di Paolo Pugni
Ci piace viaggiare. Fa bene alla coppia. Lo so che per Rino Cammilleri questo è peccato: tre volte anzi. Concupiscientia oculis, concupiscientia carnis, superbia vitase: cioè la brama di vedere, il gusto di… approfittare, i racconti e le foto agli amici.
Eppure nel viaggio c’è il senso della vita.
Ora non voglio tirare in ballo ancora il Signore degli Anelli, dove si viaggia a manciate, perché questo del viaggio come metafora della vita ha radici lontane. Nasce con l’uomo. E’ mito in sé, perché tutto è viaggio. Come quello delicatissimo e teso che compie Margherita la protagonista del secondo libro di Alessandro D’Avenia che non posso non consigliare spassionatamente per adulti e ragazzi, specialmente ragazze.
Certo, c’è modo e modo di viaggiare: è il pellegrino non è il turista, e non perché il primo non porta due tuniche mentre il secondo viaggia con bauli di Vuitton. Non più. Non è neppure nell’ecologia dei viaggi intelligenti, quelli del viaggiatore che cerca il contatto con la natura e con gli indigeni, chinandosi verso di loro con sguardo incantano che non permette di distinguere la propria vanità dalla follia di chi si vuole caritatevole e invece solo infastidisce.
Questo modo di viaggiare, forse più di spostarsi, è squillante vanità, uno scivolare sulle cose per poter solo dire “ci sono stato” come se il succo del percorso stesse oltre il suo traguardo, in quel tornare a casa non cambiati dentro, ma uguali a prima, solo con un trofeo in più da esibire. C’è follia nel girare per cercare nei luoghi non quello che c’è in essi di magico, quanto ciò che lo rassomiglia a casa: e questo più che una difesa conto l’inatteso, sembra una rassicurazione contro le proprie paure, il terrore di incontrare qualche cosa che turbi quella serenità piatta e sciapa di chi non permette alle domande di superare la scorza per mordere nel profondo.
Il viaggio va affrontato con quello sguardo profondo, quello che Baricco chiamava la vista del giovane Holden, capace di superare la superficie per immergersi nella banalità della verità, quella superficie che sfugge, che opaca riflette invece di rilucere.
Solo allora riesci a contemplare le meraviglie del creato, lasciarti catturare dallo stupore che si nasconde sia nel tramonto, sia in quegli istanti prima e dopo che acuiscono l’attesa e placano il desiderio. C’è che poi, ancora sedotto da quello spettacolo tanto semplice quanto ineguagliabile di un sole che lentamente uccide il mare che lo accoglie tingendolo di rosso e d’oro, mentre sei ancora lì a chiederti che cosa hai fatto per meritarti il diritto non solo di assaporare quel tuffo, ma di farlo avendo accanto la persona che ami, senti una voce squillante che in secco dialetto pugliese urla “adesso questo sorge a Barletta”, che sarà anche vero, sarà anche simpatico, ma è come un martello pneumatico in una sinfonia d’archi.
E forse però anche questo starnazzo, che riesci a tollerare solo se definisci nazionalpopolare, il suo senso ce l’ha perché ti strappa da una dimensione lirica che rischia di negarti il mondo per ricordarti che sei polvere e polvere ritornerai. Mentre ti schiaffeggia con la consapevolezza che proprio dentro l’arrogante giudizio trovi il tuo sfrangiato limite, la piccineria di sentirti migliore senza nessun fondamento logico, e ti richiama quindi a quella sana umiltà che proprio il sole ti aveva raccontato lasciandosi finalmente guardare mentre muore una volta di più.
Ma c’è qualche cosa di più che sconquassa l’equilibrio, che ribalta le prospettive e sfarina il battito del cuore, socchiudendo un orizzonte che non si rimargina mai: sono le persone, che possono essere odiose o care anche solo alla vista, ma sempre persone sono, e le vedi sfrecciare lì, accanto a te, per frazioni o moltitudini di secondi, e che lasciano una scia come gli aeroplani in cielo, che tra poco svanirà ma non senza aver solcato una ruga sull’anima. Che quei volti che son già sbiaditi non sono maschere, ma vita, e non puoi passarci sopra o accanto senza sentirne suonare un brano dentro di te.
Nel bellissimo film Questioni di cuore Albanese insegna ad un bambino l’arte della narrativa: guarda le persone intorno a te, cerca di capire cosa fanno e perché e poniti domande. Perché quella donna piange? Perché quell’uomo indossa un panama? Perché quel bambino corre e ride? Che cosa cerca quella ragazza china sulla sabbia? Ecco: la risposta è la storia.
(la trovate qui la scena dal minuto2.30 inpoi: vale la pena)
Già: la loro storia, che è stata anche un po’ mia, anche se per pochi passi, un soffio, uno sfioramento. Mi ha sempre colpito questa faccenda delle vite altrui, anche da bambino quando guardavo dalla finestra sul cortile –perché tutti abbiamo avuto una finestra sul cortile- e vedevo le luci accendersi e con esse il respiro delle case e volevo capire e vivere quelle vite ed essere con loro, tutte, come per dilatare, moltiplicare la mia esistenza all’infinito. Esserci. Capire. Prendere.
Ci sarà un riflesso di quella inquietudine che Agostino dice riposa solo in Dio?
Come quel desiderio di dormire in tutte le stanze di tutti gli hotel, di mangiare in tutti i ristoranti e non una volta sola, ma per esaurire ogni combinazione del menu, per riempire il tempo e la vota di tutto ciò che non potrebbe mai contenerla, non è forse lucida follia? Voglia di un infinito che assorba in sé spazio e tempo ed emozioni e amore e pene e dolore per togliere loro le spine e ridartelo come un mazzo di fiori che non appassisca mai?
Credo di sì, la stessa che ti provoca a fare un passo in più sulla spiaggia, sul sentiero, un miglio in più in auto per capire che cosa nasconde la curva, sapendo, col cuore intimidito, che ad un certo punto dovrai fermarti e tornare indietro, rinunciando così ad un ulteriore avanzamento.
Perché alla fine si torna sempre, si deve sempre tornare, e se mentre sei lì, che trattieni la gamba mentre qualche cosa ti tira per il braccio e impone di volgere le spalle all’ignoto, ti inganni dicendo: ci andrò la prossima volta quando ritornerò, già lo sai che non ci tornerai mai più e quelle facce e quegli scenari che adesso spegni non li incrocerai mai più in questa vita.
Se questo non è il desiderio di Dio, che altro è?
Il viaggio, sia esso in terre lontane o nel cortile della nostra infanzia è fatto di desiderio. Desiderio di conoscere, guardare, vedere, ascoltare, sognare o ricordare. Il viaggio inizia prima con il pensiero, con la voglia di fare nuovi incontri e nuove esperienze, inizia con il sognare cieli stellati, profumi ignoti o familiari, poi quando ci si mette in cammino, bisogna non scordare mai che nonostante l’itinerario segnato sulla carta, solo un imprevisto potrà salvarci, perchè la strada della nostra vita è tracciata da un Altro
http://www.youtube.com/watch?v=6Wu-t8vH4s8
e poi a nanna, a domani il commento
P.S. bel tema, in questo momento mi tocca particolarmente da vicino e poi ogni viaggiare è un uscire e sapete quanto mi è cara questa parola, visto che ci ho scritto sopra un libro…
Si viaggia fondamentalmente per due ragioni, per uscire o per tornare. A volte per tutte e due le cose insieme.
Il viaggio è più di una metafora, è un sacramento della precarietà…
Santa cosa la precarietà, lo sapevate che preghiera viene da precario? Prega chi è precario, altroché, che chi è autosufficiente si illude.
Il viaggio ci insegna la precarietà, l’equilibrio dinamico dello sciatore di cui ci narrava Cyrano (oltre a Chesterton e mill’altri), lo spostare sempre avanti il baricentro della vita, senza attaccarsi a nulla, perché tutto passa. Lo riconosci, lo abbracci, ed è già alle spalle, parte del paesaggio.
Ah ma la stabilitas di Benedetto (quello già santo)? Perché allora il Norcino se la prende tanto con i monaci vagabondi? Magari perché scambiano la strada con la meta, magari perché viaggiano per fuggire e non per cercare, on the road, on the road, magari perché amano la precarietà senza la preghiera.
Magari perché c’è un demone nascosto nella volontà di conoscenza che spinge Ulisse al viaggio, altrimenti perché padre Dante lo metterebbe all’inferno?
Mi piace tanto il tuo commento, don Fabio. Grazie!
don Fabio: grazie! Smack! 😀
lo mette tra i consiglieri fraudolenti….
Don Fabio, chi viaggia per fuggire prima o poi viaggia per cercare, e spesso è un viaggio di ritorno…
c’è fuga e fuga mia cara e non tutte sono uguali, c’è la fuga del prigioniero che vuole libertà, che è bella e legittima, ma c’è anche la fuga del disertore che invece è vigliaccheria e debolezza ed il viaggio può essere questo e quello ed a volte è le due cose insieme
🙂
troppo avanti!
Io pensavo al figliol prodigo…
e ci sono modi e modi di tornare…
eh… il Tolkien di albero e foglia
Sono stato evocato, richiamato all’ordine ieri, sul post dei compiti e poiché ieri ero off-line faccio qui un accenno, anticipando che è tema ancora in maturazione per un post su famiglie felici. Blog sul quale avevo già anticipato il tema, anzi i temi trattati ieri da Costanza.
Ciò detto una brevissima sintesi:
sono favorevolissimo ai compiti a casa, come strumento per spiegare che cosa sia l’impegno, la coerenza, lo sforzo, la conquista. Non quando sono una vessazione esagerata.
Sono altrettanto favorevolissimo all’uso delle tecnologia nell’educazione scolastica, come vengono ad esempio sperimentate all’accademia Everest di Lugano con la quale ho avuto l’onore di collaborare per circa due anni nella fase di start-up. Questo perché si riconosce ormai che i digital native ragionano in modo diverso da noi usando connessioni differenti. Ciò non vuol dire buttare a mare la capacità di ragionare, ma tenere conto che ci sono modi diversi di stimolare la riflessione filosofica e logica.
L’argomento merita uno spazio che qui non c’è.
Grazie
http://famigliefelici.blogspot.it/2012/03/sabato-italiano-i-compiti-della.html
Bello bellissimo …
Passo di corsa, devo fare una scappata in un altro secolo; però in tema di viaggi mi viene sempre in mente che «coelum, non animum mutant, qui trans mare currunt»; al qual proposito vi segnalo un monaco medievale appena scoperto
http://www.mythfolklore.net/aesopica/odo/11.htm
Complimenti Paolo,
ora non posso scriverti di più, ma ci tenevo a ringraziarti per la tua condivisione che condivido, appieno.
Mannaggia alla fretta! Paolo! Ti rileggo dopo con più calma ma l’argomento mi piace, quindi: smack! 😀
Wow! Stamattina tutti di corsa? 😉
è sparito un mio commento in cui mi riferivo al post di ieri… colpa dell’etere o colpa mia che ho scritto cose inopportune?
Colpa dell’antispam di wordpress che prende iniziative non richieste 😉
perso definitivamente e devo riscriverlo o riesci a recuperarlo?
Recuperato
grazie mille!!!
“Perché alla fine si torna sempre, si deve sempre tornare”
Mica tutti, I turisti, forse, Anche quelli dallo sguardo profondo.
O te vuoi significare qualcos’altro di ultraterreno?
O semplicemente tornare alla polvere?
C’è persone che semplicemente (per dire!)il viaggio lo intendono, o lo devono intendere, come andare via, anche per sempre, come desiderio di trovare un altro dove che non sia questo schifezzaio, o, come dice te, giustamente, starnazzamento, qui e ora.
Scappare da tutto questo, non solo a parole. Mica facile! Le quali persone, allostesso modo,vedranno tramontare poeticamente il sole in altri mari eccetra…Ma forse questi non sono “viaggiatori”. Allora i viaggiatori sono solo quelli che tornano?
Con gli zainetti e i marsupi?
Ognuno capisce secondo il metro con cui legge. Non posso che spiegare come la vedo io. Tornare non è solo fisico,come un boomerang.
Noooo il marsupio nooooo!!!
quasi peggio del borsello, concordo
beh inevitabile
http://video.tiscali.it/canali/Humor/10533.html
…………….Ci piace viaggiare. Fa bene alla coppia. Lo so che per Rino Cammilleri questo è peccato: tre volte anzi. Concupiscientia oculis, concupiscientia carnis, superbia vitase: cioè la brama di vedere, il gusto di… approfittare, i racconti e le foto agli amici……………….
Ho trovato veramente scorretto estrapolare una frase da un contesto particolare di un libro particolare !!!
Non vedo che cosa ci sia di scorretto nel prendere la frase di un articolo scritto da un amico, e senza parlarne affatto male usarla come argomento di lancio. Proprio faccio molta fatica a capire dove stia la scorrettezza.
Allora chiedo scusa se ho equivocato…..
Senza faccine non avevo capito l’ironia, credevo fosse un giudizio.
Il fatto è che per lei è un amico, per me è diventato per imprinting un maestro e provo per lui una (laica) venerazione.
Consideri anche che vengo dalla lettura di oltre 130 commenti dal blog di Tornielli di sedevacantisti, lefebvriani, cristiani, cattolici adult(erat)i e atei sul (presunto) si di Fellay…….
scuse apprezzate… spiegaci cosa intendeva Rino che ci aiuti tutti… 😉
Paolo:
http://www.vocazioni.net/index.php?option=com_content&view=article&id=2738&Itemid=272
“per Rino Cammilleri questo è peccato”: che stress! La vita ha già tante di quelle croci dalle quali non si riesce a scendere nemmeno se lo si vuole, perché irrigidirsi su queste cose? Se Dio ha creato il mondo tanto grande e bello, se ci ha dato la possibilità di camminare e muoverci, se ha messo in noi un grande desiderio di conoscenza, etc., perché annullarle? E poi, se viaggiando ci si meraviglia di quante cose belle ha fatto il Signore, non è la meraviglia stessa una preghiera? Boh! Sta benedetta concupiscenza? La malizia è concupiscienza! L’uso distorto del viaggiare è concupiscienza! I nostri pensieri contorti sono concupiscienza! Il voler imporre agli altri le nostre paranoie è concupiscienza! Brrr….. 🙂 Facciamo le cose con amore che è meglio! 😀
Rino, che è un amico sincero, scherza così come ho fatto io. Non mi pare lanci anatemi o scomuniche sui viaggiatori.
Paolo: Sospiro di sollievo! 😀
Ho un po’ l’allergia agli atteggiamenti da “lancio di anatemi”. Non conosco Rino Camillieri se non attraverso qualche articolo che tra l’altro mi era anche piaciuto. Forse ne ho letti pochi. Sono contenta che non sia come “avevo immaginato”.
il viaggiatore è il pellegrino in statu viae: non può non viaggiare perché finché è su questa terra gli è interdetta la dimora in Patria (celeste), e con essa qualsivoglia dimora (perché solo quella in Patria è vera dimora; gli altri essendo alloggi provvisori per ristorarsi e poi ripigliare il cammino).
Il viatore è anche combattente, inquadrato nei ranghi della Chiesa militante. Solo in Patria il viatore militante cessa di essere tale e si cangia in beato nella Chiesa trionfante.
In Patria si viaggia ancora, ma senza l’inquietudine per la mèta ancora da attingere; si viaggia abitando la Patria, nella quieta consuetudine della Patria, del possesso sempre attuale e ormai indefettibile (abitare deriva da “habere”, ne è un frequentativo), e ogni via lungo la quale si viaggia conduce a Dio nel quale il beato già abita, e per sempre.
“nel viaggio c’è il senso della vita”: siamo pellegrini su questa Terra, quindi concordo in pieno. ;.)
“Il viaggio va affrontato con quello sguardo profondo”: mi piace! Occhi da viaggiatore…
“Ci sarà un riflesso di quella inquietudine che Agostino dice riposa solo in Dio?”: secondo me sì!
“Se questo non è il desiderio di Dio, che altro è?”: bella conclusione!
Paolo, in questo post hai fatto un paio di descrizioni “romantiche” che mi piacciono proprio! 😀
quali?
“Solo allora riesci a contemplare le meraviglie del creato, lasciarti catturare dallo stupore che si nasconde sia nel tramonto, sia in quegli istanti prima e dopo che acuiscono l’attesa e placano il desiderio”
“un sole che lentamente uccide il mare che lo accoglie tingendolo di rosso e d’oro”
Mi piaccioni queste descrizioni. Mi sembra di essere lì e di sentire il rumore delle onde del mare. 😉
questa me la spiegate: perché per Cammilleri è peccato viaggiare? Ma questo ‘sta bene ca capa?
ironizzando in un articolo sul Timone sottolineava che
concupiscentia oculis: voler vedere tutto per “possedere tutto”
concupiscientia carnis: beh dal turisismo sessuale al più banale desiderio di sperimentare ogni cosa
superbia vitae: tornare a casa e subissare gli amici di foto (anche su FB) affermando che “io ci sono stato”
E’ un pezzo molto vecchio, almeno 5 anni direi, mi è rimasto in mente per questo paradosso che è in realtà molto profondo come chiarisce donFa qui oggi ad esempio…
ah vabbè sarebbe una battuta
Fefral. ci siamo cascate in due. 😉
“Viaggiare è il mio peccato” di Agatha Christie:
http://www.librimondadori.it/web/mondadori/scheda-libro?autoreUUID=a596d809-9ea9-11dc-9517-454a8637094f&isbn=978880450841
Consiglio di lettura?
Xavier de Maistre, Viaggio attorno alla mia camera, Oscar Mondadori con una graziosa copertina Biedermeier.
“Il secondo aspetto costitutivo è il camminare con il Signore.
E’ la realtà manifestata dalla processione, che vivremo insieme dopo la Santa Messa, quasi come un suo naturale prolungamento, muovendoci dietro Colui che è la Via, il Cammino.
Con il dono di Se stesso nell’Eucaristia, il Signore Gesù ci libera dalle nostre “paralisi”, ci fa rialzare e ci fa “pro-cedere”, ci fa fare cioè un passo avanti, e poi un altro passo, e così ci mette in cammino, con la forza di questo Pane della vita. Come accadde al profeta Elia, che si era rifugiato nel deserto per paura dei suoi nemici, e aveva deciso di lasciarsi morire (cfr 1 Re 19,1-4). Ma Dio lo svegliò dal sonno e gli fece trovare lì accanto una focaccia appena cotta: “Alzati e mangia – gli disse – perché troppo lungo per te è il cammino” (1 Re 19, 5.7).
La processione del Corpus Domini ci insegna che l’Eucaristia ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. E’ l’esperienza del popolo d’Israele nell’esodo dall’Egitto, la lunga peregrinazione attraverso il deserto, di cui ci ha parlato la prima Lettura. Un’esperienza che per Israele è costitutiva, ma risulta esemplare per tutta l’umanità.
Infatti l’espressione “l’uomo non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3) è un’affermazione universale, che si riferisce ad ogni uomo in quanto uomo. Ognuno può trovare la propria strada, se incontra Colui che è Parola e Pane di vita e si lascia guidare dalla sua amichevole presenza. Senza il Dio-con-noi, il Dio vicino, come possiamo sostenere il pellegrinaggio dell’esistenza, sia singolarmente che in quanto società e famiglia dei popoli?
L’Eucaristia è il Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione. In effetti, non basta andare avanti, bisogna vedere verso dove si va! Non basta il “progresso”, se non ci sono dei criteri di riferimento. Anzi, se si corre fuori strada, si rischia di finire in un precipizio, o comunque di allontanarsi più rapidamente dalla meta. Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli: si è fatto Lui stesso “via” ed è venuto a camminare insieme con noi, perché la nostra libertà abbia anche il criterio per discernere la strada giusta e percorrerla.”
(Benedetto XVI, Omelia per la solennità del Corpus Domini, 22 maggio 2008)
“Se questo non è desiderio di Dio, che altro è?” Azzardo: volontà di potenza? In realtà purtroppo il viaggio in se stesso è ambiguo e può nascondere anche quest’ansia di possesso, di dominio, di sottomissione del mondo intero…
Certo: voler tutto vedere e toccare nell’illusione che ciò di cui mi riempio gli occhi e le mani diventa mio, lo signoreggio.
la concupiscenza degli occhi appunto…
L’altra sera mi è capitata sotto gli occhi questa lettura: Siracide 34, 9 – 17.
“I viaggi
9 Chi ha viaggiato conosce molte cose, chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza.
10 Chi non ha avuto delle prove, poco conosce; chi ha viaggiato ha accresciuto l’accortezza.
11 Ho visto molte cose nei miei viaggi; il mio sapere è più che le mie parole.
12 Spesso ho corso pericoli mortali; ma sono stato salvato grazie alla mia esperienza.
13 Lo spirito di coloro che temono il Signore vivrà, perché la loro speranza è posta in colui che li salva.
14 Chi teme il Signore non ha paura di nulla, e non teme perché egli è la sua speranza.
15 Beata l’anima di chi teme il Signore; a chi si appoggia? Chi è il suo sostegno?
16 Gli occhi del Signore sono su coloro che lo amano, protezione potente e sostegno di forza, riparo dal vento infuocato e riparo dal sole meridiano, difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta;
17 solleva l’anima e illumina gli occhi, concede sanità, vita e benedizione.”
Grande pagina dell’Ecclesiastico, un libro bellissimo!!!
Viaggiare secondo me è sempre un modo per tornare all’origine. Come ha detto bene Danicor, puoi anche viaggiare per fuggire da qualcosa, o da te, ma prima o poi fai ritorno a casa. Perchè quello che cerchiamo tutta la vita è una dimora in cui poter tornare a riposare, a ri-trovare gli amici e gli affetti più cari. Se uno decide di partire perchè non sente radici, non è che le troverà altrove. Sono la radici che si piantano nel cuore, e una volta che ce le hai dentro puoi andare dove vuoi, ma ti sentirai a casa sempre. La nostalgia di un qualcosa che abbiamo incontrato ma che conitunamente ci sfugge e non riusciamo ad afferrare completamente ci accompagnerà sempre, ma se ci portiamo questa nostalgia dentro e sappiamo che quell’incontro fatto è punto di partenza e méta del nostro andare, allora tutti quelli che incontreremo strada facendo saranno nuovi amici a cui raccontare.
Punto di partenza e mèta…e cioè SPE SALVI, tutte le strade portano a Roma?
Che ne sappiamo noi delle radici degli altri, dove le sentono, e dove le trovano, se le trovano?
http://ow.ly/anT6R a proposito di viaggi.. questo non è male…
cavolo! ma è bellissimo! le scovi tutte tu, queste chicche, eh Paolo?!
ho i miei fan su twitter che me le segnalano… è il potere dei social media, bellezza!… 😉
(trattasi di autoironia per evitare fraintendimenti)
superati i 900mila si viaggia verso il MILIONE
Ad multos annos! 😉
Mi accodo: ad multus annos! 😀
Si viaggia chi?
Noi tutti che contattiamo questo blog, te incluso!
No, io non sono incluso!!!
Impossibile: tu scrivi sul blog, ergo contatti il blog, ergo contribuisci a incrementare il numero dei contatti!
Mannaggia!!!
Paolo Pugni:
“Se questo non è il desiderio di Dio, che altro è?
Eddài con questo Dio messo sempre nel mezzo! Ma lasciarlo un po’ in pace, no?
Alvise Maria Vincenzo!!!!! Smack! 😉
vedi, quando una cosa ce l’hai così dentro, così nel cuore, difficile lasciarla fuori, faresti torto a te stesso. Tu non lascia mai fuori da quello scrivi il tuo cinismo? Lo vedi allora?
Alessandro.
esisterà di sicuro, anche, come no, una allocuzione pontificia rivolta ai viaggiatori (in generale) o ai viaggiatori “veri” in particolare. Almeno che il Pontefice non intenda viaggiatori solo come pellegrini di Dio. Quindi una allocuzione a tutti.
Urbi et orbi. Come non detto.
Alvise Maria Vincenzo: Ale la scoverà di sicuro… poi guai a te se commenti che non ti piaceeeeee! 😉
Van bene gli esploratori?
PREGHIERA DEGLI ESPLORATORI
DI SUA SANTITÀ PIO XII*
Regina del mondo, sostegno e forza della milizia cristiana, Maria, quella fiorente gioventù che vedi oggi ai tuoi piedi, spirante arditezza per le sante battaglie della vita, ti saluta sua condottiera e presidio.
Al tuo valido patrocinio essa affida le promesse che ne impegnano l’onore al cospetto degli uomini e di Dio.
Alta è la mèta a cui gli statuti dell’Esploratore sospingono; forze ostili operano, pur troppo, dentro e intorno a noi; ardua. la lotta per mantenerci puri e forti. Perciò offriamo a Te, o Madre, il nostro cuore, perchè lo ravvivi e sorregga con la grazia di Cristo.
Da Te sorretti, o Maria, e in tua materna tutela educati al sentimento dell’onore e della responsabilità, saremo in ogni nostro Gruppo, Reparto e Branco lievito salutare, specchio di integrità di vita e di purezza di costumi, di pietà sincera e di fedeltà al dovere, di stima del lavoro e di fraterna carità in dedizione pronta, modesta, disinteressata.
Esaudisci, o Madre, l’ardente supplica che oggi da ogni parte d’Italia la grande famiglia degli Esploratori cattolici innalza al tuo Trono. Sia essa per i tuoi meriti, pacifica legione di anime votate a Gesù Cristo e agli interessi del suo regno; valorosa milizia di cuori senza macchia e senza paura. Sia loro premio quaggiù lottare con l’esempio per una gioventù pura e forte, gelosa della fede che ha fatto grande la patria. Sia loro ambizione servire Iddio, la Chiesa, i fratelli. Sia loro conforto nel lavoro e nel sacrificio la fede incrollabile nel tuo Figliuolo, nella salda speranza di glorificarLo un giorno con Te nella beata eternità. Così sia!
Dal Vaticano, Festa della Maternità della B. V. M. 11 Ottobre 1954.
Aleeeeeeeeeeeeeeeeeeee! SMACKKKKISSSIIIIIMOOOOO! 😀
Mah il Siracide mi sembrava rispondesse abbastanza…
G: concordo, ma questa era una stoccata per Alvise Maria Vincenzo: l’ha chiamata! Comunque è sempre meglio abbondare nella grazia, che ne dici? 😀
…e per i piccioni viaggiatori?
Dovrà pur esistere anche quella? Colombe di pace (ovviamente)
A ogni modo la Grande Famiglia degli Esploratori Cattolici va aldilà di ogni possibile immaginazione!!!
Ma davvero non ve ne accorgete del ridicolo? Non offendetevi, ma a me mi sembra impossibile che non ve ne accorgiate!
“A me mi”… orrore! E qui mi fermo, non ho vis polemica.
…la grammatica, e non solo, non è il mio forte, vero?
Alvise Maria Vincenzo: taglia! 😉
…accetta questa croce!!!
Alvise Maria Vincenzo: se non ti avessi accettato come croce, ti avrei già accettato come il legno, ma con la lama ben arrotata! 😉
guarda che Gesù invita a perdonare fino a settanta volte sette al giorno: facendo due conti sei lì al pelo carissimo
Oh! Niente sconti per nessuno eh! ;.)
“La figura severa di Pio XII, il gesto misurato, l’incedere solenne apparivano in stridente contrasto con la passione che egli nutriva per la velocità. In automobile voleva che l’autista premesse a tavoletta il pedale dell’acceleratore. La sua grossa macchina nera, con la targa SCV 1, raggiungeva Castel Gandolfo in un lampo…
All’interno di ognuna delle sue automobili… egli aveva a disposizione un quadro di comandi con otto bottoni con le scritte che corrispondevano ad altrettanti ordini per l’autista: “avanti”, “indietro”, “adagio”, forte”, “destra”, “sinistra”, “ferma”, “Vaticano”, Il tasto preferito era il “forte”, per cui l’autista doveva superare spesso anche i centoventi chilometri orari, con evidente soddisfazione del papa, che aveva fatto di una parola – “Presto!”, “Presto!” – il suo motto quotidiano.”
Antonio Spinosa, Pio XII. L’ultimo Papa, Mondadori
Ai ciclisti
DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI PARTECIPANTI AL «XXIX GIRO CICLISTICO D’ITALIA»
Mercoledì, 12 giugno 1946
All’inizio della undecima tappa del « XXIX Giro ciclistico d’Italia » voi avete desiderato, diletti giovani, di fare una breve sosta qui, presso il Padre comune che vi ama, e da cui attendete uno sguardo d’incoraggiamento e un gesto di benedizione. L’uno e l’altro vi sono ben volentieri accordati; il vostro ardore giovanile e il vostro slancio sportivo vi rendono particolarmente cari al Nostro cuore. Noi abbiamo già altra volta manifestato in questo stesso luogo l’affetto che nutriamo per voi. Vorremmo però ora rilevare come lo sport della corsa merita una speciale considerazione, sia in se stesso, sia per il suo valore di simbolo. La corsa importa e richiede sforzo, uno sforzo sano, uno sforzo armonioso di tutto il corpo, uno sforzo la cui energia si mostra meno con la violenza degli sbalzi o dei colpi, che col coraggio della disciplina virile e della costanza prolungata e sostenuta fino al traguardo. Ma soprattutto, come elevata e fulgida è la realtà, di cui questo sport è simbolo!
Nella corsa verso la vita e la gloria eterna, voi lottate, non per guadagnare un premio corruttibile o che può passare ad altre mani, ma con la speranza di una corona imperitura, che non espone nessuno di voi alla delusione di non essere il vincitore, purché osserviate lealmente le leggi di questa sublime gara dello spirito, e non vi lasciate arrestare da nessuna stanchezza e da nessun inciampo, prima di aver toccato la mèta (cfr. 1 Cor. 9, 24 sgg.; Gal. 5, 7). Andate dunque, al sole radioso d’Italia, di questa vostra Patria, di cui conoscete le native splendenti bellezze e della quale volete essere campioni degni ed intrepidi. Andate, o prodi corridori della corsa terrena e della corsa eterna. Vi accompagnano il Nostro augurio e la Nostra preghiera, mentre di gran cuore impartiamo a tutti voi e a tutti coloro che s’interessano di voi e di cui voi v’interessate, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
PER L’ACCENSIONE DELLA LAMPADA VOTIVA
DESTINATA ALLA CELESTE PATRONA DEI CICLISTI
Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo – Mercoledì, 13 ottobre 1948
Non senza una ben viva e dolce commozione Noi Ci apprestiamo ad accendere la fiamma che, simbolo di fede e di preghiera, arderà dinanzi alla immagine della Vergine del Ghisallo, come un perenne omaggio di devozione e di fiducia nel suo materno patrocinio.
Questa fiamma, ricevuta dalle Nostre mani e affidata alle vostre cure, rimarrà altresì come una non peritura testimonianza della Nostra affettuosa sollecitudine per voi. Noi abbiamo già altra volta avuto occasione di manifestarvi questo Nostro sentimento e di additarvi il vero significato spirituale e morale del vostro « sport »; oggi col vostro atto voi venite ad aggiungervi un nuovo e prezioso elemento. L’esempio dei vostri campioni nell’esercizio dello « sport » secondo la illuminatrice e salvatrice idea cattolica è già di per se stesso un fruttuoso apostolato; ma voi questo apostolato volete certamente renderlo ancor più fecondo e diretto. Come gli antichi corridori, voi vi passerete di mano in mano la lampada ardente e per tutta la lunghezza del vostro itinerario accenderete alla sua mistica fiamma altre fiamme di fede e di amore, che porteranno in tanti diversi luoghi la stessa luce e lo stesso calore, mentre voi, proseguendo la vostra corsa, non vi arresterete che ai piedi della Madre di Dio e Madre vostra, la quale vi condurrà fino al Cuore di Gesù: Per Mariam ad Iesum!
Andate dunque, diletti figli; il Nostro pensiero vi accompagna e la Benedizione Apostolica, che paternamente v’impartiamo, sia a voi pegno dei più abbondanti favori della vostra Madre celeste, Maria.
Come Rockfeller!!!
…”al sole radioso d’Italia” !!!
perché tu dove vorresti che ti mandassimo?
A Milan?
…correggo: Milàn?
Viaggiare nel tempo:
” nulla in base alla pura ragione è di per sé giusto, tutto muta col tempo; non troveremo né la verità né il bene”
Blaise Pascal
Si può mica lasciare l’ultimo commento ad Alvise neh!
O lala, jamais de la vie! 😉
la grammatica, e non solo, non è il mio forte, vero?
Paolo, la tua poesia è stato un breve viaggio alla scoperta di se stessi. Grazie per questo, vuoi o non vuoi, piccolo momento lirico 😉
La poesia ha raccontato la realtà così com’è. Ci ha ricordato dell’infinito che ci portiamo dentro da Lui.