di Stefano Bataloni
Leggo ormai da settimane il susseguirsi di attacchi sul piano personale e su quello professionale nei confronti di Silvana De Mari.
Silvana De Mari è una persona a me cara: l’ho incontrata di persona, le ho stretto la mano, le ho parlato, ho pranzato con lei, ho trascorso con lei un’intera giornata, ma soprattutto ho affidato a lei e alle sue riflessioni uno dei momenti più importanti della mia vita dello scorso anno: quello in cui ricordavamo, a due anni di distanza, la nascita al cielo di mio figlio Filippo.
Silvana De Mari, mi ha dato l’impressione di essere una persona di grande lucidità, con una grande determinazione e sopratutto una grande forza, di quelle che non si trovano sotto i sassi ma possono nascere solo dall’aver attraversato molte prove.
Il suo parlare mi ha incantato, anche quando risultava duro e tagliente, perché mai in quella giornata ho visto affievolirsi nei suoi occhi e nelle sue parole l’amore profondo verso la vita e gli esseri umani; e non sta scritto da nessuna parte che l’amore debba sempre essere comunicato con coccole parole dolci. L’amore non è meno vero quando si manifesta con gesti decisi, duri o persino dolorosi. Si ama anche, forse soprattutto quando si è disposti a tirar fuori le unghie e i denti.
Ecco, ascoltando le parole di coloro che oggi se la prendono con lei mi viene in mente questo brano tratto dal suo libro “La Realtà dell’Orco”:
“In realtà la tragedia di fondo di questi mondi senza futuro è che, in cambio di una manciata di giocattoli, di indiani amichevoli e pirati pasticcioni destinati alla sconfitta permanente, è stato tolto il crescere. I bimbi perduti raccolti da Peter Pan nell’Isolachenonc’è si riuniscono attorno a Wendi perché racconti una storia, in uno slancio di nostalgia atroce per la madre che «li ha persi».
(….) Tutti i bambini crescono, ma non il mio. Come Peter Pan, il mio bambino è confinato in un limbo che somiglia a un ciclopico parco giochi, altrettanto insulso e triste.”
Questi “signori” che vogliono zittire Silvana De Mari, che vogliono impedirle di fare il suo lavoro, che vogliono incriminarla di chissà cosa mi fanno venire in mente proprio i bimbi sperduti dell’Isolachenonc’è: sono senza futuro, si circondano di giocattoli, di indiani e di pirati canterini (e pure piagnucoloni) ma pasticcioni pur di non crescere, pur di non fare i conti con la realtà, quella che è sotto i loro occhi e nei loro corpi.
Vogliono tutti essere un po’ Peter Pan, ma sono chiusi dentro il loro parco giochi, insulso e triste.
Chissà se prima o poi ascolteranno le parole di Wendi. Possono comunque contare sul fatto che Wendi non smetterà mai di raccontare loro la storia della loro mamma.
L’ha ribloggato su maurostabile.
Grazie. Nessuno può veramente impedire alla verità di parlare, di spiegare, di esserci. È un momento inquietante della storia umana, ma passerà.
Quello che sta accadendo a Silvana De Mari è inquietante e deve farci riflettere, oltre che spingerci a pregare sempre di più.
Non basta pregare, bisogna reagire alla terribile cappa di idiozia che ci vogliono imporre, e che lei sta combattendo quasi da sola!
Grandissima stima e incondizionata ammirazione, oltre che profonda solidarietà alla coraggiosa Dott. De Mari.
Contro De Mari s’è scatenata un’ignobile aggressione da parte dei soliti noti, mentre i cattonichilisti gay friendly (quelli che si riconoscono nella CEI galantinizzata e nel suo organo, Avvenire) tacciono o nicchiano per non disturbare e indispettire il nichilismo politicamente corretto, loro idolo.
I cattolici non proni al nichilismo politicamente corretto siano al fianco della De Mari.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-verita-su-gay-metodo-tangentopoli-per-de-mari-19243.htm
Congregazione per la dottrina della Fede, Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1986):
“oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all’interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un’ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo.
I ministri della Chiesa devono far in modo che le persone omosessuali affidate alle loro cure non siano fuorviate da queste opinioni, così profondamente opposte all’insegnamento della Chiesa. Tuttavia il rischio è grande e ci sono molti che cercano di creare confusione nei riguardi della posizione della Chiesa e di sfruttare questa confusione per i loro scopi.
Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo.
Si tenta di raccogliere sotto l’egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione.
È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato.
La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua chiara posizione al riguardo, che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento.
Essa si preoccupa sinceramente anche dei molti che non si sentono rappresentati dai movimenti pro-omosessuali, e di quelli che potrebbero essere tentati di credere alla loro ingannevole propaganda. Essa è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo.” (nn. 8-9)
“È evidente, d’altra parte, che una chiara ed efficace trasmissione della dottrina della Chiesa a tutti i fedeli e alla società nel suo complesso dipende in larga misura dal corretto insegnamento e dalla fedeltà di chi esercita il ministero pastorale. I Vescovi hanno la responsabilità particolarmente grave di preoccuparsi che i loro collaboratori nel ministero, e soprattutto i sacerdoti, siano rettamente informati e personalmente ben disposti a comunicare a ognuno la dottrina della Chiesa nella sua integrità.
La particolare sollecitudine e la buona volontà dimostrata da molti sacerdoti e religiosi nella cura pastorale per le persone omosessuali è ammirevole, e questa Congregazione spera che essa non diminuirà. Tali ministri zelanti devono nutrire la certezza che stanno seguendo fedelmente la volontà del Signore, allorché incoraggiano la persona omosessuale a condurre una vita casta, e ricordano la dignità incomparabile che Dio ha donato anche ad essa.
Considerando quanto sopra, questa Congregazione desidera chiedere ai Vescovi di essere particolarmente vigilanti nei confronti di quei programmi che di fatto tentano di esercitare una pressione sulla Chiesa perché essa cambi la sua dottrina, anche se a parole talvolta si nega che sia così.
Un attento studio delle dichiarazioni pubbliche in essi contenute e delle attività che promuovono rivela una calcolata ambiguità, attraverso cui cercano di fuorviare i pastori e i fedeli. Per esempio, essi presentano talvolta l’insegnamento del Magistero, ma solo come una fonte facoltativa in ordine alla formazione della coscienza. La sua autorità peculiare non è riconosciuta. Alcuni gruppi usano perfino qualificare come « cattoliche » le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l’insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente.
Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all’insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l’insegnamento della sua Chiesa. Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l’appoggio dei Vescovi.
Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l’insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato.
Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati. Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale.
SOLO ciò che è VERO può ultimamente essere anche pastorale. Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto.
Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento.” (nn. 13-14-15)
Buona sera …..in fatti è urgente un programma forte e serie, par chi si trova in queste condizione, speriamo che la chiesa alza di più la voce, e gli aiutano con cura.—–
L’ha ribloggato su Leonida & Co..
Grazie Silvana; stai mostrando la virilità del difficile ruolo del padre oggi assente, come una vedova che per quella maternità a cui si sente maggiomente chiamata rende presente ai figli la figura del padre mancante, ma del quale hanno assolutamente bisogno
Chissà quante lettere di minacce e di offese ha ricevuto e riceve la De Mari! Ed è anche possibile che sia stata aggredita verbalmente da qualche paziente (magari omosessuale) nel suo lavoro di endoscopista, con frasi del tipo: “io non accetto di farmi esaminare da questa qua” (come minimo…).
Ma d’altra parte non credo che una donna determinata come lei non avesse messo in conto anche questi “danni collaterali”.
Del resto c’è un vecchio proverbio (credo tedesco) che così recita: “Quando si pialla, cascano i trucioli”.
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IO SONO LA VIA,LA VERITA’ E LA VITA.il resto è menzogna.I cattolici devono usciere dallo stare nascosti, come nelle catacombe, altrimenti ci mettono a letto presto.Dobbiamo fare come fa la coraggiosa Silvane De Mari