Passeranno con gli anfibi sulle nostre certezze

 

River-Phoenix

di Costanza Miriano

Sono una mamma di un adolescente, un preadolescente e due bambine, e grazie alla mia rispettabile esperienza ho una forte, incrollabile, solida certezza: ho totalizzato fino a oggi almeno sedicimilasessanta errori educativi. E questo nella migliore delle ipotesi, cioè nell’auspicabile caso di avere sbagliato una sola volta al giorno con ciascuno dei figli. Nella realtà potrebbero essere molti di più ma preferirei non indagare.

Nonostante conosca i limiti con cui mi occupo dei figli (dopo le ansie dei primi tempi ho eletto a mio stile un’allegra trascuratezza), mi aggiro nel mondo con incoscienza. È che io so che non sono io, né lo è mio marito, il garante della riuscita della nostra prole. Il loro Padre è un altro, ed è in cielo anche la loro vera Madre. Noi siamo supplenti, con un incarico a t.d. e pure abbastanza limitato nel tempo.

Io credo infatti che non ci sia una vera e propria tecnica educativa, pur avendo comprato a chili manuali sull’educazione delle più varie ispirazioni (e a posteriori posso dire che alcuni erano non solo inutili, ma anche decisamente dannosi, ma purtroppo non ho un caminetto), se quello che si deve insegnare è la vita. Anzi, mi viene persino il dubbio che non si possa proprio insegnare nulla di veramente fondamentale, a parte allacciarsi le scarpe possibilmente del piede annesso alla scarpa, usare forchetta e coltello senza cavare occhi a fratelli, non buttare tostapane attaccati alla spina dentro vasche da bagno piene d’acqua e sorelle. Oltre, è chiaro, alla regola base della vita (mai scarpe blu con vestito marrone).

Io penso che i figli abbiano soprattutto diritto e bisogno di due cose.

Prima di tutto vogliono essere amati. Non è scontato. Amare davvero non è facile. Vuol dire prima di tutto accettare ognuno dei figli per come è. Spettinato, puzzolente, precisino, caotico, grasso, scheletrico, antipatico, pesante o bellissimo, simpaticissimo, dolce e servizievole. Il figlio perfetto non esiste, e se è molto ordinato magari non è creativo, è simpatico ma distratto, è obbediente ma duro e giustizialista, è allegro ma capriccioso. A volte è tutte le cose insieme. A volte sa fare e dire sempre la cosa che ci fa saltare i nervi (nessuno ci conosce come loro), a volte lo vorremmo più simile a noi e riconosciamo invece in lui i difetti dell’altro genitore per i quali facciamo più fatica. Altre volte lo vorremmo diverso da noi, e ci dispiace che ci somigli nei nostri difetti, in quelli che meno vorremmo avere. Insomma, anche se persino “noi che siamo cattivi sappiamo dare cose buone ai nostri figli”, darle sempre, queste cose buone, non è affatto facile. Anche con i figli, nel caso dell’amore più istintivo e quasi animale – soprattutto per le madri – la capacità di amare davvero, con il cuore libero, capace di accogliere e di lasciare liberi, di non proiettare attese e rivendicazioni, questo amore bello, forte e pulito, questo viene solo da Dio. Solo a lui possiamo chiedere che ci insegni a guardare ai nostri figli.

Soprattutto durante gli anni dell’adolescenza, quando dovranno necessariamente andare a sperimentare la loro Babilonia, a ribellarsi, a fare le loro cavolate, a vedere se davvero quello in cui credono i loro genitori è roba buona e solida. Dovranno salire con gli anfibi sopra le nostre certezze per vedere se sono di cartongesso o di marmo, prendere a calci l’albero sotto il quale da piccoli li abbiamo portati a riposare, per vedere se è marcio dentro. In quei momenti: no panic. È tutto previsto. Passerà. Basta che reggiamo noi, e se abbiamo seminato torneranno. Arriverà un momento in cui faranno qualcosa anche se gliela abbiamo consigliata noi. Allora saranno adulti.

L’importante è che il padre rimanga a casa quando il figliol prodigo va a sperperare i suoi averi, e non si unisca alla compagnia, non vada col figlio a prostitute, rimanga a custodia della casa e non la faccia andare in malora. È il momento in cui il ragazzo se ne va con la carovana, è capitato a Maria e Giuseppe, capiterà anche a noi di stare a cercarlo per tre giorni. Aspettare in panchina, non scendere in campo, pregare per la sua felicità nella libertà, quella cosa che persino Dio ha più cara della nostra stessa salvezza.

Magari ci sono dei momenti in cui ci provoca per vedere fino a che punto possiamo volergli bene, e ancora una volta l’unica cosa da fare è alzare lo sguardo a Dio e vedere come ci ama lui. Tanto, tantissimo, anche quando facciamo delle schifezze.

La seconda cosa di cui hanno bisogno i figli è la bellezza. Sapere che la vita è una cosa bella, che vale la pena viverla nonostante tutto, sempre. Vedere in noi questa certezza, respirarla nella nostra contentezza, convincersene nella nostra fiducia.

La nostra certezza ancora una volta non può che fondarsi in Dio, perché senza di lui ho qualche dubbio sul fatto che la vita sempre valga la pena. Alla fine, dunque, quello che serve per essere buoni genitori, soprattutto nella tempesta dell’adolescenza, è quello che serve a essere santi. Esattamente lo stesso equipaggiamento. E quindi se ci preoccupiamo della nostra conversione educheremo senza nessuno sforzo aggiuntivo i nostri figli. Se vedranno che sappiamo perdere qualcosa a cui teniamo per un fratello, se vedranno che non facciamo i furbi ma anzi rischiamo pure di passare per scemi perché ci facciamo difendere dal Padre, che preghiamo seriamente, che crediamo davvero ai sacramenti, se respireranno il sacro, potranno fare tutte le esperienze che vorranno, ma torneranno a casa. Non torneranno per imparare da noi, ma da quello dal quale impariamo anche noi.

cinquepassi.org

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Vi aspettiamo Venerdì 12 Dicembre 2014, presso la Chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova) in Piazza della Chiesa Nuova alle ore 21.00

BELLIRIBELLI

38 pensieri su “Passeranno con gli anfibi sulle nostre certezze

              1. Giusi

                Sarà un costrutto sicuramente imperfetto e suscettibile di miglioramenti ma almeno cerca di andare nella direzione indicata da Nostro Signore

      1. Allora la tenga pure sul davanzale della finestra aperta, non gliela verrò a rubare. Don Fabio dice che la prima è del ’62. L’Opac è incerto (opac incertum? E “costrutto” si tradurrà “cum lardo”?). Buona giornata anche a lei 🙂

  1. Costanza Miriano:

    …mi aggiro nel mondo con incoscienza”

    (metafisico Pierrot lunare!)

    Certo, te lo sai che sei solo in supplenza, che tutto, realmente, è nelle mani del Provveditore aglia Studi, ma anche gli altri, genitori non supplenti di nessuno, nella loro incoscienza, non gli aiuterà Iddio?

  2. Angelo

    Non vorrei rompere l’idillio,ma ho anch’io due maschi e due femmine più piccole e partecipo attivamente alla gestione della famiglia, diciamo il 50%, perciò capisco…ma fino a un certo punto. La vita è bella se si crede che non sia questa quella vera e che questa abbia lo scopo di un’opportunità e una pregustazione. Accade,perciò, che le difficoltà dell’esistenza possano risultare soverchianti rispetto alle proprie forze, e non credo che vedere queste umane difficoltà sia un male per i figli, sempre meglio comunque che sfidare le proprie capacità. Con l’aiuto di Dio si può fare ogni cosa, ma a nessuno di noi sfugge che non possiamo essere sempre così perfetti da accettarlo in ogni momento. Sono convinto che gli interventi di filosofiazzero, condivisibili o meno, abbiano anche lo scopo di aiutare qualcuno di noi a togliere un pò di sovrastruttura moralista. Parlo per me in prima persona, per quanto questa struttura sto cercando di abbatterla da tempo in quanto non la reggo più…

    1. Thelonious

      @Angelo…”abbiano anche lo scopo di aiutare qualcuno di noi a togliere un pò di sovrastruttura moralista”… scusa, cosa intendi? Non prenderla come domanda retorica, non ho proprio capito a cosa ti riferisci

  3. 61angeloextralarge

    “non sono io, né lo è mio marito, il garante della riuscita della nostra prole. Il loro Padre è un altro, ed è in cielo anche la loro vera Madre. Noi siamo supplenti, con un incarico a t.d. e pure abbastanza limitato nel tempo”: smack! 😀

  4. Angelo

    Siamo supplenti t.d., certo, ma ciò non toglie che abbiamo la responsabilità della classe, per quanto limitata. La verifica sul Decadentismo la preparo e la correggo io….con l’aiuto di Dio e di Maria, ma se sbaglio o faccio più o meno bene dipende pur sempre dalla mia volontà, altrimenti non avrebbero senso inferno e Paradiso. Siamo “cause seconde”: non è compito da poco!

  5. Mario G.

    Grazie Costanza, le tue parole sono guida e conforto in questo nostro momento di turbolento vivere in famiglia.

  6. Angelo

    @Thelonious, secondo la mia esperienza, anche noi cristiani rischiamo spesso di rimanere chiusi in una sorta di ottimismo da difendere a tutti i costi. Di fronte a dubbi,incertezze,umane debolezze, mi sento continuamente rispondere in maniera dogmatica: Bisogna confidare in Dio, Devi provare misericordia verso il nemico,ecc., tutte espressioni giustissime, ma sbandierate in modo asettico e per così dire automatico – e forse non molto misericordioso- possono diventare formule vuote, che non tengono conto di quanto possediamo di più prezioso e di più fragile: l’umanità. Sapere sempre qual è la risposta giusta di fronte ai drammi umani non è sempre sintomo di fede, secondo me può essere anche sintomo di rigidismo, che dovrebbe essere messo alla prova nella pratica. Ben venga,perciò,che qualcuno mi sproni anche in modo “provocatorio”, non per mettere in dubbio delle certezze come l’aiuto di Dio, ma per diluire una certa maschera moralista di convinzione e quasi imperturbabilità a tutti i costi che, almeno fino a qualche tempo fa, mi portavo dietro e che quotidianamente riscontro anche in molti cristiani. Un solo esempio: so bene che Gesù mi chiama ad amare il nemico, ma se non ci riesco e in un certo momento della mia vita mi sento depresso, preferirei qualcuno che mi ascoltasse e mi desse una pacca sulle spalle piuttosto che recitarmi le frasi del Vangelo in cui si richiama alla misericordia, e questo atteggiamento lo assumo, pur con i miei numerosi errori, anche nei confronti degli altri. Spero di essere stato chiaro. E’ una mia opinione che deriva dalla mia esperienza, non il Vangelo. Grazie per la domanda.

    1. Thelonious

      @Angelo. OK ora mi è chiaro. Allora anch’io condivido quello che dici. Il vero cammino che noi cristiani dobbiamo fare, io credo, è cambiare lo sguardo sulla realtà (quello che si chiama, appunto, conversione). Ma la perfezione non è lo scopo della nostra vita, ma semmai, per grazia di Dio, ne è l’esito.
      Anch’io non credo che serva mai censurare le proprie difficoltà ma occorra, al contrario, essere molto sinceri con se stessi. Quello che mi occorre è che ciò che mi è stato insegnato diventi carne della mia carne attraverso l’esperienza. Diversamente si cristallizza in dottrina e questo non è sufficiente a spiegare la vita.
      Grazie a te

  7. Angelo

    Scusami l’ulteriore intervento, Thelonius. “Diversamente si cristallizza in dottrina e questo non è sufficiente a spiegare la vita”. Sintesi perfetta.

    1. Thelonious

      …anche perché se fosse bastata la dottrina, la Verità non si sarebbe diventata carne. Sarebbero bastate le tavole della legge o una serie di documenti scritti. Sarebbe stato più comodo e meno doloroso per Dio, che invece si è accollato fino in fondo l’esistenza umana, compreso anche il dolore e la morte.

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