Il solo sguardo dal quale dobbiamo dipendere

di Costanza Miriano

Non posso smettere di preoccuparmi per le ragazzine della ginnastica che hanno denunciato abusi e pressioni psicologiche fortissime, perché fossero magre in modo innaturale, avessero orrore di un corpo normale; prese in giro, insultate, esposte al ludibrio delle altre se avevano mezzo chilo sopra le ossa; definite maialina, ippopotamo perché osavano mangiare una pennetta in più dopo otto ore di allenamento (i miei figli scuoiano il cinghiale dopo otto ore seduti). Tesorine, vorrei abbracciarle strette!

Penso a loro che hanno denunciato e se ne sono andate, e a quelle che sono rimaste. Ovviamente non sarà per tutte così, ci sono sicuramente anche tanti allenatori e allenatrici bravi, che sanno guardare a ogni atleta prima di tutto come una persona. Mi dispiace anche per la pesante ombra che questa storia getta su chi non c’entra niente, e lavora da una vita seriamente, con lo stile giusto. Però non posso smettere di pensarci. Ho visto anche il video di un padre/allenatore di tennis che prende a calci e schiaffoni la figlia, e lei non osa ribellarsi. Non osa perché un padre e insieme un allenatore sono una figura troppo forte per una ragazzina. C’è un bisogno viscerale di “piacere”, nel senso di accontentare, di essere all’altezza, di essere brave. C’è in ogni ragazzina (molto più che nei maschi, dove a contare di più è la competizione) e in ogni ambito, ma con l’allenatore (a maggior ragione se genitore) si instaura una sudditanza psicologica fortissima, non ci si riesce a ribellare: l’adulto deve essere molto attento e leale, e non sfruttare la sudditanza per il suo desiderio di affermazione e di potere.

Sono stata anche io una ragazzina che faceva agonismo (atletica leggera, mezzofondo), e ho avuto anche io un allenatore che mai al mondo avrei voluto deludere. Mi sarei fatta staccare una gamba per obbedire alle sue indicazioni. Ma lui non ne ha mai approfittato: era (anzi, è, allena ancora e non credo proprio abbia cambiato stile) esigente ma sempre rispettoso delle caratteristiche e dei limiti di ognuno. A volte lo avrei ammazzato, mi veniva a suonare la domenica mattina con meno due gradi per “andare a fare una corsetta”, dovevo abbandonare il piumone e vestirmi in tre minuti andando incontro alla sorte ignota, che magari erano ventidue km nella campagna umbra, col ghiaccio che scricchiolava sotto i piedi e le mani viola di freddo. Quando non c’erano cellulari e partivamo verso l’ignoto, un gruppetto di quattro o cinque ragazzi, sperando di avere capito bene la strada. Era duro, ma mai offensivo, ci voleva bene come un padre, e infatti io per anni mi sono sbagliata e quando ero sovrappensiero ho chiamato “Moreno” tutti i capi che ho avuto. Era un capo vero, uno che ti spingeva a dare ma ti rispettava sempre. Gli devo un sacco di cose, soprattutto la certezza che la fatica si affronta sempre, a testa bassa, senza lamentarsi (non era mica mio marito, con lui sì che posso lamentarmi). La fatica poi a un certo punto finisce, e poi paga, paga sempre.

Un allenatore ha un potere enorme su una ragazzina, e bisogna stare molto attenti, custodire con cura la fiducia ricevuta. Bisogna aiutare con delicatezza chi è stato abusato anche solo psicologicamente. Una delle ragazze ha raccontato di essere stata a un passo dall’uccidersi, due volte, e non stento a crederlo.

Auguro a queste ragazze e alle tantissime che vivono drammi simili (quanti abusi negli spogliatoi, anche sessuali!) di avere la forza di chiedere aiuto, e di trovare qualcuno capace di darne. Ma soprattutto auguro a loro e a tutti noi di capire che c’è un solo sguardo dal quale dobbiamo dipendere. Lo sguardo del Padre innamorato di noi. Di essere capaci di dire a Dio “Io sono tu che mi fai” e di farci guarire da quello sguardo amante, quello che non solo conosce tutti i limiti, ma ce li ha regalati per la nostra salvezza.

 

10 pensieri su “Il solo sguardo dal quale dobbiamo dipendere

  1. Ernestina Berzoni

    Grazie Costanza sai sempre cogliere e trasmettere la verità con semplicità ĺ’essenziale! Ti ho scoperto e ti ammiro anzi c’è molto di più…c’è un volto..Sii benedetta e un grande abbraccio ⚘💟

  2. Francesco

    Ma non era quello che ti diceva: bisogna arrivare quasi a vomitare? A quel punto il confine non è superato?

    1. Cavaliere di San Michele

      Non credo. Da quel che ricordo, quell’affermazione era intesa nel senso di un dato oggettivo “termometro” dell’impegno profuso e del limite di quanto si poteva effettivamente raggiungere. Non c’era un’umiliazione ed una colpevolizzazione di chi non arrivava al massimo . E, quasi, c’era un surreale umorismo, vero, Costanza?

  3. Roberto

    forse sono state plagiate da questo desiderio di successo e di dominio del proprio corpo, per sempre maggiori traguardi. Schiave di questo continuo esercitarsi nella ginnastica artistica tanto da non pensare ad altro. Il loro idolo da adorare senza rendersene conto.

    1. Luigi

      Infatti io mi domando: il problema è dato solo dall’eccesso, in un sistema altrimenti sano?
      O il problema è già implicito, e ci si stupisce solamente della punta dell’iceberg?

      Ovvero: siamo sicuri che sia sano, cristianamente sano, che ragazzine di 15/16 anni si allenino otto ore al giorno “per sport”, quando in realtà è solo spettacolo e ambizione?
      Anche prescindendo dagli eccessi, a me non pare.

      Sento che le chiamano “farfalle”, secondo la consueta e dolciastra retorica oggi diffusa.
      Ma io so che le farfalle, se appena le sfiori con un dito, non volano più. Mai più.
      Poi dicono che il male fosse quando, a quell’età, invece cucivano il corredo.
      Posso permettermi un dubbio?

      (a scanso di equivoci: penso lo stesso dei ragazzini che magari già da anni corrono su un kart o su una moto…)

  4. Silvia

    Sono sicura che cimentarsi in uno sport, scelto in base alle proprie attitudini naturali, sia una delle migliori attività per accompagnare un ragazzo nella sua crescita psico-fisica.

    È educativo impegnarsi nell’allenamento, impegnarsi a faticare per fare bene qualcosa che ti piace. È educativo confidare nel fatto che le soddisfazioni ed il divertimento successivo sono frutto di quell’impegno, che consentirà di esprimere al meglio il talento sportivo che si è ricevuto in dono.

    Praticare seriamente uno sport fa bene alla mente, tiene la testa impegnata, aiuta a concentrarsi ed anche ad affrontare e superare la frustrazione legata agli insuccessi.

    In qualsiasi sport sono importanti gli allenatori: è importante che siano esigenti ma anche equilibrati, soprattutto quando gli atleti sono giovani. Oltre a formare futuri atleti, hanno la responsabilità di formare persone mentalmente sane.

    In quasi tutti gli sport agonistici c’è il rischio che accecato dal risultato, l’allenatore possa esagerare.

    Negli sport in cui le caratteristiche fisiche e la leggerezza e la grazia dei movimenti sono imprenscindibili, queste esagerazioni sono purtroppo più comuni, perchè la disciplina alimentare rigorosa può già da sola essere una forma di violenza.

    Così come è bello seguire i propri sogni, soprattutto in alcuni sport, bisogna anche essere capaci di arrendersi all’evidenza se il proprio corpo in fase di sviluppo non riesce più a soddisfare i rigidi canoni fisici richiesti.
    L’adulto, l’allenatore dovrebbe vigilare su questo e accompagnare senza umiliazioni in questa presa di coscienza.

    Come Costanza vorrei abbracciare soprattutto le tante ragazzine che si sottopongono a stress alimentari e psico-fisici eccessivi, complici spesso allenatori incoscienti e a volte pure familiari esaltati.

    La bellezza dello sport sano è tutt’altra !

  5. Ciao Costanza,
    Anch’io da ragazza ho fatto agonistico mezzo fondo, avevo un allenatore molto preparato, e mai una parola offensiva anzi ci rispettava entrambi.
    Mi dispiace molto sapere che oggi conta solo la perfezione e non la persona,
    Grazie Costanza pace e bene per queste ragazzine, si devono difendere da ogni male ma non da sola.
    Per conto mio lo sport agonistica mi ha fatto crescere nella disciplina, e sacrificio, e non me ne pento.

  6. Luisella

    Condivido il tuo pensiero, la sudditanza ti toglie ogni capacità di essere te stessa, non puoi nemmeno osare di avere una tua opinione.

  7. Laira

    È lo specchio che ti critica e nella danza classica, che è la mia esperienza, ti sta sempre davanti perché i movimenti devono essere belli da vedere e estremamente precisi, ma anche tu devi essere bella e armoniosamente snella al massimo. E va tutto bene fino allo sviluppo. Poi c’è il cambiamento e ci si vede meno armonici. E anche senza critiche ci si soffre parecchio allora la dieta è dietro l’angolo. La soluzione non ce l’ho credo sia un problema comune a chi fa discipline artistiche dove oltre alla forza si vuole la bellezza del movimento e una ballerina anche potenziale ama veramente un bel movimento.

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