di Noemi Ferrari
“ La prossima ora abbiamo lezione di latino…con la professoressa che si sposa!”
Questa è ormai diventata la perifrasi preferita con cui mi apostrofano i miei alunni, tra stima e incomprensione, incredulità e commozione. Quando in classe ho comunicato loro la data ormai prossima del mio matrimonio, tra le desinenze del gerundivo e la perifrasi passiva, è calato li silenzio più commovente che un insegnante possa desiderare e, dopo qualche istante di incertezza, si è scatenato il putiferio (decretando la fine del silenzio commovente e il ritorno traumatico nella scuola reale).
“Professoressa –esordisce Francesco- mi scusi se mi permetto, ma lei e il suo fidanzato siete impazziti…cioè…siete nell’età più bella del mondo e vi sposate?!”
“Francesco ha ragione: guardi che è un errore e se ne pentirà presto” incalza Luca.
“Che grande esperienza matrimoniale dovete aver maturato per essere così convinti di ciò che dite!”.
“Professoressa, dai…si sa!” sbotta qualcuno, con il tono di chi si dispiace di chiarire l’evidente realtà a un’ingenua. Fortunatamente dal fondo della stanza emerge dal letargo Giovanni, tre volte ripetente, che mi guarda seriamente: “Io la stimo, almeno c’è ancora qualcuno che si vuole bene davvero”.
“Ma è proprio necessario arrivare a sposarsi per volersi bene davvero?!”.
La discussione comincia a farsi concitata: qualcuno si alza in piedi, si posizionano gli schieramenti e tutti sgomitano per dare il proprio contributo alla questione matrimoniale. Dopo i primi giudizi a freddo, finalmente, piovono le domande, perché i ragazzi ripetono prima ciò che sono soliti ascoltare e, solo dopo aver smaltito un po’ la sbornia dei luoghi comuni, si interrogano. E si interrogano bene, come solo gli adolescenti, audaci ricercatori di senso, sanno fare. Quando si dice loro qualcosa di radicale si accendono e divampano di curiosità perché intuiscono che lì, nella radicalità, c’è una provocazione profonda per la loro vita.
“Ci sposiamo perché ci vogliamo bene, Luca”.
”Si, questo l’ho capito, però il problema è che il suo fidanzato le piace ora ma non teme che con il tempo le piacerà sempre meno e che si annoierà?”
“Ma non capite, ragazzi? È proprio per questo che voglio promettergli ora di amarlo eternamente perché so che lui è la verità della mia vita e a questa voglio essere fedele, anche quando la fatica della quotidianità e della routine potranno offuscarne la certezza! Il mio fidanzato è un dono di proporzioni cosmiche che non avrò mai finito di esplorare. È un frammento di eternità qui sulla terra”.
“Eh, lo sapevo che c’era pure qualcosa di cattolico in tutta questa vicenda!” sbotta Giacomo, l’anticlericale della classe, soddisfatto di aver scoperto l’arcano della follia.
Cattolica e decisa a sposarsi: un affronto al loro sistema di valori. Alcuni scuotono decisamente il capo, altri mi credono ormai senza speranza, altri ancora non osano ammettere che anche a loro piacerebbe qualcuno che desiderasse amarli per sempre. Sta di fatto che per loro io sono la “professoressa che si sposa” e quasi ogni giorno hanno una domanda nuova a proposito di questa presunta pazzia e si interessano dei dettagli.
Non comprendono la scelta matrimoniale e forse nemmeno la stimano ma è evidente che qualcosa in loro si muove e, ormai privati della loro quiete, tentano di accumulare obiezioni, tra le quali è dominante la fatica.
“Professoressa, ma sa quanto è faticoso sposarsi? Soprattutto ora…con la crisi (altro tema su cui si sentono ferratissimi), con i sondaggi dei divorzi alle stelle (tema su cui, purtroppo, davvero sanno troppo)”.
“Si, Giorgio, sposarsi implica tanta fatica, anche io me ne rendo sempre conto ogni giorno di più perché servono soldi, tempo, energie e sacrifici, soprattutto sacrifici. Sai qual è l’etimologia latina di sacrificio? Sacrum facere “rendere sacro”: si rende sacro solo ciò per cui si è disposti a consumarsi. Amare un altro vuol dire perdere qualcosa di sé per riguadagnarlo in un progetto comune. È la fatica che dà senso e che quantifica una passione e tutto ciò che di più bello ci è messo nel cuore non è per un godimento furtivo ma per un lavoro, per la costruzione di un nuovo pezzo di mondo, in questo caso di una famiglia.
“Ma una cosa è meno bella se è faticosa” sbotta Maria.
“Più dura è la lotta e più grandioso è il trionfo e tutta la storia, la letteratura e la vita stessa ci insegnano ciò. Se la guerra contro Cartagine non avesse così tremendamente impegnato e sacrificato il popolo di Roma, la vittoria non sarebbe stata tanto maestosamente celebrata. A proposito, settimana prossima ci sarà la verifica di storia!”
“Professoressa può ripetere…”. “Settimana prossima verif…”.“No…quella cosa latina del sacrum facere…”
“Ah, Giovanni, cominci ad appassionarti al latino finalmente”, “In realtà no, la frase mi serve per una ragazza: non appena incontro quella giusta, gliela dico”.
leggi anche Per sempre, l’affare della vita
Cara collega, che immagino giovane, le tue “lezioni di matrimonio” serviranno ai ragazzi più del gerundivo. Ecco perché la senatrice Fedeli, e altri come lei, si preoccupano tanto della scuola. Preghiera e auguri per una famiglia che nasce, a cui auguro il dono dei figli che trasformano il “per sempre” in un miracolo ancora più quotidiano.
Io sono stata sposa tardiva…avevo 38 anni ma la scelta e’ stata consapevole …avevo finalmente trovato l’amore della mia vita ,quello per sempre ..che bello quando il prete ha benedetto la nostra unione ! ….siamo insieme ormai da quasi 20 anni e posso.dire che non mi sono mai pentita ..,certamente ci sono state alcune discussioni …siamo diversi ma l’amore supera tutto.
Auguri cara amica,il Signore potregga la vostra unione .un fraterno abbraccio
Non si può commentare un articolo così bello se non con i migliori auguri di un santo matrimonio.
Il commento di filippofiani 4 febbraio 2015 alle 07:06 è più bello di quello che avevo pensato io, per cui mi associo 😀
Anche io
che bello!!!
grazie
Ciao prof che si sposa! Il tuo post ha fatto così divertire e commuovere il mio cuore di donna sposata e di prof in sospeso (ma solo in apparenza, che prof si rimane dentro anche quando non si entra in classe… poveri figli:) ). Che belli che sono i ragazzi, quando li porti alla radice delle cose! Che bello insegnare! Che bello mostrare loro – nelle letteratura e nella vita!- che si può realmente amare ed essere amati, che c’è la lotta e il premio, l’avventura e il lieto fine. Sorrido ricordando i miei alunni allora undicenni, come reagirono al lieto annuncio: solo festa e curiosità di conoscere il fortunato, con particolare coinvolgimento emotivo delle bambine. E basta gossip sui colleghi uomini da accoppiare con me! Non erano ancora “corrotti” dal dubbio che sposarsi fosse una follia, anzi. Le più polemiche erano le mamme, temendo una maternità di lì a poco! Venne la classe intera al matrimonio, e alla fine della Messa ci regalarono due canti che avevano preparato i giorni precedenti con le mie colleghe. Indimenticabile. Come i commenti ai terribili cappelli e abbigliamenti di certo parentado!
Allora, prof e collega, ti auguro di cuore un buon inizio d’avventura e abbraccio idealmente anche i tuoi simpatici ragazzi che in qualche modo ti sono già figli. (in ogni caso il migliore è Giovanni!)
TANTI AUGURI!
L’ha ribloggato su lavitasempreintornoe ha commentato:
“Matrimoni imprudenti!”, ruggì Michael. “E mi dica, dove in terra o in cielo si sono visti matrimoni prudenti? A questo punto portiamo il discorso sui suicidi prudenti. Noi due ci abbiamo girato intorno abbastanza, ma come possiamo dire di essere più sicuri di Smith e Mary Gray, che si sono incontrati la notte scorsa? Non conoscerà mai un marito fino a quando se lo sarà sposato. Infelice? Ma è ovvio che sarà infelice! Chi diavolo è lei per non dover essere infelice, come la madre che l’ha partorita? Delusi? Bah, rimarremo per forza delusi! Da parte mia, non si aspetti che prima di morire io possa essere di nuovo, come lo sono stato in questo ultimo minuto; una torre con tutto lo squillore di trombe”
G. K. Chesterton, manalive
“il matrimonio è un duello all’ultimo sangue e nessun uomo d’onore dovrebbe declinare”
G. K. Chesterton
@ lavitasempreintorno
non sono d’accordo con quello che dice Chesterton sul duello e l’uomo d’onore; ed è con me s.Paolo, che, nella prima lettera ai corinzi, parla del matrimonio come extrema ratio e giudica raccomandabile la sua condizione di celibe.
Anche da un punto di vista artistico, del resto, non considero Chesterton un grande scrittore e penso sia stato giusto preferirgli Pirandello nell’assegnazione del Nobel del ’34. Come scrittore cattolico considero molto più significativo Bernanos. A69
Il celibe di San Paolo è uno che ha preferito quello stato ed è ad esso fedele. Il celibe di quella frase di Chesterton è don Giovanni, che sfugge vigliaccamente le responsabilità saltando di fiore in fior. A mio parere sono due condizioni diversissime.
D’accordo, il matrimonio implica sacrificio, ma io mi sono sposato perché sposarsi è bello, più bello che vivere insieme senza essere sposati, perché “è fatto meglio”.
Personalmente sono convinto che le cose vanno fatte bene, una volta sola: questo vale per qualunque lavoro, dal cucinare un piatto allo sposarsi. Se si ricomincia sempre da capo, non si finisce più e non si combina niente. La cucina, così come la vita, è una cosa seria.
D’accordissimo sulla prima parte, molto meno sulla seconda. La vita, per me che sono sposata, ma, credo, per chiunque, è un continuo ricominciare da capo, cadere e rialzarsi. Il matrimonio non si fa una volta sola, bene. Si rifà ogni giorno, quel sì davanti a Dio lo ripeti ogni giorno.
Ho capito che tu intendevi che bisogna fare una scelta e seguirla fino in fondo, essere fedele, invece che tornare sui propri passi e provare sempre qualcosa di diverso. Però era una riflessione che desideravo condividere.
PS: siamo proprio uguali, uomini e donne… Paolo usa l’esempio della cucina come cosa da fare una volta sola e bene…per me (e tutte le mamme, penso) è l’esempio del fatto che una volta che si è finito ogni volta bisogna ricominciare tutto da capo!!! 😀
Ci siamo capiti. In effetti io vedo la cucina dalla parte di “quello che mangia”. E in materia sono molto godereccio.
E fai strabene!!! 😉
Molto bello!!!! Averne degli insegnanti così!!!
Felicitazioni 🙂
Anche io ho avuto una professoressa che si sposava, era giovane, dieci anni più di noi, preparata e soprattutto in gamba. Era quella che sapeva dialogare con noi, classe numerosa e difficile, che aveva creato un ponte docente-alunni senza per questo indulgere nel buonismo, perché sì, era severa, ma si faceva apprezzare e rispettare. E si sposò anche lei, negli anni del nostro liceo, ma non ricordo che nessuno di noi ci abbia trovato qualcosa di strano o abbia provato a dissuaderla. Era del tutto naturale che si sposasse.In venti anni la percezione degli adolescenti sul matrimonio è davvero cambiata…
Già. E speriamo che questi alunni petulanti non vogliano metter bocca anche su eventuali gravidanze con i triti luoghi comuni correnti. Felicitazioni, prof!!
Inserisco un pensiero, che credo pertinente, di un filosofo brasiliano, de Carvalho.
“Ho creduto già a molte menzogne, ma ce n’è una alla quale sempre sono stato immune: quella che celebra la gioventù come un’epoca di ribellione, di indipendenza, di amore alla libertà. Non ho dato credito a tale scemenza neppure quando, io stesso giovane, essa mi lusingava. Al contrario, presto mi impressionarono profondamente, nella condotta dei miei compagni di generazione, lo spirito del gregge, la paura dell’isolamento, l’asservimento alla voce corrente, l’ansia di sentirsi uguali e accettati dalla maggioranza cinica e autoritaria, la disposizione a cedere tutto, a prostituire tutto in cambio di un posticino da neofita nel gruppo dei tipi “giusti”.”
ah ,olavo de carvalho.
http://www.olavodecarvalho.org/index.html
https://controimbecillitacollettiva.wordpress.com/
in sintonia con quanto scriveva ortega y gasset ne “la ribellione delle masse” e canetti in “massa e potere”.
Bè, stiamo parlando di uno che aveva ventun’anni nel sessantotto (ho appena controllato si Wiki, confesso che non lo avevo mai sentito nominare). Se non ha l’autorità lui per dire una (giustissima) cosa del genere …
Ma che bello! Auguriii!
Che foto maschilista! un uomo che regge l’ombrello! la donna se lo può tener da se!
E lo strascico, chi glielo regge?
Tanti auguri! Sono fortunati i tuoi alunni. Pensavo anche, mentre leggevo, che conosco tantissimi, non più adolescenti da molto tempo, che la pensano così e che vivono di conseguenza. A volte anche da parte loro traspare un po’ di curiosità o nostalgia verso questa cosa all’antica che è il matrimonio. Ma certo i tuoi alunni sono fortunati ad avere te, perché le domande è meglio farsele da giovani, c’è più tempo per maturare delle belle risposte. Ancora auguri!
Articolo favoloso!! Condivido tutto al 200%. Tanti complimenti all’autrice e tanti auguri per l’imminente matrimonio!!
Che ragazzi fortunati.. ci vorrebbero più insegnanti come lei. Sono certa che una persona che affronta con questa profondità un tema del genere sia anche un’ottima professoressa 🙂
Tantissimi auguri, Noemi! Fa tanto bene ai ragazzi incontrare degli esempi di fidanzati, sposi e genitori davvero contenti e fedeli. Vale più di mille parole sul matrimonio l’esempio di una coppia che tiene.
Non ricordo dove lessi una volta che in una coppia l’uomo è il veliero e la donna è il vento che soffia nelle sue vele (forse proprio quì, ma non vorrei dire castronerie).
Allora pensai che per funzionare insieme occorreva che solcassero lo stesso mare.
In un mondo che attraversa la grande crisi di valori che stiamo vivendo, si preferisce la convivenza anche perchè vento e veliero non si incontrano più nello stesso mare.
Auguri all’autrice dell’articolo di una serena navigazione e laddove si scatenasse tempesta ricordate sempre il sogno del veliero di don Bosco.
Certo ci vuole una famiglia solida che faccia da sostegno psicologico e sociologico alle spalle di uno che svolge una professione difficile come quella di insegnante. Io, grazie a Dio, una volta terminato un regolare corso di studi, mi sono guardato bene dal rientrare nel mondo della scuola, sia pure come insegnante. Sentivo che mi mancavano le forze fisiche e psichiche per assolvere un compito come quello.
Più leggero e piacevole deve essere il ruolo di insegnante universitario, ma ho preso altre strade. A69
@A69 “Più leggero e piacevole deve essere il ruolo di insegnante universitario”… sicuro? 🙂 ho amici che si sono buttati in quel ramo… e pare che non sia tanto leggero
@Thelonious. Concordo (viaggio abitualmente su un treno per pendolari che serve anche due sedi universitarie e sento i discorsi degli studenti… 😉 )
@ Thelonious
no, non sono sicuro. Avevo questa impressione. Perciò non insisto. A69
Su questo sono in grado di fare un confronto diretto. A rendere infinitamente più gravoso il compito di insegnante nelle scuole è la responsabilità civile e penale nei confronti degli alunni, che all’Università non esiste per gli studenti (anche perché sono maggiorenni). Inoltre c’è tutta la questione dell’handicap, dei DSA e così via, anche questa all’Università non esiste.La difficoltà dell’insegnamento universitario è invece quella di conciliare l’attività di ricerca e la necessità di pubblicare con la didattica. Quindi, come dici giustamente, a farlo con serietà è tutt’altro che una passeggiata. Però non rischi la galera ogni volta che esci dall’aula o dai a un allievo l’autorizzazione ad andare al bagno.
Perfettamente d’accordo. Parte della mia vita lavorativa si è svolta a scuola, parte altrove. L'”altrove”è stato, molto, molto più distensivo.
Anche su questo posso fare un confronto diretto, avendo svolto sia insegnamento sia lavoro di ufficio. Un’ora in classe affatica in modo inversamente proporzionale all’età degli alunni, ma in ogni caso quanto diverse ore di ufficio. Chi non ha mai insegnato non ha un’idea neppure vaga di quello che vuol dire. Per questo si sentono tutti in grado di emettere sentenze in proposito. Certo, ci sono anche momenti di soddisfazione sul piano emotivo e affettivo che in altri lavori mancano.
Mah! Io so solo che quando, parlando degli alunni (sia bambini che ragazzi) con i miei conoscenti insegnanti, mi trovo ad apostrofarli scherzosamente con espressioni come “furfanti”, “ribaldi”, “marmaglie”, MAI che i suddetti docenti, mi contrastino sull’uso di quei termini. Anzi mi sembra quasi che annuiscano……………………..A69
Che dire.. L’ho letto tutto d’un fiato! Scritto con uno stile chiaro e allo stesso tempo divertente! Ammetto che la cosa che mi ha lasciata più perplessa é stata la prima reazione degli alunni…..dei ragazzini, che su molti argomenti magari si limitano ancora a riportare i pensieri dei genitori o della società…. Trovo allarmante il fatto che il pensiero che passa oggigiorno alle nuove generazioni sia quello di una totale sfiducia nel matrimonio. Oltre che allarmante, lo trovo pure triste…. Quindi ancora complimenti alla prof che é stata in grado di portare una testimonianza diversa in una società ormai quasi “avversa” a questa istituzione!!! Una lezione di vita vale mille volte più di una lezione qualunque 🙂