Il frullatore delle menti

 

da un commento di Daniela Bovolenta al post di ieri .

L’istruzione è, per vocazione famigliare non per mestiere, la mia trincea quotidiana.
Patisco ogni giorno la pochezza dei programmi, la confusione dei contenuti, l’accumulo di centinaia di nozioni sciocche o banali che non ne fanno una importante. Soprattutto l’umiliazione dell’intelligenza dei nostri figli, tenuta sempre al regime più basso possibile.

Più si mettono in campo paroloni e alte aspirazioni – comprensione del testo, mappa concettuale, educazione ambientale, educazione alla cittadinanza…- più i ragazzi non sanno leggere testi che non siano preventivamente annacquati, adattati, omogeneizzati, della matematica afferrano sempre meno i concetti e sempre più le “procedure”, la storia e la geografia sono biscotti troppo sbriciolati per avere un gusto appetitoso. Immaginate una generazione di bambini che non venga mai svezzata completamente, che si fermi al livello degli omogeneizzati a tempo indeterminato: a trent’anni, se prova a mangiare una bistecca e bere un goccio di vino rischia la congestione, certi cibi non si digeriscono più, lo stomaco ormai sa solo assimilare pasti sminuzzati e insapori. Ecco, questo è ciò che fa la scuola con le menti dei nostri figli.

L’impressione è che una tetragona casta di “specialisti” non impari mai nulla dai propri errori e, negli ultimi cinquant’anni, abbia messo in pratica le proprie teorie pedagogiche a ogni costo: e se la realtà ha dato loro torto, tanto peggio per la realtà. Il grande trucco, quello che copre tutte le nefandezze, è l’idolatria del metodo: sparisce completamente il discorso su “cosa” bisognerebbe insegnare e imparare, per concentrarsi sul “come”; autoapprendimento, apprendimento tra pari, lavagne elettroniche, tablet, metodologie varie… tutto per non dire che la grammatica ha delle regole, la storia delle date, la geografia delle capitali. Insomma, se si tenta un discorso sui contenuti si è immediatamente tacciati di “nozionismo”, l’insulto peggiore nel mondo della scuola, peggio di “bullo” o “omofobo”, che pure vanno molto di moda.
Tuttavia, fatte salve le buone intenzioni individuali, di cui sappiamo essere lastricata la via dell’inferno, mi sembra di poter ravvisare anche un piano generale: l’ideologia di un’uguaglianza così estrema, da non tollerare la banale evidenza che ci sono persone più intelligenti e altre meno, persone più o meno portate per lo studio, o più o meno disposte a faticare sui libri.

Ogni tentativo di abbassare il livello richiesto, in funzione di una maggiore “democrazia” dell’istruzione, non riesce ad eliminare del tutto le differenze di dotazione e di impegno personale. Così, prima lentamente, ma poi in modo sempre più impetuoso, è iniziata la corsa verso la tabula rasa: non essendo possibile l’uniformità verso l’alto, si insegue affannosamente l’uniformità verso il basso, l’uguale, indifferenziata, invincibile ignoranza.

La soluzione generale sembra molto al di fuori della nostra portata, interessanti in questo senso sono le riflessioni che da anni conducono pubblicamente due autori come Paola Mastrocola e Giorgio Israel, la soluzione individuale invece è non arrendersi, prendere in mano la situazione, dare libri seri da leggere, idee grandi da annusare, film non banali da vedere… cioè fare un lavoro in famiglia che è duro, faticoso e a volte poco comprensibile dai figli, in prima battuta almeno, ma che dica chiaramente che gli uomini non solo sono capaci di grandezza, ma a questa grandezza sono chiamati, in mille modi. Anche uno spazzino, una mamma, le persone più nascoste e meno note del mondo, sono chiamate alla grandezza: la grandezza del cuore e quella della mente, la grandezza delle mani, l’offerta dei propri talenti a Dio.

115 pensieri su “Il frullatore delle menti

  1. Daniela, grande Daniela, purtroppo quest’esaltazione del metodo ha preso il sopravvento non solo a scuola. Il come trasmettere il messaggio che è più importante del messaggio stesso.
    Lo so, abbiamo già affrontato questo tema, ma credo che sia intimante collegato: il catechismo.
    Ora, da un paio d’anni mi sono buttata nell’avventura di fare la catechista. Prima di tutto mi mandano a fare un corso di formazione in diocesi. Ora, il corso era tutto un imparare le “dinamiche di gruppo”, pazienza se il 99,9% delle catechiste del nostro paese non aveva il Catechismo della Chiesa Cattolica o il Compendio a casa.
    Vabbé, penso, si da per scontato…
    Poi mi mettono a seguire un gruppo di seconda media. Io non sono proprio paziente abbastanza, ma ubbidisco. Settimana scorsa dovevamo fare un incontro. Vado dal sacerdote incaricato dell’oratorio con una proposta. Il tema di quest’anno è “Fidati” e siamo a ottobre, penso ad un testo sulla Battaglia di Lepanto, lo stampo. Appena arrivata lui mi guarda e dice “ho pensato una cosa bellissima: dinamica di gruppo! Facciamo un bel cartellone con scritta la parola gruppo, poi loro devono scrivere intorno le parole che li vengono in mente (…)”.

    Mi cadono le braccia e mi domando cosa ci sto a fare…

    1. Non arrenderti! Anche io faccio la catechista con un gruppetto di appassionati a questa “catechesi dei cartelloni”, ma dopo il primo periodo di scoraggiamento ho iniziato a fare qualche proposta, e ho visto che tutto sommato erano ben accette, sia dagli altri catechisti, sia poi in concreto dai ragazzi. Stai lì con la lucina accesa anche se ti toccherà attaccare tanti pezzi di carta alle pareti…! 🙂

  2. Daniela, hai postato un sunto esemplare e impeccabile sulla deriva dell’insegnamento scolastico soprattutto a livello direttivo. Questo altro non rispecchia se non la cultura dominante degli ultimi cinquant’anni. In questa situazione generale è pressoché impossibile aspettarsi un inversione per cui come suggerisci brevemente tu nelle ultime poche righe, il tentativo di rimedio spetta alle famiglie, cosa comunque non facile perché non tutti hanno gli strumenti intellettivi necessari per fare questo e la forza necessaria per imporre ai figli un fardello apparentemente pesante. Stiamo scivolando verso il basso e questo fa comodo a chi ci governa. La cultura media dei politici, dei giornalisti e di tutti quelli che hanno in mano il potere mediatico in mano lo stanno a dimostrare. E’ venuta meno ogni forma di rispetto verso le autorità scolastiche, gli insegnanti in primis ma sono stati loro stessi a permettere ciò in nome del diritto, della libertà di espressione. Non parliamo poi della mancanza di etica, di decoro, soprattutto nel linguaggio. La volgarità, l’irrispettosità è dilagante e come potrebbe essere altrimenti se guardano qualsiasi programma televisivo. Penso per esempio a “Colorado” un programma comico che spopola tra i ragazzini, quanta volgarità e riferimenti sessuali diretti. Tutto questo marciume entra nelle nostre case e se noi adulti cerchiamo di rimanere saldi nei nostri costumi viene a crearsi un distacco tra noi e i nostri figli, un “non detto”, un’aura di ipocrisia perché loro sanno che noi non vogliamo e noi sappiamo che loro fuori parlano in un altro modo.

    1. exileye,
      penso a quello che hai scritto, in particolare il “non tutti hanno gli strumenti intellettivi necessari per farlo” e mi domando cosa si voglia dire. Non ce l’ho con te, ma volevo capire se non si riferisce al bagaglio culturale di una persona.
      Perché se una mamma legge quello che scrive Daniela si illumina, ma subito dopo le viene il magone. Si pensa “questa è una su un milione, io cosa posso fare? A mio figlio è andata proprio male!”. Poi penso ai talenti, penso che ne abbiamo tutti, che l’importante e non tenerli per sé. Gesù ha fatto degli apostoli dei maestri, ed erano per la maggior parte dei rozzi pescatori.
      Non ci vuole una laurea o un master per fare i genitori, ci vuole dedizione e fibra morale. E volontà, tanta volontà (quella volontà che è nell’amore, quella del “voler bene” autentico).
      Il punto non è tanto se la scuola oggi è peggio di quella di ieri. Ogni giorno ha le sue pene, il punto è che non tutto quello che è nuovo è di per sé buono. Le novità nella scuola non devono distruggere quello che c’era di buono prima. La tecnica non deve sostituire la logica, lo stimolo la memoria, il metodo il contenuto.
      Come diceva Costanza ieri, non dobbiamo demonizzare questi atteggiamenti dei nostri figli, che sono figli del loro tempo, ma dobbiamo insegnare loro a rallentare, a focalizzare su qualcosa. Dobbiamo fare quello che spetta alle generazioni “anziane”, far vedere con altri occhi, da un altro punto di vista. Non è tanto la quantità di informazioni che conta, ma la capacità di elaborare e relazionare il sapere, di metterlo in pratica. Io vedo ben poco di questa capacità nei giovani neolaureati che trovo nel mondo del lavoro (che poi hanno quasi 30 anni)…
      Ora una provocazione: non mi stupisce che il tempo che ha ucciso la figura del padre e di ogni autorità, voglia rendere tutti “multitasking” a detrimento di una visione più focalizzata di ogni cosa.

      1. Hai ragione Daniela, infatti facciamo del nostro meglio ma ribadisco che non tutti sanno discernere nel modo giusto, tanti si fidano della scuola e delle direttive che sono loro proposte.

  3. Ah, si stava meglio quando si stava peggio!! La scuola ai nostri tempi era mooolto meglio. Si imparavano le poesie a memoria. La grammatica ai tempi nostri si che aveva delle regole, non come oggi!!

    Ma ci rendiamo conto di che direzione sta prendendo questo dibattito?

    E permettetemi di confutare l’idea che conoscere le regole a memoria o le capitali del mondo sia una cosa intelligente. La cultura non è un insieme di regole o una lista di capitali.

    1. perfectioconversationis

      @ giacomo lariccia: quello che ho detto un po’ sinteticamente ieri in un commento è ciò che dicono non solo tutte le statistiche internazionali sulla scuola italiana, ma ancora di più l’osservazione della carriera scolastica degli studenti italiani quando arrivano ai gradi più alti di istruzione. Lei ha idea di quanti studenti di liceo classico o scientifico non sappiano leggere Dante, Torquato Tasso o Petrarca? Di quanti di loro non abbiano mai visto una dimostrazione matematica? Quanti non conoscano le più elementari regole della logica aristotelica? O come si citi un autore o si faccia una nota? Come si cerchi un testo in biblioteca? All’università, uguale. Da anni i docenti universitari lamentano che la gran parte dei loro studenti non sappiano comprendere un testo di media difficoltà, meno ancora produrne uno corretto.
      Io non sono una fanatica della memoria, o della scuola di altri tempi, o della disciplina fine a sé stessa, ma ho la forte impressione che ci sia un’ideologia a monte, sbrigativamente potremmo parlare del ’68, più nel dettaglio possiamo parlare di autori come Edgar Morin, che parlano di imparare a pensare, di formare “belle menti” e non menti piene di nozioni. Ora, sarò anche un’irrimediabile nostalgica, ma ho la forte impressione che il pensiero non sia un’attività che si possa svolgere a vuoto, in assenza di dati, come una passeggiata in assenza di gravità nello spazio siderale: il pensiero richiede dati su cui fondarsi, richiede la realtà. E la realtà richiede lo sforzo di essere osservata, cercata, appresa.
      Provi ad osservare una sessione di esami di stato (la vecchia maturità): si renderà conto che semplicemente stiamo perdendo la trasmissione di una civiltà alle nuove generazioni. La responsabilità è ovviamente condivisa: scuola, famiglie, mezzi di comunicazione… ci metta quel che vuole. Ma non è questione di sapere qualche dato a memoria: è questione di avere punti di riferimento, capacità di comprensione, capacità di analisi. Tutte abilità ampiamente assenti a ogni livello sociale. Ora, per quanto riguarda i miei figli e per quanto è in mio potere, è mia intenzione contrastare tale tendenza e lo faccio per un motivo molto semplice: ritengo che sia, insieme alla fede, l’unica eredità che valga la pena di lasciare loro.

      1. Concordo con lei in molte cose. Tranne che i punti di riferimento, le capacità di comprensione e di analisi si possano sviluppare a partire dalle regole grammaticali a memoria o sulle capitali imparate a memoria. Le regole servono agli insegnanti: se questi pensano di passarle agli studenti a memoria e consegnargli cosi una bussola per la vita mi sa che si illudono….

        1. Claudio

          col verde si passa, col rosso ci si ferma.
          E’ una regola da imparare a memoria, non c’e’ altro dietro.
          Posso anche apprenderla per esperienza, con dinamiche di gruppo. Dopo tot incidenti l’imparo. Se sopravvivo.
          Il linguaggio per trasmettere le idee (oltre alla grammatica possiamo includerci storia, geografia, arte, lingue straniere…) e’ una convenzione piu’ complessa, ma concettualmente poco diversa, IMHO.
          Alla fine anche i metodi tanto di moda oggi sono schemi che si diffondono per memorizzazione. Ne’ piu’ ne’ meno che: “soggetto, verbo, complemento oggetto”.
          Ed e’ la scarsa attitudine a memorizzare che ne vede fiorire tante varianti monche e quindi inefficaci…

          1. Si, si….infatti mio figlio di 5 anni (cha ancora non va a scuola ma alla scuola materna in fiammingo) ha imparato a parlare (e parla un italiano corretto utilizzando anche congiuntivi per intenderci) proprio perché ha memorizzato tutte queste regole… ma fatemi il piacere.

            La lingua la si impara per imitazione, le regole servono agli insegnanti che le devono trasmettere nel modo più intelligente e piacevole possibile. Perché studiare e imparare deve essere un piacere.

            Questo apprezzamento masochistico per le tabelle grammaticali a memoria è uno dei motivi per cui la scuola italiana è tanto indietro….

      2. “Da anni i docenti universitari lamentano che la gran parte dei loro studenti non sappiano comprendere un testo di media difficoltà, meno ancora produrne uno corretto.”

        Da che pulpito!!!

        1. Orazio Pecci

          Dal pulpito dell’arcivescovo di Bordeaux (intervistato da Tempi, la scorsa settimana):
          “Vede, mi dice un grande libraio di Bordeaux che spesso arrivano da lui studenti di storia dell’arte a livello universitario che gli chiedono se non ci sia un testo che possa far loro capire certe locuzioni dei loro professori: Ci parlano di quadri sull’Annunciazione, sulla Natività, sul ritrovamento di Gesù nel Tempio. Ma che significa… ci può aiutare?”

  4. perfecticonversationis:
    …stavi facendo un discorso serio, ragionevole, condivisibile, credo, da tutti (ma andrebbe considerata anche la difficoltà del passaggio dalla teoria alla pratica, e non basta dire che è un lavoro duro, una trincea eccetra) quando poi in fondo compare, non si sa come, e da dove, e perché la parola Dio. Che c’entrava in questo caso? Non ce l’hai proprio fatta a trattenerti?

    1. …condivisibile, dicevo, da tutti, in quanto con una logica e un senso. Ma nella sostanza penso che abbia straragione Giacomo Lariccia. I soliti discorsi che i treni erano in orario….

    2. @ filosofiazzero “la parola Dio. Che c’entrava in questo caso?”

      Capovolgiamo? Se Dio non c’entra in questo e in tutti gli altri casi, si sta meglio? Lei non sta meglio, mi pare (a quel che dice…)

      «Abbiamo l’abitudi­ne di smembrare. Se noi europei non vogliamo più conoscere la fe­de in Gesù Cristo, questo è per­ché siamo annoiati dalla nostra propria storia e cultura. La perdi­ta della fede cristiana non è la sem­plice perdita di un culto, ma anche di una cultura. Non solo lo smarri­mento dell’Eterno, ma pure la di­menticanza della storia. Questo si­gnifica che abbiamo svuotato del­la loro profondità le nostre ricchezze artistiche: Giotto, Rubens, il gregoriano, Mozart. E abbiamo svi­lito le nostre idee etiche: la dignità della persona, il rispetto della li­bertà o la bontà della carne.[…]
      Ora, la fe­de non è un qualcosa ‘a fian­co’ della vita quotidiana, un’atti­vità della domenica, un’interiorità vaga di cui ci si prende cura ogni tanto in cappella. Essa è ciò che ci mette in contatto con la sorgente di tutto ciò che esiste. In fondo, è in gioco l’unità dell’uomo. La fati­ca e la noia d’oggi provengono dal­la separazione di queste realtà inseparabili» http://www.uccronline.it/tag/fabrice-hadjadj/

  5. vale

    a no? allora illustraci te,con qualche esempio cosa sarebbe la cultura( in subordine l’erudizione e sotto ancora il nozionismo),
    per adesso ti sei limitato a dire che la cultura non è qualcosa.servirebbero delle argomentazioni per confutare qualcosa. affermare il contrario e basta non è una confutazione. è un’affermazione che ha lo stesso valore-se non corroborata da ragionamento e fatti-dell’altra.

      1. vale

        vedi Alvise,
        sulla “cultura” , a quanto pare, oramai, ognuno ha la sua definizione.
        per cui anche se uno ha nella zucca che il sole gira attorno alla terra-o che la terra non gira,o bestie( come ricordava il Paneroni) la si può chiamare cultura( nel caso di Paneroni: patafisica) è “cultura”
        ma se uno mi parla di confutazioni( e pure se bi o tri laureato ) e poi fa affermazioni( né apodittiche né scientifiche) c’è qualcosa che non mi torna…

  6. Giuseppe

    … il concetto deformato di “democrazia”, cioé “io valgo quanto te” sempre e comunque: lo affermava già C.S.Lewis, nel Brindisi di Berlicche, e lo scriveva a metà del secolo scorso, insieme con altri concetti incredibilmente profetici e comunque validi anche oggi.
    Educare (portar fuori da … per condurre a …) è un compito che richiede sacrificio, nel senso che fa di noi genitori dei “sacri facitori”, che compiono un servizio santo, bello e difficile (ancor più ai nostri tempi, dove i bimbi sono bombardati da una cultura estranea all’esser di Cristo, spesso a partire dall’educazione scolastica). Per compiere un servizio santo bisogna diventare santi.

  7. Cori

    Premetto che ho dei bimbi ancora piccoli (la prima ha iniziato quest’anno la scuola materna), quindi non so per vissuto dei miei figli com’è la situazione nel mondo della scuola. Leggendo il post e i commenti di ieri mi sono posta questa domanda: ne vale davvero la pena mandare i figli a passare così tante ore in una scuola che non istruisce, per poi dover lavorare così tanto con loro a casa? Non ci sono delle alternative a questo? So che ad esempio negli Stati Uniti, anche per questi motivi (scuola pubblica di scarsa qualità e invadente dell’interiorità dei bambini per tanti aspetti) si è sviluppato il fenomeno dell’ homeschooling. Mi chiedo se una cosa di questo tipo sarebbe possibile anche in Italia oppure se conoscete altre alternative già praticate.

  8. Raffaella

    Carissimi, davvero l’educazione è la nostra (di madri assetate di senso e significato per i loro figli) trincea quotidiana.
    Io sono così stanca in questo periodo in cui l’ultimo dei miei figli ha iniziato le scuole medie che sono tentata di licenziarmi ed educarli a casa!
    Dopo un primo figlio scoraggiato dalla banalità delle proposte e “viziato” al miglior risultato col minimo sforzo (“Ma signora, lei è davvero troooppo esigente con suo figlio, lo lasci stare, vedrà, ce la farà lo stesso” e lo credo bene…),
    il secondo definitivamente stritolato negli ingranaggi di una scuola d’arte che gli ha insegnato che l’agitazione delle masse con fumogeni colorati e frasi stancamente fatte e supinamente ripetute è la massima aspirazione per un artista del ventunesimo secolo (col risultato che ha girato le spalle alle scuola e si è ficcato in bottega con un artigiano le cui mani almeno sanno cosa fanno).
    Alle prese con una figlia modello (e modello liceo classico) che soffre della miseria umana dei docenti e per questo resta antipatica (ai professori), ora alle medie, nel volgere di soli 5 anni, ho notato uno scadimento tale che non riesco più ad inserirmi nella “comprensione” di alcunchè, fatico ad aiutarli ad imparare insulsi specchietti tecnologici che hanno il solo scopo di spiegare cos’è un “presente storico”, mi rifiuto di problematicizzare con illustazioni la condizione della donna nel Medioevo (se non ti hanno manco insegnato quando inizia e quando finisce l’età di mezzo), non accetto di teorizzare sul risparmio energetico se non sai prima come e perchè si accende una lampadina.
    I libri sono peggio di quelli illustrati per l’asilo che acquistavo nel lontano 1993. Se proponi un approfondimento hai contro: la totalità dei professori che ama le critiche costruttive come una pestata sui calli, l’unanimità dei genitori che temono di essere coinvolti e l’odio perrenne dei tuoi figli. Sono i docenti che abbassano il tiro, i primi, per pigrizia, noia, stanchezza. Mi verrebbe voglia di aprire una scuola privata…

  9. Raffaella

    “Perenne”, scusate il refuso da tastiera obsoleta… e, a proposito, sono in perfetta sintonia con Daniela, lavoro come bibliotecaria in una biblioteca universitaria (giuridica, per di più) e mi occupo dell’assistenza ai laureandi nella compilazione delle bibliografie e nella ricerca bibliografica. Non ha parole per descrivere l’abisso che in questi 28 anni di carriera ho attraversato. La settimana scorsa sono arrivati un paio che, alle soglie della specialistica, non distinguevano un contributo in un periodico da una monografia, non conoscono la graduazione delle fonti e non sapevano come si cita una rivista elettronica. Lasciamo stare, verrebbe fuori un libro di barzellette.

    1. @ Raffaella: non sono una bibliotecaria, solo un’utente ma alla Nazionale di Roma, un giorno che il catalogo online non era accessibile, mi è capitato di dover aiutare uno studente universitario imbarazzato dall’ordinamento alfabetico dello schedario a cassetti.

  10. Propongo una definizoine di cultura: la cultura serve a capire il mondo, riuscire ad interpretarlo.

    Se concordiamo su questa definizione è molto più utile riuscire a utilizzare un computer o un motore di ricerca che imparare e memoria le regole e le capitali (attenzione non dico non saper parlare).

    1. Signor Lariccia, saper usare una macchina non significa capire il mondo. Mettiamo che lei abbia una Ferrari e sia capace di guidarla. A che le serve, se non sa dove andare?
      E poi non mitizziamolo, ‘sto benedetto computer, macchina stupidissima. Chiunque può imparare a usare un computer, indipendentemente da età, sesso, quoziente intellettivo, nazionalità, ceto e censo. Imparare a suonare il piano come Mozart o a dipingere come Caravaggio è già più complicato.
      Idem per i motori di ricerca: non si tratta tanto di saper usare la macchina, ma di sapere dove si vuole andare e perché. E se si dovesse fare una scommessa a chi è più bravo a usare google, dovendo scegliere tra un nativo digitale e un/a ultracinquantenne che si è fatto le ossa (e la tesi) sui cataloghi a schede di carta, ha imparato poesie a memoria e sa distinguere il Vulture dal Volturno… beh, io punterei sul secondo.

      1. Raffaella

        Davvero!!! Approvo la superiorità del cinquantenne (me…?) modello schedina bibliografica e dos con schermo a fosfori verdi sul nativo digitale. E’ scientifico: avete mai visto dei ragazzi impegnati con l’esame per l’ECDL? Vi assicuro che non sanno davvero usare un pc per i mondi che spalancherebbe loro. Nè meno che mai Internet. E’ verissimo sono ragazzi senza patente con Ferrari tra le mani.

    2. perfectioconversationis

      Lei crede davvero che il punto sia usare un motore di ricerca? Ma allora i nostri figli sono già tutti coltissimi… O il problema potrebbe essere avere degli strumenti per discernere in quel che si trova, con quel motore? La definizione minimale che lei dà, come può mettere i nostri figli al riparo dalle cattive argomentazioni della politica o della pubblicità? Dai deliri para scientifici di un gruppo ufologico contrapposti a vere affermazioni scientifiche? E senza poter davvero leggere e comprendere testi complessi, davvero avremmo a disposizione tutto quel ci serve per poter comprendere il nostro mondo? E’ sempre tutto facile, immediato, privo di sforzo? Lei delinea una cultura da show televisivo e da schermata di wikipedia, da creduloni mediatici… che, tra parentesi, potrebbe essere precisamente l’obiettivo di chi da decenni smantella la scuola. Le faccio alcuni esempi: lei è un musicista, se capisco bene. Dunque, in Inghilterra e in Germania c’è una gloriosa tradizione di cori di voci bianche: bambini in età della scuola primaria studiano musica ogni giorno per raggiungere livelli di grande eccellenza. Converrà che per i bambini ciò richieda sacrificio e sforzo, inoltre non tutti saranno ugualmente dotati e appassionati, però si richiede loro di tendere a modelli di eccellenza, non si concede che, per fare minor fatica, il repertorio passi da Haendel allo Zecchino d’Oro o al coro parrocchiale. Nello sport, lo stesso. C’è un allenatore, richiede sforzi, stabilisce dei livelli da raggiungere. Nessuno si sognerebbe di chiedere minor sforzo, è evidente che corrisponderebbe a minor risultati. Solo la scuola da quarant’anni abbassa il livello, lei crede davvero che questo corrisponda a una maggiore capacità di comprendere il mondo?

      1. Raffaella

        Scusate la logorrea ma questi argomenti sono per me una ghiottissima provocazione. Come professionista di documentazione e mamma non ce la faccio a stare zitta… Daniela è prorpio nel giusto! Il mio sogno sarebbe insegnare ai giovani la ricerca autorevole sul web, dovrebbero inserirla come materia scolastica oppure rinunciare a far usare il pc ai ragazzi. Chi si sognerebbe di chiedere un tema sull’effetto serra ad un ragazzo che non abbia mai preso in mano un lapis? Chi farebbe fare esercizi sul quadrato del binomio a chi non sa distinguere i numeri? Invece a scuola sciacquiamo l’ignoranza nei collegamenti ipertestuali e deleghiamo faticose spiegazioni al cd allegato al libro (a casa mia si perdono TUTTI mentre i dvd di Matrix rispuntano ovunque, sarà che i ragazzi sanno cosa vale?) Sono sempre stata molto tecnologica e non me ne vergogno (già nei lontani anni ’80/’90 la mia tesi era di informatica giuridica e sono sicura che la lode me l’abbiano data più che altro perchè avevano paura di farmi domande…) ho lavorato al primo CED della Cassazione come volontaria. Vi assicuro che la faccia amichevole del web 3.0 è come meterre il fondotinta su una cicatrice non disinfettata. Laboratori servirebbero a scuola ma qualificati e fatti da gente che sappia almeno che succede quando pigi “enter”

    3. ele86

      Non sono d’accordo. Non mi ritengo una persona molto acculturata e in tante cose forse sono nella media dei ragazzi di oggi. Ti assicuro che aver fatto tre cicli scolastici (elementari medie e superiori) dove tutte le prof di italiano avevano come mantra “la grammatica non serve a niente” nel tempo si sente. Per me è una fatica immensa leggere e comprendere Dante ma mi piacerebbe farlo, leggerlo. Anche questa è cultura. Non so se mi è utile ma mi piace. Di certo non serve al mio lavoro (infermiera) ma serve a me ad ampliare la mia mente a conoscere e forse in parte anche a capire e interpretare il mondo. Ma se non ho le basi per leggerlo e comprenderlo (dante come un qualsiasi altro testo) se sono vuota con che cosa capirò e interpreterò il mondo?
      Quelle insegnanti mi hanno fatto del male e ne hanno fatto a loro stesse. Mettere fuori nel mondo studenti senza basi forti si ripercuote su tutti anche su quella insegnante che un domani si troverà davanti un medico (un medico!!)che le parlerà e non capirà nulla ne di ciò che dice e scrive (lettere di dimissioni in cui non ci sono verbi!) Ti assicuro che ce ne sono tanti.
      Anche la memoria ha il suo peso, negli ospedali oggi tutti hanno tutto connesso con un iphone, anche il giusto dosaggio di farmaci, ma quando sei in un’emergenza non hai modo di controllare. Gli specializzandi che arrivano in reparto spesso hanno difficoltà fortissime sulla memoria, incapaci di tenere a mente due pazienti in contemporanea. Questo si allena molto da piccoli, dopo è più difficile, molto più difficile.

      1. @ ele86: ma lo sai che quasi quasi mi verrebbe voglia di fondare un club della lettura via blog? Aperto solo agli interessati, si sceglie un libro, si stabiliscono i tempi, si legge e poi ci si aiuta vicendevolmente a capire di che si tratta, come funziona, cosa c’è dietro. Anni fa mi è capitato di partecipare a delle vicende così ed è stato molto piacevole. Oh, io la butto lì senza impegno, ma magari se ci sono interessati, si potrebbe provare a vedere come va…

          1. [scusate l’OT, rispondo a ele86] Mah, anche a me è venuta in mente un po’ così… Comunque, in base alla mia precedente esperienza si mette insieme un certo numero di persone (più di due, sennò la cosa non è divertente…) davvero interessate a leggere insieme un dato libro, dedicando un certo tempo a ogni capitolo e relative richieste di chiarimenti, approfondimenti, spiegazioni varie. Si crea un punto d’incontro,mailing list o blog, si fa un calendario di lettura e si parte.

  11. un attimo…io ho criticato chi proponeva come apice della cultura e dell’insegnamento le poesie, le regole grammaticali o le capitali imparate a memoria e contrapponevo invece strumenti (che mi sembrava fossero demonizzati) come l’utilizzo delle tecnologie.
    E’ evidente che utilizzare un motore di ricerca vuol dire sapere come si fa una ricerca, l’utilizzo delle parole chiavi e soprattutto saper scegliere tra le migliaia di risultati.
    Nella mia vita mi è capitato di vedere adulti (cresciuti con le poesie, le capitali e le regole grammaticali a memoria) andare nel panico davanti ad un risultato di una ricerca (fatta male). Si mettevano a leggere tutti i risultati oppure prendevano automaticamente il primo.

    Lungi da me lo scoraggiare lo studio, la costanza, lo sforzo, il sacrificio.

  12. Esempio: ho degli studenti che in 10 minuti imparano ad utilizzare un programma per costruire modelli in 3D. Ora, invece di criticare il fatto che non conoscono le capitali a memoria, bisognerebbe partire da queste enormi capacità che gli saranno molto più utili delle capitali.

    Dobbiamo arrenderci al fatto che il mondo è cambiato e che non esiste migliore mondo di questo (anche perché è l’unico).

    Essere cristiani oggi non vuol dire lamentarsi che il mondo non è come quello di una volta, che quando ero giovani io si che si stava bene, che i giovano non seguono i nostri stessi percorsi educativi, che, signora mia, non c?è più educazione, ma vuol dire amare il mondo come è e cercare di essere terreno fertile, granello di senapa, esempio per gli altri. Senza lamentarsi e rimpiangere un mondo che non c’è più (e che sfido a dimostrare che fosse meglio dell’attuale).

    1. Raffaella

      Giusto! Siamo noi adulti che, in questa generazione di passaggi velocissimi, non abbiamo saputo cavalcare la tigre. Però resto dell’idea che non si possa bere supinamente il web 2, 3 o 10 senza avere basi e tanto meno propinarlo come panacea. Dovremmo essere capaci di e-ducare al meglio le loro intelligenze così diverse dalle nostre. Le intelligenze che si formano sulle immagini anzichè sulle parole. Ma temo che la scuola non abbia saputo assolutamente governare il cambiamento, lo subisce come pigrizia. E noi potremmo essere anche un tantino più critici ed esigenti. I ragazzi hanno nuove potenzialità ma noi sappiamo aiutarli a svilupparle?

    2. Sul fatto che «essere cristiani oggi non vuol dire lamentarsi che il mondo non è come quello di una volta, […] ma vuol dire amare il mondo come è» mi permetto di raccomandare qualche distinguo. Un po’ perché amare non vuol dire lasciar fare all’amato tutto quel che gli pare, anche ciò che è inutile o perfino dannoso (anzi, ci sarebbe quella tal questione delle opere di misericordia spirituale, alcune delle quali impegnano il cristiano a consigliare e insegnare). E un po’ anche perché da “amare il mondo come è” a divenire schiavi del mondo il passo è diabolicamente breve. Talvolta anche per chi è animato dalle migliori intenzioni.

  13. admin

    ATTENZIONE!!!
    mi hanno segnalato la presenza di pubblicità NON AUTORIZZATA sul blog. A me non è mai capitato ma se anche voi doveste visualizzare messaggi pubblicitari siete pregati di segnalarmeli, e se qualche esperto di web può provare a spiegarmi come questo possa essere successo.
    Grazie

      1. admin

        ora li ho visti anch’io, purtroppo entrando come ADMIN i messaggi non vengono visualizzati.
        Chiedo scusa speriamo di poter risolvere velocemente.

    1. Anch’io l’avevo notata l’altro giorno. Pensavo fosse un salto di livello dovuto alla fama e alla possibilità di arrotondare:-)

      1. admin

        no figurati che arrotondare, tempo fa abbiamo anche rifiutato l’offerta di una libreria rispettabilissima e cattolica (La libreria del santo) in cambio di uno sconto del 15%

        1. 61Angeloextralarge

          Anche io l’ho notata l’altro giorno, ma solo una volta. Quando sono tornata altre volte nella giornata, non c’era più.

  14. Erika

    Non posso non essere d’accordo con quanto scrive Daniela.
    Il problema esiste: la cultura è sempre più omogeneizzata, predigerita. Non si è più disposti a dedicare tempo e fatica allo studio di un testo che non sia già sintetizzato-elaborato-“masticato” da altri.
    Credo però che parte del problema sia proprio l’aver spogliato gli insegnanti di qualsiasi autorevolezza.
    Io non ho figli, ma dovunque mi giri sento genitori profondamente convinti di sapere cosa e come si dovrebbe insegnare a scuola.
    Dall’intellettuale di sinistra che butterebbe via Manzoni alla signora Raffaella che non ritiene degni di troppa attenzione il concetto di presente storico o la condizione femminile nel MedioEvo, il minimo comun denominatore è la scarsissima fiducia che si è disposti ad accordare a maestri e professori.
    La mia impressione, da “esterna”, è che questo fondamentale disprezzo per gli insegnanti da parte dei genitori in qualche maniera finisce per estendersi ai figli, che non sono più capaci di fare gli allievi, cioè di spogliarsi della propria presunzione e accettare che qualcun altro possa sapere qualcosa che tu non sai.
    E, per quella che è la mia esperienza, imparare l’umiltà è assai più importante di un’ottima formazione accademica.

    1. Erika: non per fare l’avvocata non richiesta di Raffaella ma mi pare chiaro che ciò cui obiettava non erano i SOGGETTI insegnati (presente storico o condizione femminile nel medioevo) ma il MODO farraginoso o eccessivamente complicato di insegnarli, per esempio mediante “insulsi specchietti tecnologici” nel caso del presente storico o con illustrazioni “problematizzanti” nel caso dell’altro tema.
      Confesso di nutrire qualche curiosità a proposito delle illustrazioni problematizzanti – che è? roba alla Voyager 😉 ?
      Quanto al presente storico, per far capire cos’è basterebbe far vedere agli studenti una qualsiasi trasmissione di Maria De Filippi che usa solo quello anche de deve descrivere la battaglia delle Termopili.

      1. Raffaella

        grazie. In effetti è vero che gli insegnanti hanno perso un pochino di “appeal” sui ragazzi ma non credo dipenda soltanto dall’atteggiamento dei genitori. Piuttosto da un generale calo nel rispetto dei ruoli autorevoli (che poi non sono quelli autoritari) chi non rispetta i prof a volte non rispetta neppure i propri genitori. C’è un bel proverbio che ripetiamo sempre a mio marito (onde demolire un po’ la sua autostima): “Chi sa fa, chi non sa insegna”, mitigato dal più speranzoso “Chi non sa fare non sa neanche comandare”. Vale anche per noi genitori, ovviamente.
        p.s. le illustrazioni problematizzanti sono tra le cose che non abbiamo capito neppure in Consiglio di classe, ma per ora non ce le hanno chieste…

  15. vale

    no frequento abitualmente insegnanti( do ogni ordine e grado), ma qualcuno ne conosco: che si sentano,per così dire, sottovalutati e “negletti”, viste le condizioni attuali è possibile. che ci siano, e fra i più giovani, “insegnanti” che non ne hanno un’idea di quel che dicono e pretendono di insegnare, mi pare altrettanto possibile. se non certo.

  16. Giusi

    E’ apparsa anche a me e infatti mi ero stupita. La Libreria del Santo lo sconto del 15% lo fa pure senza contropartita, poteva almeno offrirvi qualcosa in più! Stamattina mi è arrivata una mail che proponeva Enzo Bianchi, Ravasi e il Cardinale Martini con quello sconto. Mancava giusto Mancuso. ‘Sto giro salto. Compro qualcos’altro a prezzo pieno!

    1. admin

      non abbiamo voluto non perché ci sembrasse poco il 15% ma perché non volevamo nessuna forma di pubblicità. Figurati la nostra sorpresa nello scoprire che sul blog si pubblicizzava di tutto, perfino un outlet di perizioma!!!!
      Comunque il problema lo abbiamo risolto (pagando…)

  17. “Anche uno spazzino, una mamma, le persone più nascoste e meno note del mondo, sono chiamate alla grandezza: la grandezza del cuore e quella della mente, la grandezza delle mani, l’offerta dei propri talenti a Dio.”

    …ecco, mettiamo che un genitore a un consiglio di classe facesse una affermazione come questa sopra, allora che potrebbe succedere?
    1) Che tutti cercassero di mettersi d’accordo (anche con gli insegnati) sull’offerta dei propri talenti.
    2) Che tutti si impegnassero a trovare in che modo i programmi e i libri di studio potrebbero far fruttare questa offerta suddetta.
    3)mettersi, comunque, nelle mani di Dio che tutti illumini e guidi.
    4) Il che non risolverebbe i problema, che c’è sempre stato e sempre ci sarà, dei professori bravi e capaci e intelligenti e generosi e partecipi (possibilmente, in questo caso, credenti, ma potrebbero anche essercene non-credenti)dei libri seri e ben fatti, degli orari, dell’ora di religione, dei laboratori, dei tecnici dei laboratori, dei fondi per le varie attività extrascolastiche, gite, visite ai musei, cinema, teatro, eccetra, dei preti che dovrebbero essere ammessi come uditori alle classi e poter, eventualmente, correggere, e instradare, dei preti frati suore che non dovrebbero assolutamente mettre piede nelle scuole etc etc etc……Meno male che ci pensa la Provvidenza!!!

  18. Entrando solo e solamente per un attimo nell’uso della tecnologia e nel
    quasi azzeramento delle capacità mnemoniche, ma anche di sintesi e di
    selezione delle nozioni, è in dubbio che ci troviamo difronte ad un
    serio problema che credo sia solo all’inizio rispetto da una parte degli
    indiscutibili vantaggi, dall’altra dei deleteri risvolti (l’esempio di
    ele68 sui giovani specializzandi e assolutamente calzante).

    Il problema grosso, e difficile da arginare, se non con singoli
    personali scelte è la velocità esponenziale con cui la tecnologia
    “multimediale” e di tutto ciò che attiene alla Rete che ormai non è solo
    internet.

    Dal banale navigatore dell’auto, un tempo accessorio “mitico” (come lo
    erano i primi telefoni mobili – una vera valigetta da portarsi
    appresso!) che ora sono quasi di serie su qualunque autovettura. Questo
    “semplice” e utilissimo accessori, ci evita di tenere a mente vie, nomi,
    strade, riferimenti, non solo mnemonici ma anche visivi e arrivi dove
    devi arrivare (prima certamente e con meno stress, ma la seconda volta
    che ci torni… usi di nuovo il tom tom!)

    Ci sono già applicazioni per smartphone, dotati di video camera, tramite i quali visualizzato il tal monumento
    o opera d’arte, ti raccontano vita, morte e miracoli dell’ “oggetto” in questione.
    Certo un bell’aiuto, ma questo disincentiva i più, dall’approfondimento di ogni ordine e grado.

    Che dire quando la tecnologia sarà inglobata nella giacca o negli occhiali che indosseremo?
    Non è fantascienza… con un occhio guarderemo intorno, e con l’altro un film, il web, chissacche…

    E’ la velocità con cui questo sta avvenendo che ci coglie sempre impreparati (tranne giusto i nostri figli)
    e non esiste una “storicità” ancora in grado di valutare l’effettiva portata di questi cambiamenti.
    In bene si spera, ma i possibili “in male” sono molti.

    Giacomo innanzi scriveva dei suoi studenti che maneggiano con abilità software 3D con cui si può creare di tutto… io utilizzo questi software per lavorare, ma sono della vecchia guardia, matite e pennelli e ore spese nelle biblioteche o nelle librerie a fare ricerche su materiale di riferimento visivo, certo ora con google trovi il mondo, ma molti dei giovani creativi oggi, non sanno nulla di storia dell’arte, del design, dell’architettura. Non costruisci il nuovo senza le radici del passato (vale anche per la Fede).

    Anche nel campo dell’intrattenimento cinematografico, mi diceva il direttore di una delle più quotate riviste del settore 3D, che di ragazzi che “modellano” in 3D ne trovi a pacchi, quello ad esempio le casa di produzione cinematografiche cercano, sono persone che abbiano idee, che sappiano immaginare paesaggi fantastici ma credibili e così via.

    La fantasia haimè non si alimenta, passando ore ore dietro un monitor a “bere” immagini o informazioni in modo indifferenziato…

    Scusate se sono magari un po’ OT e (sembra, ma solo sembra) questo discorso non centri con alcun che di spirituale.

    P.S. Anche seguire e partecipare un blog, è interessante, ci si confronta, ma alla fine… alla fine molti di voi li vorrei conoscere personalmente (compreso il buon Alvise), perchè è dai rapporti umani che l’Umanità viene arricchita
    e anche “fa cultura” (la storia insegna).

  19. vale

    scusate, il computer,smartphone,tablet,e tutti codesti anglicismi di… sono solo strumenti che accellerano l’accesso e la “fruizione” di informazioni. se uno non sa come utilizzarle non ci fa un tubo. potrebbe benissimo progettare con un software grafico un ponte tra sicilia e tunisia, che se poi non sa ( a memoria almeno in parte) che materiali, la loro resistenza a torsioni e tensioni, carichi di rottura, utilizzareecc. non se ne fa nulla.
    ha fatto solo un disegnino.
    quando ho messo mano al guzzone california che ho,aiutato da un 22enne tutto computer ed appassionato di motori, non sapeva fare un tubo. tutta realtà virtuale….fatti pochi. e non sapeva neppure le basi( reali) di come si pulisce ,smonta o rimonta un carburatore.
    uno dirà: glielo insegni te. bene. ed allora,a scuola,se non sa che fra realtà virtuale e vita vera, tra teoria e pratica( la grammatica inclusa: cosa significhino i termini del volgare dell’epoca rispetto all’attuale, applicati alla lettura di Dante citata da ele 86 ) che ci va a fare?
    come al solito l’Alvise ci dice che ci son quelli bravi e quelli meno( insegnanti),che ci son quelli bravi e meno( studenti) e pure i genitori bravi o meno. e che è sempre stato così.
    un tubo. è sempre stato così.
    quando la vita concedeva molti sconti in meno di oggi, le cose o le imparavi a modo o avresti fatto una vita grama e molto.
    e chi insegnava ,trasmetteva conoscenze. e dati. che poi tu elaboravi a tuo modo,anche. ma te li dava.
    oggi insegnano la teoria delle tecniche dell’apprendimento senza apprendere nulla.
    le metodologie. e le opinioni delle opinioni.
    chiacchere.non fatti.dati.storia.regole.scienza.

    1. “quando la vita concedeva molti sconti in meno di oggi, le cose o le imparavi a modo o avresti fatto una vita grama e molto.”

      …di quale epoca esattamente stai parlando che non concedeva sconti? …e poi, anche oggi, se non raggiumgi quella che viene chiamata l’eccellenza, se non hai frequentato le scuole d’eccellenza. la Bocconi, o Oxford, o il MIT, e altre di queste mitologie del nostro tempo (che hanno prodotto i Monti, le Fornero, etc!!!) se non sei riconosciuto come eccellente(senza necessariamente esserlo) (e poi chi è eccellente, non sei eccellente te, Vale, e Alessandro, Giuly, Perfectio, admin dai cento volti, Andreas, Cyrano, Bariom, Alessandra, Extralarge, Raffaella, erika, SantEmidia eccetra e perfino Velenia e Fefral?)non resti, davvero, un pezzente a zonzo?

      1. Raffaella

        Bene, vedo che il tono dei commenti, da una sincera preoccupazione sul futuro di chi viene mal-educato (e sfido qualsiasi genitore a sostenere che passando 8 ore al giorno a scuola i suoi figli ne siano usciti migliorati), tende a scadere sul personale. Dunque vi libero dalla mia (inesistente e irriverente) eccellenza anche se noto con piacere che i temi dell’educazione non lasciano insensibili. Pensare che dopo 14 anni da quando il mio primo figlio ha messo piede in una scuola, pensavo di essere in esigua compagnia…

  20. Amedeo

    Per distruggere la capacita’ della gente di pensare con la propria testa, devi agire su due fronti: 1. sulla distruzione della parola e del suo significato (e quindi il concetto che ci sta dietro) e 2. sulla capacita’ di mettere in relazione le varie parole/concetti e quindi di elaborare un pensiero.
    Il primo si realizza alterando il linguaggio e sostituendo le parole con delle sigle (es. ivg al posto di aborto) o con dei sinonimi (che, pur essendo simili, sono comunque termini e quindi concetti diversi); il secondo fornendo un sistema di fruizione dell’informazione che non ne richieda l’elaborazione da parte del ricevente (es. i libri scolastici con gia’ la frasi sottolineate o i grandi motori di ricerca su internet).
    Scopo di cio’, a mio avviso, e’ quello di distruggere la capacita’ relazionale delle persone (non piu’ capaci di comunicare, cioe’ di mettersi in comunione con gli altri) e ridurle a semplici individui, centri gravitazionali dei propri bisogni primordiali, e pronti a soddisfarli con il primo surrogato a loro disposizione. Null’altro che consumatori.
    Ma se la persona perde la sua dimensione relazionale, perde, in realta’, il suo centro di aggregazione e ne risulta cosi’ disintegrata, senza piu’ una propria identita’, una storia e quindi un futuro. A rimedio di cio’ non resta che il suicidio o l’eutanasia.
    L’unica speranza che possiamo donare ai nostri figli, come gia’ sottolineato da molti, e’ insegnare loro a pensare. E questo, ovviamente, (con buona pace di Alvise) partendo dalle nostre radici cristiane.

    1. ….ma se già noi tutti Europei abbiamo le radici cristiane, da sempre, allora, invece, ora le abbiamo perse? non le abbiamo più?non sappiamo più pensare (ammesso che prima si pensasse) per questa ragione? e se rimettessimo le radici riusciremmo a pensare di nuovo? pensare che? le nostre radici cristiane?

  21. twentyrex

    Credo che possa essere utile rendervi partecipe di una mia esperienza familiare, ormai datata, ma che può essere interpetata come l’inizio ……della fine. Mio figlio ha oggi 36 anni. Quando frequentava la seconda classe del liceo classico di un capoluogo di provincia siciliano ebbe uno scontro con il Professore di “italiano” che si era lasciato andare ad un linguaggio non consono al suo ruolo e “chiuso” con una bestemmia. Veniamo subito informati dell’accaduto ed essendo a pochi giorni dalla riunione dei genitori, io e mia moglie, ci presentiamo pronti a far chiarezza sulla vicenda, ma principalmente sui principi e criteri di educazione seguiti da noi genitori. Il Prof. interviene quasi alla fine dell’incontro per evidenziare che il ragazzo aveva messo in luce di non essere particolarmente preparato sull’Ariosto. Ho subito risposto che la cosa non mi stupiva perchè era una tradizione di famiglia nutrire una certa antipatia nei confronti dell’autore dell’Orlando furioso, poema molto lontano dal nostro spirito critico. Ed aggiunsi che l’espressione “non particolarmente preparato” era stata usata a proposito perchè certamente il ragazzo aveva mandato a memoria il minimo indispensabile. Non vi fu alcuna replica da parte dell’interessato, comunque, manifestatamente a disagio dinanzi agli altri colleghi. E mio figlio venne rinviato a settembre in italiano. Naturalmente mi premurai di contestare tale giudizio con una circostanziata lettera al Preside, al Provveditore e, considerato che la bestemmia allora costituiva un reato, al Procuratore della Repubblica. Ovviamente in uno Stato come il nostro dove la cattiva educazione della pubblica amministrazione è una “dote” che ancora persiste i primi due non ritennero di rispondere, mentre il terzo, coerentemente, aprì un fascicolo sulla vicenda (che alla fine, avrebbe creato qualche problemino all’interessato). Ad essere sincero, il primo prese una, ahimè stupida, iniziativa. Mi mandò il Professore di Storia e Filosofia che, non sensa un certo disagio, mi fece capire che, essendo io il direttore della più importante banca della città, avrei dovuto frequentarlo e farmi vedere con lui che in fondo era il Preside del Liceo Classico e, quindi, una autorità nella comunità. Vi risparmio la mia risposta. Naturalmente, preparandoci per andare in vacanza, mio figlio aveva riposto in buon ordine sulla sua scrivania i testi che avrebbe dovuto portarsi dietro per studiare per l’esame di riparazione. Per caso li vedo e mosso da curiosità gli do un’occhiata. Erano tanto pesanti e voluminosi quanto insulsi e penosi! Per fortuna a casa mia vi erano ancora quelli sui quali avevo studiato io (Sapegno, Croce, De Sanctis, Sansone ecc..). Gli dissi di lasciarli stare e che sarei andato a recuperare i libri sui quali avrebbe dovuto studiare. Agli esami la commissione deliberò 8, ma il Preside (memore della mia lettera) chiese di abbassare il voto a 7 perchè avrebbe avuto difficoltà a giustificare una bocciatura di due mesi prima con un giudizio così positivo. Sono fatti datati. Ma sono convinto che è da quel momento e da quella classe di docenti (che se fosse stata esaminata da quelli che ho avuto la fortuna di avere io sarebbe stata inibita dall’insegnamento) che è iniziato il declino. E mio figlio, poche sere fa, mi diceva di avere fatto una sfuriata ai suoi giovani colleghi perchè era stanco di leggere note e comunicazioni prive di senso logico, sgrammaticate e dove l’accento sul verbo essere è un optional e l’utilizzo della acca si spreca, ma è sempre assente sul verbo avere. Scusatemi, se vi ho annoiato, ma temo che il problema non sia di facile soluzione e che darà luogo ad effetti nefasti.

    1. Ho letto la tua vicenda e non mi riesce difficile dubitarne. In Italia le consolazioni non si trovano nella giustizia specie se vanno contro il pubblico o il potente di turno, offrire a Dio questa croce rimane alla fine l’unica consolazione. Ci si rovina il fegato e ci si scontra contro il muro. Bada bene che non bisogna sottomettersi e tacere ma non illudersi di ottenere il giusto.

  22. Il “frullatore delle menti” di cui parla Daniela, lucida e arguta come sempre, mi ricorda molto il «tritacarne ideologico» impiegato dal “Matrix progressista” per “svincolare” gli individui da ogni senso di appartenenza e trasformarli in massa amorfa, indistinta e manipolabile.

    «Ovviamente la prima vittima di questo processo di svincolamento è l’educazione: tutte quelle discipline che ci propongono una spiegazione della nostra genealogia intellettuale e spirtituale, fornendoci una spiegazione unitaria delle cose, sono espulse dai pianeti dell’insegnamento o condannate all’irrilevanza. La storia, la filosofia, il latino e, in generale, qualsiasi altra disciplina che postuli una forma di conoscenza basata sulla traditio (cioè sulla trasmissione del sapere da una generazione all’altra) sono gettate nell’armadio degli utensili inservibili. Si trasmette ai giovani la convinzione assurda di potersi ergere a «maestri di se stessi» e trasformare le loro convinzioni più contingenti e caotiche in una nuova forma di conoscenza. Privandoli di un crtierio esplicativo della realtà, la nuova tirannia li condanna a sguazzare nell’incertezza e nella dispersione; privi di un criterio che permetta loro di comprendere la realtà, sono condannati ad arrendersi di fronte al guazzabuglio contraddittorio di impressioni che li bomnbarda, a lasciarsi trascinare dalla corrente precipitosa delle mode, dalla banalità e dall’inerzia».

    (Juan Manuel De Prada, La nueva tiranía. El sentido común frente al Mátrix progre, LIbros libres, Madrid 2009, p. 21)

    1. Andreas:
      Parole sante!
      Mi viene da in mente il titolo di un film, tratto da un grande libro, di un GRANDE scrittore: “Non è un paese per vecchi”

      Per quanto riguarda l’osservazione di occhio di lince (Luigi)sulla classifica dei libri, la speranza è una sola, almeno i moderni: vendere poco.

  23. Maria

    Da 1984 di G.Orwell. Chiedo scusa per il maiuscolo, ma è il testo originale: niente di personale 🙂

    “CHI CONTROLLA IL PASSATO” DICEVA LO SLOGAN DEL PARTITO “CONTROLLA IL FUTURO. CHI CONTROLLA IL PRESENTE CONTROLLA IL PASSATO”. LO CHIAMAVANO “CONTROLLO DELLA REALTÀ”. PAROLA CHE IN NEOLINGUA ERA: “BIPENSIERO”.

    “NOI LE PAROLE LE DISTRUGGIAMO, A DOZZINE, A CENTINAIA. GIORNO PER GIORNO STIAMO RIDUCENDO IL LINGUAGGIO ALL’OSSO. E’ QUALCOSA DI BELLO LA DISTRUZIONE DELLE PAROLE. CHE BISOGNO C’È DI UNA PAROLA CHE È SOLO L’OPPOSTO DI UN’ALTRA? OGNI PAROLA CONTIENE IN SE STESSA IL SUO OPPOSTO. PRENDIAMO ‘BUONO’, PER ESEMPIO. SE HAI A DISPOSIZIONE UNA PAROLA COME ‘BUONO’, CHE BISOGNO C’È DI AVERE ANCHE ‘CATTIVO’? ‘SBUONO’ ANDRÀ ALTRETTANTANTO BENE, ANZI MEGLIO. SE DESIDERI UN’ACCEZIONE PIÙ FORTE DI ‘BUONO’, CHE SENSO HANNO TUTTE QUELLE VARIABILI VAGHE ED INUTILI: ‘ECCELLENTE’, ‘SPLENDIDO’…? ‘PLUSBUONO’ RENDE PERFETTAMENTE IL SENSO, E COSÌ ‘ARCIPLUSBUONO’, SE TI SERVE QUALCOSA DI PIÙ INTENSO. ALLA FINE DEL PROCESSO TUTTI I SIGNIFICATI CONNESSI A PAROLE COME BONTÀ E CATTIVERIA SARANNO COPERTI DA APPENA SEI PAROLE O, SE CI PENSI BENE, DA UNA PAROLA SOLA”. POI SYME CONTINUÒ: “NON CAPISCI WINSTON CHE LO SCOPO PRINCIPALE A CUI TENDE LA NEOLINGUA È QUELLO DI RESTRINGERE AL MASSIMO LA SFERA D’AZIONE DEL PENSIERO? ALLA FINE RENDEREMO LO PSICOREATO LETTERALMENTE IMPOSSIBILE, PERCHÉ NON CI SARANNO PIÙ PAROLE CON CUI POTERLO ESPRIMERE. AD OGNI NUOVO ANNO, UNA DIMINUZIONE NEL NUMERO DELLE PAROLE E UNA CONTRAZIONE ULTERIORE DELLA COSCIENZA. LA RIVOLUZIONE TRIONFERÀ QUANDO LA LINGUA AVRÀ RAGGIUNTO LA PERFEZIONE. LA NEOLINGUA È IL SOCING, IL SOCING È LA NEOLINGUA. IN FUTURO SI POTRÀ MAI AVERE UNO SLOGAN COME ‘LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ’, QUANDO IL CONCETTO STESSO DI LIBERTÀ SARÀ STATO ABOLITO? IN EFFETTI IL PENSIERO NON ESISTERÀ PIÙ, ALMENO NON COME LO INTENDIAMO ORA. ORTODOSSIA VUOL DIRE NON PENSARE, NON AVER BISOGNO DI PENSARE. ORTODOSSIA ED INCONSAPEVOLEZZA SONO LA STESSA COSA”.

    1. “ORTODOSSIA VUOL DIRE NON PENSARE, NON AVER BISOGNO DI PENSARE. ORTODOSSIA ED INCONSAPEVOLEZZA SONO La STESSA COSA”

      …sembra uguale al cattolicesimo!

      1. Maria

        Infatti, solo che noi non professiamo “il cattolicesimo”, noi PROFESSIAMO GESU’ CRISTO VIVO OGGI: E’ DIVERSO.
        (Qui il maiuscolo è dovuto 😀 )

  24. Ma te Alvise carissimo, tu che hai tanta cultura ma che sei altrettanto infelice, baratteresti la tua cultura con la felicità?

    1. Caro Alvise, la Vita Eterna e una felicità che va oltre le umane cose, da sperimenti qui, subito… (su questa terra, se è questo che intendevi dire) 🙂

      Non devi neppure barattare la tua “minuscola” cultura, forse solo il nostro minuscolo ego di credere di sapere, e avrai in cambio il “famoso” centuplo. Non un “minuscola” felicità!

  25. lidia

    da linguista (adesso anche dottore di ricerca in Linguistica 😉 ) dico che le regole servono. Non per “parlare” – noi linguisti non consideriamo mai le “regole”, ma solo gli atti spontanei linguistici dei parlanti, le “regole” non servono a niente – ma servono a conoscere la lingua dal punto di vista teorico, il che aiuta nell’apprendimento di lingue straniere, e aiuta a scrivere bene – orrori come “un pò” “perchè” “nè..nè” “Maria, va dalla mamma” etc dovrebbero essere perseguiti a norma di legge, per me. Io credo però che più che insistere sulle regole d’uso bisognerebbe insistere sul far capire agli allievi come funziona la lingua e perché: perché scriviamo “perché” e non “perchè”; perché si dice “spero che tu venga” e non “spero che vieni” etc. Insomma, far capire sempre il perché. altrimenti è inutile nozionismo, credo.

    1. Ammazza… (esclamazione), speriamo di non finire in galera per un accento sbagliato 😐

      Perché poi, per avere la “e” accentata corretta in perché, con le nostre amate-odiate tastiere, sei costretto sempre ad abbinare il tasto “maiusc”, che non è il massimo della comodità 🙂

      1. In galera no di certo, Bariom. Però anche fare lo sforzo di mettere gli accenti giusti per iscritto e di aprire e chiudere le “e” e le “o” giuste a voce può essere un modo di rendere grazie a Dio che ci ha creato, fatti cristiani e parlatori della “lingua del sì”. 😀

        1. Te lo concedo, ma fortunatamente anche gli analfabeti possono rendere grazie a Dio (come non lo fa a volte anche il più dotto dei sapienti…) 😀

          1. lidia

            noto con piacere che la vecchia tradizione del “contesto chi la pensa in maniera diversa da me senza dare spiegazioni coerenti” non muore mai su questo blog 🙂 ma non mi tange più….se penso a tutte le volte che l’ho fatto io, del resto!
            Dopo un post ammiratissimo sull’importanza delle regole grammaticali….mi pare un po’ incoerente dire “ma che fatica spingere MAIUSC” sulla tastiera per scrivere correttamente! Non credo sia un bell’insegnamento “sai, figliolo, sarebbe corretto “è” ma fatico troppo a scriverlo perciò scrivo in modo sbagliato” 🙂
            In realtà, “perchè” è un errore né più né meno di “egli é” o di “vorrei che tu lo farebbi”. Credo che la strada della cultura vera passi anche attraverso cose molto piccole come un apostrofo, un accento e un congiuntivo. Perché? Ma solo perché la correttezza ortografica è sintomo di studio, di applicazione, di cura per le piccole cose.
            Anche un analfabeta dà lode a Dio, certo, anzi, spesso più di molti sapienti. Però a chi è chiesto di essere sapiente deve cercare di esserlo, senza lasciarsi trascinare dal “è faticoso premere MAIUSC”, credo.
            Comunque, ammetto che si possa vivere senza sapere la differenza fra “è” e “é” – e non muore nessuno, ma sono una patita dell’ortografia. Del resto, è il mio mestiere…

            1. Scusa lidia mi pare la metti giù un po’ troppo tragica… Quando posso e ho tempo cerco di dare “spiegazioni coerenti”, altre volte si fa una battuta “come tra amici”.

              Mi spiace tu non abbia colto l’ironia del tasto “maiusc” che era poi mossa dal tuo “voler perseguire per legge”, che io non ho certo interpretato alla lettera (o era da prendere come tale?), come tu hai fatto con le mie due stupide righe.

              Ma evidentemente, essendo il tuo mestiere, prendi tutto molto sul serio.
              Per il resto nel merito di quanto indichi, con me sfondi una porta aperta. Ciao.

              Ah, io non mi sento chiamato ad essere sapiente, se non nelle cose di Dio e nel convertirmi 🙂

              1. lidia

                no no non è per il mio mestiere! è che a volte mi sono sentita spesso criticata in modo “cattivo” su questo blog – ironico, senza pensare che anche a me dispiace ricevere una risposta ironica quando io non lo ero affatto – cioè, nella norma di legge sì certo! Ma andare sul personale…tu non l’hai fatto, perdonami, è che nella mia melmetta quotidiana (cioè lo spazio in cui le ottime intenzioni si trasformano in pessime attuazioni) ho risposto di getto per la reazione che avevo avuto altre volte.
                probabilmente anche quelle volte avevo frainteso – è difficile su un blog, sai, soprattutto quando mi sentivo criticata da fratelli nella fede. Cmq…che io benedica i piccoli e che dia luce ai sapienti (ho iniziato oggi un corso di ebraico biblico, , e mi vengono mille domande sull’intepretazione della Bibbia, enoteismo, monotesimo, influssi manichei etc..che Dio conceda a noi che ci approcciamo a queste discipline la Sapienza, davvero!)

                1. Beh lidia capisco, può succedere, anzi il fraintendimento è tipico dei blog e di questo tipo di modo di comunicare…

                  Bisogna sempre mettere in conto critiche anche non garbate nei toni a volte, ma dato che io e te ci “incontriamo” per la prima volta, concedimi il beneficio del dubbio 🙂

                  Auguri per lo studio di ebraico biblico (sinceramente ti invidio).

              1. lidia

                😉 ma no! direi piuttosto che è uno specchio dell’umanità: siamo tutti qua, con ottime intenzioni e,a volte, pessime interpretazioni. E a volte ottime, invece – le mie diciamo che spesso vagano nella melma dell’ “insufficiente”, ma non è mai troppo tardi. Però il fatto che, spesso, chi critica le idee proposte dall’articolo è trattato un po’ male – e con “male” non dicon encessariamente insultato: bastano risposte secche o insiepegabilmente ironiche – è innegabile. Del resto – se chi critica si pone lui stesso in una posizione di attacco (come a volte è successo), una “rispostaccia” a tono è inevitabile temo. Ma non sempre è così.
                A proposito, admin, voi siete nei ringraziamenti della mia tesi di dottorato: (Costanza lo sa, è “taggata” su Facebook ;)! Le vostre preghiere si sono sentite tutte 🙂 Grazie!

  26. Alvise, se io ti dico che mi sei simpatico, ti sento vicino, ti sento fratello, ciò non ti procura un minimo di felicità? Forse è questione di sensibilità ma io se qualcuno mi approccia in tal modo mi sento meglio, sento un tepore, mi sento riconciliato con il mondo. E questo mio sentimento fraterno non è che un milionesimo dell’amore che Dio ha per te, per me, per ognuno di noi. Quando penso che il suo sguardo amoroso mi segue ovunque, in qualunque mio gesto, in qualunque mio respiro io provo una gioia grande e una riconoscenza alla vita.

  27. perfectioconversationis

    Aggiungo qualche parola sul nozionismo, che è stato evocato da più parti e che sembrava essere un po’ auspicato dal mio intervento. Ciò che io auspico non è la scuola dei pappagalli e so bene che ci sono varie fasi nell’apprendere qualunque argomento. Il bambino ha una prima fase imitativa, in cui parla perché ascolta ed emula chi lo circonda, comprende e mette in atto un mare di nozioni e concetti per il solo fatto di essere immerso in una comunità di persone che può osservare. Poi ci sono le regole più semplici: si imparano un po’ per imitazione, un po’ perché chiaramente enunciate, ad esempio chiedere scusa, per favore, lavarsi i denti… In questo modo si può imparare molto, specie se gli adulti lasciano partecipare il bambino alle proprie vite, parlano con lui, si lasciano aiutare e accompagnare, rispondono alle domande. Poi c’è una prima fase scolastica (diciamo il primo ciclo, le elementari, per comodità), in cui il bambino assorbe nozioni: ortografia, grammatica, tabelline, Babilonesi, le regioni italiane… questa fase, che una volta si chiamava “grammatica”, corrisponde a un desiderio di fatti, a una disposizione mnemonica del bambino stesso, pur non dovendo certamente evitare la comprensione. Tale fase è inoltre indispensabile per il passo successivo, chiamiamolo della “dialettica”: una fase in cui è il momento di chiedersi perché le cose stanno in un certo modo, se è giusto, cosa accadrebbe diversamente. Diciamo che a grandi linee corrisponde con la fase polemica dei ragazzi delle medie inferiori.
    Infine arriva, dovrebbe arrivare, lo stadio della “retorica”: il momento della conoscenza approfondita, il ricorso alle fonti dirette, le dimostrazioni in geometria, la filosofia, le opere scientifiche, i classici in letteratura. E’ il momento in cui il giovane dovrebbe prendere posizione, imparare a sostenere un’argomentazione in modo approfondito e convincente, con le parole, i ragionamenti e i riferimenti più adatti. Finita queste educazione “liberale” del pensiero, o parallelamente, può avvenire quella professionale: dall’artigiano all’avvocato, ciascuno può usare inclinazioni e talenti per entrare nel mondo del lavoro.
    Chiunque proponga quella specie di network delle conoscenze, che è una spalmata di wikipedia in individui che non sanno parlare né scrivere correttamente, che non hanno accesso alle fonti, che non hanno appreso a svolgere un ragionamento tenendosi al riparo dalle aporie logiche, non fa certo l’interesse dei nostri ragazzi. Io non mi scandalizzo che Shakespeare venga letto su un tablet invece che su un libro polveroso, ma – come dicevo – ne farei una questione di contenuti e non di “mezzi”.

    1. raf

      Ho la fortuna o la sfortuna, dipende dai punti di vista, di insegnare alla scuola primaria dal “lontano” 1998. Non ho mai amato più di tanto le varie “novità” a livello di programmi e “innovazioni” varie cui ho assistito in tutti questi anni, proseguendo come un mulo, a testa bassa, e a suon di grammatica, ortografia, lettura a voce alta, filastrocche e poesie a memoria, temi, verbi con verifiche ogni settimana, analisi grammaticale e logica. Oltre a fare allegramente un paiolo così ai miei poveri bambini in classe…ebbene sì, devo ammettere questo peccato mortale, ho sempre dato anche i tanto aborriti compiti a casa.Certo per qualcuno sarà un metodo di insegnamento obsoleto, poco creativo e chi più ne ha più ne metta ma per me, la soddisfazione più grande, è ritrovare in giro genitori o a volte i miei stessi ex-studenti che, magari dopo avermi non troppo velatamente criticata perchè pretendevo molto, adesso raccolgono i frutti

    2. Matteo Donadoni

      Amen!
      Però la filosofia secondo me va imbastita alle medie, età dei perchè.
      Altrimenti poi è troppo tardi.
      che ne pensi?

  28. Questa la proposta di Hollande per la Francia:

    -niente compiti a casa
    -riforma degli orari,
    -rifiuto delle bocciature,
    -scuole materne aperte anche a chi ha meno di tre anni

    1. perfectioconversationis

      E’ la patria di Fourier e di Rousseau… un bel falansterio e via, a che servono le famiglie?

      1. …famiglie, ovviamente, educate e cristiane !
        (ché se fossero atee, zotiche, incolte, meglio il falansterio, allora)
        (ma chi ha detto che il falansterio non sia, anch’esso, ateo, zotico e incolto?)
        (come, anche, normalmente le scuole, cominciando dai nidi)

      2. Andando avanti così faranno nascere direttamente i bambini in apposite stanze in un distaccamento scolastico e saranno selezionati in base alle attitudini. Possiamo studiare un horror.

        1. Raffaella

          Per exileye: hai mai letto “Rose e libri” il post-proposta di D’Avenia? Parla proprio di questo, ispirandosi a: “Il nuovo mondo” di Huxley. Hai mai visto “La fuga di Logan”, un film dei primi anni ’70… scenari ambedue minacciosi per gli aspetti educativi-formativi. Vi lascio, sto andando a due Consigli di classe, non so se mettere il cappello o l’elmetto. Metterò un cappello con una bella piuma colorata così magari costituirà argomento di conversazione…

  29. Costantino Radis

    Carissima Daniela (porta pazienza ma mi riesce difficile chiamarti “perfectio conversationis”),
    sai molto bene come la penso in merito e se intervengo qui è perché ritengo che sia un argomento così importante non solo per i nostri figli ma, più in generale, per tutto il nostro paese.
    Paese che in questo momento è in una evidente fase di declino culturale e civico prima che economico. Forse proprio per questo che il declino economico stenta a invertire una tendenza che è primariamente proprio culturale e civica.
    Mercoledì scorso sono stato a un incontro molto interessante, organizzato al Circolo dei Lettori, e che vedeva parlare Pietro Garibaldi (di cui preferisco non pronunciarmi qui per evitare sproloqui) e Michele Boldrin.
    Nella mia immediata pragmaticità non nascondo la mia simpatia verso una persona come Michele Boldrin che, nel corso della sua vita, ha saputo percorrere una strada di pensiero che lo ha portato da un pensiero sostanzialmente marxista verso una molto più pacata visione liberale. Tralasciando pregi e difetti di entrambe le visioni (di cui si potrebbe parlare per ore ma non in questo contesto in cui gli argomenti sono altri) mi preme mettere in evidenza che un personaggio così controverso ha chiaramente individuato, tra i fattori maggiormente penalizzanti per la crescita del nostro paese, proprio l’istruzione dei ragazzi. Non è un caso che lui stesso ormai viva da oltre trent’anni negli Stati Uniti e sia docente presso la Washington University in Saint Louis.
    illuminante una sua precisa affermazione nel corso dell’incontro che cito interamente “…con l’attuale sistema scolastico i ragazzi italiani sono potenzialmente molto preparati ma grammaticalmente del tutto ignoranti. Questo ne fa delle persone che, di fatto, sono concretamente del tutto impreparate alle sfide culturali e lavorative del mondo…”.
    Con “grammaticalmente” Boldrin non intende limitarsi a una visione ristrettamente linguistica della questione ma allarga la visione a tutto quel “nozionismo” che molti denigrano ma che è fondamentale per poter parlare dei massimi sistemi.
    Lo stesso Boldrin ha continuato dicendo “…come possono sviluppare pensieri, innovazioni, teorie, soluzioni se alla base non c’è una conoscenza approfondita delle singole materie. Conoscenza che si sviluppa solo e soltanto con lo studio. E non ci sono altre strade”.
    E continua “…la situazione italiana attuale è tale per cui l’appiattimento della visione culturale è tale che non si forniscono ne’ gli strumenti meramente nozionistici, ne’ gli strumenti logici per una elaborazione concettuale. Non vorrei pensare male – ha detto – ma credo fermamente che questo sia voluto”.

    Personalmente ritengo che, se una persona che oserei definire quanto meno controversa, un po’ rivoluzionaria e fuori da molte convenzioni come Michele Boldrin (che potrebbe tranquillamente essere preso come modello da molti che qui criticano la visione di Daniela che invece condivido in pieno) afferma le stesse cose che Daniela ha messo in evidenza la dice lunga su come si studia e come si impara.

    Non ci sono storie: non si può parlare, esprimere un pensiero o pretendere di essere autorevoli senza prima conoscere bene ciò di cui si vuole parlare, pensare o dissertare in modo autorevole. Questo deriva solo da uno studio che prevede sicuramente una elaborazione logica che però si basa su regole che bisogna conoscere.

    Come farei io, quando mi chiamano per un consulto urgente su una struttura instabile, a esprimere in pochi minuti una prima linea di azione se non avessi superato gli esami di Analisi 1, Matematica Applicata (Analisi 2), Statica e meccanica razionale, Scienza delle Costruzioni, Tecnica delle Costruzioni, Consolidamento e Adattamento di Edifici, Tipologia Strutturale, Fisica Tecnica e Impianti…?…e soprattutto averli superati con docenti che hanno messo molto l’accento sul ragionamento che, però, non poteva che basarsi su uno studio approfondito della materia perché per ragionare occorre avere degli strumenti di uso immediato che compongono l’ABC di queste materie…

    …in sostanza…come faremmo a scrivere senza conoscere le regole grammaticali?…come faremmo a calcolare senza conoscere le regole della matematica?…e queste regole, per conoscerle bene, le dobbiamo studiare spesso a memoria per poi riuscire a ragionarci sopra…ma sono due passaggi logici che tutti (e dico tutti) i grandi studiosi mettono chiaramente in evidenza…diversamente si parla di tutto e del contrario di tutto in modo spesso scorretto…

    Ognuno è poi chiaramente libero di comportarsi come meglio crede ma, di fatto, non si pretenda di essere mirabili ricercatori se poi non si è in grado di scrivere in modo grammaticalmente corretto una semplice e asettica relazione.

    La conoscenza richiede sforzo esattamente come ogni altra attività. Ci sarà chi è più portato e chi meno. Ma non vedo perché la visione attuale del nostro sistema scolastico tenda a livellare verso il basso anche bambini che in realtà hanno forti qualità attitudinali.

    Forse la motivazione è più chiara di quel che non si voglia capire: formare una classe di persone senza pensieri, senza ambizioni, senza capacità critica e senza voglia di “andare oltre” facendo loro credere che i risultati “mirabili” ottenuti siano eccellenti salvo poi sbattere la faccia contro i colleghi oltre frontiera e vedersi così tagliati fuori da una competitività globale che porterebbe solo vantaggi a tutto il paese. Ma il paese vuole essere competitivo oppure vuole fondarsi sul benessere di pochi a discapito di molti?

    Di fatto l’unica vera strada per affrancarsi da dinamiche perverse non è altro che “La Conoscenza”. E con i sistemi attuali sicuramente non si farà molta strada.

    Ognuno, in base al proprio pensiero e alla libertà che dovrebbe essere un fondamentale diritto di ognuno, inserirà nella conoscenza anche una visione religiosa oppure maggiormente laica e liberale…ma il fattore fondamentale è “La Conoscenza”…e se ci saranno persone con questa visione ci potrà anche essere un confronto reciproco fruttuoso…ed è proprio il confronto che, a mio parere, fa paura a chi oggi detiene le leve dell’istruzione.

    Spero di non avervi annoiato ma ci tenevo a dire la mia e dopo tanti giorni finalmente stamane ho un piccolo momento di tranquillità.

    Buon fine settimana a tutti!

    1. Sottoscrivo!!!!
      Bisognerebbe, però, anche , che i giovani fossero liberi di mettersi a lavorare il prima possibile, senza l’a-priori della scuola, se lo volessero e se lo trovassero…..

  30. Costantino Radis

    Sono perfettamente d’accordo con “filosofiazero”…personalmente ho avuto la gran fortuna (e mi rendo conto solo oggi che questa era una vera e grande fortuna) di avere avuto dei docenti alle scuole elementari (una maestra giovanissima ma straordinaria con cui sono in contatto ancora oggi dopo trent’anni), alle scuole medie e poi al liceo con una onestà intellettuale enorme a prescindere dal loro credo politico. E questo ha portato anche ad essere chiari con gli allievi arrivando a dire ad alcuni “Lo studio non fa per te. Trovati un lavoro e vedrai che sarai contento nella tua vita.”

    Ma questa visione derivava proprio da una selezione molto serrata che non era eseguita per dare dei giudizi sulle persone ma semplicemente per prepararli alla vita. Però l’asta di salto era sempre molto alta per riuscire a tenere elevata la qualità. Così come li ho anche visti lottare contro mio padre che non voleva che io proseguissi oltre le scuole medie ma andassi a lavorare in cantiere con lui…ma questa è un’altra storia.

    Oggi il problema che devono risolvere molti ragazzi che intendono lavorare è che il lavoro non c’è…e questo sistema paese ho come l’impressione che sia calibrato anche su questo….se chi merita se ne deve andare via non esiste innovazione….se non c’è innovazione non esistono di conseguenza nemmeno opportunità per chi semplicemente non se la sente di proseguire un corso di studi e vuole lavorare…probabilmente con la consapevolezza che poi, lavorando, si formerà una formazione specifica sulle tematiche professionali e quindi studierà (questa volta volentieri) delle materie a lui più consone e vicine per forma mentis…

  31. Costantino Radis:
    D’accordo su tutto, forse io ho interpretato le cose un po’ troppo alla amglosassone dove si vede che tanti ragazzi
    preferiscono lottare da sé contro tutto e contro tutti (quante storie si leggono di gente che ha fatto tutti i lavori e poi sono arrivati a avere la loro cultura, il loro stile e trovare la loro strada. Ma forse questo succde solo nel cinema!
    p.s. una volta ho messo in un commento un pezzettino del film The Wall, a questo proposito.

I commenti sono chiusi.