di Costanza Miriano IL TIMONE gennaio 2012
Qualche giorno fa, lo ammetto, ho mormorato una parolaccia. Con una raffinata operazione di alta ingegneria ergonomica ero riuscita a far cadere, nell’ordine, il citofono sulla fronte, la tazza a terra, il caffè sulla gonna pulita – questo sì che è talento – salutando il figlio maggiore che usciva per andare a scuola. Gli altri tre dormivano. Credevo. Immediatamente da sotto una coperta arriva una vocina: «Mamma, ti ho sentita. Con questa ti sei giocata il buono per il 2012». Ma non stava dormendo, il disgraziato, il figlio numero due? I pargoli, non c’è verso, vigilano sempre su di noi, anche quando sembrano distratti, anche da tre stanze più in là.
Il fatto è che in casa nostra le parolacce sono severamente vietate, ma c’è un bonus annuale in caso di situazione eccezionale. Il regolamento non specifica quanto debba essere eccezionale il momento, visto che, per dire, una volta, dopo essere caduta correndo, ho osservato le mie ginocchia devastate, bisognose di diversi punti di sutura e mi sono concessa solo un «mannaggia al mondo». Si vede che l’altra mattina ero stanca.
Devo dire che il regolamento è applicato abbastanza fedelmente, a casa, e anche gli amici dei figli sanno che da queste parti si modera il linguaggio, e se si vuole anche discutere, o fare gli spiritosi, o dimostrare di essere grandi (è questo per gli adolescenti lo scopo del turpiloquio) bisogna spremere un po’ il cervello, e scegliere le parole giuste.
Il punto è proprio questo: certe parole servono solo a chi è ignorante, non conosce quelle giuste, a chi per pigrizia non le vuole cercare, o a chi proprio non ci arriva. Sono scorciatoie, che poi è un po’ quello che penso della volgarità in generale: chi fa per esempio campagne pubblicitarie con donne nude o con il Papa che bacia l’imam, evidentemente non è creativo, non ha idee, e forse non vende neanche un prodotto buono, sennò non avrebbe bisogno di colpire la gente a pugni in faccia.
Ma c’è qualcosa di ancora più profondo: chi parla male ragiona male. Le parole sono fari della realtà, la ordinano, la orientano, le danno una forma. Lo sappiamo bene noi cristiani, discepoli del Verbo che era in principio e che si è fatto carne. E in principio Dio ha creato il mondo ‘dicendo’, chiamando all’esistenza alcune cose («Dio disse: “sia la luce”. E la luce fu», «Dio disse: “sia il firmamento», ecc.).
Le parole dunque, anche le nostre con la p minuscola, hanno un peso e vanno scelte bene.
È vero, ho tanti amici che intercalano una parolaccia ogni sette, otto secondi. Anche qualche amica, per la verità, e mi dispiace perché se «nella sua purezza luminosa la donna è come uno specchio che riflette il volto dell’uomo, glielo rivela e così lo corregge», come dice Pavel Evdokimov (e come dice san Paolo nella lettera ai Corinzi, «la donna è gloria dell’uomo»), sentire una donna che parla a parolacce mi intristisce di più. Comunque, so bene che diversi di questi amici mi precederanno di molte spanne nel regno dei cieli, e che il linguaggio non sarà forse la prima cosa di cui saremo chiamati a rispondere; ma di tutto, comunque, risponderemo.
Ci sono parolacce che non offendono nessuno – la mia, quella del bonus per il 2012, per dire, era indirizzata a me stessa e alla mia agilità da circense – mentre ci sono parole pulite che possono ferire più della spada. Si può essere eleganti e crudeli, si può offendere col sorriso sulle labbra, e di ogni iota renderemo conto (ora che ci penso, ho in mente giusto un piccolo elenchino da aggiungere alla mia prossima confessione). Ci sono peraltro anche parolacce che servono per dare i giusti nomi alle cose: Dante non avrebbe potuto certo all’Inferno definire la prostituta Taide «una signora di facili costumi». Una parola è un giudizio sulla realtà e il peccato va chiamato col suo nome, infatti nelle altre cantiche di parolacce non c’è traccia.
Di quelle dette per offendere, però, renderemo conto: il Vangelo è chiaro, non la si passa liscia neanche se si dice «pazzo» al fratello.
Quanto a quelle invece dette con leggerezza, credo che siano così diffuse perché viviamo immersi in un clima di generalizzato spontaneismo. Tutto quello che «mi viene», per il solo fatto che «mi viene così», è autorizzato. Mi sembra che non ci sia più, neanche a un livello semplicemente esteriore, una forma da salvaguardare; una forma che se a volte poteva nascondere ipocrisia (il verminaio interiore che abbiamo tutti dentro è sempre lo stesso, in ogni tempo), tuttavia ci salvaguardava da un’eccessiva auto-indulgenza. Era come uno scheletro che custodiva le nostre parti ‘molli’, le quali ai nostri giorni invece sembrano autorizzate ad essere aggressivamente espresse ed esposte ai quattro venti, per il solo fatto di esistere. E non è un bello spettacolo.
Adesso non vorrei avventurarmi in un terreno non mio, ma mi sembra evidente che in qualche modo questo atteggiamento, lo spontaneismo, sia figlio della rivolta anti-autoritaria di cui uno dei pilastri è stata anche la psicanalisi. Spadroneggiando per tutto il ‘900, Freud e i suoi hanno inventato una nuova idea di uomo, invitandolo a far emergere liberamente tutto quello che aveva dentro – battezzato ‘inconscio’ e autorizzato a esprimersi senza freni – , come se un sentimento, una parola, una pulsione, un’inclinazione, per il solo fatto di esistere abbiano il diritto assoluto di cittadinanza, la necessità di essere vissute in pieno, di dispiegare tutta la loro pulsione vitale.
Non mi pare che questo abbia portato grandi risultati.
Noi che sappiamo invece che esiste il peccato originale, e che tutto ciò che è impuro viene dall’interno dell’uomo, come dice Gesù, sappiamo che dobbiamo vagliare quello che ci viene da dentro. E se non sempre è facile farlo con i pensieri – in questo stiamo con Freud – sulle parole e le azioni invece dobbiamo provare a mantenere il controllo.
Per esempio: il Vangelo, che a differenza dei testi del nume tutelare della psicanalisi è davvero il libretto di istruzioni dell’essere umano, ci invita ad amare i nemici. Se intendiamo l’amore come un sentimento che sgorga spontaneo dal cuore è evidente che il comandamento di Gesù è impossibile da seguire. Ma amare è solo in parte provare slancio e trasporto. E’ molto di più volere e cercare il bene dell’altro (come dice già Aristotele), e volere il bene del nemico è possibile (tra l’altro, se il nemico è malvagio, volere il suo bene significa volere anche la sua redenzione).
Il Vangelo nella sua sapienza ci indica cosa fare, non cosa provare spontaneamente. E tutti noi almeno una volta nella vita, sforzandoci di obbedire, abbiano certo verificato come il cuore, la testa, il pensiero, e perché no anche l’inconscio, alla fine seguano docilmente la via indicata dalle nostre azioni e dalle nostre parole. Al Vangelo si obbedisce, al contrario di ciò che pensa la coscienza moderna dell’uomo occidentale, piegando la volontà con la pratica, vigilando sulle azioni e le parole, certi che il pensiero e il cuore, dal quale invece provengono i propositi malvagi (Mt 15,19), piano piano seguiranno, addomesticati e ammansiti dalle nostre mani, dai piedi, dalla lingua. Olio di gomito. I nostri gesti concreti ci convertiranno. Prima di partire per l’impresa forse tocca dare una strigliata a quel frate asino, il corpo (lingua compresa), come lo chiamava san Francesco, che almeno, a differenza della mente, possiamo dominare.
da IL TIMONE gennaio 2012
Interessante argomento, avrei osato dire ispirato dalle recentissime polemiche di Sanremo, se non fosse che l’autrice ha dichiarato non più tardi di ieri di non aver seguito la trasmissione canora in questione… 🙂
“Ma c’è qualcosa di ancora più profondo: chi parla male ragiona male. Le parole sono fari della realtà, la ordinano, la orientano, le danno una forma. ”
E quindi, parlando bene, si ragionerebbe bene… Insomma, mi ricorda lontani studi dell’ipotesi Sapir-Whorf, in un certo senso, per cui le diversità tra le lingue in realtà indica/influenza una diversità di pensiero… O come la Newspeak di Orwell, nella quale alcune parole erano state eliminate per eliminare il concetto di ribellione.
In realtà, secondo me, bisogna anche tener conto dell’evoluzione della lingua. Oggi si può dire “casino” per “confusione” in quasi tutti i contesti sociali, o dare del “pirla” a qualcuno, nella (quasi) certezza che un’eventuale denuncia venga archiviata. Al contrario, il termine “negro” è oggi dispregiativo, quando non lo era fino a pochi decenni fa…
Per cui, parte di quelle che qualcuno oggi considera parolacce non lo sono più per altri e non lo saranno per la prossima generazione, proprio come è successo, a noi, con parole tabù per i nostri genitori e nonni… Insomma, mi sembra ci siano le prove per cui il concetto di volgarità non sia poi così cristallizzato, né applicabile a tutti indistintamente.
E questo per fortuna (o purtroppo, ognuno faccia la sua scelta! 🙂 )
Oh vero….io le parolacce non le dico mai, ma non ho mai pensato che dire “casino” fosse sbagliato…forse perché deriva da “casa chiusa”, “bordello”? Ecco, a Roma si dice ache “che bordello”. Però questo lo evito. Invece casino non mi ha mai fatto pensare…
In realtà «casino» non deriva da «postribolo» (vulgo casa chiusa) ma casomai il contrario.
In origine CASINO era una parola estremamente perbene
http://www.dizionario.org/d/index.php?pageurl=casino&searchfor=casino&searching=true
Come in casino di caccia, casino da caffè (in Toscana caffeaus), casino da gioco, casino da musica e così via.
La discriminante tra CASA e CASINO essendo che la prima è adibita a residenza fissa di un nucleo ristretto (generalmente familiare) e il secondo a residenza temporanea di un gruppo vasto ed eterogeneo che si riunisce per un motivo specifico. In inglese sarebbe il CLUB. In provincia il CIRCOLO.
A Siena il Casin de’ Nobili (vulgo Circolo degli Uniti), il più antico club privato in attività al mondo.
http://www.ilpalio.org/siena135.htm
Dalle mi e parti “casino” era considerata una parolaccia…
Smack!
@ Adriano “avrei osato dire ispirato dalle recentissime polemiche di Sanremo”.
Il post contiene il testo di un articolo pubblicato sul “Timone” di gennaio 2012, quindi ampiamente anteriore alle polemicuzze sul festivalino.
Sempre per Adriano, letture consigliate:
Nora Galli de’ Paratesi, Le brutte parole. Semantica dell’eufemismo, Oscar Mondadori1969
http://www.abebooks.it/servlet/BookDetailsPL?bi=6550552185&searchurl=an%3Dgalli%2Bde%2527%2Bparatesi%2Bnora
quello che non vede il festival sono io (infatti non so neanche a quali polemiche sanremesi ti riferisci), Costanza invece se può un occhio ce lo butta 😉
Mi sembra opportuno questo post dato che spesso si tende a scivolare nel turpiloquio e nella volgarità. Un richiamo a non mandare tutto in mucca:-)
Ma vacca non è volgare… Anzi è il termine più corretto per indicare il simpatico ruminante.
Dipende dalle regioni, direi. Nella mia personale esperienza mucca è più del toscano e vacca più del marchigiano (o meglio della macroregione linguistica umbro-marco-laziale). Comunque, come nel caso del casino, di per se stessi la vacca, la troia (femmina del genere Sus scrofa domesticus) e il becco (maschio del genere Ovis aries) sono bestie dabbene (i sereni animali / che avvicinano a Dio). La malizia è di chi ne usa i nomi scopo insulto.
“vacca” è marchigiano: garantisco per l’entroterra pesarese e non ricordo bene se anche in altre parti della regione. Sull’umbria e Lazio non mi pronuncio. 😀
Il termine scientifico usato dai veterinari per definire i ruminanti con corna che fanno “muu” è proprio vacca.
Ciao!
Tutto vero e concordo che ci sia una degenerazione del linguaggio che prosciuga la mente.
Ciò detto è anche vero che qualche volta, magari un po’ più che semel in anno, ci vogliono proprio
le rime aspre e chiocce….
Davvero gli adolescenti dicono parolacce per fare i grandi? Quindi i grandi dicono parolacce? O i grandi che dicono parolacce sono ancora adolescenti?
Ele86: O “maleducati”? 😛
Brava Costanza!!! Io le parolacce non le dico quasi mai, anche se mannaggia, caspita e che cavolo le dico, sì…e quando parlo con qualcuno che invece di “chissenefrega” dice un’altra cosa, o che invece di dire “quello è un mascalzaone” dice un’altra cosa etc. mi sento a disagio.
Una volta su questo blog ho scritto che qualcuno ha fatto una cavolata, ma usando un altro termine, perché rispondevo a qualcuno che l’aveva usato prima di me e mi pareva giusto rispondere con gli stessi termini. Ma se la parola dovessi dirla, mi costerebbe assai più che scriverla.
Tutto ciò è perché quando avevo 12 anni in un corso di formazione cristiana mi hanno detto: le parolacce sono ineleganti, meglio non dirle. E da allora, effettivamente, non le dico (anche se alcune le penso, e a volte anche a me quando qualcosa mi cade dalle mani, o inciampo e stacco la spina al pc etc. me ne sfugge a mezza voce!)
S’è convinta anche la Littizzetto (quasi): «Ho deciso che non dico più le parolacce. Dico acciderbola, diamine, ammappalo, non mi far girare i bombastic e vaf*******. Vaf******* lo dico perché proprio non si può… Per me vaf******* è come il cellulare: non esco mai senza» 😀
Cyrano: Ma la Littizzetto (che chiamerie L’ittazzitto), con i vaf****** ci esce nel senso che ci manda o qualcuno ce la manda?
a seconda dell’eventualità 🙂 Quando le dai devi prepararti pure a prenderle! 😉
questo filmato si riferisce al soprastante post di LF:
lidiafederica scripsit
20 febbraio 2012 alle 08:36
[…]
o inciampo e stacco la spina al pc etc. […]
Bel post Costanza, concordo pienamente con te sull’impoverimento del linguaggio e della creativita’ di chi usa il turpiloquio e la volgarita’ come espressione di liguaggio e di comunicazione. Ma spenderei una parola di comprensione per il frate Asino, il corpo spesso comunica alla nostra parte razionale cose molto interessanti, le neuroscienze stanno facendo scoperte sensazionali ovviamente questo non ci esonera dalla responsabilita’ del nostro agire. Il rinforzo della vocazione che abbiamo scelto, l’aiuto della preghiera e della meditazione ci aiutano a tenere il verminaio…disinfettato e la fede nell’amore divino ci consente di guardarlo senza paura.
E’ così 🙂
Praticamente più nessuno ormai in confessionale si accusa di turpiloquio, sospetto che sia perché più nessuno lo considera peccato, e invece ha ragione la Coky, il turpiloquio, soprattutto se volto ad offendere un altro, peccato lo è eccome, ma anche se rivolto contro se stessi in verità, perché in effetti, come sottolineava Adriano, è il linguaggio a dar forma al pensiero e se scelgo sistematicamente forme malate per il mio pensiero è probabile che anch’esso si ammalerà.
Detto questo mi interessa di più la seconda parte del post, quella sullo spontaneismo elevato a stile di vita. Quanti disastri dovuti a questa follia! Come se un gesto frutto di riflessione e ponderazione fosse meno nostro di uno istintivo! Come se la parte migliore di noi fosse l’istinto… mi verrebbe quasi da giocarmi il bonus del 2012!
Don Fabio, resisti e non consumarre a gennaio un bonus che deve durare fino a dicembre! Va beh, se propiro non ce la fai… l’assoluzione possiamo dartela noi? 😀
ok, prometto che ci provo, ok!
Oppure mi chiudo in un rigoroso ed elegante silenzio 🙂
Idem 🙂
fefral: noooo! Provaci soltanto! Se ti chiudi in rigoroso ed elegante silenzio… mancherà un po’ di vita in questo blog!
noXL proprio non ce la faccio, oggi ho le balle girate, meglio il silenzio
Fefral! 🙁
Sei specialmente speciale!
ho afferrato il messaggio, Costanza! proverò a non dire più “va a caghèr!”. (potevi anche dirmelo, invece di scriverci un post…così mi hai svergognata davanti a tutti… 🙂 )
No!!! Ma dai!!! Valgono anche quelle in dialetto???? Ma allora ditelo che sono fuori a priori!!! 🙁
tranquillo Alberto. Ho scoperto che il dialetto ha la licenza poetica!
😀 😀 😀 😀 😀 😀 😀 😀
E c’è dialetti e dialetto,come dicevo l’altro giorno dire scoquettica è molto più fine che dire:bott…..
Gluliana, 😀
E tranquilla! Non ha svergognato solo te… anche me e altri! Mal comune mezzo gaudio, no? ;-P
Guarda Giuly che noi due (e anche qualcun altro qua dentro) abbiamo una dispensa speciale per le parolacce,quindi rassicurati sono certa che Costanza non parlava con noi.
“Noi che sappiamo invece che esiste il peccato originale, ”
Noi chi? Voi?
L’importante è non offendere le persone, il turpiloquio, talvolta, serve a rendere più espressivaosia il parlato che lo scritto. “Viaggio al termine della notte” di Cèline, per esempio, è pieno di turpiloquio e non potrebbe essere senza
Certo che per noi miserabili sarebbe meglio farne a meno. Io in primis (che ne abuso)
Antica argomentazione ma dipende sempre dal punto di vista. Sarà più espressivo per chi si esprime. Per chi si sente descrivere (o sente descrivere parenti) in toni ‘espressivi’… vale sempre la risposta di Sancho Panza allo scudiero del Cavaliere del Bosco (Don Chisciotte, parte II, capitolo XIII) 😛
Il video messo da Paolo Pugni è un piccolo capolavoro.
Purtroppo è vero, noi tutti, ormai parliamo così(per luoghi e vocaboli già fatti prima)senza nemmeno più accorgercene.
(ma i vocaboli non sono sempre fatti prima?)
(uno dei punti meglio di Moretti, comunque)
Sono d’accordo. Sia sul turpiloquio sia sullo spontaneismo.
Sono argomenti affascinanti, quanto la psicoanalisi (che ritengo essere un’elaborazione teorica di grande impatto sulla storia dell’uomo, ma di nessuna efficacia terapeutica).
Non vorrei però che buttassimo il bambino con l’acqua sporca…
Prima del ’68, secondo me, a volte si tendeva a ritenere che un certo senso del dovere dovesse essere “spontaneo”.
Ad esempio nessuna madre avrebbe osato lamentarsi di essere stanca perché non faceva 3 ore di sonno filate da mesi.Magari avrebbe pensato di essere una cattiva madre per il solo fatto di pensarlo.
Col ’68 ci siamo liberati, a mio parere, di una stortura, e cioè dall’idea di essere “sbagliati” se provavamo certe pulsioni.
Il problema è che allora non si è capito che coltivare il senso del dovere può essere una scelta libera e giusta.
“Col ’68 ci siamo liberati, a mio parere, di una stortura, e cioè dall’idea di essere “sbagliati” se provavamo certe pulsioni.”
La Chiesa non ha mai insegnato che le ‘pulsioni’ o i ‘cattivi pensieri’ fossero peccato; ma solo il non combatterli e assecondarli. Però è vero che un certo moralismo poteva arrivare a tanto ed è effettivamente positivo se ce ne siamo liberati. E tuttavia è importante non cadere nell’eccesso opposto: lo spontaneismo.
Quanto all’agire per “senso del dovere”, io un tempo istintivamente mi ci ribellavo, sentendo “come del resto è – la mia azione monca (le famose “opere della legge”). Perché un conto è agire per dovere, un conto è agire per amore. Poi, mi sono accorta che se non partivo da lì, con l’amore come traguardo e non come punto di partenza (accorgendomi di esserne assolutamente incapace) e solo sentendomi teneramente e fortemente amata da Colui che ha dato la Sua vita anche per me, non sarei arrivata da nessuna parte… Infatti le “opere della Fede” è il Signore a scriverle nel mio cuore redento e a rendermele possibili 🙂
Ed è per questo che è esatta la conclusione di Erika.
Ma la legge è un “pedagogo”, così la definisce S. Paolo. Certo, uno che rimane sotto n pedagogo per tutta la vita è uno che non cresce mai, ma cosa diremmo di un bambino che rifiuta ogni istruzione ed ogni regola?
Don Fabio: infatti secondo me le regole e le istruzioni vanno osservate. Gradualmente verranno assimilate e saranno sempre più “spontanee”. Molto bella l’immagine di S.Paolo. La legge come “pedagogo”.
Condivido in pieno.
Volevo solo dire che per me l’errore più grave del ’68 è stata l’incompiutezza del messaggio.
Secondo me le regole possono essere sovvertite, ma non con la motivazione che è faticoso seguirle.
La confutazione dell’autorità richiede un livello di saggezza che è difficile conseguire.
Allo stesso modo un bambino che non sa usare la punteggiatura è un ignorante, un poeta, che la punteggiatura la padroneggia, ma decide coscientemente di non usarla in una poesia, è un artista.
insomma, si torna alla metafora del Cyrano dei “fuoripista”, ma la mia risposta era soprattutto a Myriam che parlava del senso del dovere… ecco, il senso del dovere se è senso di responsabilità è sempre buono, per la natura stessa della parola “responsabilità” che implica risposta a qualcuno (o meglio a Qualcuno), se invece è soltanto ubbidienza ad una legge astratta, ad un imperativo categorico, allora solleva non poche perplessità ed è come minimo una posizione transitoria, da superare.
Miriam: Smack! 😀
“Il Vangelo nella sua sapienza ci indica cosa fare, non cosa provare spontaneamente”
E’ questa la grande consolazione: io comincio col rispondere positivamente, il resto verrà poi… E’ vero: il Vangelo, il Signore mette in moto l’intelletto (conoscere) la volontà (liberamente aderire) prima del sentimento, che è conseguenza non causa… Invece oggi, purtroppo, assistiamo ad una evangelizzazione che sveglia l’emozione e mortifica la ragione e la volontà. E sappiamo quanto l’emozione possa trarci in inganno…
La nostra Fede è anzitutto equilibrio (psicologico e spirituale insieme perché non c’è separazione se non convenzionale). Non sempre facile da raggiungere; ma abbiamo Chi ce lo rende possibile, se ci lasciamo ‘trasformare’ da Lui…
Quanto al turpiloquio, è il segnale di quanto ci lasciamo trascinare dal sentimento. A volte capita di soccombere. Ma mai arrendersi 🙂
Buon giorno ragazzi!
Costanza, tranquilla, a me succede tanto spesso di cadere, procurarmi lividi o tagli che gli improperi non mi escono neanche più: me la rido.
La scorsa estate sono andata ad aiutare mia madre a stendere i panni in fontana. Accecata dal sole, rientrando ho fatto l’intera rampa di scale rotolando ( e pensare che durante l’assemblea condominiale si discute da anni di approntare una luce ).
Appena arrivata alla fine, per non fare preoccupare mia madre salto su e le dico ” tutto a posto sto bene “. E scoppiamo a ridere. Il giorno dopo ero blu come i puffi, non c’era un centimetro di me senza un livido. Al mio ragazzo è preso un colpo e mi sono ritrovata in pieno Agosto a dovermi mettere le maniche lunghe perché quando andavamo in giro la gente si voltava e lo guardava male, e io continuavo a ridermela sotto i baffi.
A volte è solo questione di come prendiamo la vita.
Paperella, posso chiamarti Paperissima d’ora in poi? Non è che c’erano telecamere nascoste e potresti condividere con noi il video della tua caduta per le scale? Grazie di cuore! 😀
era davvero da vedere!
Dato che me ne capitano di ogni sorta ormai affronto la vita con leggerezza.
Il mio ragazzo dice che sono strana, goffa come pochi nella vita reale, ho ballato per 10 anni e….niente, neanche un graffio.
Finché si tratta di farsi lanciare fino al soffitto dal ballerino tutto ok.
Se si tratta di camminare o preparare un pranzo…..credimi paperissima l’avrei già vinta!
Costanza, il post mi piaceee! Ho già riso abbastanza e per il commento “serio” torno più tardi. Smack! 😀
Ciao a tutti e buona giornataaaaaaa! 😉
Anche nella comicità odierna c’ è un ricorso eccessivo alla volgarità, facile scorciatoia quando latita il talento e la creatività. Dove sono Stanlio e Olio oppure Charlie Chaplin?
“Dove sono Stanlio e Olio oppure Charlie Chaplin?”: in tv tutti i pomeriggi tardi, ma non mi ricordo il canale!
Stanlio e Ollio lo danno su Rai 3 alle 19,30 o alle 20,00
🙂
Stanlio e Ollio su Rai3 prima della soppopera napuletana
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Grazie per questo pensiero, grazie veramente: era per me, tutto per me….
Numero sei in questo senso?
http://www.youtube.com/watch?v=LDZtCfJKOU4&feature=related
😉
Il turpiloquio è peccato veniale.
bisognerebbe fare una bella serie di precisazioni, ma sorvoliamo…
resta il fatto: e se anche fosse? “Peccato veniale” non significa – come diceva un ragazzino al catechismo – “un peccato che si può fare”! 😀
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=983
Costanza, bellissimo post! Condivido pienamente! le parole hanno un grande potere, potere anche di farci cambiare la visione della realtà (lo sapete che gli eschimesi hanno una ventina di modi diversi per chiamare la neve? e quindi altrettanti modi diversi per percepirla…). Penso che una bassa tolleranza verso un linguaggio scurrile cambia anche i nostri livelli di soglia e a poco a poco ci porta a legittimare sempre di più la nostra aggressività, nel sentirla e poi nel metterla in pratica verso di sè e verso gli altri. Ne consegue che essere vigilanti è fondamentale per non farci perdere la capacità di prenderci cura di noi stessi e degli altri… Più spazio diamo a frate asino e meno ne lasciamo all’azione dello Spirito…
“anche gli amici dei figli sanno che da queste parti si modera il linguaggio”: questa cosa mi piace molto! Chi va a casa d’altri dovrebbe rispettare le regole di chi abita in quella casa. 😉
“chi fa per esempio campagne pubblicitarie con donne nude o con il Papa che bacia l’imam, evidentemente non è creativo, non ha idee, e forse non vende neanche un prodotto buono, sennò non avrebbe bisogno di colpire la gente a pugni in faccia”: supersmack! 😀
“in principio Dio ha creato il mondo ‘dicendo’, chiamando all’esistenza alcune cose («Dio disse: “sia la luce”. E la luce fu», «Dio disse: “sia il firmamento», ecc.)”… “Il Vangelo nella sua sapienza ci indica cosa fare, non cosa provare spontaneamente”… “Al Vangelo si obbedisce, al contrario di ciò che pensa la coscienza moderna dell’uomo occidentale, piegando la volontà con la pratica, vigilando sulle azioni e le parole”: grazie per avercelo ricordato!
Mea culpa per le parolacce! Prometto che mi darò da fare per non inserirle più! 😀
“fili dele pute, traite!”
lo sapevate che dentro san Clemente a Roma c’è questa scritta?
😉
https://lh5.googleusercontent.com/-sdvpuuQA3cA/TXYArkLQa6I/AAAAAAAAAEA/fPlQIP6-UWU/fili_dele_pute.jpg
La leggenda di Sisinnio presenta un interesse particolare, perché la sua iscrizione (databile fra il 1084 e il 1100) è una delle prime testimonianze della lingua italiana (il cosiddetto volgare). L’affresco riguarda un miracolo di San Clemente: il ricco pagano Sisinnio è convinto che il santo voglia portargli via la moglie divenuta cristiana; ordina quindi ai suoi servi Gosmario, Albertello e Carboncello di arrestare Clemente e di portarlo al martirio; l’affresco – che si presenta come una specie di “fumetto” – riporta al di sopra di Sisinnio le sue violente esortazioni ai servi, espresse appunto in volgare:
“Fili de le pute, traite! Gosmari, Albertel, traite! Falite dereto colo palo, Carvoncelle!”
E loro credono di tirare Clemente, ma in realtà si accaniscono su una colonna. In disparte il santo commenta:
“Duritia(m) cordis vestri saxa traere meruistis.” (Per la durezza del vostro cuore, vi meritate di trascinare delle pietre)
http://digilander.libero.it/navigaroma/chiese_paleocristiane_e_medievali.htm
Non solo, è considerato uno dei primissimi, se non il primo, esempi di Italiano scritto… si potrebbe dire che il turpiloquio è alla base della nostra lingua, cioè ahimé della nostra identità nazionale…
Ah no, non ci sto! 😉 alla base della nostra lingua c’è la Divina Commedia (e anche il melodramma e un po’ di Promessi Sposi, direi…). Non so più dove l’ho letto ma da qualche parte ho letto che il 70% delle parole dell’italiano moderno (inclusi ‘faccendiere’ e ‘clic’ — o piuttosto ‘cricch’) già lo usava Dante Alighieri…
e poi insomma… Sisinnio parlava volgare, nooo? 😉
“frate asino”? Allora W San Francesco!
In questa scena di parolacce ce no sonoooo!
Nessuno usa più il dindarolo?
Lancio un appello vecchio stampo: qualcuno potrebbe ricominciare a spiegare ai maschietti (e in particolare al mio capo 😉 )
che usare il turpiloquio in presenza di una signora (che sarei io, vabbe’) e’ una indelicata mancanza di riguardo?
Capisco che non tutti possono essere dei gentlemen come i frequentatori del blog, ma almeno un po’ di sana temperanza…
🙂
Se non ora, quando? 😉
E’ un post molto profondo e vero. Mi piace l’idea che adottate in casa vostra, quella del ‘bonus’ per le parole.
E’ vero che oggi siamo troppo spontanei, che ci concediamo di tutto in nome di uno spontaneismo (o egocentrismo?) che tutto concede e nessuna responsabilità richiede.
Lavoro con ragazzi di scuola superiore, e ‘Modera il linguaggio’ è una dei richiami che più mi capita di fare: le parolacce non sono più percepite come tali, forse perchè in certe famiglie (anche in buone famiglie!) sono proprio i genitori a non sapere che certe espressioni sono sbagliate.
Chissà… non è da una parolaccia ceh si misura la bontà di una persona (l’ho imparato a mie spese), ma una persona pulita anche nel linguaggio è molto molto più credibile, elegante e sicuramente pulita ed onesta.
Complimenti per la riflessione, davvero bella!
“Spadroneggiando per tutto il ‘900, Freud e i suoi hanno inventato una nuova idea di uomo, invitandolo a far emergere liberamente tutto quello che aveva dentro – battezzato ‘inconscio’ e autorizzato a esprimersi senza freni”
Ma è così?
…non è così, ovviamente!!!
Che non sia così è la tua opinione, non un dato di fatto.
Opinione per opinione, su Freud sono d’accordo col Genio cosmico: l’unico ad aver capito qualcosa (qualcosa, non tutto) è stato Jung.
.Freud, non solo una nullità, ma vanitoso e nocivo!!!
PSICANALISI
Alvise permettimi… non credo che le intenzioni di Costanza fossero quelle di demonizzare Freud, lei stessa inizia la sua riflessione su questo argomento con cautela, ammettendo che il terreno non è di sua competenza. E ti assicuro che non c’è dicotomia netta tra psicologia e psicanalisi da una parte e fede dall’altra, lì dove le prime sono viste per quelle che sono e cioè discipline scientifiche. In ogni caso, se già non lo è stato in passato (in tal caso devo essermelo perso) l’argomento scienza e fede potrebbe essere un altro tema di confronto di questo blog, tanto interessante quanto delicato. Ma veniamo a noi. Costanza dice sul pensiero di Freud che ha inventato una nuova idea di uomo “invitandolo a far emergere liberamente tutto quello che aveva dentro – battezzato ‘inconscio’ e autorizzato a esprimersi senza freni –…”. Questo è vero e la finalità di questo approccio alle sue origini era prettamente terapeutico. Ciò che c’è nell’inconscio e che non viene tirato fuori finisce per emergere in altri modi, la psicosomatica è solo una dei tanti. Di per sè il principio è buono. A questo, secondo me, non era automatico che ne conseguisse quanto segue “un sentimento, una parola, una pulsione, un’inclinazione, per il solo fatto di esistere abbiano il diritto assoluto di cittadinanza, la necessità di essere vissute in pieno, di dispiegare tutta la loro pulsione vitale”. Di fatto però è quello che è successo. Colpa della psicanalisi? Forse no, diciamo che la psicanalisi ha servito su piatto d’argento lo strumento, ha alzato la palla… ottima e gustosa occasione perchè lì la SUPERBIA dell’uomo con un salto repentino ne ha approfittato e ha schiacciato. E da questa unione ne è nato un infimo pargoletto di nome Spontaneismo, che un bel po’ di guai ne ha provocati e continua a provocarne…
Di positivo la psicanalisi ha aperto la porta ad altre correnti di pensiero, che da quelle intuizioni sono partite e che poi si sono evolute e hanno dato vita ad approcci terapeutici molto funzionali, una fra tante la logoterapia di Viktor Frankl (che, riprendendo uno dei temi di oggi si basa sul potere di cambiamento che può produrre un adeguato uso delle parole). Quindi, portare alla consapevolezza gli impulsi latenti, se strumentale a una guarigione, è buona cosa. Usare questa consapevolezza per offire un alibi alla nostra superbia, sentirci autorizzati a non esercitare un controllo sulle nostre reazioni e così legittimare comportamenti dannosi per se è per gli altri è perverso.
“Un’alibi alla nostra superbia” : non è già “sintomatica) questa affermazione? Non posso parlare della psicanalisi perché non ne so nulla, come del resto quasi tutti noi (scriteriato escluso)
Sul fatto che esistano in noi pulsioni primordiali dale quali siamo mossi credo sia innegabile.
Cosa è che ci/vi fa copulare uomo con donna, che vi spinge l’uno all’altro con tanta forza che nessuno credo di noi ne sia al riparo altro che i papi i santi? non c’è un istinto animale che ci porta all’accoppiamento, come se una manona invinsibile a un certo punto ci avvicinasse l’uno all’altro in maniera così inesorabile (parlo come forza generale della natura che poi noi civili regoliamo secondo i nostri usi costumi credenze paure fobie opportunità etc.)?
Non è che Freud, credo, “invita a” , Freud pretende di avere “scoperto” meccanismi inconsci che sottostanno a parte delle nostre azioni. Poi uno se non vuole sottostare non sottostà. Nessun obbligo.
Ad ogni modo: Giordano Buno un farabutto, Galileo un vanesio presuntuoso, Cartesio un disonesto,, Marx opportunista in mala fede,, Voltaire nemmeno parlarne, Freud un maiale, etc.etc….
Voltaire un azionista di trafficanti in “bois d’ebène” 🙂
Appunto!!!
Come scrive Luciano Mecacci (storico della psicologia), i famosi “casi clinici” classici freudiani sono stati ampiamente criticati. Ma se non reggono quelli, si regge la psicoanalisi freudiana?
“Mecacci: “una volta fortemente ridimensionata la rilevanza dei casi clinici classici, cadono molti punti teorici fondamentali. E non c’è caso clinico di Sigmund Freud, Melanie Klein, Lacan e molti altri che non sia stato smantellato.”
http://www.giornaledifilosofia.net/public/filosofiaitaliana/pdf/saggi/Intervista_TrinciaMecacci.pdf
E un crocione anche su Freud!!!
Più che altro ci soffriranno quelli che ci hanno lucrato sopra!!!
se con sintomatica intendi dire che la mia affermazione è “sintomo” quindi manifestazione del mio pensiero (opinabile e soggettivo), ti rispondo sì, lo è.
Facciamo un attimo ordine però, rischiamo di non intenderci perchè usiamo gli stessi termini ma dando loro significati diversi.Che l’esistenza degli istinti fosse a conoscenza di tutti anche prima di Freud è vero, altrimenti come dici tu non ci sarebbe stata l’evoluzione della specie 🙂 Hai ragione a dire che Freud ha scoperto qualcosa in più rispetto alle pulsioni…lui ha deciso di chiamarle eros e thanatos, ma è evidente che l’uomo le aveva già esperite: Freud infatti ha (pretende di? ok te lo passo) scoperto che queste pulsioni, una volta censurate dal Super-io, “determinano meccanismi inconsci che sottostanno alle nostre azioni” (come ad esempio scappare terrorizzati e angosciati di fronte a un ragno perchè – secondo il suo pensiero – la fobia che si prova è una sostituzione della paura che si è provata verso qualcos’altro che si è rimosso e archiviato in qualche magazzino dell’inconscio… questo tanto per fare un esempio banale..).
Vero però anche che il suo approccio terapeutico “invitava” i pazienti, attraverso il racconto dei loro sogni o l’associazione libera delle idee, a tirare fuori desideri, pensieri, sentimenti ritenuti inaccettabili dalla morale corrente e quindi censurati e anche questi immagazzinati. La sua intuizione è stata quindi quella di esortare, sollecitare, incoraggiare l’ammissione e l’espressione di questo “materiale” (è brutto questo termine lo so, ma mi è venuto così). Ora il problema è che il continuare a tirare fuori tutto questo nel corso degli anni ha portato a sovradimensionare la portata di questa forma di espressione e, secondo me, l’orgoglio dell’uomo che si ribella a tutto ciò che non lo rende unico sovrano come Dio, ha deformato questa nuova forma di espressione, privandola dello scopo terapeutico che inizialmente aveva, e usandola ancora una volta per affermare se stesso. Credo che qui nessuno abbia detto che Freud era un maiale, ma l’uso improprio di alcuni “permessi” che sono stati concessi con una finalità ben precisa (l’invito di cui parlava Costanza), nel corso della storia, hanno portato a un libertinaggio degenerativo. E questo purtroppo ci allontana dalla nostra identità più vera, che è quella dei figli della luce e non delle tenebre, ci allontana dalla nostra vocazione più autentica, che è quella più felice e divina dei figli di Dio. Ma questo, ti ripeto, è solo il mio pensiero.
“Ma questo, ti ripeto, è solo il mio pensiero.”
E che altro potrebbe essere, anche il mio lo era (solo il mio pensiero)
(siamo figli delle stelle…non era una canzone?)
Una botta di autostima… parziale, le citazioni sono tutte da Franca!
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150798415620278&set=a.97432745277.107731.579885277&type=1&theater
Paolo, ho ascoltato tutto l’audio scaricato ieri: mitici! Smack! 😀
A quando la prossima e dove? Pubblicità Progresso… 😉
ti tengo informata, mi sembra il 23 san’Angela Merici lavoro famiglia e crisi
Paolo, tanto per farti crescere un po’ in autostima… posso usare il link e la foto? Sempre per la serie Pubblicità Progresso… 😉
volentieri!
Buona serata Ragazzi, sono riuscita a sottrarre 5 minuti il computer ai miei fratelli per salutarvi! Un bacio a domani!
Paperissima! Smack!
Grazie!
Anche a te!
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