Ritorno al virile

Non immaginate che gioia ricevere questa bella riflessione di Andreas, che, oltre a mettermi un buonumore incoercibile al pensiero di quale intelligenza circola tra le nostre fila, mi conferma anche in quello che sto scrivendo nel mio libro dedicato agli uomini (per il quale, ammettiamolo serenamente, sto procedendo pressoché a caso). Grazie Andreas! 

C.M.

di Andreas Hofer

Anche oggi consueta scena di ordinaria, devastante indulgenza paterna nel corso della messa domenicale. La pietosa sceneggiata del solito Peter Pan di mezza età in pauroso deficit di assertività, intento a mercanteggiare, con tanto di sorriso beota stampato in volto, coi capricci e le manfrine infantili del figlioletto urlante mi ha consegnato una volta di più un’ineluttabile verità: sono tramontati da un pezzo i tempi in cui il duo kattoliko Papini-Giuliotti poteva permettersi di inneggiare all’«omo salvatico». Non è certo un mistero, e i lettori di questo blog lo sanno bene, come alla sposa “non sottomessa” faccia da pendant l’uomo-bambolotto, il maschio devirilizzato e, proprio per questo, facile preda non solo degli istinti belluini e della dittatura ormonale ma anche di un nutrito inventario di paure come depressione, insicurezza, ansia. Un uomo che forse mai come prima si ritrova desolatamente sfiduciato, insicuro di sé e pieno di complessi, debolezze, timidezze…

Vistomi aggredito dalla disperazione più nera, la Provvidenza mi è corsa in soccorso recapitandomi nelle mani un formidabile antidoto, nonché uno strumento indispensabile per orientarsi sulle cause e le dinamiche di questa “mutazione antropologica” del maschio contemporaneo. Parlo dell’agile volume dello psicoterapeuta Roberto Marchesini, Quello che gli uomini non dicono. La crisi della virilità (Sugarco, 2011, prefazione di Claudio Risè).

La tesi di Marchesini è semplice e lineare: la crisi della virilità maschile è una crisi d’identità. L’uomo non sa più chi è, come deve essere, quale sia il suo ruolo. Nel libro Marchesini ci ricorda come le lingue classiche, latino e greco, possedessero termini differenti (homo e anthropos) per indicare l’uomo in quanto maschio, laddove vir e aner rimandano invece alla vocazione realizzata, al dover essere dell’uomo, ossia all’eroe. Vir, da cui non casualmente deriva «virilità», è il possessore della virtus nel suo duplice senso di forza e virtù, di dotazione fisica  e morale. Il cristianesimo, fedele al principio teologico per cui la grazia perfeziona la natura umana senza però abolirla, vedrà nella virtù della fortezza, intesa come fermezza d’animo nell’assolvimento del proprio dovere, la condizione indispensabile per l’esercizio di tutte le virtù.

Se ci si riflette, la fortezza in fondo è anche uno dei princìpi-cardine della cavalleria. Così scrive Romano Guardini a proposito dell’uomo cavalleresco: «Dallo spirito del vero uomo, spirito diritto, forte e puro, disinteressato e nobile, sicuro, serio e allegro nello stesso tempo, deve anche derivare la consapevolezza della propria nobiltà. Perché che cosa significa essere nobile? Avere in sé più responsabilità degli altri. Significa sapere che l’onore è lo scopo delle nostre azioni, sapere che il nostro posto è dove c’è pericolo. Che, in fondo, c’è un unico nemico: ciò che è volgare».

Ma l’eclissi della virilità porta con sé anche la crisi del padre (il “padre assente”). Il padre è per il figlio un sacerdote della virilità, l’iniziatore ai segreti di quel culto tipicamente maschile che è il culto del coraggio e del sacrificio di sé. La virilità è la religiosità della fedeltà ai propri valori. L’autorità (auctoritas da augere, accrescere) del padre ci consegna un ordine di valori eterni, superiori alla nostra singola esistenza. L’oblatività paterna è un’introduzione a quello spirito di sacrificio cui allude San Paolo nella Lettera agli Efesini: «E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso» (Ef 5, 25-28). È l’esempio paterno, educandoci alla rinuncia, a rivelarci il meraviglioso e sconvolgente segreto su cui poggia il connubio tra la sottomissione della sposa e il sacrificio dello sposo. Il sacrificio, la disposizione a dare la vita per la propria sposa e per la propria famiglia è il fondamento della religione virile. «La madre – scrive Marchesini – insegna a vivere; il padre insegna a morire, dopo aver dato uno scopo alla propria vita». Avere delle ragioni per vivere è anche possedere delle ragioni per morire. Come scrive Thibon, «colui che sa per cosa vive non ha bisogno di domandarsi perché vive».

La virtù della forza non consiste tanto nell’attaccare quanto nel resistere, non nel sopraffare ma nel sopportare: avere la forza di dare la propria vita per amore della vita stessa, questa è l’essenza del sacrificio. Ed è il pater-vir a insegnarci il «coraggio di avere paura» (F. Hadjadj), a infonderci, come cantava il Signor G, «il senso del rigore, il culto del coraggio». Dal papà abbiamo appreso che la storia della nostra esistenza «si potrebbe chiamare appunto resistenza».

La paura può essere dominata e sconfitta. E la presenza educativa del padre è di decisiva importanza ai fini della trasmissione di questo messaggio. Marchesini evoca a questo proposito un gioco tipicamente paterno: quello nel quale il padre lancia in aria il figlioletto per poi riprenderlo. E il bambino, di norma, ride. Non piange, perché c’è il sorriso del padre a rassicurarlo. Tra quelle braccia che lo attendono in volo germoglia la speranza. Con quel lancio e quella ripresa il genitore è il primo a ripeterci quell’invito, «non abbiate paura», che ci giungerà dall’unico uomo che abbia trovato la strada per uscire da un sepolcro. L’umana speme infusaci dal padre terreno è una freccia puntata in direzione della divina speranza del Padre celeste.

Ha scritto Chesterton che «solo, fra tutte le religioni, il Cristianesimo ha aggiunto il coraggio alle virtù del Creatore. Il solo coraggio degno di essere chiamato coraggio deve necessariamente significare che l’anima passa per un punto di rottura – e non si rompe».

Per questo il cristianesimo non è un trastullo spirituale per “invertebrati” e “signorini soddisfatti”, ma una religione per cuori impavidi, per spiriti coraggiosi. In una parola, come scrive sempre Marchesini, è «una religione per uomini veri»: la religione del Padre giusto, buono e misericordioso.

Un “ritorno al virile” è l’unica ricetta che possa trasformare il Desperate Houseman dei nostri tempi nel Mister Right atteso da ogni aspirante sposa sottomessa.

93 pensieri su “Ritorno al virile

  1. Già il titolo merita una ovazione, chiunque l’abbia pensato.
    Il contenuto lo condivido al 100% e mi esalta lo stile maschio, le rime aspre e lo sgyuardo da John Wayne che si percepisce.
    Sì, c’è l’eclissi dell’uomo.
    Grazie per questo acceso ricordo.
    Dico, spinto dalla vanità, che stavo preparando anche io una riflessione sul tema, e mi hai battuto sul tempo. Per cui in linea con il tono del bellissimo post non mi resta che sfidarti a duello: mezzogiorno all’oK Corral.
    ;-))
    Paolo

    1. Andreas Hofer

      @ Paolo

      Da malato grave di “thibonite” mi è parso naturale accennare a un “ritorno al virile”. 🙂
      Sfida raccolta! Io e il mio pard siculo-luganese Salvo “Kit Carson” Di Fazio ti aspettiamo per un mezzogiorno di fuoco! 😉

  2. IMHO la crisi dell’uomo oggi è legata, in senso stretto, alla crisi della famiglia.

    Le donne/ragazze oggi (ovviamente non parlo di tutte) sono divenute aggressive, rabbiose, sono il lato oscuro maschile.

    Gli uomini, spaesati, si stanno infemminendo.

    Le ferite dei cuori di molti di noi, portano a una iper protezione da parte dei genitori nei confronti dei figli che, alla lunga, farà malissimo.

    Ad una testimonianza alla “Comunità Cenacolo” di suor Elvira, un ragazzo ha detto “io ho perdonato i miei, ma quando li vedo li rimporvero ancora per avermi sempre detto si”…
    Aggiungedo che è arrivato alla droga per i troppi si.

    La figura che dice “no” non esiste più.
    Se il padre rimprovera o da una bella sberla educativa al figlio dovrà, in prima istanza, avere a che fare con la madre e, nei casi più gravi, anche con i servizi sociali.

    Siamo chiari, oggi ha più diritti un bambino (se questo riesce a superare la ghigliottina dell’aborto) che i genitori nell’educarlo (ricordiamo cos’è successo a Giovanni Colasante in Svezia dove il giudice ha avuto anche il coraggio di domandargli se “noi trattiamo così i nostri figli in Italia”).

    Tutto questo non può far che male in una società dove la famiglia ormai è inesistente.
    Questo gioca molto a favore dello stato che vorrebbe “prendersi cura” dei figli… e quando uno stato educa i figli l’URSS torna vicina.

    1. Non riesco a darti il mio voto.
      Ehi Admin che succede?

      Comunque Salvatore, tu ed Andreas avete saputo descrivere la nostra decadenza e la sfida che ci attende: resistere, resistere, resistere….

  3. nonpuoiessereserio

    Ieri ho incontrato fuori del mio ufficio un autista di camion, solitamente mi capitava di imbattermi in fieri esemplari a due spalle, vigorosi omeni, braccia come montacarichi, con delle mani che evocavano il david di Michelangelo. Ieri, dicevo, mi sono trovato davanti un uomo balbettante, timoroso e insicuro pur nella sua robustezza. Non so perché ma mi ha colpito, ho immaginato in lui un padre separato, ho avuto una compassione ingiustificata dato che non lo conosco e non so nulla di lui. Per un po’ ho nutrito anche un senso di rabbia verso questa società, verso non so che cosa. Una rabbia che credo nasca dal fatto di sapere che questo mondo, questa nostra vita offrirebbe ben altre aspettative e gioie se solo uscissimo dalle tenebre del male. Ho pensato anche a chi si trova in carcere, a chi è caduto nella trappola dell’errore e vive senza la speranza, senza l’affetto e senza l’amore di cui abbiamo bisogno.

    1. Io invece ieri sono stato da un fabbro (da FABER)perchè avevo bisogno di piegare un ferro e non ci sono più oggi quelli omini che lo piegavano con le mani, e questo fabbro era proprio come dicevi te Luigi un omasso con delle manasse forti e il fisico nerboruto e le tesat michelangiolesca e ha preso questo ferro e l’ha messo nel foco tra le scintille e poi giù botte con il martello sull’incudine che neanche Vulcano…ma forse anche questo prototipo poi a casa non ha la tempra di tirare su figlioli con la spina dorsale ma mollicci e invertebrati e poi andranno in giro con le tasche piene di droga e di preservativi chissà?

  4. E’ nato prima l’uovo o la gallina?
    Ovvero sono le donne che si sono mascolinizzate e per conseguenza gli uomini femminilizzati o piuttosto al contrario le donne hanno occupato uno spazio lasciato vuoto dai maschi? Già Musil (mi sembra, abbiate venia, l’unico libro che conosco bene è la Bibbia) parlava dell’ “uomo languido” e Nietzsche accusava il cristianesimo di aver “femminilizzato” il mondo…
    Non sarà che la società del terziario è più adatta alla sensibilità femminile alla sua capacità di prendersi cura dei dettagli, alla sua naturale propensione al servizio (ho sempre detto che le donne sono “segretarie naturali”, un uomo nel ruolo è sempre adattato)? Ve lo immaginate il nostro Neander Thal nei corridoi di un ministero? Magari la sfida è proprio questa: riportare del “virile” nella società terziaria.

    1. guardando il mondo di oggi a me viene in mente la decadenza del ‘700 quando gli uomini si erano effeminati e le donne si erano fatte un po’ più intraprendenti…guarda caso i costumi degradarono notevolmente in quel periodo
      ed in Francia si arrivo alla ghigliottina di stato..

  5. Mutazione antropologica del maschio contemporaneo (ammesso che fosse scampato alla ghigliottina dell’aborto9 devertebralizzazione del carattere e dellla personalità con catastrofici su l’educazione dei figli e conseguente catastrofe umana -sociale.
    Ma è davvero così? O non sono solo i discorsi che si sentono ripetere dappertutto e loro contrari che ci vorrebbe omini e donne che li sanno educare i figlioli no che li lasciassero crescere viziati e mollicci, ma invece come era una volta che si pigliavano subito, a sette anni, l’età cosiddetta della ragione, e si incanalavano vero il loro futuro con in testa digià il sapere dove andare il lavoro che avrebbero voluto fare gli si chiedeva ai bambini cosa vuoi fare da grande e loro subito rispondevano l’ingegnere, il dottore, l’architetto, il pilota di aeroplani, lo scopritore di nuovi batteri (in casa gli avevano già insegnato tutto sui batteri i vaccini gli antibiotici eccetra). Ora invece più nulla, non è più come una volta Signora Miriano, che i bambini si portavano alla Messa e stavano zitti e boni fino alla fine, ora non ci vogliono più nemmeno venire alla messa e i suoi babbi non gli dicono nulla i suoi babbi invece di dirgli qualchecosa se nestanno alla tele a vedre il calcio non li buttano più in aria i bambini come una volta che si abituavano a ridere e a non avere paura che il babbo li li riprendeva e si maturava quel rapporto sano padre figlio che ci vorrebbe ora in questa societa senza spina dorsale, ci vorrebbe di tornare indietro per andare avnti indietro bisogna tornare una volta che uno superi mla ghigliottina dell’aborto ci vorrebboro babbi veri con le palle in dotazione, grosse….

    1. nonpuoiessereserio

      Hai ragione. Si vedono anche molti uomini che si caricano le loro responsabilità una volta che trovano la moglie e hanno dei figli ma sembra che la loro vita sia poggiata su un equilibrio fragile, come se mancassero le fondamenta. Le fondamenta sono costituite dal sostegno sociale e relazionale e non solo dalla fede perché conosco anche molte persone credenti che si trovano in difficoltà. Non credo che la virilità c’entri molto con la fede anche se la fede può essere un’armatura in più, quella che serve per il duello finale e più difficile, quella che serve come dice il post di Andreas per saper accettare la morte con coraggio.

        1. DaniCor

          Ma tu lo sai per certo che dopo non c’è nulla? L’unica certezza è la morte, e a questa ci si va incontro volente o nolente. Andare incontro di slancio è una cosa, è come dice Hadjadj, fare un figlio a novembre anche se sai che a dicembre il mondo finirà. Altro modo di ansare avanti è inerzia, fatalità…

        2. Andreas Hofer

          @ Alvise

          Penso che chi accetta di sacrificare la propria vita non possa farlo se non per ciò che ritiene superiore alla propria esistenza, dunque è un implicito riconoscimento di un ordine di valori più elevato.
          Tra le tante cose che si potrebbero aggiungere sul coraggio: a parer mio coraggioso è chi accetta la possibilità di essere ferito nel corso dello scontro – e ogni ferimento dell’esistente in natura è preludio della morte. «Il coraggio, o fortezza, presuppone la vulnerabilità; senza vulnerabilità non c’è neppure la possibilità del coraggio. Un angelo non può essere coraggioso, perché non è vulnerabile. Ciò significa che essere coraggioso è essere disposto a ricevere una ferita. L’essere umano può essere coraggioso perché è essenzialmente vulnerabile» (Josef Pieper, “Essere autentici. Servono le virtù?”, Città Nuova, Roma 1993, p. 27).
          Con tutto quel che ne consegue, GKC docet, riflettendo sull’Incarnazione del Verbo.

  6. avete notato una cosa? l’uomo di oggi ha anche inventato una affermazione sul gentil sesso che mi fa personalmente incavolare “le donne non sanno quello che vogliono” e con questo luogo comune (a mio avviso terbilmente errato) fondano le loro relazioni su una falsa idea di virilità. Io da uomo vorrei avere accanto una sposa che sa quello che vuole…e non mi pare che sia una cosa fuori dal mondo.

    1. “Le donne non sanno quello che vogliono” quante volte mi è capitato di sentire chiosare così una confidenza fatta tra amici quando una relazione o un tentativo di approccio finisce male.
      Ma è proprio vero?
      Personalmente con il passare degli anni provo sempre più fastidio nel sentire affermazioni di questo tipo sulle quali però è lecito fermarsi a riflettere.
      Io ho provato a cercare una risposta nei Vangeli e sinceramente non ho trovato un solo esempio di donna che non sapesse quello che voleva.
      Iniziando da Maria, la donna con la D maiuscola, capace di dire un “sì” salvifico per il mondo, un “sì” al Dio Amore che in Lei si fece carne. Però non fu la sola, basti pensare chi era presente sotto la croce, o chi annunciò la rissurrezione del Cristo ai dodici.
      Sono madri e sono mogli che ottengono miracoli per gli altri impossibili anche solo da sperare.
      No, sinceramente da Cattolico come posso condividere una affermazione di questo tipo?!
      Le donne sanno perfettamente cosa vogliono, vogliono adempiere alla loro vocazione e lo sanno meglio di noi uomini!
      Vogliono un uomo virile con cui condividere la vita che comprenda cosa sia amarsi e si in grado di difendere sia la loro persona ma ancora di più il sentimento comune. Per dirla in breve: che sappiano badare alla famiglia.
      La verità allora è un’altra ed è che viviamo in un’epoca di analfabetismo affettivo e che quindi si giunge a fare un po di confusione tra amore ed innamoramento; si preferisce il tutto e subito al per sempre un passo allavolta.
      Si usa il sentimento per l’altro per un soddisfacimento egoistico ed edonistico, ed in questo putroppo si è alla parità tra i sessi.
      Allora ribadiamolo, è giunto il momento in cui l’uomo torni al virile come ci dice Andreas Hofer.
      Bisogna tornare ad affascinare virilmente!
      Cristo affascinava perché donava se stesso agli altri, dava valore ai gesti di tenerezza donandoli solo a chi era maturo per riceverli e proponeva mete alte.
      Dobbiamo anche noi essere ambiziosi nei progetti e confidare in Cristo e Maria.
      Credo che sia vera quell’affermazione che dice che “dietro a unn grande uomo c’è una grande donna” probabilmente perché entrambi sanno cosa vogliono e sanno i compiti che gli spettano nella famiglia e nella relazione affettiva.

      1. Vuol dire che una cosa è definire quello che c’è da fare ( e già è importante) altro è sapere come farlo, cosa fare.
        Come si può realizzare concretamente questo ritorno al virile, come realizzare questo riequilibrio nei ruoli interni alla coppia tale da far tornare l’uomo al suo ruolo ?
        Molte donne si lamentano di avere mariti mollacchioni ( io direi molto mammoni) salvo poi, quqndo hanno messo alla luce un figlio maschio, appropriarsene e matrizzarlo a dovere. Con i risultati che sappiamo…

          1. Alberto Conti

            Non sono d’accordo, la realtà è un fatto e se uno la guarda e giudica con il Cuore non c’entra lo stato civile.

            1. già, giudicare con il cuore…
              fosse facile ! Tante volte da fuori non ci si rende conto delle sofferenze che uno vive dentro, magari sono quelle che prima di vedere il mondo così come lo vediamo oggi abbiamo sofferto anche noi…
              Il miglior giudizio è la misericordia, lo ha ricordato il Papa nella catechesi di mercoledi.

            2. Beh Alberto se permetti questa volta sono d’accordo col Frate.
              Perché una cosa è parlare d’amore avendolo letto sui libri ed un’altra è parlarne perché se ne è fatta esperienza; comunque sia andata a finire ( E’ meglio aver amato e perduto, che non aver mai amato! – Samuel Butler o forse Oscar Wilde, non sono così acculturato come tanti di voi).

  7. il post mi piace molto, ma rimango perplessa, come sempre, quando si insiste a dire che oggi è peggio di ieri, che gli uomini oggi non sono più uomini e le donne non sono più donne…
    E poi cosa significa essere un vero uomo e una vera donna? Vogliamo provare a definire qual è questa virilità da “riconquistare”, qual è la femminilità che vediamo svanire? Io non vedo una situazione così tragica attorno a me in questo senso.
    E’ un rischio la confusione dei ruoli, certo che lo è. Ma non mi sembra un rischio peggiore di quando il marito sottomette la moglie a suon di botte. Non mi sembra che poi ci sia una gran differenza: alla fine in entrambi i casi si è perso di vista quello che Andrea Annunziata ci ricorda “Cristo affascinava perché donava se stesso agli altri”

    1. Andreas Hofer

      @ fefral

      Io invece ritengo che la “confusione delle essenze” (non si tratta qui di rimpiangere il passato in quanto passato né di vagheggiare utopie, questo deve essere chiaro) sia non solo un rischio assai peggiore e una palese degenerazione, ma un fatto. Ma ci vorrebbe almeno un altro post per spiegarlo. Il cardinal Siri ha scritto che la Chiesa ha vinto le eresie, ma ben più difficoltà avrà a vincere la confusione…
      Non è un caso che oggi sia diffusissimo anche l’amore predatorio e di possesso, è un discorso che s’è già fatto diverse volte: senza il riconoscimento di un ordine eterno di valori, che incorpora anche la differenza sessuale, resta solo la logica del dominio e della sopraffazione. La rivoluzione sessuale si è espressa con modalità diverse nei due sessi. L’amore vero è tenero e duro al tempo stesso, l’”amore” corrotto oscilla tra i due poli della melensaggine epidermica e della ferocia.
      E oggi le violenze maschili non sono certo diminuite, non è un caso: http://www.antoniosocci.com/2007/08/la-ferocia-dei-maschi
      Sugli effetti della “femminilizzazione dell’erotismo” rimando invece a Del Noce: http://www.totustuus.me/modules.php?name=News&file=article&sid=18
      http://www.totustuus.me/modules.php?name=News&file=article&sid=23

  8. Claudia

    Grazie di cuore Andreas per il tuo contributo! Non solo è una perfetta sintesi di quel bel libro del dott. Marchesini, ma anche la perfetta seconda metà della figura femminile delineata nel libro di Costanza: l’uomo virile che dà la vita per la sua sposa sottomessa. Buona giornata a tutti!

  9. DaniCor

    Una sposata, Presente! 
    Io non posso che amare questo post, non posso che sperare in un “ritorno al virile” per poter dare libero sfogo al mio desiderio di essere femminile al 300%. 
    L’unica cosa è che abbiamo un gatto che si morde la coda. In quanti casi la donna deve prendere in mano la situazione “da uomo” perché il cavaliere di turno è molle?  E quante volte i cavalieri di carta sono fragili perché hanno affianco una donna tigre? 
    E quindi, nonostante immensi buoni propositi e fiumi di parole per autoconvincerci, finiamo per fare delle scivolate storiche! Ma si va avanti lo stesso, Gesù ci ha fatto vedere che dopo la caduta ci si rialza!!!
    Io volevo solo spezzare una lancia per le donne, anche per quelle femministe 😮 ! 
    Il mio è un ricordate cose già dette in questa sede, lo so bene, ma ritengo utile sottolineare. Andreas ha fotografato lo stadio attuale della malattia, ha indicato il fronte di combattimento complementare a quello indicato da sempre dalla nostra Costanza: quello maschile. Ha detto, agli uomini “ricorda ciò che sei!” (cito un film che va per la maggiore tra i teenagers ed è tutt’altro che “culturalmente in”,  Twilight).
    Ma se ad un certo punto le donne si sono ribellate e hanno indossato i pantaloni e di sono uomizzate, qualcosa non andava. Le rivoluzioni nascono nei salotti degli illuminati di turno ma, se non trovano materiale incendiario, mica dilagano con forza. 
    Ovviamente era la medicina sbagliata, ed il malato ora si trova molto peggio di prima! 
    La virilità vera è AUTOREVOLE, è sincera, è devota, ispira fiducia anche quando sbaglia (Gudbrando docet!). Per molto tempo è stata sostituita dal suo surrogato marcio: l’AUTORITARISMO.

  10. Inizialmente pensavo che fosse un elogio dell’analogico contro il digitale (avevo letto vinile invece che virile…). Alla fine non ho neanche dovuto ricredermi, perchè è proprio di questo si tratta. In un certo senso per l’uomo la miglior modernizzazione che può fare di se stesso è un ritorno alle sue migliori origini, quelle del Genesi, per intendersi, dove la percezione di essere creatura prediletta è palpabile e dove è a Dio che viene chiesto “l’aiuto che gli sia simile”. Dove la metafora della costola e l’esultanza per la carne della propria carne sono l’esplodere di una pienezza di desiderio finalmente e meticolosamente realizzata. Tra l’altro ho recentemente visto su youtube un’esegeta biblico che sostiene che la “costola” sia una errata traduzione del vocabolo originale e che invece dovrebbe essere tradotto con “metà” (e questo da allo studioso il destro per sostenere che nella Bibbia sia presente la descrizione della realtà cromosomica, ovvero dall’uomo XY il creatore avrebbe preso la metà, ovvero la X e con quella avrebbe creato la donna, che infatti è XX – teoria molto suggestiva al di là della sua veridicità o meno).
    Quindi quando l’uomo parla della sua metà in un certo senso conferma fin nel livello più microscopico la misura di ogni gesto virile. Dove l’amore per la moglie si identifica con l’amore a sè, dove la relazione tra l’uomo e la donna è spiritualmente carnale, tant’è vero che è naturalmente fecondo, e dove, per tornare al tema caro in questo luogo, la sottomissione si fa metodo perchè l’uomo possa consapevolmente far sue le proprie prerogative che gli vengono direttamente dal Creatore.
    Ditemi voi: sono molto fuori a pensarla così? 😉

    1. nonpuoiessereserio

      Al di là del fatto che non ho capito dal tuo nickname se sei un virile o una sottomessa, hai scritto un ottimo commento.

  11. Stupendo post del mio “fratellone” Andreas! (non avendo fratelli maschi, me ne sono scelto uno tra gli amici, e me lo sono scelto bene!)
    Leggendolo mi sono venute in mente 2 cose: la prima è che l’ideologia gender è una delle più colossali bufale di questo secolo, che però rispetto alle bufale comuni non si estingue ma alimenta molte infelicità (leggi peccati, perchè è la stessa cosa).
    La seconda è che noi donne non dobbiamo raccontarci frottole: l’uomo virile ci piace. Basta con la boiata dell’uomo tenero, che si massaggia il viso con la cremina, sentimentale coi cagnolini e i gattini: queste sono immagini che forse piacciono alle donne rampanti, quelle che sfogliano Vogue o Cosmopolitan e poi in arrivano in ufficio lanciando in faccia alla segretaria la borsa di Gucci, e che se portano a casa uno stipendio più alto di quello del marito lo guardano con aria di sfida, come a dire ” bè, non vorrai mica dire che non me lo merito perchè sono donna??!”.
    Io non dico mica che l’uomo “ha da esse’ rude e da puzzà”. Ci mancerebbe, non è la forza bruta nè l’ascella pelosa in vista dalla canottiera che connota il “vir”.
    Quello che ci vuole è un uomo che sappia proteggere, che sappia essere padre nel correggere e sostenere i figli e la sua donna. E a noi donne ci piace questo uomo. Magari se imparassimo a fargli un po’ di spazio, materialmente e mentalmente, lui tornerebbe a farsi vivo.
    (il capitolo sul maschio maleducato che usa le donne come kleenex sarà alla prossima puntata, ma ho il fondato sospetto che anche lì le donne, le mamme, abbiano una qualche responsabilità!)

    1. vale

      perdindirindina nonché accipicchia: sono tagliato fuori( non per la canotta,neppure se minacciato di morte), ma l’ascella-ed il petto-…..non me li depilo.!!!
      vale

        1. vale

          ….siccome dicevi di forza bruta ed ascella pelosa…..
          già mi vien male quando vedo certi modelli (ma anche molte modelle) alle sfilate di fronte a casa mia.sembrano ectoplasmi di sesso non ben definito. altro che twilight..
          vale

  12. Alberto Conti

    Mi ha fatto pensare questo post, grazie Andreas!!
    E’ già da quando Costanza, a Milano, ha accennato ad un possibile titolo del nuovo libro (“amala fino alla morte” o qlc. di simile) che mi chiedo cosa voglia dire morire per la proria moglie: ho pensato a mio padre, al fatto di come abbia rappresentato sempre l’autorità, se lui diceva “basta” il silenzio piombava in casa e non per paura (me le avrà “suonate” 2/3 volte e per suonate intendo uno scapaccione non cinghiate); ho pensato al fatto di come abbia accettato che mia madre stesse a casa dal lavoro (e in certi periodi 2 soldi in più avrebbero fatto comodo), al fatto di aver rinunciato ad offerte di lavoro che l’avrebbero portato distante da casa per non privarci della sua presenza, al fatto che cercava di arrivare a casa ad un orario decente e non gradiva se i figli non erano a casa, al fatto di non aver mai pensato a se prima dei figli o della moglie, al fatto che ha detto molti no probabilmente anche con lo strazio nel cuore ma mai ci ha chiesto un contributo e vedeva negativamente se cercavamo di lavorare per avere qualche soldo in più in tasca (il nostro lavoro era studiare e poco importava se la paga, o meglio paghetta era poca roba), al fatto di averci trasmesso e testimoniato la Fede. Certo aveva ed ha i suoi difetti ma era ed è un padre.

    Ecco Fefral qual è la virilità a cui ambisco, non so perchè ma mi sembra che nelle generazioni precedenti di uomini così ce ne fossero un po’ di più (per Grazia nella mia famiglia si è saltata la generazione del ’68) o perlomeno io mi accorgo della fatica che faccio ad essere marito e padre, mi sembrava che al mio risultasse più naturale.

    Domenica ho fatto una cosa poco virile ;-), ho portato la mia figlia grande (5^ elementare) ad una festa di compleanno di un suo compagno: l’argomento tra i genitori era la scelta delle medie ed a un certo punto una mamma (il cui marito non definirei un baluardo di mascolinità intesa come persona con attributi) diceva che non aveva ancora deciso e che avrebbero, con il marito, sentito anche il parere della figlia sulla scelta (figlia unica avuta a 39 anni n.d.a.); con tutta la delicatezza di cui sono capace le sono “saltato in testa” dicendo che i genitori erano loro e a 10 anni forse è opportuno che le scelte le facciano loro.

    Cosa significa morire per la propria moglie: rinunciare ai propri comodi, pensare che se anche siamo stati a lavorare tutto il giorno, lei non si è riposata e forse si può dare una mano se è in ritardo nel preparare la cena e rimandare il divano al dopocena.

    Da fidanzati abbiamo avuto la Grazia di visitare gli scavi Vaticani e la tomba di San Pietro: di fronte al sepolcro di quell’imperfettissimo ed indegno primo pontefice ho chiesto la Grazia di essere Marito e Padre Cristiano: imperfetto ed indegno in questo ruolo ma aggrappato a Cristo.

    Mi scuso per la lunghezza ma il tema mi sta a cuore e vi lascio con un sano esempio di “virilità genitoriale”
    http://www.ilsussidiario.net/News/roma/2011/10/20/SCONTRI-ROMA-L-esperto-ma-i-genitori-degli-indignati-se-lo-sarebbero-mai-aspettato-/2/215622/

  13. Se Adamo fosse stato veramente “virile” avrebbe detto no alla mela e avrebbe dato una pizza alla sua consorte. Invece ha ceduto, poichè amor omnia vincit. Quando la femminilità è sconvolta e adulterata da qualche serpente, la mascolinità degrada di conseguenza. Le donne quindi preghino la Vergine di aiutarle, gli uomini anche.

      1. il male è sempre esistito, ha fatto un po’ più di fracasso in certe epoche. Questa a detta di molti mistici è un epoca in cui sta “sbatacchiando” tutte le pentole che trova per far casino…

  14. E quale sarebbe il “sugo” del discorso, che si dovrebbe omini e donne avere più carattere più fermezza più coraggio più iniziativa più amore? Che oggi tutte queste cose, che prima esistevano non ci sono più? O come fareste allora a esistere voi che pretendete di sapere educare i figlioli con la grazia di Dio? O come farebbero a esistere milioni di famiglie che ci provano a farlo il meglio che sia possibile’ sia nel “terziario” che nell’industria nell’agricoltura, non c’è solo questo mondo terziario di mezzeseghe che siamo noi con qualche libro letto e ci sembra digià di sapere di conoscere di capire, teologi, filosofi, sociologhi, economisti, psicologi, giornalisti, scrivani di mezza tacca, che siamo noi, e tutti quanti, che pretendono di dire che il mondo qui, che questa epoca là,che Gesù questo, che il Papa quest’altro… E siamo dei corpuscoli microscopici inutili e ignoranti e è già tanto se si riesce a andare avanti così come siamo, ma speriamo anche meglio!!!

      1. giuliana z.

        Veleniaaaaa! lo dobbaimo sapere da Benigni che se veniamo a Palermo non dobbiamo toccare le banane??!!

  15. LE FATICHE DI ERCOLE:
    “Cosa significa morire per la propria moglie: rinunciare ai propri comodi, pensare che se anche siamo stati a lavorare tutto il giorno, lei non si è riposata e forse si può dare una mano se è in ritardo nel preparare la cena e rimandare il divano al dopocena.”

    1. alvì, a volte per una moglie è più difficile ottenere da un marito che carichi la lavastoviglie piuttosto che sfidi a duello un altro uomo per lei 🙂

    2. Alberto Conti

      Come disse Nostro Signore: “cos’è più facile? Dire a quest’uomo (il paralitico nda) ti sono perdonati i tuoi peccati o alzati e cammina?”

      A mio parere potrebbe essere più facile morire fisicamente per mia moglie (gli eroi sono affascinanti e mitologici); il difficile è il quotidiano: essere accolti da una moglie resa nervosa dalla giornata e capirlo, rinunciare ad un’uscita in bicicletta per accompagnarla in centro, sparecchiare senza che te lo chieda e farlo gratuitamente e senza che questo ti costi fatica (“Chi ama non fa fatica, e se fa fatica ama la fatica che fa” S. Agostino)

      Quello che è veramente SCANDALOSO negli insegnamenti di San Paolo non è che abbia chiesto alle mogli di essere sottomesse o ai mariti di amarle fino alla morte, ma che abbia detto di farlo INDIPENDENTEMENTE dal fatto che l’altro rispetti il proprio “comandamento”; è scandaloso e stupendamente umano insieme perchè l’Amore non può essere Misura.

      (Oggi sono prolisso, scusate ;-))

  16. nonpuoiessereserio

    Mezzeseghe con qualche libro letto? Tu guardi sempre sotto terra Alvise. Alza lo sguardo, elevati un po’.
    Ma tu se avessi un figliolo, magari speranzoso e ottimista perché ha preso da mamma, cosa fai, lo smonti così? A scuola che ci va a fare se rimane una mezzasega con qualche libro letto? Secondo me sarebbe il primo in fila a procurarsi droga…

    1. Non gli vorrei mai dare, al mio figliolo, l’esempio di un babbo criticone cronico bisbetico borbonico credulone fanatico, ma come, dici te, speranzoso e ottimista(nonostante la morte e il nulla, che poi magari lui si farebbe da sè cristiano, per reazione, non si pole mai sapere queste cose, o per grazia ricevuta o che altro) coraggioso sincero libero non predicatore e non postulatore (o pustolatore?) di nessuna teoria cosmica sovrannaturale. Nè dio nè padroni, di nessun genere.

  17. @FRATE LEONE
    20 ottobre 2011 a 11:00 #
    “E quanto scrivi avviene nelle tua vita matrimoniale ?”

    Se parliamo delle scivolate storiche: SI
    Se parliamo del modello di sottomissione / virilità: NO, siamo tutt’altro che arrivati.

    E’ da questa mattina che desidero risponderti, perché credo di aver capito benissimo il senso della tua domanda. Tante volte facciamo tanti discorsi e abbiamo grandi propositi, ma poi i pratica… un disastro. Tante volte siamo bravissimi in teoria, ma quando arriva la vita vera le cose cambiano.

    Tutte le belle teorie devono essere fatte proprie, il “libretto di istruzioni”, come lo chiama Costanza, deve essere vissuto veramente per funzionare. Non dico che uno debba per forza mettere la mano sul fuoco per imparare, ma che deve prepararsi e fidarsi. E la preparazione deve essere in tutti gli ambiti: teorico, psicologico, relazionale, di volontà e, soprattutto, spirituale.

    Nel nostro piccolo abbiamo riproposto tutta la storia del novecento… Da un modello di famiglia “ideale” e ben strutturato e aderito razionalmente ad un metterle in pratica disastroso inquinato dal “secolo” nel quale siamo capitati. Una volta si poteva andare avanti anche se le proprie basi non erano poi fortissime, appoggiandosi ad altri edifici che erano attigui. Oggi purtroppo la maggior parte degli edifici esterni sono crollatti, non si trovano più appigli.

    Avevamo visto e lodato i frutti di chi era andato alle sorgenti del proprio essere nel matrimonio, ma non avevamo compreso il movimento di terra radicale che era necessario per fortificare le nostre radici. La caduta ci ha avvicinato alle basi, la richiesta di aiuto a Dio e agli amici, il ripartire quando l’albero sembrava morto, curandolo, innaffiandolo fino alla ricomparsa della prima gemma di speranza. Gemma che doveva essere curata e protetta con cura, perché era solo un piccolo sentore dell’albero che sognavamo, ma conteneva in esso tutta la sua potenza.

    La donna tigre ha dovuto farsi gatto, ammorbidirsi e fidarsi prima che il cavaliere di carta dimostrasse qualcosa. Il cavaliere ha dovuto tirare fuori le armi vere, quelle della responsabilità. Quindi io ti posso dire, dal poco che ho capito delle cose, che tutte le teorie esposte nel libro di Costanza e in questo blog sono efficacissime. E non lo dico “in teoria”, ma perché ho sperimentato il processo, ho provato fino in fondo e provo tutti i giorni, quando scivolo, quando riesco, quando ci provo.

  18. Andreina Mariani

    Sono pienamente d’accordo e spero che per tanti maschi che lo leggeranno sia veramente un incitamento a ritrovare se stessi.

  19. Siete tutti d’accordo con i soliti luoghi comuni di sempre, luoghi comuni di vari generi sempre i soliti, a voi vi sembrano idee, ma non sono idee, sono LUOGHI COMUNI, SEMPRE!!!

    1. DaniCor

      Alvise, sono proprio i luoghi comuni della gente semplice di una volta che i ben pensanti hanno voluto spazzare via come roba da altri tempi. Fitar sono proprio questi luoghi comuni che ci mancano, non le grandi filosofie di libertà fasulla…

        1. neanch’io voglio gente che pensa per me, e mi faccio punto d’onore di non averne. Però voglio gente che pensi con me, magari non come me, o anche sì, e mi faccio vanto di averne.

  20. onore…coraggio…cavaliere…nobile…forza e vero uomo?
    Associazione di parole che fanno pensare più a Mafia e Fascismo che a Cristianesimo.

    Vabbè, tanto non mi piace nessuna delle tre scelte.

    1. Ci vuole un bel po’ di malafede, oltre che di crassa ignoranza, per associare coraggio e nobilità a mafia e fascismo (perchè si meriterebbero la maiuscola, tra l’altro?). Molto meglio codardia e volgarità, che sono i loro esatti contrari, no? Ogni uomo sceglie i valori che più gli sono affini, dopotutto.

      1. il mio commento era ovviamente ironico, ma capisco che sia materia ardua per qualcuno… ti rode vedere che ho pure 4 pollici di consenso, in effeti stupiscono pure me, qui nel covo dei detentori della verità assoluta….

    2. Andreas Hofer

      Simili deliranti paralogismi su fascismo e mafia non meritano lo straccio di una replica se non un’amara considerazione: ognuno giudica col metro a sua disposizione, fosse anche la profondità di una pozzanghera. Con quella misura saremo giudicati a nostra volta.

      1. accidenti, il grande maestro… anche a te infastidiscono quei quattro pollici rivolti verso l’ alto vero? la mia era solo ironia, e tu sei troppo permaloso, fattene una ragione.

  21. Ah, bè… certo, il vero uomo è l’anarchico, quello senza dio nè padrone, quello col terzo dito alzato al mondo, che schifa tutto e vede come unica possibilità di cambiamento la rivoluzione, poi pazienza se questa rivoluzione distrugge tanto si può ricostruire un mondo migliore….
    Vorrei sapere però che certezze può dare un padre ai suoi figli se mostra loro che la realtà è uno schifo. Che sensazione, che percezione avranno quei bambini, quegli adolescenti della realtà che hanno intorno? avranno la percezione di un mondo nemico, ostile, che deve essere diverso da quello che è. E siccome avvertiranno, crescendo, che invece tra loro, tra il loro desiderio di felicità e la finitezza delle cose c’è una sproporzione enorme, avranno 2 possibilità: o distruggeranno, come hanno imparato dai padri, o rimarranno fermi come mucche al macello.
    Chi è il padre vero? è colui che ti introduce al reale, facendotelo percepire come buono, come qualcosa che è lì per te, perchè tu figlio possa costruire e migliorare, e non distruggere. La vita è un “dramma”, nel senso che è un’azione, l’agire nostro nel reale. La porta della realtà ce la apre il rapporto con il padre, il Padre a cui apparteniamo. Se neghiamo questa appartenenza non avremo mai possesso del reale e il nostro agire sarà inutile, tragico.

    1. guarda che il terzo dito più famoso d’ italia non è di un anarchico “vero uomo”, ma di una donna… la santanchè.
      che lo ripropone spesso e volentieri, per giunta.

      l’ anarchico più anachico d’ italia invece è un certo berlusconi, che mi sembra faccia un po’ quel che vuole in barba a qualsiasi regola cristiana, oltre che civile naturalmente.

      se ti riferisci a lui come pessima guida, hai perfettamente ragione!

      1. La Santanchè può alzare tutte le dita medie che vuole, ma sta di fatto che le sole dita medie che faranno epoca -purtroppo- saranno quelle di Cattelan e quelle di Er Pelliccia, che operano in ambiti diversi (arte nichilista l’uno, sfasciacarrozze l’altro) ma con un humus ideologico piuttosto simile. Quanto a Berlusconi, come al solito quando lo si nomina c’entra come i cavoli a merenda. C’è un che di maniacale e disturbante nel tirarlo in ballo anche in discorsi lontani mille miglia dalla politica italiana, ma vabbè…

        1. io ho parlato di terzo dito più famoso… vai un po’ in mezzo alla gente a chiedere chi è cattelan e vedrai cosa ti rispondono, anzi te lo dico io: X FACTOR… ma preferivo facchinetti. ecco cosa ti risponderanno. e tu lo sai perchè cattelan l’ ha messo li dov’è il suo dito medio?

          di “er pelliccia” che ti posso dire… sparirà con la velocità con cui è arrivato.

          se poi pensi che berlusconi non sia inerente, è come pensare che la politica sia un settore ermetico che non condiziona le nostre vite. e qui cara mia ti sbagli di grosso. ma se vuoi trovarmi da ridire a tutti i costi… fai pure.

          1. Cattelan l’ha messo lì (a Milano) per lo stesso motivo per cui l’ha messo lì (a Roma) Er Pelliccia, l’unica differenza è che il primo è anche stato pagato profumatamente.
            Berlusconi, per l’appunto, non è inerente al discorso, così come non lo sono Sarkozy, Obama, la Merkel, Paolo Bonolis e Gatto Silvestro. Anche la musica condiziona le nostre vite, ma non mi sogno di parlare di Katy Perry (sensualissima, la adoro!) in mezzo a un discorso di calcio o di fisica quantistica. Costanza non ha fatto politica, in questo bellissimo post, mi sembra quindi ingiusto e infingardo infilarcela dentro a tutti i costi. Soprattutto la politichetta da bar…

            1. ahahahahahahahah ma quanti vetri stai graffiando, spero tu non abbia anelli con diamanti mentre ti ci aggrappi per arrivare non so dove in effetti. comunque incredibile come avete trasformato una battuta ironica in un dibattito all’ ultimo sangue(virtuale).
              ok sono un provocatore, mi avete beccato. ma voi ci siete cascati di brutto…

  22. giuliana z.

    meno male che ero andata a dormire…
    tutte ‘ste chiacchiere per un dito medio? ronf…. ronfff……
    (meglio che non mi esprimo su Cattelan …. anzi come risposta gli darei la famosa scatoletta di Pietro Manzoni, che come opera d’arte vale molto di più, ma non costa niente e la sappiamo fare tutti!)

  23. Stefania

    Fantastico articolo, magistrale!

    Sono d’accordissimo con ogni singola sillaba scritta da Hofer. Abbiamo bisogno di uomini che tornino a essere virili,che imparino a praticare il difficile mestiere di padre e non di ‘amicone’, di uomini che pratichino l’arduo compito di essere marito e non solamente e semplicemente ‘compagno’….insomma vogliamo il ritorno del padre come colonna portante della famiglia e non come semplice accessorio, la cui presenza non è indispensabile…

    Buona Domenica 🙂

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