Povero sapere!

di Costanza Miriano

Quando ho preso in mano i libri della prima elementare del primo figlio erano passati ventotto anni dalla mia, di prima elementare, ma il mio sussidiario me lo ricordavo ancora un po’. Cominciando a sfogliare i testi del futuro scolaro, ricordo che ho pensato: “bene, questi sono i libretti per giocare. Poi ci diranno dove prendere i libri veri.” Ci ho messo un po’ a realizzare che erano quelli, i libri veri.

La scuola è cambiata incredibilmente in questi anni, e forse, a meno che non si insegni, non si realizza quanto fino a che non ci si trovi ad avere dei figli che la frequentano. D’altra parte anche la scuola che ho fatto io, negli anni ’80, era a sua volta completamente diversa da quella – severa, accurata, basata su un largo uso della memoria – frequentata dai miei genitori. A questo punto, nella speranza che i miei professori di latino e greco non stiano leggendo, devo confessare che spesso qualche scolaro di qualche decennio più vecchio mi sorprende con citazioni dalle lingue classiche, brani che io ho dimenticato, e che invece lui ha scolpiti nella mente, immagino, a suon di pomeriggi incollati alla sedia.

Un po’ di tempo fa, volendo a mia volta fare alla prole uno dei consueti predicozzi (quella volta l’argomento era “come si scrive”), ho preso un mio vecchio quaderno delle elementari per leggere qualcuno dei preistorici temini ai figli, i quali peraltro sostengono che la mia principale qualità materna sia quella di trovare sempre nuove e fantasiose vie per tormentarli, soprattutto nell’istante in cui l’avventura con gli omini Lego o la partita di calcio-corridoio sta diventando davvero entusiasmante. Comunque, costretti ad ascoltare, i ragazzi – che ovviamente non hanno peli sulla lingua se si tratta di criticarmi – hanno ammesso che sì, sicuramente alle elementari scrivevo in modo ordinato e senza errori di grammatica né di ortografia, ma certo producendo una prosa “altamente soporifera”.

I loro temi, invece, sono scritti in modo per me inaccettabilmente disordinato, e grammaticalmente un po’, diciamo, creativo, ma sono un fuoco di fila di trovate, spesso pieni di fantasia e personalità. Ogni tanto, se c’è una storia da inventare, fanno capolino come niente il generale Eisenhower, i servizi inglesi dell’MI5, i Beatles, Stalin, Dante Alighieri, e citazioni cinematografiche: riferimenti a mondi di cui io alla loro età probabilmente neanche sospettavo l’esistenza.

Credo che questo fotografi abbastanza fedelmente il cambiamento della scuola e del sistema educativo in generale: i ragazzi di oggi, se seguiti a dovere, sono piuttosto svegli, bombardati come sono di stimoli, informazioni, esperienze, possibilità. Ma anche quando sono seguiti bene, da genitori attenti e presenti, da buoni insegnanti, faticano a gestire tutto. Faticano a essere ordinati, sia con le cose materiali che con le idee, faticano a rispettare semplici consegne per le quali sia necessaria concentrazione, spesso faticano a fare cose con le mani, perché tra scuola, attività pomeridiane, tempo destinato alla tecnologia in senso lato – computer, tablet, cellulari, consolle per i giochi, e anche tv, ormai meno amata dai bambini – le occasioni di esercitare la manualità, magari di fare lavoretti, piccole commissioni in casa, sono sempre di meno.

A me sembra che si sia persa cura, profondità, metodo, capacità di ricordare e di tenere punti fermi, pazienza nel cercare le soluzioni, a favore dell’ampiezza delle conoscenze e della rapidità. Personalmente non credo che sia un bene. Intanto, comunque, è un dato di fatto, un dato di fatto con cui senz’altro bisogna fare i conti: non demonizzando né sottovalutando né esaltando “le magnifiche sorti e progressive”, ma prendendo le misure.

Noi in famiglia per esempio abbiamo stabilito due giorni alla settimana in cui i figli possono giocare con i videogiochi, dopo i compiti, in modo che negli altri giorni la discussione sul tema tecnologia non si apra nemmeno. Io e mio marito avevamo infatti notato, prima di questa delibera della suprema autorità famigliare (il padre), che l’estenuante quotidiana contrattazione (“Posso giocare? Quando? Quanto?”) era causa di nervosismo pressoché perenne. Ovviamente secondo la nostra prole siamo i genitori più orribili che il pianeta abbia mai visto. Sostengono che nessuno dei loro amici sia sottoposto a simili vessazioni, e a dire il vero non stento a crederlo.

A parte alcune lodevoli eccezioni, infatti, mi sembra che lo stile educativo dei genitori contemporanei sia in linea con quello della scuola: accumulare esperienze, una dietro l’altra, senza un disegno alto, senza un progetto, in una sorta di horror vacui che costringe a riempire tutti gli spazi disponibili. Non sono rari i bambini che – magari dopo il tempo pieno a scuola (quest’anno la prima elementare, nell’unica sezione a tempo ridotto dell’intero quartiere, ha avuto solo diciotto iscritti, mentre oltre cento bambini cominceranno la loro carriera scolastica stando otto ore al giorno sui banchi) – hanno tutti i pomeriggi impegnati tra inglese, tennis, pallavolo, danza, nuoto, chitarra e via dicendo; per invitarne uno a giocare bisogna aspettare che trovi spazio in agenda.

Il discorso qui si fa ampio, e ci sarebbe da tirare in ballo il fatto che tante mamme lavorano e preferiscono (o sono costrette a farlo) subappaltare una buona parte del loro compito educativo; c’è poi la questione della scomparsa del gioco libero per strada, in piazza, al parco, che rende necessario riempire il tempo, inventando magari modi artificiosi per far muovere un po’ i muscoli dei bambini; c’è soprattutto il problema che l’educazione sembra decisamente avere perso la bussola che indichi una direzione – tolto Dio dall’orizzonte sono tolti tutti i punti cardinali – e allora si procede sommando esperienze, sperando che la quantità supplisca alla scarsa qualità.

Quando si hanno troppe cose da fare come i bambini di oggi, però, le conoscenze e le esperienze non si fissano bene: non si ha tempo di lasciarle depositare, diventare parte di noi. Se invece che insegnare a scrivere, a leggere e a far di conto la scuola sostituisce le ore di italiano e matematica per proporre corsi di danze popolari e cucina regionale (sic), se al posto della matematica c’è l’ora di tecnologia (a che serve, che già a tre anni sono più veloci di noi, questi bambini digitali?), se poi si corre tutto il pomeriggio tra sport e impegni vari, è dura imparare un metodo, impadronirsi del sapere, organizzarlo in modo personale, lasciarlo sedimentare come solo avviene nei fecondi momenti di noia.

Questo modello didattico si basa sull’idea di fondo che i bambini vadano lasciati esprimere, e non costretti, soffocati da compiti troppo noiosi, mnemonici (benedetta memoria!), vessatori. Un’idea che, oltre impregnare di sé il modo di insegnare, produce una tolleranza molto alta nei confronti dei comportamenti indisciplinati dei bambini e dei ragazzi, ma questo tema, seppur profondamente intrecciato, richiederebbe un capitolo a parte.

 fonte: IL TIMONE settembre 2012

63 pensieri su “Povero sapere!

  1. Costanza,
    io sottoscrivo parola per parola!
    L’altro giorno, esasperata, ho preso un quaderno della prima elementare di mio figlio e ho fatto vedere a lui quanto sia peggiorato. Si, perché in prima lui era considerato “lento”, perché precisetto di suo. Una maestra addirittura aveva detto “avrà tempo per imparare ad essere preciso, deve essere più veloce”. Io, mamma di primo pelo, ho pensato di non capir nulla. Da quello che mi ricordavo con gli anni ci si lascia un po’ andare. Ho pensato che in prima elementare tutta questa premura non aveva senso.

    Infatti, riempiti all’inverosimile non fissano nulla, anche se hanno una fantasia che io me la scordo.
    Oggi lui è in quarta ed è disattento, fa fatica nell’organizzazione. Ma ti spara fuori in un pomeriggio (successo oggi) il “Rap della mensa”, un rap di protesta per lo scadente servizio scolastico.
    Parlo con altre mamme, sento tutte che ripetono la stessa cosa: io in quarta certi errori non commettevo.

    In particolare sottolineo il cenno sull’ora di “tecnologia”, ah quanto sono d’accordo! Ho litigato non poco a scuola contro la campagna per l’acquisto delle LIM. Hanno tagliato ogni collaborazione esterna (musica, inglese, ecc) per concentrare tutte le risorse nell’acquisto delle LIM!!! Ma se questi bambini sono pieni di schermi ovunque!!! Addirittura sono loro a dire alle maestre, che si impappinano, come usare lo strumento. Ma il cervello, chi li insegnerà a farlo funzionare???

    1. Mario G.

      Anch’io (con figli adolescenti) sottoscrivo ed approvo quanto scritto da Costanza e da Danicor.
      Non è nostalgia la mia (almeno credo) ma il tentativo di giudicare il nuovo progetto educativo, che ha poco o nulla di educativo e forse neppure di istruzione ma di “d-istruzione”, delle coscienze e delle donne e degli uomini di domani.

    2. Io ho una scrittura da cani (letteralmente) proprio perché le maestre si lamentavano della mia “lentezza”, e questo mi ha dato non pochi fastidi.
      Guarda, non continuo perché non voglio essere volgare…

  2. gogol

    perché accade ciò? Perché oggi è in voga il trionfo della mediocrità, i meno bravi, i più non accettano di stare “sotto” il dotto, ma si sentono diversamente intelligenti, che è il loro modo di chiamare l’incompetenza, l’inadeguatezza, la scarsa performatività. Ed ecco allora che trionfa il livellamento, il piattine, la fobia della asimmetria, anche tra i generi, per questo apprezzo il tuo lavoro costanza, perché sai parlare di differenze senza viverle con la fobia che oggi è troppo diffusa tra le donne, e acclamata anche dai maschi (pentiti), ed il livellamento è per forza verso il basso.
    Siamo quasi al ridicolo, al punto che oggi la deformità è un vanto, mentre una volta era ingiusto un modo di deridere il “diverso” di qualsiasi categoria, e si sarebbe potuti passare con la modernità ad una giusta tolleranza e riqualificazione, ma sempre tenendo presente la differenza tra eccellenza e mediocrità, oggi siamo arrivati al desiderio di voler essere diversi per il gusto perverso di sapere di dover essere non solo accettati ma esaltati perché si ha il coraggio di metter in mostra la diversità, ma spesso la ricerca di questa parità in tutto è il più grosso alibi che gli inetti possono trovare a buon mercato.
    Con buona pace di calligrafia e ortografia.

  3. perfectioconversationis

    L’istruzione è, per vocazione famigliare non per mestiere, la mia trincea quotidiana.
    Patisco ogni giorno la pochezza dei programmi, la confusione dei contenuti, l’accumulo di centinaia di nozioni sciocche o banali che non ne fanno una importante. Soprattutto l’umiliazione dell’intelligenza dei nostri figli, tenuta sempre al regime più basso possibile. Più si mettono in campo paroloni e alte aspirazioni – comprensione del testo, mappa concettuale, educazione ambientale, educazione alla cittadinanza…- più i ragazzi non sanno leggere testi che non siano preventivamente annacquati, adattati, omogeneizzati, della matematica afferrano sempre meno i concetti e sempre più le “procedure”, la storia e la geografia sono biscotti troppo sbriciolati per avere un gusto appetitoso. Immaginate una generazione di bambini che non venga mai svezzata completamente, che si fermi al livello degli omogeneizzati a tempo indeterminato: a trent’anni, se prova a mangiare una bistecca e bere un goccio di vino rischia la congestione, certi cibi non si digeriscono più, lo stomaco ormai sa solo assimilare pasti sminuzzati e insapori. Ecco, questo è ciò che fa la scuola con le menti dei nostri figli.
    L’impressione è che una tetragona casta di “specialisti” non impari mai nulla dai propri errori e, negli ultimi cinquant’anni, abbia messo in pratica le proprie teorie pedagogiche a ogni costo: e se la realtà ha dato loro torto, tanto peggio per la realtà. Il grande trucco, quello che copre tutte le nefandezze, è l’idolatria del metodo: sparisce completamente il discorso su “cosa” bisognerebbe insegnare e imparare, per concentrarsi sul “come”: autoapprendimento, apprendimento tra pari, lavagne elettroniche, tablet, metodologie varie… tutto per non dire che la grammatica ha delle regole, la storia delle date, la geografia delle capitali. Insomma, se si tenta un discorso sui contenuti si è immediatamente tacciati di “nozionismo”, l’insulto peggiore nel mondo della scuola, peggio di “bullo” o “omofobo”, che pure vanno molto di moda.
    Tuttavia, fatte salve le buone intenzioni individuali, di cui sappiamo essere lastricata la via dell’inferno, mi sembra di poter ravvisare anche un piano generale: l’ideologia di un’uguaglianza così estrema, da non tollerare la banale evidenza che ci sono persone più intelligenti e altre meno, persone più o meno portate per lo studio, o più o meno disposte a faticare sui libri. Ogni tentativo di abbassare il livello richiesto, in funzione di una maggiore “democrazia” dell’istruzione, non riesce ad eliminare del tutto le differenze di dotazione e di impegno personale. Così, prima lentamente, ma poi in modo sempre più impetuoso, è iniziata la corsa verso la tabula rasa: non essendo possibile l’uniformità verso l’alto, si insegue affannosamente l’uniformità verso il basso, l’uguale, indifferenziata, invincibile ignoranza.
    La soluzione generale sembra molto al di fuori della nostra portata, interessanti in questo senso sono le riflessioni che da anni conducono pubblicamente due autori come Paola Mastrocola e Giorgio Israel, la soluzione individuale invece è non arrendersi, prendere in mano la situazione, dare libri seri da leggere, idee grandi da annusare, film non banali da vedere… cioè fare un lavoro in famiglia che è duro, faticoso e a volte poco comprensibile dai figli, in prima battuta almeno, ma che dica chiaramente che gli uomini non solo sono capaci di grandezza, ma a questa grandezza sono chiamati, in mille modi. Anche uno spazzino, una mamma, le persone più nascoste e meno note del mondo, sono chiamate alla grandezza: la grandezza del cuore e quella della mente, la grandezza delle mani, l’offerta dei propri talenti a Dio.

  4. Venerdì scorso ho sperimentato le difficoltà del mio figlio maggiore nel districarsi con un semplice tema sulla scelta della scuola superiore. Premetto che lui a scuola non ha nessun problema, anzi è una soddisfazione per me parlare con gli insegnanti. Tuttavia il vederlo arenarsi su un tema semplice con delle tracce chiare che offrivano spunti mi ha fatto cadere le braccia. Dopo mezz’ora mi ha presentato il suo scritto. Mi faceva pietà per la pochezza delle idee, dell’originalità. Mi sono arrabbiato, gli ho detto che era una schifezza, che il voto appropriato era 1. Lui mi contestava che i suoi compagni fanno molto peggio al che mi sono interrogato sui livelli della scuola. Ho digitato su google “Tema sulla scelta della scuola superiore” e ho trovato uno svolgimento già composto, l’ho letto. Era una schifezza pure quello. Nessuna personalizzazione, nessuna creatività. Boh. Ma cosa ci vanno a fare sti ragazzi in classe?

  5. Matteo Donadoni

    Devo dire che non si può non essere d’accordo. Però la domanda è: non si può fare in modo di organizzarsi per recuperare alcuni strumenti che la scuola sembra tralasciare?
    Non so una logica di base, Euclide (ma Euclide) alle medie magari che ne so, la filosofia sembra a livello base, anzichè quel disastro che è la storia della filosofia, una storia che abbia un filo logico, cioè fatta di rapporti causa-effetto?
    Lo i bambini fra settimana breve e un minimo di sport sono talmente impegnati che i miei pomeriggi in campagna se li scordano! Ci sarà pure una soluzione, o almeno una pezza.

  6. “Non sono rari i bambini che[…] hanno tutti i pomeriggi impegnati tra inglese, tennis, pallavolo, danza, nuoto, chitarra e via dicendo; per invitarne uno a giocare bisogna aspettare che trovi spazio in agenda.”

    Di quali bambini stai parlando? Di quali classi sociali? Città? Regioni? Centri abitati?

    Io suggerisco, come antidoto, alla mollezza mentale e fisica, sport, sport, sport e ancora più sport, a scuola e fuori, campi di calcio liberi, a perdita d’occhio, come si vede alle le periferie delle città del Nord Europa. Poi se loro, i bambini, i ragazzi, non vorranno misurarsi nella nobile arte del pallone,(e qui voglio anche menzionare gli oratori come, un tempo, fucine di atleti) che leggano Henry Potter, o anche, meglio, nulla.

    p.s. i nostri vecchi libri di scuola erano, anch’essi, spazzatura !!!

    1. Laura

      Vorrei aggiungere la mia testimonianza.
      Scrivo da una citta’ del nord Europa di prestigio storico ma di media grandezza per la nazione: Leiden nei Paesi Bassi.
      I miei figli fanno le elementari e io li vado a prendere tutti i giorni all’uscita della scuola, cioe’ alle 15.
      Se vogliono giocare con qualcuno al pomeriggio c’e’ una lunga procedura da seguire per arrivare ad un accordo, ad un appuntamento. L’ostacolo piu’ ricorrente e’ il fatto che per una parte dei bambini e dei giorni il genitore non e’ neppure presente. Viene un incaricato del “doposcuola” che ritira il bambino e lo trasferisce in un altro edificio (lasciamo stare il fatto che piova o nevichi devono andarci a piedi o in bici) dove rimane in grossi gruppi disomogenei per eta’ finche’ il genitore lo recupera. A volte in quel frattempo vanno anche a fare attvita’ sportiva, di solito il nuoto.
      Per i resto, quando hai modo di parlare col genitore o un parente o un babysitter privato, c’e’ comunque da contrattare il giorno perche’ ci sono le varie attivita’: spesso lezioni di musica varie, segue il nuoto (nota bene: non per sport ma per motivi ambientali – l’Olanda ha una ferita aperta dovuta alle acque di tutti i tipi- i bambini sono incoraggiati, quasi costretti ad arrivare almeno al primo diploma di abilita’ natatorie che richiede un due anni di nuoto), oppure altre attivita’ meno comuni, come la recitazione, lo joga, la formazione religiosa.
      A me succede persino di accordarmi per un giorno successivo in cui la babysitter privata viene esonerata dal venire a scuola e io glieli riconsegno a casa per cena. Ancora un nota bene: la babysitter privata e le strutture doposcuola non sono un lusso ma una consuetudine. Si preferisce lavorare tutto il giorno entrambi i genitori e pagare qualcuno altro per il disturbo. Vantaggio e’ che il tenore di vita economico e’ molto piu’ alto.
      Quando i figli crescono (mi dicono gia’ verso i 10 anni, vedremo!) vanno a scuola in bici da soli e poi procedono da soli per lo sport dopo la scuola. L’hockey e’ uno dei piu’ comuni. Vedi infatti i campi pieni al pomeriggio. Spesso cosi’ spariscono anche al sabato o alla domenica. Belle famiglie! Ma vedremo che succedera’ a noi, non voglio ancora sentirmi esonerata.
      Insomma, morale della mia favola: io vedo che lo sport e’ anche l’ulteriore scusa per non occuparsi dei figli. Figli tonici ma soli. Io vado con loro a vederli nuotare e mio marito mi invidia e mi sostituisce quando puo’.

      1. Matteo Donadoni

        Forse sarebbe necessario suddividere asilo, primaria e superiori, perchè le esigenze sono diverse.

        Anche alla luce del video di seguito, penso che le famiglie abbiano delegato troppo alla scuola (e allo stato) in passato ma anche oggi, e, di contro, la scuola dato che non è più in grado di educare, perchè ormai non esiste più una formazione condivisa, si limita ad istruire (quando le cose funzionano). Per cui la scuola sforna dei professionisti ma non degli uomini, sono eterni adolescenti professionalmente magari bravissimi, ingegneri, avvocati, ma carenti sul piano umano. Ora, senza fare troppo il qualunquista, mi sembra che la famiglia dovrebbe intervenire di più sulla formazione dei piccoli, soprattutto sul piano dei valori, e per farlo bisogna essere presenti, con i discorsi e con l’esempio. Mentre la scuola dovrebbe pensare meno alla tecnologia e più all’eredità classica che ha fatto grande l’occidente. Lo so, verrò sbranato vivo per questo, ma il PC i bambini lo sanno già usare, 2 o 3 lezioni di HTML a 16 sono più che sufficienti, invece Platone, Omero, Virgilio, Dante non sono app che si scaricano, se non le trasmette la scuola, sono perse. Ve lo dico io che sono sempre stato un lavativo ed ora rimpiango il non avere sfruttato meglio il mio tempo da ragazzo.

        Per quanto riguarda lo sport sono d’accordo col fatto che sia fondamentale purchè il messaggio dello sport non venga travisato, lo sport serve a formare il corpo e a mantenerlo sano, al contempo incanala la naturale violenza umana nell’ordine e nel rispetto. Oggi vediamo bambini bolsi a 8 anni oppure esaltati che passano le giornate ad allenarsi come se lo sport fosso il fine della vita. Va spiegato il fine ai ragazzi. Poi perchè sempre palestra? Spaccare legna non è allenamento (visto rocky?) ? Coltivare non fa bene? Bisognerebbe recuperare un poi degli antichi lavori, che a volte risciacquano la mente con la sana fatica fisica, il sudore, e fanno riflettere sulle cose importanti. Cos’ si molla un po’ il telefonino…

  7. alessandra

    @perfectioconversationis
    mi piace molto quello che hai scritto, soprattutto quando parla dell’umiliazione dell’intelligenza dei nostri figli.

    I nostri figli non vanno ancora a scuola ma vanno ad un asilo nel bosco davvero speciale e li’ ho capito quanto si puo’ aver rispetto di un bambino.
    All’asilo nel bosco (WaldKindergarten)-e che bosco! la foresta nera oggi tutta colorata dall’ autunno- i bambini da 3 a 6 anni passano tutta la mattina nel bosco in qualsiasi condizione atmosferica, anche quando piove o nevica (e qui nevica davvero!!). La cosa sorprendente pero’ non e’ questa. La cosa sorprendente e’ che i bambini non hanno giocattoli ma costruiscono tutto da soli: un rametto a due punte puo’ diventare una specie di sonaglio o delle castagne messe su un filo fanno anche loro la loro parte di accompagnamento alla chitarra e al flauto dei due maestri; si puo’ costruire un ponte tibetano o un’altalena con delle corde e dei rami,ecc.
    Günter, il maestro, lascia che siano bambini a decidere cosa vogliono fare quel giorno e dove, si vota con un sassolino. E, proprio sull’onda dell’interesse personale dei bambini, lui coglie l’occasione per trasmetter loro la bellezza del disegno, come utilizzare una sega per tagliare gli alberi secchi per fare il fuoco quando si trovano al loro piccolo rifugio, le marmellate di mirtilli,ecc

    Capisco che queste cose vi sembrano cose di un pianeta parallelo, ma vi assicuro che qui di questi asili ce ne sono molti e funzionano davvero e io ne sono spettatrice come madre e come prossima (speriamo!!!) pedagogista.
    Chiaramente ci sono anche delle scuole che seguono questa pedagogia. Qui a Friburgo ce n’e’ una che si chiama Kapriole e in Inghilterra c’e’ Summer Hill. La pedagogia di base e’ che il bambino impara solo se e’ interessato altrimenti e’ solo sforzo inutile. Io di questi ragazzi ne conosco un po’ e vi assicuro che non li vedo interessati alla tv perche’ quando non sei obbligato ad imparare spesso succede che scopri davvero un interesse per qualcosa.

    Grazie per l’articolo Costanza!

    1. Alessandra, i bambini tedeschi sono notoriamente più temprati dei nostri e i loro genitori più temerari. Loro credo che applichino alla lettera l’insegnamento di Gibran. “I tuoi figli non sono figli tuoi”. Forse è un luogo comune, forse hanno ragione loro. Noi italiani abbiamo una cultura famigliare un po’ diversa, credo. Sarebbe interessante studiare a fondo questa cultura. Tu forse ci puoi dire qualcosa a riguardo, la tua impressione sulla differenza tra la nostra cultura famigliare e la loro. Però mi ispira questo asilo nel bosco e il nome Gunther evoca lupo Lucio.

      1. alessandra

        La mia impressione riguardo al modo di educare i figli qui al sud della Germania e’ davvero positiva. I genitori non si preoccupano tanto di fare bella figura con le maestre o con le amiche. In Italia, come in Spagna, per non parlare della Francia dove abbiamo vissuto 3 anni, sento sempre frasi del tipo: ” Come si dice?”, “Tu dis bonjour à la dame!”, “Non ti sporcare”, “Sta fermo!”, “Queste sono cose da grandi”, “Composto!” “Addrizza un po’ quel colletto”, ecc.
        Qui queste frasi non le sento perche’ e’ chiaro che e’ un bambino e quindi non puo’ stare fermo, non puoi togliergli il piacere di sporcarsi tutto e se non dice buongiorno gli sorridiamo uguale. Di regole ce ne sono ma poche e chiare e, soprattutto, su cose importanti come: non piu’ di mezz’ora di cartoni, alle 8.00 a ninna, non si entra in casa (di chiunque) con le scarpe :-).
        Uno dei nostri giochi preferiti- dico nostri perche’ anch’io sto recuperando un po’ di infanzia perduta- e’ tuffarci nelle pozzanghere (e’ chiaro che siamo attrezzati con tute da pioggia, ecc).

        Vado al sodo. Ti faccio un esempio pratico per capire il differente approccio al bambino.
        Ero nel bosco per fare l’inserimento in questo asilo. Dei maschietti di circa 5 anni avevano delle seghe fra le mani (e a me gia’ questo mi metteva ansia) e tagliavano degli alberi secchi. Uno di questi alberi mi stava cascando in testa tanto che mi sono spaventata. Il maestro e’ subito corso da quei bambini. Per me era chiarissimo che lui gli avrebbe rimproverati perche’ avevano fatto una cosa davvero pericolosa; lui invece gli ha semplicemente detto:” Ho visto che vi piace tagliare gli alberi. Divertente ,vero?! Sapete io ho una sega molto grande , che ne dite di tagliarne uno insieme?”. E mentre tagliavano insieme questo albero secco lui spiegava come bisognava fare, che era importante guardare chi stava vicino e da quale parte far cadere il tronco; poi si e’ avvicinato a me e mi ha detto sorridendo:” Sai Alessandra solo dando fiducia i bambini imparano; e’ meglio dire sempre le cose in positivo anziché’ rimproverare”.
        Il risultato e’ stato che il messaggio e’ arrivato chiaro su come fare la cosa bene e senza neanche un minimo di tensione.

        Non so se sono stata esauriente, se no fammi altre domande che ho piacere a rispondere

        1. …meglio il bosco che Don Bosco!
          e con questo voglio solo dire che mi piace questo modo di stare con i bambini. Tute antipioggia, antifango, antiurto, e poi poter correre, rotolarsi, esplorare, eccetra, hanno solo cinque sei anni, avranno tempo dopo per stare chiusi e patire.
          Quanto a don Bosco, vorrei dire, io sono andato all’asilo dalle suore cosiddette di Don Bosco, alla scuola Madre Mazzarello, Via Marconi, Firenze, e mi ricordo come mi piaceva le storia della vita di don Bosco a fumetti e quella di Domenico Savio. Chissà dove sono finite? Chissà se esistono ancora?

        2. Sai, noi abbiamo un’amica che viene da Bremen, ha 4 bambini e dopo aver vissuto con loro in Tunisia, Thailandia, India a causa degli spostamenti per lavoro del marito è tornata ad abitare qui. A parte il fatto che i bimbi parlano inglese, tedesco e italiano (la più grande anche il francese), devo ammirare il loro approccio alla vita sempre aperto, gioioso. Per loro è difficile ambientarsi con tutte le fisime degli altri genitori qui, delle nostre seghe mentali (scusami il termine). Quindi capisco quello che intendi.

          1. alessandra

            Non abbiamo ancora un lavoro fisso e quindi purtroppo ci si prospetta un altro trasloco e quasi sicuramente in un’altra nazione, ma quando spunta per caso un posto in Italia ho davvero paura perche’ davvero oggi mi sento un po’ straniera con questa mentalita’ del dover fare le cose in certo modo perdendosi sempre la parte migliore; e poi davvero non riesco a rinunciare a rotolarmi sul prato dalla collinetta ed e’ triste non andare a prendere il latte direttamente dalle mucche

    2. perfectioconversationis

      @ Alessandra: ho sentito parlare anch’io degli asili nei boschi che si trovano in alcun i paesi del Nord, li trovo delle esperienze magnifiche da regalare a bambini fino ai 5/6 anni. Se poi però continua oltre il mito del buon selvaggio, o dell’allievo che decide da solo cosa, quando, come apprendere, si arriva alle storture di una Summer Hill, che io considero un perfetto esempio dell’ideologia che ha sfasciato le nostre scuole. Lo studente che prende in mano le redini della propria formazione non è un caso impossibile, specie se messo in un rapporto speciale con un insegnante carismatico, ma non è la norma. La norma è che l’uomo, e anche il bambino, è ferito dal peccato originale e, lasciato a sé stesso, lascia prevalere la pigrizia, l’ignavia, il minimo sforzo. La trasmissione della conoscenza è anche, non solo, una fatica e non può essere altrimenti. Come in molte cose, il bambino ha bisogno, specie nell’età tra le elementari e le medie, di essere forzato a delle buone pratiche (la memoria, la lettura, le tabelline, la grammatica, l’ortografia, la calligrafia…), solo dopo queste lavoreranno per lui e ne scoprirà strada facendo il piacere. Sì, piacere, perché imparare è duro, ma ogni genitore conosce l’orgoglio dei bambini quando sanno a memoria tutte le capitali d’Europa, o tutte le marche di auto, o qualunque altro elenco di cose.
      La cultura è la trasmissione di un sistema di valori, di conoscenze, di informazioni, ciò che rimane in una persona quando tutti i libri vengono chiusi.
      Esattamente il contrario della tendenza moderna a non dare scale di valori, né vere conoscenze, né precise informazioni: tanto c’è Google, che ci può dire tutto in un secondo. Solo che Google può essere un utile strumento, ma rimane ciò che sta fuori, non dentro di noi.

      1. .perfectioconversationis:
        “La norma è che l’uomo, e anche il bambino, è ferito dal peccato originale …”
        …ecco, mettiamocelo nella zucca una volta per tutte !!!

      2. alessandra

        @perfectioconversationis
        ” il bambino ha bisogno, specie nell’età tra le elementari e le medie, di essere forzato a delle buone pratiche (la memoria, la lettura, le tabelline, la grammatica, l’ortografia, la calligrafia…)” Penso che questa forzatura non serve a niente, ma non lo dico io, lo dice la noia dei bambini. Io ero la piu’ brava della classe e cmq non mi e’ rimasto molto perche’ non ho capito a che serviva e il mio cervello ha fatto spazio ad altro anche se quello che mi veniva trasmesso era importante. Il nozionismo e le capitali a memoria non servono a niente nella vita, c’e’ poco da vantarsi; e’ bello solo se e’ un gioco.
        La Summer Hill non la conosco dal vivo, ma Kapriole che ispira a lei la vedo ogni giorno. Molti si trasferiscono qui a Friburgo per andarci. Conosco una decina di ragazzi che la frequentano (dai 6 ai 15 anni), sono amica delle loro mamme e sono amica di un’insegnate che fra l’altro e’ italiana. Ho ascoltato dei ragazzi che hanno finito questa esperienza e che rispondevano alle domande di noi genitori del tipo:” Ma serve a qualcosa questo metodo educativo? Hai avuto problemi nel continuare gli studi? Sei riuscito a fare davvero quello che desideravi? ecc”
        La cosa che mi ha colpito delle loro risposte e’ che avevo davanti a me delle persone davvero mature, con le idee chiare che avevano capito che se vogliono qualcosa la devono costruire con le loro mani e c’e’ da faticare; dicevano di essersi trovati un po’ a disagio davanti alla domanda di coetanei su cosa fosse il present perfect ,ma che loro pero’ l’inglese lo avevano imparato davvero a Kapriole , che lo parlano correntemente.

        Non e’ proprio un abbandonare il bambino o il ragazzo a se stesso; sono seguiti da un insegnante referente con cui puntano a degli obiettivi da raggiungere entro un certo numero di giorni, i genitori hanno l’obbligo di impegnarsi a lavorare nella scuola almeno due settimane l’anno (cucinare, corso di chitarra, pittura, danza,ecc).

        Se vuoi vieni e vedi. Anch’io ero molto scettica, poi ho visto che chi esce da li’ ha davvero ottimi risultati. Spulcia un po’ su internet magari c’e’ qualcosa anche in italiano.

  8. alessandra

    Ho l’impressione che la scuola abbia perso quella bellezza dello STARE con i ragazzi per TRASMETTERE qualcosa e i ragazzi non sanno piu’ perche’ devono imparare quelle cose li’ che il programma ministeriale ha imposto prima alla maestra e poi a lui. E come come andare a lavorare ma non sai a che serve il tuo lavoro, e’ chiaro che e’ frustrante, non puoi essere motivato

  9. ele86

    Noi siamo ben lontani da doverci scontrare con i nostri figli per il mondo scolastico,ma vediamo e sentiamo i danni perché mio marito da ripetizioni per elementari(e già!!) medie e superiori. Dopo due anni che sento tutti lamentarsi oggi mi è sorta una domanda;ma perché se così tanti genitori sono scontenti non si riescono a cambiare le cose?Quanti sono i genitori in una classe che la pensano come Daniela?
    I genitori dei ragazzi che passano per casa nostra non sembrano interessati molto alla consistenza della scuola, l’importante è che non abbia il debito,o che non debba pesare su di me la sua ignoranza. Se arriva al sei va già bene.

  10. Alèudin

    ottimo la delibera di videogames due gg alla settimana.

    Anche da noi vigono regole simili, abbiamo sentito una amica di nostra figlia dire alle altre che siamo genitori cattivi, proprio perchè non abbiamo ceduto a qualsiasi richiesta fattaci una volta che erano a giocare da noi.

    E’ la prova che siamo sulla strada giusta. 🙂

  11. lidia

    http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=0Or64m3Df-8#!
    (Cristina Acquistapace, affetta dalla sindrome di Down, consacrata dell’Ordo Virginum)
    Questa ragazza dice cose meravigliose. E usa persino i congiuntivi meglio della media delle persone. I suoi genitori l’hanno cresciuta non da disabile, ma da figlia normale, stimolandola continuamente. Ecco ciò che la vera, sana educazione produce: delle persone meravigliose come questa.

  12. giuly

    Dopo 3 settimane dall’inizio della scuola finalmente sono arrivati i libri di testo della prima elementare: con la mia cedolina, trepidante vado in cartoleria per il ritiro. Otto libricini colorati. E’ da un mese che mio figlio fa solo A- E- I. Ora io non voglio mettermi in cattedra a fare un mestiere che non è il mio (quando ci ho provato sulla mia home page di FB mi sono arrivate schioppettate a non finire, giustamente, da chi invece a scuola sta da quell’altra parte della cattedra!). i poveri insegnanti hanno tutta la mia solidarietà umana e professionale. Ma se i libri scolastici sono quello che ho visto…. bè, francamente sono molto sconcertata. Saranno cambiati i metodi, non lo so, ma quando il figlio torna a casa dopo 5 oppure 8 ore di scuola (è iscritto al modulo) curiosa come sono, vado a spulciare i quaderni per vedere i progressi. Forse pretendo troppo, ma io di progressi ne vedo pochi e lentissimi. Allora mi trasformo in una specie di persecutrice alfabetica e con un altro quaderno gli propongo altri esercizi di scrittura. Mio figlio ovviamente sbruffa “ma ho già fatto i compiti che mi ha dato la maestra! perchè devo farne altri?”. Da un lato sento una materna, mollissima, stretta al cuore; dall’altra penso ai ragazzotti che incontro giornalmente e alla loro totale incapacità di mettere in fila le parole per esprimere una frase di senso compiuto, per non parlare della quasi totale incapacità di LEGGERE un brano senza commettere errori, storpiature, accenti improbabili (in chiesa ho sentito un ragazzino di 10 anni dire “diacòno” anzichè “diàcono”….). Uscita dal tunnel pseudo-affettivo-lascivo in cui mi aveva precipitato lo sguardo languido del figlio implorante (che sarebbe corso subito davanti alla tv per seguire l’ultima serie di Ben10) torno me stessa e riapro il quaderno proponendogli almeno di scrivere i dittonghi (non immaginate quanto sia difficile far capire a un bambino che a ed e possono stare vicine).
    Con Daniela Bovolenta abbiamo già passato lunghi minuti al telefono parlando di questo argomento, e siccome lei è decisamente più avanti di me ogni tanto le chiedo suggerimenti e dritte su come insegnare qualcosa ai miei bambini.
    E sottoscivo ogni singola riga del suo intervento qui sopra (noto che lo ha scritto lucidamente alle 3 del mattino, quando io invece ronfavo come un ghiro nel mio lettuccio…. già questo dice la differenza sostanziale tra noi due!). E’ sconfortante vedere la scuola ridotta ad un luogo dove anzichè concentrarsi sui contenuti da trasmettere si proceda solo alla ricerca di nuovi metodi per trasmettere poi cosa? praticamente nulla. Io non demonizzo i tablet o le lavagne luminose, che potrebbero benissimo essere utili (sempre che ci siano le risorse economiche per acuistarli) ma non saremo salvati dalla tecnologia. In Africa, nei paesi più poveri del mondo, ci sono bambini che apprendono lettere e matematica in capanne senza pavimenti mattonati, solo con un insegnante che ha a disposizione una lavagna. Quindi evidentemente non c’è da investire in materiale “struttura”, ma bisogna voler investire sul materiale “umano”.

    1. Matteo Donadoni

      Ti capisco giuly, anche io ho un bambino in prima elementare e, sarà che la maestra è prossima alla pensione, ha gia fatto le vocali, stanno facendo le sillabe ma mi mo me mu. Fortunatamente circa 10 gg prima dell’inizio della scuola ci siamo accorti che sapeva leggere lo stampato maiuscolo quindi non ha problemi. <credo che una parte di responsabilità l'abbiano anche le maestre.

  13. Cristian

    Concordo pienamente (per una volta… :D)
    Soprattutto nelle materie come matematica e scienze, dove c’è applicarsi con un certo rigore mentale, restare concentrati e anche avere un po’ di memoria, ci sono proprio le carenze che Costanza sottolineava nell’articolo.
    La situazione in questo campo è quasi drammatica: la matematica, e le materie scientifiche, sono come un castello a più piani, tutto quello che si fa serve come base per quello che si farà in futuro, e se le basi sono traballanti, sarà difficilissimo andare avanti e rimettersi in pari.
    Esempi: una mia cuginetta in quarta elementare sta studiando ancora (e a fatica) le divisioni e le moltiplicazioni in colonna, cosa che io in seconda già padroneggiavo (lo ricordo bene, dal momento che sono passati “solo” una quindicina d’anni),e non per merito mio, ma del maestro (che, lo confesso, un po’ mi metteva timore :D) . Mi è capitato di aiutare nello studio ragazzi di medie e superiori, con fisso 2 a matematica: vado a indagare quali sono i motivi, e scopro che magari non è nemmeno la poca voglia di studiare, ma la mancanza di basi che avrebbero dovuto essere consolidate ormai da anni e che invece non lo sono affatto.
    Le cause sono molte, e molti commenti qui sopra hanno già ampiamente risposto. Vorrei solo far osservare che oggi troppo spesso i genitori si schierano con i figli quando qualcosa va male a scuola: come se i brutti voti non fossero colpa della poca applicazione, ma colpa dell’insegnante troppo cattivo, o che “ce l’ha con me”.
    E mi è capitato di sentire di genitori che sono andati addirittura a far valere con le mani le (ir)ragioni del figlio sul povero insegnante.
    Ma se sminuiamo così l’autorità del maestro, come pretendiamo che i bambini gli diano ascolto quando spiega? E soprattutto, con che animo un insegnante continuerà a fare il suo lavoro se avrà la consapevolezza che sarà tutto inutile? Insegnare qualcosa a qualcuno è come dargli un pezzo della tua anima, che porterà sempre con sé. E non funziona se tra i due non c’è quanto meno un po’ di rispetto.

  14. giuly

    Matteo Donadonio, sono d’accordo con te! lo sport fa bene ma non deve diventare un idolo.
    Ele86: è verissimo! di genitori come Daniela ce ne sono pochini. O meglio, tutti partono in quarta, che i figli li vogliono messi in riga con lo studio, Poi col passare degli anni si lasciano andare, che il figlio prenda la sufficienza basta che non ci siano rotture di scatole perchè i grandi hanno già le loro rogne sul lavoro, figurati se devono pensare anche ai guai scolastici…..
    Oh, comunque noi stiamo qui a parlare di istruzione, mentre il ministero ci propina in tv un bello spot:

  15. Floriana

    Ho ancora i bambini tutti alla materna per cui ancora non sono troppo addentro ai programmi delle elementari.

    Concordo con l’articolo. Sicuramente il sistema scolastico non aiuta. L’anno scorso mio figlio in un anno ha cambiato 3 insegnanti, e alle elementari pare che possa accadere lo stesso, visto che molti insegnanti non hanno contratti fissi. Alcune di loro conoscono giorni dopo che inizia la scuola, dove sono assegnate. Tutto questo non aiuta sicuramente ad avere una continuità didattica per i bambini. Ovvio che tutto questo accade per i figli che frequentano scuole pubbliche, perchè nel mio quartire, (quartiere Trieste) più della metà dei bambini frequenta scuole private internazionali costosissime! Dove non si capisce che programmi fanno….ma nelle logiche dei genitori sono sempre le migliori…ai tempi miei le private erano le peggiori!!!!

    “Il discorso qui si fa ampio, e ci sarebbe da tirare in ballo il fatto che tante mamme lavorano e preferiscono (o sono costrette a farlo) subappaltare una buona parte del loro compito educativo; c’è poi la questione della scomparsa del gioco libero per strada, in piazza, al parco, che rende necessario riempire il tempo, inventando magari modi artificiosi per far muovere un po’ i muscoli dei bambini;”

    Molte mamme, ed io sono fra loro, non possono permettersi di mandare i prorpri figli alle sezioni in cui si fa mezza giornata….perchè si deve lavorare in due, non per avere un alto livello economico di vita, ma per vivere e ottemperare a tutte le spese mensili senza dover richiedere prestiti…soprattutto quando uno dei due non ha un contratto di lavoro a tempo fisso, e quando poi, non si hanno aiuti esterni da parte dei familiari.E se i nonni non ci sono o se ci sono è come se non ci fossero, e se per vivere si deve lavorare in due, allora è ovvio che l’unico aiuto è quello della babysitter di turno. Se qualcuno ha altre soluzioni io le accetto, ma non tutti hanno le stesse condizioni economiche.

    I miei figli non fanno attività extrascolastiche durante la settimana. Non sono per nulla fautrice dei mille impegni per riempire le giornate e vedere i bambini la sera isterici …è così bello non avere nulla da fare e ritrovarsi a costruire giochi di carta o dipingere in casa.Solo il sabato mattina si va a nuoto per divertirsi un pò, e mentre loro si divertono anche qui vedo genitori “fomentati” nel vedere i propri figli avvicinarsi alle Olimpiadi di nuoto….a pochi anni di vita!!!!
    Forse bisogna chiedersi verso quali “obiettivi” si vuole far tendere i nostri figli, in quale scala di valore si mette la scuola . Ho paura che per molti genitori sia molto più importante che il proprio figlio diventi il futuro Totti e la figlia la futura velina piuttosto che impari qualcosa a scuola e possa costruirsi un futuro e io personalmente ci metto anche, possa conoscere nella sua vita L’IMMENSO AMORE DI DIO!
    I genitori che vedo durante le riunioni di classe della materna sono molto più interessati alle attività aggiuntive extrascolastiche, chiedendo a tutti i costi corsi di ginnastica, inglese (tutto dopo 8 ore di scuola!) piuttosto che su cosa fanno i nostri figli durante quelle 8 ore….
    Io ai miei figli dirò le stesse parole che disse mia madre a me: “la scuola è il tuo lavoro, da qui deriva il tuo futuro e va fatta non bene ma benissimo!”
    Credo però che sia necessario, come è stato per me, vedere che anche i propri genitori sono 2 persone responsabili, che ti mollano a casa solo per necessità e non per i propri hobbies o vacanze. Mia madre ha sempre lavorato per aiutare mio padre, era insegnante e aveva dei turni. Si faceva in 4 per seguire me e mia sorella nella scuola e nella vita. Ci ha sempre lasciato solo per lavorare e non per “farsi i cavoli suoi”…mentre vedo spesso mamme che “devono prendersi il loro tempo, i loro spazi, il loro sport, il loro svago!”. E così il padre…..e così vedi sotto casa adolescienti gironzolare fino a sera tarda (durante la settimana) quando dovrebbero stare a cena a tavola con la propria famiglia, con il cellulare a 10 anni, e la “minicar” a 14 anni magari pur essendo stati bocciati l’anno in corso. Ai miei tempi per avere una bicicletta i miei aspettarono la promozione di quinta elementare con Ottimo. Ora invece se un figlio viene bocciato bisogna consolarlo con un regalo…..

    Floriana

  16. Costanza Miriano

    La stragrande maggioranza dei genitori vuole solo avere meno problemi possibile, meno compiti, meno fatica, più bei voti, e protezione totale dei loro piccoli dalle frustrazioni.

  17. Penso che anche i miei figli abbiano un padre e una madre orribili (non i più, anche perché lascio a voi il piacere d’essere i più). Seguivo un corso di marketing relazionale e mi colpì moltissimo l’affermazione del docente sull’incapacità (nel senso che quella capacità va sempre più riducendosi nei bambini) di concentrazione delle nuovissime generazioni (anche se la mia – oggi quarantenne – è a sua volta inferiore a quella dei miei genitori). E asseriva che ciò accadesse a causa di tutta la tecnologia che hanno a disposizione, che vive sull’immediato, sulla rapidità di successione dell’immagine (pensiamo a DS, a Play Station a Tv), e questo li obbliga ad un approccio rapido ad immagini e input vari, con la difficoltà di restare a lungo concentrati su qualcosa di più lento come ad esempio la natura stessa. Ipse dixit, e io gli credo.
    Stefano

  18. Da insegnante avrei miliardi di cose da dire… ma buona parte le avete già scritte! 🙂 Mi permetto solo di ribadire un paio di concetti già espressi.

    Il primo è questo: con l’esperienza, mi sembra di aver capito che l’insegnante sia l’elemento con il peso specifico maggiore nel sistema scuola: un insegnante che ama il suo lavoro e lo fa con impegno e passione non solo riesce a trasmettere il sapere agli alunni, ma fa amare quel sapere. La questione dei mezzi è importante fino ad un certo punto: posso usare gli ausili più spettacolari, ma se sono demotivato, tranquilli che il mio insegnamento sarà comunque un flop.

    Purtroppo il trovare o meno un insegnante serio, appassionato e motivato è questione di fortuna o sfortuna… nel mio microcosmo, ovvero nell’istituto dove insegno, grazie a Dio c’è un corpo docenti molto valido. Da altre parti so che non è così. Ma la motivazione e la passione non sono requisiti che vengono verificati durante il reclutamento dei docenti. Questa è la realtà in Italia.

    Altro guaio (e questo è il secondo aspetto): le disposizioni che arrivano dall’alto tendono a tarpare le ali anche al più motivato degli insegnanti… anche chi non fa parte del mondo della scuola si sarà reso conto dell’incompetenza di chi ha avuto in mano recentemente le redini dell’istruzione italiana, e delle conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Non si fa in tempo a portare avanti un progetto a lungo termine che… zack! arriva un altro ministro vittima della sindrome del cagnolino (ovvero deve fare la sua pisciatina per marcare il territorio e far vedere che qualcosa ha fatto) che destabilizza il mondo della scuola. Non è per niente semplice.

  19. La sparo un po’ grossa, magari faccio della folk teologia..io trovo,che questa banalizzazione della scuola, questa ininfluenza dei contenuti, questo livellamento al ribasso abbia un ben più triste controcanto nell’impoverimento della messa..nella liturgia tutta prosa, tutta partecipazione, tutta orientata al ruolo dell’assemblea. Così come non mi piacciono le messe bambinizzate, le omelie che sorvolano sul fatto e si diffondono in analogie moraleggianti di “il Signore vuole che ..” Prima di stupirsi e restare senza fiato davanti a quel che Lui ha fatto! Poi, per la scuola, trovo anche io sia vero quello che dite . Io ho due figlie su tre con disturbi generali e forse per la seconda pure uno specifico del l’apprendimento , ma guai a giocare al ribasso. Guai anche alla smania da prestazione. Accettiamo le nostre fatiche, a fatica, e lodiamo per i molti talenti . Che poi in fatto di profondità, di serietà e di intelligenza del senso delle cose non scherziamo! Per questo arrossisco se mi sgambano che ho “liofilizzato” la verità.

    1. Folk teologia? Qow. Comunque è giusto quello che dici sulla liturgia perché una certa mentalità si spande come una macchia nera e sporca un po’ tutto.

  20. vale

    neppure io ho figli.quindi mi taccio. però una settimana fa circa ,tra due adolescenti( da scuola media,suppongo)( ragazze) che si consigliavano sulla -presumo- interrogazione di storia: una dice all’altra: ricordati che l’impero ottomano era in piena decadenza nel 15° secolo, ecc.
    chissà cosa ne penserebbero i Ciprioti( 1570-73), I VIENNESI( 1529 E 1683) e quelli di Belgrado( l’ultima liberazione dagli ottomani nel 1717) ovvero due secoli abbondanti dopo la presunta decadenza dell’imoero ottomano…( e siccome sono scese a metro S.Ambrogio,ho il terrore che andassero dalle Orsoline di via Lanzone. non oso immaginare nelle statali cosa insegnino…)

  21. Alessandro

    “Arriviamo così, cari amici di Roma, al punto forse più delicato dell’opera educativa: trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina. Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. Il rapporto educativo è però anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano.

    L’educazione non può dunque fare a meno di quell’autorevolezza che rende credibile l’esercizio dell’autorità. Essa è frutto di esperienza e competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, espressione dell’amore vero. L’educatore è quindi un testimone della verità e del bene: certo, anch’egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione.

    Lettera di Benedetto XVI alla Diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione

    1. Alessandro

      Cioè di Gesù Cristo, fonte e compendio di ogni valore, “perché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza” (Col 1,19).
      Ogni verità, ogni bene e ogni valore vengono da Cristo, che lo si sappia o no.

  22. Costanza Miriano.
    …una domanda che non c’entra nulla colla Rivelazione e alla quale forse sapresti rispondere:
    Ma Camillo langone anche lo pagano per la manifestazione della sua rustica rancorosità “à la carte”?
    Che però anche c’entra, pensandoci un po’!

  23. elisa

    Io che a scuola ero sempre sulla sufficienza con picchi verso il basso in matematica e verso l’alto in disegno e poco altro (ginnastica), sono molto orgogliosa quando vedo mia figlia fare i compiti, tanti per la quarta elementare. Gli insegnanti pretendono che sappia tutto, senza rimanere mai indietro con una lezione, che bisogna recuperare quando si e’ assenti, o quando non si e’ capita bene. E’ disordinata, ma sta migliorando e non ne faccio un dramma, fa molti errori di ortografia, pazienza li correggiamo insieme. Forse le mamme che sono state studentesse modello non accettano che i figli non siano altrettanto bravi.

  24. Non sono madre ma colgo alcuni mutamenti nel percorso del mio fratello più piccolo. Devo ammettere che spesso la concentrazione manca e i ragazzini sono proiettati molto più avanti dell’età che hanno ( ingenuità, questa sconosciuta!).
    Sarà colpa dei genitori assenti? Degli stimoli tecnologici? ..Io da ottimista spero solo che anche questo cambiamento possa in un modo o nell’altro far sbocciare talenti nuovi e non meno brillanti 🙂

  25. Valerio

    Concordo con Floriana. E poi la “troppa” tecnologia frega ,soprattutto se usata e imposta male,con continue innovazioni senza il gusto di lasciare sedimentare cio’ che si apprende,facendo esperienza ,sia a scuola che nel tempo libero.La comumicazione visiva e orale tra persone-sono fondamentali:così si cresce.

  26. Carlotta

    Commento da mamma e maestra nella scuola primaria.
    Di scuole ne ho viste tante,con e senza LIM, tempo pieno e tempo “normale”,modulo e settimana corta (il precariato ti regala sempre novità e molteplicità), ma senza dubbio quello che ho sempre trovato è l’amore per i bambini che ti sono affidati! potrei essere stata estremamente fortunata,non lo metto in dubbio,ma non credo alle coincidenze nè alla fortuna. Certo è una scuola in estrema difficoltà, sicuramente gli insegnanti stessi sono in difficoltà di fronte ad un cambiamento troppo veloce e senza guida, ma è anche una scuola in cui non ti fermi al libro di testo che molte volte altri hanno adottato al posto tuo,che nel migliore dei casi è il meno peggio di tutti quelli che potevi visionare. E’ una scuola in cui non ti arrendi alla mancanza di mezzi, in cui ti ingegni per portare avanti tutti i bambini, anche chi ti arriva in V senza sapere una parola di italiano e a volte scrivendo solo in ideogrammi (mi è successo!!!). E’ una scuola in cui vuoi trasmettere ai piccoli lo stesso amore per quello che fai, per il posto in cui stai, per il bello che cerchi sempre di scorgere dietro ogni essere umano che incontri e con cui condividi davvero tanto tempo della tua giornata. E’ anche una scuola dai tempi lunghi, controcorrente perchè tutto attorno ti parla di velocità,immediatezza, rapidità.
    E’ soprattutto una scuola che ha bisogno di noi genitori, che ci segue e che si fa seguire, che ci propone modelli educativi da condividere,che ci chiede aiuto, tempo “vuoto” nel quale lasciare i nostri figli nella sana e buona noia in cui-magari!- si accorgano che proprio in quella mensola impolverata sono appoggiati vecchi libri da sfogliare, leggere e rileggere anche insieme, o che nello scatolone delle foto c’è l’occasione per fare domande, per ascoltare racconti, per scoprire il passato.
    Anche noi genitori dobbiamo tornare a scuola, ma in seconda battuta, in questo nuovo modo, nell’essere il solido punto da cui i figli possono partire e tornare continuamente per ritrovare le proprie radici ed arricchirle con quello che gli altri danno in modo nuovo e diverso.

  27. Non ho letto tutti i commenti e quindi mi scuso in anticipo.
    Io credo che una salomonica via di mezzo sia la soluzione migliore, non è retorica è ciò in cui credo fortemente
    Non tutto ció che è del passato va recuperato e non tutto ció che è di oggi va buttato.
    Il vero problema è che sono anni che non si investe sul futuro del nostro Paese che sono appunto i ragazzi e quindi la scuola. Al contrario la scuola ha subito i tagli più grandi.
    Finché non capiamo che un Paese non ha storia né futuro se non investe tutto se stesso nel suo futuro, nei nostri figli, non potrà andare lontano.

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