Quando ci siamo addormentati così profondamente? Perché abbiamo ignorato le sveglie che hanno cominciato a suonare tempo fa’?
In un’epoca storica difficile (forse come tutte o forse un po’ di più), così piena di sfide e di drammatiche realtà, lo scontro è sulla bellezza della vita, sul diritto a nascere, sull’accettare che amore ed esistenza siano indissolubilmente legati tra loro, sulla certezza che, comunque sia, ne valga la pena.
Questo è un libro esplosivo e prezioso, con un titolo sbagliatissimo. Già, perché quando mi è arrivato a casa La mano di Dio, di Bernard Nathanson, il famoso medico abortista che cambiò opinione, immaginavo di leggere una riflessione sull’aborto dal punto di vista di un credente, che ritiene che la vita, provenendo da Dio, non è a disposizione delle scelte umane. Niente di più falso, rispetto a questo libro. (E la colpa questa volta non è dei traduttori italiani, che di solito deturpano tutti i titoli, soprattutto dei film: in questo caso anche il titolo originale suona così).
Sono un medico specializzando in Malattie Infettive, lavoro con il Covid da più di un anno.
Ho sentito la necessità e il dovere di scrivere, per l’esperienza maturata quest’anno, in relazione alle gravi decisioni che si sono prese in queste ore in merito alla gestione della pandemia.
Decisioni che potevano essere anche comprensibili a marzo/aprile dell’anno scorso, quando ancora non conoscevamo il virus, non sapevamo come trattare l’infezione grave (basta solo pensare ai cortisonici) né avevamo un sistema sanitario già “collaudato” alla risalita dei contagi, non conoscevamo bene la modalità di trasmissione dell’infezione né si era organizzati per limitarla nelle strutture sanitarie o più in generale nella popolazione, a partire dalle mascherine che mancavano. Misure che però, allo stato attuale, appaiono non solo inadeguate, ma anche più dannose della malattia stessa. Anche perché la salute non dipende solo (come a volte si ha l’impressione leggendo i giornali) dal numero di contagiati da questo virus!
42 milioni e 400mila bambini in UN ANNO sono stati uccisi con un bisturi nel grembo della loro mamma, e non sappiamo quanti ne sono stati espulsi con i veleni delle pillole. Succede nel 2020. Uno dei primi atti ufficiali di Biden, osannato all’unisono da tutta la stampa mondiale e da tutti ma proprio tutti quelli che contano, è stato finanziare le cliniche abortiste con fondi pubblici. Insomma, nel sentire comune l’aborto è indubitabilmente considerato una conquista, istericamente difeso senza condizioni, addirittura fino alla nascita del bambino.
Quando i nostri figli erano piccoli, uno di loro – non posso rivelare né identità né sesso, pena la radiazione dall’albo nazionale madri, perciò userò il maschile perché la lingua italiana funziona così, mi dispiace per le sindache, le ministre, le assessore – era particolarmente pauroso. Si spaventava tantissimo per ogni cosa che non poteva controllare, a volte vomitava dalla tensione o si rifiutava di fare alcune cose. Adesso è passata (pure troppo), ma mi ricordo il tempo speso a cercare di ragionare con quel figlio. L’esercizio era: proviamo a vedere che succede se si avverano le tue più fosche previsioni. Vai in quel gruppetto e nessuno vuole giocare con te. Allora? Allora troverai altri bambini. E se neanche gli altri? Ne troveremo altri ancora. Oppure: ma se ti lanci che può succedere di grave? Ti rompi un braccio, e allora? Lo ingesseremo, e allora?
È cominciato il periodo di Avvento e mai, come quest’anno, sperimento cosa significhi attendere qualcuno, aspettare con trepidazione che si manifesti nel mondo. A dicembre, oltre alla nascita del Salvatore, è prevista anche la venuta al mondo di Pietro, nostro figlio.
Ho letto la sconcertante posizione del presidente della Pontificia Accademia per la Vita sull’uccisione di Vincent Lambert: innanzitutto Dio non viene neanche nominato, il senso religioso è assente, e si parla di un generico “amore che sconfigge la morte”, ma a me risulta che non sia un sentimento a vincere il dramma che incombe su di noi: è invece una persona, Gesù Cristo in croce, con il mistero della passione che ha sconfitto la morte.
Lavoro, palestra, apericena, casa, vacanza. Finalmente siamo liberi. Finalmente la nostra vita è veramente nelle nostre mani. Quali altre generazioni, fra quelle che ci hanno preceduti, hanno avuto a disposizione la stessa nostra libertà, unita alla stessa generosità di risorse che caratterizza il nostro tempo? Non possiamo solo sognare un lavoro di successo, possiamo anche provare a ottenerlo. E se non arriva in Italia, arriverà magari in un altro Paese.
“ I miei figli erano perfetti “ – diceva sempre Chiara. Entro, in ritardo come sempre (signor vigile, dopo tre giri del quartiere ho lasciato l’auto in divieto, ma lei capirà, devo andare a sentire padre Vito D’Amato, il padre spirituale di Chiara Corbella Petrillo, quindi lei non mi farà la multa, giusto? E se lei per caso dovesse non avvertire questa come un’esigenza primaria, poi me la toglierà, la multa, giusto?), insomma, arrivo trafelata e sento queste parole per prime. La giornata comincia bene. E prosegue meglio.
Dichiarazione congiunta del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e la Pontificia Accademia per la Vita sul caso del Sig. Vincent Lambert
Nel condividere pienamente quanto affermato dall’Arcivescovo di Reims, S.E.Mons. Éric de Moulins-Beaufort, e dal Vescovo Ausiliare, S.E. Mons. Bruno Feillet, in relazione alla triste vicenda del Sig. Vincent Lambert, desideriamo ribadire la grave violazione della dignità della persona, che l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione comportano. Lo “stato vegetativo”, infatti, è stato patologico certamente gravoso, che tuttavia non compromette in alcun modo la dignità delle persone che si trovano in questa condizione, né i loro diritti fondamentali alla vita e alla cura, intesa come continuità dell’assistenza umana di base.
È partita la macchina della morte, è stata avviata la procedura di soppressione per fame e per sete di Vincent Lambert la cui unica colpa è quella d essere tetraplegico.
Divulgato il video girato ieri pomeriggio nella stanza del CHU di Reims, in cui si vede chiaramente Vincent piangere.
Non è una provocazione, non è per far polemica. L’invito di Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, a un intervento diretto di monsignor Paglia per salvare Vincent Lambert non è una boutade. È il grido disperato di un popolo che si sente impotente, e chiede ai suoi pastori di agire, di farsi voce e braccia e gambe di fronte all’orrore.
Buona festa della donna alle mie ormai migliaia di amiche e conoscenti che se ne fregano della festa della donna, che non hanno rivendicazioni da fare, che sono felici di avere avuto la incredibile fortuna di poter essere al servizio della vita – sia che i figli non arrivino, sia che ne arrivino otto, nove, undici o dodici: quello che conta è la disponibilità – che amano farsi i fatti degli altri, prendersi cura, farsi carico, che vogliono essere alleate dei loro uomini, imparare a tradurre il loro linguaggio, stare dalla loro parte, aiutarli a essere migliori, mentre loro le proteggono.
C’è almeno una cosa buona nella storia di Alfie: ci ha fatti alzare in piedi in tanti, ha riempito diverse piazze negli ultimi giorni prima della sua morte, quando chiedevamo che l’Alder Hey rilasciasse il bambino, o almeno che non gli sospendesse alimentazione, idratazione e ossigeno – Milano, Roma, Torino e non solo. E domani, 9 maggio, nel giorno di quello che sarebbe stato il suo secondo compleanno, ne riempirà molte altre, oltre Milano Roma e Torino:
Il giorno del secondo compleanno di Alfie, una preghiera per lui e per tenere alta la guardia su tutti i bambini che verranno uccisi in Inghilterra e nel mondo, ovunque ci sia qualcuno che si azzarderà ancora a dire che la vita di qualcuno è “futile”.
Forse non riusciremo a fermarli, ma grideremo al mondo che stanno uccidendo un innocente.
Se nella vostra città ancora nessuno ha organizzato, fatelo voi!
“Questa ‘inattesa’ resistenza fisica di Alfie alla pretesa insufficienza respiratoria letale dei medici rappresenta una ‘falsificazione’ – in termini popperiani – della tesi della completa perdita di funzionalità del sistema nervoso centrale. Le funzioni troncoencefaliche del bambino risultano infatti ancora sufficientemente integre da consentirgli una respirazione autonoma, anche se non è possibile prevedere per quanto questa potrà continuare in assenza di un supplemento di ossigeno. Anche il suo cuore continua a battere, a testimonianza dell’assenza di una compromissione sostanziale del miocardio”.
Per me Gaudete et exsultate è bellissima, è incoraggiante ed entusiasmante, è piena di spunti, densa ma semplice, un programma di vita impegnativo eppure allettante, insomma una misura alta della vita cristiana che mi fa venire voglia di mettercela tutta. Ci sono dei passaggi addirittura commoventi, e altri che mi hanno stupito per come traducono in parole cose che penso e che non mi ero mai chiarita. Ovviamente su pressoché tutti i punti devo lavorare, pur essendo preparatissima sulla teoria.
Ieri ho avuto l’occasione di visitare un malato, una persona malata e allo stadio “terminale” a meno di un miracolo… ma non una persona, un malato qualunque (anche se un malato non è mai “qualunque”), bensì il padre di un amico fraterno, certamente un Fratello nella Fede, che conosco da più di trent’anni.