Il mio bivio

Qualche giorno fa  una nostra lettrice, Sara S,  ha postato come commento questa interessante testimonianza.

Ultimo anno di liceo classico. In filosofia affrontiamo Nietzsche, poetico e affascinante filosofo, perfetto per le vanitose e sceniche orazioni della mia prof.

Apro una parentesi: i miei prof, purtroppo, erano spesso frustrati, superficiali e ignoranti, sebbene insegnassero in un rinomato liceo milanese, e con un ‘umanità a dir poco squallida. Ho imparato molte cose sui loro appuntamenti erotici veri o presunti e in compenso nulla su Tommaso d’Aquino e compagnia. Dante era un “fascistello” e Leopardi era meglio non leggerlo a dei diciottenni, perchè troppo “tristanzuolo”. Le virgolette sono citazioni. E mi fermo qui.

Ma io prendevo sul serio tutto, non tanto per la stima verso questi professori – che non avevo, cosa del resto palesemente ricambiata- quanto per quello che, persino attraverso di loro, incontravo sulla strada. Io pagherei per avere uno studente che si mette in gioco con ciò che studia come feci io allora, forse ingenuamente, ma con una tale generosità e disponibilità! La critica di Nietzsche al cristianesimo era radicale e per me volle dire affacciarmi su un baratro. E’ stato il mio primo vero bivio, una crisi di fede che mi ricorderò per sempre, perchè fu crisi esistenziale. Ero pronta a seguire il Vero, a qualsiasi costo. Anche a quello di rinnegare ciò che mi aveva da sempre costituito. Rinnegare la mia fede (e l’avrei fatto, se qualcuno mi avesse dimostrato che era una bugia: d’altronde mi avevano insegnato ad amare la verità più di noi stessi), avrebbe voluto dire distruggere la mia stessa vita. Nietzsche arrivava dopo 5 anni di battaglie in classe, e di battute anticlericali, di frecciate e disprezzo da parte dei miei prof , e fu come la goccia che fece traboccare il vaso.

Se Cristo non era risorto, era un povero pazzo, e io davvero ero messa anche peggio. Allora nulla avrebbe avuto senso. E io, quindi, chi ero? Io che ero cresciuta su una bugia, chi ero, come potevo più muovermi e capire le cose? E tutto ciò dentro un dolore quasi rabbioso, perchè quell’uomo in croce che il Filosofo disprezzava per la sua debolezza colpevole, io lo amavo. Ma quell’amore avrebbe avuto la consistenza del sentimento affettuoso verso un piccolo gattino, inincidente sulla vita, e pieno di nostalgia per la promessa tradita. Ricordo quella settimana. Mi difendevo da tutto, persino camminare era difficile. Non sono mai stata così male in vita mia. Poi una serie di circostanze che non sto a raccontare mi hanno dissolto la nebbia immediatamente. Ho VISTO e TOCCATO il popolo di Dio, la potenza e la regalia di Cristo dentro una umanità umile e modesta, e le parole di Nietzsche sono diventate quello che erano: parole, flatus vocis. Niente, in confronto al reale Reale! Il male che mi avevano fatto si è anzi vòlto al bene: ne sono uscita rafforzata, piena di nuove ragioni e con una certezza più rocciosa. Aggiungo che poco prima di Nietzsche avevo letto un libro che mi era stato regalato da amici: il Libro nero del comunismo. Per me fu sconvolgente il carico di male racchiuso lì dentro, tragedie che pure non mi erano estranee, anzi. Eppure, tutto insieme, una cronaca così spietata, dalle cifre spaventose, era troppo per me. Non era troppo anche per Dio? Un nazareno crocifisso aveva davvero la forza di redimere tutto ciò, prendendoselo sulle spalle? Ci voleva Dio per un peso simile.

E poi, appunto, è arrivato Nietzsche a mettere in dubbio che quello non era Dio… Insomma, non è vero che noi possiamo leggere tutto ciò che vogliamo, quando e come lo vogliamo. Abbiamo dei limiti, nel mio caso la giovane età, la passione viscerale per storia e filosofia, e dei cattivi maestri mi avevano esposto troppo. Per cattivi maestri intendo chi usa la sua posizione per far propaganda e non per far conoscere realmente, accompagnando criticamente il ragazzo. Mi dispiace, ma a certi signori vorrei chiedere: una volta che mi hanno tolto il senso e il gusto della mia vita, sapete che me ne faccio , io, della libertà di pensiero?!?!

196 pensieri su “Il mio bivio

  1. Per quei tuoi professori, cara Sara, sarebbe meglio per loro che gli passassero una mola da asino al collo e li gettassero in mare, perchè è anche scritto: “vita per vita, occhio per occhio, dente per dente”. Chi scandalizza i piccoli di Cristo non può sperare di salvarsi senza dare in cambio una vita di peso uguale a quella che ha condotto a perdizione, quindi o la sua propria o quella di Cristo per tramite del Suo sangue, tertium non datur. E anche se nonostante la loro negligenza, ignoranza e malizia non sono riusciti a scandalizzarti, ovvero a ostacolare la tua fede, dovranno comunque pagare fino all’ultimo spicciolo. Il Vangelo, per chi sa leggerlo, è sacra fonte di serenità o di terrore, a seconda della natura del lettore, solo agli sciocchi risulta insipido.

  2. giovanni dm

    Il mio commento non entra nel merito di Nietzsche, ma riguarda lo stato della scuola: è una vera vergogna che la media (perché purtroppo è cosí) della scuola statale sia in queste condiziooni.
    Ed è davvero grave l’emergenza educativa cui si riferisce in continuazione il Papa, se genitori incoscienti lasciano i propri figli in scuole con “maestri” del genere, magari “perché non possono vivere in una campana di vetro”. E, senza batter ciglio, li privano del diritto (sì, diritto) a ricevere un”educazione (non mere nozioni) degna di questo nome.
    Dalla scuola e dall’educazione, e quindi dalla “formazione” dei genitori, parte l’unica possibile soluzione per le attuali crisi. Il Papa lo dice sempre, ma chi lo ascolta e lo segue?
    Mah…

  3. Se la libertà è un fine, anzi IL fine Sara ha torto marcio
    Se la libertà è un mezzo, Sara ha ragione
    Se la verità ci rende liberi, Sara ha ragioni da vendere
    Se quid est veritas? est vir qui adest! ha ragione da vendere anche il Santo Padre

    e persino Gdm nonostante domenica ci sia il derby

    1. sicuro che la libertà non sia un fine? Se la verità ci farà liberi allora la nostra libertà è un fine (o sbaglio)
      Secondo me il punto è nel capire cosa vuol dire essere liberi

      1. Sara S

        Il commento era stato scritto in merito alla “libertà d’opinione e di pensiero”, che si vuole essere il bene più grande della nostra epoca. Stavamo riflettendo sull’opportunità di far leggere tutto a tutti, proprio in nome di questa libertà. E’ in questo contesto che si collocava il mio commento, e nel finale io accennavo a questo tipo di libertà. Che non è certo il fine che intendo io, né quello che intendi tu, Fefral. La libertà di pensiero, di lettura ecc. è solo uno strumento imperfetto, e non sempre necessario o non sempre efficace, per giungere alla vera libertà, che è aderire al Bene.

        1. sara rispondevo a Paolo che avendo usato il termine libertà in relazione alla verità ne ha ampliato il significato.

          Il discorso sulla libertà è affascinante. In fin dei conti Gesù è morto per la nostra libertà, la morte di Cristo ha come fine la libertà umana

        1. Alessandro

          E se la libertà fosse un mezzo rispetto a un certo fine (ad es.: Il Bene supremo) e fosse un fine rispetto a un mezzo che non è la libertà stessa?

          1. O è un fine o è un mezzo… se è fine vale per se stessa, e quindi come tale determina cosa è bene e cosa è male senza giudizio
            Se è mezzo, c’è un bene supremo che deve perseguire e lo fa seguendo la verità, perché solo scegliendo il vero siamo liberi per davvero e non schiavi (del peccato per restare nel medesimo brano evangelico) dei condizionamenti.
            Il tuo discororrere m’è duro Alessandro e incomprensibile….

            1. Alessandro

              Poniamo allora che il fine è il Bene e la libertà sia mezzo per conseguire il fine-Bene.
              Però può essere che la libertà sia mezzo rispetto a un fine che le è sovraordinato (il fine-Bene), ma sia un fine (di rango inferiore al Bene, cioè di rango inferiore al fine che le è sovraordinato) rispetto al quale alcunché (non certo il Bene) sia strumentale, sia cioè un mezzo per istituire o almeno per consolidare la libertà stessa.

              Ad es., facciamo il caso dell’esercizio della libertà religiosa.
              Se un ordinamento pubblico riconosce e tutela la libertà religiosa, questi riconoscimento e tutela non sono forse dei mezzi che hanno come fine la libertà religiosa, cioè perseguono il suo consolidamento?
              In questo caso la libertà religiosa è un fine, ma non è IL fine, perché essa è mezzo rispetto al fine che le è sovraordinato, il fine-Bene.
              Del mezzo-libertà religiosa si può anche usare male, non ordinandolo al suo fine naturale, e fallendo così il conseguimento del fine-Bene: sarebbe il caso in cui uno, libero di rendere o non rendere culto a Dio, liberamente non Gli rendesse culto, e perciò difettasse o fallisse del tutto nel raggiungimento del fine-Bene (Dio).

            2. se è un fine subordinato sempre mezzo è.
              Il fine può essere uno solo, tutti gli altri sono mezzi, da perseguire come tasselli necessari e mai sufficienti per arrivare al fine ultimo.
              Ciò detto basta chiarirsi sui termini,
              per me fine è uno solo, è IL FINE, quello ultimo, lo scopo della vita.
              Gli altri, pur con rango diverso, son tutti mezzi.
              Credo che sostanzialmente siamo d’accordo. E’ una questione lessicale, non di contenuto

            3. paolo ti ricopio un commento che avevo lasciato più su
              Il discorso sulla libertà è affascinante. In fin dei conti Gesù è morto per la nostra libertà, la morte di Cristo ha come fine la libertà umana

            4. Alessandro

              “Credo che sostanzialmente siamo d’accordo. E’ una questione lessicale, non di contenuto”

              Sì, è così

            5. fefral

              scusami se insisto. Gesù è morto per liberarci. L’uomo è stato creato per il bene. Poi si è incasinato col peccato originale ed ha di fatto perso la possibilità di usare bene la sua libertà. Dio si è fatto uomo per liberarlo. Mi sembra lineare.
              Il tema mi prende molto: in ambito cattolico vedo molto diffusa una paura della libertà umana che non è giusta. Gesù è morto in croce per questa libertà. E ha pagato con la morte il rischio che si è assunto che noi la usassimo male. L’uomo non può essere felice se non è libero. La vocazione umana alla santità non può prescindere dalla libertà.

            6. lidiafederica

              Io penso che la libertà non sia né un mezzo né un fine.
              Nel caso delle leggi dello Stato la libertà è il fine delle leggi, e in tutti i Paesi dittatoriali si comabtte “per”la libertà, in questo senso certamente un fine, benché non sia “il” fine, come dice Paolo. Ma non è un mezzo: la libertà non è un mezzo, parallelo a tanti altri, per arrivare “al” fine. è condizione imprescindibile (la caistica su “quanto una persona è libera” la lascio a Dio, che solo giudica le coscienze, e sa benissimo quando una persona è libera davvero e quando no).
              La paura della libertà che c’è oggi nel comportamento di tanti cattolici deriva dalla paura e dall’ignoranza: ignoranza della retta dottrina, ignoranza dell’uomo, paura che libertà si traduca in “faccio come mi pare”.Il fatto è preoccupante: è ovvio che senza libertà non c’è cristianesimo, e la religione si trasforma nel migliore dei casi in un pio esercizio di virtù, nell’altro in una farsa ipocrita.
              Se fossimo tutti più formati, più coraggiosi, se fossimo davvero umani prima che cristiani non saremmo così. Ma ahimé, in me, come in molti, la paura della libertà, mia e della società, è più forte dell’attrazione della libertà.

            7. Alessandro

              Concordo sul fatto che la santità sia una faccenda di buon uso della libertà, e che quindi il cristiano debba coltivare e valorizzare la propria libertà con un coraggio e un vigore che a volte non ci suonano familiari.
              E’ vero che talvolta nella catechesi non si rimarca abbastanza quanto grande sia il dono della libertà umana, e come la santità richieda una coltivata abitudine a esercitare la libertà esplorandone in ogni atto l’abissale, vertiginosa grandezza. Abissale e vertiginosa perché è una libertà donata dall’Assoluto e che si esplica sempre in rapporto con l’Assoluto. E abissale e vertiginosa perché è sempre affacciata sulla concreta possibilità di recidere quel rapporto, di decidersi (qui e ora) per il male, di strapparsi al legame vitale con Dio, votandosi al fallimento più rovinoso.
              I santi sono modelli di libertà esercitata santamente, con intrepidi coraggio e inventiva, e sospinta a scandagliare senza timori e remore tutti i sentieri che lo Spirito, inesauribilmente creativo e fantasioso, ha in serbo per l’uomo e conducono alla sua pienezza.

  4. Si dovrebbe leggere tutto quanto possibile (perfino “Sposati e sii sottomessa”)
    senza che questo sia un obbligo, o la sola via da seguire (la lettura) c’è tante cose che uno può fare e imparare e sperimentare per la sua formazione (di sé)
    Che ci siano tanti professori imbecilli (perfino in Danimarca!!!)è un fatto difficilmente smentibile!!!

  5. Stupisce che la cura che abbiamo per il corpo e la salute, che spinge a combattere colesterolo, grassi, che impone diete vegane, che considera veleno per l’organismo anche le patatine fritte e la trippa, non venga estesa anche allo spirito, nel senso di soffio intangibile.
    Perché se fosse così allora anche le idee possono essere come le patatine fritte, cioè veleno. E quindi evitarle.
    Se non trangugiamo tutto perché dovremmo leggere tutto?

    1. Erika

      Caro Paolo, se un bambino viene cresciuto da vegano, il suo organismo in seguito avrà dei problemi a digerire le proteine di origine animale.
      Allo stesso modo la mente e lo spirito devono essere educati a recepire idee diverse dalle loro senza che ogni volta che leggono qualcosa ne debbano essere influenzati.

      1. quindi un bambino può accedere a qualunque informazione senza filtro ed essere in grado di decidere da solo cosa è bene e cosa è male per lui?
        Allora perché parliamo di “televisione cattiva maestra”?

        1. lidiafederica

          Paolo, a sedici-diciassette anni non sei un bambino, però…non dico di dare a tuo figlio Nietzsche, ma di dargli gli strumenti per leggere Nietzsche sì.
          Se non lo fai tu non lo farà nessuno, la priorità educativa è della famiglia, non della scuola.

          1. Sara S

            Allora, calma un attimo:)!
            Chiarisco subito che vengo da una famiglia cattolica ma che ho fatto tutte scuole statali e pure l’oratorio, incontrando le più diverse realtà sociali e culturali (da una scuola media di periferia in mezzo a tamarri e immigrati, fino al liceo della Milano bene, tra radical-chic e sinistroidi dell’ultima ora; dall’oratorio all’esperienza di Gioventù Studentesca). Quindi non sono mai stata una cresciuta nel caldo nido del cattolicesimo e basta. Cattolica quadrata anzi cubica, ma lanciata nel mondo, in un confronto continuo e anche combattivo, a volte, a partire dalle elementari (ricordo ancora i discorsi sull’ aborto con le mie compagne di 4 elementare, eheh!). Non ero nuova nè a discussioni nè a conoscere realtà molto diverse dalla mia. Ma, come credo capiti a tutti prima o poi, la mia fede doveva essere messa seriamente alla prova; anzi: la mia vita doveva essere portata ad un punto di non ritorno, di decisione imprenscindibile: da che parte stai? E non sono menate da adolescenti, queste. E’ il cuore stesso che lo comanda. E’ una decisione da prendere molte volte, ma poi arrivano quelle circostanze davvero speciali che, col senno di poi, acquistano un significato straordinario. Ed è bene che sia così. Se così non fosse vuol dire che saremmo morti e sepolti e la fede sarebbe il vestito più ridicolo e inutile che potremmo indossare. Quindi io dò un giudizio positivo a quella circostanza che vi ho raccontato.
            Questa è una questione. Ma la circostanza in sè, come vedo dai vostri commenti, apre altre questioni che è bene distinguere: la questione educativa (situazione della scuola italiana, ruolo della scuola e ruolo delle famiglie) e la libertà di pensiero/opinione/insegnamento (è un bene in sè? Se è un bene in relazione a qualcosa, va limitata? Come? Con che rischi?ecc). Grazie per la partecipazione:)

      2. In realtà i bambini dovrebbero essere ‘mitridatizzati’, propinando loro fin dalla più tenera età opportune sostanze antidotarie (se esiste questo aggettivo) o immunitarie. Fuor di metafora massicce dosi di tradizione orale familiare e comunitaria (dove c’è ancora) e di letture vaste quanto si vuole ma commisurate all’età ti fanno assorbire senza neanche rendertene conto i modi di pensare e di essere che ti possono creare le difese immunitarie culturali con cui puoi affrontare un mondo molto complicato e pericoloso. Ai miei tempi poteva funzionare, ha funzionato. Oggi certamente è più oneroso di ieri (l’altro). E comunque, se guardo indietro a certa roba che ho letto in età impressionabile, ringrazio sempre il mio angelo custode e diverse anime del Purgatorio che mi devono aver tenuto le mani sul capo.

        1. vale

          considerando che Cesare ha cesarizzato Mitridate e Mitridate ha mitridatizzato Cesare, “mitridatizzare” mi sembra eccessivo….

      1. 61Angeloextralarge

        Alvise!!! Le ho finiteee! Ma se aspetti che tiro la salsiccia stai fresco! In mancanza di patatine mangio quella. Scusa l’eccesso di carità cristiana…

    2. Ha ragione PP. Detto da una che leggeva anche la carta di giornale usata per incartare il pesce (quando si poteva incartare il pesce nel giornale).

          1. 61Angeloextralarge

            Qualcuno in un commento ha scritto qualcosa a proposito dei bambini “cattivelli”…

  6. Sybille

    Si parla sempre di “cattivi maestri” ma come dice Erika (che ha quasi sempre ragione) dove sono le famiglie, a che cosa educano i propri figli se poi uno rimane letteralmente e FISICAMENTE sconvolto dallo studio di un pensiero diverso dal suo?

    Si addossano sulla scuola (ovviamente su quella pubblica) lacune gravissime delle famiglie

      1. Così è che stanno le cose….
        Ma I joeturner non sarebbero mai diventati joeturner se non avessero letto, guardato, ascoltato, visionato, commentato,,,

        1. JoeTurner

          vedi che alla fine si torna ai temi mirianeschi? e se addirittura costanza avesse ragione?

      2. Sybille

        ah, sei ritornato Paul. Invictus meraviglioso, mi ero ripromessa di guardarne solo una mezzoretta, ma è stato impossibile, l’ho visto tutto. Emozionante.

            1. JoeTurner

              già me lo hanno detto che è un po’ deludente.

              (non so se è più alta la pila dei libri da leggere o dei dvd da vedere 🙁 )

          1. E un po’ di Sei Nazioni dal vivo, che ne direste? Non per le speranze di vittoria della Nazionale Azzurra ma per tutto il contesto che è proprio entusiasmante.

            1. JoeTurner

              Malick è grande!
              per il rugby mi dispiace ma non mi appassione e mi sono anche un po’ stufato della retorica “che bello quelli sì che sono tifosi ,alla fine si abbracciano e bevono una birra tutti insieme”

            2. Joe-Paul (coincidenza?), non pensavo al terzo tempo, piuttosto agli scambi di cibarie, cori e carnevalate prima delle partite (e anche durante …).

          2. perfectioconversationis

            Joe, parliamoci seriamente: Terrence Malick (in particolare Tree of life).
            “Esistono due vie, la via della natura e la via della Grazia…”

            che ne dici?

            1. perfectioconversationis

              Ha fatto 5 film in trent’anni: sono tutti da vedere!
              A Hollywood non c’è attore di prima grandezza che non pagherebbe in prima persona per poter fare un film con lui. Brad Pitt ha co-prodotto Tree of life.

      3. Sara S

        Questo non rispecchia la mia situazione, però. I miei lavoravano ma ci hanno tirato su come Dio comanda, pur con tanti errori. Io e miei fratelli sappiamo chi siamo, ed è per questo che abbiamo potuto affrontare senza perdere la strada un certo martellamento ideologico e il mondo che ci circonda così com’è. Anzi, uno che sa chi è, ha voglia di andare nel mondo, arricchendolo di sè e avendone in cambio molto. Sospetto di quei cattolici che fanno i ghetti. Il cattolico è missionario per natura, va, parla, a tutti, di tutto. Se sta solo rinsecchisce. Poi non abbiamo perso la strada perché abbiamo trovato dei compagni di viaggio: a un certo punto la famiglia non basta più ad un ragazzo, deve subentrare altro.
        Ma se c’è una cosa che proprio non posso rimproverare ai miei genitori è l’avermi lasciata da sola, o non essersi presi la briga di educarmi. Eppure, nonostante questo, può capitare “una crisi”, deve capitare, forse. Anche le rocce rischiano di sgretolarsi. E ciò fa bene innanzitutto perché si capisce che rocce non si è, e si impara ad essere misericordiosi con se stessi (quindi poi con gli altri). Comunque rimando al commento sopra, quello a Fefral

        1. perfectioconversationis

          Due commenti di SaraS (14:06 e 14:15) confermano la mia lettura del post: non come il racconto di un episodio negativo, ma come una prova del fuoco da cui si esce temprati. Viene sempre il momento in cui la fede deve essere temprata, forse viene più volte, ed è giusto che sia così.
          Ciò non toglie la fine promessa a chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli…
          Anch’io, facendo un bilancio ora che siamo a pochi mesi dall’esame di maturità, sono contenta di aver mandato la mia figlia maggiore in un liceo classico pubblico e notoriamente laicista. In questi anni ha più volte dovuto rendere ragione della fede che è in lei e, nel farlo, è la prima ad essersi rafforzata.
          Le discussioni sono state molte, a volte al limite dell’insulto o del disprezzo nei suoi confronti, ma credo che tutto questo l’abbia aiutata a trovare i propri argomenti e anche un po’ ad ascoltare quelli degli altri.
          Certo, lei ha un carattere che le ha permesso questo percorso (ehm, anche una madre famosa per essere una specie di bulldog), forse altri ragazzi ne sarebbero stati confusi, ma questa è la conferma che non può esserci un percorso standard da cui far uscire persone come prodotti fatti in serie: il percorso formativo è prima di tutto lo strumento per far emergere i talenti di ognuno ed è giusto che venga valutato caso per caso.
          Un primo scopo della scuola pubblica dovrebbe essere l’alta qualità di insegnamento, che poi è il modo VERO di mettere ciascuno in grado di pensare da sé. I paladini della laicità finiscono molto spesso per cadere nella peggiore vulgata di basso livello culturale, mentre i paladini della cultura talora arrivano a superare le secche del peggior laicismo.

          1. Sara S

            Giusto. Io cosa vorrei per la scuola dei miei figli? Che ne escano sapendo leggere, scrivere e far di conto e distinguere il bene dal male (cito Collodi, ma anche l’Impero Universale!). Mandarli alle private per tanti amici è l’unica garanzia di un’istruzione decente (ahimè!), ma per altri da cui mi discosto in toto è la garanzia dal mondo.
            Per ora i miei sono piccoli, ma già la più grande a scuola festeggia Halloween. Grande provocazione per me! Perché sono stata costretta perlomeno a chiedermi cosa voglio insegnare loro, e QUINDI cosa voglio io, cosa credo IO.
            Ridatemi la dignità dell’essere mamma: sarò io che insegnerò ai figli cosa è bene e male, io li educherò ad essere uomini, io con mio marito. Questa è la mia fatica, altro che pulire la diarrea dal seggiolino dell’auto, dopo aver guidato per 5 km coi finestrini abbassati, con freddo e pioggia, per non morire di puzza!!!
            La scuola non mi può sostituire. Invece penso proprio che da tanti cattolici, presi dalla sindrome dell’accerchiamento, la scuola privata cattolica sia considerata la soluzione per poter stare tranquilli, una sorta di babysitter per grandi…

  7. Strano che i battaglioni ateistici, sempre in azione diabolica, non mi sia mai capitato che essi scoraggino la lettura dei libri cattolici, anzi, casomai l’incontrario, dimodoché sia dato a tutti vedere le panzanate e buffaggini che ci sono dentro (senza paura che le genti se ne contaminino e cambino idee)(cosa che potrebbe essere anche possibile, d’altra parte)

  8. lidiafederica

    ((OT: Scusate ma chiunque gestisca questo blog lo fa apposta a prendere tutti i commenti che parlino dell’argomento “quanto fa schifo [argomento a piacere: la scuola, la Danimarca, i frati di Assisi], meno male che io ho incontrato la “vera” Chiesa [nella versione che piace a me, però, perché caso mai mi fossi convertito grazie a un colloquio col Cardinal Martini o ballando con i frati ad Assisi allora non andrebbe bene]”? ))
    Vabbè, nel merito:
    Io nella fattispecie sono stata fortunata a incontrare buoni maestri, sempre, sono stata fortunata, sì, molto, lo ammetto, grazie a Dio, ok. Sono anche d’accordo che la scuola pubblica è spesso ideologizzata, anche se devo dire che tanto, prima o poi, opinioni alla Odifreddi o alla Nietzsche le si incontreranno presto, ed è inutile ignorarle, meglio essere pronti e affrontarle. Allora, che fare?
    Beh, direi cha la formazione ortodossa VA CERCATA. In parrocchia non te la danno? Cerca altrove. Nelle grandi città c’è sempre un’alternativa alla parrocchia, se quest’ultima davvero non dà una dottrina ortodossa: un monastero, un centro di altre organizzazioni religiose, CL, Opus Dei, i domenicani…
    A scuola insegna Odifreddi? E tu vai in parrocchia e organizza col parroco un mini-corso di dottrina per i tuoi compagni di classe. O chiedi ad altri cattolici, magari grandi, di organizzare un corso a casa loro per te e i tuoi amici, o per i tuoi figli.
    Io a sedici anni organizzavo dei corsi di dottrina per le mie amiche – magari alcune sono venute solo una volta, ma alcune invece si sono interessate. Potrei benissimo farlo a casa mia per i figli dei miei amici, e così potrebbe ciascuno di voi, suppongo (Daniela lo fa, giusto?).
    Certo, nell’Opus Dei sei facilitato, perché ti insegnano a diffondere dottrina e ti danno mezzi e aiuto, ergo inutile dire che il mio merito è pari a sottozero, perché ho trovato la pappa pronta, però direi che è alla portata di tutti.

    1. Sybille

      BRAVISSIMA, HAI RAGIONE. Per queste cose ci sono le parrocchie, le case, le organizzazioni che citi! Perché la scuola pubblica che deve essere lo spazio di tutti?

      Che problema c’è a ballare con i fraticelli del sacro convento????

      1. Peccato che lo ‘spazio di tutti’ finisca per essere lo spazio di una mentalità dominante, spesso assai arretrata e ottusa. In cui, tipicamente, i libri di storia ancora si attengono alla vulgata di cinquant’anni fa (in tema di storia ‘contemporanea’), centocinquanta anni fa (in tema di storia ‘del risorgimento) e a quella di duecentocinquanta anni fa (in tema di storia ‘medievale’).

        1. lidiafederica

          Emidiana, Sì è VERO, è idelogizzata. Ed è giusto che a livello sociale si denunci il fatto – su questo blog, su un giornale, o dove capita.
          Quello che io voglio dire è che la costatazione della scuola ideologizzata dovrebbe portarci ad agire, non solo a lemtarci.
          Io non dico che lei, o glialtri lo facciano – dico solo che la tentazione (in me per prima) c’è eccome.
          Secondo me la primissima cosa da fare è educare alla bellezza – poetica, letteraria, artistica, naturale. Se la scuola non lo fa (e spesso non lo fa) fallo tu (tu generico, non lei Emidiana :))

      2. Sara S

        Beh, a parte il fatto che a me fare le cose “da cattolica” nei luoghi “da cattolica” sa tanto ma tanto di riserva indiana (“ti tollero nel senso che, finché non mi sfiori, posso anche far finta che non esisti”)… sarebbe interessante capire il significato di scuola pubblica e di scuola statale. La scuola, ogni scuola , deve, ha la vocazione di essere pubblica, cioè per tutti: la formazione che offre ricade anche indirettamente sulla società intera. Tra le scuole pubbliche ci sono anche quelle “statali”. Benissimo. Solo che le scuole statali non sono equivalenti a scuole neutrali, che è l’equivoco in cui cadono tanti, oppure il sogno di tanti. Per il semplice fatto che è IMPOSSIBILE essere neutrali nel rapporto discente/maestro, in ciò che si comunica e per come lo si comunica. La mia esperienza dimostra questo: le scuole statali hanno un contenuto ben preciso, un’ideologia di Stato. Certo, poi nel fiume in piena ci sono tante isolette, tanti prof bravi e onesti; ma bisognerebbe distinguere tra i singoli (io avevo singoli grotteschi, ma non erano neanche i peggiori… se diamo il via all’aneddotica non finisco più:)) e la tendenza generale, o come dice più sotto emidiana, la mentalità dominante… non dobbiamo essere ingenui!

    2. Sybille

      tra l’altro secondo me in queste sedi l’insegnamento religioso dovrebbe essere molto più articolato e meditato rispetto a quanto viene “insegnato” a scuola. Una maggiore qualità per i cattolici.

        1. admin

          ma che domanda è “se lo facciamo apposta”?
          è chiaro che ci interessa dare spazio e voce a tutti coloro che si sentono a disagio perchè circondati dal “pensiero dominante”, e gli spazi per esprimere questo disagio non sono molti; Lidia, di contro, ha più volte detto che è lei a provare disagio a sentire certi discorsi: ho capito e mi dispiace, ma un blog è così: c’è chi scelgie i temi e c’è chi discute.

          1. Sara S

            allora prometto a Lidia che prima o poi scriverò qualcosa su tutto ciò che di buono ho incontrato sia a scuola che nella vita… ma la avverto, ci vorrebbe un libro:)!

            1. lidiafederica

              🙂 ah cara Sara 🙂 Thanks.
              Se potessimo ogni giorno ringraziare per tutte le cose meravigliose che ci sono nella società moderna, saremmo già un passo avanti per cambiare quelle che non vanno. E la condivisione del positivo, del controcorrente ottimista direi che non può che fare bene e invogliare all’emulazione 🙂

          2. lidiafederica

            admin: una cosa ancora.
            Io credo che sia un bene che chi sceglie i temi e scrive i post abbia opinioni in parte diverse da chi li discute, sennò è inutile e noioso, e certo non volevo dire “da ora in poi cambiate linea editoriale per me!” 🙂 Lungi da me.
            Anche io penso che la società pre-68, assieme a tante magagne che aveva,certo, avesse molti lati positivi, e la deriva della società di oggi non mi trova entusiasta.
            Però i post che voi pubblicate (e che, ripeto, fate benissimo a pubblicare, ci mancherebbe altro) secondo me sono un po’ carenti sulla pars costruens. Delle volte ci sta tutta: il post di LGT sulla eugenetica ( è il suo tono che non mi piace; se intervenisse qui glielo direi, siccome non interviene mi sembra di “sparlare”…) era verissimo (folclore sulla felicità a parte), e giustissimo.MA, e qui sta il punto, di sola pars destruens (le libre cattoliche? Uno schifo. La scuola statale? Uno schifo. Il Card. Martini? Una falsa luce, e via dicendo) non si vive.
            Io sono d’accordo con te: la cultura italiana è altamente ideologizzata e anti-cristiana, oppure clericalista bigotta. Io però dò la colpa non al mondo crudele e al sistema cattivo, ma a noi cattolici che ci lamentiamo e basta
            A questo punto mi puoi obbiettare: ma cara Lidia, la pars costruens sta ai commentatori. Giusto. Ma anche lì mi pare spesso carente – visto che il post è già di per sé solo di denuncia, la gente si adegua.
            Ora: non dico che il blog faccia schifo. Anzi: è bello, è interessante, mi piace. Né dico che dobbiate cambiare i post che pubblicate.
            Dico solo quello che penso sui post che pubblicate.
            Così magari qualcuno scriverà un post di risposta e la Discussione andrà avanti.
            Capisci?
            (cmq: una mia amica, omosessuale, dice che in Italia si sente perseguitata perchéil pensiero cattolico è quello che domina la politica italiana..pensa tu che idea diversa di pensiero dominante. )

            1. admin

              Lidia un conto è criticare una tesi proposta da un post fino anche allo sfinimento (e a giudicare dal numero medio di commenti si fa molto spesso), cosa ben diversa è criticare la scelta di proporre un tema, un post o un commento. Si discuta quindi fin che si vuole ma le “scelte editoriali” sono queste.

          3. lidiafederica

            Sinceramente, non capisco. Ho già detto: non pretendo che cambiate la linea editoriale (ci mancherebbe!! è orribile solo lo scriverlo), e tantomeno dico che dobbiate essere d’accordo con me sul fatto che scegliete post sempre di “lamento” (ci mancherebbe anche qui!)!
            Però la linea editoriale di un blog è di per se stessa costitutiva del blog (sennò non sarebbe una linea, giusto?) – ed è un interessantissimo argomento di discussione, a mio parere. “Discussione” non per cambiare, ma per capire.
            Ora, la mia opinione è che la linea scelta sia spesso “del lamento e della difesa della citadella assediata” (cosa che a me non piace), ma già questo è un giudizio che può essere totalmente sbagliato. Quello che volevo chiedere, quindi era: qual’è la linea editoriale? perché vengono scelti post così? E perché è così? Perché sembra essere sempre “del lamento”?
            Assolutamente non per dire “vediamo se cambiarla” (ci mancherebbe che io, ospite, dica a voi cosa fare) né che la dobbiate “giustificare”. Ma non ti pare che sia una gran bella cosa di cui parlare?
            Certo, puoi benissimo dirmi: cara Lidia, se non ti piace, non sei mica obbligata a leggere questo blog, cercane altri più consoni alla tua sensibilità, qua è così, punto.

            1. lidiafederica

              PPS: però, admin: se ti sei sentito offeso, o se la mia ti sembra un’ingerenza inopportuna, mi spiace davvero!
              Spero di aver chiarito: a me interessa capire la linea editoriale non per polemizzare, ma per comprendere. E in caso per cambiare io la mia opinione: può essere benissimo che la mia idea di una “linea del lamento” sia errata.
              Se tu però ritieni che parlare della linea editoriale sia off-limits, va bene. Io sono ospite da voi, e non posso certo pretendere spiegazioni. Posso chiederle ma se non pensi di potermele/dovermele dare, benissimo così.

            2. admin

              no non mi sono offeso ho solo trovato la tua battuta fuori luogo, e l’argomento del “fortino assediato” mi sembra che faccia discutere in un verso e nell’altro, quindi perchè non farlo?
              In più ti assicuro che trovare ogni giorno dei post non è affatto facile, gli autori “ufficiali” hanno la loro cadenza dettata dai propri impegni personali altri per fortuna ci propongono ottime cose, altre volte si pesca dai commenti o da altri blog a volte bene altre meno bene ma ci piace proporre ogni giorno qualcosa, o almeno ci si prova.

    3. Alessandro

      Lidiafederica

      Non essere ingenua, però! Come diceva Sini qualche giorno fa, la frequentazione del cardinal Martini potrà al massimo avvicinare un ateo o un agnostico alla Fede: poi se uno vuole accedere sul serio alla Fede, aderirvi realmente, deve prendere una certa distanza dal cardinal Martini, credimi.

      Aggiungo. E’ vero, “la formazione ortodossa VA CERCATA”. Ma siamo un po’ realisti. Per un adolescente (ma anche per un giovane) non è facile avere la consapevolezza di che cosa sia una formazione cattolica ortodossa, e tantomeno gli risulta agevole darsi la risolutezza di intraprenderla, la ricerca della formazione cattolica ortodossa. Nel generale sbandamento educativo, ti pare probabile che un ragazzo d’oggi (cioè mediamente carente di punti di riferimento valoriali, fortemente disorientato, incostante, disponibile a farsi sballottare di qua e di là a seconda di dove lo attira il pifferaio di turno) si metta in cerca di una formazione cattolica?

      “Io a sedici anni organizzavo dei corsi di dottrina per le mie amiche”: certo, ma tu eri già stata formata da buoni maestri, non ti dibattevi a sedici anni nella sostanziale ignoranza di cosa fosse il cattolicesimo, e quindi eri in condizione di insegnare, perfino. Sei stata brava ma anche molto, molto fortunata. La maggior parte dei sedicenni contemporanei non sono nelle tue condizioni, anzi vivono un’esperienza diversissima da quella dei tuoi sedici anni.

      “ho trovato la pappa pronta”: ecco, appunto, oggi la pappa pronta la trovano in pochi.

      1. lidiafederica

        Va bene, su Martini accetto la critica.
        POI, la formazione… Noi che ce l’abbiamo, questa formazione, diamoci un po’ da fare, invece di stare a piangere su noi stessi.
        Giusto, la pappa pronta la trovano in pochi: proprio perché NOI non gliela diamo. Scusa, ma se non tu, ai tuoi amici/colleghi/figli di tuoi amici, chi gliela dà? Io i maestrili ho trovati perché loro si sono dati da fare. I miei amici avrebbero potuto snobbarmi (molti lo hanno fatto), invece di ascoltarmi … Chi ha la fortuna di avere buoni maestri/genitori etc. dovrebbe andare in giro a trasmetterla, la dottrina. Il mio “va cercata” era uno sbaglio: sarebbe dovuto essere un VA DATA.
        Cioè, tu, Alessandro, ai tuoi parenti/amici/colleghi/figli di amici, etc etc etc (cosa che, perlatro, sicuramente già fai). Di questo parlavo.
        Dirsi che la scuola pubblica è schifosamente ideologizzata va bene, ma allora, come dissero Lenin e Čaadaev: “Che fare?” Dare formazione: io ai miei amici ventisettenni, tu ai tuoi …enni, e i figli di molti di voi ai loro amici sedicenni. Coinvolgendoli nelle belle cose che fate: oratorio, CL, Opus Dei, Neocatecumenali, parrocchia, che ne so. Senza essere “Testimoni di Geova”-like: semplicemente essendo cristiani.
        Io comunque, anche se forse non si vede, ho tantissima ammirazione per voi, che siete passati attraverso mille peripezie per arrivare alla Fede (beh io sono passata attraverso tre anni in cui non dicevo a mia mamma di andare a Messa ogni giorno, perché mi riteneva una fanatica, però)- magari anche inimicandovi parenti, amici etc. Proprio per questo dico: diamoci da fare perché gli altri abbiano la strada facilitata che voi non avete avuto, capisci?
        (PS:i miei genitori neanche sono Kattolici, a Messa ho iniziato da sola ad andarci a 12 anni perché dei miei amici ci andavano, e solo dopo due anni anche la mia famiglia ha iniziato a venire con me)

        1. Alessandro

          “diamoci da fare perché gli altri abbiano la strada facilitata che voi non avete avuto, capisci?”

          Capisco, Lidia, capisco, sottoscrivo e plaudo. Ognuno si rimbocchi le maniche e sia veramente cristiano, con tutti suoi difetti e le sue cadute, ma cercando di dare il meglio!

  9. Erika

    Precisazione: mi spiace molto che Sara S. abbia trovato insegnanti tanto vacui e insensibili.
    Penso anche che siamo distanti anni luce dalla severità che sarebbe dovuta nel selezionare e valutare gli insegnanti della scuola pubblica.
    Però, come hanno detto anche Sybille e Lidiafederica, la loro colpa non è stata quella di aver proposto Nietzsche a dei ragazzi dell’ultimo anno di liceo, ma di non aver fornito, negli anni precedenti, gli strumenti adeguati a leggere un filosofo con la giusta coscienza critica.
    Io ho avuto al liceo insegnanti ottimi (tra cui due sacerdoti), molto tradizionalisti, ma molto onesti intellettualmente.
    Abbiamo letto, con immenso piacere, la Divina Commedia passo passo per tre anni, Leopardi, Tommaso d’Aquino, Sant’Agostino e quant’altro.
    Siamo approdati infine anche a Nietzsche e, (con la premessa che aveva anche dei seri problemi di salute),tuttora lo giudico un po’sopravvalutato anche se imprescindibile nell’ottica della comprensione storica del Novecento.

    1. Sara S

      Grazie del tuo dispiacere per me, Erika:), ma sai che è innanzitutto proprio grazie a questa gente che ho deciso di andare a insegnare? Volevo essere diversa! E ho capito tante cose di come deve essere un’insegnante imparandole al contrario, come in uno specchio! E poi, nonostante le cialtronate e persino le offese, ho continuato ad amare ciò che studiavo e volevo comunicarlo agli altri (il Bello e il Bene sono davvero Bello e Bene in sè, e la loro luce risplende così forte che non può essere oscurata da niente). Ciò che non ho fatto al liceo l’ho recuperato all’Università, esperienza indimenticabile. Lì ho potuto studiare l’intera Divina Commedia, e sono arrivata al Paradiso vero e proprio!:)

  10. Io mi sono diplomato ragioniere 20 anni fà e la professoressa di Italiano ci faceva leggere i Promessi Sposi,la Divina Commedia,le poesie di Leopardi. Ed era considerata di sinistra per dire. Qui leggo che dei professori di liceo fanno queste triste considerazioni “Dante era un “fascistello” e Leopardi era meglio non leggerlo a dei diciottenni, perchè troppo “tristanzuolo”. ” … veramente senza parole. E pensare che volevo fare il classico.

    1. Se ti fossi diplomato al tempo di «Compagno di scuola» di Venditti ne avresti sentite anche di peggio. L’inno nazionale del conformismo al potere.

  11. Erika

    Ecco, ad esempio io da giorni sto votando il libro di Costanza, perché è bello e ben scritto.
    Condivido molto di quanto scrive, ma non tutto (e San Paolo non è esattamente il mio Santo preferito).
    Però se un libro serve a riaccendere un dibattito, come quello sulla “questione femminile”, che a mio parere si è un tantino atrofizzato,con affermazioni anche un po’estreme, ma ben argomentate, merita di arrivare primo.
    Ecco cosa intendo con libertà di espressione

    1. Sybille

      scusate, ma cosa è? un televoto tipo Miss Italia?? Secondo me si dovrebbe votare una volta e basta. C’è il voto multiplo???

      1. admin

        si può votare tutti giorni fino al 25 gennaio. Anch’io trovo questo modo di votare abbastanza strano ma le regole però non le abbiamo decise noi.

        1. 61Angeloextralarge

          E noi ci adeguiamo! Se gli “altri” lo fanno, anche se strano, lo fanno anche i “mirianidi”, no?

  12. Alberto Conti

    “le parole di Nietzsche sono diventate quello che erano: parole, flatus vocis. Niente, in confronto al reale Reale!”
    Grande Sara penso che la questione sia tutta qui: stare di fronte al Reale.

    Altra osservazione: senza senso e gusto della vita non è libertà, è oppressione.

  13. Sinceramente ho smesso da tempo di scandalizzarmi della scuola e dei suoi cattivi maestri. Ci sono da sempre, e continueranno ad esserci i “disonesti intellettuali”. Possiamo stare qui a stracciarci le vesti (cosa che io faccio benissimo, mi inviperisco quando si parla di scuola ideologizzata). Oppure possiamo fare come ha detto Lidiafederica: fornirci degli strumenti per giudicare e andarli a reperire dove sono migliori. Se siamo genitori di figli piccoli li cercheremo per loro. Se siamo adulti li cercheremo come l’acqua nel deserto. Però credo che anche la sete di verità si impari. Ce la abbiamo dentro, ma è proprio il mondo stesso che cerca di prosciugarla e sostituirla con altro. Eppure in questo mondo ci stiamo, non siamo dei marziani in visita sul pianeta. Che fare? applicare la ragione tenendo conto della realtà in tutti i suoi fattori, come dice don Giussani (è il mio patrimonio genetico!).
    Piuttosto, ora mi sorge una domanda: ma un uomo, da solo, riesce ad usare la ragione in questo modo? Anche tenendo conto di un vissuto “mondano”, può un essere umano tirare fuori da se stesso questa capacità di giudizio?
    E ancora: questa “onestà intellettuale” può essere tanto forte da rompere il guscio di tutti i pre-giudizi che assorbiamo da scuola, famiglia (perchè anche nelle famiglie può nascere un pregiudizio), ambiente, frequentazioni…? nasce solo da una conversione religiosa o l’uomo può farcela da sè?
    (se sparo scemenze ditemelo!)

    1. 61Angeloextralarge

      Nel lontano 19.. (ho la mia veneranda età), la mia insegnante di lettere e storia disse: “A questo punto, giustamente, Mussolini…..” (non mi ricordo cosa aggiunse ma garantisco sulla bestialità della cosa). Però, NOI ragazzi, a quel punto siamo usciti di classe! E’ anche vero che ogni scusa era buona per farlo! Che tempi! (Per l’età intendevo).

      1. 61Angeloextralarge

        Qualche post fa ho detto che non nascondo la mia età e lo confermo: 53 anni! Ma l’anno proprio non me lo ricordo. E mettermi a fare i conti, oggi, ‘n ci ho voja!

      2. ma anche nel recente 1984 la mia maestra elementare decantava le opere mussoliniane, dalla bonifica dell’agro pontino alle ferrovie littorine… ma non gliene faccio una colpa… suo marito fu uno di quelli che pagarono con la vita le simpatie fasciste dopo l’8 settembre ’43…. pagina tristissima della storia! (tanto per ripassare il concetto che la storia sui libri la scrivono i vincitori)

        1. Consigli di lettura (difficile ma non impossibile da reperire):

          Angela Latini, Il nemico non arrivava mai, Messaggero di s. Antonio, Padova 1966, 155 p.

    2. Bisognerebbe,, allora,introdurre, per legge, opportunità di esposizione e assorbimento equivalenti da tutti gli ambienti possibili, scuola, famiglia, società, etc.introdicendo dei misuratori di pericolo di sbilanciamento (da una parte o dall’altra). Così facendo, se ci fosse ancora un briciolo di buon senso e di buona fede nelle forze sane (se ancora esistessero) del nostro paese, si potrebbe evitare il pericolo di storture mentali morali eccetra non solo nei nostri giovani, ma in tutta la popolazione, nel suo insieme!!!!

      1. Alvì… questa della par condicio per legge è una colossale balla. Quale legge nata da mente umana potrebbe mai garantire equilibrio, “opportunità equivalenti”, come dici tu? al massimo si può tentare il meno peggio, ma che si trovi la perfezione è utopia irraggiungibile. Dallo Stato, poi!

    3. Sara S

      “questa “onestà intellettuale” può essere tanto forte da rompere il guscio di tutti i pre-giudizi che assorbiamo ?”
      e’ una domanda che mi perseguita, la risposta che mi sono data è :sì! Un prete disse una volta: fidatevi del cuore!
      E’ l’unica cosa che, tra l’altro, può far continuare in certi momenti il mestiere di educazione, in classe o in casa: fidati del cuore dell’uomo, perché sa riconoscere ciò che è Bello e Vero. E il grande alleato del cuore dell’uomo è la Realtà, ciò che si vede e tocca. Sia il cuore che la realtà sono i nemici peggiori dell’ideologia, e se si alleano, vincono di sicuro!

      1. verissimo, Sara!
        ma ancora più in profondità mi chiedo se sia possibile all’uomo, senza un Incontro, applicare il giudizio del cuore alla realtà. E non all’uomo delle foreste del Borneo, ma all’uomo “occidentale”, qui e ora. Se il rumore, per quanto forte, possa essere interrotto dal battito di quel cuore. Che è irriducibile, lo sappiamo, ma a volte si dimentica di esistere.

  14. perfectioconversationis

    Nessuno pretende di vivere per sempre sotto una campana di cristallo, viene il momento in cui bisogna attrezzarsi per affrontare anche Nietzsche e forse Nietzsche non è il peggio (lo dice una che aveva un vero talento nel trovare il peggio, la mia gita di terza superiore è trascorsa leggendo Eliogabalo di Antonin Artaud: l’Anticristo l’avevo già letto).
    Ma ai ragazzi vanno dati strumenti (di testa e di cuore) per potersi muovere nel mondo delle idee con padronanza e senza soccombere, il che non vuol dire, come possono crede alcuni, dare loro un manuale di pensiero unico. Sono proprio questi manuali (di sinistra, destra, centro: non importa) che finiscono coll’essere stracciati. La realtà è a tratti più complessa e articolata e a tratti più semplice di ogni manuale.
    Il cuore di ogni uomo, e quello dei ragazzi in particolare, è assetato di cose grandi, vere, belle.
    Il ruolo della famiglia e della scuola dovrebbe essere quello di fornire gli strumenti intellettuali (sapete quanti ragazzi non sono in grado di leggere a un livello accettabile di comprensione non solo Dante o Tasso, ma diciamo Manzoni o Italo Calvino? oppure Platone ed Euclide?), poi gli strumenti critici (l’uso della ragione, degli strumenti della logica aristotelica, l’indagine approfondita, la capacità di mettere a tema qualcosa di più profondo e articolato delle emozioni e delle sensazioni), infine gli strumenti umani (chi sono io, quali sono i miei capisaldi, in cosa credo?). Senza tutto questo processo lungo e articolato, che parte dalle filastrocche lette in culla, passa per montagne di lettura condivise, modulate certamente secondo l’età, racconti orali, discussioni appassionate che mettono in tensione e alla prova ciò che fino a ieri era dato per acquisito, senza tutto ciò, diamo una pistola giocattolo a un bambino e lo mandiamo a caccia di tigri: non possiamo stupirci se torna a brandelli.
    Si tratta di un lavoro lungo, faticoso, incerto, e non pare che nessuno sia più intenzionato o in grado di svolgerlo.
    Il problema della scuola (pubblica o privata) non è preservare la triste vulgata del pluralismo e della aconfessionalità, il problema è opposto: rendendo inaccessibili intellettualmente le fonti e le radici del pensiero occidentale, cioè i suoi classici, la scuola è ormai prossima all’imparzialità della tabula rasa. Non c’è capolavoro, non c’è grandezza, in nessun ramo dell’arte, senza una forte appartenenza, senza uncorrectness. Ma ammettiamolo, questa appartenenza disturba e mette in crisi i nostri coetanei.
    Il problema delle famiglie è che mancano talora i mezzi culturali, quasi sempre il tempo.
    Bisogna anche saper affrontare la dimensione tragica dell’esistenza, ma come fare senza la guida degli adulti?
    Il problema è che ogni generazione nuova è una generazione di barbari, senza strumenti e senza passato. Possiamo chiedere loro di inventare ogni volta nuovamente il fuoco, oppure possiamo impegnarci nel lento lavoro di trasmissione e accumulo che è l’educazione, per cui poco alla volta passiamo il fuoco, la clava, la ruota, il vapore, l’antibiotico, il satellite, senza pretendere di ripartire ogni volta da zero. Ciò è facile da capire per la trasmissione materiale, molto più difficile per quella culturale. E infatti, siamo a un passo dall’interruzione completa.
    La mia soluzione privata è di provvedere, per quanto possibile, personalmente alla trasmissione ai miei figli degli strumenti che ritengo importanti, ma ciò non esclude che vadano cercate anche soluzioni collettive.

    1. questo intervento me lo stampo e me lo metto in bacheca!

      però, Perfectio… quanto è difficile per un genitore stare sempre su questo filo teso…. siamo presi da mille cose e tenere sempre a mente questo livello educativo è un’impresa!

    2. Alessandro

      Scusa la franchezza, Perfectio.
      Le tue parole mi convincono che hai figli fortunati. Ma, visto lo stato della scuola e il generale marasma (dis)educativo, che cosa aspetta i… figli non tuoi? 🙂

      1. perfectioconversationis

        Alessandro, capisco il problema che poni, ma è mooolto più grosso di me. 🙂
        Se, per assurdo, mi proclamassero per una settimana Imperatrice assoluta e incontrastata dell’Universo (la butto lì, metti che Rai1 facesse un sondaggio anche per questo), avrei qualche ricetta da proporre, chissà con che esiti…

        EDITTO

        1. I bambini sono delle famiglie e non dello Stato, la responsabilità principale della loro educazione spetta dunque alle famiglie. In via sussidiaria, lo Stato provvede ad aiutare le famiglie nel compito educativo, secondo le esigenze che queste esprimono.

        2. Lo stato dunque fornisce alle famiglie un assegno per l’istruzione scolastica, che le famiglie sono libere di spendere come credono, in scuole pubbliche, private o in forme di istruzione domestica.

        3. Lo scopo dell’istruzione fino ai 13/14 anni è di saper accedere, padroneggiare e godere delle più alte forme di conoscenza e arte prodotte in più di 2000 anni di tradizione culturale greco-latina e giudaico-cristiana: la lettura dunque dei testi classici, in versione integrale, è – per quanto commisurata all’età – promossa e incoraggiata. In generale, scopo della scuola primaria è raggiungere ottimi livelli nelle tre attività di base: leggere, scrivere, padroneggiare l’aritmetica.
        Dopo i 14 anni esistono due possibilità, di uguale dignità e valore: prepararsi a una professione pratica oppure approfondire lo studio teorico. Lo scopo, da questa età in poi, è di avere lavoratori che sappiano lavorare e studiosi che sappiano studiare.

        4. Materie come “educazione alimentare”, “educazione stradale” e altre simili amenità sono un’insulto all’intelligenza, facciamo che non se ne parli più.

        5. Visto che le famiglie devono educare i figli, è incoraggiata ogni forma di sostegno alle madri e ai genitori in generale che vogliono occuparsi dei propri figli e passare con loro la maggior quantità di tempo possibile: sostegno al lavoro paterno, generosi assegni famigliari, lavoro part-time e flessibilità sono obiettivi primari dell’Impero Universale testé insediatosi.

        Che la forza sia con voi!

        1. questo Editto mi piace molto!
          peccato che invece oggi, in Italia, si parli di posticipare l’obbligo scolastico a 17 anni….
          così ci saranno un sacco di asini a spasso e nemmeno un idraulico o un elettricista al momento del bisogno!

          1. 61Angeloextralarge

            Smack anche per te,carissima Giuly! Srve chi studia ma anche chi impara un “mestiere” in apparenza “meno nobbbile”.

        2. Sara S

          Si può votare nell’Impero Universale testé insediatosi?!? Comunque avresti tutto ma tutto il mio consenso e appoggio!!!

          1. perfectioconversationis

            Si POTEVA votare per insediarlo, ma poi è stata sospesa la dittatura democratica del numero a favore di una benevola teocrazia.
            Ad esempio, ad Alessandro, che confonde l’Imperatrice Universale con un qualunque President, volevo urlare “Tagliategli la testaaaa”, come in Alice nel paese delle meraviglie, ma, come vedete, mi sono benignamente trattenuta 😉

  15. Erika

    “diamo una pistola giocattolo a un bambino e lo mandiamo a caccia di tigri: non possiamo stupirci se torna a brandelli.”

    Assolutamente vero.

    P.s. Eliogabalo “l’anarchico incoronato” in terza superiore?
    Complimenti, io mi sa che a sedici anni ogni tanto leggevo ancora Cioè…

    1. perfectioconversationis

      Erika, se esistesse una cattedra in “Letture marginali e sconclusionate”, mi offrirebbero la docenza honoris causa 😉

      1. matrigna di cenerentola

        mi piace <3 – anche il commento precedente. Anche la perplessità di Alessandro. L'unica via sembra essere ricominciare da zero, e che ognuno dei figli fortunati trasmetta ad altri

  16. Ricordo che ai tempi del liceo la mia professoressa di Storia e Filosofia, dichiaratamente agnostica e comunista (laurata alla Cattolica!), ancorché bravissima e severissima, si era data questa missione: sradicare in noi ogni falsa-certezza. Per lei, paladina del relativismo, le certezze erano sempre qualificate come false e le verità erano sempre precedute da uno “pseudo-“, col trattino ben marcato, in unità resa inscindibile anche nel parlato. Ricordo bene la sua faccia quando, durante una discussione in classe al termine di una sua lezione all’insegna della tabula rasa, ovverosia dell’impossibilità per l’uomo di essere certo di qualsivoglia cosa, io (uno di quelli che non intervenivano mai, ma proprio mai) ho osato l’inosabile, affermando che pur in questo nulla, almeno di una cosa potevamo essere certi: dell’esistenza di Dio. Non ricordo in che termini avessi fondato l’argomentazione, ma sicuramente l’avevo fatto in modo molto più stringente di quanto non riesca a restituire ora, dopo vent’anni di lontananza dagli studi umanistici. La sua faccia invece me la ricordo bene, come dicevo: un misto di sorpresa per tanta stolida arroganza, di costernazione per aver gettato tante perle ai porci, … beh, a me era uscita così, un po’ come sfida, un po’ spinto da una sorta di vocazione al martirio e probabilmente non avrei retto ad un contraddittorio. Lei però non ha ribattuto a tono, ha bofonchiato qualcosa intorno al fatto che si trattava di piani diversi, … avrà pensato che non valeva la pena controbattere ad un simile mentecatto, o forse lei stessa non poteva essere così certissimamente certa della mancanza di certezze. Devo dire però che quell’anno in pagella ho avuto la migliore votazione che abbia mai raggiunto al liceo.

  17. Bisognerebbe,, allora,introdurre, per legge, opportunità di esposizione e assorbimento equivalenti da tutti gli ambienti possibili, scuola, famiglia, società, etc.introdicendo dei misuratori di pericolo di sbilanciamento (da una parte o dall’altra). Così facendo, se ci fosse ancora un briciolo di buon senso e di buona fede nelle forze sane (se ancora esistessero) del nostro paese, si potrebbe evitare il pericolo di storture mentali morali eccetra non solo nei nostri giovani, ma in tutta la popolazione, nel suo insieme!!

  18. Mi permetto un OT, che poi forse tanto OT non è, anzi potrebbe essere lo stesso tema di Sara preso a rovescio.
    Ieri mi hanno presenato il caso di G.L. ragazza di 19 anni, tipo gioioso, solare, pieno di vita. cattolica tiepida, di quelli che vanno a messa a Natale ePasqua, ma non pregiudizialmente contraria alla Chiesa.
    Dunque G.L si lascia portare dalle amiche ad assistere alle catechesi di un prete che qui a Roma va per la maggiore, uno che conosco personalmente e di cui ho un’altissima stima, uno che ha nel suo “carnet” centinaia di conversioni e conversioni durature aggiungo, che se proprio bisogna rimproverargli qualcosa si può dire che è un po’ aggressivo, ma nel modo in cui lo sno tutti i passionali, me compreso.
    Bene, G.L. comincia a frequentare questa catechesi e la mamma nota che via via si incupisce, spesso parla con lei e le dice “Mamma ho sbagliato tutto, non ho capito niente” e cose del genere, alla fine partecipa a un ritiro di tre giorni previsto periodicamente in quel ciclo di catechesi, dopodiché… si butta nella tromba delle scale e si uccide.
    Cosa ne pensate?

    1. perfectioconversationis

      Don Fabio, che domanda difficile!
      La prima sensazione, leggendo, è che manchi un tassello.
      Onestamente, una ragazza solare e piena di vita, ma tiepida, può uscire un po’ in crisi da tre giorni di esame di coscienza, ma la mia impressione è che l’esito della storia sia stato determinato anche da qualche fatto che non sappiamo e che forse non sapremo mai.
      Una difficoltà o una fragilità psicologica, un peso sulla coscienza… chissà.
      Non credi anche tu?

    2. Sara S

      Bisognerebbe saperne di più, sia della ragazza che di cosa ha detto il prete, per poter dire qualcosa… mamma mia…

    3. vale

      ..ke forse i prete in questione non è il fenomeno che appare….
      o che è stato la causa scatenante di altri problemi latenti.
      detto così,il fatto,non ha senso. sembra attribuire alla catechesi del prete romano un effetto che magari esula da lui e da ciò che ha detto e di come lo ha detto..
      oltretutto, se la catechesi fosse stata fatta come Dio comanda, non si sarebbe verificato il fattaccio: Deus Caritas Est. anche Giuda sarebbe stato perdonato se avesse chiesto misericordia.ma forse nessuno gli aveva detto che non c’è nulla di irreparabile di fronte al riconoscimento dell’errore….
      proprio perché siamo stati fatti molto bene ,ad immagine e somiglianza. ma non come( oltre al peccato originale-l’arrogarsi il giudicare il bene ed il male…)

      1. lidiafederica

        ehm, vale…a Giuda però la catechesi l’aveva fatta Gesù stesso, che non credo non glielo abbia detto….dipende se Giuda lo ha capito, e come lo ha capito. Neanche il miglior catechista del mondo non può sostituirsi alla nostra libertà.
        Ma tu forse intendevi “gli aveva detto” come “le”, a GT,- non a Giuda?

    4. Dopo una breve vita orizzontale, nel nido, al calduccio, ALL’IMPROVVISO ha dovuto imparare a volare; le si è spalancata davanti la dimensione verticale e l’ha percorsa nel verso sbagliato. Perdonate, ma non riesco ad essere empatico come si dovrebbe davanti a tanta tragica, compassionevole fragilità.

    5. Alessandro

      Anzitutto una preghiera.

      Poi, una considerazione sommessa.
      Chi scopre di aver peccato deve simultaneamente sperimentare che l’amore di Dio per lei/lui è sconfinatamente più grande del peccato commesso (l’annuncio cristiano non è: “c’è un Dio, e tu hai peccato contro di Lui”, ma è: “Cristo è veramente morto e veramente risorto per amor tuo, è il Vivente che più non muore, che ti ha amato – fino al supremo dono di sé – ti ama e ti amerà, immancabilmente fedele nel Suo amore, nonostante tu sia nel peccato e debba contrirti”).
      Altrimenti la vergogna del penitente (“ho peccato nientemeno che contro Dio!”) può degenerare, fino a sconfinare in patologica sfiducia in sé stessi, corrosiva disistima di sé, tetra disperazione.

      1. Alessandro

        Mi son dimenticato di dire: chi proclama l’annuncio cristiano deve sempre tener presente che il dinamismo della fede cristiana è innescato e sorretto da un avvenimento gioioso: la scoperta che Dio ama i peccatori fino a morire e a risuscitare per loro. L’annuncio cristiano elementare è l’esultanza per il sepolcro vuoto.

      2. Ho esplicitamente sottolineato la mia amicizia con il prete in questione e la mia stima proprio perché sono persuaso della bontà (in linea generale) del suo metodo.
        Forse è stata qualche riflessione un po’ sopra le righe, come può capitare parlando a braccio, forse è stata una eccessiva fragilità della ragazza, forse è stata una combinazione delle due cose, ma quello che volevo dire è che non sempre una dottrina cristallina è garanzia infallibile di risultato, l’educazione è un fatto talmente delicato, talmente complesso che i suoi problemi non si possono definire tagliando nodi gordiani

        1. Alessandro

          certo, una dottrina infallibile non è garanzia di risultato, quando è in gioco l’educazione, cioè il cuore umano; quel “guazzabuglio” del cuore umano, come diceva Manzoni.

  19. Non credo che oggi sia utile parlare di professori, dal momento che il loro ruolo è forse il più marginale nella società. Piuttosto mi piacerebbe sapere – come ho letto anche qui – dov’è finita la gente che pur di non omologarsi o accettare per verità quelle propinate dietro le cattedre, osa mettersi in gioco – e non solo in ambito scolastico etc.

    Piuttosto possiamo solamente ampliare il raggio d’azione del pensiero filosofico di Nietzsche, applicandolo un po’ ovunque – senza generalizzare, ovvio. Il risultato è..? Uno sfacelo, ma non credo ci sia crisi che tenga.

  20. 61Angeloextralarge

    Noi non sappiamo cosa c’era nel suo cuore. Sappiamo che Dio perdona sempre, quindi in ogni caso ed in ogni modo dobbiamo far passare il messaggio che Lui è amore. Sarebbe assurdo che il prete in questione non lo abbia fatto: mi rifiuto di pensarlo. I “modi” anche se irruenti e focosi, ma motivati dall’amore, non possono passare un messaggio che non sia amore.

  21. Vi ho raccontato questa cosa perché sono un educatore, e come ogni educatore (serio) so che maneggio bombe atomiche, forse ancora di più visto che la fede attiene alle cose più profonde e decisive per la persona, ma anche un professore di Filosofia in fondo non è molto diverso.
    Maneggiamo materiale altamente esplosivo. E sbagliamo, perché sbagliare è umano. E la gente si fa male, caspita se si fa male, la storia di Sara (che per fortuna è ancora tra noi) e quella di G.L. lo dimostrano.

    1. Sara S

      Sì, è impossibile insegnare e educare se non si è estremamente, sinceramente umili. Si ha troppo potere. Non ci si può prendere una tale responsabilità – risponderemo di ogni parola, di ogni sguardo – se non ci si fida unicamente della bontà del reale. Facilitarne l’incontro è lo scopo, e noi educatori dobbiamo 1. farci educare per primi 2.considerarci strumenti, e molto ma molto indegni, 3.farci da parte non appena si può.

  22. matrigna di cenerentola

    rileggendo l’editto di d.:
    EDITTO
    1. I bambini sono delle famiglie e non dello Stato, la responsabilità principale della loro educazione spetta dunque alle famiglie. In via sussidiaria, lo Stato provvede ad aiutare le famiglie nel compito educativo, secondo le esigenze che queste esprimono.
    2. Lo stato dunque fornisce alle famiglie un assegno per l’istruzione scolastica, che le famiglie sono libere di spendere come credono, in scuole pubbliche, private o in forme di istruzione domestica.

    temo sia troppo tardi! I bambini sono delle famiglie, e sono i genitori che li rovinano, in media, ben prima della scuola. Il disastro educativo non è la scuola in sè, ma la scuola accoppiata ai genitori inesistenti o dannosi. Quando le sorellastre venivano sottoposte a insegnamenti in contrasto con quelli della famiglia (questo dalle medie, ma soprattutto al liceo, perché prima il maestro era ipse dixit anche se sbagliava la soluzione dei problemi di geometria. Sia io che mio marito abbiamo sempre ritenuto che l’autorità ufficiale andasse rispettata finché non ci fosse modo di discutere a fondo i problemi in famiglia), a casa se ne parlava e si portavano in campo opinioni diverse, a volte anche solo interlocutorie. Questo perché noi eravamo genitori “di transizione”, cresciuti nel sessantotto, ma ben distanti dalle posizioni che cominciavano ad affacciarsi allora, tipo “il bambino sceglie da grande” se battezzarsi, credere o non credere. Una volta che, nei decenni seguenti, sono cresciuti i figli di quelli che li avevano lasciati “liberi di decidere”, e hanno cominciato a fare i professori, il circolo si è chiuso, e rimangono in giro pochi a non credere alle favole del pensiero laico.

    1. matrigna di cenerentola

      Pensiero laico che invece funzionava alla grande sulle generazioni dei primi atei, che erano stati educati rigidamente al rispetto della legge morale “naturale”, e cioè la morale cristiana. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che buona parte dei partecipanti al blog siano tra i 35 e i 45 anni (con le felici eccezioni di alcuni/e trentenni splendide) e quindi probabilmente cresciuti in un clima culturale familiare simile a quello delle mie figlie, quando ancora la famiglia -se voleva- poteva avere un ruolo educativo.
      Alla fine, dare un assegno alle famiglie potrebbe solo incentivare i genitori a far frequentare ai figli scuole ridicole, e perdonate il sessismo, a creare ancora più veline e accompagnatrici ad eventi

      1. perfectioconversationis

        Matrigna di cenerentola: i tuoi dubbi sono anche i miei, non mi faccio illusioni. Mi guardo attorno e mi rendo conto che un numero enorme di genitori avrebbe bisogno di una bella iniezione di maturità.
        Sta di fatto, però, che la famiglia è la cellula fondamentale della società, è un’istituzione naturale voluta da Dio, mentre lo stato è un’organizzazione facoltativa pensata dagli uomini. Non si può che correre un rischio e puntare sulle famiglie davvero. Vedi, io credo che una famiglia disperata, che non creda che dalla scuola possa scaturire promozione sociale o lavoro, sia più propensa a spingere i figli verso delle scorciatoie. Invece, una famiglia a cui si dà fiducia (prendendo un rischio, è vero, ma la famiglia svolge un ruolo che non si può sostituire con altro, nella società) diverrà nel tempo rapidamente una famiglia che vorrà spendere al meglio il proprio buono scuola, obbligando letteralmente le scuole -pubbliche e private – a competere per l’eccellenza.
        Anche la questione del lavoro è collegata: se si sostiene il lavoro maschile, se si dà alle famiglie il modo di vivere dignitosamente senza obbligare entrambi i genitori a sbranarsi di lavoro, si rende possibile la cura dei bambini, senza abbandonarli ad estranei sin dalla nascita e per parti consistenti delle loro giornate. Dare alle famiglie potere effettivo di incidere e contemporaneamente dar loro tempo per stare insieme e di crescere i figli è, secondo me, la formula per superare proprio quelle fragilità che tu mettevi in luce.
        Se la scuola fatta bene tornasse ad essere un modo per promuovere socialmente la propria famiglia, vedresti che gara per mettere i figli nelle scuole migliori!

        1. Riprendo @perfectioconversationis perché mi pare cruciale: “…Anche la questione del lavoro è collegata: se si sostiene il lavoro maschile, se si dà alle famiglie il modo di vivere dignitosamente senza obbligare entrambi i genitori a sbranarsi di lavoro, si rende possibile la cura dei bambini, senza abbandonarli ad estranei sin dalla nascita e per parti consistenti delle loro giornate. Dare alle famiglie potere effettivo di incidere e contemporaneamente dar loro tempo per stare insieme e di crescere i figli è, secondo me, la formula per superare proprio quelle fragilità che tu mettevi in luce…”.
          La donna contemporanea rigetta il ruolo sociale di moglie e madre, di angelo del focolare (il ruolo della “cura”); i governi proclamano misure a favore dell’occupazione femminile e giovanile, mentre magari il capofamiglia di mezza età perde il lavoro e non trova alternative che gli consentano di adempiere con dignità il proprio dovere (il ruolo del “sostentamento”). I ruoli basilari della comunità sono invertiti, la famiglia disgregata nei suoi fondamenti, la trasmissione della sapienza stratificata di generazione in generazione interrotta da un’educazione fatta per procura: come fanno i figli a non essere fragili?

        2. matrigna di cenerentola

          sono confusa dalla quantità di attacchi al buon senso di questa società, e metto un altro tassello che in una discussione sensata sarebbe OT. Sei sicura che le persone vogliano -in media- che i loro figli ottengano la promozione sociale imparando cose? Io NON ci credo. Almeno in Italia negli ultimi trent’anni via via è diventato chiaro che si otteneva una buona posizione lavorativa solo se si era appoggiati da qualcuno (a livello politico, chiesistico, ma anche semplicemente per essere “vicini di casa di…”). Questo a sua volta ha portato allo sfascio delle competenze. Perfino ha rovinato l’industria, perché chi sapeva di poter ottenere commesse in base alle aderenze politiche non aveva interesse a far crescere le competenze dei suoi dipendenti, o ad assumere i migliori invece che i più raccomandati (a loro volta forieri di denaro indiretto). Il gioco finalmente sta mostrando la corda e ci stiamo impoverendo, ma ci vorrà una generazione, se va bene, perché si ricominci a dare valore alle cose che ne hanno,e quindi ad istruzione e competenze. E nel caso della felicità della vita, alla fede e all’amicizia con Dio. Questo almeno in Italia.
          Comunque, intanto fare una rete di famiglie (quelle sopravvissute) per sopperire all’inadeguatezza della scuola sarebbe grandioso, e la rete in questo può avere un grande ruolo.

  23. vale

    …quasi sempre,perdona. o non era stato detto che il peccato contro la Verità-lo spirito di verità-non sarà perdonato?”In verità vi dico: ai figli degli uomini saranno perdonati tutti i peccati e qualunque bestemmia avranno proferita; ma chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha perdono in eterno, ma è reo di un peccato eterno.” (Marco 3:28,29)
    poi va da sé che Dio fa quel che vuole .ma se uno rifiuta la misericordia fino alla fine…..(vale a dire di riconoscerlo come unico e vero Dio….)…

    1. 61Angeloextralarge

      Intendevo dire, scusate se non l’ho scritto, che perdona sempre quando glielo chiediamo. Mi sembrava sottinteso. Se non glielo chiediamo, come fa a perdonarci?

  24. La scuola è la radice del male. Prima cosa perché assorbe una fetta enorme della spesa pubblica: secondo perchè tiene chiusi per mezza giornata i giovani fino a 18 anni. Terzo per tutti i possibili danni culturali ((sic!) caratteriali materiali che essa può procurare.
    Ivan Illich, mi sembra, già aveva scritto un bel libro “Descolarizzare la società” che parlava appunto di questa soluzione (emidiana ce lo illustrerà meglio),
    Ma a questo punto resterebbe sempre il problema dei libri in circolazione, delle persone con strane idee per la testa che potrebbero comunicare coi “vostri” ragazzi.
    Che fare?

  25. lidiafederica

    Saretta, perché non ci racconti la “serie di circostanze” che ti hanno fatto incontrare la Chiesa?
    Sicuramente, se non sono troppo personali, sarà bellissimo conoscerle 🙂

  26. Molto OT ma ci sta per l’aperitivo
    Riferito da mia moglie che l’ha sentito alla radio:
    “mio marito dice che ho il dono dell’ubiquità,
    infatti dice che
    scasso i maroni anche quando non ci sono…”

  27. Alessandro

    OT anch’io

    ma nel sondaggio IL LIBRO DELL’ANNO

    Costanza è seconda per uno striminzito 0.13%.
    un po’ d’animo, una canestro di voti, e ripassa in testa.

    basta poco. VOTATE. Chiudiamo la giornata in testa! UN PICCOLO SFORZO!!!

  28. Erika

    La storia di don Fabio mi ha riportato alla mente tanti ricordi dolorosi. Io ero molto fragile da bambina e adolescente e purtroppo ho vissuto in modo molto conflittuale la fede di mio padre. Non so cosa sia successo a quella ragazza, e’ chiaro che la sua crisi era già in essere.
    Qui si parla spesso di Verità e della necessita di comunicarla. Vero e legittimo, pero’ ricordate che questo deve andare di pari passo con la delicatezza.
    Non vi sto consigliando di essere “tiepidi”, ma solo di tener presente che nessuno di noi umani può avere il dono di saper comunicare la verità in modo perfetto, quindi occorre sempre cercare di avere un’idea di chi abbiamo di fronte, per non apportare più danni che benefici, nel caso di bambini e adolescenti.

    1. Sara S

      Concordo al 200% ! La verità nella carità, altrimenti è una violenza, inutile e controproducente.

    2. 61Angeloextralarge

      Padre Amedeo Cencini, in una catechesi sulla verità ha detto: “Il contrario della verità non è la MENZOGNA, la BUGIA, ma LA VERITA’ SENZA AMORE!”. Se crediamo che la VERITA’ E’ DIO e che DIO E? AMORE…

    1. Alessandro

      E cosa dobbiamo fare, discutere solo di questa tragedia?
      Mi sembra che si sia già detto molto.
      Poi si parla d’altro: del post, degli altri commenti, del libro di Costanza da VOTARE, ecc.

        1. 61Angeloextralarge

          Non intendevo in “quantità” o “qualità”. Non mi permetterei mai di giudicare lui o di fare una classifica qualsiasi, visto che ho tanto da pensare al mio di cuore duro. Forse invece di “sensibile” avrei dovuto scrivere “delicato”: comunque era una battuta per alleggerire un po’ il peso di quello che a volte scriviamo. Lo scritto, senza il tono della voce e senza l’espressione del viso, può essere interpretato in modo non giusto.
          Alviseee! Lo sai che ti voglio bene, sì? E prego per te anche se non ti piace: chi ama dona ciò che ha e io posso donarti solo questo.

  29. citizenkane

    Io sono perplesso perchè tu incolpi un filosofo e un professore ateo di averti fatto perdere la Fede. Ogni giorno incontrerai un ateo, un agnostico o un filosofo che potrebbero mettere in discussione i tuoi ideali. Cosa facciamo? Cancelliamo tutti gli atei dalla faccia della Terra affinchè la tua Fede non vacilli più? Bruciamo tutti i libri dei filosofi che non credono in Dio? Forse è più semplice, per i credenti, iscrivere i propri figli ad una scuola confessionale (cattolica, protestante, ortodossa, ebraica, islamica, eccetera). La laicista Francia concede alle famiglie credenti un assegno (pari all’importo speso dallo Stato ogni anno per un singolo studente) col quale pagare (in tutto o in parte) la retta delle scuole confessionali. Forse questa è la strada giusta e civile per risolvere questi problemi. Quanto alla Fede, pensa che io sono diventato ateo a 16 anni provenendo da una famiglia cattolica, avendo fatto il catechismo in parrocchia, prendendo sempre voti alti in religione a scuola ed avendo una professoressa di Filosofia missina e cattolicissima. Come vedi, non sono sempre gli altri la causa delle nostre scelte e delle nostre crisi personali, non c’è sempre un “qualcuno” a cui attribuire la colpa (il capro espiatorio negli ultimi tempi va molto di moda). Bisogna anche considerare che un mondo in cui tutti fossero credenti (o tutti fossero atei) sarebbe intollerabilmente noioso.

    1. Orazio Pecci

      “Bisogna anche considerare che un mondo in cui tutti fossero credenti (o tutti fossero atei) sarebbe intollerabilmente noioso.” (firmato Berlicche o Malacoda?)

    2. Sara S

      “Io sono perplesso perchè tu incolpi un filosofo e un professore ateo di averti fatto perdere la Fede. ”
      Forse sei perplesso perchè non hai letto bene, o non hai capito il contesto in cui fu scritto quel commento che è diventato il post di oggi (rimando al vecchio post segnalato nello stesso post di oggi) e neppure i vari commenti e le mie risposte in questo stesso blog.
      Secondo me se leggi bene puoi capire che non mi interessa incolpare qualcuno, che nessuno mi ha fatto perdere la Fede, che non ho nessuna intenzione di bruciar libri, eliminare atei o mandare i miei figli in scuole confessionali. Non solo non ne ho motivo, ma non ne ho neppure il tempo e le energie. Mi spiace per il tuo lancia in resta, ma per il momento sono molto occupata da cose come diarree e vomiti e altre squisitezze. Quanto alla noia, beh, ogni tanto mi piacerebbe sperimentarla!:) Ciao!

  30. citizenkane

    @Orazio Pecci

    Ti sbagli, non sono Lucifero (nè un satanista, nè un posseduto). Il Diavolo crede in Dio (fino al punto di odiarlo) mentre io sono un non-credente (nel senso pieno della parola, non credo in Dio nè nel Diavolo).

    1. Orazio Pecci

      Scusa, volevo dire che la storia che se tutti fossero credenti il mondo saebbe una palla pazzesca e’ roba da “Lettere di Berlicche”, una storia del diavolo che insegna a suo nipote i trucchi per far dannare la gente.
      Non volevo di dire che Berlicche sei ttu.

  31. citizenkane

    @Alessandro
    Credere in Dio consiste proprio nell’essere sicuri che egli esista. Noi non-credenti non siamo sicuri di nulla: non siamo sicuri del darwinismo, nè della teoria della relatività, riteniamo di poter conoscere il mondo in maniera molto limitata, di conoscere poco noi stessi, eccetera. Siamo condannati a non poter affermare l’esistenza di una cosa senza prove incontrovertibili della sua esistenza. Affermiamo quindi poche cose (e ipotizziamo molto). Alla fine, il dubbio e la curiosità sono la nostra bandiera.

    1. Alessandro

      qualche considerazione.

      1) “Noi non-credenti non siamo sicuri di nulla”: non siete sicuri nemmeno di non essere sicuri di nulla? Almeno di questo sarete sicuri: di non essere sicuri di nulla. Ma allora non è vero che non siete sicuri di nulla: perché almeno del vostro non essere sicuri di nulla siete sicuri. Quindi (a dispetto della professione di universale scetticismo) siete sicuri di qualcosa.

      2) E di che siete sicuri (oltre che di essere sicuri di qualcosa: cfr. 1)?
      Di ciò di cui avete “prove incontrovertibili”, dici.

      3) un sedicente ateo come te è ovviamente sicuro che Dio non esiste (altrimenti sarebbe non ateo ma agnostico). Quindi tu (smentendo la tua affermazione “non sono sicuro di nulla”; affermazione peraltro che s’è già palesata – per così dire – autocontraddittoria, autofagica: cfr. 1) sei sicuro che Dio non esiste.

      Stante 2 (ossia stante che un ateo è sicuro solo di ciò di cui ha “prove incontrovertibili”), e stante 3 (ossia stante che un ateo è sicuro che Dio non esiste, altrimenti non sarebbe un ateo), occorre concludere necessariamente che
      4) l’ateo detiene una prova incontrovertibile dell’inesistenza di Dio.

      E quale sarebbe, di grazia, questa prova incontrovertibile dell’inesistenza di Dio, in forza della quale l’ateo è ateo (ossia proclama: “è vero che Dio non esiste”)? Io non la conosco.

  32. citizenkane

    Citato da Orazio Pecci:
    “Scusa, volevo dire che la storia che se tutti fossero credenti il mondo saebbe una palla pazzesca e’ roba da “Lettere di Berlicche”, una storia del diavolo che insegna a suo nipote i trucchi per far dannare la gente.Non volevo di dire che Berlicche sei tu.”

    Se tutti fossero atei (o tutti credenti) il mondo sarebbe noioso, ma anche disumano. Saremmo tutti uguali, avremmo tutti lo stesso contenuto di pensiero. Bisogna accettare il fatto che ci siano cattolici, atei, agnostici, musulmani, eccetera, come una realtà che non ci impoverisce ma ci arricchisce, non ci deve spaventare ma ci deve dare coraggio.

  33. Sì, è vero, non si può dimostrare la inesistenza di DIo.
    Si può solo dire: io non ho mai avuto esperienza di questo Dio che tu mi dici
    “esistente”.
    E tu mi puoi dire che invece non solo ne hai avuto esperienza, ma che è davvero esistente, dimostrato da prove.(che poi non si capisce per quale ragione tu mi dovresti dire che c’è le prove di una cosa di cui tu hai innegabilmente esperienza)
    Io ti potrò dire che io queste prove non le riconosco come prove (che la resurrezione p.es.
    di Cristo, non è la prova dell’esistenza di Dio)
    E tu mi potrai dire che sono in mala fede.
    E io non potrò dire più nulla.

    1. Alessandro

      1) non ho esperienza INNEGABILE dell’esistenza di Dio

      2) credo nell’esistenza di Dio

      3) oltre a credere nell’esistenza di Dio, ho prove dell’esistenza di Dio? Questo è un tema troppo impegnativo, che non voglio affrontare qui.

      4) la Risurrezione di Cristo è oggetto di fede, è creduta, e non CREDERE in alcunché (fosse pure la Resurrezione di Cristo) non implica necessariamente essere “in malafede”.
      Quindi che tu non creda nella Resurrezione di Gesù non comporta che tu sia in malafede. Ne discende che, se (e sottolineo se) l’unica prova dell’esistenza di Dio fosse la Resurrezione di Cristo, il tuo essere ateo (cioè il tuo affermare che Dio non esiste) NON sarebbe in malafede (bada: non dico che non sarebbe fallace (lascio impregiudicata la questione); dico solo che non sarebbe necessariamente in malafede).

      Su ciò avevo scritto qualcosa già a maggio, qua:

      http://costanzamiriano.wordpress.com/2011/05/18/il-mazzo-di-carte-di-dio/#comment-3232

      1. Anche io avevo già scritto qualcosa, ma se ne scrive tante sciocchezze che lo saranno di sicuro anche quelle.
        Avevo ripreso in mano il discorso per la risposta sbrigativa, quasi brusca, che avevi dato alla contraddittorietà del credere di non-credere a etc.

        1. Alessandro

          se ti riferisci all’affermazione di citizenkane “Noi non-credenti non siamo sicuri di nulla”, a me sembra chiaro che quest’affermazione non tenga, perché chi si dice sicuro di nulla di almeno questo è sicuro, di essere sicuro di nulla, dimodoché costui – a dispetto della sua affermazione – è sicuro almeno di quel qualcosa che è il suo essere sicuro di nulla.

          1. Sì, non tiene, dal punto di vista “formalistico”, ma si capisce benissimo che cosa vuol dire (è pieno di questi discorsi contraddittori in se stessi, ma che hanno un senso, come il bugiardo che dice io sono un bugiardo, e tanti altri))

            1. Alessandro

              Va bene, allora prendiamo l’affermazione come se volesse dire: io ateo sono sicuro di poche cose…
              Ma se anche citizenkane avesse detto così, varrebbero i punti 2 3 e 4 che ho enucleato.

              Cioè il sedicente ateo citizenkane sarebbe tenuto a esibire una prova “incontrovertibile” (per dirla con le sue parole) dell’inesistenza di Dio.
              Se non fosse in grado di farlo, dovrebbe più correttamente qualificarsi come agnostico, non come ateo.

      1. Quella di Nick Carter era una battuta (scioccherella in senso proprio), in risposta all’invito di spiegare non so cosa su Ivan Illich. Ma chi diamine è I.I.? Mi ricorda vagamente un qualcosa di tolstoiano ma dubito si trattasse di quello. Nel dubbio proponevo di rivolgersi a un investigatore 🙂

  34. citizenkane

    @Alessandro

    Citato da Alessandro:
    “Se ti riferisci all’affermazione di citizenkane “Noi non-credenti non siamo sicuri di nulla”, a me sembra chiaro che quest’affermazione non tenga, perché chi si dice sicuro di nulla di almeno questo è sicuro, di essere sicuro di nulla, dimodoché costui – a dispetto della sua affermazione – è sicuro almeno di quel qualcosa che è il suo essere sicuro di nulla.”

    Esatto: so di non sapere.

    Citato da Alessandro:
    “Cioè il sedicente ateo citizenkane sarebbe tenuto a esibire una prova “incontrovertibile” (per dirla con le sue parole) dell’inesistenza di Dio. Se non fosse in grado di farlo, dovrebbe più correttamente qualificarsi come agnostico, non come ateo.”

    Non si prova l’inesistenza di qualcosa, al contrario va dimostrata l’esistenza di qualcosa. Facciamo un esempio: immaginiamo che un tizio affermi che esistono le “teiere volanti”. Non sono gli scienziati a dovere dragare l’universo (infinito) alla ricerca delle “teiere volanti”, e dopo aver trascorso un tempo (infinito) a scandagliare tutti gli angoli dell’universo (infinito), tornare sulla Terra e dire “abbiamo le prove per affermare che le teiere volanti non esistono”. Questo è assurdo: anche perchè dovrebbero ripartire subito per dimostrare l’inesistenza degli UFO e così via all’infinito. Al contrario, è il tizio in questione che deve dire dove ha visto le “teiere volanti”, portare lì gli scienziati e dimostrare loro che le teiere possono volare.

    L’ateismo consiste nel non credere in Dio, perchè non si hanno prove incontrovertibili della sua esistenza.

    Allo stesso modo bisogna affermare che gli UFO non esistono perchè non si hanno prove incontrovertibili dela loro esistenza. Bisognerà trovare una navicella aliena, portarla di fronte alla comunità scientifica, e solo dopo si potrà credere agli UFO. Fino a quel momento, gli UFO non esistono.

    Ovviamente nessuna persona intelligente può mettere sullo stesso piano i credenti in Dio, con i pazzoidi che credono alle teiere volanti. Le teiere volanti sono imparentate con la follia, mentre le religioni sono imparentate con l’umanità. Quest’ultima affermazione è dimostrabile.

    L’agnosticismo, invece, è una sospensione del giudizio: non si afferma l’esistenza di Dio, nè la si nega. Il metodo scientifico (con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi “so di non sapere”) porta dritto verso l’ateismo e non verso l’agnosticismo.

    Come si spiegano, allora, gli scienziati credenti? Esempio Einstein? Col fatto che Fede e scienza sono su piani diversi e separati: piani che non si incontrano mai. Lo scienziato Einstein non avrebbe mai affermato l’esistenza di una particella subatomica senza averne prove incontrovertibili. L’uomo Einstein, invece, non trovando risposte sul significato della vita, non riuscendo ad accettare l’idea della morte, si è posto sul piano separato della Fede: dove l’anima esiste in eterno, la morte è un “transito”, la vita ha un senso e l’uomo non è solo (e perso nell’Universo infinito). Il passaggio di molti scienziati sul piano della Fede deriva dalla “scomodità” dell’ateismo, dalla sua “difficile vivibilità”, dalla sua “pesantezza esistenziale”. Non ho mai capito gli atei che dicono di “viaggiare più leggeri” senza Dio, senza anima, senza vita eterna: al contrario, gli atei viaggiano con un pesantissimo fardello, quasi un peso intollerabile per un essere umano. Per questo non mi stupisco affatto che i credenti siano il 95% della popolazione mondiale, e non farò nulla per convincerli che non si può affermare l’esistenza di Dio. Non è questo l’obiettivo della mia esistenza (sempre ammesso che la mia esistenza abbia un senso).

    1. …naturalmente la paura della morte non ha niente a che fare con la fede, o non si capirebbe come poteva credere in Dio chi ha scritto i testi del Pentateuco, dove di oltretomba non si parla minimamente…
      Forse la una simile “spiegazione” non è che un macinato di carni scadute.
      Gli atei viaggiano con un pesantissimo fardello, sì, ma rischiano di non riuscire neanche a immaginarsi che fardello sia la fede: può darsi che in questo ateo e credente siano estremamente simili, come se l’uno non sollevasse il carico enorme che l’altro riesce a portare, con uno sforzo che collabora con un’altra forza – la quale viene chiamata “grazia”.

      1. Alessandro

        Non ne ho trattato qui sotto, ma anch’io concordo sul fatto che non si regga in piedi la “spiegazione” dell’insorgenza della fede come precipitato della paura di morire .
        Penso anch’io che l’ateo mediamente non avverta che la fede è un fardello, nel senso delineato da Cyrano.

    2. Alessandro

      Per definizione le teiere e le (ipotetiche) navicelle spaziali “aliene” sono visibili e tangibili; per definizione Dio non lo è.

      Quindi la prova che provasse l’esistenza di Dio non potrebbe che essere strutturalmente diversa dalla prova che prova l’esistenza della teiera o della navicella spaziale: la prova-teiera consistendo nel sottoporre all’osservazione un oggetto osservabile, e Dio non essendo osservabile, per definizione.

      Come è noto, di queste prove dell’esistenza di Dio (giustamente – come annotavo – non rinvianti all’osservazione dell’oggetto-Dio) ne sono state proposte numerose: a chi nega che Dio esiste incombe l’onere di mostrare che ciascuna di codeste prove non è cogente, non riesce cioè ad essere una vera prova.

      Si badi: non è dirimente la contestazione che squalifica a monte queste prove poiché esse non hanno per oggetto alcunché di osservabile empiricamente, di scientificamente rilevabile. Siffatta contestazione a monte varrebbe se fosse provato che può esistere solo ed esclusivamente ciò che è osservabile empiricamente, con strumentazione scientifica: ma non esiste prova che possa esistere solo ed esclusivamente ciò che è osservabile empiricamente, con strumenti scientifici.
      Pertanto una prova che pretenda di provare l’esistenza di alcunché (sia: Dio) il quale alcunché non è empiricamente osservabile misurabile rilevabile con strumenti scientifici non è invalida in partenza per il solo fatto di essere tale, ma semmai ne va esibita l’invalidità (la non cogenza, l’inconcludenza), con un procedimento ulteriore che indaghi nel merito ciascuna (aspirante) prova

      Quanto ad ateismo e agnosticismo:

      1) Un atteggiamento razionalmente spregiudicato non è quello che sostiene: “finora non c’è prova dell’esistenza di UFO, quindi so che gli UFO non esistono”, ma quello che sostiene “finora non c’è prova dell’esistenza di UFO, ma non c’è nemmeno prova che non possano esistere UFO, quindi non so se gli UFO esistono o non esistono”.

      2) Similmente a 1, poiché nessuno è in grado di provare in alcun modo l’inesistenza di Dio, chi ritenesse di non avere prova dell’esistenza di Dio sbaglierebbe (non adotterebbe un approccio razionale spregiudicato, cioè scevro di pregiudizi) ad essere ateo (cioè sbaglierebbe se sostenesse: “Certamente Dio non esiste”): razionalmente avvertito e spregiudicato (cioè: scevro di pregiudizi) sarebbe infatti che costui si dichiarasse agnostico (ossia sostenesse: “poiché ad oggi non ho prove dell’esistenza di Dio ma non ho nemmeno prove della Sua inesistenza, non posso che essere a oggi uno che non sa se Dio esiste o non esiste”).

      Concordo con l’affermazione: “Non ho mai capito gli atei che dicono di “viaggiare più leggeri” senza Dio, senza anima, senza vita eterna: al contrario, gli atei viaggiano con un pesantissimo fardello, quasi un peso intollerabile per un essere umano”.

      A proposito: grazie per l’interessante scambio di idee!

  35. Buongiorno a tutti, ho letto questo post con interesse e se posso vorrei dare un piccolo contributo alla discussione. Da studente delle superiori ho avuto docenti seri e professionali, con qualcuno che variava verso il basso o verso l’alto, ma in particolare il professore di storia e filosofia è stato decisamente serio e perfino pignolo nel presentare tutti i contenuti con serenità e spirito critico, e senza nascondere il suo punto di vista di agnostico “humiano” (da Hume), ma mai ridicolizzando altri punti di vista. La frustrazione di quel corpo insegnante era palpabile ma tranne un caso – il professore di italiano – questo non si rifletteva in nessun modo sulle modalità di insegnamento, cioè non l’abbiamo pagata noi. Anzi, ho fatto un liceo classico tosto.

    Ciononostante, o forse proprio per questo, la crisi di fede e la crisi esistenziale dovuta alla lettura di autori diversi e punti di vista diversi, l’ho sperimentata anche io. Passavamo dei pomeriggi a “filosofare” sulla verità portata da questo o quell’autore, qualcuno ha concluso di non essere credente, qualcuno si è scoperto agnostico, qualcuno invece ha rafforzato la fede.

    Per cui mi sentirei di dire che la crisi di fede non è necessariamente collegata ai cattivi maestri, anzi. E’ la pluralità di voci e il confronto che determina comunque e sempre una crisi nei propri convincimenti. La conclusione del post riguardo il libero pensiero la interpreto come un legittimo sfogo verso i cattivi maestri, ma scritta così com’è, fa un po’ specie ecco.

    Saluti

  36. Due, per sintetizzare, le “prove” dell’esistenza di Dio
    1) a priori, prova ontologica.
    2) a posteriori, prova cosmologica (chiamiamola)
    Tutte e due non “provano” nulla.
    La prima è circolare, la seconda è un rinvio all’infinito.
    Che non esista prova che possa esistere solo ed esclusivamente ciò che
    è osservabile con mezzi scientifici non è una prova né della esistenza né
    della inesistenza di Dio.
    Ma che non esista prova della sua inesistenza non è una prova della sua esitenza.

    1. Alessandro

      “Due, per sintetizzare, le “prove” dell’esistenza di Dio
      1) a priori, prova ontologica.
      2) a posteriori, prova cosmologica (chiamiamola)
      Tutte e due non “provano” nulla.
      La prima è circolare, la seconda è un rinvio all’infinito.”

      Fai affermazioni troppo succinte e brachilogiche perché possa interloquire con te. Dovresti diffonderti molto di più.

      “Che non esista prova che possa esistere solo ed esclusivamente ciò che
      è osservabile con mezzi scientifici non è una prova né della esistenza né
      della inesistenza di Dio.”

      Sono d’accordo.
      Che non esista prova che possa esistere solo ed esclusivamente ciò che è osservabile con mezzi scientifici è una prova che non è impossibile che Dio esista.

      “Ma che non esista prova della sua inesistenza non è una prova della sua esistenza.”

      Sono d’accordo: che non esista prova della inesistenza di Dio non è una prova della Sua esistenza, ma è sufficiente per confutare chi sostiene che: “Senza alcun dubbio Dio non esiste”. Movendo dalla considerazione dell’inesistenza di una prova dell’inesistenza di Dio (e trascurando ogni altra considerazione) si può trarre solo ed esclusivamente questa conclusione (conclusione agnostica e NON atea): “Non so se Dio esiste o no, non è impossibile che Dio esista”.

        1. Alessandro

          Domanda difficile.

          Mi pare che l’ateo dovrebbe essere più intransigente dell’agnostico. Ad es., davanti alla dottrina morale della Chiesa un ateo, poiché è sicuro che Dio non esiste, dovrebbe propugnare questa posizione con intransigenza: “Non state ad ascoltare queste idee che vengono dalla testa di chi crede in Dio. Dio non esiste!”.
          Un agnostico, mi pare, dovrebbe avere una posizione più tollerante, più “possibilista”, esprimibile così: “Poiché non so se Dio c’è o no, può essere che i precetti morali della Chiesa siano conformi alla volontà di Dio (che forse non esiste, ma non è escluso che esista) e che pertanto vadano osservati, così come può essere che non lo siano, e pertanto vadano disattesi”.

          Che un ateo sia aspramente anticlericale non mi meraviglia, un agnostico può avere delle riserve sulla Chiesa (non può infatti escludere che tutto il Magistero o quasi sia inconsistente, giacché – essendo agnostico – non può escludere che non esista Dio), ma non può a rigore escludere (essendo agnostico, cioè non potendo escludere che esista Dio, né potendo escludere che esista il Dio adorato dai cattolici) che il Magistero sia espressione genuina della volontà di Dio. Perciò mi pare che l’agnostico coerente non dovrebbe essere un anticlericale incallito e militante.

          1. No, non confondiamo le cose.
            Intanto questa figura dell’agnostico è ambigua.
            Agnostico in cosa’ Nel creder o nel non credre in Dio, o agnostico nel credre, per esempio, come dite voi, nellla leggi morali naturali, o ancora più agnostico?
            Se uno fosse solo agnostico verso Dio, non credo che di fronte a un credo morale dei credenti potrebbe scegliere la scelta dei crdenti perchè essendo agnostico metà credrebbe in loro e metà no e quindi butterebbe la moneta.
            Mentre invece l’ateo non butterebbe la moneta per partito preso. L’ateo, nelle scelte morali, sceglie quello che crede
            sia giusto per lui, non come ateo, ma come persona che non ha dei principi morali che gli derivano per esempio dal credere. Non è che tutta l’esperienza morale ruota attorno a
            crdre in Dio o meno: Quelli che crdono in Dio non è che occupano mezzo spazio e l’altro mezzo è occupato dagli atei e nessuno spazio dagli agnostici, Non mi sembra che ci sia accnime

            1. …scusate, ma questo blog non accetta commenti lunghi:
              dicevo non è che l’ateo debba essere necessariamente
              anticlericale e cioè contro mle scelte del clero o della religione, uno può essere ateo e non anticlericale e riconoscre delle leggi naturali morali, un altro può essere agnostico e invece anticlericale e non riconoscere leggi morali di nessun genre e via discorrendo….

            2. Alessandro

              Ma il problema non è se l’agnostico lancia la moneta o no la moneta o se l’ateo se la tiene in tasca la moneta o ci fa l’elemosina.

              Si discuteva delle ragioni per le quali so è ateo o agnostico.
              Io nego (ho mostrato come) che ci siano ragioni per essere ateo (trovo meno infondata, più razionalmente difendibile la posizione agnostica), quindi ritengo l’ateo uno che aderisce a una posizione razionalmente insostenibile (ossia considero l’ateismo intrinsecamente irrazionale).
              Quindi poco m’importa che l’ateo mi illustri come si regola nella propria condotta morale: alla radice, io eccepisco all’ateo che l’ateismo è irrazionale, e quindi va accantonato.

              “L’ateo, nelle scelte morali, sceglie quello che crede
              sia giusto per lui”: certo, ma questo lo fanno tutti, non solo gli atei (forse che un cattolico scelga quello che per lui è sbagliato?)

            3. Alessandro

              “non è che l’ateo debba essere necessariamente
              anticlericale”

              e invece ho cercato di mostrare che l’ateo coerente non può che essere anticlericale (con ciò non nego che possa accadere che ci siano atei non anticlericali: ma qui a me interessa non stilare un inventario delle disparate discordi condotte degli appartenenti a una medesima categoria (gli atei), mi interessa vagliare la posizione atea nella sua coerenza teorico-pratica)

              “un altro può essere agnostico e invece anticlericale”
              sì, ma a me interessa la coerenza; non discuto che accada che un agnostico possa essere aspramente anticlericale, nego che l’agnostico aspramente anticlericale sia un agnostico coerente.

              Insomma, m’importa non il dato di fatto (è ovvio che ci possono essere atei e agnostici più o meno anticlericali), ma esaminare la coerenza dell’anticlericalismo se teorizzato e praticato dall’ateo o dall’agnostico.

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