Di padre in figlio

di Claudia Mancini           LaPorzione.it

Lo scorso 2 febbraio, su laRepubblica.it, è stato pubblicato un articolo dal titolo «Meri, Franci e il semino donato. Storie allegre di “famiglie possibili”».

In questo caso, più che mai, può valere la sintetica – quanto esaustiva – frase: “L’articolo si commenta da sé”.

La notizia – Due mamme omosessuali, madri di quattro figli, hanno fondato la casa editrice Stampatello, per raccontare ai ragazzi e ai loro genitori – «sotto forma di allegre favole» – tutte le «famiglie possibili» in alternativa alla «famiglia tradizionale».

La prima favola pubblicata è stata quella che raccontava la loro storia, dal titolo «Piccola storia di una famiglia»: «Meri e Franci si amavano e volevano una famiglia. Ma per fare un bimbo ci vogliono un uomo e una donna: la donna ha l’ovino nella pancia e l’uomo mette il semino. Meri e Franci erano due donne, avevano solo ovini. Mancava il semino! Franci è andata in Olanda dove dei signori gentili donano i semini, per chi non ne ha, o per chi ne ha che non funzionano». Nel suo primo anno di vita, anche con la collaborazione di un disegnatore di fama come Altan, la Stampatello ha pubblicato ben cinque titoli, illustrando tutte le «famiglie possibili»: una famiglia di conigli eterosessuali, quella di due mamme gatte, di un ippopotamo single, di canguri adottivi, di pinguini gay e di cani multicolori. Tutte entreranno presto in uno spettacolo teatrale in una scuola di Torino, oltre che in un’applicazione per iPad.

L’intervista – «Perché Maria Silvia Fiengo e Francesca Pardi hanno deciso di fondare una casa editrice?» Le donne raccontano che, quando la loro primogenita ­– Margherita – è arrivata in prima elementare, «si è trovata ad affrontare la curiosità dei suoi compagni» che, abituati a «un unico, inderogabile, modello di famiglia», chiedevano sbigottiti – «Perchè due mamme?» -. Da questa curiosità, è nata la volontà di scrivere una favola che chiarisse – ai figli di famiglie tradizionali – tutti i modi di «coniugare le relazioni parentali».

La difficoltà, poi, di trovare una casa editrice, le ha spinte a fondarne una con moltissimi sacrifici, perché hanno «un menage eroico, una quotidianità frenetica»: scrivono di sera, tra le dieci e l’una, quando i bambini dormono, per finanziarsi rinunciano alle vacanze ed economicamente sono in ginocchio. Sono soddisfatte, però, perché, con la loro casa editrice, possono parlare ai ragazzi di «omogenitorialità, omoaffettività, della famiglia e di tutte le sue declinazioni»: «Abbiamo in testa il bambino che legge, a cui bisogna dire le cose come stanno, con un linguaggio diretto e chiaro. Vogliamo mostrare come è il mondo, e veicolare il messaggio che non esiste un unico modello, e che la bellezza e la ricchezza della vita stanno nella varietà. Obiettivo: parlare ai 100 mila minori in Italia che vivono con almeno un genitore omosessuale, e a tutti gli altri per allargare i loro orizzonti, mostrare una realtà più ricca e varia, lanciare un messaggio inclusivo di apertura e tolleranza». Le donne – nell’intervista – affermano di aver avuto, sia come madri che come editrici, «sorprese positive dal mondo cattolico che, pur essendo durissimo nei confronti dell’omosessualità e delle famiglie omogenitoriali, è abituato, nei fatti, a convivere con le contraddizioni». Anche la scuola ha mostrato di capire che i loro figli, «portatori di esperienze diverse», sono una ricchezza per ampliare gli orizzonti della classe: « I bambini sono molto ricettivi e si adeguano agli input che arrivano dagli adulti. Se crescono con l’idea che il mondo sia un posto ricco e vario, mostreranno apertura e curiosità. Se il modello che viene loro imposto è rigido e chiuso, rischieranno di diventare bulli».

L’intervista si chiude con le due mamme, e i loro quattro figli, «su un pulmino verde pisello – con grandi margherite disegnate ovunque e la bandiera della pace – direzione pranzo domenicale a casa dei nonni». Sì, perché – conclude il giornalista – la loro è una famiglia diversa, sicuramente «non ordinaria», ma, anche loro, «per molti versi, sono ancora molto tradizionali».

L’articolo si commenta da sé, dicevamo, ma vorremmo aggiungere qualche riflessione.

La “notizia”, in sintesi, ci vorrebbe far dire che, se ieri si cantava «per fare l’albero ci vuole il seme», oggi, invece, si deve – perché si può – raccontare la favola “per fare un figlio ci vuole un semino”.

L’“intervista” ci vorrebbe far credere che, se ieri l’archetipo della famiglia era quello del “Mulino Bianco”, oggi, invece, si deve – perché si può – rappresentare anche la famiglia del “Mulino Bianco…Biologico”: «un ovino ed un semino», madre e padre in numero ed ordine sparso.

La “favola” delle “famiglie possibili” è la favola della famiglia per la quale, qualsiasi cosa può essere, deve anche essere.

Una delle più grandi mistificazioni dell’epoca moderna è quella che vorrebbe convincerci che abbiamo paura del diverso, dello straniero, del nuovo, del lontano, e che da questa paura deriverebbero varie forme di intolleranza o discriminazione. Non è vero. La “favola diabolica” di tutte le “famiglie possibili”, ci dice bene, invece, che ciò di cui la società moderna ha veramente paura, e ciò che rifiuta, è la Tradizione: il senso naturale, prima ancora che soprannaturale, l’originario senso comune sul quale si fondano le radici dell’umanità, la nostra identità originaria: «L’antico degrada in primitivo, tradizionale si identifica con reazionario, le radici assumono non più il significato positivo di un’identità che si riconosce in una tradizione, ma il significato negativo di un guscio rozzo che si chiude all’altro e disconosce ogni altro luogo, ogni altra tradizione e diversità fuori della propria. (Marcello Veneziani, Di Padre in figlio. Elogio della Tradizione, Laterza, Bari 2001, pg. 183).

Da tempo, ormai, la nostra società vive nel culto della tabula rasa. Azzerare il passato, modificare la natura umana, vivere l’ebbrezza dell’anno zero: non vogliamo più riconoscere alcun precedente, alcuna storia, alcuna memoria, alcun costume ereditato; ancor più nessun principio, nessuna origine, nessun ordine naturale verso cui orientare i cambiamenti, integrare il nuovo ed il progresso, fondandolo in ciò che già è.

Il prodotto antropologico di questo scompenso – scrive Marcello Veneziani nel suo saggio – è l’idiota globale: «l’individuo che vive la dimensione globale nel recinto della sua vita privata, una mente chiusa in un orizzonte sconfinato, un individuo che non conosce altro che il suo presente, e che lo vive nella dimensione dell’assoluto. L’idiota globale è un barbaro che vive completamente scisso da ogni continuità con la comunità umana, come se fosse primordiale: esaurisce il proprio orizzonte nella propria vita e nel proprio io, convinto che la storia nasca e finisca con il proprio sé». Scriveva Pessoa, a riguardo: « […] apparteniamo ad una generazione che ha perduto tutto il rispetto per il passato ed ogni credenza o speranza nel futuro. Viviamo perciò il presente con la fame e le ansietà di chi non ha altra casa» (Il libro dell’inquietudine, p.171). L’antagonista della Tradizione, infatti, non è il Progresso, ma l’egocentrismo del presente, l’autarchia dell’Io, che si pensa autocreato e faber sui ipsius; il narcisismo, ovvero «la presunzione che la verità della vita risieda nello specchio del momentaneo fluire che rimanda la nostra immagine». (Marcello Veneziani, Di Padre in figlio. Elogio della Tradizione, cit., pg. 9).

La Tradizione non rifiuta il Progresso, la Tradizione è l’essere nel divenire, è la continuità che fonda la realtà: anzi, «non si dà progresso se non esiste il collegamento tra due punti, uno a parte ante, l’altro a parte post». (Ivi, p.11). Ogni vero progresso presuppone una tradizione: il progresso è la tradizione che può tramandarsi solo da padre in figlio, di generazione in generazione, perché questa è l’unica forma oggettiva, perché naturale, per perpetuare l’identità umana nella continuità.

Non c’è progresso senza tradizione, non c’è tradizione che si tramandi da un “semino” qualsiasi ad un altro “semino” qualsiasi: se non c’è continuità nell’identità familiare, non c’è umanità, ma somma di individui: «La famiglia resta la metafora universale della Tradizione: lo spirito antitradizionale si configura infatti come parricidio. Liberarsi del padre è il programma di ogni pensiero antitradizionale. La tradizione nasce in seno alla famiglia. Di padre in figlio.

fonte: LaPorzione.it

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115 pensieri su “Di padre in figlio

  1. Adriano

    Mi pare che questa coppia di omosessuali voglia solo proporre (non imporre) far conoscere il fatto (perché mi sembre che 100.000 figli di omosessuali siano un fatto, assieme all’esistenza di famiglie con un solo genitore o con genitori dall’origine e/o dal colore diverso della pelle) che esistono nuclei famigliari che si discostano dal modello cosiddetto “tradizionale”. Tutto questo con l’obbiettivo, mi pare, di evitare paure ingiustificate e aggressioni verbali (o peggio) verso chi non è uguale. (O, forse, è meglio che le nuove generazioni crescano con tutte queste fobie e le intolleranze che ne conseguono??)

    Partire da questo per dire che “ciò di cui la società moderna ha veramente paura, e ciò che rifiuta, è la Tradizione” o che “Azzerare il passato, modificare la natura umana, vivere l’ebbrezza dell’anno zero” sia ormai un “culto” e che questo sia esempio del fatto che “qualsiasi cosa può essere, deve anche essere” mi pare decisamente un’esagerazione (e, forse, pure una strumentalizzazione). Poi, come sempre, ognuno può vedere ovunque le conferme del complotto della cui esistenza è già convinto… 🙂

    1. buonanotte Adria’…
      lo so che ora è giorno, ma guardo all’ora del tuo commento e provo a giustificarlo così.
      (per inciso, l’anno zero non esiste proprio, neanche nel calendario: una bella metafora per dire quanto spesso gli entusiasti degli “stati di fatto” vadano appresso a delle chimere)

      1. Adriano

        Cyra’
        “guardo all’ora del tuo commento e provo a giustificarlo così.”
        Ti ricordo che sul globo terracqueo l’orario italiano (un po’ come la famiglia cosiddetta tradizionale 🙂 ) è solo una delle possibilità. Buona giornata!

          1. Adriano

            Ti capisco: anch’io faccio fatica a capire quando qualcuno cerca di “giustificare” un pensiero diverso dal proprio attribuendolo a una mente offuscata dalla stanchezza… Ma va bene così.
            Buon appetito!

            1. preferivo solo evitare di chiederti se in questo periodo d’assenza hai frequentato un corso d’aggiornamento per qualunquisti professionisti, ma se a te va meglio te lo chiedo… o magari è tutta farina del tuo sacco, il tuo “pensiero diverso” (diversamente pensante) evolve da sé, chissà…

              1. Adriano

                Cyrano

                Se vuoi confrontarti su idee, mi va bene. Se vuoi invece continuare a limitarti ad attaccare chi le esprime, fai pure… Ma, visto che quest’ultima cosa non m’interessa, spero che non perderai il sonno se non ti rispondo.

                Buon caffè (visto che il pranzo è ormai già passato…); ti consiglierei però una camomilla. 🙂

      2. lidiafederica

        però Cyrano, scusa, ma Adriano un po’ ha ragione. Tu puoi argomentare contra eum, ma non dire “scrivi scemate punto”….

        E l’interrogativo di Adriano è serio: quei 100.000 figli, che ne facciamo? Io ho vissuto sulla mia pelle l’esperienza della separazione dei miei, e ti assicuro che non è facile sentirsi sempre compatiti (più o meno visibilmente), poverina, che famiglia che hai…guarda inece le belle famiglie cattoliche “giuste”. Non è bello neanche sentirsi dire “ma sì, che problema c’è? Guarda le belle famiglie arcobaleno” – mi sentivo ancora peggio, percHé sembrava che soffrissi “apposta”, mentre sapevo che c’era una ragione vera per soffrire, e la negazione della verità fa stare male. però anche il non capire che per me, volente o nolente, quella di avere una famiglia separata era la realtà, e in quella realtà dovevo imparare ad essere felice per davvero.
        Credo che sfide come questa – rapportarsi con persone che subiscono scelte che noi consideriamo sbagliate – sia la vera sfida della carità cristiana del terzo millennio. Lo dico in prima persona, e non sempre ne usciamo bene. In questo devo dire che i sacerdoti, i religiosi etc. sono in genere MOLTO MOLTO MOLTO più comprensivi dei “bravi cristiani” con la coscienz a aposto perché loro non hanno situazioni simili in famiglia.

        1. con Adriano abbiamo provato in diversi, più volte, ad argomentare: lo scontro si riduce a una mirabile arrampicata sugli specchi (la sua) sancita dalla parola-chiave “ognuno”. Questo, io non lo chiamo “argomentare”, e per questo non mi ci metto più di tanto.
          Se sei tu, invece, a pormi davanti il problema, ti rispondo che i casi (come al solito) vanno distinti. Dato che si parla di «minori che vivono con almeno un genitore omosessuale» (espressione anodina, quanto mai ambigua…), di quei 100000 alcuni (non sappiamo quanti, né c’interessa particolarmente) saranno figli di una coppia maschio-femmina in cui uno dei genitori (termine usato propriamente) è omosessuale. Capita, come è capitato ai figli di Wilde, i quali hanno avuto un padre meraviglioso, senza che la sua omosessualità recasse alcun pregiudizio alla sua genitorialità. Altri, invece (anche qui non sappiamo quanti), saranno “figli” (termine improprio) di una coppia maschio-maschio o femmina-femmina in cui solo uno/a dei due è propriamente genitore. Su questi dovrei dilungarmi ripetendo gli argomenti già addotti da altri: si tratta di ordine anzitutto naturale, che solo i maschi e le femmine, tra i mammiferi, procreino, e solo per questo sociale e giudirico.
          Detto questo, tu mi chiedi: che ne facciamo di quei 100000 ragazzi? Ricorderai quando a Roma si presentava la Donum Vitae: fu una delle rarissime volte che si vide Ratzinger dare pubblicamente in escandescenza, perché i giornalisti lo incalzavano sulla questione degli embrioni crioconservati (che sono tanti, e sono “un fatto”, come dice Adriano) e sulla proposta dell’adozione prenatale. Le parole del Cardinale in conferenza stampa furono all’incirca queste: «Ora finiamola di prenderci in giro! La situazione presente non è di responsabilità della Chiesa, né potete aspettarvi da essa che sdogani ora le conseguenze di vostre azioni già preventivamente avvertite come esiziali».
          Si potrebbe rispondere così, alla tua domanda, senza nulla togliere alla serietà del problema: ciò che è inaccettabile è che “lo stato di fatto” costituisca a prescindere il criterio primo ed ultimo dell’etica.
          Detto così suona algido, antipatico e perfino cinico: credo però che quello che “sfide come questa” ci chiedono sia anzitutto il rispetto della dignità di chi sbaglia, che sta pure nel riconoscere la persistenza di una responsabilità che non si potrà togliere a colpi di leggi.
          Vero, i miei genitori non sono separati, ma non per questo mi sento di compatirti o di suggerirti manifesti di normalità inesistente: mi pare però che il collegamento tra la tua (dolorosa) situazione e la “domanda” di Adriano sia molto labile. Troppo perfino.
          In ultimo, venti anni dopo la Donum Vitae la CDF è tornata a pronunciarsi in tema, con la Dignitas Personae, e già che c’era ha trattato più lungamente del problema degli embrioni crioconservati, problema che per il porsi come un dato di fatto dalla problematicità eticamente insolubile è analogo a quello di cui parliamo.
          Così il testo: «Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro? Alcuni si pongono tale interrogativo senza coglierne la sostanza etica, motivati unicamente dalla necessità di osservare la legge che impone di svuotare dopo un certo tempo i depositi dei centri di crioconservazione, che poi saranno nuovamente riempiti. Altri sono coscienti, invece, che è stata commessa una grave ingiustizia e si interrogano su come ottemperare al dovere di ripararvi. Sono chiaramente inaccettabili le proposte di usare tali embrioni per la ricerca o di destinarli a usi terapeutici, perché trattano gli embrioni come semplice “materiale biologico” e comportano la loro distruzione. Neppure la proposta di scongelare questi embrioni e, senza riattivarli, usarli per la ricerca come se fossero dei normali cadaveri, è ammissibile. Anche la proposta di metterli a disposizione di coppie infertili, come “terapia dell’infertilità”, non è eticamente accettabile a causa delle stesse ragioni che rendono illecita sia la procreazione artificiale eterologa sia ogni forma di maternità surrogata; questa pratica comporterebbe poi diversi altri problemi di tipo medico, psicologico e giuridico. È stata inoltre avanzata la proposta, solo al fine di dare un’opportunità di nascere ad esseri umani altrimenti condannati alla distruzione, di procedere ad una forma di “adozione prenatale”. Tale proposta, lodevole nelle intenzioni di rispetto e di difesa della vita umana, presenta tuttavia vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati. Occorre costatare, in definitiva, che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un “appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni ‘congelati’, i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane”» (DP 19)

          1. lidiafederica

            Ma che c’entrano gli embrioni congelati?
            Io dicevo: ci sono dei bambini a cui noi dobbiamo fornire risposte, e soprattutto co cui dobbiamo saperci rapportare. E non intendo dire ‘sdoganare’ alcun tipo di comportamento errato (come, ad esempio, fanno le favolette in questione). Dico solo che dobbiamo prendere coscienza del problema. Io non mi aspetto dal Papa che dica che il divorzio va bene, o l’aborto, né che lo dica un qualunque cristiano (io non lo direi mai). Però mi aspetto che i cristiani sappiano come comportarsi con persone che dentro queste situazioni ci vivono.
            Tu hai risposto alla mia domanda dicendo: «Ora finiamola di prenderci in giro! La situazione presente non è di responsabilità della Chiesa, né potete aspettarvi da essa che sdogani ora le conseguenze di vostre azioni già preventivamente avvertite come esiziali”.
            Ok.
            Questa è la risposta che tu daresti ad uno di quei bambini? Io non sto parlando di sdoganare alcunché Cyrano, io parlo di sfide della carità. Che appunto si vive solo nella Verità, che non si può mai negare, ma che deve saper affrontare anche situazioni nuove. Quella delle nuove famiglie è una sfida enorme, se contiano le famiglie allargate comprende già milioni di italiani, se contiamo quelle omosessuali poi è ancora più difficile. Come ci comportiamo con loro? Cosa dire ai figli di coppie pluridivorziate, o i cui genitori sono omosessuali (poni concepiti all’estero tramite fecondazione artificiale).
            Ecco, se tu hai la risposta ne sono felice, e vorrei sapere qual è. Io non ce l’ho però.

            1. lidiafederica

              Che sia chiaro: non dico che dobbiamo dire che situaziono così vanno bene. Ma tu poni che uno dei tuoi allievi a catechismo viva co due madri. E ti chieda: Cyrano, ma allora la mia vita di mia mamma è tutta sbagliata? è ovvio che la risposta – se non altro in rapporto alla vita sessuale della mamma – è sì. Ma TU questo, come glielo dici? Questa è la sfida. Trovare le parole e i modi.
              E io credo fermamente che sia proprio la Chiesa (cioè il Papa, tu, io, e tutti i credenti) a doverle trovare.
              E ti assicuro che il legame non è affatto labile: sia in una famiglia allargata (con entrambi i genitori pluridivorziati, puta caso) sia in una famiglia omosessuale (con due madri o due padri) credo che per i figli il disagio sia simile.

            2. No, non ce l’ho neanche io.
              Condivido invece le urgenze, le avverto anch’io.
              Il senso e il limite in cui ho usato l’analogia del caso degli embrioni crioconservati l’ho esposto chiaramente, mi pare. Sulla condotta concreta da tenere con quei bambini, concretamente, mi regolerei così (e c’è un caso in cui lo faccio davvero): affetto, baci, abbracci, racconti e giochi (è un bambino relativamente piccolo), senza però nascondere che non condivido le scelte dei genitori (nel caso specifico è una madre sola), cui va a loro volta offerta un’amicizia leale e franca.
              Si può certamente fare di più, e meglio. Aspetto che qualcuno mi indichi i margini di perfezionamento.
              Gli stati di fatto, però, non sono un criterio di valutazione etica, e solo marginalmente possono essere determinanti per scelte politiche.

              1. lidiafederica

                Sono d’accordo, ma solo fino ad un certo punto. Innanzi tutto l’etica viene prima della realtà (cioè la realtà va giudicata secondo l’etica, non è la realtà che crea l’etica – lasciamo perdere per ora il fatto che l’etica stessa non è una sovrastruttura ma deriva dalla realtà in un ordine precedente) . Però dalla realtà non si può prescindere: gli stati di fatto ci sono e vanno affrontati. penso che siamo perfettamente d’accordo.
                Infatti io non ho mai detto che la valutazione etica di questi stati vada cambiata – e non ho mai parlato di scelte politiche. Infatti non mi riferivo all’iniziativa del post, che ritengo sbagliata (Adriano invece sì, ho preso spunto da lui solo per la questione dei figli delle coppie omosessuali). però a livello pastorale è necessaria una formazione adeguata anche per l’interazione con persone che provengono da famiglie “arcobaleno” diciamo così. Io credo che questa formazione in Italia manchi, soprattutto nei cattolici “comuni”. Siccome – dato di fatto – casi così sono sempre più frequenti, è necessario saperli affrontare. per me è molto difficile – io conosco un paio di persone omosessuali, ma non so, e lo dico in tutta umiltà, come farei se un giorno mi dicessero “vieni a casa nostra, il mio compagno ha un bambino, ci giochiamo tutti assieme”. Non credo che andrei, ma non so neanche come farei a dire di no. O come parlerei ad un ragazzo di 13, 14 ani che mi chiedesse perché io ritengo la sua famiglia “sbagliata”. E so per esperienza (d’altro genere) che la risposta sbagliata crea molto dolore.
                Ecco tutto. penso, del resto, che siamo d’accordo.

                1. lidiafederica

                  vabbè il sono d’accordo fino a un certo punto e siamo perfettamente d’accordo si contraddicono. penso che siamo d’accordo, solo che abbiamo usato parole diverse.

                2. Adriano

                  Cyrano

                  Grazie della risposta per interposta persona all’interrogativo per interposta persona (procedura, questa, che trovo un po’ complessa e di cui capisco poco il senso o l’utilità, ma mi adeguo).

                  Vedo che anche tu, come lidiafederica e altri, sostenete la necessità di rispettare il peccatore e condannare il peccato, se e quando di peccato si tratta… Se non sbaglio, questa è la posizione ufficiale della Chiesa e mi trovo d’accordo.
                  Mi rincresce solo che la stessa non sia stata presentata con la stessa insistenza di altre (penso per esempio alla scomunica a chi votava PCI); se fosse stata la Chiesa a proporre, magari già una ventina di anni fa, un libricino nel quale si spiegava che esistono famiglie diverse dalla cosiddetta tradizionale e che i loro componenti meritano rispetto e comprensione, non ci sarebbe ora una coppia di omosessuali con figli a riempire questo “buco” di informazione, di dare risposte a queste domande e necessità in un modo che non andrà bene a tutti, ma che almeno è qualcosa, in mancanza di altro.

                  lidiafederica
                  non credo che il presentare famiglie diverse dallo standard possa/voglia risolvere del tutto la sofferenza dei suoi componenti… Ma già il fatto di non essere emarginati/additati per questo può essere un aiuto importante… Che ne dici?

                  1. lidiafederica

                    Guarda, te lo dico – e in un certo senso ringrazio Dio per questo – proprio da persona che “ci è passata” 🙂 Anche se grazie a Dio ho una famiglia buonissima, non certo posso paragonarmi ad altre realtà più difficili, tuttavia non vengo da una famiglia unita. Non sto a raccontare la sofferenza, è inutile. Perciò quando parlo ho la massima apertura mentale e una certa esperienza 🙂
                    Allora, Adriano, sai: sicuramente l’emarginazione va evitata, come pure l’additamento. Sono perfettamente d’accordo con l’idea che situazioni del genere vadano capite. Però sempre sapendo qual’è il bene.
                    Bisogna sapere come giustificare il fatto che la famiglia di un ragazzo è “sbagliata”: per lui, come può essere “sbagliata” la propria vita?! Io stessa so che la separazione non è un bene, le famiglie allargate spesso lungi dall’essere un’oasi di felicità sono un’oasi di infelicità, checché ne dica la TV. però, ciononostante, non ho bisogno che qualcuno mi dica quanto è “sbagliata” la mia famiglia. Ho bisogno di qualcuno che mi dica perché è sbagliata, ma allo stesso tempo capisca e rispetti il fatto che quella è e rimane la mia famiglia: da questo dato di fatto non si scappa! Non posso rinnegare la mia vita: devo capire perché e cosa è andato male (non per colpa mia, oppure sì, nel caso dei divorziati, per esempio) ma devo anche sentirmi accettato – dalla Chiesa, dal mondo, da Dio. Ora, il mio caso è indubbiamente più semplice, i miei non si sono neanche risposati, ma immagino altre situazioni difficili.
                    ciò detto, Adriano, il libricino però dice un’altra cosa: dice che “va bene” avere famiglie così, senza dare ulteriori spiegazioni.
                    Io invece ti assicuro che qualunque figlio “sa” che così non “va bene” (lameno nel caso dei divorzi: poi certo se il padre era un maniaco o pedofilo o che so io, o la madre un’eroinomane, certo, meglio che i bambini vengano affidati all’altro genitore, ma sono casi diversi). Allora secondo me la Chiesa – cioè noi – deve investire in formazione, soprattutto dei laici: per capire le strategie di esporre la verità (la famiglia è fondata sul matrimonio indissolubile fra uomo e donna) ma al contempo per far sentire accolti anche tutti coloro che questa verità la condividono, magari, ma non la vivono sulla loro pelle (per loro colpa o colpa altrui).

                  2. Adriano, non mi stupisco che tu non abbia colto la differenza tra la tua domanda e quella di Lidia Federica. Per lo stesso motivo non hai colto la differenza tra la mia risposta a lei e la mia risposta a te, che non puoi equiparare (restando onesto).
                    Sul “libricino” che la Chiesa avrebbe dovuto proporre una ventina d’anni fa, potrei ricordarti che effettivamente diciotto anni fa veniva pubblicato il CCC, che riserva parole sapientissime e misuratissime all’accoglienza delle persone omosessuali. Se poi: 1) non si è interessati a questo ma a uno sdoganamento di posizioni ideologiche mortifere, o 2) non si è disposti a umiliarsi a leggere il Catechismo… non so che fare: di certo non ammettere che la mia risposta a Lidia Federica fosse buona per la tua “domanda” (la quale, poi, non chiedeva niente, come al solito).
                    Non ho mai visto un prete o un religioso (diciamo “la Chiesa”, per intenderci) additare ed emarginare un uomo “reo d’omosessualità”, direi che non avevamo certo bisogno della lezione ideologica di queste due persone, il cui contributo poteva tranquillamente restare – per quanto mi riguarda – nel cassetto della loro scrivania, o (meglio ancora) nella differenziata della carta.

                    1. Adriano

                      Cyrano

                      Non mi sembra che il libricino in questione sia stato diffuso nelle scuole, né spiegato a fondo e con successo (e, ribadisco, diversi atti di emarginazione, anche a parole, con battute da parte di cosiddetti credenti ne sono una prova). E dire che siamo tutti peccatori mi pare una giustificazione un po’ fiacca.
                      In ogni caso, visto che l’informazione è mancata, allora ci ha pensato qualcun altro a informare, a modo suo, chiaramente.

                      “Non ho mai visto un prete o un religioso (diciamo “la Chiesa”, per intenderci) additare ed emarginare un uomo “reo d’omosessualità””

                      Eccotene uno: si tratta del cardinale
                      Javier Lozano Barragan, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, Pastorale per la salute.

                      “” trans e omosessuali non entreranno mai nel Regno dei Cieli, e non lo dico io,ma San Paolo”. Ma se una persona é nata omosessuale?: ” non si nasce omosessuali, ma lo si diventa. Per varie cause, per motivi di educazione, per non aver sviluppato la propria identità nell’adolescenza, magari non sono colpevoli, ma agendo contro la dignità del corpo, certamente non entreranno nel Regno dei Cieli. Tutto quello che consiste nell’andare contro natura e contro la dignità del corpo offende Dio”.”

                      Questo mi pare sia proprio additare una persona omosessuale, contraddicendo il libricino di cui sopra, nel quale si fa una netta differenza tra essere omosessuale e fare atti omosessuali, lasciando, a differenza del cardinale qui sopra, una speranza di salvezza nel primo caso. Inoltre il libricino definisce “in gran parte inspiegabile” l’origine dell’omosessualità, contraddicendo ancora una volta le parole del cardinale.

                      Sulla questione “non ti ho risposto perché non erano le stesse domande, non hai chiesto niente ecc.” lascio a chi legge giudicare la cosa 🙂

                      Dormi bene! 😉

                    2. sai, Adriano…
                      ricordo con una certa nostalgia quella volta, prima di Natale, che ti confrontasti sul blog esprimendo le tue lacerazioni in merito a quei giorni… Penso sia stata l’unica volta, da quando leggo i tuoi interventi, in cui tu ti sia realmente esposto, messo in gioco, confrontato: l’unica volta in cui il tuo proverbiale “domandare” (e dici che non ricevi le risposte) era veramente un vibrante interrogarsi, invece di un pedante e snervante esercizio di tetrapiloctomia.
                      Hai trovato un cardinale che dice idiozie? Wow, questo cambia tutto…
                      Sulla mancata divulgazione del CCC nelle scuole non posso darti torto, e lì una bella fetta di colpa ce l’hanno i cosiddetti “professori” di IRC, restando sempre la più grande per i preti che, mediamente più formati, hanno lasciato le cattedre a laici di dubbia formazione (figuriamoci, lo dico io!). Penso che l’avere comunque la pagnotta assicurata giochi un certo ruolo in questo.
                      Sì, ho dormito bene, spero anche tu. Ora però bisogna alzarsi.

                    3. Adriano

                      Cyrano

                      Non tutti i dolori che ho sono come quelli pre-natalizi… Per fortuna. Ma non sono altrettanto importanti.
                      Tagliare il capello in quattro? No, cerco solo di capire.
                      In realtà alcune risposte le ricevo; ma come admin ha spiegato, questo luogo virtuale è fatto principalmente per il conforto e il confronto “non interessa” (vado a memoria). Per questo ogni risposta vera è preziosa.

                      Buona giornata!

                    4. admin

                      Questo blog è diventato un luogo di incontro di persone che hanno delle idee di fede e di vita comuni, le quali non hanno modo d’incontrarsi diversamente e cui è di un qualche aiuto vedere che non sono le sole a vivere la fede in Cristo nel mondo in cui sono. Questo luogo virtuale è un luogo dove queste persone trovano amicizia in Gesù, conforto e conferma. La maggior parte dei lettori che ci scrive, la maggior parte delle persone che Costanza incontra alle presentazioni, ringrazia Costanza e gli altri Autori (compresi gli “ospiti”) perché ricordiamo loro che non sono soli, perché difendiamo quello in cui credono: non siamo la Chiesa, ci mancherebbe, ma ne siamo una scheggia, un frammento, un membro del Corpo di Cristo congruente alle altre membra e felicemente dipendente dal loro Capo. Quindi è per questo che del confronto non ci preme più del conforto, perché “la scienza gonfia, l’amore edifica”. Quando quindi sotto il nome di “confronto” si fanno passare volontà sediziose, questo noi ci sentiamo liberi di chiamarlo “provocazione” e “fomentazione di scontro”. Confermarci nelle nostre idee con la discussione non è nostro primario obiettivo, anche se sappiamo farlo e lo facciamo; approfondire la comprensione e l’assimilazione di esse mediante il ritrovarci discepoli del Maestro, per quanto dispersi nel mondo, questo sì. Magari la massima aspirazione è quella di mettere un po’ in crisi chi non ci conosce e pensa invece di sapere tutto di noi, ovvero fornirgli un altro punto di vista (ma la cosa non è vincolante per chi si affaccia qui).

    2. Alessandro

      No Adriano, è di tutta evidenza (basta leggere la notizia con un po’ di attenzione) che le due omosessuali vogliono convincere i bambini che è indifferente che abbiano un figlio un uomo e una donna o una coppia di omosessuali. Indifferente anzitutto dal punto di vista morale. Vogliono cioè convincere i bambini che è bene che una coppia di omosessuali abbia un figlio, che la valutazione morale sulla scelta di una coppia di omosessuali di avere un figlio deve essere positiva non meno di quella sulla scelta di una coppia composta da un maschio e una femmina di avere prole.

      1. Adriano

        Alessandro:
        “No Adriano, è di tutta evidenza (basta leggere la notizia con un po’ di attenzione) che le due omosessuali vogliono convincere i bambini che è indifferente che abbiano un figlio un uomo e una donna o una coppia di omosessuali.”

        Leggendo la notizia originale con più attenzione:

        “Noi non mettiamo in dubbio la famiglia tradizionale anche perché, per molti versi, siamo molto tradizionali anche noi: per esempio, ogni domenica andiamo dai nonni che, guarda caso, si chiamano come i nostri figli”, dice Maria Silvia. “Siamo famiglie diverse, e vogliamo rompere il silenzio su di noi, contro chi afferma che non esistiamo”.

        1. Alessandro

          Leggere attentamente la notizia. Attentamente.

          “Abbiamo in testa il bambino che legge, a cui bisogna dire le cose come stanno, con un linguaggio diretto e chiaro. Vogliamo mostrare come è il mondo, e veicolare il messaggio che non esiste un unico modello, e che la bellezza e la ricchezza della vita stanno nella varietà”.

          Cioè vogliono fare esattamente quello che dicevo io, convincere i bambini della validità di un giudizio morale favorevole sulla genitorialità degli omosessuali: “convincere i bambini che è indifferente che abbiano un figlio un uomo e una donna o una coppia di omosessuali. Indifferente anzitutto dal punto di vista morale. E’ bene che una coppia di omosessuali abbia un figlio”. Che altro significa in questo contesto “veicolare il messaggio che la bellezza e la ricchezza della vita stanno nella varietà”, se non “convincere i destinatari del messaggio (i bambini) che è bene, è bello che una coppia di omosessuali abbia un figlio, non meno di quanto è bene che i figli li abbia una coppia composta da un uomo e una donna”?

          1. Adriano

            Alessandro

            Effettivamente, dalla citazione che hai fatto si potrebbe, forse, giungere alle tue stesse conclusioni (a questo punto consiglio a tutti di leggersela in integrale…).

            Il punto è: esistono nuclei famigliari diversi da quello composto da un padre e una madre sposati? A me sembra proprio di sì. E non mi pare che parlare di realtà diverse dal cosiddetto “standard” possa di per sé essere negativo… O forse è meglio etichettare le “altre” famiglie come “il male”, come “moralmente sbagliate”? E questo perché? Perché sono composte da peccatori? Be’ allora chi è senza peccato…

            Il fatto che una coppia omosessuale non voglia esprimere condanne morali queste stesse famiglie non mi sorprende più di tanto, poi… E sono lieto che questa stessa coppia dichiari di aver trovato “sorprese positive” in un po’ tutti gli ambienti, segno che l’intolleranza di un tempo si è un po’ spenta. E ciò secondo te è pure un aspetto negativo?

            1. Alessandro

              1) “Il punto è: esistono nuclei famigliari diversi ecc.”

              No, il punto non è questo. Il punto è: come ho documentato, le due scrittrici/editrici mirano a convincere i bambini della validità di un giudizio morale favorevole sulla genitorialità degli omosessuali; mirano a convincere i bambini che è bene che una coppia di omosessuali abbia un figlio.

              2) “Be’ allora chi è senza peccato…”
              Se io sono un ladro, e dico che è peccato che una coppia di omosessuali pretenda di avere un figlio, il mio essere ladro non toglie che sia peccato che una coppia di omosessuali pretenda di avere un figlio

              3) “E sono lieto che questa stessa coppia dichiari di aver trovato “sorprese positive” in un po’ tutti gli ambienti, segno che l’intolleranza di un tempo si è un po’ spenta. E ciò secondo te è pure un aspetto negativo?”

              Certo che è un aspetto negativo (il quale non può affatto allietarmi) che perfino in ambienti cattolici non sia stata deplorata l’iniziativa di chi – ribadisco – non sta insegnando ai bambini a non insultare/maltrattare gli omosessuali, ma (ed è tutt’altra cosa) sta cercando di convincere i bambini che è bene che una coppia di omosessuali abbia un figlio!

              1. Adriano

                Alessandro

                Che ci siano figli in famiglie non tradizionali è una realtà. Come spiegheresti tu a un bambino questo dato di fatto, insegnando contemporaneamente “ai bambini a non insultare/maltrattare” queste persone?

                Riusciresti a fare degli esempi pratici? Grazie.

                1. Alessandro

                  Basta esercitare un’educazione che sappia indicare chiaramente al bambino la differenza tra ciò che è bene e ciò che è male, e contemporaneamente sappia insegnare che l’errante non va disprezzato.
                  Occorre provvedere a correggere il bambino quando dalla giusta deplorazione di un atto aberrante trascorre a espressioni di disprezzo per l’errante (“Tizio ha sbagliato, e sarebbe bene che cambiasse il suo modo di agire, ma noi gli vogliamo bene lo stesso perché è nostro fratello. Ciò non toglie che ciò che ha fatto è sbagliato, e che tu non debba imitarlo in questo”). Non è facile (l’educazione non è una faccenda facile), ma nemmeno così impervio…

                  Ad esempio: il linguaggio è importante. Due omosessuali con un c.d. “figlio” non formano una famiglia “non tradizionale”. Non sono una famiglia: punto e basta. Famiglia essendo la società composta da un uomo e da un una donna uniti in matrimonio e dal/i figlio/gli loro.

              2. Sara

                “Chi è senza peccato…”
                Che tristezza dover sempre constatare come chi attacca la visione cristiana finisca costantemente per contraddirsi avvalendosi, qualora gli faccia comodo, dell’autorità delle parole del Vangelo!

                Ad ogni modo quello che scrivevo ieri per rispondere ad Alvise (lo riporto qui sotto per evitarvi di dover andare a ricercarlo, qualora ne siate interessati), vale anche quando si parla di famiglia, un termine che ha un suo significato preciso che un altra cosa non può avere: non si può chiamare famiglia (e dunque trattarla come tale) qualcosa che non lo è!

                Ieri scrivevo: Non è questione di perderci qualcosa, ma di onestà, anche di linguaggio. Voglio dire che il termine matrimonio, come ogni vocabolo, indica una realtà precisa che non è significata dal termine convivenza. In entrambi i casi si tratta di unione tra due persone che si amano e vivono insieme nel nome di quell’amore? Bene, anche una bottiglia e un bicchiere contengono entrambi acqua, ma una cosa è una bottiglia e una cosa è un bicchiere e, per quanto mi ostini ad affermarlo, una bottiglia e un bicchiere non saranno mai la stessa cosa, solo perché entrambi servono a contenere acqua! Inoltre, come Chiara ha già fatto ben notare, il valore aggiunto del matrimonio sta nel fatto che è un’unione oggettivamente riconosciuta dagli altri e non è più un fatto privato e soggettivo che dipende unicamente dalla volontà dei due innamorati di stare insieme: da sposati, ci si ama e quell’amore diviene uno status riconosciuto: per essere re non basta volerlo e comprarsi una corona, ci vuole che altri ci acclamino re e ci riconoscano quel ruolo!

  2. 61Angeloextralarge

    “sotto forma di allegre favole… tutte le famiglie possibili”: anche dalle favole ci si risveglia e non è mai indolore!

    “azzerare il passato”: come è possibile? Assurdo! Il passato è dentro ognuno di noi. Non potremmo dimenticarlo nemmeno volendo, perché, prima o poi torna a galla.

    “modificare la natura unama”: cioè modificare quello che Dio ha creato? E poi, con tutti gli sforrzi che facciamo per “migliorare” noi stessi arrivando a snaturarci, cioè a non essere più come dovremmo (e siamo in realtà)? Ma li vogliamo vedere i risultati? Siamo una società dove regna la depressione, perché si vive una vita che non è la nostra. in nome di che? In nome di una emancipazione personale e sociale che è una forzatura? Mi tornano in mente le lotte per l’emancipazione femminile: sfociate in un femminismo che ha prodotto tanti danni, perché femminsmo per partito preso e completo di paraocchi, femminismo in contrapposizione all’uomo ed in rivalsa su di lui per fargli pagare gli arretrati subiti da una società maschilista da secoli e secoli. Quanta infelicità (mascherata da libertà felice) è stata prodotta! Quanta confusione dei ruoli! Ma ci vogliamo guardare attorno? E dentro?

    Non possiamo far passare per “buono e giusto” quello che non lo è. Come saranno da “adulti” i figli di queste famiglie “possibili”? I bambini hanno bisogno di figure solide quali il padre e la madre: due madri o due padri non sono la stessa cosa. Non possiamo giustificarci pensando che “tanto ci sono già figli che hanno un solo genitore”… Avete mai conosciuto un orfano di padre o di madre? Ma siamo pazzi!!!! E’ come dire: “Ci sono 1000.000 che vivono con una sola gamba, quindi se mandiamo (occhio che non ho scritto ANDIAMO) a camminare sopra i campi minati non è un problema! Se beccano la bomba e perdono una gamba possono vivere come vivono gli altri che già non ce l’hanno!”…

    ““per fare un figlio ci vuole un semino”: PER FARE FIGLI CI VUOLE AMORE! E per crescerli ce ne vuole ancora di più!.

    Correggetemi se sbaglio!

  3. fefral

    Adriano, quella coppia di omosessuali prima di tutto si è trovata a dover spiegare alla loro figlia come è possibile che sia nata da due mamme. E in effetti non è possibile, visto che è nata solo da una di loro e da un uomo sconosciuto. Quest’arroganza di manipolare la natura e volerlo poi spiegare come una cosa normale a me sembra l’ennesima reiterazione del voler essere come Dio. Si va oltre il peccato, ci si vuole sostituire a Lui. Non ci si limita a vivere una sessualità contro natura, si pretende di considerare normale che nasca un figlio da due donne. E di spiegare ai bambini che è normale così. Una volta ci si scandalizzava per l’educazione sessuale nelle scuole. Ma almeno si spiegava il processo riproduttivo reale. Oggi si racconta che si va al mercato ortofrutticolo, si compra un semino a caso e lo si pianta in un utero, così vien fuori un bimbo.
    Io tendo ad avere molta, forse troppa, comprensione per chi non riesce a essere casto e puro: il peccato fa parte della nostra vita e non mi scandalizza una coppia di omosessuali, non più di un evasore fiscale o di uno che va a puttane, anzi in alcuni casi di meno. Ma la superbia di sostituirsi a Dio porta inevitabilmente a non volersi riconoscere creature, quindi a negare la verità,… quella verità che sola può liberarci. Non mi sembra un complotto, mi sembra una tendenza sempre più diffusa

      1. JoeTurner

        attenzione a non scatenare Scriteriato che più volte ci ha ricordato l’organigramma. Però dopo questo intervento sono “quasi” pronto a votare Fefral ministro della Famiglia (ma che me tocca fa’…) 😉

        1. Caro Joe, il Genio Cosmico, essendo il presidente totale globale perpetuo, può in qualsivoglia momento disporre un rimpasto di Governo, un po’ come avviene nel sistema francese. Fefral è 3 volte arguta, imperciocché potrà senz’altro reggere tranquillamente due dicasteri, il suo tradizionale dell’economia e questo nuovo della famiglia.

    1. Adriano

      Fefral,

      Non so se la metafora ortofrutticola possa andare bene oppure no (d’altra parte, da tempo si parla di api, miele, cavoli e cicogne…) Allora, come spiegare a un bambino che ci sono famiglie diverse dalla propria, senza causare nello stesso paure oppure odii?

      1. fefral

        mi è già capitato di spiegare ai miei figli che ci sono famiglie diverse dalla loro. Non coppie di genitori dello stesso sesso, ma di genitori separati, o single. Non è così difficile insegnare ai bambini la differenza tra il vero e il falso, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato senza causare paure o odio. La prima cosa che imparano i bambini è a voler bene. E lo assorbono come spugne da chi hanno accanto.
        Si può amare chi vive in un modo in totale contrasto coi propri principi? Io penso che sia questo che dobbiamo insegnare prima di tutto ai nostri figli. Ad amare davvero. Ad amare anche i nostri nemici (che merito abbiamo ad amare chi ci ama?).
        Non ho tempo per scrivere altro. Ma la sfida della carità di cui parla Lidia è il punto, ma ora devo andare.
        No ragà, mi tengo l’economia, il multitasking solo nella vita reale, nel virtuale almeno voglio riposare 🙂

        1. Adriano

          Ottimo, Fefral e Alessandro,

          Mi chiedo solo perché, visto che è possibile distinguere tra peccato e peccatore, come mai invece ci sia odio verso i diversi da parte di cosiddetti credenti…

          1. fefral

            prima di tutto una precisazione: non ritengo giusto parlare di famiglia quando si parla di coppie omosessuali. Non parliamo di famiglie diverse da quella tradizionale ma di qualcosa che non può essere definito famiglia. Il rispetto che si deve a queste persone non deve portare a chiamare le cose con un nome che non è loro. Non siamo in presenza di due madri, ma di una sola madre e della sua compagna.
            Per quanto riguarda l’odio di cui parli, ricordati che i credenti sono peccatori anch’essi.
            Mi chiedo perchè i non credenti chiedono comprensione e rispetto da parte dei cattolici e non gliene offrono altrettanto.

  4. Ele86

    Di solito mi innervosisco tantissimo a leggere certe notizie…oggi invece mi si è stretto il cuore, che tristezza. Perchè l’uomo si sceglie sempre la strada più difficile, poco fantasiosa e insensata? Poveri bimbi, confusi già da piccoli.

  5. Alessandro

    “Molte ricerche di psicologia dimostrano come, lungo il percorso di crescita dei figli, la compresenza di un “codice affettivo materno”, improntato alla cura, alla protezione e all’accoglienza incondizionata e di un “codice etico paterno”, espresso dalla responsabilità, dalla norma, dalla spinta emancipativa, siano fondamentali per garantire un’equilibrata evoluzione dell’identità personale.
    In particolare, è stata da sempre ampiamente sottolineata l’importanza di instaurare un buon legame di attaccamento con la madre, così come, soprattutto negli studi più recenti, è stata enfatizzata la centralità della funzione paterna man mano che il figlio cresce, a motivo della necessità di regole e di orientamento verso l’autonomia che, specie dall’adolescenza in poi, divengono fondamentali.”

    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-perch-ogni-bimbo-esigeun-pap-e-una-mamma-4307.htm

    1. Alessandro

      La melassa è messa lì apposta per dissimulare il marcio: il messaggio che è del tutto indifferente (anzitutto sotto il profilo della valutazione morale) che ad avere un figlio sia una coppia di persone dello stesso sesso o siano un maschio e una femmina

  6. graziellamarrosu

    Ciao vi ringrazio tanto per l’amicizia che ricevo da voi!Cercherò di essere breve.Quando si parla di bambini ci metto tanta attenzione e cura;si risveglia in me qualcosa che mi ricorda di essere o ghiacciata o bollente perchè i tiepidi il SIGNORE li vomita.Allora chi può proteggere i bimbi dallo scandalo? Niente silenzio,o appoggio a chi travisa la realtà, la imbruttisce, la inquina.Se fossi un bambino con i genitori dello stesso sesso:sentirei grandissimo dispiacere e dolore per la mancanza, la conoscenza,il contatto del genitore nascostomi.Ricordiamoci bene che i bambini sono grandi maestri di saggezza:con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

  7. Erika

    Questo post mi ha messo a disagio. Non per il caso in se’: anch’io credo che si dovrebbe essere più cauti nel gestire le possibilità che le biotecnologie ci offrono. Ma per l’assunto Tradizione/buono e giusto, Progresso/sbagliato e folle. Questa mi pare una stupidaggine. Esistono tradizioni da conservare e tradizioni da rigettare. Fino a meta’ del Novecento era considerata contro natura anche la procreazione tra un uomo e una donna dal diverso colore della pelle.

    1. Claudia Mancini

      “L’antagonista della Tradizione, infatti, non è il Progresso, ma l’egocentrismo del presente, l’autarchia dell’Io, che si pensa autocreato e faber sui ipsius; il narcisismo, ovvero «la presunzione che la verità della vita risieda nello specchio del momentaneo fluire che rimanda la nostra immagine».

      “La Tradizione non rifiuta il Progresso, la Tradizione è l’essere nel divenire, è la continuità che fonda la realtà: anzi, «non si dà progresso se non esiste il collegamento tra due punti, uno a parte ante, l’altro a parte post».

      1. Claudia Mancini

        Io, attraverso la riflessione di Veneziani, ho voluto parlare di “Tradizione” intesa come “senso comune”/ “legge di natura”, non di tradizioni culturali transeunti. Anche “le mamme gatte”, considerate come espressione e prodotto antropologico di un contesto socio- culturale, sono “tradizioni”. Il Progresso, poi, non è, in sè e per sè, sinonimo di sviluppo: “lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” (Populorum Progressio), questo mi sembra l’unico ottimo metro per stabilire se il progresso produce anche sviluppo

    1. 61Angeloextralarge

      I tentativi di fondare una morale lasciando da parte la religione equivalgono a quel che fanno i bambini, quando vogliono trapiantare una qualche pianta che è loro piaciuta e ne strappano la radice, che a loro non piace e che sembra loro superflua, per poi piantar nella terra quella piantina senza radice. Senza un fondamento religioso non può esistere alcuna morale autentica e non bugiarda, così come senza la radice non potrà esservi una vera pianta. (Lev Tolstoj)

    2. 61Angeloextralarge

      “Se un bambino vive nella critica
      impara a disprezzare.
      Se un bambino vive nell’ostílità
      impara a combattere.
      Se un bambino vive nella paura
      impara a diventare apprensivo.
      Se un bambino vive nella commiserazione
      impara a compiangersi.
      Se un bambino vive nella gelosia
      impara a odiare.
      Se un bambino vive nella riconoscenza
      impara la fiducia in se stesso.
      Se un bambino vive nelle lodi
      impara ad apprezzare.
      Se un bambino vive nell’approvazione
      impara a rispettarsi.
      Se un bambino vive nell’equità
      impara la giustizia.
      Se un bambino vive nell’onestà
      impara a riconoscere la verità.
      Se un bambino vive nell’amicizia
      impara la felicità.”
      (Nolte)

      Alessandro, io aggiungerei:
      “Se un bambino vive nell’omosessualità
      impara ad essere omosessuale”.

      😦 😦 😦

      1. questo io non lo credo, non è affatto necessario.
        Conosco genitori omosessuali (in coppie maschio-femmina) i cui figli sono sanissimi. L’orientamento sessuale di una persona, tra l’altro, non è sempre così evidente…

        1. 61Angeloextralarge

          Mi riferivo al link riportato nel commento di Alessandro 11 febbraio 2012 alle 14:18 ..
          Conosco figli di coppie omosessuali e ti garantisco che “tranquilli” non sono in quanto ad identità sessuale, anzi!
          Però, credo che non dovremmo mai fermarci a quelli che conosciamo personalmente per poter esprimere un giudizio. Infatti conosco da anni anche omosessuali che hanno genitori “normali” (non sopporto questa parola!).

          1. 61Angeloextralarge

            A proposito di omosessualità: recentemente in una trasmissione (che va in onda tutti i giorni verso ora di pranzo) la conclusione per tutti i presenti è stata che omosessuale si nasce e per un errore di Dio.

          1. 61Angeloextralarge

            Adrianoooo! La “gara” non è a chi ne conosce di più e nemmeno a definire come sono i loro figli. Cerchiamo di rimanere nel rispetto delle persone: sono uomini e donne e quindi figli di Dio. Leggi bene il mio commento delle 15,48. Smack! 🙂

            1. Adriano

              Angelo,

              In realtà il mio commento voleva essere una battuta ironica sull’uso da parte di Cyrano della parola “sanissimi” per indicare gli eterosessuali, con tutto quello che ciò implica! 🙂
              Buona serata!

              1. 61Angeloextralarge

                Adriano, evidentemete oggi svalvolo più del solito. E’ il secondo commento che toppo! Porta pazienza!!! 😉

  8. Erika

    @Claudia Mancini: grazie per la tua risposta. E’ vero ,tradizione e progresso non sono due concetti contrapposti , ma purtroppo molti li intendono cosi’. Quello che vedo, purtroppo, nella cosiddetta “modernità “, e’ che si gettano alle ortiche tradizioni ottime ( senso del dovere, della famiglia, della socialita’) per mantenerne in vita di pessime ( sfruttamento del lavoro altrui, attribuzione di un valore spropositato alle apparenze, il senso di ineluttabilità che accompagna le ingiustizie). Dovremmo pensare seriamente a ciò che si deve difendere strenuamente, separandolo da ciò che deve essere rigettato con forza e invece accettiamo come normale. Ma il discrimine, mi spiace , deve essere qualcosa di più del “senso comune”, che, come voi mi insegnate, non sempre ci azzecca. Se Gesù Cristo avesse attribuito un gran valore al senso comune, non credo sarebbe arrivato a farsi crocifiggere.

  9. Alessandro

    Angela, non c’è nesso deterministico (necessitante) tra avere genitori omosessuali (almeno uno) e diventare omosessuali.
    Ciò non toglie che, per dirla in generale, molti studi segnalino una tendenza di figli di omosessuali a sviluppare una inclinazione per gli individui del proprio sesso. Come si legge ad esempio nell’articolo che ho segnalato:

    http://www.uccronline.it/2011/12/29/studio-usa-figli-di-genitori-lesbiche-piu-propensi-ad-essere-bisessuali-e-omosessuali/

    “i bambini di genitori gay e lesbiche sono più inclini, rispetto ai loro coetanei, ad essere attratti dallo stesso sesso ed avere un comportamento sessuale tra persone dello stesso sesso. Nel 2010 lo ha stabilito uno studio pubblicato sul “Journal of Biosocial Science”, dimostrando che i genitori gay e lesbiche hanno più probabilità di crescere figli e figlie gay, lesbiche, bisessuali o incerti (come orientamento sessuale)…
    La ricerca ha confermato così i risultati apparsi nel 2007 , sempre sul “Journal of biosociali Science”, dove si evidenziava come l’orientamento omosessuale dei genitori influenzava significativamente quello dei figli”.

    Considera inoltre che questi sono studi di taglio sociologico. Se ci si trasferisce sul terreno delle discipline psicologiche, si apprende che i figli di genitori omosessuali sono maggiormente esposti a rischi di disordine nella definizione/costruzione di una equilibrata identità, anche sessuale.

    Si veda ad esempio qua:

    http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-bimbi-con-due-padri-ecco-perch-no-1956.htm

      1. Alessandro

        Angela, leggo solo adesso quello che scrivi alle 15:48, nel risponderti alle 16:19 (a proposito dell’omosessualità di figli di omosessuali) non avevo ancora letto…

      2. 61Angeloextralarge

        Ale, questa per me è della serie “Non tutte le ciambelle vengono co buco”. Non avevo capito che i figli di omosessuali diventano per forza omosessuali! non lo penso assolutamente perché credo che i fattori che determinano l’omosessualità siano più complessi (anche se non sono esperta nel settore né ho esperienze personali da riportare). Probabilmente non dovevo lasciare quel commento o lasciarlo in una maniera diversa. Come ho detto a Cyrano, era la risposta al tuo: sinceramente pensavo che si capisse che stavo facendo una specie di ironia. M’è venuta male! Anche quelli che di solito riescono a sdrammatizzare e a scherzare… a volte toppano! Abbiate pietà! Smack!
        Adesso i leggo anche gli altri link che hai lasciato. 🙂

  10. Secoli e secoli che si sente ripetre, si è perso le tradizioni, non c’è più quelle belle tradizioni che c’era una volta,
    bisognerebbe testimoniare di padre in figlio, dagli anziani ai giovani eccetra, di queste tradizioni che sono lala base della nostra civiltà e cultura. Ovunque uno fosse, nella famiglia, al lavoro, a scuola, nei libri, nel cinema in tutte le forme possibili disponibili dovrebbe impegnarsi a questa testimononianza indispensabile per evitare il crollo lo sprofondamento
    nella libidine (in senso lato) Questo è stato detto, tante volte, questo è stato anche testimoniato, proposto (anche imposto, talvolta) che non ci fosse cambiamenti, che tutto restasse uguale come a un prima mitico più mentale che storico (perché c’è sempre stato un prima di un prima)Il fatto è che nei secoli in cui questi discorsi anticambiamento venivano ripetuti il cambiamento è avvenuto, o per cause economiche, politiche, sociali, spirituali, quali che siano, è avvenuto, e’ avvnuto proprio in ogni caso per il mezzo di persone che cambiavano mentre intanto si cambiava la società, le usanze, i riti, le leggi, e ogni cosa di seguito, Sempre ci sono state persone che sono cambiate e persone che non volevano che cambiassero, persone che permettevano e altre grugnavano per la rabbia che qualcuno volesse cambiare. Anche nei posti di lavoro dove propone Paolo Pugni di portare i nostri semini di tradizione e di buoni pensieri e azioni ci sarranno altre persone (PERSONE-ANCHE-LORO!)che non è che saranno cattivi, stronzi, maiali sudici diabolici ostinati disonesti opportunisti qualunquisti, ma solo persone con pensieri diversi. Ognuno porterà comunque il suo semino o di frumento o doi loglio e poi la natura la storia sparpaglierà tutti questi semi e verrà quello che verrà e che è sempre venuto, il mondo com’è e come chissà come sarà. E’ inutile e stupido considerare positivi sé soli, quando tutti, bisogna credere, hanno lo stesso valore di essere umani pensanti. O pensate solo VOI? O pensate bene solo VOI? io credo che siate solo una perte del tutto e in quanto tali o resterete parte o diventerete tiutto o scomparirete, come si scomparirà tutti, per grazia di DIO!!!!!

  11. L’avevo già messo? Lo rimetto!!!

    In una conversazione con lo storico Luden, Goethe dice: “E anche se voi foste in grado di interpretare la storia e diesaminarne tutte le fonti,che cosa trovereste? Niente altro che una grande verità, che è stata scoperta da gran tempo e di cui non occorre più cercare la conferma:la verità cioè che in ogni tempo e in ogni luogo la condizione umana è stata miserabile.Gli uomini sono sempre stati preoccupati e angosciati, si sono tormentati e torturati reciprocamente, hanno reso difficile a sè e agli altri quel po’ di vita loro concesso e non sono stati capaci di apprezzare la bellezza del mondo e la dolcezza dell’esistenza, loro offerta da questa bellezza.Soltanto per pochi la vita è stata comoda e piacevole. I più, dopo aver sperimentato il gioco della vita per un certo tempo, hanno preferito andarsene piuttosto che cominciare di nuovo. Ciò che offriva ed offre loro ancora un attaccamento alla vita, era ed è la paura della morte.Così è, così è stato, così anche rimarrà. Questo è dopotutto il destino degli uomini. Di quale testimonianza v’è ancora bisogno?”

    1. Alessandro

      “Niente altro che una grande verità, che è stata scoperta da gran tempo e di cui non occorre più cercare la conferma:la verità cioè che in ogni tempo e in ogni luogo la condizione umana è stata miserabile”

      Benedetto XVI non è d’accordo

      “La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel Cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.

      L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione.

      Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità?” (Qo 1,10).

      Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa” (Sequenza pasquale).
      Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi.”

      (Benedetto XVI, Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2009)

      1. Alessandro:
        Un punto di visata rea i tanti:non ho citato Goethe come se avessi citato il VERBO, ma come (l’ho detto) un punto di vista che potrebbe essere il mio come non è il mio quello della resurrezione di Cristo.

          1. Ma dovrai, forse, riconoscere che non per tutti la parola del Papa è il Verbo, o no?
            Essi allora che non lo riconoscono vivono quindi nell’errore(anche colpevolmente, alle volte?)
            Ciò non toglie a ogni modo che esitano queste persone che non riconoscono il Papa come emanante il Vrebo.
            Sono allora queste persone persone di grado inferiore, o non-persone?
            Ma essi, te, e Paolo Pugni, e scriteriato e sara e costanza e joe, giuliana, e vale, etc, dici (dite)(o non dite?)negano la Verità, e in quanto negatori della Verità che si rivela a noi manifesta, per questo stesso in mala fede e in colpa in quanto non onesti e falsi e ostinati nel falso?

            1. Alessandro

              gli atei sono persone, non sono di grado inferiore, e non sono necessariamente in mala fede nel loro negare Cristo. Quanto sia grave il loro peccato (che sicuramente c’è) lo sa esattamente solo Dio. Ma anch’io, che ateo non sono, sono peccatore.

              1. Ma non scherziamo, quale peccatore!!!
                Perché sempre da parte vs.questo proclamarsi peccatori?
                Ma di che?
                Ptreste essere, al massimo, peccatori di terza categoria, come tutti gli umani,poveri diavoli…
                Scriteriato, Paolo Pugni, Joe, Velenia, nonpuoiessereserio peccatori, ma come?
                Io, comunque, non mi sento colpevole di ateismo o consimili, casomai sono un maiale!!!
                Ma questo ,credo, che non gliene importi nulla a nessuno, tantomeno a Nostro Signore

                1. A Nostro Signore molto probabilmente no, e sei molto fortunato, imperciocché in altri contesti religiosi il fatto d’essere un majale ti farebbe avere dei guai.

                    1. I) massì, era una battuta
                      II) io NON generalizzerei questo ‘more italico’, NON tutti gli italiani grufolano, ancorché in segreto. Questa tendenza, non solo tua, a dire: siccome io faccio in un certo modo, e tutti quelli che conosco si comportano come me, allora tutto l’universo mondo si comporta così. MA CHI TE L’HA DETTO A TE (cit. Sordi).

  12. OT per guido. Dal ‘Foglio’: «Quando [il Bayern] vinse lo scudetto nel 1979-80 (Ratzinger era arcivescovo a Monaco) scrisse una lettera pastorale sul tifo calcistico paragonandolo all’amore per Dio “perché è gratuito e disinteressato”».

  13. 61Angeloextralarge

    Non centra un tubo ma visto che Benedetto XVI in questo blog, soprattutto grazie ad Alessandro, è “di casa”, eccovi una chicca:

  14. fefral

    Adriano, mi spiace che consideri fiacca l’argomentazione “siamo tutti peccatori” perchè credo che le risposte siano tutte là dentro.
    L’essere omosessuali è peccato? No. Esercitare atti omosessuali è materia di peccato? Sì. Chi è omosessuale va all’inferno? Boh! Forse sì, forse no, che cazzo ne sappiamo noi? Magari va all’inferno ma non perchè è omosessuale perchè ha deciso di vivere castamente la sua vita ma si mantiene rapinando banche.
    Chiunque si arroga il diritto di dire chi va in paradiso e chi va all’inferno si macchia dello stesso peccato di volersi sostituire a Dio di cui parlavo prima. Anche se è un uomo di chiesa in quel momento non è la chiesa. La chiesa non fa così. La chiesa indica la strada e ci facilita nel percorrerla. Ma è Dio che sa cosa abbiamo nel cuore.
    Ora, chiedere che la chiesa affermi che è giusto che due donne convivano, facciano sesso, e pretendano di spiegare al mondo intero che è giusto e normale che dalla loro unione nasca una bambina mi pare davvero troppo.
    La bambina in questione ha tutto il diritto di non essere presa per il culo, di sapere che ha una madre che convive con una donna che non è sua madre. Che non è così che nascono i bambini, che un figlio nasce da un uomo e una donna. Il fatto che a lei sia stato negato un padre non può essere causa di discriminazione, anzi necessita di molto più affetto e accoglienza. Perchè è diversa? No, semplicemente perchè è più sola. Non è diversa, perchè (nonostante quello che dicono le due donne) lei è nata come tutti gli altri bambini, da una mamma e da un papà. La vita è un dono sempre, e lei è un dono (anche se nasce da un’esigenza egoista di qualcuno che pensa che un figlio sia un diritto e quindi manipola la natura pur di averne uno). Le due donne in questione hanno il diritto di non essere prese per il culo neanche loro e quindi la chiesa (che deve difendere la verità) non può affermare che fanno bene a vivere come se fossero marito e moglie quando non possono essere marito e moglie. Le due donne hanno diritto di essere amate e accolte non in quanto diverse ma in quanto persone. E non discriminate nè condannate da chi non ha titolo per condannarle, ma neppure va difeso come normale ciò che normale non è. Non si può dire “brave che bella iniziativa, facciamo conoscere al mondo quanto è bello l’amore omosessuale”
    La chiesa fa lo stesso con ogni tipo di peccatore: accoglie e perdona ma non nega il peccato. Qual è il peccato dell’omosessuale? Nessuno se vive castamente. Pecca contro il sesto comandamento se fa sesso al di fuori del matrimonio. Come chiunque. La materia è più grave perchè pecca contro natura. Il peccato è più grave? DIpende anche dal resto (piena avvertenza e deliberato consenso). Mi pare semplice. Perchè si continua a chiedere che la chiesa sia più comprensiva? La chiesa è comprensiva. Forse quello che si chiede alla chiesa non è comprensione ma complicità. E questo la chiesa non può farlo. Non è l’uomo che stabilisce cos’è bene e cos’è male.
    Buona domenica

    1. 61Angeloextralarge

      Letto solo ora! Fefral, meravigliosa! Smack! 😀
      “Forse quello che si chiede alla chiesa non è comprensione ma complicità”: credo proprio di sì. Anche quando si dice che la Chiesa si “deve modernizzare perché i tempi sono cambiati”, in fondo si chiede alla Chiesa di “togliere i divieti”. Quello che Gesù chiede diventa una serie di divieti… “Non si può fare!”…

    2. Adriano

      fefral

      Considero fiacca l’argomentazione quando viene usata per dire “questa cosa non è grave, visto che siamo tutti sulla stessa barca”. Tutto qui.
      Buona giornata!

  15. Questa è la testimonianza di don Gabriele, la sua mamma è morta a 100 anni, ma leggendo queste parole ho pensato che in fondo è vero che si è madri per sempre, che avere educato vuol dire avere seminato qualcosa che germoglia oltre i nostri progetti… ma la famiglia è un dono per lì’intera società, “costruisce” non solo, uomini e donne, ma futuro e un futuro dove non sia chiaro il bene e il male, chi è padre e chi è madre, è un futuro destinato all’autodistruzione http://www.culturacattolica.it

    “Fesciutt!
    La mia mamma aveva 100 anni, ed è andata in cielo il 10 febbraio, memoria di santa Scolastica. È stata per me, per mio fratello e mia sorella un dono grandissimo. Custodiremo nel cuore il compito che, in questo suo modo di essere, ci ha affidato.
    Col passare dei giorni i ricordi si fanno più vivi, ed emergono dalla memoria, confermando la consapevolezza di quello che è stata per noi, ma anche per i tanti che l’hanno conosciuta, soprattutto nei suoi lunghi anni di insegnamento, come maestra.
    Certe consegne vanno custodite nel cuore, e spero che questo accada anche per noi familiari.
    Volevo soltanto farvi conoscere un aspetto del suo comportamento che mi ha sempre impressionato; è un ricordo che custodisco da quando sono bambino, come la frase di mio padre, con cui mi corresse il primo giorno di scuola (ero tornato dalla «città», fiero delle nuove parolacce che avevo imparato. Mio padre, oltre che spiegarmi il significato di quello che proferivo, mi disse: «Ma noi siamo cristiani, non possiamo essere come gli altri»).
    Quando si vive in famiglia, sorgono problemi, questioni, difficoltà che chiedono, da parte di genitori responsabili, un giudizio, una parola chiara, una decisione. E – si sa – non sempre tra genitori si può avere lo stesso parere. Bisogna parlarne, capirsi, decidere. Bene, quando accadevano queste cose – e quindi una possibile divergenza – ecco la parola misteriosa: «Fesciutt». Così la capivamo noi.
    Cosa era? Un termine strano, forse reminiscenza storpiata del francese «Fa’ silenzio». Chissà? Qualunque cosa volesse dire quel termine, dal momento in cui veniva pronunciato, tra loro non traspariva più nessuna divergenza. Si capiva solo che dovevano parlarsi, chiarirsi, prendere una decisione comune. E poi si andava avanti, e ciascuno sapeva cosa doveva fare.
    Per noi era chiaro che il papà e la mamma si erano parlati, si erano chiariti, e che andavano d’accordo. Ed eravamo tranquilli. Poi magari discutevamo, chiedevamo, magari brontolavamo, ma il papà e la mamma erano per noi una guida sicura.
    Che bello immaginare il loro dialogo serale che li aiutava ad essere quella testimonianza di unità di fronte a noi! Che bella la certezza di quanto fosse intenso il loro rapporto e il desiderio di un cammino educativo nei nostri confronti! Che bello – anche ora – riconoscere come tenevano alla nostra educazione, al punto che di fronte ad ogni situazione non prevaleva mai l’opinione e la reattività, ma una riflessione comune, e che non dovevano contendere il nostro affetto mostrandosi divisi, in modo da farci cercare chi era più accondiscendente. Che bello aver sempre saputo che potevamo fidarci di loro.
    Sono giunto alla conclusione che avere il dono di genitori così è la strada migliore per introdurci alla vita.

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