di Innocenza Laguri
Nel primo piccolo contributo ho accennato alla censura della vecchiaia e della morte che rende difficile illuminare quella particolare condizione esistenziale che è l’ultima fase della vita. Nel secondo, utilizzando spunti di lettura che mi sono risultati utili, ho, in positivo,indicato nella vecchiaia il tempo umano che raccoglie le verità contenute nelle altre età e nell’esperienza di nonni l’aiuto a recuperare la verità sulla vita implicita nell’infanzia.
Ora riferisco un mio piccolo passo sul rapporto tra la consapevolezza della morte (cioè la non censura di essa) e un modo di vivere più autentico
La circostanza è stata la morte di mia suocera, un mese fa, e quel particolare attimo rivelatore che è stato quello della composizione di un piccolo testo che si era deciso di leggere alla fine della cerimonia funebre. Volevo evitare quella tipologia beatificante che, sull’onda dell’emotività, solitamente si sceglie. Quando la morte era quella degli altri, ed io ero immortale, cioè quando ero giovane, mi faceva un po’ sorridere la lettura degli annunci funebri sul giornale dove tutti erano amati, lodati, integerrimi.
In occasione della composizione del testo troneggiava invece nei miei ricordi l’insopportabilità di mia suocera negli otto mesi che hanno separato la sua caduta con rottura del femore alla sua morte, troneggiavano i suoi “capricci”( il suo voler fumare ancora, i maltrattamenti nei confronti della badante, il suo continuo ripetere “io faccio quello che voglio”ecc.). Tuttavia proprio nelle due giornate in attesa del funerale, mentre pensavo al testo, mi sentivo anch’io richiamata a non fermarmi solo a quello, coglievo ad esempio la sua testimonianza di nonna affettuosa nei confronti dei miei figli, proprio in quei mesi, proprio in contemporanea alle altre “facce”. Quella disposizione, che da giovane mi faceva sorridere, a vedere nel defunto i lati positivi, ora l’ avevo anch’io, e mi serviva a recuperare qualcosa di più di quegli aspetti di mia suocera che mi avevano mandato in bestia più volte. Certo, era in buona parte, un recupero a posteriori!!
E’ allora che mi è venuta in mente una frase che a suo tempo mi aveva colpito ma che poi avevo dimenticato: una volta una suora ha detto a un’amica che si lamentava del marito: prova a vederlo come se già fosse morto!! Frase coraggiosa, oggi che solo a nominare la parola morte passi per uno sfigato depresso. Quella frase chiedeva di giocare di anticipo, però, non aspettando il funerale!
E pensare che l’avevo letta da poco anche nel libro di F.Hadjadj che ho già citato (Farcela con la morte, Cittadella). Lui dice: “ Se vedo gli altri come ‘morti a credito’ provo per ciascuno di loro una infinita tenerezza. Vedere la propria moglie come una morente quando ti viene a dire per la decima volta…….fa dimenticare le proprie vessazioni e sentire l’ insopprimibile desiderio di tenerla fra le braccia, come se fosse l’ultima volta….i vivi sono morenti e tanto più amabili se li si considera come tali”.
In fondo non era impossibile in quegli otto mesi cominciare a vedere mia suocera come una morente, era evidente il suo declino e dunque poteva essere più comprensibile da parte mia quella tanto umana ribellione alla perdita delle proprie forze, della propria autonomia, della capacità di fare tante piccole cose, (ce n’erano di quelle, piuttosto particolari o anche banali, che le riempivano la giornata…)
Mi sembra un bel passaggio da fare: saperci guardare come morenti sempre, non quando si è in agonia. Noi anziani dovremmo poterlo fare, prima di tutto perché siamo più morenti di altri morenti ( qualcuno si tocca?), poi perché abbiamo già sperimentato quanto siano incompiuti i rapporti con coloro che abbiamo già accompagnato al grande passo. Ma mi sembra importante guardare come morenti anche i miei figli o il mio nipotino. Perché il noi tutti come morenti, vuol dire tante cose, non solo molto importanti, ma anche molto vitali, cioè molto capaci di farci vivere la relazione con gli altri non in modo distruttivo come dice un amico filosofo. Ad esempio vuol dire guardarli come chiamati a un oltre che nè io né loro stessi possono calcolare, e anche portatori di grandezze che io non conosco o non capisco perché non corrispondono alle mie misure e tante altre cose che magari capirò un po’ di più.
…grotteschi scheletri umani trarvestiti da vivi. Per niente consolatori. Di cui è piena la iconografia mediovale, e anche poi. Ossa di morto terrificanti. Fatte apposta. Di cui sono piene le chiese (spagnole in primis) della cattolicissima Spagna)!
Che c’azzecca mo’ questo discorso? Il corpo si deteriora e allora? L’hai scoperto adesso? Hai bisogno di vedere le ossa dei morti per saperlo?
…mica sono io che ho disseminato dappertutto artistici scheletri morti!
(la morte verrà il momento che arriva, anche ora, subito, se non ci si pensa noi ci pensa Lei, state tranquilli!)
http://www.funweek.it/roma-eventi-e-news/eventi-roma/cadaveri-plastificati-roma-mostra-body-worlds.php
Alvise, non solo ossa, adesso… io trovo abominevole esporre le mummie, ma pagare per vedere scheletri con i muscoli giocare a carte…
signora Innocenza, sono una sua giovane coetanea (ossimoro?) e apprezzo molto quello che scrive, in particolare sui rapporti speciali nonni-nipoti. Eliminare la morte dai propri pensieri e dall’educazione dei figli è un fatto abbastanza recente, certo non ha riguardato la nostra infanzia, che da questo punto di vista è stata più fortunata. Ricordarsi che chi abbiamo davanti e noi stessi siamo passeggeri come meteore migliora la qualità della vita nostra e altrui, peccato non riuscire a comunicarlo.
Non so se il “trucco” di immaginare “già morto” qualcuno che ci è particolarmente insopportabile aiuti veramente…
Certo se è persona a cui siamo anche profondamente legati da affetti, ci troviamo a immaginare la mancanza anche di tutta quella parte “buona” di quell’affetto e di quella persona, ma diversamente se non abbiamo un particolare afflato sentimentale o se anche fosse persona a noi cara questa da troppo tempo o troppo seriamente ci è di peso, insopportabile appunto, potremmo ritrovarci a godere di simile pensiero di morte, a vederlo quasi come una liberazione… non è forse questa diabolica illusione che sta infondo alla basa di tanti omicidi avvengono in ambito familiare? Quando gli amori si trasformano in odio o comunque l’ “altro” diventa tuo nemico. Nemico che ti uccide, ogni giorno, piano piano, tutti i giorni (e può valere anche per una suocera).
Ma senza arrivare agli omicidi, non è questo il motivo alla basa di tutte le separazioni? Quando tra le varie frasi possiamo certo annoverare quelle come: “Non ti avessi mai incontrato!!”; “Maledetto il giorno che ti ho sposato!”; “Vorrei tu sparissi dalla mia vita per sempre!”…
Insomma tutte parafrasi per dire: “Vorrei tu fossi morto…”
Quindi resto con qualche perplessità sul “trucchetto” in questione… forse più utile sarebbe ricordarsi che IO potrei morire da un momento all’altro… forse pensare che chi ho vicino così insopportabile è strumento preziosissimo per la mia conversione (che già presuppone avere un’ottica di Fede e fare un bel salto avanti…).
Ma in buona sostanza non saprei che proporre in alternativa… guardare sempre al buono, al bene di una persona, ma a volte si fa proprio una gran fatica, tranne che avendo sugli altri lo sguardo di Cristo… ma chiamalo “trucchetto” !! 😐 😉
mi sembra che infatti il discorso sia limitato a vedere “come già morte” persone a cui si vuole molto bene, ma che nelle interazioni quotidiane possono essere snervanti, per loro o nostri problemi caratteriali. Va vista come una figura retorica, o come spostare la scena quotidiana nelle pagine di un libro, non ancora letto tutto ma già completo.
D’accordo la “retorica” ma parliamo di rapporti e “conseguenze” tutt’altro che retoriche…
Di fatto proprio quando le snervanti interazioni quotidiane, divengono insopportabili con le persone che più amiamo, diciamo di amare, crediamo ci amino, si hanno le reazioni più violente (fisiche o spirituali…). Con gli “estranei” al limite si fa spallucce o “si cambia marciapiede”… (se ci si riesce)
Mi è capitato, purtroppo (anzi, per fortuna, direi), qualche rara volta, di trovarmi improvvisamente di fronte ad una persona morta a causa di un incidente, o per un infarto. Sono stato immediatamente invaso da un profondo sentimento di pietà, pur non conoscendo minimamente la persona morta. Similmente, mi capita di essere preso da una grande pietà quando, all’improvviso, si sparge la notizia che è morta una persona famosa, ad esempio un artista. In realtà, la stessa cosa mi succede ogni volta che muore anche una persona a me cara.
Quando mi capita di pensare seriamente alla morte concreta di una persona, è come se cadesse un velo e tutte le questioni quotidiane, i motivi di attrito, le differenti opinioni, le cause che, in vita, ci hanno portato ad essere in profonda opposizione, tutto, ma proprio tutto ciò che è quotidiano e causa di contrasto, all’improvviso perdesse importanza, non contasse più niente. Non è possibile mettersi di fronte alla morte e trovare ancora tempo e modo per questioni contingenti. Di fronte alla morte non c’è spazio per la contingenza, c’è spazio solo per una questione: salvezza eterna, o dannazione eterna. Nient’altro può catturare la mia attenzione. Ed un profondo senso di pietà per chi, in quel momento, si prepara ad affrontare il giudizio di Dio, mi riempie.
La morte, vinta e redenta da Nostro Signore, è la grande alleata che ci aiuta a ricordare il senso autentico delle cose.
La vita è un dramma, fa male i suoi conti chi pensa sia una commedia.
La vita è un’affascinante “avventura”, con i suoi drammi e le sue commedie, le sue gioie e le sue lacrime… la sua miseria e la sua nobiltà.
In questa “avventura” capita anche di trovarsi a tu per tu con la morte, anche quella delle persone che ami o di sconosciuti che ti muoion tra le braccia… pure non definirei la vita solo “dramma”.
E’ una affascinante avventura anche lo “scoprire” Dio e il Suo Amore per noi… “avventura nell’avventura”.
Bariom:
…e così l’avventura (o la sventura) è finita!
Giancarlo:
…salvezza eterna o dannazione eterna (o buio eterno)!
@Giancarlo
Avrei voluto dire le stesse cose, se ne fossi capace: mi ci ritrovo in ogni parola.
Confesso di aver sempre praticato questo “trucchetto”, fin da piccola…credo su suggerimento involontario di mio padre, grande educatore e ottimo papà, pieno di difetti com’è giusto che sia ogni genitore! Pur avendo un pessimo carattere, sono considerata molto paziente. Trovo che faccia “vivere meglio”, almeno per me funziona. Non pensavo lo usassero anche le suore…
Come é vero! La vita é una meravigliosa avventura e avventura nell’avventura è fare esperienza dell’amore di Dio in questa vita. Poi ci aspetta la nostra casa definitiva e staremo con Lui per sempre.
Una poesia di amore
Una delle più belle poesie di amore è stata scritta da una ragazza americana. È intitolata: “Le cose che non hai fatto”.
Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l’ammaccai?
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l’hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che avrebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: “Te l’avevo detto!”. Ma tu non l’hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l’hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l’hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l’hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C’erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam.
Ma tu non sei tornato.
Una regola d’oro: passeremo nel mondo una volta sola. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito. Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte.
(Bruno Ferrero)