Le buone notizie ci sono

Illustrazione di Emanuele Fucecchi
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

di Emanule Fant  per Credere

È gennaio di un nuovo anno, e qualcuno torna a dire che più si va avanti nel futuro, meno ci guadagniamo: i quarantenni ricordano ai ventenni che loro erano in grado di darsi appuntamento pure senza i cellulari; i sessantenni fanno notare ai quarantenni che, nei gloriosi anni della contestazione, la politica era passione e non tornaconto; gli ottantenni minacciano i sessantenni perché non sprechino il pane: “Chi non ha fatto la guerra, non sa cosa vuol dire avere fame!”.

Da che l’uomo ha memoria, chi viene dopo, è il destinatario dei rimbrotti della generazione che gli ha apparecchiato il domani. Chi è più maturo sembra godere nell’additare ogni indizio di imbarbarimento, lamentandosi di come la società coli a picco da quando ai vecchi è stato tolto il timone.

La sensazione di scivolare su un piano inclinato preoccupava già il poeta greco Esiodo che, otto secoli prima di Cristo, certificava la fine dell’età dell’oro, il tempo mitico in cui tutto andava bene e gli dei non avevano rimproveri da fare agli umani. Poi, via di seguito, con i latini ad invidiare la cultura dei greci, i medievali a rimpiangere i costumi dei romani, gli intellettuali del Cinquecento a ripetere che solo i fiorentini di due secoli prima scrivevano bene.

Possibile che quello che è buono ci sembra sempre intrappolato nei giorni che non possono tornare?

Non fatevi ingannare: sfogliate le pagine di questo giornale, digitate “buone notizie” in un motore di ricerca. Scoprirete che è in aumento l’attenzione che mettiamo nella scelta del cibo, che questo Capodanno il numero di feriti per i botti è stato inferiore, che non siamo più minacciati da pandemie terribili come la peste nera. L’elenco di segnali confortanti potrebbe proseguire come una chilometrica pergamena che si srotola entusiasta verso il Tremila. Se la nostra storia è un fiume che punta al mare della salvezza, è un dovere allenare gli occhi a scorgere l’oro che è sul fondo, vincendo la tentazione di lagnarci prima per l’acqua scura.

 

11 pensieri su “Le buone notizie ci sono

  1. 61angeloextralarge

    Concordo in pieno.
    Tra l’altro il brontolio, oltre che essere una malattia spirituale, è anche una cosa poco gradita a Dio. Ricordiamoci le cipolle d’Egitto…

  2. Fabrizio Giudici

    Visto che mi pare e evidente il rapporto con gli ultimi commenti di ieri…

    Scoprirete che è in aumento l’attenzione che mettiamo nella scelta del cibo, che questo Capodanno il numero di feriti per i botti è stato inferiore, che non siamo più minacciati da pandemie terribili come la peste nera.

    … se le buone notizie fossero solo queste, allora ci sarebbe veramente da spararsi. Perché non metterci anche che ci sono sempre più megapixels nelle macchine fotografiche?

  3. Alessandro

    Certo che le buone notizie ci sono, basterebbe dire che c’è l’Ottima (buona che più buona non si può) Notizia che non siamo destinati a risprofondare nel nulla donde siamo venuti, ma che siamo ideati, voluti e amati a uno a uno a uno da Dio Padre Onnipotente e che Gesù Cristo, Dio Figlio unigenito di Dio Padre, incarnatosi e divenuto così l’unico Salvatore dell’universo, ha spalancato le porte della vita eterna e della felicità incomparabile a chi lo segue nell’adempiere perfettamente la volontà del Padre in comunione con lo Spirito Santo.

    E’ col metro di questa Notizia che dobbiamo valutare se ogni notizia è buona o no.

    Il che ci diffida da due estremismi ugualmente antievagelici (cioè nemici dell’Ottima Notizia):

    1) visto che c’è la Notizia Ottima, capriolare spensieratamente giulivi come se questo mondo fosse un eden di incontaminata purezza, dove va tutto per il meglio, quasi che il male (in noi e fuori di noi) non esistesse, non esistessero le cattive notizie. Finiremmo per non più accorgerci che quello del pellegrinaggio terreno è il tempo del combattimento contro il male, che c’è, eccome; e il fatto che a chi combatte fino all’ultimo per compiere la volontà di Dio è assicurata la vittoria sulla morte e sul peccato non esonera nessuno dal combattimento, non autorizza diserzioni o armistizi. Chi si distrae dal combattimento finirà sopraffatto da nemici che, nello svagato inebetimento della distrazione, ha cessato di riconoscere per tali. Senza dimenticare che l’arte del combattimento non si improvvisa, e che si può sciaguratamente diventare inetti a combattere.

    2) visto che tra la beatitudine eterna cui aneliamo e questa valle di lacrime c’è un vistoso e innegabile divario, lasciare che la Notizia Ottima si stemperi in cuore, si faccia sempre più inoperosa in noi, sicché diveniamo esulcerati e biliosi censori del male dilagante incapaci di avvistare anche nell’abiezione e nelle miserie morali e materiali (nostre e altrui) in cui c’incespichiamo ogni momento il disegno di una Provvidenza che ci vuole invece militanti cooperatori della Sua opera: far sovrabbondare la salvezza laddove il male abbonda.

    1. Alessandro

      @ola

      Grazie 🙂 😉

      In realtà ho un po’ scopiazzato dal cardinale Biffi, come vedi:

      “Ciò che NON c’è nel Nuovo Testamento è l’idea che la Chiesa debba essere istruita, illuminata o addirittura salvata dal mondo. NEPPURE c’è l’idea che il mondo sia realtà così buona e santa da non aver bisogno della restaurazione di Cristo, attualizzata nella Chiesa.

      Chi muove dalla pur giusta convinzione dell’intrinseco e inalienabile valore delle cose, create da Dio e da lui riconosciute come “buone” (cfr. Gn 1), e ritiene che qui si esaurisca quanto il cristiano ha da dire sul “mondo”, rischia obiettivamente di non riconoscere la presenza attiva e continua del male, di banalizzare la redenzione e di rendere superflua la croce di Cristo. Molti atteggiamenti rilevabili nei cristiani di oggi nei confronti del “mondo” sarebbero plausibili in un ordine di cose di incontaminata innocenza; un ordine bello in sé e desiderabile, che però non esiste.”

      https://costanzamiriano.com/2016/11/30/cosmolatria/

      “Il quarto concetto teologico che è indispensabile far oggetto della attenzione particolare del prete è quello della lotta in corso tra il bene e il male.
      Dall’idea di questo scontro e della sua ineluttabilità, finché non saranno posti i sigilli della storia, è percorso tutto il Nuovo Testamento, dai vangeli dell’infanzia e dalla pagina delle tentazioni di Gesù fino alla Apocalisse.

      In questi decenni, però, il tema è stato nella cristianità ampiamente censurato, quasi fosse incompatibile con il programma del dialogo, della collaborazione, dei rapporti amichevoli con tutti.
      Il risultato è stata una evidente impreparazione al combattimento spirituale dei cristiani di oggi, i quali non è che siano meno sottoposti agli attacchi verso la loro fede e la loro concezione della vita.
      E’ come se fosse stato ordinato un disarmo generale proprio nel bel mezzo di una battaglia.

      I primi a soffrirne sono appunto i preti, che spesso finiscono o col rinchiudersi delusi e sdegnati in una segreta amarezza o col frammischiarsi senza accorgersi con le forze del campo di Agramante…

      Anche qui è importantissimo rimettersi in ascolto della parola di Dio, la quale ci offre alcune indubitabili certezze.
      Ci ricorda, in contrasto con la giuliva mentalità del mondo, che esiste ed è sempre attivo il demonio, l’antico avversario che induce gli uomini alla trasgressione e si arroga il possesso di ogni gloria e potenza mondana…
      Ma esiste ed è sempre attivo anche lo Spirito di Dio, che penetra in ogni angolo dell’umanità ed è capace di suscitare bagliori di fede e di amore anche nei cuori più distratti e lontani.
      Siamo dunque coinvolti in un contrasto drammatico, addirittura, cosmico; e a nessuno è dato di fare lo spettatore disinteressato e neutrale… per fortuna noi conosciamo già l’esito di questa guerra: Cristo ha già vinto il mondo.
      Ma non per questo sono meno emozionanti le varie fasi del combattimento ed è meno urgente che ciascuno di noi si getti con decisione nella mischia.”

      (Pecore e pastori. Riflessioni sul gregge di Cristo, Cantagalli 2008, pp. 229-231)

    2. Giusi

      “Un vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama” (Gilbert Keith Chesterton )

  4. signora

    No concordo…
    Dov’è che li vedete gli adulti rimbrottar i giovani?!
    Sulla tecnologia intendo! sono più presi i quarantenni dagli smarthphone rispetto gli adolescenti causa il panico di non esser al passo coi tempi, altrimenti dovrebbero ammettere a loro stessi di non esser più ggggggiovani!

    1. 61angeloextralarge

      signora: non ci solo i quarantenni ma anche i cinquantenni e sessantenni e… Non sono convinta che siano presi dagli smarthphone per sentirsi giovani soltanto… anche perché a loro piace, come tutto ciò che da dipendenza..
      Personalmente mi sento giovane a 58 anni, anche se rughe ce ne sono e non poche. Ah, non uso smarthphone e vivo bene lo stesso.
      Mi è piaciuto un discorsetto che Enzo Iachetti ha fatto a canale 5 sabato pomeriggio. Ahimé mia madre guarda quelle trasmissioni e devo per forza vederle, ma in questo caso sono stata contenta. Fb, social e amicizie infinite…

  5. Grazie per l’articolo…..lamentare non aiuta….ci vuole discernimento ….e fede….è una battaglia giornaliere…..vivere il bene per il bene….

  6. Donata

    Parole sante!! Guardare alle belle cose che abbiamo nella nostra vita e non sempre a quello che ci manca e vorremmo avere ci rende più sereni e riconoscenti.

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