Il coltello tra i denti

di Fabio Bartoli

Del brevissimo passaggio che ho fatto in CL (un anno scarso, passato per lo più a fare le poste alle ragazze, che ha lasciato pochissime tracce in me e ancor meno, per fortuna, nel movimento) ricordo solo una frase del Gius che in una “montagna” ci esortava a non avere “il coltello tra i denti”.

Quella frase mi si è scolpita nel subconscio ed è diventata per me uno stile di vita. Sì perché crescendo, e ancor di più oggi, guardandomi intorno vedevo e vedo un sacco di gente arrabbiata, gente con il coltello tra i denti appunto, arrabbiati con il governo, con la Chiesa, con il padre, con il sistema, con il datore di lavoro… Intendiamoci, ci sono un milione di motivi per essere arrabbiati e la rabbia a volte può anche essere un’energia positiva, quando non è diretta contro le persone. Chi combatterebbe il male se non ci si arrabbiasse con il male medesimo? Come lottare, per dire, contro la droga senza arrabbiarsi per le devastazioni che produce?

Il punto della questione però è imparare ad usare la propria rabbia senza farsene usare, in modo da farne una forza positiva e non distruttiva. In particolare penso ai miei amici cattolici, perché sono probabilmente i soli che mi ascoltano, quante volte la fede si accompagna alla rabbia?

Ci sentiamo minacciati dal “nuovo impero” e ci arrabbiamo contro il nemico di volta in volta designato, sentendoci un po’ come Rambo, paracadutato dietro le linee nemiche. Un po’ perché, ammettiamolo, è gratificante sentirsi un avanguardia incompresa, un po’ perché effettivamente minoranza lo siamo ed abbiamo il dovere di essere gelosi e fieri (non orgogliosi però) della nostra diversità cristiana.

Mi viene in mente Giovanni, lo so sono un lector unius libri, abbiate pazienza, che nell’Apocalisse è straordinariamente discreto e non se la prende mai con le persone concrete. Perfino quando rimprovera una falsa profetessa (una certa “Jezabel”) lo fa nascondendola dietro uno pseudonimo e a ben guardare più di lei rimprovera la Chiesa che le dà credito (quella di Tiatira, Cfr. Ap. 2,18-29).

E’ vero che S. Paolo ci esorta a “combattere la buona battaglia”, ma non dobbiamo dimenticare che questa battaglia è innanzitutto contro se stessi. E poi se Paolo usa il vocabolario militare è per dire che dai soldati noi dobbiamo prendere ad esempio la dedizione e l’impegno, non certo la violenza… la nostra non deve essere una militanza ideologica, ma piuttosto l’amore della Sposa che condivide l’opera dello Sposo. Se c’è una cosa che mi piace del libro di Costanza è la sua capacità di affermare in positivo la bellezza della fede, senza bisogno di dover combattere nessuno, mostrando anzi nei fatti come alla fine della fiera il Vangelo è la proposta di vita più umana che ci sia.

Il punto, io credo, è che queste manifestazioni di rabbia il più delle volte nascondono una fragilità.

Probabilmente abbiamo bisogno di raggiungere nella nostra vita spirituale un equilibrio tra la lotta e la pace, quella condizione che in una bella canzone p. Zezinho (un prete cantautore brasiliano) chiamava la pace inquieta. Se fossimo più in pace con noi stessi e la nostra vita probabilmente saremmo meno aggressivi anche nei confronti del nostro prossimo e soprattutto dei nostri fratelli di fede.

Questo ovviamente non vuol dire assumere un atteggiamento condiscendente, per questo citavo “Sposati…” Sono sicuro che a nessuno verrà in mente di dire che è un libro che ammicca al compromesso, ma osservate la leggerezza con cui Costanza dice le cose… è proprio questa pace interiore che convince, che in fine dei conti converte, perché parla di una persona che, al di là di ciò che dice, è davvero una persona risolta e felice.

In un mondo arrabbiato il profeta sarà l’uomo più mite, più gentile… anche per questo sono felice di avere questo Papa che di mitezza è un vero campione!

Per chi fosse interessato qui c’ è  blog di don Fabio

73 pensieri su “Il coltello tra i denti

  1. Beatrice

    grazie don Fabio per questo post, mi piace assai perche’ e’ nelle mie corde. il coltello tra i denti non paga mai, molto meglio una piuma…..magari per fare un po’ di solletico! buona giornata a tutti

  2. Fk

    A me, per esempio, vedere scritto “papa” con la minuscola (da un sacerdote, per giunta) mi fa schizzare il sangue al cervello (come dice Raffaella)… nascondo senza dubbio una qualche fragilità…

  3. 61Angeloextralarge

    Bellissimo questo post che chiarisce lo stile della buona battaglia! 😀
    Purtroppo c’è il malinteso che la fede vada imposta, che se l’altro pecca io devo farlo smettere anche con le cattive maniere, che quelli che non vanno alla Messa “devono” andarci e quindi essere portati a forza se non vogliono, etc. Per non parlare poi del fatto che spesso è “battaglia” ma ci scordiamo la parola “buona” che la precede!
    “In un mondo arrabbiato il profeta sarà l’uomo più mite, più gentile!: hai fatto il ritratto di Gesù! A Lui noi tutti dovremmo guardare. E siccome è degno figlio di Maria, hai fatto anche il ritratto della Madre: dovremmo gardare anche a Lei. S prima di “agire tutti infervorati” ci fermassimo un attimo a pensare: “Che farebbe Gesù, in questa occasione? Che farebbe Maria?”. Per carità! Non arriveremo MAI a fare ESATTAMENTE come loro, ma di sicuro miglioreremmo il nostro stile di cristiani e quindi anche di battaglieri della fede.
    Concordo sul Papa “che di mitezza è un vero campione!”: Smack! 😀

  4. vale

    ed anche quello di Socci su il circo della farfalla nel suo sito(lo straniero).
    ….Io penso che il “Circo della farfalla” esista in questo mondo. E’ il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare. E’ lui che davanti alla mostruosità di ogni uomo gli sussurra: “Tu sei magnifico!”.

    E gli diventa amico perché il bruco, il verme, diventi la libera e bella farfalla … Gesù non è venuto a incriminare, a giudicare, a puntare il dito (lo fa già il mondo). No. Gesù è venuto pietosamente a guarirci. A farci rinascere.

  5. Fabio Bartoli:
    d’accordo, Giovanni è un’altra cosa (tra l’altro mi permetto di segnalare qui l’esistenza anche di un Giovanni Miriano,
    giovane di una intelligenza e nobiltà d’animo non comuni)(e mi permetto anche di segnalare un bel libro, forse vecchio, di Adolfo Omodeo su la gnosI e la mistica givannea)(senza con questo nulla togliere alla forza espressiva degli altri evangelisti, e anche di Paolo, per esempio)
    Ma per quale mai ragione uno dovrebbe tenere il coltello tra i denti. Certo, potranno venire momenti che il coltello andrà
    brandito, ma credo sia giusto conservare la forza d’urto per occasioni che ne valga davvero la pena…
    Sarebbe fuori luogo (in senso lato) vedere qualcuno (sia pure animanto da sani principi) girare col coltello tra i denti in un consultorio!!!
    Bella l’immagine della danza rituale-propiziatoria-preincontro dei magnifici Neo Zelandesi!!!
    Segnalo un altro libro, chiedo scusa, sulla cultura aborigena “La via dei canti” se non ricordo male, di Bruce Chatwin.

  6. OT ma in famiglia
    segnalo il link all’intervista rilasciata da Daniela Bovolenta a TeleRadioPadrePio sul tema della famiglia in rete.
    Vale la pena

    IT coltello tra i denti no. Sorriso piuttosto. Ma pronti alla buona battaglia. Che la vita è guerra, contro se stessi d’accordo, e il cielo è dei violenti non contro altri ma contro il (proprio) peccato. Ma battaglia sia. Perché siamo come pecore tra i lupi e meno scaltri tra l’altro, e ingenui, perché per affermare la verità ci vogliono molti ragionamenti, per urlare la menzogna basta poco.
    Vedi oggi i furbetti del corrierino che alle proteste contro le sovvenzioni alle coppie di fatto che partono da non può unire il sindaco quello che in natura è diverso, rispondono “ma in natura non siamo tutto figli di Dio?”. Vero. Il punto che qui la natura in questione non è quella dell’uomo, quanto quella dell’unione di fronte allo Stato. Che è tutt’altra cosa.
    Battaglia come suggeriva il mio santo di riferimento: inflessibile sui principi, pronti all’amore verso chiunque perché di 100 anime ce ne interessano 100…

    buona giornata

    1. perfectioconversationis

      “di 100 anime ce ne interessano 100…”

      I primi tempi dopo la mia conversione, mentre roteavo la mia spada infuocata (verbale) minacciando guerra a mezzo mondo, mio marito, calmo, mi disse: “noi non desideriamo che si salvino solo quelli che ci piacciono, vero?”.

      Infatti, ogni tanto però mi serve un promemoria!

    1. “Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi;
      siate adunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
      Guardatevi però dagli uomini,
      perché vi trascineranno davanti ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe,
      e sarete condotti davanti ai Governatori e a re per cagion mia,
      per dare testimonianza ad essi e ai Gentili.”
      Matteo 10, 16-18

  7. Velenia

    Sarà,ma tutti questi cattolici in giro con il coltello fra i denti io non è che li incontri spesso,almeno con il coltello fra i denti con i non cattolici,poi i coltelli sguainati fra cattolici sono altra cosa…

    1. Roberto

      E infatti… ce ne sono fin troppi che quando sono arrivati a leggere “ci sono eunuchi per il Regno dei Cieli” l’hanno tragicamente fraintesa. Ciò di cui c’è bisogno è un recupero della virtù di fortezza.

  8. angelina

    Da che cosa viene al cristiano la fiducia tra i lupi.
    4. Ascoltiamo dunque quale esortazione ha dato colui che ci ha promesso il premio eterno. Ci ha proposto un agone, ma egli, che assiste al nostro agone, ci aiuta mentre siamo oppressi. Che specie di agone ci ha proposto? Agone equivale a combattimento. Che specie di combattimento dunque il Signore Gesù Cristo c’ingiunge? Eccolo: Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe 9. Chi avrà compreso questa ingiunzione, chi vi si sarà attenuto, chi l’avrà osservata, morirà tranquillo poiché non morirà. Nessuno infatti morirà tranquillo se non chi sa di morire in guisa che per lui la morte avrà fine e la vita avrà il suo premio eterno.

    Come imitare l’astuzia del serpente.
    5. Per questo motivo, carissimi, sebbene spesso ne abbiamo parlato, dobbiamo spiegarvi che cosa significhi essere semplici come colombe e prudenti come serpenti. Se dunque ci è comandato d’essere semplici come colombe, come può andare d’accordo la semplicità della colomba con la prudenza del serpente? Ciò che apprezzo nella colomba è il fatto ch’essa non ha il fiele; ciò che temo nel serpente è il fatto che possiede il veleno.

    6. Non devi temere il serpente sotto nessun aspetto. Esso ha qualità che si devono odiare, ma anche qualità che si devono imitare. Quando infatti il serpente è oppresso dalla vecchiaia e sente il peso della decrepitezza, s’introduce a fatica attraverso un cunicolo e così facendo si spoglia della pelle vecchia per uscir fuori nuovo. Imitalo tu, o cristiano, che ascolti il Cristo che dice: Entra attraverso la porta stretta 10. L’apostolo Paolo dice inoltre: Spogliatevi dell’uomo vecchio con le sue azioni e rivestitevi dell’uomo nuovo ch’è stato creato ad immagine di Dio 11. Hai dunque una caratteristica da imitare riguardo al serpente: Non morire a causa della decrepitezza. Chi muore a causa di un vantaggio materiale, muore a causa della decrepitezza spirituale. Chi muore a causa del vantaggio della lode umana, muore a causa della decrepitezza spirituale. Quando invece ti sarai spogliato di tali forme di decrepitezza, avrai imitato la prudenza del serpente. Imitalo in modo più sicuro: conserva la tua testa. Che significa: “Conserva la tua testa”? Conserva in te Cristo. Può darsi che qualcuno di voi quando voleva uccidere un serpente, ha osservato come questi per salvare la sua testa espone ai colpi di chi lo ferisce tutto il suo corpo? Esso evita di farsi colpire nella parte di se stesso ove sa di avere la vita. Ma la nostra vita è Cristo, poiché egli stesso ha detto: Io sono la via, la verità e la vita 12. Senti anche che cosa dice l’Apostolo: Capo dell’uomo è Cristo 13. Chi dunque conserva in sé il Cristo, conserva per sé il proprio capo.

    Imitare la semplicità delle colombe.
    7. Orbene, che bisogno c’è di dilungarci a mostrare la semplicità delle colombe? Bisognava mettere in guardia dal veleno dei serpenti. Era pericolosa l’imitazione di quella loro proprietà ch’era da temere. La colomba, al contrario, devi imitarla tranquillamente. Osserva come le colombe godono di stare insieme: dappertutto volano insieme, si cibano insieme, rifiutano di star sole, godono della vita comune. Sono animate d’amor fervente, tubano con gemiti amorosi, generano la prole col baciarsi. Finché però siamo nel corpo, siamo lontani dal Signore 14. Beati coloro che piangono 15. Inoltre, se vuoi essere come una colomba, di’ al tuo Signore: Il mio gemito non ti è nascosto 16. Quando dunque le colombe – poiché osserviamo spesso anche questo fatto – litigano tra loro per i loro posti, è in un certo senso un litigio pacifico. Si separano forse per il fatto che litigano? [Tutt’altro!] Volano insieme, pascolano insieme, lo stesso litigio è pacato. Osservate una lite tra colombe. L’Apostolo afferma: Se poi uno non obbedisce a ciò che ordiniamo con questa nostra lettera, segnatelo a dito e non abbiate alcuna relazione con lui 17. Ecco il litigio. Fa’ però attenzione ch’è lite di colombe, non di lupi. [L’Apostolo infatti] soggiunge immediatamente: Non trattatelo però come nemico, ma rimproveratelo come un fratello 18. La colomba ama anche quando colpisce, il lupo invece odia anche quando accarezza. (S. Agostino, discorso 64)

  9. lidiafederica

    Anche io non conosco tanti cattolici col coltello fra i denti, tranne su Internet 🙂 Nella vita reale non ne ho mai incontrati, e se lo facessi penserei probabilmente che sono degli instabili, penso…
    Sul fatto di “papa” o “Papa” a me non dà fastidio: sinceramente non mi importa che venga scritto con la lettera maiuscola o minuscola, ma che venga amato.

    1. 61Angeloextralarge

      Purtroppo ne conosco e ne ho conosciuti in passato. Quelli che conosco, più che altro sono persone che hanno incontrato il Signore “ad una età adulta” ed in buona fede vorrebbero che tutti si convertissero. Peccato che con il loro modo allontanano invece di avvicinare.

  10. “…Ma per quale mai ragione uno dovrebbe tenere il coltello tra i denti. Certo, potranno venire momenti che il coltello andrà
    brandito, ma credo sia giusto conservare la forza d’urto per occasioni che ne valga davvero la pena…”

    Mi pare che Alvise con la sua consueta sensibilità abbia colto perfettamente il senso del post. Un coltello ci vuole, certamente. Bisogna saper tagliare a volte perché santo viene da “separato” (in Ebraico certamente e credo anche in Latino), ma bisogna sapere quando sguainarlo e quando rimetterlo nella fodera, pena il vivere male innanzitutto.
    Come dice padre Jacques Philippe in un libro magistrale (su cui dovrebbe darmi qualche royalty per tutte le volte che l’ho consigliato: http://www.libreriauniversitaria.it/pace-cuore-philippe-jacques-edb/libro/9788810571019 ) “non esistono buone ragioni per perdere la pace”

  11. Erika

    La mitezza del Papa, che non mi pare dovuta a fragilità di pensiero, mi ha spinto a tentare di capire le ragioni della Chiesa cattolica, risultato che affermazioni più “infuocate” di altri cattolici non erano mai riuscite a conseguire.

    1. Alessandro

      a parte gli scherzi, mi pare che mite fermezza e misericordiosa fortezza debbano caratterizzare la vita del cristiano.

      1. 61Angeloextralarge

        “mite fermezza e misericordiosa fortezza” e quanto altro è dono-frutto dello Spirito Santo! Grande Ale! Smack!

  12. nonpuoiessereserio

    Secondo me c’è un tempo per incazzarsi e un tempo per essere miti. Mi viene in mente quella volta che Gesù si incazzò fuori dal tempio, quando ce vo’ ce vo’ (non dite così a quelle latitudini?). Anche Wojtyla si incazzò coi mafiosi e in Sudamerica. Però sono d’accordo sostanzialmente con il post e con il buon don Fabio. Anch’io coi miei figli scherzo e sopporto ma quando m’incavolo i calcinculo non li risparmio.

    1. 61Angeloextralarge

      nonpuoiessereserio, scusa ma non sono d’accordo!
      “Anche Wojtyla si incazzò coi mafiosi e in Sudamerica”: non confondiamo la FERMEZZA con l’INCAZZATURA. Cambia il cuore di chi l’ascolta. Se uno dice una cosa con amore, il messaggio passa, altrimenti passa solo l’incazzatura e non ottiene gli stessi effetti. La FERMEZZA usa toni alti, ma decisi ed AUTOREVOLI, quindi non AUTORITARI.
      Per quel che riguarda Gesù e i venditori del Tempio, sono mooolto devota a questo passo perché sono una che le cose le dice, subito se è il caso, perché non sempre è il momento giusto, altrimenti aspetto l’occasione giusta e nel frattempo prego. Non credo che Gesù si sia INCAZZATO, ma che abbia ESERCITATO la sua AUTOREVOLEZZA. Un Dio che si incazza non mi da fiducia perché dimostra che nemmeno Lui sa dominarsi: questo, credo profondamente, non sia lo stile di Dio, che FA PER PRIMO QUELLO CHE CI CHIEDE.

      1. nonpuoiessereserio

        Non devi chiedermi scusa se non sei d’accordo, mi sembra legittimo ed anche ovvio visto che io il più delle volte dico delle stupidaggini.
        Autorevolezza e fermezza secondo te avrebbe usato Gesù fuori dal tempio, se non sbaglio ha mandato via fisicamente i mercanti del tempio. Ora si può sottilizzare fintanto che si vuole ma secondo me si è proprio incazzato. Incazzarsi non vuol dire perdere le staffe, vuol dire arrabbiarsi come facciamo noi con i nostri figli perché vogliamo loro bene. Woytyla è sempre stato un tipo tranquillo ma in quelle occasioni ha alzato il tono e a me è parso arrabbiato e così facendo ha attirato le nostre attenzioni.

        1. 61Angeloextralarge

          Credo che l’autorevolezza non sia fatta per essere esercitata solo con le parole, tantomeno con le parole dette a tono basso o addirittura sdolcinato. Farebbe solo ridere chi sta davanti! Probabilmente è stato peorio il fatto che Woytjla fosse sempre tranquillo ad esaltare maggiormente il fatto che abbia alzato la voce. Quella, secondo me non è rabbia ma SANTA RAGIONE.

            1. 61Angeloextralarge

              Questo è quello che intendo dire: tocca i cuori, lo ripeto, e se tocca i cuori non li lascia come prima. 😀

              1. 61Angeloextralarge

                Porto un esempio più attuale: don Oreste Benzi!
                Era speciale nell’esercitare la sua paternità-maternità con gli ultimi: prostitute, tossici e altri. Ma era lo stesso che organizzava manifestazioni e altro ancora, piazzandosi pure davanti le sedi governative: parlava e agiva. Ma senza inc….

    1. 61Angeloextralarge

      “Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: “La Scrittura dice: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera ma voi ne fate una spelonca di ladri”. (Matteo 21, 12-13)

      Avrei voluto esserci! Mi sarei innamorata spiritualmente di Lui, con un colpo di fulmine non da poco! Questo è l’uomo e questo è Dio! Ma, ripeto, non riesco a vederci l’inc… (grazie Joe per aver messo i puntini, più giusti). Per me è SANTA RABBIA. Non so se riesco a far capire che c’è una differenza sottile ma c’è: è come avere classe e non averla!

      1. 61Angeloextralarge

        Provo a spiegarmi meglio: nella inc… c’è tutta ta mia umanità; nella santa rabbia c’è lo Spirito Santo. La mia umanità fa passare un messagio umano, mentre lo Spirito Santo fa passare la grazia di Dio e tocca i cuori.

    2. Alessandro

      L’azione fu energica e senza titubanze:

      ” Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio” (Mc 11, 15-16)

      “Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
      Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.
      Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”.
      I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.”
      (Gv 2, 13-17)

      Gesù esercitò l’ira, s’adirò in quella circostanza?
      Secondo Tommaso d’Aquino l’ira può essere un peccato e un vizio, ma non sempre lo è.

      Summa theologiae IIª-IIae, q. 158 a. 1 co:

      “Et sic potest malum in ira inveniri, quando scilicet aliquis irascitur plus vel minus, praeter rationem rectam. Si autem aliquis irascatur secundum rationem rectam, tunc irasci est laudabile” (“perciò si può trovare il male nell’ira, quando cioè qualcuno s’adira più o meno, contro la retta ragione. Se invece qualcuno si adira secondo retta ragione, allora adirarsi è lodevole”).

      L’ira è infatti una “passione dell’appetito sensitivo”, e in quanto tale è buona se è regolata dalla ragione, è cattiva invece se rifiuta l’ordine della ragione (“Passio autem appetitus sensitivi intantum est bona inquantum ratione regulatur, si autem ordinem rationis excludat, est mala”: Summa theologiae IIª-IIae, q. 158 a. 2 co).

      1. Alessandro

        L’ira per una buona causa, l’ira non viziosa, nel luogo indicato è chiamata da san Tommaso “ira per zelum”

    1. 61Angeloextralarge

      Ceeerto! Quando ci vuole ci vuole! SmacK!
      Credo proprio che anche tu sia un buon padre. 🙂

  13. Claudia

    “la nostra non deve essere una militanza ideologica, ma piuttosto l’amore della Sposa che condivide l’opera dello Sposo.”
    …la frase più bella di questo bel post… un frase, direi, sublime! Grazie!

  14. Dunque vediamo… il nostro è un Dio passionale, come scrive in un insuperato saggio degli anni ’80 un rabbino secondo me vicinissimo al cristianesimo ( http://www.ibs.it/code/9788826301679/heschel-abraham-j-/messaggio-dei-profeti.html ) e come sostanzialmente insegna anche Benedetto XVI (penso ad es. alla Deus Caritas).
    In quanto passionale si adira e come! Cercare di derubricare tutti i passaggi biblici sull’ira di Dio a “genere letterario” signficherebbe buttar via metà dell’A.T. e anche una parte consistente del Nuovo.
    Credo però che si debba distinguere perché non ogni ira è la stessa.

    Penso che la nostra lingua offra una certa sfumatura tra rabbia e ira che può fare al caso nostro.
    L’ira esprime una riprovazione estrema, che può arrivare fino al disgusto (come in Ap. 3,16, “sto per vomitarti dalla mia bocca” vi sembra una frase serena?), ma lascia sempre all’interlocutore una possibilità di riscatto e redenzione (infatti nella frase citata dice “sto per vomitarti” e non “ti vomiterò”) perché fondamentalmente non oscura la capacità di giudizio, la padronanza di sé, che, non dimentichiamolo, S. Paolo annovera tra i doni dello Spirito Santo.
    La rabbia al contrario acceca, rende quindi incapaci di un discernimento obiettivo, ci porta a sospettare sempre il male del nostro interlocutore (come è accaduto, non me ne voglia, a fk nei commenti qui sopra), che nella sostanza viene pre-giudicato senza appello ed in sostanza impedisce il rapporto umano e l’incontro. La rabbia quasi come una forza estranea si impossessa di noi e ci fa dire cose che magari non pensiamo e in altre condizioni non diremmo mai (sono convinto ad esempio che lontano dalla tastiera tanti che incontro sul web sarebbero assai più sereni).

    Il punto vero, mi sembra, è che la rabbia esprime fragilità, l’ira invece forza. Quando vediamo una persona perdere le staffe tutti più o meno ci chiediamo se la sua intransigenza non nasconda in verità una scarsa convinzione e spesso è proprio così. Al contrario un ira “non arrabbiata” spesso è una manifestazione di amore, come quella di un genitore che può rimproverare anche molto aspramente un figlio che si mette in pericolo (ricordo ancora il cazziatone che mi fece mia madre quando a diciotto anni distrussi la macchina di mio padre, da lui inconsapevolmente prestatami, per andare a ballare. Me ne disse tante da farmi vergognare d’essere nato, salvo poi abracciarmi in un modo che non dimenticherà più).

    1. Alessandro

      è quello che scrivevo citando Tommaso. La rabbia acceca la ragione, e quindi l’ira “arrabbiata” fa perdere di vista (accecandoci) il vero bene. L’ira guidata da ragione, l’ira non “arrabbiata”, non acceca e quindi non fa perdere la bussola, non allontana dalla carità, dal vero bene.

        1. Alessandro

          Ok, caro don Fabio. Volevo solo sottolineare la consonanza dei nostri due commenti, mica comunicare un messaggio tipo: “questo l’ho già detto io…” 🙂

    2. 61Angeloextralarge

      Grazie, don Fabio! Come sempre sai chiarire le cose! Quando dico che secondo me Dio non si inc… intendo proprio dire che non resta accecato e quindi che “costruisce anche demolendo”. Invece noi, quando ci inc… “demoliamo”. Ci può stare?

      1. JoeTurner

        bellissimo sì, a parte il doppiaggio di Volontè che non ‘c’entra un tubo, una voce troppo impostata da attore professionista su un volto di Gesù da cinema neorealista (come già dicemmo in passato sempre qui…)

        1. JoeTurner

          intanto mi correggo la voce è di Enrico Maria Salerno, già quella di Gian Maria Volontè sarebbe stata meglio

    1. JoeTurner

      NO era il personaggio che aveva la erre moscia (se vedessi Gasman ne I soliti ignoti diresti che balbettava 🙂 )

    1. JoeTurner

      la voce nel Gesù di Pasolini…non è che il panorama italiano offra molto, è difficile azzardo un Pierfrancesco Favino?

  15. Una voce che ame fa impazzire è quella di Arnoldo Foa, che mi sembra sempre arrivare da Altrove. La voce di Gesù la immagino così, capace di per se stessa di evocare un Oltre.

  16. Sì, potrebbe nadare benissimo, grande voce, ma forse ancora, in questo caso della poesia, troppo, come diceva Joe,
    impostata, ma di certo un grande attore sa usare la voce giusta, a seconda del personaggio (senza offesa!),
    Lavoriamoci ancora sopra! Ma io non è che sia un intenditore di cinema e di voci ….Non sono un intenditore di nulla,
    come tutti…Ecco, l’ho detto!!!

  17. Nello stesso post sono stati ricordati Sir Daniel Brackley (alias Foà) e Ellis Duckworth (alias Musy). .Due grandi voci accomunate da uno sceneggiato epocale. Omaggio alla Freccia Nera, la pietra miliare di una generazione

  18. 61Angeloextralarge

    “Per essere padre e madre, necessariamente bisogna avere un figlio o più figli. E per essere figli? La risposta sembra semplice: per essere figli bisogna avere un padre e una madre! Ma i figli hanno sempre un padre e una madre? Prima di rispondere vi invito a riflettere. Non vi accorgete che sta andando in disuso la gioia e la passione di essere padri e madri? Su un quotidiano ho letto recentemente una notizia che mi ha fatto tremare: oggi moltissime donne mettono la carriera prima della maternità e, pertanto, l’affermazione professionale è molto più importante dei figli. Tutto questo ha conseguenze devastanti sull’educazione dei figli: quando i figli ci sono, evidentemente! Ricordo il dialogo con una ragazza sotto il porticato della piazza del Santuario di Loreto. Era domenica e mi stavo dirigendo a piedi verso la Parrocchia del Sacro cuore. Vedo una giovane con due cagnolini in braccio e mi avvicino per salutarla e, notando la premura con cui teneva i cagnolini,mi permisi di farle questo augurio: Spero, fra qualche anno, di vederti con un bambino in braccio!”. “ Ecco la risposta mediata, che mi gelò: “Mille volte meglio due cani che un bambino!”. Dentro di me esclamai: “Grazie, Signore, perché la mia mamma non ha pensato così, altrimenti due cani avrebbero preso il mio posto nella mia famiglia!”. E mi allontanai pregando perché i cani non diventassero il sostituto dei bambini!
    E i padri? Da alcuni decenni si sente parlare della “scomparsa” del padre. Ricorderete tutti che, in tempi recenti, è stato messo in discussione il padre autoritario… ed era giusto. Ma non abbiamo finito per buttar via la figura stessa del padre? E questo fatto non è un impoverimento drammatico? Il padre è, insieme alla madre, un interlocutore necessario per la costruzione del disegno educativo, attraverso il quale matura la personalità dei figli e si arricchisce di sicurezza, di fiducia e di ideali che danno senso alla vita. Desidero, attraverso questa lettera, restituirvi la bellezza della chiamata ad essere padre e madre. La famiglia, infatti, è il luogo umano nel quale fa irruzione il mistero di Dio: per questo motivo nella famiglia vera brilla la lampada dell’amore, che si accende direttamente all’Amore di Dio! Nella famiglia vera sboccia gioiosamente il miracolo della vita, nel quale gli sposi agiscono con Dio in un intreccio prodigioso di divino e di umano: che cosa stupenda è la vita di un bambino, fin dal primo istante del concepimento! Nella famiglia vera parte la prima decisiva esperienza dei figli e si pongono le basi della loro statura spirituale attraverso l’opera irrinunciabile dell’educazione data dai genitori. Oggi questa famiglia vera… è messa in discussione; oggi questa famiglia vera… è combattuta da una cultura individualista e godereccia (cioè egoista!), che rende impossibile l’amore e condanna alla solitudine e al disprezzo della vita non più vita. Gli pseudovalori del successo e del divertimento e del denaro necessario per il successo e per il divertimento, sono diventati idoli ai quali si sacrifica tutto: tempo, passione, energie… e anche gli affetti e la vita stessa. In questo scenario i giovani sono smarriti, perché non vedono più una segnaletica che indichi la strada del senso della vita, dell’impegno, della dedizione, della fedeltà agli ideali che danno gusto e grandezza all’esistenza umana. I giovani sono le prime vittime di una generazione di adulti diventati insipidi e senza valori.

    (Card. Angelo Comastri, Educhiamo i figli!, Quaresima 2004)

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