Se la madre che dà la vita per i figli è vista come una minaccia

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di Costanza Miriano

Pur avendo una capacità quasi soprannaturale di impedire il funzionamento di qualsiasi oggetto tecnologico entri nel mio raggio di azione – credo di avere anche una parte del corpo in zinco che blocca la wi-fi – ho aperto un blog. Non so cosa mi abbia indotta a commettere una simile imprudenza, comunque ormai è fatta, e il blog, grazie a un valoroso “amministratore” (admin per gli intimi) veleggia ora verso i tre milioni di contatti. Abbiamo pubblicato tante cose, anche molto belle, scritte da amici, da Papi, santi, dottori della Chiesa (tra noi cattolici si fa come col frigo di casa, si prende senza chiedere).

C’è però un post che quanto a lettori ha sbaragliato tutti gli altri, e di parecchio, ed è quello in cui raccontavo il funerale di Chiara Corbella Petrillo.

Ovviamente non per quello che ho scritto: è la storia di Chiara che ha una forza, una luce, una bellezza assoluta che non può non trafiggere il cuore.

Chiara, per i pochissimi che non lo sanno, è una giovane mamma che ha avuto due bambini malformati, uno dopo l’altro, a causa di problemi del tutto non collegati fra di loro. Li ha accolti, partoriti, accompagnati e battezzati nelle poche ore di vita, per riaffidarli al Padre. Poi una terza gravidanza; questa volta il piccolo sta bene, ma è la mamma a scoprire di avere un tumore. Chiara sceglie di mettere la vita di suo figlio prima della sua, si cura per quanto è possibile senza fargli del male, e dopo la sua nascita intensifica le terapie al massimo ma non ce la fa. Il 13 giugno scorso, a ventotto anni, muore.

Una storia cristallina, che ci chiede di essere migliori, di seguire Chiara sulla via di una santità, la misura alta della vita cristiana, oserei dire semplice: semplice come accogliere quello che ci viene dato di vivere, come fa un agnellino che offre silenzioso il collo, perché si fida, sa di essere amato infinitamente dal Pastore buono, e sa che da lui non può venire che il bene, anche quando si viene straziati e colpiti dal male, e dal male nella sua forma più incomprensibile, la sofferenza degli innocenti.

Chiara solleva molte domande al nostro cuore: cosa avremmo fatto, se avremmo avuto la sua forza e la sua allegria – ha scherzato fino al secondo in cui è arrivata “sorella morte” – possiamo chiederci quale enorme bellezza abbia intravisto per decidere di non separarsene, ma certo non possiamo sentirci offesi da lei.

Eppure è successo. Addirittura c’è stato chi è arrivato a dire e a scrivere che Chiara riporta indietro le donne, costrette alla mistica del sacrificio voluta per loro dalla società patriarcale.

Qualche tempo fa la scuola dei miei quattro figli doveva cambiare nome, e tra le proposte, messe al voto, c’era Chiara Corbella. Istantaneamente davanti ai cancelli si è organizzata una raccolta di firme per bloccare l’iniziativa. Una mamma che ha messo prima di sé la vita del suo bambino è stata avvertita come una minaccia, un’offesa alla sensibilità comune. Per la cronaca, la proposta è stata subito ritirata perché, mi hanno detto gli amici di Chiara, lei non avrebbe mai voluto dividere, offendere, accusare nessuno.

Ma il regalo di Chiara a suo figlio è stato libero, e lei è la sorella maggiore di tutte noi che, pur emancipate, realizzate, felici, abbiamo scoperto la bellezza di dare la vita, giorno per giorno o tutta insieme, per coloro che ci sono affidati. D’altra parte Dio, scriveva Giovanni Paolo II, affida l’umanità alla donna. E noi lo abbiamo orgogliosamente riscoperto. Dopo avere ottenuto il diritto di andare fuori, esplorare, studiare, percorrere le vie degli uomini, competere con loro e spesso vincere, abbiamo capito che non siamo costrette a farlo. E tante di noi hanno la meravigliosa libertà di dire che è bello accogliere, fare posto, nutrire la vita più debole, fare crescere, tirare fuori il meglio da ognuno. Rinunciare al desiderio del controllo. Fare un passo indietro. Smettere di rivendicare. Amare.

Siamo tante, ci riconosciamo quando ci vediamo in giro. Siamo avvocati, chirurghi, casalinghe, astrofisiche. Abbiamo girato il mondo. Siamo belle, di quella bellezza che viene dall’essere risolte, coraggiose, anche atletiche a volte. Siamo convinte che il servizio sia il modo migliore di vivere, e per questo siamo irrimediabilmente, sfacciatamente allegre. Siamo le sorelle minori di Chiara, e vogliamo andare tutte dietro a lei.

fonte: Avvenire del 5 maggio 2013

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50 pensieri su “Se la madre che dà la vita per i figli è vista come una minaccia

  1. ignazio

    Grazie Costanza. Ottimo. Bisogna continuamente, come fai Tu, ritornare alla sorgente e proclamarla: “…amatevi come Io ho amato voi, perchè siate perfettamente uniti”.

  2. Antonietta

    Quale modo migliore di iniziare la settimana al servizio del marito, figli, alunni, colleghi, amici? Grazie Costanza, sgangherata come sono, se mi volete, ci voglio stare anche io in questa compagnia.

  3. Alex67

    Cara Costanza, GRAZIE: da circondato di tante donne (tra cui 1 sola moglie!). Come sai, Chiara ci è molto cara e spesso a casa nostra se ne parla.

    Riguardo la scuola, penso che la miglior risposta stia nel vangelo di oggi:

    “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza;
    e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.
    Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.
    VI SCACCERANNO DALLE SINAGOGHE: ANZI, VERRA’ L’ORA IN CUI CHIUNQUE VI UCCIDERA’ CREDERA’ DI RENDERE CULTO A DIO. E FARANNO CIO’, PERCHE’ NON HANNO CONOSCIUTO NE’ IL PADRE NE’ ME.
    Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato. Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.”

  4. giuly

    Davvero non capisco come si possa, in un mondo come il nostro dove la “libertà di scelta” è sventolata come un vessillo, scandalizzarsi per la scelta di vita di Chiara. Allora vuol dire che non tutte le scelte hanno la stessa dignità per le sapientissime Murgia o Lipperini, e per molte altre attiviste e ideologhe dell’emancipazione femminile. Allora è una sola la scelta possibile? La storia di Chiara invece ci conferma nella certezza che l’unica libertà è quella della strada proposta da Cristo, ovvero la Croce. Senza croce non c’è libertà, c’è solo l’illusione di fare scelte libere e che in realtà seguire i nostri impulsi è prendere un grosso granchio, ed è pure un modo per soffrire davvero e senza portare frutto alcuno.
    Quale positivo c’è per una donna nel sacrificare la vita di un figlio per salvare (forse, ma anche no) se stessa? strappare dal proprio cuore la vita che portiamo è la lacerazione più grande, più devastante e spesso non ce la si perdona per il resto dell’esistenza.
    Che minaccia costituirebbe Chiara? forse la temono quelle donne che sotto sotto sono consapevoli di aver fatto scelte sbagliate o di aver convinto altre a fare scelte senza ritorno, forse hanno paura di lei gli sbandieratori di quel vessillo di finta libertà perché il vento di Chiara spazza via anche le idee apparentemente più radicate nella società e le spazza via con la semplicità di una scelta di amore vero, di dedizione, di sacrificio. Ma lo vogliamo dire una volta per tutte: il sacrificio non è un inutile martellamento masochista! sacrificio vuol dire “fare sacro”, riconoscere di essere avvinti e aderenti a Dio. Chi si riconosce infinitamente amato non può non dedicare tutto di sé a chi lo ama. E se Chiara, come molte altre meno note, hanno scelto liberamente di mettere la vita del figlio prima della loro è perché hanno sentito di voler trasmettere a quel figlio lo stesso amore che sentivano su di sé.
    Evidentemente chi teme Chiara ed il suo esempio non sente su di sé alcun amore, non lo riconosce, perché c’è, per tutti, ma non tutti lo vogliono vedere o sentire presi come sono dal proprio io. Ma non sarà il nostro io a salvarci. In effetti come cristiani la cosa che dovremmo fare non è scandalizzarci del fatto che ci sia questa ostilità nei confronti di Chiara (l’indignazione non è un atteggiamento cattolico, dice mons. Negri). Piuttosto dobbiamo pregare e testimoniare quel che abbiamo incontrato, rendere ragione della nostra letizia che ci fa certi di essere dalla parte migliore (non siamo noi i migliori ma siamo sulla strada buona, che salva).

    1. Le velenose stilettate del duo Lipperini-Murgia sono un vero classico. Come per gli spregiatori del dolce pomo di cui parla Saffo [*], chi non coglie – o non vuol coglere – le sublimi altezze della carità cerca di denigrarla, come se questa provenisse da un universo dello spirito estraneo, fosse il prodotto di una dimensione aliena. Per chi si muove all’interno di una logica “quantificatrice” e “monetizzante” ciò che conta in ultima istanza è l’autoconservazione dei propri “averi”, in primo luogo la propria incolumità personale. È una morale senile, da “avari”. È propria di uno spirito invecchiato e debole la preoccupazione eccessiva, per non dire unica, di conservare per sé ogni risorsa.
      Secondo questa logica il bene si identifica con una virtù negativa: “non fare qualcosa”, il peccato massimo sta invece nell’azione, nell’assunzione di responsabilità (re + spondeo, da cui sponsum; sempre chi davvero risponde di qualcosa vi si sente vincolato da legami analoghi a quelli che lo stringono alla sposa o allo sposo).
      La dinamica dell’amore è ben diversa: è una virtù positiva, sta nel “fare qualcosa”; il peccato non sta nell’azione ma piuttosto nell’omissione, nel non aver fatto il bene, non aver avuto sufficiente attenzione per chi del bene aveva bisogno come di un nutrimento. È quella che Simone Weil chiamava “attenzione creatrice”.
      La “morale” è fatta di precetti negativi: prescrive di non rubare più che di beneficiare il prossimo, di non tradire la moglie più che di amarla con tutte le proprie forze. L’amore trascende e riassume questi precetti in una virtù attiva. Si compie davvero, come scrive Thibon, la “trasmutazione dell’io in amore”.
      In fondo è questa il vero dramma: quello di uno spirito tanto sentile da chiudersi totalmente all’amore che fa nuove tutte le cose.

      [*] C’è sull’alto del ramo, alta sul ramo / più alto, una mela / rossa: / dai coglitori fu dimenticata. / Dimenticata? No! non fu raggiunta.

      1. vale

        già. se invece di dire “non si è curata il cancro”, avessero detto : ha preferito salvare il figlio che portava in grembo posticipando le cure…”.infatti il cancro lo ha curato. ma prima veniva dell’altro.anzi, L’Altro.M.Palmaro-peraltro in riferimento ad altro argomento- ultimamente ha scritto sul”male minore” come scelta iniqua.è ovvio: prima viene il sé. poi l’altro.
        giustamente Quinzio, in Mystrerium iniquitatis ,ricordava che non è tanto quel che non facciamo,diciamo e pensiamo. ma quel che dovremmo fare e non facciamo, quel che dovremmo dire e non diciamo, quel che dovremmo pensare e non pensiamo.

        1. È la versione contemporanea del fariseismo. Essere responsabili significa essere disposti a pagare in prima persona, ad assumere su di sé, per amore, le conseguenze dei propri atti. La deresponsabilizzazione, uno dei mali assoluti del nostro tempo, non porta solo a “delegare” e “scaricare” i propri pesi sulle spalle altrui. Porta anche alla pretesa di agire senza “ricadute”. Si vuole il peccato, ma non le sue conseguenze. Per questo la mentalità mainstream, da “signorini viziati”, ricorre alla tecnica come a un deus ex machina: grazie ad essa si pensa, illudendosi, di poter eliminare le conseguenze indesiderate dei propri atti. Quel moderno fariseo che il tipo umano del “signorino soddisfatto” è fermo alla fasi infantili di sviluppo della personalità. Ha solo bisogni, capricci e desideri da soddisfare. Non vuole limitarsi (la capacità di contenimento e autolimitazione è il marchio della personalità adulta) né, tantomeno, assumersi le conseguenze del proprio agire. Dunque delega. Vuoi spupazzarti la fidanzatina senza “rischio” di gravidanza? No problem, ci pensa il kit del “sesso sicuro” (condom e pillole assortite). Ops, è rimasta incinta? No problem, c’è l’aborto. E così via. Il “male minore” è sempre la soluzione che garantisce l’incolumità del “signorino viziato” a danno delle vite altrui. È il mezzo migliore per produrre invertebrati dipendenti da tutto e tutti fuorché da se stessi, capaci di vivere unicamente per l’ebbrezza dell’istante. Questa sarebbe la libertà offertaci da questi mediocri intellettualucoli che rifiutano di farsi interrogare da testimoni come Chiara…

  5. ciaugikia

    Da quando ho letto la storia di Chiara, mia omonima, non faccio che pensare a lei. Ieri guardavo il mio bambino e mi chiedevo se io, in una situazione analoga alla sua, saprei spiegargli che nella pancia della mamma c’è un fratellino che andrà subito in cielo.. oppure se saprei dirgli col sorriso che in cielo ci andrà la mamma. Mi vengono le lacrime solo al pensiero. Sono sicura che le donne come Chiara sono illuminate da una Luce speciale, che sanno irradiare a tutti noi. Certo, c’è chi pensa che la donna si realizzi solo senza figli, senza vincoli, dicendo sempre e solo “no”, e affermando solo se stessa. Forse quelle persone si sentiranno offese, e allora hanno fatto bene amici e famigliari di Chiara a ritirare la proposta. Che tristezza.

  6. Valeria Grassi

    Grazie Costanza mi hai riportato a un anno fa, quando pregavamo per Chiara, quando(fra un mese) abbiamo partecipato al suo funerale. In quella chiesa gremita di giovani, di uomini, donne, di musica, di colori, di festa. Dove ascoltare Enrico cantare e vedere il suo volto, ha fatto assaporare un anticipo di vita eterna. Dove ascoltare l’omelia di padre Vito e’ stata una trasfusione di sangue……una scorta di ossigeno puro. Quando ognuno ha portato con se un “pezzetto” di Chiara e tanta voglia di assomogliarle. Penso che chi si sente minacciato da tutto ciò che Chiara e’ stata e rappresenta, sia fondamentalmente spaventato dalla sua grandezza. Forse non ha ancora avuto la grazia di assaggiare della vera felicità e libertà. Grazie ancora Costanza

    1. “Penso che chi si sente minacciato da tutto ciò che Chiara e’ stata e rappresenta, sia fondamentalmente spaventato dalla sua grandezza..”

      Penso in questa frase di Valeria ci sia una profonda verità. Al di là di chi ha fatto e farebbe ancora opposizione a che una figura come quella di Chiara venga presa ad esempio o a lei venga tributato un qualunque riconoscimento “laico” (come usa tanto dire… pure Chiara “laica” era…), per ragioni squisitamente ideologiche – non ci scordiamo che per molta parte del mondo e “intellighenzia” il Cattolicesimo se non il Cristianesimo è un NEMICO – al di là di questi, per altri rimane, se non lo scandalo per una scelta del genere, quanto meno la non accettazione, la non comprensione. Il timore che Chiara come altri prima e dopo di lei, siano indicati a modello, per sé e per i propri figli (vedi scuola…). Una scelta (definitiva) di vita e un modo di vivere, che per molti è e rimane “stoltezza”…

      Non dà forse scandalo il modo di vivere e di morire, il modo di amare (il NEMICO) e di usare misericordia, il modo di insegnare e l’autorità dello stesso Gesù Cristo?
      Dobbiamo compatire, perché forse c’è stato un tempo in cui anche per noi Cristo è stato di scandalo, pietra d’inciampo… e ogni giorno ancora possiamo scandalizzarci della Croce.

      Il nome di tanti illustri personaggi dati a scuole, piazze, vie e monumenti, potrebbe presto essere dimenticato, quello Chiara, come quello di tutti coloro che hanno seguito la Volontà di Dio sino alle sue estreme conseguenze, non sarà dimenticato, perché è scritto nei Cieli.

  7. 61Angeloextralarge

    Questo post merita più attenzione di quella che posso dargli in questo momento. Me lo stampo. Comunque grazie di cuore. Smack! 😀

  8. Cavaliere di San Michele

    Niente di nuovo sotto il sole, purtroppo. C’era gente che quando seppe della scelta di S. Gianna Beretta Molla commentò brutalmente “Che scema!”.

    Comunque, è sempre meglio un fastidio che indica che sotto sotto c’è un’anima ancora capace di sentirsi toccata sul vivo (ed è quindi viva, e c’è sempre speranza) che l’assoluta indifferenza.

  9. Giacomo

    Io credo che la questione sia affrontata in questo come in altri post anche di visione opposta, in modo troppo banale e ideologica, perché orientata solo a elevare o a mortificare la figura di Chiara. Vorrei pensare, leggere e anche scrivere di quel bimbo, delle sue difficoltà, delle sue sofferenze, e di quel padre… La morte è sempre una sofferenza, anche per il cristiano, lo è stata per Gesù stesso, atroce, da spingere il figlio di Dio alla preghiera perché la allontanasse… Questa raccontata è una storia di sofferenza, che può essere solo alleviata se costruiremo una società che si prenda cura di quel bimbo, e non cercando o meno di dimostrare la santità di chiara. Apprezzare e difendere la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno non è ignorare la sofferenza, il lutto, ma saperlo elaborare, e sostenere chi è in difficoltà. Il vero eroe sarà quel bimbo…

    1. @Giacomo, “… la questione sia affrontata in questo come in altri post anche di visione opposta, in modo troppo banale e ideologica…” nel senso che…?

      “La morte è sempre una sofferenza, anche per il cristiano…” Certo, soprattutto per chi deve salutare chi ama, ma al di là c’è la Resurrezione. Per chi muore e per chi resta in questa vita, è la Fede che trasforma e dà un senso alla morte e alla sua sofferenza, qualunque sia la società che ci troviamo attorno (la società per come è oggi è assolutamente incapace di “elaborare” la morte e di fatto allontana e nasconde tutto ciò che alla morte rimanda…).

      “Il vero eroe sarà quel bimbo…” forse, può darsi, ma il suo crescere senza madre (come è per molti bambini, come è per i miei tre figli), si potrà definire “eroico”?
      Ci sarà semmai il dono di avere accanto un padre e una famiglia amorevoli, una padre, come lo sposo di Chiara, che lo aiuterà ad “elaborare” il lutto con la visione della Fede (e in questo caso “elaborare” è un termine improprio), come lui stesso dovrà fare per sé.
      Se nell’affrontare la vita e la morte, come tutti facciamo e fanno tutti coloro che non sfuggono davanti alla realtà delle cose, vede un eroismo, allora sì, diciamoci “eroi” (ma io non arriverei a tanto…), ma il più delle volte ne siamo profondamente incapaci e semplicemente subiamo gli eventi cercando di “limitare i danni…”

  10. Anonimo

    Cara Costanza, pensa che io ho conosciuto il tuo blog proprio grazie a Chiara (lo considero un altro dei suoi grandi doni!). Degli amici mi hanno girato la sua storia pochi giorni dopo la sua nascita in Cielo, e sono rimasta così folgorata dalla testimonianza luminosissima di questa famiglia che non ho potuto fare altro che cercare più informazione… e così sono aterrata qui.
    Ho iniziato a frequentare il blog, poi a leggere i tuoi libri, fino al punto che sono diventati dei solidi punti di riferimento, sopratutto per orientare nel modo migliore la mia vita di donna, moglie e mamma!
    Ringrazio Dio per questi strumenti che pone nelle nostre vite!
    Grazie anche di cuore a te Costanza e alla tua famiglia, grazie a Chiara, Enrico e i loro figli!

  11. CFK

    secondo me la scelta di Chiara è ineccepibile facendo riferimento anche solo alla logica: se una madre in quelle condizioni abortisce ha come unica certezza la perdita (morte) del bambino sano, ma non ha alcuna certezza della propria guarigione; da dire poi che a differenza di Gianna Beretta Molla, Chiara non aveva altri bambini vivi da accudire.

  12. paix

    Trovo semplicemente assurdo che Chiara sia percepita come un’offesa. Ma in un certo senso, fin da quando ho saputo della sua storia, me lo aspettavo: “questo darà fastidio a molti”. E non so se la distorsione nel riferire questa vicenda da parte di Murgia e Lipperini sia dovuta a vera slealtà, per desiderio di ordinare tutto il reale in uno schema rassicurante perchè controllabile, oppure ad un’incapacità di fondo nel comprendere un gesto di amore più grande di noi e della concezione piccina che certe sedicenti rappresentanti delle donne hanno delle donne stesse. Quindi oscillo tra indignazione e compassione. Opterò per la seconda, visto che, come giustamente ricordava qualcuno qui sopra, indignarsi non è poi così cristiano. Ma mi spaventa questa idea di libertà che finisce per negare dignità alla libertà che dovrebbe esserci più cara: la libertà di amare qualcosa più della nostra stessa vita.

  13. lucia

    “Contro l’uso della droga e le sue disastrose conseguenze non bastano leggi punitive o restrittive bisogna cercare le soluzioni altrove” questo ha detto stamani il procuratore di Livorno dopo i drammatici fatti accaduti in questi giorni……abbiamo scoperto l’acqua calda adesso cerchiamo dove tutti sappiamo, ma non vogliamo……solamente leggere la testimonianza di VITA di donne come Chiara è come trovare un’indicazione impossibile da non capire. GRAZIE

  14. toppe

    Quel che non si capisce, in questa storia, è da dove sorga il principio secondo il quale la vita del bambino vale di più di quella della madre. Sono due vite entrambe, no? E quando si è posti di fronte a una scelta così terribile, qual è il criterio? Il semplice fatto che il bambino sia un “altro” lo rende più meritevole di sopravvivere?
    In altre parole, l’altro va anteposto a se stessi semplicemente perché è un altro?

    1. @toppe non mi pare qui se ne faccia una “questione di principio”, né si sia affermata la “regola”: la vita del bambino vale più di quella della madre o comunque del genitore…

      1. lidia

        la domanda non è stupida, però. Effettivamente, se il principio fosse “una vita per una vita” sarebbe uguale: se il fine fosse pareggiare la bilancia morte/vita non sarebbe granché diverso se a morire fosse stato il bambino.
        il fatto è che, per come la vedo io, è proprio nell'”alterità” dell’altro il quid, Cioè: Chiara ha scelto di non uccidere la vita di un altro (a prescindere che fosse il figlio. il legame di parentela è importante e ci commuove, ma fosse stato un bambino estraneo sarebbe stato, de facto, lo stesso) anche se ciò significava mettere in pericolo se stessa (che non equivale a suicidarsi tout court).
        perciò secondo me, la risposta è sì, la vita semplicemente perché è di un “altro” rispetto all’ io che decide di mettersi in pericolo.
        Correggetemi se sbaglio…

        1. @Lidia, parlando in astratto e quindi non di Chiara, di cosa avrebbe fatto Chiara o altro…, non credo che in questo particolare contesto (e mi scuso per usare termini “astratti e generici” partendo da un’esperienza così profonda e personale…), sia ininfluente il fatto che parliamo di una madre e di un figlio e quindi non genericamente di un “altro”.

          Di fatto, questa madre, ha deciso di mettere a rischio (nota bene non di “uccidersi”) la propria vita, per dare la possibilità al proprio figlio di vivere.
          Se il paragone può essere calzante e come la madre (o il padre) che si getta tra le fiamme – ben sapendo che rischia la propria vita – per dare una possibilità al figlio di sopravvivere, o come chi, tuffatosi in acqua per salvare il figlio che è in pericolo, sceglie di metterlo in salvo anche sentendo che le forze lo abbandonano e non saranno sufficienti a salvare sé stesso.

          E’ anche vero e va riconosciuto che non di rado, alcuni hanno messo a rischio la propria vita o l’hanno perduta, proprio per salvare la vita ad un “altro” senza alcun vincolo di parentela o di sangue. Questi che vengono comunemente e “laicamente” definiti “atti eroici” (e quindi non si comprende perché non questo…) fanno molto riflettere sulla spinta innata dell’Uomo a donare la propria vita per un “altro”, in special modo quando l’altro e debole o in situazione di debolezza.

    2. Tom Mariner

      “L’altro”?? Ma ti rendi conto di ciò che vai dicendo? Filosofizza di meno…qui le cose sono chiare: la madre e suo figlio, non è “un altro”.

  15. Andiamo su come hanno fatto ad offendersi? Che c’è di male in un genitore che dà la vita per il proprio figlio? Pur essendo io ” moderna ” questo è un’ atto coraggiosissimo.

      1. Prego!In realtà credo che certe cose non cambiano mai. L’amore dei genitori e il fatto che si sacrificano per noi ( anche con piccoli gesti quotidiani ) è per sempre.

        1. Filippo Maria

          Invece l’apostrofo su “un’atto” si poteva evitare… Forse i “moderni” non badano troppo a queste cose, ma sai gli “antichi” un po’ ci tengono…

  16. Cristina

    Una grande lezione di vita…Grazie Chiara, e Grazie Costanza per esserti fatta portavoce di questa testimonianza

  17. romana

    Gentile Costanza,
    vorrei comunicare a Lei che è anche grazie all’esempio di Chiara Corbella ( ed alla Sua testimonianza fatta mia attraverso i Suoi libri e questo blog) se mi sto riavvicinando alla Fede e, spero, pian piano, alla Chiesa. Vorrei perciò ringraziarLa con tutto il cuopre per il dono che fa delle Sue esperienze e per ricordare luminosi esempi come la vita e la persona di Chiara Corbella.

  18. SilviaB

    Gesù Cristo è segno di contraddizione, sasso di inciampo.
    Così è per quelli che lo seguono veramente, con le opere e non con le parole.

  19. Anonimo

    Non capisco un aspetto del caso citato nel post. Normalmente la Chiesa spinge a seguire l’esempio di persone che danno la propria vita per gli altri, “scoraggiando” atteggiamenti contrari… Insomma, bisogna spingersi verso la santità.
    Nel caso specifico, però, la stessa Chiesa giustifica il ricorso da parte della donna incinta a cure anche quando le stesse hanno come conseguenza la morte del feto.
    Mi sembra di vedere una contraddizione tra questi due aspetti…
    Che ne dite? Un grazie a chi saprà rispondere.

    1. Filippo Maria

      Anonimo, in realtà non vedo nessuna contraddizione. Sul piatto della bilancia ci sono due persone umane di pari dignità: la madre e il nascituro. Si tratta di fare una scelta, ma ambedue sono legittime. La bellezza della scelta di Chiara sta tutta nel fatto che lei, sacrificando se stessa, ha scelto per il bene di chi non poteva scegliere, cioè di suo figlio. Esattamente il contrario della logica del “mors tua vita mea”.

      1. Anonimo

        Filippo Maria,

        Grazie per la risposta. Quindi la Chiesa ritiene legittimo anche il non perseguire il proprio martirio, l’evitare di mettere a rischio la propria vita per gli altri? E per la Fede?

        1. @Anonimo credo che il martirio sia una particolare grazia (visto con gli occhi dela Fede) che Dio concede, non qualcosa da “perseguire”. Da perseguire abbiamo la santità… il martirio non è per tutti (quanto meno quello “sino al sangue” come comunemente si intende…)

  20. JoeTurner

    Gli attacchi a Costanza si stanno facendo frequenti e simultanei (segno che sta combattendo dalla parte giusta); mancava solo l’infamia di Michela Marzano:

    “C’è addirittura chi, mostrando di non capire molto del messaggio d’amore del Vangelo, pretende di convincere le donne che, se non pensassero a lavorare e ad essere sempre più libere e più indipendenti, ma a sposarsi e a sottomettersi al marito come Maria (sic!), allora non correrebbero il rischio di essere stuprate, picchiate o uccise.”

    http://www.repubblica.it/rubriche/parla-con-lei/2013/05/07/news/se_l_uomo_rispetta_solo_le_sante-58261467/

    1. Anonimo

      Se Costanza Miriano non ha detto che a essere “sotomesse” si corrono meno rischi, allora perché questo sarebbe un attacco verso di lei?

      1. JoeTurner

        OVVIAMENTE Costanza non dice e non ha mai detto niente del genere; ma mi sembrerebbe strano dopo l’esplicito riferimento a Costanza, sullo stesso tema, nel libro del gatto e la volpe Murgia-Lipperini, dopo che Costanza negli ultimi due anni ha venduto decine di migliaia di copie, andata in giro per l’Italia, in tv, radio,giornali parlando di sottomissione paolina che la Marzano si riferisse ad altri. Tu Anonimo hai qualche altra idea?

  21. Alvaro

    Un mio vecchio zio amava dire” chi ha’ mamma non trema”, c’e’ altro da dire cara Costanza?

  22. Sharky Lucy

    tanto di rispetto per una donna che muore di cancro per il figlio, ma non son queste cose che ci dovrebbero rendere eroine , in una realtà sociale borghese che vuole donne solo mamme e schiave da sottomettere. Noi prima di essere donne e mamme, siamo persone,ricordiamocelo. E’ ora che gli uomini sui prendano LE LORO RESPONSABILITà AL PARI DELLE DONNE!!!!

    1. @Sharky Lucy

      Mah!… perché poi l’accostamento di “solo mamme e schiave da sottomettere”? 🙁
      Cmq grazie, da uomo non avevo mai pensato di trattare mia moglie come una persona…

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