Preferisco il Paradiso

 

Il biglietto per il Paradiso ora è scontato e costa solo 10 euro. Naturalmente si tratta di pubblicità ingannevole. Non basta comprare il libro, occorre leggerlo e mettere in pratica quello che c’è scritto. Niente è inventato. Su com’è il Paradiso – compresa la garanzia che esiste – la fonte è la Sacra Scrittura e i testi di Joseph Ratzinger.
Su come arrivarci i consigli provengono da Giovanni Paolo II e San Josemaría Escrivá. La materia prima è quindi genuina: la cucina è di Pippo Corigliano e qui l’area di destinazione si restringe. Il libro va bene solo per chi ama gli sfizi, i cioccolatini di Gay Odin e Capri. Per chi ama frequentare le riunioni di condominio, andandoci con piacere, il libro non è indicato.
Chi regala questo libro spende poco, fa una bella figura e potrebbe agevolare l’ingresso di un’anima in Paradiso. Non è poco: è una  caparra per un posto anche per se stesso.

Una recensione

L’uomo moderno, oggi fugge dinnanzi all’idea della morte; come evento naturale, da una parte, viene mistificato e scongiurato, dall’altra viene banalizzato tramite la sua “diffusione” nelle serie televisive e nella letteratura più leggera. Nella quotidianità si nasconde il concetto di morte intesa come drastica fine ma diviene normale mascherare i più piccoli da scheletri, streghe, zombi e quant’altro. L’attuale dicotomia tra la vita ed i costumi della società viene scossa dalla semplice esposizione di realtà superne che troviamo nel libro del portavoce dell’Opus Dei, Preferisco il Paradiso, la vita eterna: com’è come arrivarci. In un certo senso questo agile volume costituisce quasi una biografia spirituale dell’autore in cui egli raccoglie e testimonia l’esperienza travolgente del messaggio cristiano. Per coloro che si accostano a questo testo forse è importante ribadire un aspetto della scrittura di Pippo Corigliano: si ha subito l’impressione di un comporre solare, ricco di espressioni capaci di risvegliare l’aspetto più bello e contagioso del cristianesimo. Un continuo riferimento all’amore nella sua accezione più alta costituisce nella trama un filo rosso che bisogna seguire continuamente per poter gustare le profondità di riflessione che si sviluppano nel corso del testo. Stupisce che il Nostro citi con tranquillità Ornella Vanoni e sant’Agostino, testi napoletani e stralci del magistero pontificio di Benedetto XVI. L’impressione è quella di una fede che abbraccia ogni aspetto dell’umano divenire senza per questo intaccare il rispetto per la sacralità del Depositum Fidei.
Intorno al tema principale che è quello della vita eterna, Pippo Corigliano ne articola altri che ad esso conducono: il discorso sui novissimi, la tipologia della vita presente in rapporto alla vita futura, il giudizio, la grazia ed il perdono e così via.
Una costante piacevolissima è data…dal Vangelo. Egli cita con abbondanza i testi evangelici come pietre angolari della sua spiritualità. La freschezza che si evince dalle poche parole di commento ai testi permettono al lettore di percepire come e quanto il Vangelo, il rapporto e la frequentazione del Cristo siano la chiave di volta di una vita autenticamente cristiana, lontana dai luoghi comuni o dagli schemi precostituiti “in negativo”. Pippo guarda la fede nel suo aspetto trasfigurante, positivo e reale spingendo i lettori a fare lo stesso.
L’esposizione dell’Autore procede in compagnia di un altro gigante: san Paolo. La forza della coerenza di fede e della missione dell’Apostolo dei Gentili riempie il libro delle note vigorose cui siamo abituati nella frequentazione della letteratura paolina.
Virgilio, lo duca mio, accompagna Dante nel viaggio / visione nell’oltremondo; Pippo è accompagnato da san Josemaría Escrivà. Come lui stesso ammette, proprio il fondatore dell’Opus è stato colui che gli ha permesso di addentrarsi in un cristianesimo autentico e vitale.
Leggere Pippo Corigliano è facile ed il tutto è di immediata comprensione, un testo adatto a chiunque sia interessato a capire ed a sperimentare che il cristianesimo non appaga il naturale desiderio antropologico dell’ultraterreno, il cristianesimo realizza la partecipazione vera alla vita divina in cui siamo stati introdotti dal sacrificio redentivo di Cristo Signore.

Francesco Bonomo

36 pensieri su “Preferisco il Paradiso

      1. Caro Effezero, mi fa piacere vedere come almeno tu avessi notato la mia assenza. 🙂 🙂
        Nel merito, citando una penna più brillante della mia:
        To die, to sleep–
        No more–and by a sleep to say we end
        The heartache, and the thousand natural shocks
        That flesh is heir to. ‘Tis a consummation
        Devoutly to be wished. To die, to sleep–
        To sleep–perchance to dream: ay, there’s the rub,
        For in that sleep of death what dreams may come
        When we have shuffled off this mortal coil,
        Must give us pause. There’s the respect
        That makes calamity of so long life.
        For who would bear the whips and scorns of time,
        Th’ oppressor’s wrong, the proud man’s contumely
        The pangs of despised love, the law’s delay,
        The insolence of office, and the spurns
        That patient merit of th’ unworthy takes,
        When he himself might his quietus make
        With a bare bodkin? Who would fardels bear,
        To grunt and sweat under a weary life,
        But that the dread of something after death,
        The undiscovered country, from whose bourn
        No traveller returns, puzzles the will,
        And makes us rather bear those ills we have
        Than fly to others that we know not of?
        Thus conscience does make cowards of us all,
        And thus the native hue of resolution
        Is sicklied o’er with the pale cast of thought,
        And enterprise of great pitch and moment
        With this regard their currents turn awry
        And lose the name of action.

        1. scriteriato:
          scusa il ritardo, ho ritagliato un pezzettino che mi sembra importante…emidiana permettendo!

          Thus conscience does make cowards of us all,
          And thus the native hue of resolution
          Is sicklied o’er with the pale cast of thought,
          And enterprise of great pitch and moment
          With this regard their currents turn awry
          And lose the name of action.

  1. dongiovanniferrara

    L’ho letto con grande soddisfazione. E’ un libro pieno di allegria, di bellezza e di verità.

  2. Erika

    Questo libro fa parte della piccola pila di testi che mio padre mi ha regalato l’ultima volta che è venuto a trovarmi (mettendoci in mezzo, per venirmi incontro, anche un bel saggio di Noam Chomsky…), per cui lo leggerò.
    Devo dire, però, che per quel poco che la conosco, la spiritualità dell’Opus Dei e di San Josemarìa Escrivà, mi ha sempre lasciato un po’ a disagio…

    1. lidia

      😉 io sono dell’Opus Dei, e noto in effetti una certa differenza con altri tipi di spiritualità rappresentati su questo blog, ma è più una questione di forme, di aspetti più o meno sottolineati…alla fine l’essenziale è uguale.
      La spiritualità dell’ Opus Dei è fondata, come tutte quelle cristiane, sulla certezza che siamo figli amati di Dio. Nello specifico, nell’ OD il lavoro e la vita quotidiana, in famiglia, sono considerati come la strada per la santità: siamo tutti chiamati ad essere santi e a coltivare un rapporto personale con Dio (cioè pregando parlando direttamente con lui, dedicando tempo all’ orazione personale ogni giorno), perciò la santità è,semplicemente, fare il piccolo dovere di ogni istante con responsabilità e libertà personali.
      Oggigiorno questo messaggio è abbastanza scontato, ma nel 1928 era una grandissima novità: allora vigeva l’idea dominante che la santità fosse per preti, suore e così via, non per i “cristiani della strada” (poi il Concilio Vaticano II l’ha ribadito con forza).
      Un po’ si dice che l’OD è classista, ma a me – da dentro – pare un po’ una sciocchezza. L’OD si dedica all’apostolato con tutte le classi sociali (contadini, operai, etc) ma è vero che ha una chiamata particolare a fare apostolato intellettuale: fra gli intellettuali, perché se si evangelizzano l’arte, la pittura, l’Università, la politica, la finanza etc. i benefici saranno per tutta la società, e in primis per le fasce più deboli.
      Io credo che ci siano persone dell’OD che vivono la loro vocazione in maniera iper-rigida e sì, questo può inquietare, ma la stragrande maggioranza delle persone si sforzano di vivere una vita cristiana santa e normale, e mi sembra che non ci sia molto di cui provare disagio.
      però non saprei, dipende a te cosa mette a disagio 🙂

            1. …volevo dire, ci si autonomina da sè, si deve fare domanda, superare delle prove, passare un esame, come è che a un certo punto qualcuno può affermare “io sono dell’Opus Dei”, io sono un seguace di Platone, di Cristo, di Maometto, ma chi lo può “attestare” questo?

              1. CFK

                effettivamente è una buona domanda. ci sono degli incontri, delle riunioni, c’è una sorta di tesseramento o basta aderire all’idea e alle linee principali per essere dell’OD?

                1. lidia

                  no, per essere mebri dell’OD bisogna chiedere l’ammissione – come soprannumerario, numerario o aggregrato.
                  io sono soprannumeraria, nello specifico. Altrimenti io direi “frequento l’OD” – ci sono tantissime persone che, pur non appartenendo formalmente all’OD ne seguono la spiritualità

  3. Erika

    @Lidia: le cose che mi mettono a disagio, a parte le solite accuse di classismo e la vicinanza ad ambienti discutibili in America Latina, che credo vadano viste anche in una prospettiva storica, sono alcune delle parole di San Josemarìa Escrivà, che forse sono semplicemente molto lontane dal mio modo di vedere le cose…
    Ti trascrivo i passaggi che mi sembrano più “problematici”:

    “Che peccato se colui che presiede non ti dà l’esempio!… —Ma gli obbedisci forse per le sue qualità personali?… Oppure, l’“oboedite praepositis vestris” —obbedite ai vostri superiori— di San Paolo, lo traduci, per comodità personale, con una tua interpolazione che venga a significare… purché il superiore abbia virtù di mio gusto?”

    Bè, si, io credo che l’obbedienza vada meritata, obbedire alla cieca può essere pericoloso.

    L’altra cosa è l’atteggiamento verso le donne: “Se volete darvi a Dio nel mondo, prima ancora che sapienti – le donne non è necessario che siano sapienti, basta che siano sagge – dovete essere spirituali, molto uniti al Signore per mezzo dell’orazione. Dovete portare un manto invisibile che copra ciascuno dei vostri sensi e delle vostre facoltà: pregare, pregare, pregare; espiare, espiare, espiare.”

    E infine l’uso del tempo: capisco la spinta a fare il proprio dovere, però il tempo libero, e perfino l’ozio a volte, per me sono sempre stati molto importanti, necessari per riflettere. Non credo che sopporterei di vivere con il tempo continuamente irrigimentato, come mi dicono che sia auspicabile fare nell’Opus Dei.

    Ti espongo le mie perplessità perché magari puoi aiutarmi a capire meglio.
    Non ho particolari pregiudizi, te lo assicuro!
    🙂

    1. Con questo dovremmo essere tutti anarchici allora, ditemi un uomo politico che è esempio di moralità. Eppure anche se privatamente non si comporta egregiamente, agli ordini, giusti, devo obbedire.

    2. Erika: Sì, beh, però il Fondatore dice: “Ho sempre inteso il riposo come un distogliersi dagli impegni quotidiani, mai come giorni di ozio.
      Riposo significa riprendersi: rigenerare le forze, gli ideali, i progetti… In poche parole: cambiare occupazione, per ritornare poi — con nuovo brio — al lavoro consueto”

    3. lidia

      Non so, Erika, io sono dell’Opus da 8 anni e ti assicuro che il mio tempo non è irrigementato. Ora per esempio ero stanchissima e dopo pranzo ho dormito una mezz’ora. Di solito non lo faccio – non è mia abitudine, e poi non sempre lavoro a casa – ma oggi sì. E penso che vada benissimo 🙂
      Poi,l’ozio a me non piace e mi rende triste. San Josemaria intendeva con ozio giornate passate a fare nulla, sfogliando giornali, facendo zapping (io direi oggi “surfando su Internet”). E io ogni volta che ho fatto così mi sono ritrovata a sera frustrata, stanca e triste. Altro è una bella giornata a dormire in spiaggia, o passeggiando in montagna o leggendo in giardino, questo non è ozio: è fare altro 🙂
      Infine, le donne. sì quel passaggio non piace neppure a me. Ma calcola che è stato scritto nel 1928. In realtà San Josemaria ha sempre spinto le donne dell’Opus Dei a lavori intellettuali, qualora ne avessero voglia, alcune sono diventate prof. universitarie…insomma, non lo vedo poi così discriminatorio ecco. Anche se sicuramente la sua mentalità, per quanto aperta ecc. risentiva indubbiamente del fatto di essere nato nel 1902 e morto nel 1975- se ci pensi, era un mondo anni luce lontano dal nostro.
      il classimo te l’ho spiegato prima, almeno come lo vedo io: sicuramente l’OD fa molte attività con le persone pù disagiate (soprattutto nel Terzo Mondo, ma anche a Roma, il Centro Elis a Tiburtina, per es.), ma è anche vero che se si formano cristianamente le élites il mondo sarà più giusto. Almeno, a me pare un’opinione di buon senso.
      L’obbedienza, infine. Allora, un ordine palesemente ingiusto si può rifiutare. Ma io credo che lui lo intendesse come “se il tuo direttore spirituale è antipatico, o se ti pare più scemo di te, pensaci, consigliati con altri, però in generale è vero che
      l’obbedienza nelle cose spirituali di solito è fruttuosa. ovviamente se il tuo direttore spirituale ti dice “d’ora in poi dormi due ore a notte” o “d’ora in poi non mangiare più” non obbedisci. L’obbedienza è una virtù, obbedienza intelligente. Che a volte significa fare anche se non si capisce tutto subito, secondo me.
      Infine, ci sono persone dell’OD che vivono così: irrigimentate, obbedendo ciecamente a dei principi che si creano un po’ da sole, perché nell’OD c’è davvero molta libertà. almeno io l’ho sempre vissuta così. Beh sai…mi dispiace per loro, ma io non mi turbo più di tanto. Mi spiace quando però si pensa che tutte le persone dell’OD vivano così.

      1. lidia
        5 luglio 2012 alle 17:02
        […]
        ma è anche vero che se si formano cristianamente le élites il mondo sarà più giusto. Almeno, a me pare un’opinione di buon senso.
        ——
        Ed il Fondatore lo spiegava con un’allegoria (n.b.: cito a memoria): gli intellettuali sono come i ghiacciai e le nevi perenni sulle cime dei monti: nessuno li vede, ma a valle tutti bevono l’acqua che provenga da loro

  4. Che tentazione dire la mia su Corigliano, il suo libro, l’Opus Dei e le donne sagge di Escrivà!
    Ma per vostra fortuna sono dal parrucchiere e dall’iphone faccio fatica a scrivere!
    Erika, capisco il tuo disagio ma posso solo dirti di provare a leggere quelle parole sapendo che sono state scritte da un prete spagnolo all’inizio del secolo scorso.
    Il carisma dell’opera è quello che sento più vicino al mio modo di vivere la fede. È molto bello e, sebbene tante volte sia stato male interpretato e vissuto, allarga davvero gli orizzonti riuscendo a proporre un cristianesimo che si intreccia armonicamente con una laicità che non ho trovato in altre istituzioni della chiesa.
    Detto ciò il libro di Corigliano a me non è piaciuto. Piacevole, leggero, spiritoso, lui ci sa fare (è napoletano della napoli bene, grande comunicatore, persona intelligente), ma l’ho trovato eccessivamente superficiale.
    Ovviamente, come al solito, questa è la mia personalissima e opinabilissima opinione.

  5. Maxwell

    Fefral, Scriteriato……

    per la serie… ” A volte ritornano” 🙂
    Come mi mancano poi le 3D….. Danicor,Daniperfect,DaniY… e Paul-Joe

    1. scusate l’assenza… ero in bagno 🙂
      precisiamo io e scri non ci siamo messi d’accordo.
      Ma davvero le 3D latitano anche loro? E il nasone è ancora del gruppo? Ho fatto un giro e vedo che c’è un sacco di gente nuova!

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