di Raffaella Frullone
Ma è davvero così? Può succedere davvero di tutto? Anche l’happy ending proposto da Trentamenouno presentandoci la scena finale di “Storia di noi due” in cui Michelle Pfeiffer e Bruce Willis, nei panni di Katie e Ben, a un passo dal rivelare ai propri figli che hanno deciso di separarsi dopo 15 anni di matrimonio, decidano di fare invece un passo l’uno verso l’altra e si dichiarano amore eterno? Mah, sarebbe un sogno, dicevo sabato, sarebbe veramente un sogno…
“Ogni sogno può essere realizzabile”, mi ha fatto notare un amico.
Sì, ma quelli sono film, la vita è un’altra roba.
Poi mi ha chiamato Emma, e mi ha raccontato questo.
E’ sabato, sono le 10 e ventotto minuti. Tra meno di mezz’ora dovrò registrare il “fran” come lo chiama Chiara, il “fran” di Baricco. Le serve per un progetto teatrale. Ho accettato, ma mi manca il tempo per studiare la parte. Dovrò dire “fran” in almeno nove modi differenti. La caduta di un quadro è incredibilmente unica, come il grido del mare quando ti dice che la vita è una cosa immensa! Cerco su youtube una voce cui ispirarmi, non la trovo, eccola! Navigo sulla nave di Novecento, cade il primo quadro, ecco il secondo. Entra mia madre. Tono asettico, o forse rassegnato: “Sta arrivando Clara, col bambino, e le valigie. Ha deciso definitivamente di lasciare Andrea”. “FRAN” è la mia unica risposta. Decisamente la mia interpretazione migliore!
La rabbia mi prende pensando a quel bambino di 4 anni e a quello che sta per capitargli. Imploro l’adolescenza di abbandonare quei genitori caduti a terra in un momento unico, inaspettato, proprio come per il quadro. Non conosco il suono di quella caduta, ma ricordo come può caderti l’esistenza addosso. Mi alzo dalla sedia, come fossi ancora sulla nave in tempesta barcollo da una stanza all’altra, fino alla mia. Chiamo mia sorella e ci riprovo: “Emma, lascia stare, ho de-ci-so” – mi risponde. Le dico che potremmo parlarne, di passare a casa anche con Andrea, la prego di pensare al piccolo Martino. Tentenna, ma non dice no. Appendo. Verrà, ma quando? Non gliel’ho chiesto e tra pochi minuti arriverà Chiara per registrare. Sono le undici passate, nessuno si vede. Ricevo un Sms, Chiara non può venire. Dio sia benedetto! Posso concentrarmi su quella che forse è la mia ultima carta da giocare con mia sorella e il marito. Ma che fare?
Non sto pensando, mi muovo come una marionetta, mossa da fili cui non vedo l’origine. Prendo un foglio bianco, la mia penna nera ad inchiostro liquido di Mushi, e cerco di tornare all’essenzialità.
Il problema di mia sorella e di suo marito, in superficie, pare essere economico. Non riescono – dicono – a istituire una cassa comune. Forse ci vuole uno schema, qualcosa che aiuti ad oggettivare, perché quando prendiamo consapevolezza del problema, è già un buon risultato! Lo dicono tutti, magari funziona. Quindi, pochi imbratti di inchiostro nero sul foglio bianco per dire: cassa comune, disponibilità di Clara, disponibilità di Andrea, e necessità prioritarie del piccolo Martino.
Sono arrivati. Nei cuori la tempesta. Mi scuso subito con loro, offro un bicchiere d’acqua, uno di coca cola e confesso. Non sono un’esperta, non sono una mediatrice famigliare, non sono neppure una persona estranea. Sono solamente una persona che cerca di interpretare con la voce come cade un quadro.
Le posizioni paiono inconciliabili: “Io torno a Milano” – “Io vengo via con il bambino”. A volte le parole creano distanze infinite che neppure la natura è in grado di rappresentare.
Comincio a parlare loro del foglio, mi trovo a tradurre, mentre li ascolto sul campo da battaglia, i motivi della guerra l’uno all’altra e viceversa. Ben presto gli scenari si fanno molto più profondi: dalla schiuma del mare che resta in superficie, scendendo in profondità si scoprono gli abissi o le ancore dei problemi. L’avarizia non è problema di denaro ma problema affettivo. Eccoli gridare, ognuno dalla sua torre, il bisogno di amore, di sicurezza, di stabilità, di serenità. Eccoli urlare: “aiutami, perché ho paura” di te, del tuo passato, del nostro futuro, ho paura di me, di diventare grande. Ho paura di questa cosa immensa che è la vitaaa! Con tre a, e il punto esclamativo, esprime a pieno la loro paura e insieme il desiderio profondo di viverla a pieno.
Propongo una cosa pratica, fissare una data per l’istituzione di questa cassa comune. Gettare il cuore oltre l’ostacolo. Accettano. Propongo una specie di compito a casa, come faccio coi ragazzi. In questo mese ciascuno dovrà dare e chiedere qualche cosa. Il foglio bianco si infittisce sempre più, e inevitabilmente si riempie di impegno e responsabilità, sta diventando un adulto.
Ci sono due impegni, fatti di un dare, perché l’amore adulto è questo: riconoscere che prima di noi stessi, c’è qualcun altro. E di un chiedere: e cioè darsi la possibilità di essere amati. È incredibile come sapessero entrambi cosa dare e non cosa chiedere all’altro. Come si abbia consapevolezza del voler amare, ma non ben si capisca che tutto parte dal nostro profondo desiderio d’essere amati. Forse un quadro cade proprio per questo: per imparare a chiedere amore. Sono entrambi sorpresi e io con loro.
Penso a questa questa “cassa” comune, che in realtà è una “casa”, il luogo da cui cominciare a vivere da adulti e scoprirsi coppia. Racconto di San Francesco, quando cade e recita il suo “fran”. In una chiesetta diroccata, a San Damiano. Fran. Signore, cosa vuoi che io faccia? “Francesco va e ripara la mia casa”. Soltanto mentre ci lavorerà scoprirà che la casa di cui parla la voce del Cristo è la sua stessa vita, il suo corpo, il suo quadro autobiografico, la Chiesa. Questa è la casa comune, questo è il ricostruire per questi due individui che ancora faticano a percepirsi coppia, anche se formalmente sono già una famiglia.
Clara e Andrea han deciso di provarci.
Non so se e quanto durerà, ma più ci penso più mi sembra che il mio agire di sabato non sia stato mio. Mi stupisco, mi stupisco di come i fili della mia esistenza siano stati mossi. Non so se ho fatto bene, se ho fatto la cosa giusta, mi sono sentita inadeguata ma nello stesso tempo guidata , come se avessi prestato la tela del mio quadro perché qualcun altro potesse lasciare le sue tinte.
La settimana prossima registrerò il mio “fran” e avrà il sapore della speranza.
Sai qualche volta l’ho pensato anch’io nei tanti anni di matrimonio, nelle difficoltà, riuscire a far vedere le mie difficoltà da qualcuno all’esterno le avrebbe sicuramente ridimensionate, se c’è l’amore di base, se c’è il pensiero serio di un matrimonio contratto in modo consapevole
Emma, hai fatto il tuo dovere, devi esserne fiera. Anch’io ci ho provato, purtroppo invano con le mie sorelle. Ho sofferto, soffro e basta. E’ una pena vedere queste persone tristi, e i bambini. E io sfoggiare la mia famiglia in ordine, quasi mi vergogno.
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Articolo Stupendo.
E’ vero che, specie in quest’epoca, le difficoltà della vita sono ingigantite, c’è un veleno silenzioso, potrei chiamarlo il veleno di “ho il diritto di essere felice senza soffrire e senza faticare”.
Ne sono intossicato anche io, e ringrazio tutti gli amici cristiani che ogni tanto mi aprono gli occhi, e mi offrono qualche antidoto. E’ Cristo che attraverso loro mi getta un salvagente.
Mi ritrovo in quel che dici, Sebastiano.
Bellissimo racconto, speriamo e preghiamo per loro, affinché la loro decisione perduri. Io ho visto crollare tanti castelli di carta intorno a me e cerchiamo di andare avanti insegnando al figlio che si può e, soprattutto si deve, fare a andare avanti PER SEMPRE in mezzo alle rovine delle famiglie dove vivono i cugini, oltre a che delle pseudo copie in superficie colorate ma dal retrogusto amaro. “Mamma, perché non sono venuti gli altri due figli della zia?”, “perché sono in vacanza con il loro papà”… “e lui? è mio cugino?”, “No amore, lui è figlio del nuovo ‘compagno’ della zia”…
Mi rimangono stampate nella mente le immagini di due foto di Natale. Nella prima c’è il mio nipote più grande, allora undicenne, con un sorrisone stampato i faccia in mezzo ai suoi genitori, inconsapevole che da lì a due mesi si sarebbero lasciati. La seconda, nel natale successivo, il suo viso è trasformato: il primo natale con i genitori separati. Si legge la tempesta nei suoi occhi. Dopo anni, oramai è un uomo, si è appena laureato, lui mi ha regalato un libro, dicendomi che è il libro che lo ha aiutato ha superare la crisi. Il libro si chiama “L’arte della guerra”, un antico manuale di guerra di un generale cinese. E vedendo la rabbia negli occhi di un altro mio nipote, che sta crescendo in mezzo a una guerra da quando aveva 2 anni, “perché è meglio ora che non capisce che più tardi” , ho solo l’ennesima conferma del fatto che la guerra non sia l’ambiente migliore per tirare su un figlio.
Come si riconosce un grande amore? Il giorno in cui ci si accorge che l’unico essere al mondo che può consolarvi è quello che vi ha fatto del male. Allora si sa che si è una coppia. (tratto dal film “L’etudiante – Il tempo delle mele 3”)
‘In questa prima cellula umana si ritrova il ritmo secondo il quale si sviluppano tutte le altre: vi sono incertezze, contatti, talvolta drammi; e dopo tali crisi un progresso nella conoscenza di sé e degli altri; e finalmente, se si trionfa, un progresso di quella virtù che è ‘paziente, longanime, benevola’ e che San Paolo chiama carità. Questo ritmo a tre tempi, fatto di una prima conoscenza, di una sofferenza dovuta alla conoscenza e di una conoscenza finalmente profonda e serena, è quello di tutti gli amori duraturi.’ (Jean Guitton)
Mi permetto di condividere un link, qualcuno potrebbe trovarlo utile……E’ una storia vera, raccontata con autenticità.
“La loro vita sembrava destinata ad un roseo futuro inserita nel mondo come un fiume di gioia in piena in una valle d’amore. Le premesse c’erano tutte: condividevano gli stessi valori e gli stessi ideali; cresciuti all’ombra del campanile del loro paese si sono conosciuti giovanissimi e dopo un lungo fidanzamento che li ha visti consolidare nella consapevolezza di essere fatti l’uno per l’altro e chiamati ad essere “segno” nella loro comunità. Erano e si sentivano come quella coppia ideale che ipocritamente dalla pubblicità viene identificata come “la coppia del mulino bianco”! E per un bel pò di tempo lo erano davvero! Si sentivano forti e si sono scoperti soli, le difficoltà naturali nel dialogo e nel dare per scontato molte cose ha lasciato scoperto un varco nella loro relazione. Questo varco è stato coperto da una terza persona che si è inserita nella loro vita. L’aiuto ed il sostegno degli amici “veri” e dell’amico prete li ha sostenuti e stimolati a partecipare al programma Retrouvaille. La fatica nel decidere di partecipare ed i passi per ricostruire la loro relazione sono descritti con molta chiarezza in questa testimonianza. (…)”
http://www.retrouvaille.it/testimonianze/laura-e-bruno-ricostruire-il-matrimonio-missione-possibile.html
Buona giornata a tutti!
Premesso che il modo di agire di Emma è stato ammirevole, sono rimasta sconcertata dal fatto che una coppia di adulti, genitori di un bambino di 4 anni, possano arrivare a pensare di separarsi per la difficoltà di istituire una cassa comune.
Per un motivo come questo si può discutere, anche litigare, ma separarsi?!
Avete un figlio, cosa c’è da discutere?
Se non sapete cosa fare dei soldi metteteli via per lui.
C’è chi insieme affronta la povertà.
Io e mio marito insieme abbiamo dovuto affrontare la malattia. E non è stato facile. Non eravamo nemmeno sposati allora, convivevamo, ma evidentemente l’impegno e la dedizione che ci eravamo promessi era più forte di quella di tante coppie sposate davanti a Dio.
Scusate lo sfogo, so che tutti abbiamo le nostre debolezze, ma non ne posso più di adulti che si comportano come adolescenti.
è perché all’adolescenza si viene spinti dall’anagrafe e dagli ormoni, ma oltre non si va allo stesso modo…
“Vi accolgo con gioia quest’oggi, in occasione dell’incontro mondiale del movimento “Retrouvaille”. Saluto tutti voi, coniugi e presbiteri, con i responsabili internazionali di questa associazione, che da più di 30 anni opera con grande dedizione al servizio delle coppie in difficoltà.
Come la vostra esperienza dimostra, la crisi coniugale – parliamo qui di crisi serie e gravi – costituisce una realtà a due facce.
Da una parte si presenta, specialmente nella sua fase acuta e più dolorosa, come un fallimento, come la prova che il sogno è finito o si è trasformato in un incubo e, purtroppo “non c’è più niente da fare”. Questa è la faccia negativa.
Ma c’è un’altra faccia, a noi spesso sconosciuta, ma che Dio vede.
Ogni crisi, infatti – ce lo insegna la natura – è passaggio ad una nuova fase di vita. Se però nelle creature inferiori questo avviene automaticamente, nell’uomo implica la libertà, la volontà e, dunque, una “speranza più grande” della disperazione.
Nei momenti più bui, la speranza i coniugi l’hanno smarrita; allora c’è bisogno di altri che la custodiscono, di un “noi”, di una compagnia di veri amici che, nel massimo rispetto, ma anche con sincera volontà di bene, siano pronti a condividere un po’ della propria speranza con chi l’ha perduta. Non in modo sentimentale o velleitario, ma organizzato e realistico. Voi diventate così, nel momento della rottura, la possibilità concreta per la coppia di avere un riferimento positivo, a cui affidarsi nella disperazione.
In effetti, quando il rapporto degenera, i coniugi piombano nella solitudine, sia individuale che di coppia. Perdono l’orizzonte della comunione con Dio, con gli altri e con la Chiesa. Allora, i vostri incontri offrono l’“appiglio” per non smarrirsi del tutto, e per risalire gradualmente la china. Mi piace pensare a voi come a custodi di una speranza più grande per gli sposi che l’hanno perduta.
Quando una coppia in difficoltà o – come dimostra la vostra esperienza – persino già separata, si affida a Maria e si rivolge a Colui che ha fatto dei due “una sola carne”, può essere certa che quella crisi diventerà, con l’aiuto del Signore, un passaggio di crescita, e che l’amore ne uscirà purificato, maturato, rafforzato.”
(Benedetto XVI, discorso ai partecipanti al meeting internazionale del movimento “Retrouvaille”, 26 settembre 2008)
🙂
l’Associazione “Con te donna” di Roma e l’Associazione “Scienza & Vita Pontremoli – Lunigiana”, hanno organizzato nella Sala della Mercede di Palazzo Marini – Camera dei Deputati a Roma, il giorno 31 gennaio alle ore 16.30 il convegno internazionale “Femminilità: il centro della famiglia e della società”.
Costanza Miriano (Giornalista e scrittrice, autrice del Best Seller “Sposati e sii sottomessa”) è intervenuta con la relazione “La femminilità nel matrimonio”
http://www.hazteoir.org/noticia/43941-dav-defiende-vida-y-feminidad-en-camara-diputados-roma
😀
Genio cosmico colpisce ancora!
son “foresto” a cotali discussioni matrimoniali,tempo fa si parlava qui della differenza tra amore “sensibile”-se non ricordo male, ed amore della volontà.
ma chi si ama,lo si ama anche per i proprii “difetti”: son quest’ultimi che ne fanno la persona unica che abbiamo scelto.
se la causa scatenante è stata la cassa comune, è ovvio che -come peraltro detto nell’articolo- altri erano i motivi veri.
gli è che, in genere,ci si arrocca sul proprio orgoglio ferito grazie a “cause scatenanti”.ma -praticamente sempre-c’é di più.
a me capitò tanti anni fa, quando-causa la mia assenza dovuta al lavoro ed al fatto che abitassi in altro luogo- trovai la mia lei con un altro…
non perdonai. me ne andai e basta. non so se ho fatto bene o no. se ci fosse stato un figlio,forse-forse-,avrei riflettuto di più: poteva solo essere un modo per dirmi:non ci sei mai.
ma non è andata così.
e non c’è stato nessuno che ha tentato di ricucire tra noi due quel che sarebbe potuto essere.
la sorella dell’autrice,in fondo, è stata fortunata. ed anche lui.un’altra chance!
se capitasse di nuovo mi auguro che qualcuno mi faccia vedere che quel che unisce,spesso, è molto più dei dettagli che dividono.e che l’orgoglio od eccessivo amor proprio( sposati e sii sottomessa….o sottomesso…a seconda dei casi) è troppo spesso un cattivo consigliere…
ad maiora ac meliora
Credo che me ne sarei andato anch’ io senza figli, più per delusione che incazzatura.
E’ assurdo, magari quella della cassa comune sara’ la goccia che fara’( spero di no) traboccare il vaso, sicuramente sotto c’e dell’altro. Troppo facile risolvere il problema con foglio penna e due conticini. Persone a loro vicino possono provare ad approfondire il discorso coppia.
Sinceramente non so se mettere nero su bianco i punti critici sia una soluzione. Ma ad occhio e croce posso dire che trovo meraviglioso che una persona proponga ad amici o parenti in crisi di coppia almeno di guardasi e prendere il toro per le corna. Viceversa, conosco famiglie di origine che in queste situazioni non sanno fare altro che gettare benzina sul fuoco e spingere le coppie alla separazione, perchè è troppo faticoso e impegnativo e anche rischioso promuovere soluzioni alternative. Non sia mai che gratta gratta sotto la superficie dorata della famiglia per bene si trovi il marcio…
@nonpuoiessereserio: “… e io sfoggiare la mia famiglia in ordine, quasi mi vergogno…”. E’ così che ci fanno sentire, sempre un po’ fuori posto, noi che abbiamo la famiglia “in ordine”. Perché, come dice la vulgata benpensante, bisogna aprirsi al dialogo, bisogna comprendere chi ha problemi, bisogna mettersi nei panni degli altri, bisogna considerare che domani potrebbe capitarti la stessa cosa, … No. Non che non possa accadere: non deve accadere. Mantenere questo “ordine” costa fatica, la fatica quotidiana dell’abnegazione, che ci richiede di mortificare in privato i nostri piccoli egoismi, di sacrificare in nome dell’armonia familiare i nostri presunti diritti, e senza neanche l’illusoria consolazione del vittimismo. Senza Dio, la motivazione personale a tutto questo è largamente insufficiente. Del resto, a me pare che in una coppia cristiana non abbia senso usare l’espressione “cassa comune”. Come se potessero esserci casse separate…
Sabato ho rivisto una mia vecchia amica,una di quelle amiche con cui ho condiviso l’adolescenza , la giovinezza e anche un comune cammino di fede.Siamo state anche coinquiline per un pò,negli anni dell’Università e la sera parlavamo a lungo dei nostri fidanzati.Io e mio marito,allora,muovevamo i primi passi come coppia,non avevamo ancora progetti sul futuro,anzi avevamo tante incertezze su di noi,lei aveva,invece,un amore nato sui banchi di scuola che,ai miei occhi sembrava forte come l’acciaio.Mentre io e mio marito arrancavamo ancora nel percorso universitario,loro erano già laureati con una buona posizione lavorativa e in un battibaleno sposati e con due bambini.Una di quelle famiglie a cui sembra non mancare nulla,amore,figli,posizione sociale,lavoro,casa e anche divertimenti e vacanze invece lui,qualche anno fa,è andato via con la segretaria,come nelle barzellette,dando il via ad una guerra tra di loro che ha rischiato di distruggerla.
Sabato avevo quasi pudore a mostrarle la mia famiglia la mia casa,una volta avrei dato facili giudizi,ora sono ben cosciente di non essere assolutamente meglio di lei. Domenica ne ho parlato con mio marito,ci siamo chiesti come mai noi ci stiamo avvicinando al 17° anniversario mentre tante coppie attorno a noi si sono sfasciate.Quando si è sposata, la mia amica aveva nel cuore gli stessi desideri che avevo io e la stessa volontà di realizzarli,aveva anche circostanze apparentemente migliori,allora non si tratta di desideri,neanche di volontà,nè di circostanze,cosa tiene insieme una coppia e invece fa si che un altra si sfasci?
E da Sabato che ci penso e non riesco a trovare una risposta,in questi anni tanti sono stati i momenti di crisi soprattutto all’inizio quando le attese sull’altro erano esagerate e irrealistiche.Abbiamo 4 figli,è vero,di cui uno particolarmente bisognoso di cure e attenzioni,ma non è possibile che sia solo questo a tenerci insieme,ho visto anche coppie che si lasciano a causa dei figli o addirittura della malattia di uno dei figli.Forse dico qualcosa che vi scandalizzerà ma neanche la Fede basta se non diventa coscienza che Cristo per me,ha il volto della persona che ho accanto e che qualche volta sembra diventare nemico.Una canzone che alcuni di voi conoscono dice-Io vorrei vedere Dio ma non è possibile,ha il volto che tu hai,ha il nome che tu hai e per me è terribile-
Eppure senza quel volto io non posso essere pienamente me stessa.Anch’io,pur essendo romantica quanto una pianta di fagioli,amo tantissimo il dialogo finale di “Storia di noi due”,perchè il rapporto con l’altro che ti rivela a te stesso,la “ragazza col casco” del film.Senza mio marito io, oggi,non sarei quella che sono,forse avrei il lavoro dei miei sogni,o forse no,chi può dirlo?Magari avrei fatto qualche viaggio in più e sicuramente avrei fumato molti pacchetti di sigarette in più,ma non ci sarebbero i miei figli e non ci sarebbe questa umana avventura così bella e faticosa.
Hai detto giusto, non saresti quella che sei ora,(ma non te lo puoi nemmeno immaginare come) se fosse stato così sarebbe stato cosà, o no?
…se non fosse stato così (correggo)
Penso più modestamente che avrei già un bell’ enfisema perchè al ritmo di un pacchetto e mezzo al giorno per 26 anni non sarei andata molto lontano,non credi?
Chi può dirlo?
E poi avresti potuto incontrare un altro principe (cattolicissimo)azzurro che ti avrebbe
sottoposta nel suo castello sulle Madonìe….
Velenia,hai fatto una bella riflessione. Credo che noi stiamo vivendo in una società molto malata, marcia, che vuole fare a meno di Dio, lo disprezza anche. Noi respiriamo la stessa aria insalubre, ci insozziamo senza volerlo. Se stiamo in piedi è un po’ merito nostro ma molto della grazia di Dio.
Smack! 😀
O.T. una bellissima recensione sul numero di gennaio di STUDI CATTOLICI a firma Stefano Testa Bappenheim:
Fai clic per accedere a studi-cattolici-gennaio-2012.pdf
Veramente bella come recensione!
tefano Testa Bappenheim for president!
Ho letto il post stamattina, ma volutamente non ho lasciato comenti. Che dire? Non sono sposata e quindi sono fuori da certi meccanismi di coppia, anche se li ho vissuti perché ai vecchi tempi sono arrivata ad un passo dal matrimonio. A quest’ora, dopo aver riletto tutto, copresi i commenti e le testimonianze lasciate, posso dire solo che concordo in pieno con questa frase: “L’avarizia non è problema di denaro ma problema affettivo”. E’ qui il nodo del bastone! Se io amo qualcuno mi viene naturale “donare e donarmi”: non riesco a fare altro che questo e lo desidero con tutte le forze. Ma di quale tipo di amore stiamo parlando? Dell’amore sensibile! Non dell’amore di volontà, come spiega benissimo Padre Gabriele di Santa Maria Maddalena, nel “Piccolo Catechismo della vita di orazione”, che qualcuno ha riportato in un post dei giorni scorsi (non mi ricordo chi di voi l’ha fatto).
“Che cosa è l’amore?
Vi è l’amore sensibile e vi è l’amore di volontà. L’amore sensibile consiste in un sentimento che ci porta affettuosamente verso una persona e ci fa provare piacere alla sua presenza o al ricordo di lei. L’amore di volontà consiste nel “voler bene” ad una persona, per libera scelta e determinazione della nostra volontà. Quando poi quest’amore prende tutta l’anima, allora si vuole appartenere alla persona amata e consacrare deliberatamente a lei tutta la propria vita.”… AGGIUNGO: E TUTTE LE COSE CHE MI APPARTENGONO.
Secondo me, se l’amore sensibile non si trasforma in amore di volontà, a lungo andare, arriva l’egoismo, arriva il “mio” ed il “tuo”.
N.B.: Non sto giudicando né condannando Clara ed Andrea: prego per loro e per le altre coppie in situazioni simili.
@velenia: sei meravigliosa!
@vale: mi spiace molto leggere quello che ti e’ successo. Francamente perdonare un tradimento e’ molto, moolto difficile. Anche perché credo che per un uomo può in effetti essere un (ingiustificabile) momento di imbecillità, ma per una donna quasi sempre e’ una faccenda più coinvolgente. Non riesco a decidere se chi ce la fa a perdonare questo e’molto forte o molto fragile.
Ciao, in punta di piedi ho letto questa tua storia, questa tua meravigliosa azione che ha dato speranza a due persone, che sicuramente avranno ancora tanto da dirsi e tanto da darsi. Purtroppo in alcuni momenti ci si perde, sembra che sia più facile mollare tutto e andarsene, sembra che le cose che prima erano importanti, che avevano fatto innamorare due persone e metter su famiglia si riducano a un mucchio di cose banali, a un conto da stampare a inchiostro indelebile, sul quale costruirsi un futuro. Qui mi sembra però che ci sia ancora la voglia di ricominciare, di fidarsi di nuovo, di darsi delle possibilità, la capacità di capire che quello per cui ci si stava lasciando aveva in fondo poca importanza.
Ad alcune coppie questa capacità, questa scintilla manca, si è spenta ed è lì che inizia la paura… quella non solo di aver perso l’altro, ma di essersi persi, di aver smarrito la strada comune che porta alla felicità, quella felicità che prima aveva senso solo con la persona amata, fatta di piccole cose, di una sola coperta che scaldava entrambi, quella felicità che portava una persona a dire quello che l’altra aveva appena pensato, quella felicità che di volta in volta assumeva caratteri e sembianze diverse, che tutto comprendeva tranne il mero calcolo del conto in banca.
In questo caso la felicità deve comprende anche un’altra cosa importantissima: la presenza di un figlio. E allora la coperta deve bastare per tre e la felicità deve avere il volto di questa creatura che è venuta al mondo e che vive e respira l’aria che c’è in casa e che non ha colpe se mamma e papà non sanno mettersi d’accordo su una specie di “cassa comune”. I bambini si accontentano di poco, hanno bisogno non di un conto in banca o di sapere se ci saranno dei soldi nel loro futuro, ma dell’affetto e della presenza di due genitori come due punti fermi nella loro vita che danno l’esempio e tracciano loro la via.
La loro famosa “cassa comune”, come hai ben capito tu, era solo una scusa, un grande muro da abbattere poiché la loro è più paura di non saper affrontare insieme il futuro e le loro responsabilità di adulti e genitori, che non un problema di tipo economico. Essere genitori è un compito difficile e spesso ci si accorge di essere diventati grandi solo dopo, quando i bambini iniziano a diventare più autonomi e a chiederci maggiore impegno e responsabilità. Al quel punto si ha paura di crescere, di amare, di farsi amare, di non darsi abbastanza e di non bastare, si ha paura di non essere all’altezza di un così importante compito.
Auguro veramente a tua sorella e a suo marito di comprendere che la ricchezza più grande è il loro bambino, al di là di tutto, dei soldi, delle loro incomprensioni e delle loro paure, del loro amor proprio, del loro orgoglio.
E faccio un augurio a te, affinché tu possa sempre mantenere viva quella tua capacità di abbattere i muri che spesso si infrappongono inutilmente tra le persone e quella tua volontà di contribuire a cambiare in meglio le cose, di trovarne un punto di raccordo…
Ciao, soliloquio in compagnia 🙂
L’avarizia non è problema di denaro ma problema affettivo.
l’amore adulto è questo: riconoscere che prima di noi stessi, c’è qualcun altro. E di un chiedere: e cioè darsi la possibilità di essere amati. È incredibile come sapessero entrambi cosa dare e non cosa chiedere all’altro. Come si abbia consapevolezza del voler amare, ma non ben si capisca che tutto parte dal nostro profondo desiderio d’essere amati.
Già.