(In)seguire le briciole

di Paolo Pugni

Sulle piccole cose verremo giudicati, sugli atti ai margini, sulla periferia della vita, su le briciole che, quasi inavvertite, lasciamo cadere e che dimentichiamo subito, quasi con irrequietezza.

Perché la carità, quella dell’inno paolino, risplende di più quando la consapevolezza è assopita, quando è il pilota automatico ad essere inserito: perché è lì che parla il cuore della sua pienezza, è lì che si vede quanto i profondità è scesa la fede, se è diventata atto agito oltre la razionalità, quasi istinto.

Come nei grandi santi dove vedi sempre in traslucido, nella trama, la figura di quel Cristo del quale vestono i panni, come l’ombra che si stempera pallida al crepuscolo e all’aurora, ma c’è. E che solo sotto il sole cocente si staglierà squillante. Troppo facile a mezzogiorno. Ti voglio vedere come te la cavi all’imbrunire o all’alba!

Così nella mia di vita sono gesti minimi che hanno lasciato solchi profondi, frasi cadute dal desco, smozzicate.

Ricordo una insegnante di religione delle elementari, forse la terza, 1968-69. Una meteora. Eppure ricordo il suo viso. E una frase. Che parla di abbracci. “se saremo stati onesti”, diceva, “lo scopriremo nel momento in cui affronteremo Dio, se gli correremo incontro a  braccia spalancate o se terremo la testa bassa timorosi. È questa la differenza”.

Ecco: non ricordo neppure come si chiama. Ma spero di correrle incontro per abbracciarla quando saremo nella luce.

E poi il film scorre, ero già universitario, ad una partita di basket, non ricordo quale fosse la denominazione dell’Olimpia allora. Ricordo solo questo: un’azione concitata, una mossa eccessiva da parte di un avversario su un “nostro” giocatore, il pubblico rumoreggia, io scatto in piedi, trascinato da quelle urla, e grido “bastardo” con viso credo distorto e acceso. Si ha sempre un viso distorto e acceso in quei momenti, come a negare quello che si sta facendo nascondendosi dietro altri tratti.

Una frazione di secondo, abbasso lo sguardo e incontro quello stupito e ferito di un bambino –dieci anni?- che seduto davanti a me mi fissa turbato.

Ecco quello sguardo, durato pochi millesimi, me lo porto ancora dietro, che mi ha ustionato l’animo.

M’è sceso giù fino al fondo della feccia per far rifluire come un conato un’amarezza acida, una vergogna atavica, un dolore purulento. Avrei voluto mettermi in ginocchio e chiedergli perdono a quel ragazzino, ma il processo di espulsione è durato a lungo e dura ancora oggi se quella è l’immagine che mi dipinge la vergogna spalmandola su ciò che sto per fare e riesco a trattenere all’ultimo istante, come un gesto interrotto, abortito, un equilibrio precario. Un’immagine sfuocata eppure in fiamme, che guida e ammonisce. Ancora oggi mi interrogo su che cosa avrà lasciato quella maschera che per un istante a rivelato non forse l’odio –non ne avevo- ma la sordida passione, l’incapacità di fermarsi e distaccarsi da una massa che travolge e porta a valle. E mi auguro che non si sia ancorato nell’animo suo, ma l’intensità di quello sguardo mi fa temere il contrario.

E ognuno di noi di semi, gettati e raccolti, minuscoli, intrufolati nelle pieghe della vita, avvolti in parole smozzicate, disciolti in istanti congelati proprio perché puri atomi di tempo, frammenti primi, non scomponibili ulteriormente, semi così ne abbiamo piene le tasche.

Su questo saremo giudicati.

35 pensieri su “(In)seguire le briciole

  1. Erika

    Paolo, come hai fatto a cogliere così bene il momento ? “su questo verremo giudicati”… Già. E’ terribile.

    1. Alessandro

      No, Erika, scusa ma mi suona male questo “E’ terribile”.

      Dio è giusto E misericordioso, solo Lui conosce alla perfezione se il nostro è un peccato veniale o un peccato mortale, non manda all’inferno per un peccato veniale. E il peccato mortale (L’UNICO peccato ci merita l’inferno) è quello che ha per oggetto una materia grave e, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso. Insomma: è un rifiutare l’amore di Dio (dice il Catechismo che il peccato mortale “presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell’atto, della sua opposizione alla Legge di Dio”: n. 1859) con piena consapevolezza e consenso altrettanto pieno. E per la remissione dei peccati c’è il sacramento.
      Nell’inferno, nel quale precipita chi muore in peccato mortale, si sprofonda se e soltanto se si opera una scelta definitiva e pienamente consapevole per il male, senza ravvedimento. La caduta nell’inferno è “la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine” (Catechismo, n. 1037).

      1. Allora io andro di sicuro all’Inferno, perché io ce l’ho questa avversione volontaria a Dio,o ce l’avevo già di mio di natura mia sudicia, o me l’hanno fatta venire quelli che tirano sempre in ballo Dio e annessi e connessi, di conserva con la Chiesa e la Comunione dei Santi eccetra, fino al punto che non ho creduto possibile che se c’è Dio questo Dio abbia dei seguaci
        siffatti, ergo: 1) non credo che ci sia un Dio per la ragione che non potrebbe sopportare che i suoi seguaci fossero
        come si vede che sono 2) se vi fosse, per la stessa ragione contraria, che allora sopporterebbe, ne avrei, di Lui, un’avversione volontaria fino alla fine.

        1. Alessandro

          Ammesso che tu abbia un’avversione volontaria a Dio (e non necessariamente concesso: bisognerebbe sapere che significa per te nutrire siffatta avversione), per andare all’inferno occorre che tu perseveri in siffatta avversione “sino alla fine”. Ma di ciò non hai garanzia, perché, essendo tu ancora inquilino di questa valle di lacrime, non sei “alla fine”. La tua eventuale dannazione potrebbe maturare ora, in questi anni e in questi giorni che vai trascorrendo, ma si deciderà irrevocabilmente solo e soltanto “alla fine”, e “alla fine” potrebbe accadere che un atto di contrizione perfetta ti mondi dal peccato mortale (vanificando – per così dire – la tua pregressa “preparazione” alla dannazione) e ti scampi dall’inferno (si pensi all’episodio evangelico del buon ladrone).

        2. Alessandro

          “E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore.”

          (Benedetto XVI, dall’omelia durante la visita pastorale alla Parrocchia romana di santa Felicita e figli martiri, 25 marzo 2007)

      2. Roberto

        Prendere atto della nostra miseria e della nostra radicale incapacità di corrispondere alla Giustizia di Dio può spaventare e scoraggiare. Però, spesso questa stessa consapevolezza può veramente spingere a rompere gli indugi, afferrare il coraggio a due mani, rovesciare la paura di farsi catturare dal vento dello Spirito “che non si sa di dove viene e dove va”, accettare l’idea che la nostra salvezza passa attraverso la decisione di lasciarsi cambiare nel profondo.
        C’è una frase di Sant’Agostino, che mi pare riassuma bene la soluzione per sciogliere il nodo di questo stato d’animo: “Vuoi un consiglio? Se vuoi fuggire lontano da Lui, fuggi verso di Lui.”

  2. Marcella Reni

    Grazie. Dal cuore.
    Grazie per avermi ricordato il valore delle briciole. Dei semi impastati d’amore o intrisi dell’amarezza del non amore.

  3. Grazie Paolo, un post molto bello.
    Mi permetto di aggiungere alcune cose, non per contraddire, ma per aggiungere un controcanto.
    Già, perché ci sono due modi di (in)seguire le briciole: uno è quello di chi si sforza di possedere tutta la sua vita, in modo da essere consapevole di ogni istante e così raggiungere un perfetto controllo e una perfetta sottomissione di sé e delle proprie potenze all’amore, l’altro invece è quello di sottomettere il cuore, solo il cuore, senza curarsi troppo delle minuzie dei singoli gesti, nella consapevolezza che Dio è un analista serio (mica come S&P) e giudica il bilancio di una vita non dal singolo episodio, ma dal trend generale.
    Il primo è quello degli angeli, così Boezio definiva l’Eternità, cioè la condizione divina: “Simul et tota vita possessio” (possedere completamente ogni istante della vita). Non credo che sia possibile in questo mondo sublunare, anzi, credo che chi si prova a vivere così finisce con il diventare un pazzo nevrotico o peggio, come quelle suore di Paray-le-monial che Pascal definiva “pure come angeli e superbe come demoni”. Credo che a noi umani competa il secondo modo, la lotta per il centro. Come nel calcio vince chi controlla il centrocampo (OT: Contratto a De Rossi subito!), così nella vita vince chi controlla il cuore, perché a quel punto può essere ragionevolmente certo che i singoli atti che da quel cuore fluiscono saranno orientati all’amore e come dici così bene si vive in modo giusto quasi per istinto, con naturalezza, senza sentirne il peso e senza sforzo apparente (in realtà lo sforzo c’è tutto, ma prima e da un’altra parte, così nel momento del gesto non lo vedi).
    Se posso permettermi un pargone un po’ complicato la legge morale è come uno scheletro, senza il quale saremmo come invertebrati, condannati a seguire ogni corrente, senza poter opporre alcuna resistenza a chi ci trasporta qua e là. Ora, in natura esistono due tipi di scheletri: l’esoscheletro e l’endoscheletro. All’inizio della vita spirituale generalmente ci si appoggia alla legge come un esoscheletro, una struttura esterna che ci sostiene e ci dà una forma spirituale. Il problema però è che generalmente l’esoscheletro è pesante e impaccia i movimenti, un pò come la corazza di Saul (Cfr. 1Sam. 17,38-39). E’ necessario quindi che la norma, il precetto scenda nel cuore, diventando un endoscheletro, uno scheletro interno, molto più flessibile e leggero, ma altrettanto resistente. Chi ha la legge nel suo cuore probabilmente è incapace di citare il magistero della Chiesa a memoria, ma semplicemente lo vive nella sua prassi quotidiana. Con leggerezza appunto.
    E poi questo discorso delle briciole funziona anche in positivo per fortuna… quante briciole di bene abbiamo seminato nella nostra vita, come Pollicini dello spirito, quasi senza accorgercene? E quante persone seguendo le briciole che abbiam lasciato cadere giungeranno alla casa del Padre senza che noi lo sapremo mai?

    1. Don Fabio, non sono d’accordo su un punto: fatte salve l’insondabilità del giudizio di Dio e la possibilità di un atto di contrizione perfetta nell’ultimo istante della vita, a me sembra che la morale cattolica non sia una questione di ‘trend’, ma al contrario sia estremamente puntuale, cioè concentrata sul singolo momento. Mi spiego: se un sant’uomo, che ha vissuto una vita buona sotto ogni punto di vista, morisse ad esempio nell’unico attimo di cedimento, mentre si trova in un postribolo, e non avesse tempo e modo di comprendere quel che succede e dunque di pentirsi in cuor suo, quest’uomo sarebbe dannato. Al contrario, un maiale, un’anima nera, che nell’ultimo istante della propria vita fosse capace di un atto di contrizione perfetta, costui si salverebbe. Da ciò l’importanza di sorvegliare il proprio cuore ogni momento.
      L’antica pratica, ormai molto in disuso, delle preghiere per chiedere una buona morte si basavano proprio su questa consapevolezza. La buona morte, un tempo, non era quella che riteniamo tutti adesso: “per fortuna non si è accorto di niente”. La buona morte è quella in cui abbiamo la grazia di sapere che stiamo per morire e ci è data la possibilità di accedere ai sacramenti e soprattutto alla confessione, se ne abbiamo bisogno. La buona morte è persino quella che ci fa lungamente soffrire, se queste sofferenze sappiamo offrirle a Cristo in unione con il suo sacrificio. Ma vale sempre, piaccia o non piaccia, lo stato di un’anima nel momento della morte, nessun bilancio e nessun trend.

      1. a morte improvvisa libera nos Domine…
        Credo che donFabio non intenda negare ciò che dici Daniela, ma contare sulla misericordia di Dio che possa lasciarsi commuovere dalla debolezza dell’uomo.
        Ci conto pure io.
        Ciò detto credo che i singoli atti ci formino e segnino.

          1. Contiamo sull’ingiustizia di Dio… mi piace!
            Può un singolo atto malvagio, compiuto alla fine della vita, ribaltare il giudizio su una vita positiva di ascesi e sacrificio? Non era questo il problema che mi ponevo, il mio paradosso intendeva liberare semmai dal moralismo, dalla ossessione dello scrupolo, che ogni confessore conosce bene, che avvelena la vita di molti nel tentativo impossibile di essere perfetti in ogni istante, ossessione già analizzata in diversi post recenti qui sul blog.
            Per il resto, per fortuna mia e vostra, non sono io a dover giudicare il mondo e quindi mi affido a quell’amore immenso che mi ha travolto, nella consapevolezza che l’amore scaccia il timore e che, come scrive Adrienne Von Speyr, nel suo amore il Signore accoglie anche i nostri tentativi di amare e che anche le eventuali sconfitte nel combattimento spirituale sono da Lui contate come vittorie, perché le usa per fortificarci ed insegnarci l’umiltà.

            1. Alessandro

              Già postato altre volte, ma torna buono qui:

              “C’è ancora una terza tappa decisiva nel cammino di conversione di sant’Agostino.
              Dopo la sua Ordinazione sacerdotale, egli aveva chiesto un periodo di vacanza per poter studiare più a fondo le Sacre Scritture. Il suo primo ciclo di omelie, dopo questa pausa di riflessione, riguardò il Discorso della montagna; vi spiegava la via della retta vita, “della vita perfetta” indicata in modo nuovo da Cristo – la presentava come un pellegrinaggio sul monte santo della Parola di Dio. In queste omelie si può percepire ancora tutto l’entusiasmo della fede appena trovata e vissuta: la ferma convinzione che il battezzato, vivendo totalmente secondo il messaggio di Cristo, può essere, appunto, “perfetto” secondo il Sermone della montagna.
              Circa vent’anni dopo, Agostino scrisse un libro intitolato Le Ritrattazioni, in cui passa in rassegna in modo critico le sue opere redatte fino a quel momento, apportando correzioni laddove, nel frattempo, aveva appreso cose nuove. Riguardo all’ideale della perfezione nelle sue omelie sul Discorso della montagna annota: “Nel frattempo ho compreso che uno solo è veramente perfetto e che le parole del Discorso della montagna sono totalmente realizzate in uno solo: in Gesù Cristo stesso. Tutta la Chiesa invece – tutti noi, inclusi gli Apostoli – dobbiamo pregare ogni giorno: rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (cfr Retract. I 19, 1-3).
              Agostino aveva appreso un ultimo grado di umiltà – non soltanto l’umiltà di inserire il suo grande pensiero nella fede umile della Chiesa, non solo l’umiltà di tradurre le sue grandi conoscenze nella semplicità dell’annuncio, ma anche l’umiltà di riconoscere che a lui stesso e all’intera Chiesa peregrinante era ed è continuamente necessaria la bontà misericordiosa di un Dio che perdona ogni giorno. E noi – aggiungeva – ci rendiamo simili a Cristo, l’unico Perfetto, nella misura più grande possibile, quando diventiamo come Lui persone di misericordia.”

              (Benedetto XVI, dall’Omelia all’Almo Collegio Borromeo, Pavia, 22 aprile 2007)

  4. La mia piccola Benedetta da giorni mi chiede di sorriderle nuovamente come ho fatto qualche giorno fa. Stavamo parlando e devo averle sorriso con un misto di divertimento e tenerezza che non riesco a riprodurre a comando, ma nel suo cuore deve essere stato un momento bellissimo.
    Anch’io, che ho poca memoria e dimentico facilmente nomi e facce, conservo nel cuore come un tesoro decine di momenti apparentemente senza importanza. Piccoli semi, come li chiami tu, Paolo, dai quali crescono cedri del Libano.

  5. fefral

    don fabio: “l’altro invece è quello di sottomettere il cuore, solo il cuore, senza curarsi troppo delle minuzie dei singoli gesti, nella consapevolezza che Dio è un analista serio (mica come S&P) e giudica il bilancio di una vita non dal singolo episodio, ma dal trend generale.” MI piace!

  6. L’augurio, per tutti io primo, è che nel computo finale siano più i cedri del Libano che i pruni spinosi dell’inferno.
    Hai ragione donFa è il cuore che comanda, quello fatto di non di emulsione, ma di una soluzione (chimica) così inscindibile di ragione, volontà e sentimento, quel sentire non effimero e passionale, ma eterno e consapevole, che nasce dal cuore di carne che ci è stato messo in petto al posto di quello di pietra.
    Le nostre azioni ci seguono, scriveva Paul Bourget (che grande e brutta cosa Google che non costringe/sollecita la memoria a ricordi impossibili) ed è quello che intendevo dire.
    Ai santi l’amore sgorgava inconsapevole, essendone ormai così impregnati per volontà, come il battito del cuore, come il respiro o se vuoi come guidare la macchina o camminare, che non ti devi interrogare e volere farlo: lo fai e basta.
    Mi ha sempre colpito nella vita come ci siano istanti che fanno la differenza, inavvertiti magari, come la storia di Angelo61 e delle “sigarette”, ma che segnano in profondità.
    Di questo volevo parlare, del miracolo nascosto tra le pieghe, del sussurro di Dio, che si sa bene è mormorio di vento, e non tempesta o terremoto.
    Buona domenica

  7. piccoleparole

    bello… il tema delle briciole mi fa pensare all’episodio evangelico della cananea..

  8. Senza entrare nel merito, una cosa ho notato:
    un uomo ebbe un attimo di cedimento, dove? in un postribolo (interessante anche l’etimologia del termine)!
    un altro nell’ultimo istante della vita si pentì, fu salvo, che cosa era sempre stato? un maiale!
    Non occorre scomodare Freud per dignosticare pensieri morbosi (cosiddetti)
    D’altra parte non è raro tra i cattolici il vizio di guardare nelle mutande delle persone….

    1. Alessandro

      “non è raro tra i cattolici il vizio di guardare nelle mutande delle persone”… questa poi!

      Il fatto è che si può peccare contro la morale sessuale, come fanno i frequentatori di postriboli. E il peccato è peccato: che qualcuno te lo dica o no. Con buona pace di chi è convinto che l’esercizio della sessualità sia un campo nel quale non si può peccare, sottratto alla responsabilità morale perché teatro in cui si agitano appetiti, istinti pulsioni in definitiva ingovernabili.
      Che qualcuno, magari cattolico, ecceda nell’occuparsi della condotta sessuale altrui non toglie che tale condotta possa essere peccaminosa.

  9. 61Angeloextralarge

    Paolo, grazie per questo post! Condivido in pieno e lo “accumulo” al commento di don Fabio: mi piacerebbe incarnare almeno uno dei due modi!
    L’idea delle briciole mi piace molto perché sono una di quelle che professano l’importanza delle cose piccole: i piccoli gesti sono un po’ come le virgole che non si pensa sempre di mettere ma che cambiano il senso di quello che si sccrive. Se si vuol essere forti nelle grandi cose bisogna esserlo prima di tutto nelle piccole: è una scuola d’allenamento per riuscire nelle difficoltà e nelle prove.
    L’idea del cuore mi “scatizza” perché, da brava passionale e sentimentale, credo molto nell’amore, nella forza delle cose fatte con amore e che ottengono sempre frutti insperati.

  10. 61Angeloextralarge

    Aiuto, Admin! Non so se è perché sono imbranata e la cosa è ormai scantata, ma faccio fatica con le risposte ai commenti. Quelli sopra, mi sembra quasi che ho “parlato da sola” ed invece li ho inseriti come risposta a commenti diversi, quindi avrebbero dovuto essere per lo meno distaccati. Ci sono o ci faccio? 😀 Smack!

  11. Alessandro

    “il pubblico rumoreggia, io scatto in piedi, trascinato da quelle urla, e grido “bastardo” con viso credo distorto e acceso”

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