di Noemi Ferrari
C’era una volta in una landa verdeggiante una splendida e dolce fanciulla in attesa del Principe Azzurro dal profilo greco, del topico bacio del vero amore e del tradizionale vissero per sempre felici e contenti, possibilmente in questo esatto ordine, con un appassionato bacio da sveglia e con un enorme castello lussuoso come coronamento del giuramento. Per quanto siano fantasiosi i fratelli Grimm, è innegabile che Chi ha scritto la Realtà lo ha fatto in un modo decisamente più creativo e originale, un Autore che quando ha pensato la landa verdeggiante l’ha fatta immersa nell’odore del letame della bassa bresciana, quando ha impastato la principessa le ha messo gli occhiali con le lenti spesse e la paranoia facile, al Principe Azzurro ha dato un naso decisamente “importante” e un’insana passione per il calcio e tra il bacio del vero amore e il vissero per sempre felici e contenti ha inserito un percorso ad ostacoli con tanto di pertiche, cavalline e salti il lungo senza materasso.
A prima vista io, giovane principessa sovra descritta, potrei avere qualcosa da recriminare al famoso Autore di questa storia ma è pur vero che il mio Principe non porta quelle orrende calzamaglie e io non devo cantare con la faccia da ebete ad ogni piè sospinto, circondata da animali rumorosi e poco igienici. Non solo, posso dire con assoluta convinzione che tra tutte le fiabe non ce n’è una che possa eguagliare, anche solo per metà, la Bellezza e la pienezza di una reale storia d’amore, intrisa di quotidianità e concretezza, di occasioni e di piccole Grazie inaspettate che sorprendono per la loro tempestività (chiamatele, se volete, Dioincidenze) e danno il coraggio di sperare nel lieto fine, che è sempre comunque un nuovo inizio. Se è pur vero che la nostra infanzia è stata nutrita da favole troppo semplicisticamente eterne, è altrettanto vero che durante l’adolescenza abbiamo respirato a pieni polmoni l’aria schiettamente viziosa dei disinibiti telefilm americani, veri e propri guru virtuali che inneggiano all’amore libero, alla collezione irrefrenabile di partner, alle relazioni brevi ma intense che rappresentano in ogni caso un’esperienza
– Breve parentesi: io non riesco a capire come la generazione che ci precede sia così accanitamente propugnatrice di esperienze, come se il fatto di accumulare indistintamente e senza criterio dei gesti, anche discutibili, o semplicemente stupidi, dia la possibilità al giovane di maturare. Non credo, infatti, che i miei nonni, che hanno visto poco più della loro provincia e hanno avuto un solo fidanzato, poi diventato l’unico coniuge, siano dei trogloditi ingenui e immaturi perché poveri di esperienze. Chiusa parentesi-
A causa di tali visioni distorte dell’amore ci siamo un po’ disabituati a parlare dell’amore eterno, eterno davvero e non solo finché dura, perché si crede che il “per sempre” sia una storia antiquata, adatta ai secoli bui del medio Evo, frutto del maschilismo patriarcale dominante che assoggettava le mogli e troppo limitante o repressiva per le donne emancipate del XXI secolo. Io sono piuttosto giovane ma se dovessi scegliere a quale immagine associare la didascalia “amore eterno” di certo penserei a quella con mio nonno, uomo tutto d’un pezzo con una robusta corazza di virilità che dovrebbe impedirgli di cedere al sentimento, che a settantanove anni si commuove mentre gli racconto di come il mio fidanzato mi abbia chiesto di sposarlo. Con gli occhi che hanno visto quasi un secolo, luminosi di lacrime e che forse in quell’istante stanno guardando un ricordo che è solo suo, mi racconta di quando anche lui si è inginocchiato davanti a mia nonna, chiedendole di diventare sua moglie, facendo “l’affare della sua vita”. Poi guarda mia nonna che sta riassettando la cucina, e mi dice che la vita è lunga, non è una favola e ci sono momenti in cui c’è solo fatica ma che, se tornasse indietro di 60 anni, chiederebbe ancora alla stessa donna di essere la compagna e la custode della sua vita. Di fronte a ciò mi accorgo di quanto sia più conveniente spendersi per un amore eterno, senza lasciare frammenti di sé tra le mani di tanti estranei, estranei non nel senso di sconosciuti, ma nel significato etimologico di “fuori dall’ambiente”, cioè fuori della propria persona pensata e creata da Dio per unire il proprio Destino solo con quell’unica creatura al mondo che le corrisponde.
Nella Bibbia si legge che Dio creò maschio e femmina e non mi è difficile immaginare il Padre celeste mentre plasma e chiama insieme Sara e Abramo, Rachele e Giacobbe, Mario e Amabile (i miei nonni), Noemi e Mattia (la sottoscritta e il fidanzato), tanto che, quando si incontra la persona con cui si è stati pensati e questa si presenta, il fondo dell’anima sperimenta una sorta di sussulto perché sente riecheggiare l’altro nome con cui era stata chiamata nel giorno della creazione e il momento del (re)incontro lo si ricorda per sempre. Le cose più belle della vita, infatti, non si imparano: semplicemente si incontrano. Quello che bisogna fare è essere certi che un progetto di felicità pensato per noi c’è e aspetta solo il momento giusto in cui siamo pronti per aderirvi. Io ho conosciuto il mio attuale e unico fidanzato della vita nel 2009, precisamente il 10 giugno intorno alle 11 del mattino, nella cucina sporca di uno sperduto paesino di montagna che non si trova sulle cartine geografiche, indossavo una maglietta bianca piuttosto larga ed ero reduce da un esame di Letteratura italiana in cui avevo preso 27 e, nonostante la mia memoria da pesce rosso, la mia mente ha trattenuto tutti i dettagli di quell’incontro, atteso da sempre, per sempre.
Sono una giovane donna di ventiquattro anni e lo sgargiante anello con diamante che porto al dito della mano sinistra mi chiede ogni giorno ragione del fatto che l’anno prossimo mi sposo, nonostante il mio fidanzato non abbia ancora finito l’università, non abbiamo due lavori sicuri e ci manchi al momento una casa. Tutte questioni abbastanza serie che chiedono di essere affrontate ma non abbastanza importanti da rimandare “l’affare della propria vita”. A un amico che ha saputo del mio matrimonio e che mi ha detto che lui non saprebbe fare un passo così importanti ho risposto: “Per cosa siamo fatti se non per le cose importanti?” Il matrimonio è una chiamata che urge risposta, è il proprio Destino che viene a chiedere di essere compiuto e non si può credere che il Signore resterà a guardare senza donare tutti gli strumenti necessari affinché il Suo Progetto venga realizzato. Non è un caso che Gesù abbia compiuto il primo miracolo durante un matrimonio, colmando con sovrabbondanza l’improvvisa mancanza di vino ad un banchetto nuziale. Il Signore gode nell’eccedere in generosità quando la posta in gioco è alta e il caso di due giovani che si consacrano l’uno all’altro in nome di quell’amore che Lui stesso ha messo loro nel cuore è una scommessa che il Padre celeste non vorrebbe mai perdere. Per questo non ho troppa paura di sposarmi senza avere sicurezze economiche e polizze assicurative. Con buona pace della magia delle fiabe e degli equivoci fortuiti dei telefilm, nella vita reale il lieto fine di una storia d’amore si intravede quando l’uno non vede l’ora di consumarsi per l’altro, di donarsi tutto, con la coscienza matura di chi riconosce che l’amore non è per chi ti fa tornar tardi la sera ma per chi ti alzi presto la mattina.
Una storia d’amore funziona se si benedicono (dopo aver profuso un numero più o meno cospicuo di parolacce) i momenti di difficoltà perché è dalla capacità di affrontare insieme le prove serie e reali della vita che si può verum facere, cioè fare verità a proposito di sé stessi e delle fondamenta del proprio fidanzamento. Il tutto nella certezza che il proprio rapporto è intrecciata con un Terzo che, a un nostro minimo segnale di assenso alla sua chiamata vocazionale, scatena l’inferno. Scusate, il Paradiso.
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
L’affare per la vita… Vi consiglio di leggerlo!
L’ha ribloggato su Infodirilievo.
Bellissimo. Hai sintetizzato meravigliosamente. Mi rimane un dubbio. Può succedere che uno dei due muoia e che l’altro possa vivere una nuova stagione della vita e dell’amore con un nuovo compagno in un legittimo matrimonio cristiano. Come si spiega l’unicità pensata da Dio per il primo incontro? L altra persona già esisteva.
“Per questo non ho troppa paura di sposarmi senza avere sicurezze economiche e polizze assicurative.”
Un coraggio da leonessa!!!
chi ha fede nella Provvidenza non ha bisogno di coraggio…
…chi ha fede, però1 (che non si riesce mai a capire chi sia) (solo Gesù lo capiva, ma lui era Gesù)
Grazie a Noemi Ferrari per questo articolo splendente e per la testimonianza che offre, oggi tanto necessaria!
Credo che me lo rileggerò più di una volta: ci sono molti passaggi veramente ispirati!
Noemi, ti assicuro il ricordo nella preghiera per la tua famiglia nascente e ti chiedo umilmente di ricordarti della mia nelle tue preghiere. Ciao!
“Una storia d’amore funziona se si benedicono (dopo aver profuso un numero più o meno cospicuo di parolacce) i momenti di difficoltà perché è dalla capacità di affrontare insieme le prove serie e reali della vita che si può verum facere, cioè fare verità a proposito di sé stessi e delle fondamenta del proprio fidanzamento.”
E anche del proprio matrimonio direi….
Verissime queste parole, mi ci ritrovo appieno nelle difficoltà che incontriamo io e mio marito… Mai potremmo essere più uniti….
E se un amore così bello e così grande è capitato nella mia vita può solo essere voluto da qualcuno che vuole il BENE, il nostro BENE.
Ti auguro di cuore che il tuo cammino sia pieno di felicità e gioia, anche di quella che si prova nell’affrontare insieme le difficoltà.
Sembra una favola anche quella del principe e della principessa di Brescia! Non è che non ci credo… ma è molto romanzata!
Boh… perché lei non ritiene possibile che esista gente che si sposa senza avere due impieghi a tempo indeterminato con stipendio sopra i 3000 mensili, attico con piscina arredato fino all’ultimo soprammobile, automobile, cameriera, autista e garage?
Pingback: Per sempre, l’affare della vita | Per la Luce…
Ciao, io di anni ne ho 28 e ho sposato Giulio tre mesi fa, con un lavoro precario (io) e una semi-occupazione non regolarizzata e mal retribuita (lui)… Sono assolutamente con te quando dici che NON E’ NECESSARIO AVERE TUTTO PER SPOSARSI!!! A Dio piace mostrare la sua generosità e Provvidenza alle sue piccole creature, specie a quelle che sanno affidarsi completamente alle sue mani.
Piccolo esempio: l’altro giorno la nostra vetusta automobile (che ha gloriosamente festeggiato il suo quindicesimo compleanno) ha deciso di farci uno scherzetto: non partiva più. Di corsa dal meccanico, abbiamo dovuto sborsare 300 euro, naturalmente non previsti nel già ridotto budget di questo mese. Già ci preoccupavamo di come resistere fino al prossimo 27 settembre, con il mutuo, la spesa, le bollette…
il giorno dopo mia mamma è arrivata con una busta in mano: soldi inaspettati, regalo di nozze tardivo di una parente. Le Dioincidenze…
E ti dirò di più: costruire la propria vita, la propria casa, la propria famiglia insieme, una briciolina alla volta, rende il matrimonio ancora più saldo, più prezioso. So di tante coppie che avevano tutto, ma proprio tutto, e si sono lasciate per noia, per mancanza di obiettivi comuni.
C’è una cosa che non mi convince del tuo discorso: il fatto che secondo te c’è al mondo un’unica persona fatta apposta per noi da Dio. Credo, per esperienza mia e di altri, che l’amore non abbia proprio nulla a che vedere con la predestinazione. L’amore è una scelta, solenne, irreversibile, miracolosa, ma quotidiana, ed è scelta nostra. Altrimenti verrebbe meno la nostra libertà. Inoltre, constatando la triste realtà di molte persone che non hanno trovato “l’altra metà della mela”, verrebbe da chiedersi: come mai Dio non gli ha concesso di incontrarla? Per me l’amore è la scelta di perseguire la propria santità amando l’umanità dell’altro.
Tanti auguri e che Dio vi benedica!
Giulia
….teologia del matrimaonio!!!
Il fatto che non tutti trovano “l’altra metà della mela”, secondo me, non è una cosa da considerarsi per forza triste. Il matrimonio è una vocazione come le altre. Una persona non sposata che è Felice (e non solo felice) della propria vita, si sente realizzata e ha risposto alla propria vocazione, non ha nulla da invidiare ad una persona sposata. Perché amare non è solo amare un’altra persona, ci sono molti tipi di amore e di vocazioni tramite cui esprimerlo… 😉
Ti lascio questa poesia che secondo me rispecchia questo mio pensiero. Ciao! 🙂
Il Risveglio
Qualunque fiore tu sia,
quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
Prima di allora
Una lunga e fredda notte potrà passare.
Anche dai sogni della notte trarrai forza e nutrimento.
Perciò sii paziente verso quanto ti accade
E curati e amati
Senza paragonarti
O voler essere un altro fiore,
perché non esiste fiore migliore di quello
che si apre nella pienezza di ciò che si è.
E quando ciò accadrà,
potrai scoprire
che andavi sognando
di essere un fiore
che aveva da fiorire.
Daisaku Ikeda
Giulia, mi sento in totale sintonia con te. Io sono un po’ (parecchio) più vecchio di te e posso confermare anch’io che Dio non ci abbandona mai, neanche da un punto di vista economico. Al massimo si diverte a farci venire qualche piccolo esaurimento verso la fine del mese (a volte anche a metà mese) perchè, all’improvviso, arriva una spesa imprevista che mi getta in un oceano di ansia. Puntualmente però, prima di annegare tra i flutti dell’ansia, arriva il piccolo ed inaspettato aiuto, la risorsa imprevista che ci permette di arrivare a fine mese… e vai!
Concordo.
Giulia, grazie del tuo commento!
Sono d’accordo, in particolare con questo: “E ti dirò di più: costruire la propria vita, la propria casa, la propria famiglia insieme, una briciolina alla volta, rende il matrimonio ancora più saldo, più prezioso”.
Preghiere per voi! Voi ditene anche solo una piccina piccina per noi. Grazie!
Acqua di sorgente la tua esperienza. Mi ricorda la mia e quella di mia moglie che fissammo il matrimonio a distanza di tre mesi con un lavoro precario, il mio, e lei non ancora laureata, avevamo solo i vestiti che indossavamo e non mi potevo permettere di regalargli un diamante da portare al dito (neppure dopo 12 anni di matrimonio). Convinti che se quello era il progetto che Dio aveva pensato per noi, Lui avrebbe aperto le porte. Trovammo casa in affitto 3 settimane prima della data delle nozze. La cerimonia fu bellissima, ancora i nostri amici se ne rammentano. Malgrado la ns. poca fede e i ns. timori e dubbi (in questo i genitori e le persone più vicine hanno contribuito non poco). Dio ci aveva portato su “ali d’aquila”. Non sono stati solo miracoli, sono arrivati prima 2 figli, il primo si ammalò di una malattia mentale, dopo qualche hanno ci decidemmo a riaprirci alla vita e sono arrivate 2 extrauterine che sembravano aver messo la parola fine al nostro desiderio di avere altri figli, fino alla nascita del ns. terzogenito. Anni in cui la luce che avevamo provato il giorno del ns. matrimonio, malgrado non si fosse mai spenta, sembrava sicuramente offuscata di fronte ad un quotidiano di “pane duro” tanto lontano dalla dolcezza di quel vino nuovo che nel giorno del ns. matrimonio c’era sembrato di provare. Quasi avessimo osato troppo. Ringrazio Dio di averci donato nella chiesa una “compagnia dell’agnello “ a cui abbiamo potuto appoggiarci nei momenti di maggiore sconforto. Un bacio a tutti per esperienze che condividete in questo blog.
Sergio, grazie anche a te e preghiere assicurate anche per la vostra famiglia! Sì, nel quotidiano c’è tanto “pane duro”, ma continuiamo a chiedere alla Mamma che, come a Cana, otterrà di nuovo per noi il “vino nuovo”!
….tutti (o quasi) qui sono o laureati o semilaureati eccetra poveri!
(piccolissima borghesia)
Questo post mi ha lasciato un po diviso: da una parte mi piace, è simpatico, dall’altra contiene qualche punto non proprio corretto.
Mi spiego: il destino non esiste e non esiste una persona pensata da sempre per ognuno. L’amore è un dono e chi lo dona, ama. Se fosse come dice l’autrice avremmo una possibilità su 1 miliardo di trovare l’anima gemella. E poi anche il concetto di anima gemella è fuorviante. È la complementarietà, la diversità che da vita, non l’uguaglianza.
Buonanotte a tutti.
Ciao,
ho letto la tua esperienza, peraltro scritta in maniera davvero gradevole, e sentivo di complimentarmi con te per il modo (e la fede) con cui affronti le scelte della vita. Concordo con te sulla necessità di superare talune pseudosicurezze che al giorno d’oggi inducono tante persone a rinviare sine die la scelta matrimoniale. Prima lo studio, poi il lavoro (ovviamente fisso e ben retribuito), poi la casa (di proprietà), etc… infine si arriva stanchi, vuoti e grandicelli alla meta. In tanti casi poi queste fasi nascondono in realtà la voglia di non scegliere o di scegliere situazioni apparentemente più vantaggiose. Detto questo, il senso di responsabilità dovrebbe comunque aiutarci a ponderare le conseguenze delle nostre azioni, soprattutto quando coinvolgono, oltre noi, varie persone (il futuro coniuge, le famiglie di origine, i futuri figli). Sposarsi senza avere una minima autonomia economica mi pare un controsenso. Non si può far ricadere sugli altri (es. propri genitori) le conseguenze del desiderio di sposarsi senza possibilità di mantenersi. Una cosa è fare sacrifici in funzione di un bene più grande, un altro è coinvolgere, più o meno volentieri, terze persone. Scrivo questo perché mi pare di aver inteso che attualmente tu ed il tuo fidanzato non lavorate. A parte questo punto, condivido tutto. Auguri
… Riecheggiano parole che sanno dell’Aria dei corsi di Assisi …o sbaglio?!? Grazie Noemi …