a un giornale, anzi precisamente a un giornalista: Camillo Langone del Foglio, che aveva scritto una delle sue quotidiane Preghiere in cui esponeva le sue idee particolarmente fuori dal coro. “Se vogliamo fare a gara – ho pensato – anche io sono fuori del comune, seppur mai quanto te”. E così gli ho detto che stavo scrivendo delle lettere in cui invitavo le mie amiche a sottomettersi ai loro mariti. Camillo, invece che invitarmi a dedicarmi ad attività più proficue quali aprire una friggitoria o imparare l’origami, mi ha suggerito di provare a scrivere un libro.
E così, dopo appena un centinaio di notti insonni (di giorno sarei anche giornalista al tg3 e mamma di quattro creature che è ottimistico definire bambini) eccomi qui. A fine febbraio per la Vallecchi è uscito “Sposati e sii sottomessa”, che – in modo del tutto inatteso per me – qualcuno ha addirittura comprato e forse persino letto, a giudicare dalle recensioni. Anche se nessuno mi toglie dalla testa che ci sia chi se lo è procurato allo scopo di metterlo sotto le zampe di un tavolino traballante.
E’ una raccolta di lettere alle amiche sulla donna, l’uomo (ci sono anche due amici tra i destinatari: mi sono avventurata in territori a me impervi), sul matrimonio, l’accoglienza della vita, la famiglia, l’educazione. Ho messo insieme i dubbi, e ho cercato le risposte, che alla fine sono quelle che dà la Chiesa.
Il mio lavoro è stato il tentativo di declinarle in un linguaggio contemporaneo – quando sei sulla tangenziale e urli dentro un auricolare non ti vengono in mente esattamente le parole della Mulieris Dignitatem. Generalmente, e più probabilmente, qualche insulto: tipo smettila di fare la cretina, la femminuccia, e deciditi a capire che sta a noi amare per prime.
Alla fine la visione cristiana dell’uomo funziona davvero, se proviamo a fidarci. E funzionare vuol dire principalmente stare bene, essere felici.
Visto che nessuno qui mi fa le domande, e mi sto intervistando da sola, vorrei omettere di rispondere a quello che mi chiedono tutti, e cioè “chi lava i piatti a casa?”.
La sottomissione di cui parla san Paolo nella lettera agli Efesini, e di cui parlo anche io che lo scopiazzo indegnamente, è qualcosa di molto più profondo della divisione pratica dei lavori di casa, e lo dico io che sono la regina del surgelato, schiava della mia colf, e dotata di una soprannaturale capacità di rompere quello che tocco, comprese le piante (ma se mi regalate fiori già recisi li accetto). La sottomissione è mordersi la lingua, non brontolare, accogliere, cercare di prevenire i desideri, lamentarsi lo stretto indispensabile e farlo per lo più con amiche solide, avere pazienza con tutti i membri della famiglia, tenerli insieme come il mozzo di una ruota fa con i raggi, avere un cuore aperto e arrendevole.
Io ho indicato la strada alle mie amiche, adesso spero che qualcuna ci riesca. Io no. Mica si può far tutto nella vita. C’è chi predica, chi razzola. Io predico.
prima una confessione: L’Ago e Il Filo pensavo fosse una rivista di lavori femminili, tipo Burda.
poi una domanda: qual’e’ la Preghiera di Langone che ha scatenato tutto questo?!
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Solo perm rispondere alla domanda del post: Usare la lavastoviglie va bene lo stesso???
perché in quel caso il sottomesso in casa sarebbe Paul … se invece andiamo più a fondo, dopo il “continua a leggere” la sottomessa mi sa che sono io. AHIME’.
Mi piacciono molto le tue di prediche :sono frizzanti,vere,a volte esilaranti,sono e sarò sempre una tua fan,non ti montare la testa e vai avanti!!!
Penso che senza l’avvento della lavastoviglie la percentuale dei divorzi sarebbe ancora più drammatica
La lavastoviglie è benedetta, ma Camilla Baresani sostiene che le discussioni su come caricarla sono in cima alla lista delle cause più frequenti di divorzio. La preghiera per cui ho scritto a Camillo non la ritrovo, ma era una breve recensione a una edizione illustrata della Divina Commedia piena di diavoli sbudellati e bassezze corporali. Lui sosteneva che l’inferno deve tornare a far paura, prima di tutto ai bambini. Io personalmente sono d’accordo: se non si crede all’inferno non si è cristiani, e non si può parlare di misericordia prescindendo dalla pena.
Che la prospettiva dell’inferno, così come lo definisce il catechismo della Chiesa Cattolica, (separazione eterna da Dio), dovrebbe suscitarci una vera e propria angoscia, sono d’accordo: che debba “tornare a far paura, prima di tutto ai bambini” mi sembra una perversione assurda anche per uno come Langone
sempre in attesa del libro qui in provincia, mi diletto a seguirla sul blog: davvero ha un modo simpaticissimo di scrivere e di impostare i problemi.
Solo una raccomandazione: non insista troppo nelle sue (pericolose) pratiche automobilistiche (spero – ma dubito – siano licenze letterarie…)! Alla fine potrebbe incappare in un lettore/vigile :-O
Visto che continuano ad arrivare tramite il blog e facebook segnalazioni sulla difficoltà di reperire il libro, invitiamo tutti coloro che hanno questo problema a contattare la casa editrice VALLECCHI per testimoniare il fatto. ecco il link
http://www.vallecchi.it/contact.aspx
gabriele, è la verità, guido come una disgraziata. Ma naturalmente al lettore vigile dirò una bugia. Le librerie on line, come la Hoepli e la Vallecchi stessa ce l’hanno il libro, e lo spediscono in pochi giorni. grazie!
Si, e via internet anche in meno tempo e con lo sconto. Ma io voglio che sia visibile in libreria. Che lo comprino anche quelli che non usano internet!
Ad alcuni sono riuscito a mettere curiosità, ma se non lo trovano in libreria, si perde l’occasione. Mica posso ordinare venti copie e poi rivenderle 😉
Approfitto del link della casa editrice.
A casa mia i piatti li lava la lavastoviglie e volete sapere chi la carica??? mio marito, perchè dice che io non so utilizzare al meglio lo spazio,…e allora, detto ciò,dove vogliono arrivare coloro che ti fanno questa domanda???
Te lo dico io…non hanno letto il libro(non dite che mi ripeto!)e parlando senza cognizione di causa, non hanno capito niente,oppure non ti ascoltano quando parli.
Non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire!!!
Non mi pare di aver mai sentito uscire dalla tua bocca
che ti senti una vittima di tuo marito o del tuo matrimonio, mentre so per certo che ti senti in colpa se passi più di un minuto al telefono, mentre sei a casa con la famiglia.
Questa è la sottomissione che tu intendi, ossia rinunciare a qualcosa che potrebbe distrarti dal tuo compito, per pura evasione.
Lo stesso capita a me, soddisfassi i miei desideri, andrei una volta alla settimana a fare un giro al centro termale da sola o con una’amica, ma siccome mi rendo conto che preferisco anteporre il mio ruolo di madre, resto a casa con le figlie che hanno bisogno della mia presenza per fare i compiti,per essere accompagnate al catechismo o all’attività sportiva.
Ma siccome anch’io come te, non riesco SEMPRE a sottomettermi al bene della famiglia, mi è capitato di allontanarmi da casa una giornata intera con le amiche o peggio ancora dieci giorni per lavoro al nord Italia per aprire e poi addestrare il personale di un nuovo punto vendita della catena per cui lavoro.
Ma questi sono casi sporadici, la quotidianità mi vede attenta alle esigenze familiari e anche se lavo raramente i piatti,ho tanti altri compiti da svolgere nelle ore in cui non sono al lavoro!!!
usate i piatti di carta
Grazie per il suggerimento Paul, ma non sempre la cosa è fattibile!!!!
mah..non ho capito l’inerenza con il lavare i piatti. Li lavo io ma anche perche sono single e divido la casa con amici che sono bravi a cucinare mentre io sono una frana. Usiamo piatti di plastica.
forse non avendo seguito il blog e le interviste fatte in questi giorni all’autrice del libro non hai potuto cogliere l’ironia: non era una vera domanda ma è quella che più spesso hanno rivolto a Costanza ogni volta che lei provava a spiegare il suo concetto “alto” di sottomissione (e cioè che significa base, sorreggere la famiglia uscire da una logica del conflitto del dualismo, riappropiarsi dei ruoli maschili e femminili, San Paolo e la lettera agli efesini, etc…. si ok ma a casa tua chi lava i piatti?)
Bisogna chiederlo a chi intervista Costanza che cosa c’entra????
Come se saper tenere unita la famiglia dipenda dal lavare i piatti o meno!!!!….bah!
Scusa Claudia ma se ovviamente chi lava i piatti o chi piega i calzini (il mio incubo!) non ha niente a che vedere con la sottomissione come la intende Costanza, anche prendersi una giornata ogni tanto o una serata per qualcosa che ci piaccia e ci gratifichi non vanificherebbe certamente il proprio essere solida “testata d’angolo” (a meno di lasciare figli affammati mendicare un tozzo di pane).
Cara Costanza, oggi è uscita la mia … ‘recensione’ (chiamiamola così …) del tuo libro su Libertà, quotidiano di Piacenza. Mentre pisolavo cinque minuti sul divano dopo pranzo con il timer di cucina puntato anche se non lo sento mai suonare e Paola mi grida è suonato!, la sentivo raccomandare il tuo libro a mia figlia ed alla sua amica Fede, e loro ne stavano appunto leggendo la mia ‘recensione’ … Anche gli amici lo leggono e ne parlano…
Mi pare proprio che hai colpito a fondo, e ne sono veramente felice, perché credo che occorra inaugurare un femminismo … ‘buono’, alla rovescia, che ci liberi dall’antagonismo sessista e ci restituisca alla bellezza del dono coniugale reciproco …
E mi pare che qualcosa, in questo senso, si sia mosso.
Cara Raffaella io penso che la vediamo entrambi alla stessa maniera, solo che tu ti rifiuti di chiamare la nostra “vocazione” di donna, madre e moglie, con il termine “sottomissione”, ma che invece a me piace tanto perchè mi gratifica l’idea di essere in grado di sostenere dalla base anche se mio marito non la pensa allo stesso modo!
Non credo si tratti di un problema terminologico: anzi l’accezione di sottomesso come “colui che regge e sostiene” (alla quale non avevo mai pensato) mi piace molto e la vedo bene anche al di fuori dell’ambito familiare, solo che per me quello della sottomissione deve essere un atteggiamento interscambiabile all’interno della coppia a seconda dei momenti e delle situazioni
si infatti, quello che in più aggiunge Costanza è che ognuno “sorregge” secondo le proprie attitudini alcune sicuramente personali altre che vengono dalla natura femminile e maschile che per molti aspetti non sono intercambiabili
Bravo Livio, complimenti per la recensione,mi stavo giusto chiedendo che fine avessi fatto oggi, dato che non sei intervenuto per dirci chi lava i piatti a casa tua???
Bando alle ciance,se ritieni di non essere un critico, te la sei cavata molto bene non tanto per come scrivi,poichè per redigere gli atti l’italiano scritto lo saprai utilizzare per forza,ma soprattutto per l’analisi che hai fatto,suscitando la curiosità necessaria a spronare il lettore a tuffarsi sul libro di Costanza.
Cara Claudia, in casa mia come carico la lavastoviglie io (in perfetto ordine matematico – geometrico)non la carica nessuno ma mia moglie, come mi ha stroncato (bontà sua, solo) la prima parte della recensione, non si sottomette affatto e fa di testa sua …
è disponibile l’articolo di Livio Podrecca uscito oggi 22 marzo sul quotidiano
LIBERTA’ di Piacenza
nella sezione Rassegna Stampa
Che l’arte di caricare la lavastoviglie sia prerogativa prettamente maschile è assodato. Ci si domanda, però, se davvero servano varie lauree per riuscirci, o se una moglie anche poco sottomessa non dovrebbe prima o poi arrivarci.
Ma uomini e donne sono naturalmente diversi – il che, alla fine,è la tesi del libro di Costanza!!
basta far lavare i piatti alla moglie o compagna o fidanzata..per sottometterla!?!!?non ci sono ancora riuscito;))
i piatti di carta no, vengo a lavarveli io quelli veri, vi carico pure la lavastoviglie, ma non li usate, vi prego!
inquinano da pazzi e fanno pure una tristezza tremenda!
anche lavarli in lavastoviglie inquina (detersivo+energia), non rimarrebbe che tornare a lavarli a mano (magari con l’argilla che sgrassa)…poi non ci lamentiamo se ci dicono che siamo “antichi”
psss, noi la lavastoviglie non ce l’abbiamo… siamo antichi! ma senza lavatrice non sopravviverei