di Costanza Miriano
L’Avvento è riconoscere di avere bisogno. O meglio, forse non nell’ordine, cercare di imparare a cucinare entro il pranzo di Natale che ormai si è grandi ed è ora, trovare quella bambola mai prodotta che ci è stata chiesta perché tanto Gesù trova tutto, spedire qualche biglietto come se si fosse vere signore almeno qualche secondo prima della messa di mezzanotte, e riconoscere di avere bisogno.
Perché, cosa si aspetta se non si ha bisogno di nulla?
L’Avvento dunque è innanzitutto riconoscere la propria sofferenza o fatica o pesantezza di vivere, o vero e proprio dolore. È dirlo, una buona volta. Io da sola non posso nulla. Non posso neanche fare felici le persone a cui voglio bene, guarda un po’, perché non basto a me stessa figuriamoci se posso bastare a un altro.
Perché ci si prova, ma volere veramente bene è così difficile. Volere il bene dell’altro, saperlo guardare con lo sguardo che lui desidera, capire il suo mistero, rispettare il suo silenzio. Neanche con i figli si riesce, e sì che lo si vuole più di ogni altra cosa!
Ma non basta riconoscere di stare male. Quello può venire anche facile, al limite può anche essere qualcosa a cui ci si affeziona. Una cuccia in cui ci si accomoda. Una scusa, un rifugio, un’abitudine, un alibi. E quindi il passaggio che ci fa fare l’Avvento è distogliere lo sguardo da noi, dal nostro dolore, e posarlo sull’attesa di quello che ci può salvare. Perché Salvatore non è solo quello che ci salva dall’inferno, dalla morte, ma innanzitutto è quello che ci salva qui e ora, oggi, su questa terra. Gesù passa nella nostra tristezza e la rende feconda se noi siamo docili, se siamo disponibili a collaborare con lui, se siamo aperti alla vita (che poi è un po’ il principio dei metodi naturali: se vuoi agire, Dio, noi non ti mettiamo ostacoli).
Come avviene questo concretamente? Alzando lo sguardo dalla nostra sofferenza e guardando quella di qualcun altro. Riconoscere che il nostro è un vuoto strutturale da riempire amando gratis (formula non vissuta, purtroppo, ma imparata a memoria al corso vocazionale ad Assisi da piccola e rimasta scolpita nella zucca, come molte delle cose che spaccio per mie). Cominciare telefonando a quella persona noiosa, facendo la spesa per quell’altra, dando un aiuto economico a quella famiglia, accarezzando una piaga. E farlo con la certezza che è l’unico modo per convertirsi, cioè per essere felici, e che quella croce è misurata per noi, è della grandezza e della pesantezza esatte, al grammo, per le nostre spalle, per guarirci e farci felici.
I santi hanno fatto tutti così, si sono occupati di qualcun altro, e a volte, direi spesso se non sempre, nel momento del buio, del dubbio, della desolazione, della notte oscura. Ma nella notte brilla una luce, o anche solo la promessa di una luce. A volte basta per non lasciarsi morire.
Grazie!!!
L’ha ribloggato su My Blog LeggiAmo La Bibbiae ha commentato:
L’Avvento è …
http://leggiamolabibbia.blogspot.it/
Costanza sei sempre unica e speciale. Grazie che ci sei, davvero, di cuore. Mi riporti al senso delle cose proprio quando ne ho più bisogno. Sei un sostegno quotidiano, una grazia che Dio ha donato a me e a tutti quelli che ti seguono! Un abbraccio
Uniamo insieme le nostre preghiere perché durante l’Avvento lo Spirito ci renda capaci di guardare all’altro con occhi nuovi… l’altro non è solo chiunque altro, lo sconosciuto… così si rischia di astrarre troppo… l’altro, il prossimo può anche essere mia sorella che non mi vuole più parlare perché mi accusa di cose che so di non aver mai commesso e che io voglio comunque ritrovare e riunire a me in nome dell’amore che sento per lei…. può essere mio padre, vecchio e pieno di rancore e di solitudine, che per orgoglio non accetta la mia presenza o il mio aiuto, ma che io amo e desidero incontrare ancora… il prossimo è chi mi è più vicino, al cuore o al fianco…
Grazie di cuore!proprio bello perché tanto vero;)
Condivido in buona parte i contenuti e lo spirito del post: l’Avvento dovrebbe riportare l’attenzione sull’Umanità, sulla nostra e l’altrui Umanità, ricordandoci d’essere pronti e vigili in ogni istante della nostra vita perché possiamo riconoscere il volto di Dio in ogni fratello e anche nel nostro misero volto di persone imperfette e spesso con una fede a volte pigra e a volte solo d’apparenza.
Non sono però d’accordo nel pensare di superare le proprie amarezze rivolgendosi per forza altrove, aiutando qualcun’altro, cercando d’esser buoni e santi a tutti i costi.Immagino che il senso dell’invito sia quello di superare i propri piccoli egoismi e le lamentazioni continue su sé e su ciò che manca ,che non ci fanno godere della bellezza delle piccole cose quotidiane e soprattutto non ci fanno vedere dov’è la vera sofferenza .
Tuttavia penso che il primo dovere d’ogni persona sia quello di realizzare il proprio talento( nell’amore, nell’amicizia, nella famiglia, nel lavoro, nelle proprie passioni) un dovere imprescindibile, se si vuol dare un senso alla propria vita e tornare al Padre con mani colme di frutti nuovi(gli interessi fruttati da quel talento).
Se ciascuno di noi facesse questo, cioè svolgesse il proprio “mestiere di persona” tutti i giorni , stando al proprio posto nel bello e nel cattivo tempo, resistendo alle tentazioni di facili scorciatoie ,abbracciando con amore e coraggio le proprie croci(ogni talento porta con sè la sua parte di croce) allora già sarebbe tanto.
Come mi disse una volta una catechista(ad un corso per catechisti)” prima viene la giustizia e poi la carità, prima si deve fare il proprio dovere e poi ci si può permettere anche d’essere santi,ché se uno trascura famiglia e lavoro per essere la brava catechista che va a tutte le riunioni e corsi di aggiornamento è come se non avesse fatto nulla”.
Per quanto riguarda i santi poi , penso che ciascuno di questi abbia abbracciato il proprio talento e dato frutto ai doni ricevuti, per questo, loro si sono occupati di qualcun’altro perché era il loro talento e non perché intenzionalmente e consapevolmente hanno scelto d’esser santi
Questo per dire che aiutare il prossimo va bene, ma dev’essere sempre preceduto dai doveri verso le cose che ci vengon date da fare ogni giorno, aiutare il prossimo senza forzature e consapevolezze, atti semplici e spontanei.
E per quanto mi riguarda ad esser santa non ci penso proprio, sarà già tanto se alla fine della mia vita sarò riuscita ad “essere umana”.
cara aracne78, mi sa che essere santi significhi proprio essere umani, ma umani al 100%!
quanto alla giustizia e alla carità, credo vadano insieme. Credo che compiere il proprio dovere per un cristiano significhi non fare ciò che deve fare, ma farlo con amore. Cavolo, mi sa che devo proprio rimboccarmi le maniche anch’io:)
Grazie Costanza, questo post nn sono solo belle parole ma soprattutto se messe in pratica rendono il nostro qui ed ora efficace… abbracci.Andrea
C’è un librettino molto bello che mi è capitato in mano senza che lo avessi cercato. Ero a Napoli un dicembre di anni fa e avevo comprato dei segnalibri nella piccola libreria annessa alla basilica di Santa Chiara. Me lo sono ritrovato nella bustina dei segnalibri, forse ce lo hanno messo per sbaglio, forse era in distribuzione omaggio, non so. Per me è diventato una lettura fissa per l’ultima settimana di Avvento. Se interessa…
Renato Laffranchi, Antiphonae Majores. Le note della speranza, Luciano Editore € 8,00, pp. 47, ISBN 88-88141-00-0 (2003)
http://www.renatolaffranchi.it/
Altro Avvento
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/123687/rubriche/isis-iraq-cristiani-quei-quattro-bambini-decapitati-per-aver-rifiutato-lislam.htm
Viene nella notte oscura. Il Natale è la Notte santa.
Grazie Costanza, meravigliosa come sempre.
E’ sempre bello leggerti: fa bene al cuore. E allo spirito.
Grazie Costanza e non darti pena se “spacci” per tue formule ascoltate da piccola e non vissute (ne sei proprio certa?), non sei l’unica. Siamo in tanti, ma giorno dopo giorno quello che comprendiamo e ricordiamo opera in noi un cambiamento.
Ma nel dubbio ti invito a recitare questa particolare preghiera di sant’Anselmo di Aosta:
Ti prego, Signore
fa che io gusti attraverso l’amore
quello che gusto attraverso al conoscenza.
Fammi sentire attraverso l’affetto
Ciò che sento attraverso l’intelletto
Tutto ciò che è Tuo per condizione,
fa che sia Tuo per amore.
Attirami tutto al Tuo amore.
Fai Tu, o Cristo, quello che il mio cuore non può.
Tu che mi fai chiedere, concedi.
Con affetto e stima!
Mario
Grazie, Mario! La preghiera di sant’Anselmo fa proprio al caso mio. Tutto arriva a tempo debito 🙂
Grazie Costanza! Per gli stimoli che ci dai sempre e in particolare in questo post. Hai ragione! Smack! 😀
L’ha ribloggato su geniofemminile.
..farlo con la certezza che è l’unico modo per convertirsi, cioè per essere felici…convertire:cambiare direzione “cambiar vita, passare specialmente dal male al bene”” (dizionario italiano) rivoltare, volgere (treccani) ; felice: Che si sente pienamente soddisfatto nei proprî desiderî, che ha lo spirito sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato..lleccellente paragone Costanza!
Quando un figlio è sempre molto stanco, spesso è perchè non obbedisce alla sua “storia”, non coltiva quell’orticello che gli è stato donato perchè sia felice e sia realizzato. Perchè non riesce a Chiedere aiuto e pensa che dve fre tutto con molto sforzo, ma la grazia di stato è un enorme dono e un grande aiuto!
Lunedì abbiamo fatto il presepe e vedere la culla vuota è molto triste, aspetto con ansia quel bambino che sta li a braccia aperte pronto ad amarmi, senza fare l’elenco delle mie mancanze, le conosciamo bene io e Lui, ma accogliendo me come sono per farmi nuova! e ne ho veramente bisogno, ogni giorno in modo diverso 🙂
Grazie!
Credo di aver compreso male: da solo non posso nulla, non sono nemmeno capace di voler bene, c’ho il “vuoto strutturale” da riempire, sono triste per il mio dolore. Dunque mi devo rivolgere a Gesù che passa nella mia tristezza e mi salva, se però collaboro con Lui altrimenti peggio per me. E “rivolgermi a Lui” consisterebbe nell’impegnarmi – io, che da solo non posso nulla e non sono nemmeno capace di voler bene e sono un “vuoto strutturale” – ad amare gratis, cosa che – tra l’altro – è attributo tipico di Dio e non dell’uomo, che ama invece solo in modo imperfetto. E infine che il modo in cui Dio ci guarisce è quello di darci una croce da portare, però della misura giusta, essendo “buono” ed essendo che ci vuole felici.
Se è così e non ho compreso male, a me più che un invito a sollevare lo sguardo da se stessi riconoscendo che la salvezza viene da un Altro, sembra un pericoloso corto circuito volontarista.
Io spero e prego che Cristo venga a sollevare la tristezza persino di chi non vuol sentire parlare di Lui o non sa sollevare lo sguardo da sé, o non riesce ad amare il suo prossimo.
Spero e prego che venga e li consoli gratis. E si convertano sì all’amore gratuito, ma il Suo. Lui che è Figlio di Colui che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Buona continuazione di Avvento.
la parola a Costanza…faccio fatica a interpretare i miei pensieri. ..figuriamoci quelli degli altri.
Tuttavia l’invito all’impegno non mi è suonato come una chiamata alle armi volontaristica,
ma solo la richiesta di un mendicante che chiede disperatamente a Dio di mostrarsi…e Lui stesso ci ha suggerito dove si mostra!
Anche Madre Teresa lo ha fatto sperando contro ogni speranza e al buio!
” Sorridero al Tuo volto nascosto. ..sempre “.
Speriamo che comprenda meglio e che le sia di aiuto. Buon Natale
Le perplessità di Don Cristiano Mauri sono anche le mie. Anch’io mi trovo nelle sue condizioni di tristezza, vuoto e dolore. Non credo che la ricetta di Costanza serva a raggiungere la felicità. Personalmente ho sempre tentato di vivere con una sensibilità cristiana verso gli altri, seguendo gli insegnamenti di Gesù per quanto mi abbia dato, con il Suo aiuto, di compiere. Credo che Gesù ci voglia solo dire che il percorso di dolore di ciascuno di noi sia obbligatorio (non si entra nel regno dei cieli se non per la strada stretta – non ci sono altre strade) . La croce nessuno ce la toglie dalle spalle. Quello che penso, per questo periodo di avvento, è che Gesù, come Giuseppe d’Arimatea, quando non ce la facciamo più, si sostituisce, per quel tratto oscuro, a noi. Perciò non ci resta che il pianto liberatorio che scioglie momentaneamente il ns dolore. Anche Lui ha pianto per l’amico Lazzaro. Il percorso della croce è quello da Lui segnato, l’unica ns speranza è la resurrezione. “Signore da chi andremo, Tu solo hai parole di vita eterna”. Cari amici, vi auguro e mi auguro che la fede non vacilli. Cerco, come Diogene, testimoni di fede. Quello che posso dirvi, nella mia esperienza, è che, non cesserò mai di sperare in Lui contro ogni logica e tentazione fino all’ultimo respiro. Chiedo segni, giorno dopo giorno, e credo me ne abbia dato. Ho sempre comunicato il mio sorriso alle persone, ho sempre avuto una parola per tutti. Oggi mi sento spento ed ho bisogno di essere riacceso. Ma posso dire che qualcosa arde sotto la cenere ed è la forza della mia speranza che vivo nella mia preghiera che riesco ad esprimere solo con la musica e col silenzio, non mi piacciono le formule, mi distraggono, ho bisogno di quella forte emozione che mi faccia sentire la presenza di Gesù. ” Mi affido a Te” perchè sono meno di niente, soffia col Tuo S. Spirito e dammi vita .Chi sa pregare meglio di me lo faccia, per me e, penso, per tutti.
In questo periodo di avvento siamo su quella barca, con Pietro, in mezzo alla tempesta con una folle paura di affogare. Un abbraccio Mimmo
Bellissimo post, grazie davvero!