Kualkosa ankora


Cyrano ieri ha postato le sue riflessioni circa i commenti scaturiti dal post Kuestione di Kuore. Eccole.

di Cyrano

Cari amici,
anzitutto grazie mille a tutti: era un po’ che cercavo di avere dei feedback organici sulla “kuestione della kappa”, e avevo anche bisogno di qualche nota storico-critica (non sapevo che l’espressione l’avesse coniata Cammilleri).
Detto questo, eccomi qui a rispondervi: m’ero riservato di rimandare ogni reazione finché non aveste terminato di commentare, onde evitare d’innescare dibattiti su singoli punti.


Anzitutto, grazie a Sini per il racconto della sua storia: come ho già avuto modo di dire, la storia della mia vita non comprende il racconto di una grande conversione, ma di diverse conversioni “di più in più”. Solo intorno ai quattordici anni ho mancato un paio di messe domenicali, e a messa ci sono sempre andato con tutta la mia famiglia. Nonostante questo, Sini, comprendo benissimo il tuo senso di sdegno, di delusione e di rabbia: in qualche modo ho vissuto anch’io la solitudine di un’esplorazione in cui mi sono visto defraudato del mio diritto di cristiano a essere istruito nella pienezza della fede cattolica. Ho fatto da solo in molto, e questo è stato uno dei motivi che m’ha spinto allo studio e all’insegnamento della teologia: vorrei che ad altri venisse dato quello che io mi sono dovuto cercare quasi in solitaria. Il punto che più mi ha toccato del tuo racconto è stato quello in cui hai parlato della kappa come di una cicatrice. Sì, questo lo capisco davvero, e davanti a un simile segno di solitudine e delusione non ardisco sentenziare.
Senza sentenze, dunque, ma proseguendo il ragionamento, devo ricordare a me e a tutti che questa solitudine, per grazia di Dio, l’abbiamo oltrepassata, pur conservandone il ricordo “pasquale”: è per questo opportuno che, gradualmente, certo, la forza del Redentore arrivi a lenire anche la sensibilità di questa cicatrice.
Così Alessandro mi trova concorde in ogni sua espressione, e conferma per me (ma penso per tutti) che lo sforzo della ratio quaerens fidem illustrata concorre “naturalmente” alla composizione della frattura. Così con Sini ha ragione Roberto, a mio avviso, quando ricorda che la fede in fondo è una cosa semplice, e che i cosiddetti cattoprogressisti sostituiscono alla dialettica di libertà e grazia il monolitico dogma pratico dell’arbitrio, elevato a teoretico “abominio della desolazione”. Ora, per queste ragioni mi pare ragionevole l’asserto dell’uno e dell’altro, che cioè certo “cattolicesimo” (immaturo e intrinsecamente involuto) è destinato di per sé all’estinzione. Questa posizione, però, è contraria a quella di Salvatore, che ha rivendicato l’utilità e l’opportunità di differenziare con la kappa «quella minima frangia non protestante ancora presente nella chiesa cattolica»: quel “minima” e quell’“ancora” inclinano piuttosto all’idea dell’estinzione del cattolicesimo organico, serio, a un tempo identitario e “medio” (come ha detto Fefral con bella espressione), che a quella dell’estinzione dei “cattolici adulti”.
Certo non ha torto Erika, quando dice (da agnostica in ricerca!) che si dovrebbe poter concepire un gruppo – che sarebbe la Chiesa – tale da rendere possibile un incontro dialettico tra parti diverse, perché così è la vita quotidiana, e la Chiesa cattolica ha l’innegabile merito storico di saper aderire, nel bene e nel male, alla vita quotidiana. Alessandro ha ben ricordato i presupposti e i limiti di questo confronto.
Cara Lucia F., sono contento di tornare a confrontarmi con te. Non ho un motivo per rifiutare il tuo invito ad andare a sentire la messa di S. Pio V: lo farò. Lasciami però dire che quel rito l’ho studiato con la venerazione che riservo a tutti gli stadi della Sacra Tradizione (e specialmente a quelli tanto importanti): per questa ragione t’inviterei a fare lo stesso con il rito di Paolo VI, considerando che le bestialità che su non pochi altari vengono perpetrate in nome di un presunto “spirito conciliare” non hanno niente a che fare con la Sacrosanctum Concilium e con la stessa Riforma liturgica (rimando per completezza a Riccardo Pane, “Liturgia creativa?” ). Ti assicuro che là dove il messale di Paolo VI è preso con serietà e amore il frutto spirituale non è da meno che nel rito di San Pio V.
L’annosa diatriba tra pro e contra è un tratto tipicamente italiano dell’approccio alle realtà complesse? Non so, don Fabio: per certi versi direi di sì, ma trovo che ancora una volta Alessandro abbia fatto considerazioni più che opportune. Consideriamo le acque in cui si barcamena la Chiesa francese… l’essere “cugini” non toglie che l’Italia non ha mai avuto alcunché di somigliante al gallicanesimo d’Oltralpe. Allora cos’è? Credo che sia la difficoltà di “stare” (grande verbo della fede) nella tensione delle cose belle e vere, preferendo d’istinto la sicurezza di un rifugio che crediamo sicuro: è la storia del vitello d’oro, che viene forgiato per dare un contorno e una consistenza a quel Dio di cui si sono visti i prodigi (mica erano cattivi, i fonditori del vitello d’oro!).
Infine, grazie Andreas: ti ho pensato non poche volte, scrivendo il post, e confidavo sulla duttilità della tua intelligenza e sull’apertura del tuo animo alla critica fraterna e curiosa.
La storia della fede mostra che il rifugio creduto sicuro si rivela fatalmente una trappola: Dio non salva per mezzo della forza, anche se dobbiamo fortificarci e star saldi quanto possiamo; Dio non perdona a causa del merito, anche se dobbiamo convertirci e «fuggire le occasioni prossime di peccato»; Dio non si fa conoscere nella nostra scienza, anche se è la fede che esige l’intelligenza del Mistero. Noi siamo la Sposa di Cristo, la Chiesa cattolica. Solo di Gesù Cristo (quello vero) abbiamo bisogno. Non certo di kappa.

95 pensieri su “Kualkosa ankora

  1. La questione della k, almeno per quanto riguarda Camilleri, l’ho sempre intesa come una trovata auto-ironica: se sei cattolico in toto, magari un po’ serio ed esigente, finisce che ti mettono la k davanti, come facevano con Cossiga durante il periodo degli anni di piombo.
    Ciò detto, accantonata la k, rimane la questione di fondo delle definizioni intra-cattoliche.
    La capacità di accogliere e comporre linee di forza differenti in un unico quadro mi sembra una cifra caratteristica del cattolicesimo: vero Dio e vero uomo, fede e opere, agostiniani e tomisti, domenicani e francescani, re e mendicanti, contemplativi e attivi… Senza questa ricchezza non si capisce a fondo il quadro. Tuttavia, la mia impressione è che, da un paio di secoli circa, al quadro si siano aggiunte forze che non si compongono dinamicamente con le altre, ma hanno tendenze distruttive. Le possiamo identificare con il fumo di satana di cui parlava Paolo VI, prima ancora con il modernismo, il cattolicesimo democratico ecc… Tali forze hanno avuto un’influenza fortissima e devastante sulla Chiesa, non hanno mai prevalso, ma hanno avvelenato la formazione e la mentalità di alcune generazioni di cattolici, a tutti i livelli, dal semplice fedele all’episcopato. L’inizio di una fase virulenta fu la forte contestazione episcopale all’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, ma gli effetti si vedono oggi in ogni dove: è uno sfascio che ha portato moltissimi a perdere la fede e altri a conservarne una adulterata, dubbiosa, lacunosa.
    Forse per questo nasce a volte la tentazione di definire, e definire magari sbrigativamente con una k: con chi ho a che fare? Con un cattolico che pensa che l’inferno è vuoto, che la Chiesa non vada seguita in materia di morale, che nella Messa vede solo la Parola, cancellando completamente il Sacrificio? Con uno che crede che il peccato originale e la sua redenzione da parte di NSGC siano dei simboli? Insomma, la tentazione è di tentare subito di incasellare, con le relative rozzeze e i relativi pericoli, ma per comodità di sintesi.
    Infine, sulla questione liturgica, Cyrano, non direi che la forma straordinaria del rito romano è uno stadio della Sacra Tradizione: lasciami dire che è fede viva e vivificante per un gran numero di persone ancora oggi. Per altro, sulla forma ordinaria, tu hai ragione a dire che quello che è scritto e quello che è fatto non coincidono, ma bisogna essere onesti: pochissimi di noi vanno a Messa dal Papa o in monastero, la maggior parte si trova a contatto con la relizzazione pratica del rito che è, ammetterai, spesso carente, in alcuni casi al limite del sacrilegio. Lo stesso Pontefice ha più volte accennato alla necessità di una Riforma della Riforma, e alcune circostanze della realizzazione della Messa di Paolo VI -prima tra tutte, la fretta con cui fu realizzata e imposta- andrebbero rimeditate seriamente.

    1. lidiafederica

      Io ho visto alcuni orrori liturgici (soprattutto in Germania, anche se mai la limite dell’invalidità – uno me l’hanno raccontato, in Belgio, dove hanno letto invece dell’epistola Khalil Gibran), ma qui in Italia, ad essere sincera, ho visto sempre riti liturgicamente fedeli (vivo a Roma, ora non so da altre parti d’Italia – ma anche in vacanza in varie parti d’Italia era una bellezza sentire la Messa ben celebrata dopo certe Messe tedesche…).
      Il problema della poca fedeltà al Magistero, o meglio, l’idea che ognuno si crei la fede come vuole, o che il Magistero sia “superato” certamente è un problema enorme, e causa, penso a tutti noi, molta sofferenza.
      Però c’è un però.
      è chiaro che se i “kattolici” si fissano sul Rito Tridentino (io sono stata a delle messe in Rito tridentino, mi piace molto, anche perché sono stata anche a celebrazioni in rito bizantino, che amo molto, e i due riti si assomigliano molto, per chi conosce bene le rubriche) – che è una parte della Tradizione, non superata, ma nemmeno esclusiva (ricordo sempre i riti non latini); se si fissano su “quanti figli hai”, o su “hai lo Scapolare”, etc. non è più questione di fedeltà al Magistero: è pazzia pura.
      Io sono la prima che ha lo Scapolare, ho immaginette dei Santi, dico il Rosario ogni giorno, sono per la sobrietà liturgica (le chitarre vanno bene, ma che i canti siano liturgici, in questo in Germania sono bravissimi), etc. Ma non mi sognerei mai di dire a un altro che non è abbastanza cattolico perché non ha dieci figli o perché preferisce il Rito di Paolo VI al Tridentino…
      So che sembra stupido, ma certe esagerazioni succedono proprio, e penso Cyrano abbia fatto benissimo a sottolinearle.

    2. Alessandro

      Una rapsodica rassegna di esperienze personali.

      Nella mia diocesi più di un influente prete di curia disse pubblicamente che “Summorum Pontificum” era un favore malaccorto accordato “ai lefebvriani”.

      Uno di questi preti sostenne in privato – me presente – che l’opposizione “del Papa” ai PACS (e in genere a forme di equiparazione del matrimonio alle unioni di fatto, anche tra omosessuali) fosse espressione di “dogmatismo”.

      Un altro sacerdote – e dei più preparati – mi fa chiaramente intendere tutta la sua perplessità sulla transustanziazione, e sul peccato originale come atto compiuto da nostri progenitori. Oltre che la sua allergia a credere negli angeli, a pregare il Rosario, a concedere a Maria madre di Dio l’eccelsa dignità riconosciutaLe nella Chiesa (gli dà uggia, ovviamente, sentir parlare di “apparizioni mariane”).

      Potrei proseguire. Ma volevo solo testimoniare di aver presenti gli sbandamenti che fiaccano i cattolici, di accorgermi di quanto la Fede sia esposta a travisamenti, menomazioni, deformazioni; al limite: a vere e proprie vanificazioni. So quanti fratelli sono disorientati da educatori disorientati essi stessi, che non vogliono più trasmettere, e ciò che trasmettono è – come dice perfectioconversationis – una fede “adulterata, dubbiosa, lacunosa”.

      Io ho scoperto la bellezza fulgida e incontaminata della Sposa molto tardi, sostanzialmente da autodidatta, dopo aver frequentato per otto anni (otto) una scuola cattolica la cui temperie spirituale diffusa non era distante da quella descrittaci da Sini (le due ore due di religione trascorrevano leggendo il vate Eugenio Scalfari, che – immagino – nelle intenzioni del mio prof. di religione avrebbe concorso a tramutarci in cittadini consapevoli e virtuosi).

      Detto questo, ribadisco che a mio avviso di debba fare tutto il possibile per evitare che le sacrosante doglianze per lo smarrimento che aduggia la Catholica in non poche sue membra non precludano o distorcano la percezione di tutte le manifestazioni di Fede autentica, da qualunque parte esse rampollino, non generino un clima tetro e sospettoso da roccaforte assediata, non fomentino la cristallizzazione di fazioni arroccate in una rivendicazione identitaria incline a scordarsi di quanto la Chiesa, proprio se vuole essere ortodossa e fedele al suo Capo e Sposo, obbedisca alla logiche dell’ et-et, della sinfonia, della composizione delle differenze (e tutto ciò, senza un bruscolo di sincretismo e di deteriore relativismo).

      1. lidiafederica

        io sono stata molto fortunata, allora: non ho mai conosciuto nessun sacerdote che dicesse cose del genere. Nelle parrocchi che frequento, vicino casa mia, i sacerdoti sono davvero bravissimi – nella liturgia, nella predicazione e nell’ortodossia. Certo, è Roma…non so in provincia (nel senso di distanza dal Vaticano, non di disvalore :)).
        Poi, sono stata molto protetta: da quando avevo 12 anni frequento l’Opus Dei, e ne sono mebro da quasi otto anni, perciò diciamo che la fedeltà al Magistero l’ho succhiata dall’adolescenza,oltre ai miei nonni, che anche loro sono, come direbbe qualcuno, “kattolici” (ma i miei genitori no). Anzi, il pericolo che ho corso è di diventare tipo i telepredicatori dell’Utah – ma grazie al Cielo ho avuto direttori spirituali grandiosi, che il pericolo me l’hanno scampato (mi pare). soprattutto quello che ho imparato è che le opinioni eretiche, sincretiche etc. sono da evitare come la peste, ma talvolta è troppo facile giudicare “lui non prega come me perciò non è cattolico buono”. Io ne ho visti in giro di tali giudizi: a volte fondati – purtroppo sì – ma avolte puramnte gratuiti.

        1. Alessandro

          “io sono stata molto fortunata, allora: non ho mai conosciuto nessun sacerdote che dicesse cose del genere. Nelle parrocchie che frequento, vicino casa mia, i sacerdoti sono davvero bravissimi – nella liturgia, nella predicazione e nell’ortodossia”

          Mi sembra che viviamo in due Italie diverse 🙂
          Ringrazia il Signore di questa tua “fortuna”. La mia “formazione cattolica” è stata un mezzo disastro (si sarà capito), ancora adesso mi capitano le cose che ho raccontato. Insomma, delle cicatrici evocate da qualcuno sono portatore anch’io.
          E soprattutto so che ho dovuto conquistare con dolore (sì: con dolore) e in età avanzata ciò che avrei dovuto ricevere prima e senza traumi. (Opus Dei? Nella scuola cattolica che ho frequentato per otto anni otto l’Obra era considerata una sorta di ricca lobby elitaria sostenuta da poteri forti economico-politici – di destra, ovviamente: e questo risultava ignominioso, agli occhi dei miei educatori d’allora, abbagliati dal verbo dell’equità sociale proclamato dalla sinistra).

        2. Fefral

          Lidia penso che effettivamente tu sia stata fortunata. Ho sentito anche il dalla bocca di sacerdoti affermazioni simili a quelle descritte da alessandro. Ho avuto la tua stessa formazione e questo in un certo senso mi ha “protetta” ma devo dire che per riuscire a guardare senza pregiudizi altri cattolici, con spiritualità diverse, con carismi diversi, ci ho messo un po’ di tempo. Con gli anni ho scoperto che la chiesa è molto ricca e che fedeltà al magistero non significa inginocchiarsi durante il ringraziamento o conoscere le litanie lauretane in latino o avere dieci figli. Quelli sono modi in cui si può esprimere la propria vocazione cristiana, ma anche no.
          L’ottima formazione che ho ricevuto da ragazza mi aiuta a riconoscere le derive verso l’infedeltà e l’eresia quando incontro persone di chiesa che si costruiscono la propria personale religione. Ma il confronto continuo con persone che hanno storie diverse dalla mia mi apre gli orizzonti e mi insegna un po’ cosa si intende davvero per chiesa cattolica.

          1. lidiafederica

            Eh sì…sono stata fortunata. Anche io ci ho messo un po’ a conoscere spiritualità diverse dalla mia, ma sono molto contenta di averlo fatto.
            Poi, anche io ho sentito o visto cose sbagliate: a parte i miei amici (ma loro non sono sacerdoti), e vabbè, ho visto laici dare la Comunione in chiesa, anche a me una volta hanno chiesto di farlo..oppure a catechismo mi avevano insegnato a prendere la comunione in mano (ma questo è legittimo). Però devo testimoniare di una piccola rivoluzione negli ultimi quattro-cinque anni: almeno nelle parrocchie vicino casa mia l’Eucaristia viene distribuita solo ed esclusivamente dai sacerdoti, o dai laici MInistri dell’Eucarestia.
            Il parroco della parrocchia vicino a me ha introdotto la Messa in latino (ma col rito nuovo), il canto gregoriano in latino durante la Messa, adorazioni eucaristiche, catechesi su S.Paolo, nella mia parrocchia fanno adorazione eucaristica tutti i giovedì, e ogni lunedì catechesi per adulti udite udite leggendo il Compendio del Catechismo. Insomma, ortodossia e vita sacramentale fiorente 🙂

            1. Alessandro

              L’OPPOSTO della mia esperienza.
              Se vuoi farmi venire un travaso di bile dillo, sei sulla buona strada… 🙂

      2. Lidiafederica e Alessandro: mi sembra che siamo sostanzialmente d’accordo. Il punto forse non è mettere una k ai fedelissimi (ferma restando la legittimità dell’uso auto-ironico a cui accennavo), ma mettere un argine agli infedeli. Per i semplici sarebbe relativamente facile, basterebbe ripartire con la diffusione del catechismo e della buona dottrina (v. dunque il prossimo anno della fede), ma ci sono i cosiddetti “cattivi maestri”: teologi, membri del clero, persone inlfuenti, che hanno fatto opera di distruzione sistematica. Bisogna vedere cosa si insegna in alcuni seminari, che testi si usano, per comprendere bene da dove viene il danno. La nostra fede è certamente sotto l’insegna dell’et-et, ma non è una brodaglia indifferenziata: di brodaglie così, nessuno ne sente il bisogno. La liturgia inoltre è certamente importante, lex orandi lex credendi, e non ne faccio certamente una questione di dialettica tra le due forme del rito romano ( premesso che in concreto preferisco digerire mille rospi in parrocchia, piuttosto che cercare una sola Messa non in perfetta comunione con Roma), ne faccio invece questione della teologia che informa la liturgia: in molte Messe a me viene da pensare che se ci fosse una fede incrollabile nella Presenza Reale, ci si comporterebbe diversamente.

        1. Alessandro

          Sono d’accordo con te.
          Quoto soprattutto questo: “in molte Messe a me viene da pensare che se ci fosse una fede incrollabile nella Presenza Reale, ci si comporterebbe diversamente”.

  2. Ho visto le immagini del funerale del capo della (Ko)rea del Nord con la gente che piangeva(o pareva che piangesse?)e si disperava (o pareva?) e ho sentito e letto i commenti della nostra stampa tutti perfettamente concordi nel definire quelle scene come essere la dimostrazione della lavatura di cervelli che è stata fatta dal regime, o ancora peggio (o no?) come tutta una messa in scena organizzata. Mi sono subito venuti in mente tutti i funerali pieni di folla di tutti i tipi con scene di fanatismo collettivo di massa conclamato. Non da ultimo il funerale dell’ultimo Papa morto. Bisognerebbe pure, (o no?) paragonare (tutte) queste parate con lo stesso(anche) metro di misura.
    Ho sempre guardato con diffidenza e quasi paura le grandi comunità con un capo (peggio ancora se carismatico)alla guida. A questo proposito tengo fermo il paradosso dei fratelli Marx: non vorrei mai appartenere a nessu n club di cui io fossi membro!!!

  3. Alessandro

    Sulla Riforma liturgica sono in gran parte d’accordo con quello che dice Mons. Inos Biffi recensendo un libro di mons. Brunero Gherardini

    “In particolare le “Memorie e digressioni di un italiano cardinale” [del cardinal Giacomo Biffi] si soffermano sulla costituzione liturgica “Sacrosanctum concilium”. Alla sua apparizione, ricorda il cardinale, «mi sono molto rallegrato. Tutto il più intelligente ed equilibrato movimento liturgico – che negli anni precedenti avevo seguito con passione – trovava qui la sua massima accoglienza e il suo coronamento. Di qui è partita, provvidenziale e inarrestabile, la riforma che tanto avevamo auspicato». Indubbiamente «di qui la più sconcertante insipienza ecclesiastica ha preso arbitrariamente le mosse per le sue vistose aberrazioni (…) Ma di ciò questa Costituzione è incolpevole».

    Continuando, Giacomo Biffi mette in luce le provvide riforme intese a rendere effettivamente possibile una «pia e attiva partecipazione dei fedeli» alla celebrazione, per cui «un totale e perfetto ritorno alle forme che prima del Concilio erano normali per le celebrazioni meno solenni sarebbe in esplicito contrasto con l’insegnamento e con la volontà del Vaticano II». Il cardinale non manca poi di osservare che, se «il Concilio non aveva né voluto né previsto la totale scomparsa del latino dalle nostre celebrazioni», già nei “Praenotanda” del nuovo messale riformato «la Santa Sede era addivenuta a una concessione generale».

    E, infatti, dopo la menzione del testo conciliare: «L’uso della lingua parlata può riuscire spesso di grande utilità per il popolo» (36), si afferma: «L’entusiasmo con cui questa decisione è stata dappertutto accolta, ha portato, sotto la guida dei vescovi e della stessa Sede apostolica, alla concessione che tutte le celebrazioni con la partecipazione di popolo si possano fare in lingua viva, per rendere più facile l’intelligenza piena del mistero celebrato» (Proemio, 12). A parere del cardinale: «Una licenza soltanto parziale, con il risultato di avere una “liturgia bilingue”, non poteva sostenersi a lungo; ed è quindi a mio parere giustificato che si sia oltrepassato il dettato conciliare».

    Mi sembra dissenta affatto da questa valutazione della “Sacrosanctum concilium” il teologo Brunero Gherardini, che le riserva una serie di accuse a mio avviso non fondate e non condivisibili (“Concilio Vaticano II. Il discorso mancato”, Torino, Lindau, 2011, pagine 111, euro 12). A essere inaccettabile è anzitutto la non distinzione tra il dettato del Concilio, i successivi interventi applicativi autorevolmente promossi e guidati, da un lato, e, dall’altro, gli sconsiderati arbitrî del postconcilio, di cui, tuttavia – come osservava il cardinale Giacomo Biffi – la «Costituzione è incolpevole».

    Del tutto condivisibile quanto è detto da Gherardini sulle «assurdità antiliturgiche compiute in nome del Vaticano II» e sulla «rozza situazione d’anarchia liturgica ch’è sotto gli occhi di tutti»; non credo però che se ne possa attribuire la responsabilità diretta o indiretta al Concilio stesso. Veramente anche Gherardini riconosce la validità e la precisione dei principi di riforma enunciati dalla “Sacrosanctum concilium”, che «nel loro insieme ed ognuno per se stesso, son di cristallina chiarezza, di tempestiva puntualità e di prudente equilibrio», ma alla fine questo non gli vieta di imputare alla medesima costituzione di essere la causa delle rovinose derive succedute, e in particolare dell’antropocentrismo e orizzontalismo liturgico, di cui conteneva i germi e l’inclinazione.

    Del resto, secondo Gherardini, l’antropocentrismo, il naturalismo, l’orizzontalismo erano state «le note dominanti», dell’«incauto movimento liturgico», per esempio quello rappresentato da Beauduin, Parsch e Casel, obiettivamente responsabili, di là dalla loro «rettitudine d’intenzione», «d’aver almen in parte invertito la marcia del movimento liturgico, incentrandolo sull’uomo». Un’affermazione del genere non mi pare proprio sostenibile nei confronti né di Casel, per il quale, in sintonia con la concezione patristica, la liturgia ripresenta nella forma del sacramento l’opera della salvezza, né di Beauduin, impegnato a rendere attivamente orante la comunità cristiana, né di Parsch, meritevole di aver iniziato il più possibile il popolo all’intelligenza della liturgia. A meno di ritenere che l’opera pastorale consistente a favorire la partecipazione sempre più attiva dei fedeli all’azione liturgica sia segno di antropocentrismo e orizzontalismo.

    Del resto, Pio XII nella “Mediator Dei” (1947) non esitava a scrivere: «Verso la fine del secolo scorso ed agli inizi del presente, si ebbe un singolare fervore di studi liturgici, cosicché si sviluppò una encomiabile ed utile gara, le cui benefiche conseguenze furono visibili sia nel campo delle sacre discipline sia nella vita spirituale e privata di molti cristiani», con questi esiti: una «partecipazione ai Sacramenti più larga e frequente», «le preghiere liturgiche più soavemente gustate», e «il culto eucaristico considerato come veramente è il centro e la fonte della vera pietà cristiana».

    Se, per un verso, Gherardini riconosce al Concilio una «visione soprannaturale della sacra liturgia» – la si definisce, infatti, in accordo con la Mediator Dei, «opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, azione sacra per eccellenza» (7), e la concezione non potrebbe essere più teocentrica e “verticalista” – per l’altro verso non esita ad asserire che «l’orizzontalismo vi faceva capolino», anzi si giunge a dire che esso si rivelava «il punto focale inteso e prefissato»: in poche parole, un Concilio schizofrenico, che pensa una cosa e ne fa un’altra. Da qui, sempre per Gherardini, «l’entusiastica disponibilità per ogni proposta di novità e correlative concessioni entro l’orbita dell’ormai diffuso orizzontalismo» ed è come definire i Padri conciliari degli spensierati, senza criterio. La prova sarebbe «il no alla “rigida uniformità”, “il rispetto e la valorizzazione delle qualità e delle doti d’animo delle varie razze e dei vari popoli”». Senonché, questa stessa espressione la troviamo nel motu proprio “Sancta Dei Ecclesia” del 1938, dove si dice, che, secondo con il pensiero (mens) dei Romani Pontefici, «la varietà degli elementi liturgici, introdotta tenendo conto delle peculiari disposizioni e dell’indole dei popoli (“ex peculiari populorum ingenio atque indole”), non solo non ripugna all’unità della santa fede e del culto divino, ma, al contrario contribuisce al suo apprezzamento e alla sua lode».

    Ancora, Gherardini è persuaso che il Vaticano II, parlando a proposito della liturgia di «una parte immutabile perché d’istituzione divina, e di parti soggette al cambiamento (…) qualora vi si fossero insinuati elementi meno rispondenti all’intima natura della Liturgia o si fossero resi meno adatti», abbia fatto «di qualunque innovazione un gioco da ragazzi»: ma né i Papi né gli organismi competenti della Sede Apostolica mi pare si siano comportati da ragazzi, ammettendo, in applicazione del Concilio, «qualsiasi» innovazione, anche se più deplorevoli dei ragazzi furono – e sono – gli autori delle «vistose aberrazioni», come le chiamava il cardinale Biffi.

    Può essere comunque pertinente notare che ancora la “Mediator Dei” asserisce: «La sacra Liturgia, consta di elementi umani e di elementi divini: questi, essendo stati istituiti dal Divin Redentore, non possono, evidentemente, esser mutati dagli uomini; quelli, invece, possono subire varie modifiche, approvate dalla sacra Gerarchia assistita dallo Spirito Santo, secondo le esigenze dei tempi, delle cose e delle anime».

    È proprio sicuro Gherardini che, dopo la promulgazione della Sacrosanctum concilium, nel tempo delle varie riforme, lo Spirito Santo abbia sonnecchiato o sia andato in ferie, lasciando la stessa sacra Gerarchia, rappresentata da Paolo VI o da Giovanni Paolo II, affatto sprovveduta della sua assistenza e in preda alla loro “cupiditas rerum novarum”?

    E forse è il caso di tornare alla “Mediator Dei” per leggervi che «la Gerarchia Ecclesiastica ha sempre usato di questo suo diritto in materia liturgica, allestendo e ordinando il culto divino e arricchendolo di sempre nuovo splendore e decoro a gloria di Dio e per il vantaggio dei fedeli», e che essa «inoltre non dubitò – salva la sostanza del Sacrificio Eucaristico e dei Sacramenti – di mutare ciò che non riteneva adatto, di aggiungere ciò che meglio sembrava contribuire all’onore di Gesù Cristo e della Trinità augusta alla istruzione e a stimolo salutare del popolo cristiano», altresì riportando in uso e rinnovando (“in usum revocare, iterumque renovare”) «pie istituzioni venute meno col tempo» (“pia instituta temporis decursu obliterata”).

    […]

    Un’attenzione speciale è riservata da Gherardini alla questione del latino liturgico. È affatto incontestabile e attuale il suo valore. Né vanno taciuti i risultati scadenti e persino gli errori – qualcuno di carattere teologico – di certe versioni in italiano, giustamente rilevate da Gherardini; ecco perché, come scrive il cardinale Biffi, si deve richiamare con vigore «la disposizione a celebrare nelle domeniche e nelle feste, almeno nelle chiese cattedrali, una solenne eucaristia latina (ovviamente secondo il messale di Paolo VI)».

    Mi chiedo però se non siamo, per usare un eufemismo, oltremodo sopra il rigo, ritenere, come fa Gherardini, che «con la sostituzione del volgare al posto del latino» si «intese privilegiare l’uomo, non già elevandolo mediante il sacro rito ai livelli del divino, ma abbassando il rito al livello dell’uomo, della sua condizione storicamente delimitata», quasi che nella liturgia sia la lingua e non la grazia a elevare «ai livelli del divino» o quasi che questi si trovino abbassati, se i fedeli comprendono immediatamente i testi nel loro idioma abituale. Il principio enunziato da Bugnini: «Nessuna parte dell’azione sacra si giustifica in una lingua non compresa dal popolo» è perfettamente accettabile. Dovrebbe essere chiaro che il «mistero» cristiano è ben altra cosa dell’«arcano» profano.

    Abbiamo letto l’illuminato pensiero del cardinale Biffi sulla non sostenibilità a lungo di una licenza soltanto parziale con il risultato di una «liturgia bilingue». E infatti l’uso sempre più ampio della lingua volgare aveva come intenzione, ed ebbe come felice traguardo, quella «partecipazione attiva dei fedeli» «ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa» di cui già parlava nel 1903 Pio X nel motu proprio “Tra le sollecitudini” e fu ininterrottamente richiamata dai Sommi Pontefici successivi, fino a Pio XII, che avviò le prime e decisive riforme liturgiche.

    I grandi imputati di questa introduzione della lingua volgare sono i Papi. Al possibilismo del Vaticano II, sostiene Gherardini, al «suo aprirsi pregiudiziale verso tutto quello che fosse – o apparisse – esigenza dell’uomo», «provvidero gli uomini del postconcilio, papi compresi», che si trovano così equiparati agli sconsiderati, che, indebitamente richiamandosi al Concilio, ne hanno invece tradito e sovvertito i sani principi e le giudiziose direttive.

    Quanto ai singoli Papi, essi furono Paolo VI, complice di aver adottato il volgare per «simpatia per l’uomo», e Giovanni Paolo II, che per un quarto di secolo ebbe per l’uomo «una vera devozione»: l’uno e l’altro rimasti, in ogni modo, come «le stelle a guardare». Siamo sempre nella linea della tesi preconcetta e inaccettabile che orienta e condiziona tutta l’attorcigliata e infelice ricostruzione di Gherardini.

    Qui mi sembra, però, si sia oltrepassata persino la misura del buon gusto. E allora sarebbe perfettamente inutile anche il semplice rilievo che la liturgia non esiste perché Dio renda culto a se stesso, ma perché l’uomo lo possa lodare e glorificare attraverso i sacri riti celebrati «attivamente e in piena consapevolezza», e così ricevere la grazia della salvezza.

    E, di fatto, non hanno mirato ad altro le riforme conciliari che, se hanno avuto dei limiti, che si possono o si devono correggere, soprattutto hanno arrecato immensi benefici. Quello del Vaticano II può essere un opportuno discorso da fare: ma un conto è fare un discorso, un conto è denigrare.”

    (da Inos Biffi, Riletture conciliari, L’Osservatore Romano, 15 aprile 2011)

    1. Anche don Piero Cantoni è intervenuto autorevolmente nel dibattito, con il suo libro ‘Riforma nellla continuità. Vaticano II e anticonciliarismo’, nel quale prende fortemente le distanze da mons. Gherardini. Il punto, secondo me, è in sintesi il seguente: ogni interpretazione di rottura del CVII ( sia da parte di chi deplora tale rottura, sia da parte di chi la esalta) porta a una visione distorta del Magistero e, alla lunga, della dottrina. Solo un’ interpretazione dell’ultimo evento conciliare in continuità con la Chiesa di sempre porta a disinnescare le mille derive post-conciliari avvenute in nome ( o in opposizione) allo ‘spirito’ del concilio. La questione liturgica è da inquadrare in quest’ambito: nel suo bellissimo ‘Introduzione allo spirito della liturgia’, l’allora cardinale Ratzinger metteva a fuoco pregi e difetti della Riforma e proponeva alcuni correttivi. Tali correttivi, non appena eletto Pontefice, li ha messi in pratica in prima persona, consapevole che la liturgia è un corpo vivo e palpitante, il cuore pulsante della fede, e difficilmente sopravviverebbe a un’altra operazione a tavolino come quella subita con la riforma di Bugnini. Ora forse ha bisogno maggiormente di cure dolci, tempi lunghi, riflessione, sedimentazione. In questo la forma straordinaria può essere anche un buon punto di riferimento, per arrivare a quella che da tempo viene definita la Riforma della Riforma. Badate bene, non intendo una contaminazione tra le due forme, che sarebbe un obbrobrio, ma una lenta revisione della forma ordinaria, che in molti punti ha lasciato eccessiva mano libera all’abuso e in altri ha consentito (non voglio dire favorito, ma consentito) un’interpretazione non cattolica. Il tutto senza mettere in alcun modo in dubbio la validità e la santità di un rito accolto ormai da quattro pontefici.

      1. Alessandro

        Penso che la Riforma abbia bisogno, per dispiegare il suo valore provvidenziale, di tempi lunghi, nei quali occorre che pastori coraggiosi e prudenti (quanto può fare il Papa nel nominare i Vescovi “giusti”!) aiutino i cattolici a scoprire e riscoprire il senso intimo e profondo della Liturgia. Penso che se i seminari sfornassero un “personale” più qualificato (per così dire), si diraderebbero gradualmente abusi e sciatterie che infestano la forma ordinaria e che non sono imputabili alla Riforma ma a suoi applicatori disinvolti ed ideologizzati. E, forse, anche a una certa fretta nell’applicarla, che, interagendo con il deragliamento ecclesiale post-sessantottino, ha inibito che la Riforma sprigionasse i propri indubitabili pregi, e ha finito piuttosto per enfatizzarne taluni limiti.
        Passate la fretta nonché la sbornia postconciliare, è tempo che i tesori della Riforma possano risplendere a beneficio di tutti, e che con paziente oculatezza si ragioni su taluni limiti, che comunque non sono tali da inficiarne – come bene dice perfectioconversationis – validità e santità.
        Il Papa – come d’altronde sta facendo (anche questo notava perfectioconversationis) – deve dettare la linea, con paziente risolutezza.

  4. A proposito della liturgia concordo su quanto già detto, che cioè il anche il messale “di Paolo VI” ha indubbie ricchezze e che va valorizzato. Mi permetto di segnalarne alcune di queste ricchezze, perché capita assai più spesso di sentir sottolineare ill perfettibile rispetto a ciò che già è non solo buono, ma un oggettivo miglioramento.

    1) L’ampliamento del lezionario.
    Questo per me è il vero punto forte della riforma conciliare, oggi nell’intero ciclo liturgico (portato per questa ragione a un triennio) si legge l’85 % della Bibbia, significa che se un cristiano partecipa alla Messa ogni giormno per tre anni ha ascoltato praticamente tutta la Bibbia. Vi par poco? Inoltre le rubriche dello stesso messale consigliano anche nei giorni feriali una breve omelia per aiutare i fedeli a ricevere il mistero della Parola.

    2) I nuovi canoni eucaristici.
    Il canone cosiddetto romano, di venerabile tradizione, è stato affiancato da altri non meno venerabili, come il secondo, di derivazione anche più antica, o il quarto (e vi par poco bello il quarto? Io lo preferisco al primo francamente) e da alcuni moderni, ma non per questo da sottovalutare, i due cosiddetti della Riconciliazione ad esempio io li trovo splendidi, soprattutto il primo.

    3) L’ampliamento delle orazioni collette e il loro riferimento alla sacra Scrittura.
    Sono state recuperate in molti casi (ad esempio per la Pentecoste) orazioni antichissime e cadute in disuso, sono state aggiunte moltissime nuove collette e in generale molti nuovi testi che mediamente sono di grande ricchezza. A livello di testi liturgici (e non di rubriche) poco è stato tolto e moltissimo aggiunto, quindi in generale misembra che si sia trattato di un obiettivo arricchimento, non di un impoverimento della liturgia

  5. Lidiafederica ha scritto:
    Poi, sono stata molto protetta: da quando avevo 12 anni frequento l’Opus Dei, e ne sono membro da quasi otto anni,

    ————-
    Nientepopodimenoché 🙂

  6. JoeTurner

    credo anch’io che purtroppo il problema siano i preti spesso un po’ piacioni, protagonisti ( e c’entri poco la deriva conciliare o con il motu proprio). Parlavo proprio qualche giorno fa con un giovane sacerdote molto in gamba, quando io gli ho detto che mi piaceva molto la sua messa che la trovavo molto sentita e partecipata spiritualmente non come le messe “scaciate” della mia parrocchia, mi ha risposto che lui non fa altro che NON aggiunge una parola (a parte l’omelia) al messale di Paolo VI. Allora mi è tornato in mente il battesimo di mia nipote e del prete-Fiorello che “celebrava”….

    1. Giuseppe

      Faccia vecchia con nome nuovo o nome nuovo con faccia vecchia?
      Così per curiosità..

  7. Per quanto riguarda i “preti sciatti” vorrei suggerire un applicazione anche a questo contesto del metodo della “sottomissione attiva” che così bene funziona nel matrimonio.
    Se andate dal vostro parroco sciatto e gli proponete di celebrare secondo il vetus ordo è probabile che vi riderà in faccia, ma se invece con atteggiamento serio e collaborativo proponete qualche suggerimento concreto per aumentare la sensibilità liturgica dell’assemblea è difficile che non troviate ascolto.
    La diocesi di Roma a questo proposito ha stampato un preziosissimo libretto “L’eucaristia fa la Chiesa”, che con linguaggio semplice e piano narra in sintesi la storia dell’Eucaristia e spiega i segni liturgici aiutando a viverli. In sei mesi a Roma ne sono state distribuite diecimila copie ed è in ristampa.
    Ma se proponete al vostro parroco l’utilizzo di uno strumento simile difficilmente potrà obiettare qualcosa

    1. lidiafederica

      Ciao don Fabio,

      ho scritto nel commento su che nella mia Prefettura (non so quale, abito a Balduina) nelle parrocchie ci sono parroci e tutti i presbiteri che io conosco in gambissima, hanno introdotto una Messa in latino (rito nuovo) a settimana, adorazioni eucaristiche, catechesi condotte sul Compendio del catechismo, canto gregoriano co organo (oltre alle chitarre, che personalmente trovo molto belle se ben suonate), gruppi di ascolto per sopperire alle necessità dei fedeli soli o alcolisti (per vivere la carità), etc. Insomma, io non mi posso proprio lamentare. nella mia parrocchia dopo anni di morte civile un ragazzo e un sacerdote hanno persino creato un gruppo giovani e adesso i ragazzi fanno i chierichetti durante la Messa..
      Inoltre un’iniziativa fighissima è quella della catechesi del lunedì a Ponte Milvio, conosce? Un sacco di miei amici ci vanno e sono entusiasti!
      Infine, anche a me il rito nuovo piace molto, anche se il tridentino mi piace pure tantissimo: soprattutto penso che la partecipazione attiva del popolo sia importante, pesno che la tentazione di pensare alle parole in latino come a una mezza formula magica incomprensibile a cui il popolo non ha accesso ci sia, nel Rito Tridentino. Io vedo questo problema nel rito bizantino, sia cattolico che ortodosso: In russo non si dice “partecipare alla Messa” ma “prostojat’ sluzhbu”, letteralmente “farsi in piedi la Messa” (perché, fra inchini e lingua liturgica incomprensibile, la gente non fa altro). Adesso che ci penso, anche in italiano si diceva “ascoltare la Messa” quando in realtà la Messa è partecipazione…penso che nel nuovo rito questo sia più plastico.

      1. Alla Balduina? Se ti affacci alla finestra ti vedo! Io sono sotto di te, al Villaggio Olimpico, Ponte Milvio dall’altra parte, per capirci.
        Io credo che complessivamente la diocesi di Roma sia sopra la media sotto molti aspetti, non ha la grande tradzione oratoriana milanese (ma come si vede in questo post questa tradizione spesso ha portato grandi guasti), in cambio però la presenza dei movimenti e degli ordini religiosi (tutti i movimenti egli ordini religiosi hanno una rappresentanza a Roma), e delle facoltà pontificie garantisce un apporto di grande freschezza e profondità, nonché un sano pluralismo. Inoltre la caritas di Roma è giustamente un modello di organizzazione (e anche di contenuto) per quasi tutte le caritas diocesane…
        Insomma si, complessivamente la Chiesa di Roma è non dico in buona salute (viaggiamo comunque su percentuali spaventose), ma meno agonizzante di tante altre, per cui è logico che noi avvertiamo meno certe problematiche

  8. nonpuoiessereserio

    Kappa o non kappa, adulti o infanti, queste sono sottigliezze intellettuali. La gente ascolta la Chiesa quando essa li tocca da vicino. Gesù ribaltava tutte le leggi ebraiche, quella è teoria, non la nega ma è lontana dalla vita. Gesù dice di amare il prossimo, di farsi prossimo, le beatitudini e così via, guarisce i malati, risorge i morti, trasforma l’acqua in vino (grand’uomo), moltiplica i pani e i pesci, è sensibile con i peccatori e offre loro il perdono, gioca con i piccoli (evidentemente era simpatico). I preti, i vescovi e noi dobbiamo fare lo stesso. Il resto è un filosofeggiare inutile, ti può gratificare lo spirito in alcuni momenti ma non avvicina le genti a Dio.

      1. Alessandro

        Sì, dopo il tuo funambolico paragone tra i funerali di Kim Jong e quelli di Giovanni Paolo II se ne avvertiva il bisogno davvero 🙂

    1. fefral

      bello Lui’, alla fine se riuscissimo solo ad essere un po’ tutti un po’ più come Gesù non ci sarebbero K o cattolici adulti ma solo amici di Cristo

  9. Chiaramente c’è stato un errore. Qualcuno si è sbagliato. Io comunque faccio finta di niente. Mi hanno messo tra gli undici libri dell’anno, nella rubrica Billy del tg1. Ringraziando inginocchiatamente ossequiosamente chi ha pensato a me (Bruno Luverà?), a questo punto oso sognare di non arrivare ultima, e vi chiedo di votare.
    Per votare clicca QUI

    1. Alessandro

      Avviso agli internauti che passassero di qui.

      Se viene proclamato libro dell’anno quello della Marzano avrò un travaso di bile (anche il successo di Maraini mi procurerebbe seri scompensi).
      Un buon modo per evitarmelo è votare per Miriano (che ha pure scritto un libro molto più bello).

      Grazie di cuore

      1. Ho votato. Il successo della Maraini seccherebbe alquanto anche me. La Marzano non l’ho mai sentita. Che frequenti le librerie sbagliate?

  10. Francesca Miriano

    Ho votato ,Cochi ma non so se ‘ha preso’.! Comunque complimenti.Anche se i nostri punti di vista sono come materia e antimateria ,hai smosso le acque e fatto discutere quindi hai fatto bene il tuo lavoro che di questi tempi e una gran cosa. E poi quando mai avrei conosciuto il mondo dei Kattolici con tre K senza il tuo blog?Anche se l’80% delle volte che leggo alcune opinioni mi incazzo resto dell’idea che la tolleranza è alla base di una società civile, quindi : comprendere le ragioni di tutti e lottare perchè siano riconosciute le proprie.
    Un abbraccio forte.

    1. lidiafederica

      beh io mi arrabbio anche circa l’80% delle volte che leggo i commenti sul blog, eppure sono “kattolika”…forse non dipende da questo 🙂

        1. lidiafederica

          ehi Fefral! Ma la “k” ce l’ho!
          Esaminiamo: vado a Messa ogni giorno – dico il Rosario ogni giorno – mi piace il Rito Tridentino – ho lo Scapolare – prego in latino – ascolto il Papa ( e mi piace) – non vado a letto col mio ragazzo…me la sarò guadagnata ‘sta “k”! 🙂

  11. Sono andato a vedere quali sono i libri in finale…
    Non so cosa dire, provo, soprattutto inbarazzo e disagio per lo stato della nostra cultura,
    a questo punto sarei anche io contento che vincesse la nostra gentile padrona di casa, non è colpa sua se gli altri concorrenti sono quello che sono; basta poi che si trattenga dal proferire è stato tutto merito della Madonna e dei rosari eccetra…

    1. angelina

      è stato tutto merito della Madonna e dei rosari eccetra…

      intendi quando rilascerà la sua prima dichiarazione dal podio, in mondovisione? Interessante, ….fossi Costanza ci farei un pensierino…..

  12. Francesca Miriano

    Nessuno dice nulla di Pansa?E’ un dato sensibile? Io sono a corto di antiemetici.

  13. Roberto

    Lidiafederica, davvero, stai facendo venire anche a me un travaso di bile 😀

    Alla fine di novembre mi sono fatto convincere ad accompagnare una mia collega che (faceva) la catechista a un incontro con tale don Doglio, biblista della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (a quanto c’è scritto sul sito della diocesi di Tortona).

    http://www.diocesitortona.it/

    Una folta infornata di preti e laici, suore, catechisti e quant’altro: l’ex cinema dove si svolgeva la conferenza era pressoché pieno.
    La diocesi di Tortona, molto servizievolmente, ha messo on-line il file mp3 della conferenza, a cui rimando. Ovviamente non chiedo a nessuno ascoltare tutto, ma giusto di saltare alla fine e ascoltare i pochi minuti da: ora 01.09.30 in avanti.
    Qui il biblista rispondeva all’ultima domanda della serata, che chiedeva lumi circa certe posizioni del “teologo”, “cattolico” Mancuso.

    http://www.radiopnr.it/download/Spazio%20Diocesi/2011/30-11-11%20Conferenza%20%20Don%20Doglio.mp3

    I due punti più interessanti:

    “non è la Chiesa che ha parlato della morte per invidia del diavolo, è il libro della Sapienza. E’ un testo pre-cristiano presente nella Bibbia. Purtroppo la banalizzazione che avviene nella Chiesa talvolta ha detto che la morte è stata prodotta dal peccato originale. Come se non ci fosse stato il peccato non ci sarebbe stata la morte. Di fatto il testo come ho cercato di dire mostra gli aspetti negativi della realtà [eccetera eccetera]

    Dobbiamo stare attenti alle banalizzazioni. Anche quando parlate coi bambini non siate mai banali. [eccetera] Questo testo ha una valenza mitica per spiegare il senso complessivo e quindi non possiamo poi arrivare a delle conclusioni elementari, come dire ‘se Adamo non avesse peccato allora non si morirebbe?’ non – non – sì il bambino può farla. E’ una domanda da non fare invece perché il racconto sta dicendo che è l’angoscia della morte un effetto del peccato. [eccetera]”

    Ora, voi capite che non un prete suora catechista si è alzato per fare notare al famoso biblista, sponsorizzato dal Vescovo (quella sera comunque non presente) che aveva detto un’eresia anatematizzata dal Concilio di Trento.
    Capito: non è la Chiesa che parla della morte “per invidia del diavolo”!! E’ quel libraccio della Sapienza, che in fondo, si sa!, è un libro precristiano (no, ma rendiamoci conto… ha detto: ‘precristiano’; ma perché, la Genesi no?) e che quindi non si può prendere troppo sul serio!!

    Questo verrà spiegato e trasmesso. Questo insegneranno le catechiste ai bambini (!), questo le future insegnanti di religione, questo i preti… qualche giorno dopo uno l’ho preso da parte e mi ha detto “bhe, ma in fondo si sa che il peccato originale è una metafora dei peccati del mondo…” e gli ho dovuto spiegare io che no, non è così affatto, e si finisce dritti e filati in braccio al manicheismo a credere e insegnare il peccato originale in questo modo.

    E a me sale l’istinto del serial killer, c’è poco da fare…

      1. Roberto

        Differenza enorme, Alvise!
        Per spiegarti con un esempio per analogia, è come se qualcuno affermasse che i demoni sono usciti così, tali quali, dalle mani di Dio.
        E’ come affermare che la morte, il dolore e di conseguenza l’inclinazione irresistibile aòl peccato sono voluti e preveisti ab origine da Dio.
        Le conseguenze sono una delle due:
        – in Dio c’è il male. Questa è la gnosi. Alla fin fine, ciò significherebbe che Dio è nemico dell’uomo;
        – il male, il peccato, il dolore non sono qualcosa di sbagliato a cui opporsi. Fanno parte del progetto originario di creazione. Sfociamo nelle religiosità orientali.
        Più in generale, la lotta interiore ed esterna non sono necessarie alla santità. Non c’è un modello a cui sforzarsi, attraverso la Grazia, ad assurgere. La sozzeria che siamo, è la sozzeria che Dio ha voluto che fossimo. In definitiva, ciò significherebbe che la crocifissione stessa di Nostro Signore Gesù Cristo è una beffarda presa in giro di Dio a nostro danno. Noi siamo privati della ragione principale per tendere a un continuo accrescimento e a sforzarci ad opporci al male.

        Le conclusioni di questa premessa teorica cono, in un caso o nell’altro, devastanti. Vuol dire che stavo nella Verità ai tempi della mia ultrapessimista e agnostica adolescenza.

        1. Giuseppe

          il male, il peccato, il dolore non sono qualcosa di sbagliato a cui opporsi. Fanno parte del progetto originario di creazione. Sfociamo nelle religiosità oriental
          Religioni orientali sta cippa: stringi stringi e questo è Lutero allo stato puro.

          1. Roberto

            Non sono convinto. Lutero credeva “troppo” nel peccato originale. Lutero non riteneva sbagliato opporsi alla propria natura umana decaduta. Credeva che fosse inutile.
            Nelle religioni orientali, invece, il concetto (pur esposto molto rozzamente) è che l’uomo è un composto di bene e male, bianco e nero, e che è giusto che essi convivano in quanto fanno entrambi originariamente parte dell’essere umano. Se Lutero è troppo pessimista, le religioni orientali sono… troppo ottimiste.
            Anche questa visione farlocca del peccato originale è “troppo ottimista”: è la mediocrità portata allo stato dell’arte.

    1. Alessandro

      Roberto, spiace dirlo, ma oggi ascoltare quello che dicono molti biblisti espone oggettivamente a un’insidia che minaccia tenuta e purezza della Fede.

      Sopra scrivevo:
      “Un altro sacerdote – e dei più preparati – mi fa chiaramente intendere tutta la sua perplessità sulla transustanziazione, e sul peccato originale come atto compiuto da nostri progenitori. Oltre che la sua allergia a credere negli angeli, a pregare il Rosario, a concedere a Maria madre di Dio l’eccelsa dignità riconosciutaLe nella Chiesa (gli dà uggia, ovviamente, sentir parlare di “apparizioni mariane”).”

      Ebbene, sai in che è preparato quel sacerdote? E’ un biblista.
      E sostiene che Cristo è “il primo dei salvati”, è “il vero protomartire” (non Santo Stefano) e aveva “fede in Dio” (cosicché i malcapitati ascoltatori saranno indotti a persuadersi che la Fede, virtù teologale, ci accomuni nientemeno che a Gesù Cristo). Ti risparmio le congetture sulle tappe evolutive di questa “fede di Gesù Cristo”, quali emergerebbero dai vangeli (o dal vangelo tetramorfo, come direbbe lui).
      E ti assicuro che questo biblista per altri aspetti è molto più ortodosso di altri suoi colleghi (crede nella Resurrezione di Cristo, e sulla teologia morale non ammicca al dissenso).

      Per non parlare di un biblista quasi ottantenne (e quindi – pensavo – meno proclive a certe impennate d’ingegno) dal quale ho sentito criticare Calcedonia (“Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione…”) perché non attinge a categorie bibliche…

      La realtà è questa. Dobbiamo guardarla in faccia.

      1. Roberto

        Purtroppo è così. Per questo io un po’ invidio, ma un po’ anche no, coloro che io definisco “cattolici dalla nascita”. Come dicevi, hanno avuto la fortuna di crescere in un ambiente molto sano, e questo è bello ed è bene. Eppure, forse, forse, manca a molti “il polso” della situazione.
        Se hai dovuto percorrere un’altra strada, invece… ecco, restano segni, ma che possono essere utili cartelli segnaletici.
        Io non mi preoccupo certo per me ma… e gli altri? I tanti che in buona fede ingoiano eresie su eresie? E poi uno può non avere il tempo, le risorse, l’opportunità, l’occasione…
        [i biblisti, comunque, sono in assoluto tra i più pericolosi 🙂 si son gasati in un modo con lo studio storico-critico della Bibbia, che c’è da aver paura… ]

        1. lidiafederica

          sai la differenza? Io i segni che avete voi non ce li ho, ma convivo quotidianamente con atei, agnostici, cattolici tiepidi, cattolici marxisti, di tutto e di più.
          La buona formazione ricevuta non mi rende affatto più “malleabile” o meno “intransigente”. Al liceo ho detto a tutte le mie amiche di non andare a letto col ragazzo, le ho portate a confessarsi, dico a tutti i miei amici che prego il Rosario e vado a Messa ogni giorno…semplicemente, con naturalezza, vedendo anche tutto il bello e il buono che, grazie a Dio, c’è nella Chiesa.

    2. lidiafederica

      sì, ma io che c’entro?
      Ho dato la mia testimonianza: nell’Opus Dei, e nelle parrocchic he ho la fortuna di frequntare, ho sempre e solo visto ortodossia, vita sacramentale intensa e fedeltà al Magistero. Inoltre in Germania ho avuto l’immensa fortuna di capitare in una parrocchia retta da domenicani, con molte giovani vocazioni di domenicani che partecipavano alla vita della parrocchia e del gruppo giovani – ortodosso. L’infedeltà al Magistero in Germania ‘ho letta sui giornali 8ahimé) ma mai vissuta.
      Non dico che la realtà sia tutta qui, dico che, grazie a Dio, questa io ho incontrato.
      Perciò il travaso di bile perché te lo faccio venire?
      Posso anche iniziare a mentire, dicendo che ho incotrato preti corrotti, biblisti anti Magistero, che nella mia parrocchia la Messa è celebrata male e che frequento una pericolosa setta che predica la teologia della Liberazione, se ti fa piacere 🙂

        1. Alessandro

          devi smetterla di fare esibizione di questo cattolicesimo idilliaco in cui sei immersa 🙂
          Mettiti nel miei panni, di uno che ogni brandello di ortodossia se l’è dovuto conquistare coi denti, contendendolo a biblisti creativi, preti eco-pacifisti-sincretisti-liturgicamente “sperimentatori”, insegnanti di religione ammaliati da teologie della liberazione e neomarxismi assortiti, impiegando anni per ottenere un risultato passabile (e ormai son nel mezzo del cammin della vita…).
          Un po’ di empatia! Abbi pietàààà 🙂 🙂 🙂

            1. Alessandro

              Sì, forse sì… non so… ma che devo fare, devo trasferirmi? Cambiare diocesi? Così poi va a finire che con la fortuna che ho arrivo io, cambia il parroco, s’insedia un arciantikattoliko e mi ritrovo daccapo a combattere e a rodermi il fegato… 🙂

            2. lidiafederica

              vieni da noi!!! 😉 Monte Mario, Roma. Ti aspetto, per farti conoscere la beltà dell’ortodossia nelle parocchie romane 🙂

            3. lidiafederica

              Consolati: davanti a me, in bella vista nella libreria, sta “Io e Dio” di Mancuso, libro regalato a mia mamma che se lo vuole leggere, tempo, e io dovrò pure informarmi per sapere che diavolo va a leggersi.

            4. Alessandro

              Buona fortuna. 🙂
              Per me il titolo “Io e Dio”, con quell’Io che si prende la precedenza su Dio, denota già la tracotanza e la pretenziosità dell’autore.

          1. lidiafederica

            dai dai…tu sei di Novara, no? Ecco, sicuramente c’è a NO un sacerdote in gamba, e una bella parrocchia…cmq, scherzi a parte, guarda che io vi capisco…pure a me i travasi di bile vengono, quando sento certe cose allucinanti, anzi…tante volte ho pensato “ah se fossi io Papa li zittirei proprio uno per uno!”, leggendo interventi sui giornali di sacerdoti etc. Insomma, cattolicesimo idilliaco, ma insomma, non vivo in un eremo….

          2. lidiafederica

            (sai, cmq non è che sia stato tutto idilliaco…essere figlia di genitori separati in un ambiente in cui tutti hanno famiglie unitissime e cinque fratelli non è facile, mia mamma (che è praticante e tutto, ma non dell’Opus Dei) per un periodo, durante la mia adolescenza, non è stata felicissima che frequentassi l’Opus Dei e perciò a casa c’era un po’ di tensione, anche perché io diciamo che ero esageratamente intransigente, e invece di stemperare la tensione la acuivo (per fortuna poi ci siamo venute bene incontro, mamma ed io)…diciamo che i problemi ci sono in tutte le esperienze.
            Però sì, la dottrina l’ho sempre avuta retta. Poi, da riceverla rettamente a capirla rettamente ce ne passa …

          3. Alessandro

            però riceverla rettamente è già un buon inizio, se uno la riceve stramba dovrà fare una faticaccia per capirla diritta…

  14. Alessandro

    SONDAGGIO tg1 Billy sul libro dell’anno

    h 20.09 dell’8 gennaio COSTANZA ha superato la MARZANO (evvvvvvvvvvvvvaaai). Secondo gradino del podio (per ora).

    VOTAmiriano VOTAmiriano VOTAmiriano VOTAmiriano VOTAmiriano

  15. –> Lidia Federica, forza Opus!
    Non condivido però la critica generalizzata al rito in Germania tout court: ci sono differenze abissali fra i Länder, ad esempio in Baviera, e quasi dappertutto anche nel Baden-Württemberg, le Messe sono molto belle (oltre ad esserci chiese barocche da mozzare il fiato, ma di questo si parlerà in un’altra puntata, forse)

    1. lidiafederica

      Oh yes, ad Augsburg, dove viveva prima il mio ragazzo, sono andata spesso alla Messa in rito Tridentino, e anche le celebrazioni in rito nuovo erano tutte corrette.
      Io ho vissuto in Renania-Palatinato, a Magonza, e in Sassonia, a Dresda, e occasionalmente a Münster, in Nord-Reno Vestfalia. Diciamo che non ho notato grandi differenze fra questi Laender, ma in generale in Germania il salmo è spesso sostituito da un canto, a volte la domenica la seconda lettura salta. Nella liturgia eucaristica ho sempre trovato tutto corretto (mah, delle volte ci facevano venire tutti attorno all’altare, o ci davano la Comunione in mano e poi la prendevamo tutti assieme dopo), è quella della Parola che a volte è da piangere.

      1. e tte credo, sono tutti Länder a maggioranza, ed orientamento culturale generale, protestante. E non tutti conquistati dai romani. Appunto parlavo di Baviera e Baden-Württemberg.

        1. lidiafederica

          Sassonia e Nord-Rhein Westfalen sì, ma la Renania Palatinato è cattolica.. Cmq, anche in NRW hanno Colonia, col suo duomo, e a Muenster ci ha insegnato Ratzinger.

          1. sono certamente cattolici, altrimenti non staremmo parlando di come celebrano la Messa, non ti pare?
            anche a Berlino, anche a Niimega sono cattolici, per dire. Frei Betto, P. Boff, tutti cattolici, sacerdoti addirittura.
            Quello che intendevo dire è che in Baviera, direi tutta, e nel Baden-Württemberg, quasi tutto, si ha un cattolicesimo ‘più romanocattolicocentrico’, mentre negli altri Länder, il Rheinland-Pfalz è vicinissimo alla Francia, dove pure hanno le loro idee sulla liturgia, si ha un cattolicesimo ‘più germanocattolicocentrico’.

            1. lidiafederica

              No, il fatto che i Laender si dividono in protestanti, come la sassonia, dove il Buss und Betentag è festa, e cattolici, dove, per es. , il Corpus domini è giorno festivo.

              1. sì, ma qui non stavamo parlando delle disposizioni statali, bensì di come vengano celebrate le Messe, le quali sono (dovrebbero essere) cattoliche in tutti i Länder, epperò vi sono differenze, come Tu stessa hai notato ab initio.

            2. Allora si fede che la Lidiafederica che l’8 gennaio 2012 alle 11:00 # aveva scritto:
              Io ho visto alcuni orrori liturgici (soprattutto in Germania, anche se mai la limite dell’invalidità […]),
              era un’altra persona.
              😛

            3. lidiafederica

              Insensé: anche se MAI al limite dell’invalidità 🙂 ergo: erano tutte valide Messe cattoliche 🙂 Bnotte!

              1. E difatti non ho jamais parlé di Messe invalide. Ma questi orrori liturgici de quibus, che tu hai citato per prima, donde saltano fuori? da qualche sacerdote un po’ sciroccato, OPPURE da qualche sacerdote influenzato per osmosi dall’aria (protestante) che respira?
                Ai posteggiatori l’ardua sentenza

      2. Sara S

        Confermo in parte, secondo la mia per ora breve esperienza in Hamburg…
        Belli i canti e soprattutto cantati da TUTTI e BENE!
        Letture (si salva il Vangelo) e Credo spesso saltati e non si capisce bene perchè. Forse per far posto a recite varie di bambini, e altre chicche? Boh. Una volta l’omelia è sta fatta da una laica. L’effetto microfono+pubblico-che-mi-guarda riesce a trasformare persino i crucchi da pezzi di legno a disinvolti showman… ringraziai Dio di non conoscere la lingua e non capire cosa dicesse. La comunione spesso la danno i laici mentre il prete siede comodo a guardare lo spettacolo. Una volta il parroco chiese durante l’omelia di pregare perché la Chiesa aprisse al matrimonio dei preti. (Però poi lo stesso si dimostrò assolutamente intollerante e stizzito dalla democraticizzazione in atto, quando i parrocchiani decisero di intitolare il concerto di Natale in chiesa, “La FIABA del Natale”, contro il suo parere)
        Ma noi, qui, siamo più danesi che tedeschi. Lutero ai suoi tempi, è da riconoscere, fece proprio una grande opera, che ha oltrepassato i confini della sua chiesa (peraltro qui messa malissimo come adesioni) per infiltrarsi anche in quella cattolica…

        1. Non dimentichiamo che Lutero era un monaco agostiniano, e pochi uomini hanno avuto, nel corso della Storia, un’influenza paragonabile a quella di Agostino: anticipando ed ispirando Gregorio VII ed Innocenzo III, egli formulò la richiesta della Chiesa alla supremazia spirituale e politica; sino al XIII secolo egli dominò la filosofia cattolica dandole una tinta neoplatonica, e persino Tommaso d’Aquino, l’aristotelico per antonomasia, talvolta ne accettò la guida. Wycliff, Huss e Lutero credettero di ritornare ad Agostino, quando abbandonarono la Chiesa di Roma, e Calvino basò la sua severa dottrina sulla teoria agostiniana degli eletti e dei dannati; il Vescovo d’Ippona congiunse, ed insieme rafforzò, il momento filosofico e quello mistico del Cristianesimo, aprendo la strada non solo al Dottore Angelico, ma anche a Tommaso da Kempis.

  16. Da biblista (dilettante, perché la mia originaria specializzazione sarebbe la morale fondamentale e mi sono solo riciclato come biblista), permetetemi di dire che la categoria è vasta e composita e accanto a quelli inascoltabili ce ne sono anche (e molti) ortodossi, penso a Vanhoye, Vanni e De La Potterie per quanto riguarda il N.T. e ad Alonso-Schoekel per il V.T. (incidentalmente tre su quattro sono stati miei professori… ahem).
    Sono anche i più grandi, sia da un punto di vista scientifico che da un punto di vista spirituale.
    In teologia, come nell’esegsi, sono le mezze calzette ad essere pericolose, perché non hanno voglia e forza di mettersi a cercare sintesi, ma sposano la prima tesi che si trovan davanti e pazienza per il resto della Chiesa…
    Chi ad esempio accuserebbe Von Balthasar di non essere ortodosso? Eppure agli inizi della sua carriera si trovò a dover giustificare ad esempio la sua amicizia con Karl Barth. del resto perfino l’attuale pontefice in gioventù è stato accusato di esssere un progressista…
    La teologia è ricerca e come tale presuppone una crescita, un’evoluzione, una precisazione sempre maggiore del pensiero, così può accadere, e di fatto accade, che il pensiero di un teologo si corregga via via. Va da sé che è il tempo a dire chi vale davvero e chi no.
    Piuttosto è criminale spacciare l’ultima teoria alla moda come verità accertata e conclamata, l’onestà intellettuale vorrebbe che chi riferisce una sua opinione su una questione ancora aperta dicesse francamente che è una sua opinione, senza spacciarla per verità rivelata, ma questo appunto, lo fan solo le mezze calzette.

  17. nonpuoiessereserio

    Lidia, il non andare a letto con il proprio ragazzo non rende necessariamente migliori, esperienze viste da vicino.

    1. lidiafederica

      lo so, io ho visto gente buonissima andare a letto col ragazzo, poi sposarsi, avere figli e vivere felicissimamente. E, purtroppo, esperienze contrarie….ma credo non dipenda solo da sesso sì sesso no, ma dalla persona.

      1. nonpuoiessereserio

        Detto questo posso pensare che un po’ di mortificazione non faccia male. Ho osservato che gli sms della Madonna vertono sul digiuno dal cibo ma mai dal sesso.

        1. 61Angeloextralarge

          Forse perché chiriesce a digiunare dal cibo, sa digiunare anche da altro?

  18. Giuseppe

    Non so, sarà che ha sei anni sei Paolo VI mi ha accarezzato (eh si son vecchio…) ma il nuovo rito mi piace: si capisce tutto e perciò si ha un buon motivo per non distrarsi!
    Circa le k un grande che la K l’aveva di “anografica” ha detto” la chiesa ha cento porte e non ci sono due persone ad entrarci con la stessa angolazione” (GKC…ma non ricordo dove: scusate)

  19. Però ci si può distrarre benissimo anche in italiano. E il latino è sempre il latino. E a una messa in latino possono partecipare tutti insieme italiani, cinesi, ungheresi, estoni, etiopi e papuasi.
    Quanto all’obiezione che la messa in latino non si capiva. Per quel che ne so, nei libri da messa c’era il testo latino colla traduzione italiana a fronte. O sbaglio?

    1. Giuseppe

      grazie agli ulimi successi internazionali mi pare che l’italiano basti eccome!
      Sicuro ci si distrae eccome anche in italiano anzi a volte la bocca recita tutto, ma la mente è da tutta altrta parte.
      Però, come dire, è casa mia: le case degli altri saran più lussuose o colme di gloria ma non son casa mia.
      E tieni presente che il vecchio rito lo ho visto e non di sfuggiata.
      Mi ricordo ancora quando le suore (poverelle che dispiaceri gli avrò dato) ci portarono nel cortile dove dei seminaristi ci fecero lezione sulla nuova messa, sulla confessione obbligatoria una sola volta all’anno (e come bofonchiava Suor Crocilia, la catechestica: se ne fregò e continuò a portarci tute le settimane a confessionale).

  20. Francesca

    Bene Cyrano, parliamo di come va il mondo oggi. L’hai trovato il libro di mia madre?
    Francesca

    1. Nelle librerie in cui l’ho cercato finora no, anche se in una ho trovato “Crisalide di giovane farfalla” (o una cosa così). Dici che devo ordinarlo online?

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