A testa bassa

di Paolo Pugni

Ci vuole coraggio. No dico, ce ne vuole proprio tanto. Venire qui e iniziare a prendere a testate tutti, che solo uno come Materazzi potrebbe. E io lo ammiro questo coraggio, perché non ce l’ho, credo. Perché ci vuole freddezza, e forte autostima. Una convinzione incrollabile di essere nel giusto. E quel nobile senso di vittimismo che sviluppa non una ira calda e luminosa, rossa, come BriobluLaRossa direbbe la Cortellessi, anche confusa e inconcludente. No. Piuttosto una rabbia calma e lucida, appunto quella blu invece leggermente frizzante, anche fredda e tagliente.

E io non gliela fò. Perché poi sono espressivo, e più che l’autostima, mi prende alla gola l’audience e questo mi frega. E se ho offeso qualcuno, qui, sul post, nelle prime righe, in modo ufficiale e istituzionale, mi scuso di cuore, non cerco giustificazione, ma esecro i miei modi rozzi e sarcastici. A capo chino.

E adesso lo rialzo e riprendo.

No dicevo, ci vuole coraggio e lo ammiro davvero, senza ironia, a venire qui -e preciso che è un qui da non prendere letteralmente, ma in senso lato, un qui inteso come arena, come zona di turbolenza, prevalenza, un blog, un tweet, un post, un commento di Facebook, una piazza virtuale quale che sia: ce ne sono infinite- e insistere con granitica pazienza a sostenere le proprie tesi quando il mondo intorno ulula e graffia.

E siccome mi piace andare a capire il fattor comune, lo schema, la radice, non dell’icona che hic et nunc, right here right now, interpreta questo coraggio, ma di tutti i coraggi del mondo, pretesa che è proprio maschile che soprattutto a noi, e a Fefral ovviamente ;-), interessa capire la ruota che muove più che coloro che sono mossi, cerco di capire da dove nasce questo coraggio, che se in sé va apprezzato, a volte conduce a dire e proporre ciò che le iene aggettiverebbero con “pazzesca”. Perché questo è ciò che mi piace, come i bambini che rompono la macchinina per vedere che cosa c’è dentro: smontare fino alla causa prima, trovare il bandolo, il filo che spieghi e squadri l’animo nostro e ci aiuti, almeno aiuti me, a cambiare, a prendere consapevolezza.

Perché in questo universo che respira, come cantava Battisti, alla fine la colpa di tutto è di Cartesio, che per combattere Matrix –ma sì, quel genio maligno che mi finge la realtà mentre mi trovo immerso in una vasca con la schiena piena di tubi- toglie il primato all’essere e lo regala al pensiero.

Solo che dal cogito ergo sum siamo finiti al sum quod cogito, vale a dire la completa sovrapposizione tra pensiero ed esistenza. E così invece che costruire la propria vita a partire dai valori, dai principi che si riconoscono fuori di sé e prima di sé, oggi costruiamo i valori a partire dalla vita, dall’esperienza. Che mai e poi mai potremmo negare noi stessi, che sta per capire di avere sbagliato e chiedere perdono.

No. Sarebbe tradirsi.

Peggio forse: sarebbe perdere la faccia. E allora che cosa si fa?

Si elegge a sistema di vita ciò che si fa, si è fatto costruendo una logica, spesso irrazionale, a partire dai comportamenti: così si trova tutta la forza del mondo, perché non si combatte più per una idea per quanto non negoziabile, ma per se stesso, come un gladiatore nell’arena appunto.

Che questa roba qui poi è vecchia come il mondo, perché sta proprio alla radice dell’uomo: eritis sicut dei…. sarete come déi conoscendo il bene e il male.

Beh, e adesso? Che me ne faccio di questa riflessione? Magari anche bella, ma poi…?

Credo fortemente, per quanto talvolta faccia fatica a metterla in pratica, che la vita vada presa con una forte dose di auto-ironia, che aiuta a mettere tutto nel giusto ordine e sé mai al centro.

Certo che tutto questo ha un doppio problema:

  1. primo che l’ironia è una brutta bestia che sul web si fa capire proprio proprio male, e non hanno neppure inventato un emoticon che dica “questa è una battuta ironica” (e poi, a fare il malizioso, poca gente oggi la capisce);

  2. secondo che spesso alla tua auto-ironia gli altri vengono in soccorso e per aiutarti rincarano la dose e, diciamolo, ora un conto è se tu ti prendi in giro, altro è se ti prendono in giro gli altri che poi ti salta la mosca al naso e se sei fumino….

Ciò detto, il vero dramma è che è vero che la vita va presa con auto-ironia, ma pare che molti hanno preso l’auto per una macchina e sono finiti in via del sarcasmo. Versato con generosità contro gli altri.

Cosa questa che è tutt’altro post.

Allora il sugo di tutta la storia cari ventiquattro lettori (uno in meno è d’uopo) è che forse potremmo ascoltare di più, qual che sia il nostro qui, e per lo meno mettere stesi al sole i nostri panni per capire se sono davvero bianchi che più bianco non si può o se le macchie che gli altri dicono di vedere non siano solo nei loro occhi. E magari domandare di più e affermare di meno.

E fatto con coscienza retta e spirito pronto, con grazia e giustizia, può portarci lontano.

64 pensieri su “A testa bassa

  1. Adriano

    “E magari domandare di più e affermare di meno.”

    Inutile però domandare se poi non si ottengono risposte… 😉

    1. Domande è lecito, direi doveroso, rispondere è cortesia.
      Continuando a domandare alla fine qualcuno si sentirà obbligato a rispondere.
      Certo che domandare richiede onesta intellettuale e predisposizione al ragionamento,
      domandare pretendendo che ci rispondano come vogliamo noi non è di fatto
      chiedere per avanzare nella verità, è picchiare con la mazza.
      Non c’è peggior sordo di chi ascolta solo se stesso.

  2. Adriano

    “primo che l’ironia è una brutta bestia che sul web si fa capire proprio proprio male, e non hanno neppure inventato un emoticon che dica “questa è una battuta ironica””

    In realtà l’emoticon per la battuta esiste e viene usata… Temo però che la spiegazione sia nella seconda parte di questa tua frase: in pochi capiscono l’ironia (e spesso neanche le risposte ironiche alle proprie affermazioni altrettanto ironiche…)

    I misteri del web… Ma non è che lo stesso succede pure quando si parla “faccia a faccia” (visto che la gente, in faccia, si guarda ormai ben poco)?

    1. Fefral c’entra perché in tutti gli angoli del ciberspazio, in tutte le sue vesti e nickname, ogni volta che si sottolinea un tratto tipicamente maschile, Fefral dice “anche io”. Dunque siccome si citava proprio un tratto maschile, mi sembrava corretto associare Fefral al lotto.

    1. certamente, le ha prese, e chi si cimenta nell’agone le prende. Ma tolta la fortunata circostanza in cui domammo le marianne o i blue, in altre devo dire che non si è mai tirato indietro nel darle.. ciò che lo rende guerriero.

      1. Fk

        Che lui sia un guerriero è certo! Peccato che abbia giocato con la squadra sbagliata!!! 🙂
        Da questo fronte siamo bianconeri… c’hai presente? Quelli a cui dovete ridare lo scudetto del 2006 😀

  3. Erika

    “capire la ruota che muove più che coloro che sono mossi”. Un tratto tipicamente maschile? A me pare un atto tipicamente speculativo, la manifestazione dell’intelligenza umana. Non sono così sicura che alle donne interessi poco… Ooops, mi sa che sono finita in via del Sarcasmo (un tratto tipicamente femminile?). 😉

    1. Non era una offesa, semmai un complimento: l’uomo specula, la donna fa. Si china su ogni singola persona perché le importa delle persone, delle relazioni, e fa. Le cose giuste, spesso. Se l’uomo siede dietro la siepe e contempla i mari nei quali gli piace naufragare, e perdere tempo, la donna invece agisce e si sporca le mani.
      Questa è una delle fragilità maschili.

      1. fefral

        dici? A me pare che lambiccarsi il cervello (pippe mentali?) sia una caratteristica molto femminile, mentre ho sempre visto l’uomo molto più proiettato sul fare.
        Che poi la donna mentre pensa riesce anche a fare mille cose è un’altra cosa.
        (non mi sono offesa comunque anche se mi fa ridere il pensiero che per un uomo attribuire ad una donna una caratteristica maschile equivalga a farle un complimento 🙂 )

        1. Masturbazione del concetto è una espressione che ho sempre visto attribuita agli uomini, che pensano ai massimi sistemi. le donne semmai si lambiccano sulle relazioni, non su come risolvere la crisi finanziaria. E non dirmi che tu lo fai perché tu non sei le donne, ma una professionista del settore.
          Ecco, correggere continuamente e puntualizzare è tipicamente femminile.

  4. E’ vero, il sarcasmo e l’ironia (specialmente se piene di presupposizione, di sicurezza di avere ragione e gli altri torto, di vedre il giusto il vero il bello e gli altri no e così prenderli in giro canzonarli dileggiarli eccetra)sono brutte bestie e sono (brutti)artifici retorici fatti per screditare per mettere prima in ridicolo e poi da parte le persone con cui si “dialoga”.
    Ma peggio ancora (e questa è la specialkità dei politici degli ignoranti dei preti degli stronzi in genere è non seguire il discorso e non rispondere specificamente alle questioni poste alle domande alle critiche, ma, e questo lo si nota anche tra noi, da parte , quasi di tutti, mettere delle faccine, degli SMACK degli “ovviamente” (io)(che sono, proprio, lo riconosco offensivi). Mentre invece vengono sempre lasciati da parte i grandi interrogativi di fondo (a parte lunghe citazioni dai vari papi alle quali io mi mripropongo da ora di non rispondere MAI con altre citazioni contrapposte, ma solo con parole mie, se mi riesce) e questi interrogativi (per me) sono : perché tanti credono e tanti no, hanno un’idea o un’altra, quale è il bene e il male e perché, come si spiega il fatto che c’è persone che reagiscono diversamente nei confronti del comportamento degli altri, come mai c’è gente che cerca di migliorare se stessa senza per questo pretendere che ne derivi un bene per gli altri o che questo miglioramento si davvero un miglioramento?
    Come mai ovunque uno va o si trova trova persone che menifestano opinioni diverse che hanno famiglie lavori culture
    tempi liberi letture gusti repulsioni eterogenee? E queste persone hanno dignità di contare anche in questa nostra(per dire)BELLA SOCIETA’, come diceva una canzone dei Rockers? Basta, dunque, faccine e prese di culo di ogni genere, ma domande serie e risposte serie, a cominciare , per esempio da questa: Perché Dio (amesso esistesse)avrebbe in sè la capacità di resuscitare da morte? Perché è Dio e quindi onnipotente? Allora c’è Dio ed è onnipotente e quindi il Cristo risorto era DIO? O invece siccome nessuno potrebbe resuscitasi da morto se non Dio allora vorrebbe dire che
    Cristo era Dio e che quindi Dio esiste? (ammettendo la resurrezione di Cristo)
    E qui le opinioni degli uomini non sono tutte uguali. Ma, VOI dite, è perché l’uomo non sa piegarsi alla VERITA’, perché oggi c’è questa brutta bestia del RELATIVISMO che annienta i valori VERI e UNICI e ETERNI e ci porta verso un mondo di coppie gay e di ovulazioni e eiaculazioni e fecondazioni forzate (in vitro)

    1. A me sembrano brandelli di pensiero messi in ordine sparso. Non dico sia fatto com malizia. ma con confusione sì.
      A molte di queste domande ti hanno già risposto in valanghe di post e commenti precedenti.
      Mi pare che non ti garbino le risposte.
      Perché Dio resuscita? perché è Dio creatore e fa quello che vuole, e poiché ama l’uomo gli dà quello che crede sia buono per lui, e siccome è Dio, ciò che fa è il bene.
      Cristo era Dio, anzi lo è tutt’ora.
      Queste le risposte.
      Che non è la prima volta che senti immagino.
      E adesso?
      Mi risponderai che non ci credi.
      Quindi?
      Qui ti dico io non sono le opinioni degli uomini che contano, ma i fatti.
      E i fatti dicono che Gesù Cristo, che è esistito, è vissuto e morto e risorto. Punto.
      Tu non ci credi. Smentisci i fatti. Li manipoli.
      Che ci posso fare?
      A me sembra carissimo che chi svicola dalla logica, manipola, distorce non siano tutti quei fetenti che descrivi, preti per primi, ma chi come te vuole che gli altri affermino solo la ciò che loro credono. Punto.
      E chi osa pensare diversamente… peste lo colga.
      E ne sei convinto al punto che attribuisci ad altri quelli che, temo, siano i tuoi sentimenti: la derisione, la presa in giro, le faccine messe lì per offendere.
      Se ne sei convinto, che ci stai a fare qui dentro? Sei masochista? Spiegamelo.
      Perché a me sembra che qui, con tutti i nostri limiti (sì, ci sentiamo peccatori, di quella colpa di chi ferisce una persona che lo ama, perché questo è il peccato non un reato, un infrangere la legge, un cadere sotto la mannaia di una giustizia crudele e disumana. E’ solo ferire chi si ama e che ti ama) qui si cerchi di volerti bene.
      E la reazione che appare, e sottolineo appare, è quella che ben descrive fefral nell’ultimo post di ieri: pretendere comprensione senza mai darla.
      Tu non cerchi risposte. Cerchi le tue risposte. Vuoi che gli altri ti diano ragione.
      Non possumus.
      Con tutto il rispetto, e l’affetto, credo sia più doveroso e conveniente obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.
      Buona domenica.

      1. Io non voglio che gli altri mi diano ragione, vorrei che gli altri non mi dessero torto, che dicessero io credo a questo e a questìaltro, ma ammetto che altri possano avere un’altra credenza o non credenza, poi, nella pratica di tutti i giorni ci si verrà incontro cercando di non denneggiarsi l’un l’altro, amici sempre come prima, in quanto tutti esseri umani e quindi impegnati in questa avventura che è la vita e la società e la famiglia e la scuola e la cultura e i discorsi.
        Ma come è possibile “dialogare” con persone che ti dicono io HO la verità, che è UNA SOLA E E’ QUESTA CHE DICO IO perché l’ha detto LUI? Allora qualcheduno mi rimbrotta: ma insomma che ci fai qui? Ci fo che qui è stare tra persone di questo mondo, credo.Non ho nessun altro con cui stare.
        Io non cerco risposte ma vorrei che ci fosse un altro atteggiamento verso tanti viventi che vivono nel loro modo che vivono, mi piacerebbe che uno si comportasse nei loro confronti, anche verbalmente, in maniera amichevole e possibilista.
        Un esempio negativo sono io quando mi fo beffa di Medjugorje.

        1. Come faccio a dire che hai ragione anche tu quando ciò in cui credo io è che esiste UNA verità?
          Io posso rispettare te fino alla morte, ma se continui a dire che 2+2 = 5 e che anche la tua verità ha una dignità… non posso che dire che hai torto.
          Io non credo perché lo ha detto LUI, ma perché ciò che vedo si allinea perfettamente con ciò che LUI dice e perché credo a chi me lo ha detto.
          Dialogare non vuol dire rinunciare a ciò in cui credo, ma cercare di capire perché gli altri la pensano diversamente.
          Hai ragione sulla richiesta di maggiore rispetto verbalmente, ma credimi temo che qui siano due i fatti che influenzano
          1) la virtualità scalda gli animi: è molto facile dirti ma vai a cag… scrivendo su uno spazio bianco che avendoti davanti a me in carne e ossa e dovertelo dire guardando te negli occhi e non una fotina o una icona. Lo sappiamo, ma ci caschiamo tutti
          2) la comunicazione non è solo parole: è tono e corpo. E qui per quante faccine metti c’è solo la parola. Che può dire mille cose diverse,
          Resta con noi e abbi pazienza, e anche noi ti prometto ci proviamo.
          Con affetto

    2. fefral

      Alvì non mi criticare le faccine, chiaro? 😉
      Sulle domande serie per ora non ce la faccio a rispondere devo andare a cucinare, ma c’è gente più brava di me che può farlo. Buona domenica!

  5. Erika

    Alvise, accetto la tua, pur feroce, critica. Ti chiedo solo di comprendere che il dialogo non e’ fatto solo di parole. Le faccine, gli SMACK etc. sono tentativi, magari goffi e a volte ridicoli, di dare a un dialogo virtuale quelle intonazioni e sfumature che in un dialogo reale sono naturali. Per il resto: magari fossi capace di andare sempre al nocciolo delle questioni! Ma, qui ti do ragione, mi riesce spesso difficile. E in quei caso farei meglio a tacere.

  6. Non ho mai detto che due più due fa cinque.
    E poi,.con gli altri si parla non solo per capire gli altri (io, pur senza presunzione, credo di capire quello che credete, VOI, lo comprendo e non ho nulla in contrario che lo crediate, è fino da bambino che ne sento parlare della religione cattolica e del vangelo e dei dogmi) ma per capire come funziona o potrebbe funzionare il mondo.

    1. Ecco, bravo: è che per chi crede in Dio le due cose vanno di pari passo. Come funziona il mondo è lì il punto. Dipende da quale senso ha il mondo.
      Quanto a sentir parlare è diverso da sentir dire le cose giuste, e sentir dire le cose (anche giuste) è diverso da capire.
      E questo vale per ogni cosa.
      E già solo affermare che so tutto e ho già capito tutto mi sembra, come dire, un tantinello limitativo per un dialogo… un tantinetto presuntuosetto…

  7. Certo, non capisco cosa vuol dire avere la fede, vuoi dire, pura avendola anche avuta, posso dire, da ragazzo, o forse non era fede la mia se ora non ce l’ho più. Cose che io non posso capire, ce n’è tante…. Ma alla religione credo di essermi dedicato con interesse e dedizione tutta la vita (pur se non esclusivamente). forse sono un tantinetto presuntuosetto, è probabile, che dovrei fare, tenere il becco chiuso, andare a aprire il becco da un’altra parte, ho scelto il posto sbagliato?
    (non ho mai affermato di sapere tutto e di avere capito tutto)

  8. 61Angeloextralarge

    Paolo, grazie per questo post! 😀
    Alviseee! Se uno continua a rigirare le domandeeee mi pare ovvio che le risposte che riceve siano sempre quelle e che il contenuto non si sposti di una virgola.

    Secondo me, anche se a volte capita che l’ironia diventa sarcasmo o che non venga capita (ci sono cascata proprio ieri con un commento), vale la pena COMUNQUE di tentare di parlare tra di noi. Nasce un malinteso? Pazienza! Si va avanti lo stesso, prima però si cerca di chiarire il malinteso. Non sempre ci si riesce? Pazienza ancora. D’altra parte comunicare non significa IMPORRE LE PROPRIE IDEE.

    Comunicare deve essere RECIPROCO, quindi ASCOLTARE E PARLARE. Non c’è comunicazione tra due persone se si fa una cosa sola, soprattutto se entrambi fanno la stessa.
    Mi piace l’immagine del bambino che rompe la macchinina per vedere come è fatta: mi ci rispecchio in pieno, anche se poi mi interrogo: “E adesso? socome è fatta ma riuscirò a rimetterla insieme?”. Non sempre, nella mia vita, sono riuscita a rimetterla insieme, quindi ho fatto danni. 😦

    Le faccine 🙂 😀 😦 😉 😛 non mi hanno mai ispirato più di tanto. Poi ho iniziato a farle come risposta a chi me le inviava (inserendole nelle mal). Infine, in questo blog le ho “scoperte” come uso (per me) simpatico, sdrammatizzante, etc. proprio ieri scriteriato me ne ha spiegate altre due e la cosa mi ha fatto piacere. Gli SMACK li considero un pensiero affettuoso con il quale rispondere a qualcosa che mi è piaciuto. Che dire? Tutto serve per comunicare! Non ci vediamo in volto e quindi perdiamo le cose più belle e veritiere di un colloquio, dopo il contenuto: l’espressione del viso (e del corpo) ed il tono della voce. undi si supplisce come si può. Non trovo negativa la cosa.

    Alvise: “Io non cerco risposte ma vorrei che ci fosse un altro atteggiamento verso tanti viventi che vivono nel loro modo che vivono, mi piacerebbe che uno si comportasse nei loro confronti, anche verbalmente, in maniera amichevole e possibilista”. Mi sembra che l’amicizia sia nata, comunque, anche se tu percepisci un atteggiamento che non ti piace. A me dispiace questo perché da parte mia non c’è. Se lo percepisci ti chiedo scusa e ti chiedo di avere pazienza. Abbila anche con gli altri! Come a volte occorre averla con te e lo sai benissimo perché lo dici tu stesso. Ad esempio gli “ovviamenete” che ritieni offesivi da solo. Altre volte in questo blog si sono usati modi un po’ sfacciatelli nei confronti di qualcuno, ma siamo fatti di carne ed ossa (qualcuno di più carne e meno ossa come me). ci sta? Non ci dovrebbe stare ma… SANTA PAZIENZA, PREGA PER NOI CHE SIAMO SENZA!”…

    Alvise: “Un esempio negativo sono io quando mi fo beffa di Medjugorje.”. Se sai da solo che stai facendo beffa a qualcuno 8e non lo dico in riferimento a Medjugorje anche se ultimamente ho lasciato messaggi e la cosa non l’hai gradita per niente)… ripeto: se sai che stai facendo beffa FERMATI PRIMA! Questo è il RISPETTO che ci vorrebbe l’uno con l’altro. poi, se gli altri non lo danno è perché non lo ricevono. O no? E torniamo a “vorrei che ci fosse un altro atteggiamento” 😉
    .

  9. Come già avevo condiviso a Paolo in altra sede, mi sembra che la comunicazione scritta sul web risenta fortemente della mancanza di linguaggio non verbale, il quale, come penso già saprete, veicola la stragrande maggioranza del contenuto (90% mi sembra, vado a memoria, correggetemi se sbaglio…). Leggevo tempo fa che pure le e-mail, nel 50% dei casi, non vengono comprese nel loro reale significato proprio a causa della mancanza di linguaggio non verbale. A questo si aggiunga la “passione” con cui spesso si interviene in blog o forum riguardanti tematiche che “scottano” (non in senso scandalistico/gossipparo, ma i senso esistenziale, cioè che trattano temi che fanno vibrare le corde più profonde del nostro animo) come ad esempio questo blog di Costanza… insomma, non è poi così infrequente che gli animi possano un po’ surriscaldarsi (piccola parentesi: qualcuno di voi dieci anni fa frequentava per caso il newsgroup news.cultura.religioni? Vi ricordate che razza di sciabolate ci si scambiava? ‘na bolgia dantesca…). Scusa Paolo se mi ripeto, ma l’idea che mi son fatto è che Internet sia un mezzo formidabile per scambiarsi informazioni ma poco adatto a scambiarsi opinioni, per quanto detto sopra. Con questo non voglio demonizzare il web 2.0, anzi, sono il primo a farne pieno uso: (sto partecipando ad un bellissimo corso di aggiornamento come insegnante di religione su come usufruire dei mezzi messi a disposizione dal web 2.0 nell’ambito della didattica) tramite il blog di Costanza, ad esempio, sento di aver trovato altri amici e altri fratelli nella fede, tramite Facebook ho potuto contattare giornalisti e scrittori che non avrei saputo avvicinare altrimenti, ho potuto rispolverare altre amicizie che erano finite in soffitta… mi sembra che il lato debole di tutto ciò sia proprio l’aspetto comunicativo, data la non bassa probabilità di essere fraintesi nel messaggio che si vuole comunicare… e le emoticon non sempre bastano 🙂

    1. 61Angeloextralarge

      Stefano, concordo! Anche se non demordo e anche se le emoticon non sempre bastano! So’ de’ coccio! 😀

  10. Sara

    Alvise, scusa se mi permetto, ma il primo ad essere poco conciliante con gli altri sembri proprio tu che usi sottolineare (anche visivamente, con caratteri maiuscoli) la differenza tra NOI e VOI, alla quale mi sono adeguata per risponderti l’altro giorno. Vedi a noi, come dici tu, al contrario, piacerebbe usare solo “noi” perché consideriamo un valore irrinunciabile la fratellanza. Ma se tu insisti a provocare le risposte alle tue domande ponendo un discrimine talmente evidente, non puoi lamentarti se talvolta riesci a innervosire qualcuno… per l’appunto siamo di carne e ossa. Comunque, come faceva notare Paolo, non possumus non ribadire le nostre verità, perché (e questo avevo già provato ad esprimerlo anch’io in altra occasione) l’amore che proviamo anche per chi non la vede come noi ci costringe a indicare indefessamente la bellezza e la verità che sentiamo come assolutamente uniche e cogenti e che ci rendono felici! Continua a sopportarci, anche con le nostre granitiche certezze, e ti prego di apprezzare quando (lungi dal chiuderci in un fideismo autoreferenziale e ottuso) cerchiamo di argomentare razionalmente, sforzandoci di “rendere ragione della nostra fede”!
    Con affetto e sinceramente ammirata della tua autentica e coraggiosa ricerca,
    Sara

  11. Claudia

    La questione “noi vs voi” e la questione comunicazione sono a mio parere strettamente collegate tra loro. Credo infatti che la distanza noi/voi sia più che mai amplificata dall’assenza dei cosiddetti comportamenti non verbali (prossemica, mimica, espressione del volto e tono della voce) che come avete già evidenziato veicolano il significato della maggior parte dei nostri messaggi (io ricordo il 70% rispetto al 30 dei soli contenuti). Forse, Alvise, se avessi modo di vedere, ascoltare e sentire questo 70%, forse percepiresti questa distanza meno forte… Anche “noi” abbiamo vissuto e talvolta viviamo ancora i turbamenti, le perplessità che vivi tu.. Credo che per tutti la ricerca non finisca mai.. Ma ad un certo punto del percorso, alcuni di questi tutti (“noi”), probabilmente in un momento o situazione di vita di maggiore sofferenza o confusione o debolezza, sono stati raggiunti da una parola e proprio perchè in quel momento erano più deboli e ponevamo meno resistenze, questa parola li ha colpiti.. e salvati. Immagina un mondo dove tutti sono malati di un male di cui non si conosce ancora la cura.. immagina che un giorno, arriva un medico che propone una medicina “alternativa” secondo cui per guarire devi accettare la tua infermità anzichè provare a curarla con metodi artificiali e autoprodotti, con, diciamo, cure fatte in casa.. immagina che uno di questi malati, che ormai non aveva più nulla da perdere, ci prova e… vede che così guarisce! Magari non ha del tutto annullato la sua malattia, ma vive felice, non è più confuso e anche in assenza di quello che può servirgli, inspiegabilmente, continua a stare bene e nutrire speranza. Questa persona, come potrebbe non essere riconoscente verso quel medico e credere in lui? E soprattutto come potrebbe non avere voglia di gridare a tutti gli altri “Ehi voi!! Ho capito come fare per guarire!! Sto bene, venite a provare anche voi, funziona!!”. I cosiddetti “voi” siamo o siamo stati anche noi, e a loro non guardiamo come a peccatori che sono nell’errore, ma a persone che cercano una cura, un modo, per essere felici e proprio perchè quello stato lo conosciamo bene, soffriamo insieme a loro e desideriamo che riescano a venirne fuori così come è successo a noi.. Ma è necessario dare fiducia a quel medico, che non si è schifato della nostra lebbra e si è chinato su di noi come nessun altro avrebbe mai osato fare.. non c’è altro modo.
    Io comunque ti ringrazio per lo spirito critico e a volte polemico con cui intervieni in questo blog, secondo me la tua presenza è importantissima, perchè ci esorti a impegnarci a cercare e trovare risposte per noi e per gli altri, a non “dormire”, ma attivare le nostre menti e le nostre risorse per forse razionalizzare o comunque alimentare le conoscenze di cui per primi abbiamo bisogno.. Credo che in fondo, ci stai aiutando ad aiutarci.. Almeno per quanto mi riguarda, grazie alle risposte che Paolo o Alessandro o Cyrano o altri hanno dato a te, io mi sono arricchita, ho rafforzato e consolidato tante conoscenze che prima non avevo, ho capito che ho il dovere di sapere quanto più possibile per “dare ragione della mia fede”… e soprattutto sento con più incisività che tutto questo significa partecipare in maniera più onesta e adulta (leggi meno autoreferenziale) alla comunità della “chiesa” della quale, per dono, anch’io faccio parte.
    Quindi grazie Alvise e grazie a tutti quelli che qui, ognuno a modo suo, cercano di farsi testimoni della parola che li ha resi felici!

  12. E avendo preso risoluzione di non cercare altra scienza che quella che potessi trovare, o in me stesso, o nel gran libro del mondo, trascorsi il resto della mia gioventù a viaggiare, a frequentare persone di diverso carattere e condizione, a raccogliere diverse esperienze, a cimentare me stesso nelle circostanze che la fortuna mi faceva trovare, e sempre fare una tale riflessione intorno alle cose che mi si presentavano, sì da trarne qualche profitto. Perché mi sembrava che io potessi trovare più verità nei ragionamenti che uno fa a proposito delle cose che lo riguardano, e il cui svolgimento potrebbe volgersi a suo danno, se ha mal giudicato, che quelli che uno fa nel suo studio su delle pure speculazioni che non producono alcun effetto, e non portano altra conseguenza se non quella che ne trarrà tanta più vanità quanto saranno più lontane dal senso comune, per il motivo che avrà dovuto impiegare tanta più sottigliezza e artificio per renderle verosimili. E avevo sempre un estremo desiderio di imparare a distinguere il vero dal falso, per vedre chiaro nelle mie azioni, e andare più sicuro nella vita…

    1. Roberto

      Comunque, per prendere seriamente la domanda seria: Cristo afferma durante la propria vita di essere di natura divina. Poiché risuscita e questo non può che essere un’azione divina, ciò che diceva Cristo dev’essere vero perché altrimenti Dio avrebbe “dato testimonianza” a un mentitore. E avrebbe poi continuato a “reggere il gioco” a tale bugiardo anche dopo la Resurrezione, quando Cristo ribadì a Suoi Apostoli le Verità della Fede. Oltre tutto, non della normale rianimazione di un cadavere si parla, ma di ben di più. Perciò la questione da prendere in considerazione è soprattutto la validità delle testimonianze di coloro che asserirono la veridicità di tale evento, no?
      Non è solamente un “è risorto quindi è Dio” ma “ha affermato di essere Dio ed è risorto, quindi la Sua testimoninaza è vera”.
      Quali difficoltà su questo punto?

  13. Alessandro

    Benedetto XVI è autoironico. Parlando al parlamento tedesco il 22 settembre 2011, disse:

    “Torniamo ai concetti fondamentali di natura e ragione da cui eravamo partiti. Il grande teorico del positivismo giuridico, Kelsen, all’età di 84 anni – nel 1965 – abbandonò il dualismo di essere e dover essere. (Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in grado di pensare qualcosa di ragionevole.)”

  14. Claudia

    Ricordo una spiegazione che lessi una volta sulla parabola del figlio prodigo.. quando il figlio più giovane chiese al padre la parte della sua eredità è come se gli avesse detto “per me tu sei morto, non esisti più” in quanto l’eredità è qualcosa che si acquisisce alla morte del genitore. Una comunicazione durissima. Il padre non gliela nega e lo lascia andare. Ognuno di noi è libero, libero di viaggiare (trascorsi il resto della mia gioventù a viaggiare). Il figlio prodigo si allontanò (perché mi sembrava che io potessi trovare più verità nei ragionamenti che uno fa a proposito delle cose che lo riguardano, e il cui svolgimento potrebbe volgersi a suo danno). Ripeto, ognuno è libero di andare a cercare le sue verità dove vuole e anche di sperimentare sulla propria pelle le conseguenze delle sue scelte.. nessuno lo fermerà. Da figli che sono stati prodighi, che nei percorsi alternativi si solo solo persi ritrovandosi più affamati di prima e che hanno poi deciso di rimettersi sulla strada di ritorno per la casa del padre, possiamo però dire a questo fratello di stare attento, di essere prudente, perchè “lo svolgimento che si volge a suo danno, se ha mal giudicato” potrebbe finire con l’essere irreparabile, portandolo a un punto da cui non sia più possibile tornare indietro. Il nostro è solo un dire a questo fratello “attento” e ricordargli “guarda, nonostante quello che hai detto a tuo padre, sappi che se un giorno deciderai di tornare, lui sarà felice e ti correrà incontro per abbracciarti, così come ha fatto con noi”. Tutto qui. Consiglio di lettura “L’abbraccio benedicente” di Henri J.M. Nouwen.

    1. 61Angeloextralarge

      Claudia, non ti risparmio il secondo smack perché ci sta tutto. Ho letto il libro di Henry J. M. Nouwen e sono contenta che lo hai consigliato. 😀

  15. Ma qualcuno di noi ha mai assistito a un miracolo?
    Se è no allora ecco perché a chi testimonia di avere assistito a un miracolo non si crede.
    Mentre invece se uno testimonia di fatti o di luoghi o di persone o altro che non sono in contraddizione con la nostra esperienza e che sono verificabili, per esempio l’esistenza dei pinguini, questo è più credibile anche se da essere verificato. Ecco perché non si può dimostrare la non esistenza dei pinguini, perché i pinguini si possono, chi volesse, andarli a vedere. I miracoli no. O forse che la testimonianza di un miracolo è credibile proprio perché reca in se stessa la prova dell’esistenza di Dio che solo lui può fare miracoli? Non c’è miracolo senza Dio e non c’è Dio senza miracolo?

    1. No, Alvise: non ho mai visto un morto che risuscita. Però conosco il fuoco della Grazia, che ti trasforma rendendoti tutto veramente nuovo, in modo tale da farti capire perché Paolo parlava di uomo vecchio che muore.
      Poco obiettivo, dici? Forse, ma anche la soggettività ha una sua oggettività, e la coscienza si basa, in ultima analisi, su di essa.
      A Lourdes si legge, su una parete: «I miracoli sostengono la fede di chi crede; per il non credente nessun miracolo è decisivo». Questo pare evidente a chi crede, che sa bene come Dio è il solo che può operare veri miracoli (benché anche agenti preternaturali possano contraffarne), benché non sui miracoli si fondi la fede. La fede è indipendente dalla credibilità di Dio, e anzi la fonda: per questo la diciamo una virtù teologale.
      Detto questo, Alvise, bisogna avere il coraggio di ammettere che i miracoli sono eventi storici tanto quanto l’esistenza dei pinguini: se in ogni epoca e a ogni latitudine si sono dati casi di persone che si son pretese (a torto o a ragione) “miracolate”, l’incontro con queste persone e la constatazione del miracolo è teoricamente alla portata di chiunque. Proprio come quella dell’esistenza dei pinguini. Solo che non ho mai preso in seria considerazione la possibilità di intraprendere un viaggio al polo giusto per sincerarmi della reale esistenza dei pinguini. «Perché in fondo non ti cambia niente!», obietteresti tu, e a ragione. Che i pinguini esistano o no, a me non cambia niente. Neanche il miracolo in sé, però, mi cambia molto: che a un perfetto sconosciuto da qualche parte nel mondo sia scomparso un cancro terminale non cambia in nulla la mia vita, anche se posso rallegrarmi per lui. Se io però potessi indagare, ricercare, verificare e toccare con mano questo fatto, che troverei? Troverei dei medici che mi direbbero che non capiscono cosa sia successo (un po’ come i genitori del cieco nato nel quarto Vangelo), e m’illustrerebbero la situazione. Se qualcuno dicesse la parola “miracolo” avrebbe già operato un passaggio da un livello noetico a un altro, e io potrei non seguirlo; se io stesso dicessi quella parola, avrei operato io quel passaggio, e nessuno sarebbe tenuto a seguire me. Non si tratta di rationes aeternae et immutabiles, come “se brilla il sole è giorno”. Se un malato incurabile guarisce, se una gamba mutilata ricresce, il miracolo è ancora sempre solo una possibilità ermeneutica. Certo, si dà una soglia a partire dalla quale quella possibilità è pure la più ragionevole, ma tralasciamo.
      Cose grandi ve ne sono, Alvise, nel nostro minuscolo angolo di mondo. Capisco bene ciò che dici, specie in queste ore, ma «vi sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia». E pure la mia.
      La fede è un’altra cosa, che tutte queste può abbracciare e comunque trascende.
      Un abbraccio a te e a tutti, buonanotte.

      1. 61Angeloextralarge

        Grazie, Cyrano, per questo commento! E per la buonanotte ricambiata. Buonanotte a tutti anche da parte mia! Smack! 😉

  16. 61Angeloextralarge

    Alvise, secondo me non è importante vedere un miracolo per credere e/o essere creduti. Nella parabola del ricco Epulone è lo stesso Gesù che dice: “Nemmeno se vedessero i morti resuscitare….” (più o meno così). Certo, c’è chi ha ritrovato la “fede” dopo aver assistito ad un miracolo, ma Gesù ci dice ancora: “Beati quelli che PUR NON AVENDO VISTO crederanno”. Perché? Forse perché la vera fede è credere SULLA FIDUCIA? Conosco persone che hanno visto miracoli e ne ho anche visti. Credo di non essere la sola in questo blog! Qualcuno di quelli che conosco si è un po’ troppo esaltato, qualcuno ha detto che è stata “fortuna” e non miracolo, qualcun’altro ha creduto ma poi non è stato costante nel cammino ed ora è come prima. Qualcuno, infine, e sono quelli ai quali mi sento più “vicina” ha creduto ma lo avrebbe fatto anche senza il miracolo. I miracoli possono aiutare il cammino verso Dio ma non necessariamente.
    Poi, sono una devota di questo: IL MIRACOLO E’ GIA’ LA VITA CHE OGNI GIORNO DIO MI DONA, A PARTIRE DA OGNI RESPIRO (che non è mio ma mi è donato e poitrebbe essere l’ultimo), e così via fino ad ogni cosa dalla più piccola alla più grande, Chi ha la salute, non è un miracolo? Chi non ce l’ha ma cerca di vivere portando la sua croce ed offrendola, non è un miracolo? Perché un miracolo deve essere per forza una cosa ecclatante? Dio è il dio di tutte le cose, perfino dei nostri capelli (che conta uno per uno): perché crediamo che debba intervenire solo nelle cose grandi? Affidiamogli tutto ma proprio tutto!
    Per la definizione del termine “miracolo”, come lo intende la Chiesa, soprattutto per quel che riguarda le cause di beatificazione e di santificazione, mi rimetto ad Alessandro, che di sicuro ti dirà di più. Grazie Ale! 😀

      1. 61Angeloextralarge

        Aleee! Ma a che ora vai a dormire? Ronf…ronf…ronf…? 😉 😛
        Scherzi a parte, pensavo che avresti spulciato il CCC per trovare la definizione del termine “miracolo”. tutto questo. SmacK!

        1. Alessandro

          Secondo il Catechismo cosiddetto di san Pio X, “Miracolo è un fatto sensibile, superiore a tutte le forze e leggi della natura, e perciò tale che può venire solo da Dio, Padrone della natura”.

  17. Roberto

    Se l’unica cosa conoscibile è ciò che si sperimenta personalmente e forse neanche questo, Alvise, allora è perfettamente inutile star qua a discutere. Continueremmo a girare in tondo senza arrivare mai da nessuna parte, ed è evidente che questo dopo un po’ stanca, esaurisce le forze.
    Esiste la possibilità di intelleggere la realtà attraverso logica e ragione a prescindere dall’esperienza personale? Rispondo: assolutamente sì. Ma su questo punto abbiamo una base in comune? Ho la sensazione di no, perché per te questo dovrebbe significare che tutti la dovrebbero pensare più o meno allo stesso modo (e non è vero, le cose non sono così semplici). Già questo crea un ostacolo pressoché insormontabile al confronto.
    Se c’è un miracolo, ovvero ciò che viola certamente delle leggi di natura che noi sappiamo insuperabili, come può non esserci un Ente in grado di sorpassare volontariamente tali leggi? D’accordo, non credi nei miracoli, ma se decidi di supporli, su un piano puramente ipotetico, davvero puoi sostenere che possano scaturire da qualcosa di diverso da un Ente che possiamo chiamare ‘Dio’? Mi piacerebbe una risposta su questo punto. Che poi il miracolo che interessa al cattolico è uno innanzi tutto, si sa. Testimoniato fino al martirio da persone che erano culturalmente, antropologicamente fatte per non poter proprio credere a una ‘roba’ come la resurrezione – forse anche più inadatti di quanto lo siamo noi “moderni”.

    Per quanto concerne il “neppure se vedessero resuscitare i morti crederebbero”, è vero e presume un’ostinazione invincibile nell’incredulità. Questo perché ci sono tutta una serie di obiezioni non strettamente razionali che pongono interiore resistenza alla Fede. Se quindi da un lato la ricerca deve seguire la logica e la ragione, dall’altra è indispensabile interrogarsi seriamente su quali siano i propri ostacoli interiori che ci fanno dire “no, questo no, questo proprio non lo potrò mai credere né accettare”. Tali resistenze interiori spesso sono più coriacee delle difficoltà razionali a impedire la Fede e sono, pur sempre, causate dalla nostra volontà. Ma Gesù parlando con Nicodemo è chiaro: bisogna rinascere dall’alto quando già si è cresciuti, e andare dove porta il vento, che non si sa di dove viene e dove va. Se la ricerca è onesta, non si possono porre ostacoli previ. Se la ricerca è onesta, bisogna accettare perciò che ci cambierà per davvero. Molto semplicemente, a una quantità sconfinata di persone questo non va giù e farebbero il diavolo a quattro pur di trovare uno stratagemma per conservare la propria volontà e ritenersi giustificati. E questa è già una ragione che spiega perché “tante teste tante idee”.

    Però insomma, il problema è quello di poter determinare con certezza su cosa scommettere, giusto? Posso immaginare che la risposta di Cyrano non ti piaccia nel momento in cui parla di “fuoco della Grazia”, vero? So che a me non sarebbe piaciuta, comunque. 😀 La ricerca attraverso ragione, interiore ed esteriore, può comportare molti cambiamenti e portare molta luce, tanto da poterla scambiare per Fede (a me capitò, per esempio). E’ molto, ci sono coloro per cui è un’esigenza imprescindibile e che quindi va soddisfatta, è un po’ come costruire la pista di decollo per un aereo, ma a un certo punto si deve riconoscere una cosa molto semplice (non è l’aereo 🙂 ): cioè se Dio c’è [se], bisogna ammettere che sarà Lui a dover compiere quella mozione che vivificherà tutta quella ricerca, che darà vita a qualcosa che altrimenti sarebbe impeccabile ma morto. Credere diversamente vorrebbe dire credere di poter “conseguire Dio” con le proprie sole forze umane – il che è impossibile. Non significa però che la pretesa di risposte sia inutile e che quindi sia sufficiente sedersi ad aspettare che “qualcosa” piova dal cielo.
    Però l’idealismo è una pessima base per compiere tale ricerca!… è come chiudersi in un labirinto senza uscite.

  18. 61Angeloextralarge

    Grazie, Roberto!
    Aggiungo solo il Vangelo di oggi:
    “in quel tempo vennero i farisei e si misero a discorrere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli spsirò profondamente e disse: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno”. Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.” (Mc 8, 11-13)

    1. 61Angeloextralarge

      N.B.: Caro Alvise, le cose più vere sono quelle che non si vedono! Così è per la fede, l’amore, l’odio, la speranza, il rancore, etc.: non si vedono ma se ne vedono gli effetti!

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