Di cosa parliamo quando parliamo di limite

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 di Costanza Miriano

Ho una domanda che mi ronza in testa da tempo. A esser precisi un po’ mi ronza – perché ogni notte vedo Marzullo mentre scrivo, e mi faccio una domanda e mi do una risposta sgranocchiando per non dormire – e un po’ me l’ha fatta ronzare qualcuno. E siccome nella vita ho poche certezze – il rossetto mi sta male; Dio è mio Padre; le scarpe perfette ci sono ma il mio numero è finito – alle domande serie cerco di prestare attenzione, soprattutto se stimo chi me le fa.

E così mi chiedo: è buono dedicare tanto tempo e tante energie a fare incontri e scrivere e parlare sul tema del maschile e del femminile, e sulle implicazioni che la teoria del gender ha sulla questione della famiglia, che è quella che veramente mi sta a cuore? A chi sto ubbidendo? A chi voglio piacere quando faccio questo? Mi sto comportando da cristiana e da figlia della Chiesa quale più di ogni altra cosa desidero essere? E perché nella vulgata è obiettivamente passata l’idea che la difesa dei valori non negoziabili sia di destra, la solidarietà di sinistra? Se noi saremo giudicati sulle volte che avremo dato da mangiare, da bere, visitato i carcerati e soccorso gli orfani, questa parte del mio impegno non serve a niente, almeno non a entrare nel regno? Rischiamo di sembrare i condottieri di chissà quale strampalata battaglia contro qualcuno, e non invece compagni di cammino della tanta gente che non ce la fa esattamente come noi, come io personalmente vorrei tanto essere?

Be’ alla fine le domande sono parecchie più di una, e io purtroppo so rispondere solo alla numero tre. Vorrei tanto piacere a Cristo quando faccio questo, anche se la realtà è che gli piaccio perché sì, e basta. Non certo per qualche merito guadagnato sul campo.

Sono anche certa che alla fine quello che conterà sarà davvero la carità, l’unica cosa che resta, e quindi so bene che la mia amica che trascorre le giornate a imboccare la suocera malata, quella che ha adottato una bambina disabile, il mio amico che non è andato in vacanza per non dover licenziare un dipendente stanno costruendo il regno dei cieli più di me. Ricordo che a fare queste cose sono moltissime delle persone che so anche impegnate nella difesa del buon senso e della ragionevolezza sui temi del genere e della famiglia, solo che della carità che fanno non si mettono a scrivere sui giornali, non parlano delle donne incinte che adottano per cercare di evitare che abortiscano, non scrivono del bene abbondante e generoso che costruiscono, del tempo e dei soldi che regalano.

Detto questo, il fatto che ci sia un bene più grande da fare non esclude necessariamente che ci sia anche un altro bene che io continuo, nonostante le domande, a sentire come mio dovere compiere. La colonizzazione ideologica sui temi del gender, come l’ha definita Papa Francesco, quella che usa metodi da gioventù hitleriana, sempre parole del Papa dipinto come progressista – quindi questa battaglia è anche di sinistra, no? – sta cercando di costruire una società di individui asessuati. Questi individui vengono gradualmente convinti da una massiccia campagna di informazione che mette paura per l’imponenza dei suoi mezzi, per la determinazione e la potenza di fuoco, che possono scegliere da soli la loro identità sessuale. Questo viene ripetuto ogni giorno da tutti i giornali, le tv, il cinema, l’industria dell’intrattenimento in genere (vogliamo parlare dei cartoni per bambini?), gran parte della letteratura contemporanea. Da madre di adolescenti posso con una certa credibilità dire che questa propaganda ha un effetto molto potente su menti e cuori acerbi, nella fase della pubertà, quando la maturazione li rende naturalmente né carne né pesce, quando l’ultima cosa di cui hanno bisogno è dubbio e confusione (per quella sono già riforniti in proprio), e vanno invece rafforzati e confermati nella loro identità. Di certo non vanno mandati, come succede in Olanda e come riferisce il Corriere senza palesare alcuna preoccupazione, in una clinica nella quale la pubertà viene congelata, sospesa, tramite la somministrazione di ormoni (ma non è violenza sui minori?).

Basta sfogliare i giornali, dove la non demarcabilità tra i sessi viene sostenuta a ogni occasione, indirettamente o direttamente, come nelle due pagine del Corriere della Sera sulla cosiddetta disforia di genere che secondo loro interesserebbe cinquantamila persone in Italia (quanti di questi casi interessano adolescenti lasciati senza punti di riferimento culturali e familiari negli anni cruciali?). Il quotidiano ci spiega che c’è anche un terzo e quarto genere, siete indietro voi che pensavate che fossero solo due. Tra parentesi vi informo che io, l’ho appena appreso, sono una cisgender, cioè una persona in cui identità, ruolo di genere e sesso biologico corrispondono. Che scema. Ho sempre pensato di essere una femmina. E come se non bastasse c’è anche ogni giorno su quasi tutti i giornali un’infinita serie di articoli volti a raccontare le differenze tra maschi e femmine in modo negativo, e a farlo più o meno implicitamente (solo oggi: l’apologia degli asili nido come meravigliosa conquista femminile, i maschi in gonna, le mamme felici solo se libere di lavorare, gli uomini che sono buoni solo se femminilizzati, come se non potesse esserci una virilità forte e autorevole senza essere cattiva o violenta: Joseph Ratzinger smaschera il giochetto benissimo nella sua prefazione a Nuovo disordine mondiale).

Ma perché tanta ostinazione in questa propaganda contro la natura umana? Il problema dell’identità riguarda davvero così tante persone? E’ davvero una priorità del paese? Chi sono i veri fissati? Quelli che vanno in giro nelle parrocchie a parlare di maschi e femmine, o quelli che colonizzano giornali e tv, che impongono libri di testo a scuola, che vincolano finanziamenti ai paesi poveri all’accettazione delle teorie del gender, come hanno denunciato anche all’ultimo Sinodo molti vescovi, tra cui gli africani? Chi sono i veri fissati? Ma soprattutto, mi ripeto, perché tanta ostinazione?

Creare individui asessuati, monadi prive di vincoli e legami, famiglie fluide e aperte, è intrinsecamente utile al sistema economico in cui viviamo, basato com’è sulla creazione di bisogni indotti, che richiedono al sistema di continuare a crescere per non morire. Un sistema al quale è profondamente funzionale un individuo privo di certezze, privo di una rete sociale e familiare e stabile, e quindi a ben vedere più facile preda di bisogni e manipolazioni. Non sono un’economista quindi su questo terreno già mi sono addentrata troppo, per cui tralascio anche la questione del lavoro femminile di massa che pure mi pare profondamente collegata. Ma in fondo in fondo io credo che non sia neanche questo il vero cuore del problema.

Io credo che alla fine di tutto il vero bersaglio sia la creaturalità dell’uomo. Quello che i contemporanei proprio non possono tollerare è di essere determinati da qualcun altro. Che l’identità sessuale sia qualcosa che riceviamo alla nascita e che non ci possiamo scegliere, non perché sia giusto o sbagliato ma semplicemente perché è così, come il fatto che abbiamo due braccia e due gambe, anche se ci piacerebbe volare. Alla fine, al fondo di tutto, in discussione è l’idea del limite. E quindi l’idea di Dio.

Io capisco l’allergia al limite, ce l’ho anche io, e sapeste le cavolate che ho fatto. A nessuno di noi piace averne, vogliamo credere tutti al volontarismo di stampo anglosassone, all’efficientismo capitalista, al where there’s a will there’s a way. Ma non è così. A volte vogliamo una cosa, la vogliamo disperatamente e saremmo disposti a buttare tutto il resto, ma non la possiamo avere. Semplicemente perché è così. Siamo limitati, siamo creature. Ma la buona notizia, il Vangelo, è che la morte non ha l’ultima parola. Cristo è risorto. Il limite non ha l’ultima parola su di noi, non perché lo superiamo ma proprio quando lo accogliamo. Quando accettiamo di perdere la nostra vita cominciamo a vivere. La buona notizia è che questo limite ci custodisce. È per noi, è per il nostro vero bene, perché nostro Padre, l’Onnipotente, più intimo a noi di noi stessi, ci ama profondamente e ci vuole salvare.

Per questo credo che occuparsi di questi temi – l’uomo maschio e femmina a immagine di Dio – sia il cuore del discorso culturale dei nostri giorni. Non è certo la questione delle unioni civili o delle adozioni agli omosessuali il cuore del problema, anche perché interessa lo zero virgola qualcosa della popolazione. A essere in ballo è l’uomo creatura. E quello che mi sembra di annunciare alzandomi in piedi ogni volta che posso non è certo che sono contro le unioni civili, ma l’amore infinito di Dio per ognuno dei suoi figli, qualsiasi identità egli ella esso percepisca. Mi sembra di annunciare che per questo ogni vita non si può toccare perché non ci appartiene, neanche la nostra.

Certo, questo non ci esime dal dovere e dalla gioia della solidarietà. Ma crediamo che anche annunciare alle persone che sono amate sia fare loro un grande bene. Il problema è farlo con dolcezza, con delicatezza, senza offendere, senza ferire, ma farlo. Anche questo, mi pare, è cercare di mettersi vicini, al fianco dell’umanità sofferente, smarrita, limitata e ferita, farlo da poveri uomini e povere donne quali siamo ovviamente anche noi cristiani, per il solo fatto di essere umani, dunque limitati. Felicemente limitati.

fonte: La Croce quotidiano

29 pensieri su “Di cosa parliamo quando parliamo di limite

  1. salvatore scargiali

    Sinceramente cara Costanza non riesco a vedere il problema. Mia moglie è una maestra di infanzia, ho tre nipoti due femmine e un maschio, conosco molte persone, non ho mai percepito problemi di identità deviata. Il problema che poni sul gender lo percepisco come necessario per il percentualmente minoritario gruppo di persone che, per ragioni probabilmente genetiche, hanno delle personalità particolari. Gruppo, che nella tradizione secolare è stato emarginato o forzato a paradigmi culturali non adatti alla loro natura; i pochi, in percentuale, ma consistenti in valore assoluto, che non hanno vocazione tradizionale matrimoniale. Sul mondo femminile ci sarebbe poi da fare un ulteriore approfondimento. Veniamo da secoli in cui la maggioranza era contadina, fino agli inizi del XX secolo era così, Le donne lavoravano nei campi, non veniva loro riconosciuto un salario, morivano di parto e servivano gli uomini. Era il loro compito. Stiamo vivendo, da una settantina di anni, un periodo di rinnovamento e il mondo culturalmente, forse anche grazie alla cultura cristiana, si preoccupa sempre più delle fasce deboli e storicamente emarginate. Quello che è sbagliato è aver creato un frontismo ideologico e, scusami se mi permetto di esprimere un giudizio, articoli come il tuo lo hanno alimentato. Un frontismo ideologico deleterio, la minoranza ha fatto fronte, si è organizzata in lobby, ha creato gruppi di pressione. Una guerra che produce solo esagerazioni. Ma io sono ottimista, la natura vince, gli uomini continueranno a vivere insieme e il mondo andrà avanti lo stesso.

  2. Angiblu

    Costanza, come sempre un bellissimo articolo. Sai esprimere così bene le domande che anch’io mi pongo: ha senso andare a rompere le scatole alle riunioni di presentazione dei corsi di educazione sessuale a scuola? “Scusi, posso sapere che film fareste vedere a mio figlio” Risposta: “Perché non si fida? È una sorpresa…” Non sarebbe meglio tenerlo a casa e basta, senza passare da attaccabrighe retrograda… e che gli altri genitori se la vedano loro? Ma poi vengono a chiederti: “Scusa, cos’è questo gender di cui chiedevi alla preside?” e ti rendi conto che c’è bisogno di rispondere, altrimenti il mondo si mangerà i nostri figli e i loro amici in un boccone, senza che i genitori se ne accorgano neanche… Servirà per guadagnarci il Cielo? No, quello c’è l’ha già guadagnato Cristo! Grazie Costanza

  3. L’ha ribloggato su lavitasempreintornoe ha commentato:
    “La prima attività è una passività.”
    Giuss o giù di lì.

    “Io capisco l’allergia al limite, ce l’ho anche io, e sapeste le cavolate che ho fatto. A nessuno di noi piace averne, vogliamo credere tutti al volontarismo di stampo anglosassone, all’efficientismo capitalista, al where there’s a will there’s a way. Ma non è così. A volte vogliamo una cosa, la vogliamo disperatamente e saremmo disposti a buttare tutto il resto, ma non la possiamo avere. Semplicemente perché è così. Siamo limitati, siamo creature. Ma la buona notizia, il Vangelo, è che la morte non ha l’ultima parola. Cristo è risorto. Il limite non ha l’ultima parola su di noi, non perché lo superiamo ma proprio quando lo accogliamo. Quando accettiamo di perdere la nostra vita cominciamo a vivere. La buona notizia è che questo limite ci custodisce. È per noi, è per il nostro vero bene, perché nostro Padre, l’Onnipotente, più intimo a noi di noi stessi, ci ama profondamente e ci vuole salvare.”

  4. Massimo

    Grazie Costanza.
    Riesci sempre ad andare al cuore delle questioni, ispirata dalla fede. Sempre in punta dei piedi. Sempre mettendoti in discussione. Sempre senza nascondere la debolezza che contraddistingue chiunque cerchi la conversione ogni giorno. Sempre con uno sguardo di misericordia, possibile solo a chi ha ricevuto misericordia.
    Concordando in pieno con le tue conclusioni, riporto alcune parole (memorabili) di Papa Ratzinger.
    Diceva Benedetto XVI: “Il Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, in un trattato accuratamente documentato e profondamente toccante, ha mostrato che l’attentato, al quale oggi ci troviamo esposti, all’autentica forma della famiglia, costituita da padre, madre e figlio, giunge ad una dimensione ancora più profonda. Se finora avevamo visto come causa della crisi della famiglia un fraintendimento dell’essenza della libertà umana, ora diventa chiaro che qui è in gioco la visione dell’essere stesso, di ciò che in realtà significa l’essere uomini”.
    E ancora:
    “Dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo”.
    Ancora grazie.

  5. vale

    Io credo che alla fine di tutto il vero bersaglio sia la creaturalità dell’uomo. Quello che i contemporanei proprio non possono tollerare è di essere determinati da qualcun altro. Che l’identità sessuale sia qualcosa che riceviamo alla nascita e che non ci possiamo scegliere, non perché sia giusto o sbagliato ma semplicemente perché è così, come il fatto che abbiamo due braccia e due gambe, anche se ci piacerebbe volare. Alla fine, al fondo di tutto, in discussione è l’idea del limite. E quindi l’idea di Dio.

    la magistratura italiana pare pensarla in altro modo….

    “I giudici allora specificarono che “il dato fondamentale non è più il sesso biologico o anagrafico, ma il genere, che si può definire quale ‘variabile socio-culturale’, vale a dire ‘della persona in base alla quale della stessa si può dire che è maschile o femminile”. Ed infatti – continuano i giudici – la legge dell’82 ha come scopo “la rettificazione di attribuzione di sesso, e non la riassegnazione sessuale sul piano anatomico”.

    Se questo è l’aspetto fondamentale, è inutile prendere pillole e bisturi per modificare il corpo. I giudici lo hanno detto a chiare lettere: non è importante la biologia, ma la psicologia. Ed è quello che hanno fatto sempre le ideologie: fregarsene del reale e sovrapporre ad esso il proprio schema mentale razionalista. E se il reale si ribella? Beh basta portarlo in tribunale”

    http://www.lanuovabq.it/it/articoli-cambio-di-sessoquando-il-giudicesi-sostituisceal-chirurgo-11912.htm

  6. Andrea

    cara Costanza, mi piace questo articolo. essere poveri di spirito significa essere mendicanti nella parte più profonda di noi stessi, significa incominciare a simpattizzare con i nostri limiti e non ad odiarli e aprirsi a Dio per farli valorizzare solo da LUI.. Strutturalmente siamo fragili ma questa è la nostra salvezza, la nostra tranquillità….Dio sa che siamo poveri per questo dice “beati i poveri in spirito” perche di essi è il regno dei cieli”. se questo si cristalizza nel nostro cuore abbiamo messo delle ottime premesse per l’incontro col Padre, l’unico incontro da non lasciarci sfuggire.

  7. paolopancio

    state remando controcorrente e lo Zeitgeist è più forte delle vostre braccia; perderete l’ennesima gara di canottaggio o battaglia ideale o guerra ideologica – per fortuna aggiungerei – e forse, visto che credete alla Provvidenza, siete stati scelti per questo: siete per me dei clamorosi perdenti, ma per voi stessi degli splendidi perdenti e magari non è un tutta questa tragedia; vorrei aggiungere che anche mio nipote di 8 anni gioca coi minipony, un po’ se ne vergogna e perciò nasconde il pony viola che voleva e che gli ho regalato in un armadio a casa mia perchè “non è roba da maschi”. insomma la diffusione dell’ideologia gender nella sazia e disperata Reggio Emilia mi sembra ancora ad uno stadio embrionale; comunque magari da grande farà lo stilista perchè schiacciato nell’infanzia dal relativismo LGBT ma il fratello di 6 anni – stessa famiglia educazione e zio nichilista – ha preteso un’armatura da vichingo, con mazza e ascia ed elmo con le corna: forse quel che si è non lo decidono le ideologie ma, addirittura il Caso o Dio, se volete.

      1. Anonimo69

        Ahimè! come è difficile vivere! che abisso fra volere e potere!
        Il punto è che per accettare il dato di fatto (la “naturalità”) come immodificabile, ci vuole PREVIAMENTE una grande fede, ma coloro che non accettano quel dato, in genere non hanno una grande fede (e se ce l’hanno, vuol dire che vivono una contraddizione insuperabile).
        Io mi pongo continuamente una domanda: ma, coloro che non gradiscono quello che la natura gli ha dato, avrebbero accettato la vita se avessero potuto rifiutarla, “ab ovo”? C’è un personaggio (molto malato) de “L’idiota” del credente F.M. Dostoevskji, il quale, ad un certo punto, dice: “Non avrei accettato la vita, a condizioni così ridicole”.
        Certo, direte voi (per “voi” intendo la maggioranza degli utenti del blog), c’è l’amore di Dio e di Gesù per noi, ma purtroppo l’amore non solo non è sempre corrisposto, ma talvolta non è nemmeno avvertito. A69

        1. Non per niente e grazie al cielo all’uomo non è chiesto di pronunziarsi sulla propria esistenza, non ne sarebbe in grado (e quando crede di esserlo fa solo disastri).

          1. Anonimo69

            @ Lalla

            beh, se decidesse per il “NO”, riguardo alla “propria” esistenza (non a quella di altri), non farebbe alcun danno: chi non c’è, non fa………………..A69

    1. Vanni

      Grazie per l’incoraggiamento. Ma, secondo me, quel pony viola l’hai comprato per giocarci te, di nascosto.

      1. paolopancio

        la mia non è nient’altro che una constatazione, vanni: i cattolici perdono guerre ideologiche o militari, senza interruzione, dal 1555, quindi quest’anno festeggerò il quattrocentosessantesimo anniversario della Pace di Augusta, coi miei nipoti inconsapevoli e col minipony, of course.

  8. Claudio B

    Ci ho riflettuto un po’ su, mentre andavo al lavoro. Anche questa è carità. Anche dare ai giovani il senso del limite è carità, come ben sa chiunque quotidianamente abbia a che fare con i giovani. Non li reprime, come vorrebbe la sciagurata ideologia che tanti danni ha fatto e sta facendo: li sostiene, dà loro punti di riferimento attendibili. Anche per violare quel limite, se ne hanno bisogno per crescere, e se lo fanno vanno rispettati e aiutati, ma sempre ribadendo che quel limite esiste.
    Insegno da quasi trent’anni, posso dire con cognizione di causa che trent’anni fa, o anche venti, non si assisteva quotidianamente a crisi di panico in tutti gli angoli dei corridoi della scuola, come invece accade oggi, è frequentissimo vedere ragazze che improvvisamente piangono, dichiarano che gli viene da vomitare, che non riescono a respirare. I maschi lo manifestano in altro modo, ma si vede lo stesso.
    Quello dell’identità sessuale è uno dei problemi forti dell’adolescenza, e qui non è necessario vivere coi giovani, basta ripensare alla propria di adolescenza e alle proprie conoscenze di allora. Io credo che chi propone un’illusoria libertà ai bambini e ai ragazzi in questo campo “scandalizza uno di questi piccoli che sono con me”. Ai propri fini ideologici, o piuttosto senza rendersene conto ai fini della società economicistica così ben descritta nell’articolo, ma comunque li strumentalizza.
    E’ un problema forte, chi ha difficoltà o non lo supera va rispettato e non emarginato, ma rimuovere i riferimenti maschio/femmina, padre/madre, non si può e non si deve.

    1. Claudio B

      Chi vuole sottrarre i propri figli a un certo indottrinamento obbligato ha tutto il diritto di fare così. Non per questo, tuttavia, potrà sottrarli al bombardamento mediatico, che è assai più potente e persuasivo di quello che può essere attuato dalla scuola.
      Inoltre, i casi sempre più diffusi che riscontravo sono di ragazzi che arrivano a scuola così, cioè da famiglie in crisi di principi e di comportamenti, non di ragazzi che vengono resi così dalla scuola.
      In ogni modo, certo che davanti ai kit per la masturbazione infantile e agli opuscoli sulla libertà di scegliersi l’identità sessuale anch’io prenderei in considerazione scelte come quelle. Che per la formazione superiore e universitaria, tuttavia, mi sembrano alquanto improbabili, almeno nella realtà attuale.

  9. La natura ha una sua perfezione sorprendente e questo è il risultato di una somma di limiti. La natura è perfetta perché non è infinita. Se uno capisce i limiti, capisce come funziona il meccanismo. Tutto sta nel capire i limiti. (cit. Alessandro Baricco, da Oceano Mare).

    1. Anonimo69

      @ A. Valgimigli

      un piccolo OT: per caso lei è parente del grande grecista Manara Valgimigli? A69

  10. Ogni dubbio cancellato
    Il fedele rincuorato
    Si riappresta alla battaglia
    Ben sicuro che non sbaglia.
    Sono gli altri nell’errore,
    Che non credono al Signore.
    Omo e donna li ha creati,
    Anche fossino operati,
    Gli tagliassino l’uccello,
    Uno resta sempre quello.
    Ricucita la vagina
    tutto resta come prima,
    Non per far come ci pare,.
    Ma tranquilli generare.
    Così dice la natura
    Non è mica una iattura!
    Viva viva la famiglia,
    Non va bene chi spariglia.
    Lo insegnassero anche a scuola,
    La famiglia e quella sola!

  11. Pingback: Di cosa parliamo quando parliamo di limite | Infodirilievo

  12. Mari

    Cara Costanza leggo sempre con grande attenzione i tuoi articoli, mi trovo d’accordo spesso .
    Io credo che tu guadagni il Paradiso con quanto scrivi, che piaci al nostro Padre Celeste per quello che testimoni con la tua vita ,il tuo impegno.
    Quindi non avere dubbi …sei uno “strumento ” di Dio ….continua le tue conferenze …continua a scrivere libri…ti stai comportando da Cristiana e da figlia della Chiesa in ogni momento della tua vita,ne sono certa .
    Mi auguro di conoscerti presto …sarai finalmente in Puglia tra una manciata di giorni (giorno 7 marzo a Lecce)…e …sono felice perché potrò conoscere anche padre Maurizio Botta che sarà nella mia città per la settimana della fede (giorno 4 marzo a Taranto) ….

  13. Antonietta

    Sulla questione del limite:Proprio ieri sera il Cardinale Scola, che, Costanza, ti ha preceduto nella mia città, ci ricordava che una é il senso del limite che definisce l’adulto e che non possiamo considerarci tali fino a quando non impariamo ad accettare i nostri di limiti, anche se abbiamo 80 anni. Avanti tutta cara Costanza.

  14. girab@libero.it

    Grazie Costanza per quella tua riflessione in “Di cosa parliamo quando….” che ho molto apprezzato:infatti ti leggo sempre volentieri ma ti apprezzo ancor più quando di tanto in tanto sai “resettare” in qualche modo ciò che fai e pensi, per porti quella domanda che tutti noi dobbiamo farci (e dovremmo più spesso fare). “Perché faccio questo? A chi voglio piacere? A chi ubbidire…?” Io faccio poco, ma spesso mi rendo conto di quante cose “buone” faccio per amor proprio, per vanagloria, (probabilmente anche questa e mail…), per ipocrisia, e quanto è difficile amare gli altri, mia moglie ad esempio, così come è lei. Anche quando mi pare non capisca ciò che voglio dire, ciò che sono e penso, quando pensa diversamente da me. E così i figli, il collega, il datore di lavoro…Un gesto gratuito di carità, che vede solo Dio, vale più di mille prese di posizione, di cento proclamazioni di verità. E tuttavia non dobbiamo esimerci da esprimere e fare ciò che noi e noi soli siamo capaci di fare: penso alla tua battaglia per la verità della Famiglia, o al mio resistere nelle battaglie quotidiane che io so….Kiko una volta disse che, in confessione, denunciò in qualche modo il suo peccato di vanagloria quando idea un canto nuovo, o si appresta a una pittura sacra o non so ché, e come fosse a volte propenso a rinunciare a questo per restare nel nascondimento, in una sorta di “umiltà” che pensava migliore… ma l’umile prete anziano che lo confessava lo avvertì con decisione che quei pensieri vengono dal demonio che, molto più intelligente di noi, sfrutta questi nostri sentimenti per ridurci all’inazione. Guai, disse, a rinunciare a un’opera buona per timore di cadere nella vanagloria o in altri sentimenti negativi ! Accettiamo – questa è la vera umiltà – anche quelle conseguenze su di noi dovute alla nostra natura di peccatori, ma diamo gloria a Dio con il nostro corpo, la nostra azione, i nostri talenti. Cristo ama e perdona, dov’è il problema? L’importante è spendersi per la sua Gloria e il suo onore.

    Dato che non voglio rischiare di esser “compiacente”, volevo rivolgerti anche una critica…. o quanto meno, non sono d’accordo con quanto letto in quell’altro intervento sull’ “aiutino/aiutone” monetario per le coppie che vorrebbero sposarsi. Ho capito, certo, l’intento di quell’idea, ma visto che son abituato a andare al cuore delle cose, al loro nocciolo duro, vorrei dire che del gran passo decisivo (non parlo della morte, ma del matrimonio, e comunque per un certo verso le cose si somigliano) so due cose. Basate, beninteso, non su verità a tavolino ma su esperienze dirette: 1) per sposarsi cristianamente servono soltanto: un fidanzato /a per lei /lui (oggi è da precisare anche questo), un prete.I soldi, la casa, il lavoro non sono elementi necessari, ossia costitutivi del matrimonio.

    2) il denaro è la radice di tutti i vizi e questo fatto, prima o dopo, esce alla luce. Soprattutto quando alla base ci sono le “buone azioni”, le “buone intenzioni” Lo so, detto così, in faccia al mondo, si rischierebbe interdizione pubblica o, come minimo, un sorrisetto beffardo di compatimento. Ma se parliamo tra noi, tra persone che hanno incontrato Gesù Cristo davvero, allora forse posso dire questo. Chi desidera sposarsi e formare una famiglia in Cristo certamente deve tener conto se ha un lavoro più o meno stabile e cercarsi una casa dove andare a abitare. Ci mancherebbe ancora … Ma sono sicurissimo che – a dispetto di quanto dice il mondo (anche tante brave analisi da famigliacristiana) – non è vero che questi “poveri, bravi giovani di oggi” stentano a sposarsi per la crisi del lavoro, dell’occupazione, del caro affitti e quant’altro. Questo è un inganno.Se procrastinano la data, non si decidono spesso (stavo per scrivere sempre) c’è una mancanza di fede, di un cammino serio nel quale ti è stato insegnato – e tu hai intimamente creduto – che esiste un Padre in Cielo che pensa a te dalle 7 di mattina quando suona il fatidico bip della sveglia, all’attimo prima in cui la sveglia sta per fare bip, il giorno dopo, cioé sempre. E se questo Padre esiste , e se quella è la/il donna/uomo che ti sta dando, perché non gli chiedi con fede ciò che ti serve? E fai pregare per questo chi con te condivide un’esperienza di Fede. Soprattutto cercando il vero Bene, quel Gesù senza il quale nessun matrimonio potrà reggersi in piedi. E allora il di più ti verrà incontro in modo inatteso da quel Signore che non si fa battere in nessuno in generosità.Quante coppie giovani ho visto sposarsi addirittura senza un lavoro stabile, con una casetta traballante e poche sicurezze umane, ma una sola – la sola che sgombra il campo da ogni sospetto di incoscienza! – e cioé che Dio voleva quello per loro in quel momento. E sono state felici di farlo, forse quella precarietà umana, ma sostenuta dalla preghiera di una Chiesa che li accompagnava, è uno dei periodi del matrimonio che ancora ora ricordano con più gioia. Ma c’è un altro aspetto che – nella proposta del futuro don Ivan – mi inquieta e mi riesce difficile pensare come geniale.E’ il punto due. Sai quante volte ho riscontrato, da catechista – spettatore, non attore della fatica che fa lo Spirito Santo a guarire i mille nodi contorti che ci affliggono senza che ne conosciamo la causa – come sia terribile nel rapporto genitori figli (quando anche quest’ultimi hanno ormai cinquanta, sessant’anni) il nodo del cordone ombelicale…. Non è scontato che questo sia stato mai davvero tagliato…. Le mamme soprattutto, ma anche i papà !! , tendono a cucciolare i figli, a porgli dolci ricatti e ricattini affettivi, a tenerseli presso di sé in mille modi, anche quando sono adolescenti, ragazzotti, quasi sposi, poi sposati da anni e poi anni… Certo, un genitore cristiano, abbastanza umile e maturo, consapevole della propria debolezza, accetta questo rischio, soffre e combatte per rinnovare ogni giorno se stesso e dare piena libertà al figlio, e ci vuol tutta… in questa lotta contro la propria naturale affettività… E’ giusto sia così… siamo tutti deboli. Ma quando (e ho il timore siano la maggioranza) un genitore non è consapevole di questo, sai quanti danni fa tener legato il proprio figlio che è stato chiamato a “lasciare” il proprio padre e la propria madre e unirsi alla propria sposa e formare una “nuova” faniglia. Slegandosi così da quella precedente. Dare un aiuto economico in certo qual modo strutturato (altra cosa è un aiuto sporadico, magari fatto con discrezione, quasi in segretezza, umilmente mascherato da “regalo” per una qualche occasione), porterebbe a acuire prima o poi dissapori, risentimenti, una mancanza di libertà tra gli sposi che devono esser lasciati liberi di agire, sbagliare, scontrarsi, soffrire soprattutto. E crescere nella fiducia verso Dio. Altrimenti son dolori…. Penso che dove c’è il denaro (inteso in una sicurezza creduta in buona fede necessaria per compiere qualche scelta) c’è alla fine un inquinamento della essenza di un rapporto. Anche se le persone sono le più “sante” e ben intenzionate del mondo. Prima o poi sorge il giudizio, il ricattino, la dipendenza di un legame affettivo non sano, anche solo il pensiero “ma con quello che abbiamo fatto… vedi cosa fanno…vedi però come usano, che fanno, che comprano…eccetera…” e dall’altra parte rischia venir meno la fiducia della sposa verso lo sposo e l’intrusione prima o poi si fa sentire… E a rischiare è la famiglia. Un abbraccio cordiale e grazie per ciò che fai. Giuseppe, Sestri Levante.

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