di Francesco Natale
Qualche decennio fa, quando non era ancora bollito da crisi creativa/psicofarmaci/alcol, Stephen King scriveva libri eccellenti.
Nella prefazione di uno di questi, credo fosse l’antologia “A volte ritornano”, laddove descriveva i meccanismi creativi della suspense propria del genere horror, utilizzò un notevole esempio didascalico che spiegava bene quale strada dovesse seguire lo scrittore che volesse catturare l’attenzione del lettore per poi prenderlo per mano e accompagnarlo laggiù, dove la luce si spegne e la tenebra regna.
Cito a braccio: immaginate di viaggiare in auto lungo un’autostrada. A un certo punto vedete rottami sparsi sull’asfalto, illuminati da lontani lampeggianti rossi e blu. Poco più avanti vedete una ambulanza circondata da volanti della polizia. In mezzo a questo anfiteatro di luci e metallo vedete la carcassa di un auto semidisintegrata. Un poco discosto c’è un sudario insanguinato che ricopre forme contorte, una volta uomini e donne, ora carne maciullata. Ebbene, state pur sicuri che rallenterete: la curiosità prenderà il sopravvento sull’orrore della scena. O forse sarà proprio l’orrore della scena a farvi rallentare, per cercare di cogliere, di intuire almeno qualche tessera di quel mosaico di morte. Una parte di voi vorrà che quel sudario si sollevi e metta a nudo, nella sua cruenta brutalità, lo scempio di quei poveri corpi. E’ vero: forse lo farete in risposta ad una tensione apotropaica: “non è, grazie a Dio, successo a me”, vi direte. Ma le corde più profonde del vostro animo vibreranno per un’altra ragione: volete semplicemente vedere. Anche se ciò che vedrete vi terrorizzerà, vi schiferà, inciderà, forse, una ferita indelebile nel vostro inconscio. Anche se dopo sarà troppo tardi per tornare indietro.
Per King lo scrittore di genere aveva esattamente questo ruolo primario: sollevare il lenzuolo in risposta a quell’impulso atavico che, con sparute eccezioni, ci accomuna tutti.
Ora, finché il fenomeno è confinato nella passione per la letteratura horror, soprattutto se di qualità, nessun danno si produce: a parte, qualora ci si trovi di fronte ad un vero maestro, il riscoprirsi a dormire per qualche notte con la luce accesa anche a 30 anni suonati.
Ma quanto ha evidenziato lo scrittore americano in relazione alla letteratura risulta vieppiù veritiero in una infinità di aspetti del vissuto quotidiano di ciascuno.
La disgregazione a marce forzate dei vecchi e sani concetti di “bene” e “male”, il trionfo dello spontaneismo, nuova filosofia di vita per la quale ogni pulsione diviene in automatico legittima e giusta (sento, quindi sono) e, ultimo ma non ultimo, il diffondersi delle nuove tecnologie che mettono a disposizione tutto, subito e simultaneamente, hanno fatto si che quella che una volta poteva essere considerata semplice tensione al mistero, alle atmosfere cupe e terebranti che un tempo (quando a scuola ancora si studiava!) riconducevamo a Horace Walpole o ai “Canti di Ossian”, al tentativo di autoesorcizzare paure ataviche come quella del ritorno dei morti (la sepoltura rituale, il primo passo verso la formazione della civiltà ben prima dell’invenzione dell’alfabeto o del denaro, aveva esattamente questo scopo), è divenuta, pezzo dopo pezzo, venerazione del degrado.
Oggi non vogliamo più “sollevare il lenzuolo” per accertarci che non ci siano mostri: lo vogliamo fare per compiacerci nel guardare, sentire, assaporare fenomeni e comportamenti che, se da un lato la nostra coscienza perbenista ci fa ripugnare e ci impedisce di porre in essere in prima persona, dall’altro ci affascinano nella loro intrinseca perversità. Ci spingono alla ammirazione, instillano dubbi sulla nostra identità e sulla correttezza (maggiore o minore) del nostro approccio alla vita, suscitano, senza nemmeno troppo sforzo, desiderio di emulazione.
Gli esempi si sprecano. Provo a proporne qualcuno a fini esemplificativi.
Pensate a quanto la “curiosità”, categoria di per sé tutt’altro che negativa, sia diventata vero e proprio voyeaurismo: non appena vediamo la foto di una ragazza in bikini su Facebook il primo impulso è quello di cliccarci immediatamente sopra. Anche (e soprattutto) se non la conosciamo. Sono numerosissimi gli utenti dei social network che costruiscono veri e propri archivi con migliaia di foto reperite casualmente, per scopi all’apparenza non spiegabili.
La diffusione sempre più capillare della pornografia telematica è un altro sintomo critico dell’attitudine di cui parlavo poc’anzi: al di là della pulsione originaria (comunque errata, sia chiaro) assecondata dal bombardamento quotidiano cui i nostri sensi sono sottoposti, oggi siamo oltre il “semplice” libertinaggio. Esiste una distorta curiosità latente che spinge il “fruitore” a vedere, ricercare, scandagliare quanto a fondo, fino a che punto, uno o più individui possano spingersi sulla strada della profanazione del corpo. Parliamo di situazioni in cui, ormai sazi e saturi dello spiare quanto secondo natura l’uomo e la donna hanno sempre fatto nella segretezza del talamo dai tempi di Madre Eva, vogliamo qualcosa di più. Sempre qualcosa di più, soprattutto se ciò va oltre i confini del contro natura, dimenticando che, come scriveva Huysmans, “Se l’al di là del Bene è accessibile ad anime Sante ed elette, l’al di là del male non si raggiunge mai”. E se determinati comportamenti ci paiono inizialmente ributtanti e abominevoli, finiscono per diventare prima oggetto di scherno, quindi di emulazione. La cronaca purtroppo non manca di fornire quotidiani riscontri alla cosa.
Pensiamo poi alla percezione che il mondo giovanile ha oggi della criminalità: il reato viene spesso e volentieri visto come prova di coraggio, come test di iniziazione.
Perché stacca l’agente dalla massa. Più grossa la fai (magari uccidi un genitore, una suora o un coetaneo. O dai fuoco a un senzatetto) e più ti accrediti nel tuo entourage, il quale formalmente condanna, ma sostanzialmente invidia e vorrebbe condividere.
Pensiamo al compiacimento che i profeti della “body modification”, ovvero coloro che alterano volontariamente il proprio aspetto fisico con impianti sintetici (corna, aculei, escrescenze di vario genere), provano nel pubblicare le foto delle loro imprese e i video che riprendono le operazioni chirurgiche necessarie alla bisogna.
Noi, certo, non faremmo mai nulla del genere, ma tant’è siamo lì a visionare avidamente tale materiale.
O ancora pensiamo a quelle ragazze colpite da anoressia che postano quintali di foto in cui scimiottano le modelle di grido e che assolvono allo scopo di registrare, giorno dopo giorno, il progressivo disfacimento del proprio corpo. Un cupio dissolvi in cui non manca una componente perversa e, oserei dire, malvagia: “Ecco! Guardate cosa sono!”.
Per non parlare del “performer” (così vogliono essere chiamati…) cinese che ha cucinato e mangiato un feto abortito. Anche qualora si trattasse di un “fake”, ovvero di una montatura, è sconvolgente rilevare quanta curiosità e quanta attenzione abbia destato questo obbrobrio.
In sintesi, chi indulge nel degrado, lo pratica e ne diviene “ierofante”, acquisisce un potere. Un potere enorme: perché col suo semplice agire rende ogni giorno più digeribile, più assimilabile il male, ribaltandolo non necessariamente in bene, bensì banalizzandolo, rendendolo “normale”. Un dato acquisito, insomma, che appare ineluttabile a tutti coloro che non hanno saldezza di principi e notevole forza d’animo. O, più “banalmente”, Fede e sensibilità estetica.
Chi si fa campione di questa nuova “outrance” viene automaticamente legittimato da quanti sono quotidianamente incuriositi dalla “eccezionalità” dei suoi comportamenti o, meglio, dalla turpitudine delle sue malefatte.
Lo psicologismo d’assalto, nuova frontiera della nevrosi in questo tempo infausto, ci ha messo del suo: se una volta liquidavamo come semplice perversione determinati comportamenti (pensiamo alla santa solidità delle nostre nonne…), oggi siamo costretti a chiederci una quantità infinita di assurdi “perché?”, come se, in termini assoluti, non abbia più alcun valore l’esito di una determinata azione, ma ne debbano essere valutati solo i presupposti. E senza pregiudizi di sorta, guai al mondo!
E così che i profeti del male vorrebbero costringerci a cercare il nostro nuovo “ubi consistam”, il nostro “esserci”, non più attraverso percorsi naturali e consolidati, ridotti a banalità bigotte da educande, bensì attraverso la distorsione sistematica dei doni che il Creatore ci ha messo a disposizione.
Se non è trionfo del demoniaco questo, non so proprio cos’altro lo sia…
“Un dato acquisito, insomma, che appare ineluttabile a tutti coloro che non hanno saldezza di principi e notevole forza d’animo. O, più “banalmente”, Fede e sensibilità estetica.” Si salva anche chi non ha tempo da perdere, il papà per la stanchezza accumulata dopo nove ore in cantiere, la mamma dopo quindici ore di multitasking, una qualsiasi persona che abbia accumulato esperienze di vita positive e di relazioni durante la giornata, o che abbia fatto quel po’ di sport sufficiente a depurare i filtri dalla facile concessione all’ozio mentale.
Tornando al discorso iniziale, molto rilevante è stato l’avvento della cultura dell’immagine. Trasbordare la nostra visuale reale ad una concentrata sulla mente del regista è stato letale. Lo vedo anche dalla reazione dei bambini davanti alla tv. Cedono oziosamente davanti ad un cartone scemo senza provare emozioni di qualche tipo oppure interrompono il loro gioco davanti ad una scena solenne come può essere un dialogo intenso tra due persone oppure un gesto ripreso intelligentemente dalla telecamera che indugia nello svelare l’oggetto. Il voyerismo adulto è qualcosa di perverso che mette a dura prova la nostra solidità interiore, la nostra purezza nello sguardo, guardiamo verso la fogna anziché guardare le stelle.
“L’educazione dovrebbe mirare alla libertà della mente dei giovani, e non al suo imprigionamento in una rigida armatura di dogmi destinati a proteggerla, nella vita, contro i pericoli dell’evidenza imparziale. Il mondo necessita di menti e di cuori aperti, non di rigidi sistemi, vecchi o nuovi che siano.”
Questo come base su cui. Il resto sono i soliti discorsi fritti e rifritti.
“I soliti discorsi fritti e rifritti”… un po’ come i tuoi 😉
…ovviamente!
“Perché stacca l’agente dalla massa. Più grossa la fai (magari uccidi un genitore, una suora o un coetaneo. O dai fuoco a un senzatetto) e più ti accrediti nel tuo entourage, il quale formalmente condanna, ma sostanzialmente invidia e vorrebbe condividere.” Questo non credo sia sempre vero, anzi. Forse in una ristretta minoranza dei casi.
Uccidere un genitore è ancora una cosa che (grazie a Dio), alla stragrande maggioranza delle persone, ripugna profondamente. Attenzione a non esasperare l’allarmismo!
Proprio ieri leggevo il resoconto del linciaggio, a New Orleans nel 1891, di nove immigrati italoamericani ad opera di circa 2000 buoni cittadini.
E certamente non è stato un caso isolato. E che dire delle esecuzioni? Piazze piene per assistervi nei secoli andati e gente disposta a pagare un biglietto per andare a vederle.
Il voyerismo è una componente, pessima, dell’essere umano, e c’è sempre stato.
Certo, oggi è assai difficile non indulgervi, per via dei nuovi mezzi.
Un buon antidoto, forse l’unico, è quello di riempire gli occhi e il cuore di bellezza, soprattutto ai bambini.
Leggere, disegnare, passeggiare, ascoltare musica, cucinare: tutte cose per cui si trova il tempo se si rinuncia alla televisione (io e mio marito l’abbiamo fatto) .
Prima di accendere il computer provate a leggere, ad alta voce, una poesia, un canto della Divina Commedia…i nostri istinti più bassi ci appariranno per quello che sono e non avremo più tanta fretta di guardare l’ennesima oscenità.
@ Erika: “Piazze piene per assistervi [alle esecuzioni capitali] nei secoli andati e gente disposta a pagare un biglietto per andare a vederle.”
Anche oggi, a dire il vero, e non solo a Teheran. Quanto al voyeurismo, nei secoli andati ad animare gli spettatori di esecuzioni capitali (dette anche “giustizie”) c’erano anche altri sentimenti, se possiamo fidarci delle testimonianze contemporanee: per esempio la volontà di non lasciar soli i condannati nell’ultima ora (Caterina Benincasa non cercò di far graziare Niccolò di Tuldo ma solo di evitargli la “morte seconda” – e gli stette accanto fino alla fine). Abbondano anche i racconti di dimostrazioni di simpatia e compassione per i condannati. E, per atroce che possa sembrare alle nostre delicate sensibilità, il terribile spettacolo aveva anche un valore didattico. Hai presente l’esecuzione capitale di don Bastiano nel “Marchese del Grillo”? E gli schiaffi mnemonici dei genitori ai figli?
…alla televisione guardare solo la Miriano e Tele Assisi Libera !
sì,Assisi libera dai cortili dei gentili,possibilmente..
recensione su TEMPI.it
http://www.tempi.it/su-matrimonio-e-divorzio-due-libri-che-fanno-bene-miriano-e-fiorin#.UHVDQS7G-Xw
@senm_webmistress: nelle cronache medievali si parla anche di folle quasi festanti. Un’esecuzione pubblica diventava anche un’occasione di mercato, di frizzi e lazzi.
O un momento di esaltazione pubblica, come nella Rivoluzione Francese.
Tutto ciò va visto in una prospettiva storica.
Ma la gente che oggi va ad assistere alle esecuzioni in genere ci va per appagare il proprio desiderio di vendetta.
Personalmente non so se possiedo una delicata sensibilità, ma di certo non vedo nessun valore didattico in uno spettacolo del genere.
Questo post di Francesco, di cui condivido ogni riga (compreso il giudizio su Stephen King), mi ha fatto venire in mente che il mondo televisivo e della comunicazione in generale, ha e suscita un voyerismo selettivo. Senza tanti complimenti ci hanno mostrato l’esecuzione di Gheddafi o le centinaia di cadaveri delle fosse comuni nell’ex-Jugoslavia, ma non ci fanno vedere i martitri cristiani in Egitto o in Africa centrale. Già la notizia passa in sordina, ma le immagini dei corpi maciullati o amputati non ce le fanno vedere. Forse perchè potrebbe sconvolgerci il sangue? suvvia…. di sangue che scorre ce ne fanno vedere a fiumi, troppo e sempre. Non sarà invece che ci turba sapere che nel mondo qualcuno viene ucciso in odio alla fede religiosa? eh certo…. se ci devono far vedere come sono cattivi i dittatori e che per questo faranno una gran brutta fine, non c’è problema, se lo meritavano. Ma il sangue innocente non lo vogliamo vedere, non vogliamo sapere. Anzi, non ce lo vogliono far vedere. Ci sollevano il lenzuolo per lasciarci guardare la carne sfatta, per farci inorridire e allo stesso tempo compiacere del male. Non per dare un giudizio. Ma sapere, vedere, che un solo uomo viene ucciso per il suo fidarsi di Dio, no, non lo dobbiamo giudicare.
Ottima puntualizzazione cara Giuly
@Giuly proprio vero quello che scrivi
Il fatto gli è che non ci sono “martiri” cristiani in quanto tali, ci sono stragi di gruppi contro altri, non necessariamente cristiani, non necessariamente essenzialmente religiose, spesso complicate da altre questioni, come ci sono, e
ci sono state stragi spaventose, tra musulmani e indù in India, stragi di cristiani ancora in India, eccetra, come ci sono in Somalia, in Sudan, come ci sono in Siria,
ci sono state tra Israele e Palestina, in libano, in Libia, In Irak, in Afganistan, in Africa centrale (Tutsi e Utu)in Bosnia, dove i morti furono in gran parte musulmani, e via di seguito.
Meno morti ci fanno vedere e meglio è, oppure chiedi (dico questa orribile parola) la “par condition” delle riprese delle stragi?
che ci siano tutti quelli che dici te, è indubbio.
ma che ci siano “martiri”, cioè gente ammazzata solo perché professa una fede religiosa, mi sembra altrettanto indubbio.
che poi, nella maggior parte dei casi, la “religione” sia solo la foglia di fico per questioni di potere o territorio è la triste realtà. ciò non vuol dire che non esistano anche i “martiri” veri….
Giuliana: purtroppo è vero quello che hai scritto e te ne ringrazio. Nessuno parla dei tanti che ancora oggi danno la vita per il Signore, ma tutti parlano dei quei preti pedofili, omosessuali, etc., La Chiesa è bene metterla in cattiva luce e colpirla nei suoi punti deboli, nelle sue colpe umane. Quando la Chiesa risplende della forza che viene da Dio e dalla sua grazia, è meglio tacere. Ma il sangue dei martiri parla da solo: ovunque sia stato versato sangue cristiano, la fede in Cristo è esplosa con potenza.
in realtà delle immagini crude come dici anche di cristiani si possono vedere in bel e tristissimo film di fine anni ’60,se non erro, prodotto dalla cineriz: “africa addio” e fece vedere bene la macelleria sociale che il postcolonialismo con tutte le sue sedicenti ideologie , -gli -ismi-liberatorie, produsse…
p.s. tra l’altro sembra ricordare quel che sta accadendo con le “primavere” in nordafrica e medio oriente…
Mah, sono un po’ perplesso anche sul senso di questo post…
Non che abbia a confutare quanto descritto, ma qual’è il senso? Forse che non sappiamo del male e delle storture che ci sono al mondo, o dell’abisso di orrore a cui può arrivare l’uomo (ogni uomo) se Dio toglie la mano dal suo capo o nella sua libertà di volge ad altri dei (per non parlare di chi vota l’anima sua a Satana stesso).
E’ forse un allarme per cosa mai viste? Forse meno viste, e questa è un effetto deleterio della diffusione dei media e della rete (il cretino o come lo vogliamo chiamare che realmente o meno si è cibato di un feto non avrebbe avuto una platea…), ma non mai viste o sentite.
L’emulazione deleteria e l’esser superiori per sfrontatezza o pseudo coraggio nel commettere atti criminali (novità?).
Il cedere ai più bassi istinti e farne spettacolo? (io poi distinguerei tra tutto ciò che attiene alla sessualità, rispetto ciò che è pura violenza e gusto dell’orrido o del macabro anche se a volte ahimè le due cose s’incontrano)
Si potrebbe andare avanti all’infinito dicendo “niente di nuovo sotto il sole” (se non, ripeto, la diffusione a livello di immagini, questo sì)
Ma questo guardare al peggio, che ci porta?
San Paolo dice: “Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!”
Certo il senso è queste cose tra voi non esistano, ma credo che il “neppure se ne parli tra voi” possa avere anche un senso più letterale (ma è un mio pensiero).
Non voglio dire: ficchiamo la testa sotto la sabbia, facciamo finta che tutto questo non esista, ma perchè siamo qui a parlarne?
Spero il mio pensiero non sia frainteso… e sennò fa lo stesso.
Che filmone!
Leggendo l’articolo mi sono subito venuti in mente i famigerati casi di cronaca nera, spesso a sfondo familiare, che sono avvenuti di recente qui in Italia. Non citerò i paesini i cui nomi oramai sono esclusivamente legati a quegli orribili delitti, tanto (nostro malgrado…) li sappiamo a memoria tutti.
Mi sono sempre chiesto perché mai in televisione ne abbiano fatto una questione nazionale. Sere e sere a svelare i più piccoli retroscena, edizioni speciali, interviste, interrogatori in diretta, ipotesi, smentite… la realtà e la vita di persone trasformata in un giallo a puntate (come se mancassero libri, film e telefilm gialli). Un bombardamento che non abbiamo chiesto, e che per me (come per molti spero) è stato disgustate. E poi ci domandiamo perché hanno addirittura organizzato viaggi in quei paesi esclusivamente per visitare le scene del delitto. Il turismo dell’orrore, questa si che è una novità dei nostri tempi.
Non capisco se i media sono lo specchio di come siamo noi, o sono loro che cercano un modo qualunque di attirare l’attenzione (e il danaro), in barba al buon gusto. E mi domando perché nei media parlano così raramente di esempi buoni, che ci sono, anche se non se ha la percezione: mi riferisco al volontariato, a persone che fanno il loro lavoro con onestà e passione. Perché fa più notizia un prete pedofilo che un missionario che rischia la vita nel terzo mondo?
Che dire, sono le storture dei nostri tempi, messe al servizio di una logica di consumo che troppo spesso non fa quello che sarebbe giusto fare.
PS. E’ vero, The Mission è un film bellissimo, per il messaggio, l’ambientazione, le musiche… Quante volte mi ripeto la frase finale dell’arcivescovo in risposta al cavaliere portoghese che gli diceva che il mondo va così: “No, non è così il mondo… così l’abbiamo fatto noi, così l’ho fatto io.”
Un messaggio quasi personale, approfittando dell’onnipresente presenza di Alvise…
Alvise mi daresti una risposta tornado a 2 post fa (Va’ dove ti porta Dio), grazie.
Analisi che non fa una piega. Su King non posso che dire bene (e l’ho letto tutto!)… in fondo si chiama uguale uguale a me.
Stefano
“se una volta liquidavamo come semplice perversione determinati comportamenti […], oggi siamo costretti a chiederci una quantità infinita di assurdi “perché?”, come se, in termini assoluti, non abbia più alcun valore l’esito di una determinata azione, ma ne debbano essere valutati solo i presupposti.” Verissimo! E aggiungo: come se quella quantità infinita di assurdi “perchè” potesse mai giustificare l’esito di una determinata azione. Lo psicologismo d’assalto alla fin fine è solo un rozzo determinismo antiscientifico, un tremendo fatalismo cosmico: l’uomo è solo l’esito del suo passato e dei capricci del suo telencefalo, è condannato come Sisifo all’eterno ritorno dell’ingiustizia (naturale o sociale) subìta/commessa…e quindi, paradossalmente, non è responsabile delle sue azioni, è innocente! Dai cannibali ai ladri di galline fino ai santi siamo tutti “incapaci di intendere e di volere”, qualsiasi cosa questa nozione autocontradditoria e paradossale voglia dire.
“Homo sum, humani nihil a me alienum puto”.
L’affascinante relativismo di Terenzio stasera mi salva dal dare giudizi che non so dare.
Tutti i difetti che percepiamo negli altri sono solo la parte di noi che abbiamo addomesticato.
Buona Notte.