di Costanza Miriano
Sono passate le due di notte. Sono indecisa se dire l’Ufficio delle letture di oggi, cioè ormai di ieri, insomma quello che avrei voluto dire più o meno una ventina di ore fa, oppure fare finta di niente e aprire con disinvoltura direttamente l’ufficio di domani, che poi ormai è oggi, cioè insomma quello che nei monasteri diranno prima delle lodi, fra qualche ora – almeno in Italia, perché chissà magari col fuso del Giappone sarei un po’ meno in ritardo (non so, non mi sono mai applicata per capire da che parte si gira per contare le ore).
Non è che sia tardi perché sia successo qualcosa di particolare, oggi: è stata una giornata normale, impossibile come nella media. Piena come un uovo di cose da fare; tutte buone, tutte belle, e tutte utilissime per carità. Peraltro ho anche perduto pochissimo tempo, neppure una fila al semaforo: è sabato e non ho lavorato fuori casa. In compenso ho pulito, corretto compiti, cucinato, pulito di nuovo, sistemato un articolo da spedire, giocato, cucinato di nuovo (ma quante volte mangiano, questi miei figli?), pregato, guardato una serie tv con mio marito, e in mezzo telefonato, raccolto informazioni (con un’audace azione di spionaggio industriale sto cercando di scegliere il liceo per un figlio), invitato amici a cena (ma non avevo già cucinato?), lavato i piatti e altre due o tre cosette che devo avere fatto in automatico, perché non me le ricordo più (credo di essere anche andata a correre).
Insomma, ho fatto un sacco di cose, ma l’ufficio delle letture? Il fatto è che essere un laico comporta sempre questa tensione, questo stare in una croce le cui estremità tendono verso le quattro scomodissime direzioni: verso l’alto, Dio, verso il basso, io, e poi lateralmente verso le persone che amiamo, verso il nostro dovere di stato, e altre chiamate con cui la vita, le persone, le situazioni – cioè ancora una volta Dio, sotto altre spoglie – ci interpellano in molti modi.
Lungi da me l’idea di fare classifiche, di fare “a gara di croci”, ma credo, se posso permettermi, che per i consacrati le variabili siano parecchie di meno. C’è un’altra fatica, un’altra negazione di sé, un altro modo di perdere se stessi, ma non c’è quello che io chiamo il martirio dell’equilibrio. Insomma, il duello tra Dio e l’egoismo è lo stesso anche per i consacrati, ma per noi laici più che di un duello si tratta di un triello: Dio, il mio egoismo e le mille cose da fare, il dovere di stato, e le necessità delle persone che sono affidate proprio particolarmente eminentemente a noi.
È evidente che si tratta di cercare di incontrare Dio non nonostante, ma proprio attraverso le cose da fare. Il punto cruciale è, chiaramente, fare le mille cose rimanendo il più possibile in Cristo, fino a obbedire a san Paolo, che ci dice: “sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”, per non rendere tutto il nostro affannarci vanità.
Ora, queste sono belle parole. Molto belle.
Ma mi permetterei a questo punto di attirare la vostra attenzione sulla penosa situazione della multimadre lavoratrice, la quale, pur ricordando ogni giorno la necessità di ringraziare per la fortuna meravigliosa e niente affatto scontata di avere un lavoro, ricordando questo dicevo, costretta a correre da una parte all’altra della città, finisce per dimenticare invece chiavi, appuntamenti, numero dei figli, dimenticare di mangiare, dimenticare dove ha parcheggiato la macchina e molte altre cose fondamentali, oltre a quelle che sostano permanentemente al numero ventotto-ventinove dell’agenda quotidiana, tipo comprare dei collant che non le cadano, necessità che non salirà mai al rango delle cose da eseguire davvero, le prime undici dodici in alto sulla pagina dell’agenda, fatto per il quale non dovete assolutamente stupirvi se incontrandomi notate in me una strana andatura (mi stanno cadendo le calze). Essere una laica – permettetemelo – è anche un po’ diverso dall’essere un laico, perché si sa che la donna si fa carico dei problemi di tutti quelli che le capitano a tiro, offre consigli non richiesti anche ai parenti fino al terzo, quarto grado, è l’unica in casa a conoscere l’ubicazione di oggetti necessari alla sopravvivenza di tutta la famiglia (se dovessi morire, il termometro è nella scatola di latta dei biscotti Mellin – nota per mio marito). Un uomo dice: “cara, vado a letto”, e dopo sei sette minuti esce dalla doccia e, scavalcando camioncini e palloni, va sotto le coperte. Una donna dal momento in cui progetta di andare a dormire a quello in cui può toccare il cuscino con la testa fa svariate volte il giro della casa raccogliendo giocattoli, piegando magliette, struccandosi e cospargendosi di creme (deve dare un senso alla sua mensola del bagno), rimboccando coperte, supervisionando zaini, compilando liste della spesa e bollettini di conti correnti, mandando un ultimo urgentissimo messaggio di incoraggiamento all’amica incinta. E dopo appena due ore può dormire.
Lungi dal criticare la sana lucidità maschile io, come sempre, ammiro la capacità che ha mio marito di tirare dritto all’obiettivo. Quando è ora di fare una cosa si fa, senza distrarsi. È importante, a volte, molto spesso, non rispondere a tutti gli stimoli della realtà, adottare nei suoi confronti una sorta di disobbedienza creativa, saper scegliere a volte come Maria la parte migliore. Dio, infatti, non coincide con la realtà, e bisogna usare il cervello per maneggiarla bene (il cervello, anche se a volte tendiamo a dimenticarlo, ce lo ha dato Dio, lo ha creato lui e vuole che lo usiamo al meglio). A volte quindi gli stimoli vanno ignorati, imparando a lasciare indietro qualcosa, mettendo al primo posto la preghiera, non come fine ma come mezzo per cercare Dio, il quale poi, se vuole, “ne darà ai suoi amici nel sonno”, senza che ci affanniamo tanto credendo di avere tutto nelle nostre mani.
Dobbiamo cercare davvero Gesù, dunque, nel nostro piccolo monastero interiore, che ha anche necessità di tempi e spazi riservati nella confusione delle giornate. Dobbiamo non perché obbligati, ma perché non c’è dolcezza più grande che vedere il volto del Signore, il quale si mostra a chi lo cerca davvero.
Guardarlo ci renderà sempre più simili a lui, che ci insegna prima di tutto la sua dolcezza. Con quella si impara a stare in croce senza ribellarsi, a essere buoni, ad accettare qualcosa fatto dagli altri che ci ferisce, irrita o offende senza parlare, come ha fatto Gesù. Questo è ciò che commuove Dio, questo allontana il principe di questo mondo, lo caccia, perché di fronte all’umiltà il diavolo non ha armi. Guardarlo perché lui è il Logos, è il senso del mondo, è la logica delle cose, e solo tenere lo sguardo fisso su di lui ci permetterà di mettere ordine nella nostra vita, e di renderla davvero feconda.
fonte: laici.va
Sono le 1:40. Nonostante stia cercando di finire un lavoro per un corso che sto seguendo, cercando articoli, foto e scrivendo il rapporto, contemporaneamente sto controllando Twitter e ho scoperto il tuo post (mi permetto il “tu”, perdono!). Quindi l’ho letto, ovviamente continuando contemporaneamente a scrivere il rapporto (che tra l’altro è in tedesco), pensando anche ad una cara amica, che credo farebbe bene a leggere il tuo articolo, e scrivendole subito un’email per informarla. Tutto questo mentre mio marito ha già dichiarato finita la giornata (più che giustamente!) e sta dormendo sul divano. Sì, sul divano, perché il poverino, vedendomi stanca morta, ha deciso di lasciarmi dormire tranquillamente senza il rischio di svegliarmi, prendendosi cioè con sé in salotto l’interfono per sentire se i bambini si svegliano (5, 3 e 3 anni) e non dover far alzare me. Domani per fortuna non è giorno di lavoro, perché lavoro a progetto, ma devo portare i bambini all’asilo, finire questo rapporto, andare dall’otorino perché non ci sento bene, cercare di mangiare decentemente, andare a riprendere i bambini (che non c’è mai una volta che non mi scappino in 3 direzioni differenti per non vestirsi e andare via), portarli tutti con me agli allenamenti di Hockey del grande (ovviamente mica si sceglie uno sport qualunque, NO! quello in cui vestizione e svestizione mi costano tempo prezioso e tanto sudore – non solo metaforicamente), dar loro merenda, tornare a casa, bagno, lotte per non fargli guardare la tv – cederò. La sera ovviamente non avrò ancora finito il rapporto per venerdì mattina e farò di nuovo le 2, perché tra l’altro sono anche pignola. Venerdì 3,5 ore di corso con la relazione suddetta, pranzo con mio marito perché mi vuole far conoscere un nuovo collega; con me viene una mia amica che mi vuole far conoscere una sua nuova amica, perché quest’ultima ha bisogno di consigli da parte mia (!). Riprendo i bambini e così via. Sabato mattina udienza di famiglie dal vescovo (mai successo!!! E ovviamente la prima volta doveva essere questa settimana). Sabato sera ceno con delle colleghe perché dobbiamo finire un lavoro che dobbiamo consegnare la settimana prossima e non abbiamo altro momento che quello. Lascio perdere il resto, dico solo che, pur avendo ripromesso a me stessa e a mio marito che non avrei più accettato lavori il fine settimana, sono cascata nella trappola di una nonna insistente e ho accettato di dare ripetizioni ad un bambino, tra l’altro legastenico (che il Signore mi guidi!) di domenica.
E mi chiedo: è giusto tutto questo? È giusto che mio marito debba dormire sul divano per me? Da tempo mi sono risposta: no, non lo è. Per questo da qualche mese mi sono sospesa da Facebook per avere meno tentazioni, per questo ho deciso il prossimo anno di non lavorare quasi più, tranne in piccoli progetti sporadici, tanto di soldi ne porto comunque pochi a casa. Si rinuncerà a qualcosa in più, ma come contropartita avrei più energie fisiche e mentali per le persone che mi amano e che io amo e che il Signore mi ha messo accanto. Mi sembra un bel guadagno. Poi, dopo un annetto si potrà anche ricominciare. Sarà dura, perché io amo il mio lavoro (sono nel campo dell’insegnamento) e vedere che, mentre io sono a casa, le mie amiche e colleghe mi sostituiranno, si cureranno “la loro fetta di mercato”, faranno carriera e accetteranno tutti i lavori a cui io agogno da anni, non sarà facile. Ma da quando ho preso questa decisione sono felice, sento di aver capito un po’ di più l’ordine delle cose nella mia vita. E sono sicura che il Signore mi aiuterà anche a sentire meno il peso della rinuncia. A proposito: questa decisione grazie anche ai tuoi libri e al tuo blog, Costanza.
E sì, concordo con te: qualunque sia la situazione, il tempo per la preghiera si deve sempre trovare. Non è un’opzione farlo o no. Perché farlo è una necessità. Ma anche in questo sono solo all’inizio del processo di maturazione (i miei tempi sono come quelli dell’Aceto Balsamico Tradizionale).
Grazie!!!
Oggi nella festività di San Francesco di Sales, prendo questo suo invito a Santa Giovanna Francesca di Chantal e lo dono a tutti, io compreso:
“Qualora proviate un grande gusto per le preghiere che vi ho elencate or ora, non cambiate nulla, ve ne prego, ma qualora tralasciate qualcosa di quello che vi ho detto, non ve ne fate scrupolo, perché, eccovi qui la regola generale della vostra ubbidienza, scritta in lettere molto grosse:
È NECESSARIO FAR TUTTO PER AMORE
E NULLA PER TIMORE;
È NECESSARIO AMARE L’UBBIDIENZA
PIÙ DI QUANTO SI TEME LA DISUBBIDIENZA.
Vi lascio lo spirito di libertà: non quello che esclude l’ubbidienza, ché, allora, dovremmo parlare della libertà della carne, bensì quello che esclude la costrizione, lo scrupolo e la fretta. Se amate molto l’ubbidienza e la sottomissione, voglio che, quando vi si presenterà qualche occasione di tralasciare i vostri esercizi di pietà per motivi di giustizia o di carità, lo facciate come per ubbidienza e che suppliate con l’amore alla pratica che avete tralasciata. (…)
Se dessi retta a me stesso, non metterei mai fine a questa lettera, scritta col solo intento di rispondervi. Voglio però terminarla chiedendovi una grande assistenza delle vostre preghiere, che mi sono estremamente necessarie. Io non prego mai senza avervi come partecipe delle mie suppliche, e non saluto mai i miei Angeli senza salutare anche il vostro. Ricambiatemi il favore… (Sales, 14 ottobre 1604) [tratta da Francesco di Sales “Lettere di Amicizia Spirituale” – Edizioni Paoline)
Triello: troppo bello:-))
Costanza, io ho fatto del mio meglio cercando di brevettare il calendario con giorni di 36 ore, ho creato anche un gruppo su facebook:
Premessa di un nuovo calendario. – New Calendar
Giorni di 36 ore – Daytime 36 hours
Settimane di 5 giorni (4 lavorativ…i e uno di riposo) – Week of 5 days (4 working days 1 day off)
Nonostante i giorni siano di 36 ore lavoreremo le solite otto ore riposando per le rimanenti 28 ore. – Despite days are 36 hours long we work usual 8 hours resting remaining 28 hours
I mesi saranno 12 composti ognuno da 20 giorni.
Every months will be 20 days long
Rimarranno scoperti 5 giorni di 24 ore che saranno giorni anomali di festa di fine anno.
5 days of old calendar remaining will be considered extra party of ending year
Il calendario tradizionale con i santi e le lune deve rimanere parallelo.
Old calendar is still valid for moon or saints
Questo nuovo calendario è un calendario strettamente convenzionale ad uso civile e lavorativo.
This new calendar is strictly conventional for working purposes only
Esempio applicativo:
Example:
Il primo giorno inizia sempre il lunedì alle 0.01 e termina alle 12.00 del vecchio martedì.
First day of week will start at monday at 0.01 and ends at 12.00 of old tuesday.
Il secondo giorno inizia il martedì alle 12.01 e termina alle 24.00 del mercoledì.
Second day starts Tuesday at 12.00 and ends at 24.00 of Wednesday.
Eccetera.
And so on.
Le ore di lavoro inizieranno sempre al mattino dei giorni nuovi, quindi sarà come lavorare il lunedì, il mercoledì, il giovedì, il sabato.
Work tiime will start every morning of new days, that means working Monday, Wednesday, Thursday and Saturday of old week.
Tutto questo si rende necessario perché è evidente che siamo stressati da questo ritmo di vita e siccome si vive una volta sola ritengo ovvio che bisogna vivere bene.
The goal is to decrease stress.
Invidio la tua profondità. Mi sento egoista e inadeguata.
Chiara, non devi sentirti così, è questione di tempi, anch’io se guardo Costanza spesso mi sento una pippa, io che spesso alle 17,00 mi faccio un sonnellino sul divano mentre i bambini giocano in salotto per poi oziare dopo cena davanti alla TV, o al PC invece che pregare o leggere o fare qualcosa di costruttivo. L’importante è offrire le nostre iniquità al Signore ed essere vigili quando serve, certo, essere pronti con le lanterne accese è meglio, ma al limite tenere un accendino a portata di mano è meglio che niente.
@exileye non essere così duro con te stesso… non siamo a livello di “iniquità” 😉
Si, hai ragion Costanza…(che di costanza mi pare ne abbia da vendere…)bisogna fissare lo sguardo su Gesù! E quando ne avremo percepito, senza inganno, la Presenza nel cuore è Lui stesso che donando la pienezza dell’Essere, porterà il Suo squilibrato “equilibrio” in ciò che necessità fare.
ma come fai a scriverlo cosi bene? ci siamo tutte ma proprio tutte in quello che hai scritto… condivido la tua fatica sorella in Cristo e la fatica di tutte le donne/mamme/lavoratrici che sono qui…..però è bello Costanza… è bello…tutta questa Santa fatica da un sapore unico alla nostra vita… e raccoglieremo frutti abbondanti!! ti abbraccio
Grazie, come sempre sei molto lucida (so che lo chiedo dopo averlo fatto ma… posso darti del tu? 😀 ). Ma alla fine l’ufficio delle letture di oggi lo hai fatto? Perché proprio lì, nella seconda lettura (di san Francesco di Sales), c’è qualcosa che credo sia in qualche modo collegato con quello che hai scritto 🙂 Buona giornata 🙂
Non so se ho ben compreso il “patema d’animo”, lo scrupolo di Costanza, che giusto questa mattina facevo mio di fronte a tutti i possibili impegni, che in previsione affollano la giornata e al fatto che, pensando agli scritti di San Francesco di Sales (che Mario G. a già opportunamente citato). Mi accusavo per quante sante letture non legga, a quanto sia incostante nella Liturgia delle Ore, io che a sera leggo due pagine del mio fumetto preferito (eh si, leggo ancora fumetti ;-)) per poi trovarmi a occhi chiusi sulla terzultima vignetta della pagina… Ma le Lodi di stamani e in particolare la 2a lettura dell’Ufficio (sempre di San Francesco di Sales), sono venute come balsamo a rincuorarmi dicendomi: “riparti da quello che sei e da quello che puoi, rispettando i doveri del tuo stato e della tua vocazione”
La ripropongo a chi dovesse essere sfuggita:
Dalla «Introduzione alla vita devota» di san Francesco di Sales, vescovo
(Parte 1, Cap. 3)
La devozione è possibile in ogni vocazione e professione
Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1,11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione.
La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta, bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona.
Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l’artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso, e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa.
L’ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio.
Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l’unisce alla devozione. La cura della famiglia è resa più leggera, l’amore fra marito e moglie più sincero, il servizio del principe più fedele, e tutte le altre occupazioni più soavi e amabili.
È un errore, anzi un’eresia, voler escludere l’esercizio della devozione dall’ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. È vero, Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa può essere vissuta solo in questi stati, ma oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perciò dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta.
bellissima la “chiusa” dell’articolo! Capisco di cosa parli perchè ho cresciuto 4 figli lavorando e cercando sempre anche spazio per la mia esigenza creativa … Egoismo? Non so se fa parte di te ma bella l’immagine della croce che ci tira da tutte le parti. Poi ognuno la ritrova, la croce che tira, a suo modo nella sua vita! Ma prezioso anche l’apporto più giù su S Francesca di Chantal, far tutto per amore!
Ciao
Grazie a tutti, avevo bisogno di leggere queste cose oggi 😀
Il post mi piace moltissimo, perchè anche io spesso e volentieri non riesco a dire no e alla fine rischio di scontentare tutti quelli a cui dico sì. Per questo oggi sono contenta che si ricordi san Francesco di Sales e ringrazio Mario e Bariom di aver citato dei bellissimi stralci delle sue lettere. In questo periodo ho un mucchio di cose da fare e non riesco sempre a leggere i post del blog e tutti i commenti. Tra qualche mese arriverà un nuovo membro della famiglia e sto cercando di fare ordine in casa e sistemare tutte le cose rimaste in sospeso, perchè dopo l’estate non ne avrò più il tempo. Quindi inevitabilmente devo tagliare tutte quelle occasioni che mi portano a uscire e distrarmi dalla incombenze domestiche. Diciamo che sto cercando di fare spazio proprio dentro di me ad un nuovo evento che mi porterà a concentrarmi mentalmente e fisicamente sulla famiglia. A volte il rischio, quando si lavora solo in casa, è di vedere tutto quel che c’è fuori come una piccola evasione dalle noie di casa. In casa fai sempre le stesse cose, ripeti sempre gli stessi gesti, rifai letti che dopo poche ore saranno nuovamente disfatti, rimetti in ordine cose che dopo pochi minuti saranno in disordine, cucini e ricucini e via dicendo. E vedere la bellezza della fedeltà a quei gesti non è sempre immediato o soddisfacente. A volte vorresti appartarti col famoso libretto delle Ore e far finta che tutto il resto non esista. L’equilibrio difficile è tra Marta e Maria, tra l’azione e la contemplazione. Mi piace ricordare quella bella frase di Giovanni Paolo II “era necessario che il quotidiano diventasse eroico e l’eroico diventasse quotidiano”, perchè anche i gesti ripetitivi e giornalieri della casalinga di provincia (che è tale perchè facendo due conti in tasca col marito ha deciso che guadagnare 500 euro per pagare una baby-sitter non è molto astuto) diventino una preghiera continua, una giaculatoria che accompagni ogni momento per la maggior gloria di Dio e per avere il centuplo quaggiù (mi è stato promesso e lo cerco!).
Cara Costanza ti ringrazio per il post che hai condiviso con noi (e per il quale hai rimandato di andare a dormire!). Sono considerazioni che accompagnano anche me.
Ogni giorno è una battaglia per trovare il tempo di pregare, mi piace l’immagine del monastero interiore; il monastero è un luogo spartano. Come ogni seguace di Cristo, anche noi dobbiamo rinunciare a qualcosa per fare spazio a Dio. Non c’è obbedienza senza rinuncia (ricordate il vangelo, la domanda di Pietro: e noi che abbiamo rinunciato a tutto per seguirti, cosa avremo in cambio?)
Ma perché, santissimo cielo, il termometro deve essere nella scatola di latta dei biscotti Mellin?! Non ha senso vantarsi di essere l’unica a sapere certe cose, se questo deriva dal fatto che sei stata tu (non so perché, ma sono certo di questo, dopo aver letto i tuoi due libri) ad infilarle in posti che nemmeno Poirot immaginerebbe.
Termometro = coso che misura la febbre. Febbre = medicinali. Medicinali = armadietto dei medicinali. Il termometro stia nell’armadietto dei medicinali, in bella vista, in prima fila.
Beh, come consacrato “maschio” mi sento di obbiettare sulla questione del “duello – triello”. Purtroppo con le mille cose da fare ci dobbiamo combattere anche noi, oltre che con il nostro egoismo (il peccato originale non risparmia nessuno… anche la Grazia di Dio però!) e allora approfitto per sfogarmi un po’. Siamo in un periodo storico complesso, noi consacrati: a fronte di presenze (luoghi) e attività variamente sparse sul territorio, siamo numericamente molti di meno con un’età media molto alta (ad esempio, quello della mia Provincia religiosa è oltre i settant’anni di età!!! Non so se mi spiego…); siamo in una fase di “ridimensionamento” o di “potatura”, a volerla dire nel modo evangelico, e questo è bello e stimolante perché rinforza le motivazioni, ti costringe a non dare nulla per scontato… però si fa anche l’esperienza della coperta che è sempre troppo corta! In altre parole, non si arriva dappertutto! Non è che io abbia questa pretesa, ma vedo attorno al nostro mondo un mucchio di aspettative e pretese, a volte sacrosante e legittime, per carità! Ci si vuole sempre in confessionale ma poi ci si lamenta che se uno suona alla porta o ti chiama al telefono “non ci sei mai”! Ci si vuole sempre disponibili, sempre e subito (magari qualcuno crede che stiamo a girarci i pollici tutto il giorno), ci si vuole sempre sorridenti, accoglienti, con la parola giusta al momento giusto… ci si vuole precisi nelle celebrazioni liturgiche, attenti nell’ascolto, intrepidi nella carità verso i più bisognosi, in mezzo ai giovani, al capezzale dei malati, ad accompagnare gli sposi… ecc… che poi magari se ti vedono che vai a fare una corsetta per sgranchirti un po’, o magari al supermercato a fare la spesa (eh sì, mangiamo anche noi… come anche facciamo tante altre attività comuni alla specie umana, tipo respirare, dormire, lavarsi, aver bisogni di distrarsi, di fare qualcosa di divertente, di…) si sgranano gli occhi come per dire… ma che ci fai tu qui? E poi c’è l’impianto da mettere a norma, la catechesi da preparare, i miei due frati anziani da custodire, i conti da sistemare, la lavastoviglie che non funziona, la cuoca che oggi non può venire perché gli si è ammalato il figlio, il mio confratello che ha qualche linea di febbre… E poi c’è la preghiera che per noi non è un optional (non lo è per nessuno, figuriamoci per noi!). Sarà perché il nostro convento è al centro della città, sarà perché siamo pochi, sarà perché non sono multitasking come l’altro sesso, ma quando arriva il momento della preghiera arriva sempre qualcuno che proprio ha bisogno di te in quel preciso momento, che proprio non si può rimandare… si prova a dire di no e ti si rinfaccia che Gesù è stato sempre disponibile… questo è tutto da dimostrare, rispondo io; proprio il vangelo di oggi ci mostra il Maestro in difficoltà… per fortuna, anche Lui! “Padre, solo cinque minuti” e ti sorprendi, ogni volta, di come in quei cinque minuti ti viene raccontata una vita intera, a volte con dovizie di particolari…
Ecco, adesso che mi sono sfogato sto meglio… 🙂 e comunque abbiate pazienza se non ci trovate sempre al top…
Pace!
Caro Don, verissime, concretissime e condivisibili parole le tue (e giustissimo sfogo).
Certo tu hai parlato anche di impegni che appartengono all’umana vita di tutti i giorni e assomigliano a quelli di ogni padre o madre di famiglia, come di ogni singolo unomo o donna e a cui credo si difficile non assogettarci, ma permettimi di obiettare con un intento di positivo contributo e non mera critica… il coinvolgimento dei “laici” (oggi ritengo, sempre più necessario…) su altri aspetti della vita di una parrocchia, dov’è?
Certo non per amministrare Sacramenti o esercitare funzioni che non possono essere esercitate se non dai nostri Pastori, ma ti faccio due piccolissimi esempi.
Personalmente sono Ministro straordinario dell’Eucarestia, in cammino per l’Accolitato, in formazione costante in una delle tante esperienze all’interno della Chiesa Cattolica (intendetemi non sto enumerando le mie “medagliette”). Nei sette anni durante i quali sono Ministro, non una volta sono stato chiamato a portare la Comunione ad un malato (per carità il mio parroco può non ritenermi all’altezza, ma così è di molti altri miei “colleghi”).
Sono sposato ho tre figli e sono passato attraverso l’esperienza della malattia, della morte della mia sposa e della seguente vedovanza. So che le ho attraversate cristianamente solo grazie all’aiuto di Cristo. Più volte mi sono reso disponibile per la pastorale ai malati e all’aiuto a coniugi che si trovino in questa particolare esperienza… nulla di fatto.
Non parliamo poi della Catechesi permanente, dell’Annuncio ai lontani, dell’Evangelizzazione… (poi ci sono anche tanti servizi “minori”, anche questi possono e debbono essere svolti s’intende)
Mi dispiace parlare di me e non vorrei essere preso per chi si lamenta come se non mi fosse riconosciuto qualcosa che mi spetta di diritto (non recrimino neppure verso il mio parroco a cui voglio un gran bene…), non mi spetta proprio nulla (!!), ma ho l’impressione che di fronte alla possibilità di “sfruttare” persone con buona formazione, solide esperienze e buona volontà (escludendo il sottoscritto ne conosco tante…) e pur passando tutto al “vaglio”, i nostri cari, Santi e oberati presbiteri, abbiano grandi remore a utilizzare, delegare, coordinare, vegliare, dirigere, più che essere sempre presenti in prima persona.
Questo è quello che vedo dal mio piccolissimo osservatorio, poi ci saranno senz’altro realtà diversissime e ricchissime in questo senso (mi auguro…)
Ma se il Signore non darà una nuova fioritura di giovani Sante Vocazioni e le nostre famiglie non torneranno ad essere fucina di queste, con questi improcastinabili cambiamenti, dovremo (e già dobbiamo) fare i conti.
E sarà sempre peggio caro Filippo, non per consolarti si intende:- ) . Ma se non ci diamo da fare a crescere piccoli sacerdoti. I ragazzi di oggi sono sempre più reattivi e intolleranti forse stimolati dalla tecnologia. Una cosa piace allora è Ok, altrimenti no, e poi può non piacere più. Il resto non conta. Non sanno cosa sia l’affettività, la cura, l’ascolto e noi genitori scadenti dobbiamo educarli a queste cose, altrimenti sacerdoti non ce ne saranno più o quasi.
Grazie per questo articolo e per i commenti. In piccolo (non ho figli per il momento) capisco bene queste difficoltà.
Scusate l’ignoranza, ma perché ne darà ai suoi amici nel sonno è virgolettato? Da chi è tratto?
SALMO 127
1 Canto delle ascensioni. Di Salomone.
Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
2 Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
3 Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
4 Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
5 Beato l’uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
Grazie Vale!
Non sai quanto sono d’accordo. Almeno quanto mia moglie si arrabbia quando, tornando dall’unica ora di palestra settimanale, scopre che sono andato a dormire lasciando la casa tappezzata di giocattoli…
Grazie vale per il salmo.
Qualche tempo fa per e-mail girava questa “catena” indirizzata alle donne: mi è tornata in mente leggendo il bel post di oggi.
Mamma e papà stavano guardando la tv quando mamma disse: “sono stanca, è tardi, penso che andrò a letto”.
Va in cucina a preparare i panini per l’indomani.
Sistema le ciotole dei popcorn, estrae la carne dal freezer per la cena del giorno dopo, controlla il livello dei cereali, riempie la zuccheriera, mette cucchiai e ciotole sulla tavola e accende la caffettiera per la mattina successiva. Poi mette i vestiti bagnati nell’asciugatore, i panni nella
lavatrice, stira una maglia e sistema un bottone, prende i giochi lasciati sul tavolo, mette in carica il
telefono e a posto l’elenco telefonico. Dà l’acqua alle piante, vuota il cestino e stende un asciugamano. Sbadiglia e si stira e va in camera da letto. Si ferma allo scrittoio per una nota alla maestra, conta soldi per la gita e tira fuori un libro da sotto alla sedia. Firma un biglietto d’auguri
per un amico, ci scrive l’indirizzo e scrive una nota per il salumiere e mette tutto vicino alla propria roba. Mamma poi si lava la faccia con i fazzolettini, si mette la crema antirughe, si lava denti e unghie. Papà chiama, “pensavo stessi andando a letto” “Ci sto andando”, dice lei.
Mette un po’ d’acqua nella ciotola del cane e mette fuori il gatto, chiude a chiave le porte e accende la luce fuori. Dà un occhiata ai bimbi, spegne luci e tv, raccoglie una maglia, butta i calzini nella cesta e parla con uno di loro che sta ancora facendo i compiti. Nella sua stanza mette la sveglia, tira fuori i vestiti per l’indomani, sistema la scarpiera. Aggiunge tre cose alle sei della lista delle cose urgenti da fare, dice le preghiere e visualizza il raggiungimento dei propri obiettivi.
In quel momento, papà spegne la tv e annuncia “vado a letto”. E lo fa, senza altri pensieri.
Niente di straordinario? Vi chiedete perché le donne vivono più a lungo?
Perché sono fatte per i percorsi lunghi (e non possono morire prima, hanno molte cose da fare).
Manda questa e-mail a cinque donne fenomenali, lo
apprezzeranno E poi… VAI A LETTO!
Ecco Sara, proprio per il fatto che spero mia moglie possa vivere più a lungo, la lascio fare, non è per pigrizia, sia chiaro
Sara:
“e visualizza il raggiungimento dei propri obiettivi…”
a parte la bruttezza di questa “prosa” qui sopra virgolettata, la quale fa parte ormai del frasario collettivo universale, condiviso, anche, parecchio, dalla Miriano, quando, invece, credo, bisognerebbe molto sforzarsi di cambiare il pensare anche attraverso la liberazione da quell”altro GREANDE ANIMALE che è la banalizzazione del linguaggio e dell’uso della mente (ammettendo che esista ancora) ma a parte dicevo questo particolare, cosa altro c’è di notevole nello scritto di oggi?
Null’altro (e scusa se è poco, direte voi!!!) che il deus ex machina (siamo alle solite!)della ricerca di un momento per pensare a Gesù e a trarne forza e conforto. Questa, sembra, quasi, vita divisa in due: da una parte le scempiaggini quotidiane del paese dei tinelli (che si sarebbbe, in fondo, tutti noi) dall’altra un pugno di prodi crociati (voi)che mettono ancora energie (dopo quelle che già hanno succhiate dalla fede) alla notturna ricerca dell’ultimo bacio beatifico. Noialtri,
invece, al freddo e al gelo !
“al freeeddo e al geeeloooo…” Come Gesù Bambino!
“… alla notturna ricerca dell’ultimo bacio beatifico”.
Anche così fosse (ma sarebbe gara dura illustrarti altrimenti), che male c’è Alvise? Ricordo imiei figlioletti che sempre lo cercavano da me l’ultimo “beatifico” bacio notturno.
E mi si stringe il cuore se e quando ancora lo fanno nonostante siano ormai maggioreni 🙂
Chi ti dà alvise l’ultimo bacio del giorno ormai a notte fatta?
Non ho detto che è un “male”. Non c’è nessun male.
Ah, bene… ti chiedo scusa, non afferro mai se le tue sono constatazioni, condivisioni o deprecazioni.
E’ senz’altro un mio limite, ma devi riconoscere che con te ci si apetta sempre di tutto 😀
Ma non sei coerente! Perchè ti senti al freddo e al gelo? Se sei ateo, se le nostre sono tutte scempiaggini, ragionando dal tuo punto di vista, dovresti essere più al caldo tu di noi poveri illusi che ci riscaldiamo con un’invenzione! Ravviso in tanti tuoi commenti una sorta di invidia della fede. E noi e voi e siamo uguali, non siete diversi (chi ha poi mai detto il contrario? Solo tu). Ma se ti manca tanto Gesù e prova a scoprirlo, a parlare con Lui, a pregarlo: fai uno sforzo! Vai in chiesa quando è vuota davanti a un Tabernacolo e parla: è lì e ti ascolta! Provare per credere! Cos’hai da perdere?
.Giusy:
..invidia penis(potrebbe essere)(da parte mia, ovviamente)?
Pure mutilato sei?
…a Dio piacendo!!!
Cioè? Vuoi dire che ti sei fatto eunuco per il Regno dei Cieli? Complimenti! Ti avevo sottovalutato!
Tutti si può sbagliare….
Nulla di male!!!
…stasera ho acceso un bel foco, aaaaaaah!!!
…Ratzy?
Pingback: COSTANZA MIRIANO: Il martirio dell’equilibrio | La Rassegna Stampa di Rosa
“Le energie succhiate dalla fede” però… questa è troppo balla!
… è troppo “balla” o troppo “bella” (?) 😉
E’ troppo balla ci sta veramente bene! 🙂