Ho avuto anche io il mio momento di gloria a sedici anni, esteticamente parlando, come tutte. E’ vero, in seguito una raffina le arti della seduzione, del confezionamento (come trucco e parrucco; vogliamo parlare di certe mie acconciature negli anni ’80?), dell’abbigliarsi in modo presentabile (questa è una minaccia per mia sorella: se parli con qualcuno del mio vestito rosso per i 18 anni e delle sue inenarrabili spalline dirò alla mamma che ti ho vista fumare). Dopo si diventa anche un po’ ragionevoli, probabilmente meno squinternate e forse persino un po’ meno egoiste. Ma mai e poi mai si raggiungerà il pieno fulgore della fine dell’adolescenza.
Nessuna splendida trentenne raggiungerà quella bellezza tesa e carica di promesse. Non parliamo neppure delle quarantenni (come me) che devono imparare le arti della manutenzione e del restauro: nessuna è magra e levigata come Sarah Jessica Parker gratis. Quanto alle cinquantenni, anche luminose eccezioni come Sharon Stone o Madonna, chirurgo estetico a parte, confermano la necessità di un estenuante lavorio estetico che impiegherà un numero crescente di ore quotidiane col passare degli anni.
Insomma, quando ero una sedicenne con le cosce tornite da tre ore di corsa al giorno ero per forza un po’ la reginetta del campo di atletica, anche perché, diciamo le cose come stanno, ero una delle poche galline del pollaio (a correre negli anni ’80 erano soprattutto i maschi). Avevo stuoli di corteggiatori, ma essendo cretina come un’adolescente, ero un’adepta del famoso credo di Groucho Marx – non entrerei mai in un club che mi accettasse tra i suoi membri – e così gli unici ragazzi che mi sembrassero desiderabili erano ovviamente quelli che non mi degnavano di uno sguardo. Vorrei puntualizzare che quando il meccanismo continua a essere questo anche da adulti si può senza esitare ricorrere a Lucy e al suo Psychiatric Help, 5 cents.
Comunque, il mio amico L. era un ragazzo intelligente carino e simpatico, ma per il solo fatto di avere una cotta per me era escluso a priori dal mio orizzonte di interesse. Così quando mi fece una accorata dichiarazione d’amore non pensai neanche per un momento di prenderlo in considerazione. Solo che, avendo una indomabile inclinazione, a compiacere, non sapevo come dirglielo. Mi ricordo che cominciai a esporre il mio no dicendo delicatamente: “guarda… vedi… sai com’è… se ti devo dire la verità…” “NO!” – mi interruppe L. “Perché? Chi l’ha detto? Non mi devi dire la verità, mi devi dire sì.”
A parte che ancora se ci ripenso rido fino alle lacrime, a parte che non so se sia stato L. a ispirarsi a Troisi o Troisi a ispirarsi a L., come che sia l’episodio mi è venuto in mente ascoltando il Vangelo di oggi.
Lo so, a lectio divina lascio un po’ a desiderare, dovrei citare sant’Anselmo d’Aosta e Ilarione e Cirillo di Gerusalemme, e non i miei compagni di atletica ma tant’è, ognuno ha il bagaglio culturale che merita.
Così, quando ho sentito Gesù chiedere al paralitico “vuoi guarire?” ho pensato: che razza di domanda è questa? Certo che vuole guarire, perdinci. Tutti vogliamo guarire. Poi mi sono ricordata.
Siamo sicuri? Siamo sicuri che vogliamo sentirci dire la verità, la parola che guarisce, o come il mio amico preferiamo avere la risposta che vorremmo noi? Siamo sicuri di voler guarire dalle nostre magagne con le quali alla fin fine funzioniamo, stiamo se non comodi almeno assestati nel nostro modus vivendi?
La domanda di Gesù non è superflua. Quando arriva alla piscina trova una folla di infermi. In-fermi, non si reggono in piedi, non stanno nella posizione eretta, da uomini realizzati come quelli che camminano secondo Dio. Gente che non segue il libretto di istruzioni e si è inceppata.
Per questo Gesù chiede “vuoi guarire?”, perché il desiderio è il canale attraverso cui passa il dono di Dio. Ognuno riceve da Dio l’amore e la vita nella misura in cui lo vuole. La nostra libertà è cara a Dio e i suoi doni non ci sono imposti. Il desiderio vuol dire che ammettiamo che qualcosa ci manca, che da soli non ci bastiamo, che siamo creature, ed è questa l’unica cosa che Dio aspetta da noi per agire.
Anche perché il male degli altri ci è molto chiaro, mentre sul nostro siamo pronti a chiudere un occhio, meglio non vederlo, non chiamarlo col suo nome – peccato – perché alla fine è più comodo pensare che siamo fatti così, autosufficienti, autodeterminati. Meglio fare di testa nostra, anche stando paralizzati per trentotto anni, una vita, che guarire accettando che da soli non ci capiamo niente.
Invece ci sono un sacco di regali che aspettano che li chiediamo: nella medaglia miracolosa di Santa Caterina Labourè dalle mani della Madonna partono tanti raggi, alcuni accesi e altri spenti: sono le grazie che Maria, ha spiegato, vuole portarci ma che nessuno chiede (no, non vale chiedere la borsa di Dior, già mi sono informata, Maria intendeva qualcosa di più).
Allora mi consolo: a me con il vangelo di domenica è venuto in mente l’episodio di “Brian di Nazareth” (si consiglia la visione) in cui il cieco nato guarito si aggira imprecando perchè Gesù gli aveva donato la vista e ora gli toccava lavorare per tirare a campare.
Comunque è verissimo: perchè dovrei chiedere di guarire? Per essere felici? Ma “Felicità non è l’anagramma quasi perfetto di Facilità” (Guccini) e pertanto accontentarsi di elemosinare qualcosa (affetto, stima, denaro) ci sembra più comodo; ma come ricordavi qualche post fa “il diavolo non ci induce a pensieri peccaminosi ma a non pensare”.
Concludo dicendo che non sono poi così d’accordo che non si possa chiedere la borsa di Dior: tutto ciò che è bello ci conduce a Dio compresa una borsa; mi piace pensare che, come madre, la Madonna sarebbe anche incline a viziarci un po’ ma giustamente il Padre ci educa anche in questo (e qui i ruoli sono ben chiari) (“Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” Lc 11,13)
brian di nazareth è anche un po’ blasfemo, però
secondo me solo apparentemente, quello che trovo blasfemo è la recita scolastica di mia figlia dove le hanno fatto cantare che a Natale arrivano i folletti e le fatine….
Desiderio di guarire dai dolci peccati, quante volte mi è capitato di chiudere gli occhi e perserverare in una condotta peccaminosa per non sforzarmi di resettare definitivamente ogni residuo di impudicizia e davanti a me c’era il volto di Gesù sofferente e paziente che mi guardava e rimaneva in attesa e capiva la mia debolezza e continuava ad amarmi, eppure io meschino mi coprivo gli occhi per non sostenere il suo sguardo d’amore.
Brava Francesca!
Il regalo di Dio per ogni uno di noi e’ fatto,consumato.Quando lui ha enviato il suo figlio per morire nel nostro posto, basta accetarlo.
Matteo 6:33-cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste altre cose vi saranno date in sovrappiu.
Cara Costanza,
se continuo a legegrti finirò ad andare a Messa tutti i gironi anche io.
p.s. ma chi é francesca????
Errata corrige:
Cara Costanza,
se continuo a leggerti finirò ad andare a Messa tutti i giorni anche io.
p.s. ma chi é francesca????
Il bello delle tue lectio divine, cara Costanza, è che, contrariamente ad altre, molto più altisonanti e con citazioni da tre quintali l’una, sono profondamente incardinate alla vita reale e presente. La tua, e per analogia, quella di noi tuoi contemporanei.
Non a caso i bambini all’omelia stanno attenti solo quando chi predica parla di sè, della sua esperienza quotidiana, e di che piffero c’entra la fede con lo svegliarsi al mattino, andare a scuola, studiare, ecc.
Esperienza diretta: un sacerdote missionario, pessimo oratore, ha tenuto centocinquanta bambini incollati alle panche con occhi puntati a lui e bocca aperta, solo perchè parlava dei suoi ragazzi dell’oratorio in Cina, con parole grezze e a volte senza filo conduttore, ma con una luce inconfondibile negli occhi.
Leggendo tra le righe che ci scrivi, riconosciamo questa stessa luce nel tuo sguardo. Mi sbaglio? 🙂
rileggendomi, mi viene da puntualizzare che non c’è alcuna intenzione di equiparare tra il modo di parlare grezzo del missionario e lo stile di Costanza. Lo dico a scanso di equivoci, anche se può sembrare una excusatio non petita…
acc. ma che pasticcione: c’è un “tra” di troppo nel post precedente =)
Secondo me ci sono due questioni:
da un lato che a volte ignoro i miei stessi desideri, ignoro che ci sia un modo per stare meglio e questo mi accade perchè sono distratta, perchè non ascolto davvero il mio cuore e cosi non sento ciò che grida; dall’altro lato invece non voglio fare la fatica che è richiesta per farmi abbracciare da Gesù anche se so, lo so per esperienza perchè è stato così, perchè vedo la felicità in chi fa così.. eppure rinunciare alla mia autonomia è difficile.. Mi vengono in mente due paragoni: mio marito corre da sempre e vedevo che era contento, ma quando mi dviceva di iniziare io, pur avendo in mano tutte ragioni validissime, non volevo fare quella fatica, quando poi ho preso la decisione e ho iniziato ho potuto vivere anche io quell’esperienza di bellezza che viveva lui con la corsa e ora è una droga anche per me (il 27 Marzo ho fatto la stramilano sotto l’ora.. Costanza e tutti i blogghisti podisti non ridete, perchè per me è un gran risultato!!). L’altro esempio è sui figli: tutti i giorni quando prendo i bimbi dai nonni al ritorno dal lavoro, mia figlia Teresa è arrabbiata con me e non mi vuole nè salutare, sta lì piantata e arrabbiata, quando finalmente la riesco a prendere e ad abbracciarla e la convinco che lasciarsi abbracciare è meglio, lei torna felice… ma non basta che io la OBBGLIGHI ad abbracciarmi, deve esserci una mossa della sua libertà perchè il mio abbraccio “abbia effetto”.
Ciao ciao Cri
grazie a tutti…e bella Cri..l’esempio della tua Teresa rende bene!
Vorrei chiedervi aiuto:a proposito dell’ accontentarsi delle nostre mediocrità..qualche giorno fa mi sono imbattuta in due testimoni di geova(a chi non è mai successo?):a differenza di altre volte in cui affermando di essere cattolica praticante li salutavo gentilmente stavolta non è stato così…forse perchè l’esordio è stato”siamo in giro ad invitare le perrsone alla commemorazione(sottolineo commemorazione) della morte di Gesù che è morto su un palo”…su un palo?no dico scherziamo????da quando in qua i romani ucccidevano la gente mttendola su un palo?????
E allora ho pensato di dover sprecare quei dieci minuti per parlare con loro.
Sono tanti..sempre di più..perchè???? la colpa è sicuramente anche di noi cristiani che ci accontentiamo e rileghiamo la fede ad una messa domenicale e qualche opera buona col risultato che a un certo punto le chiese sono piene di anziani e basta.
Mio marito dice che ho perso solo del tempo e non ha senso stare a parlare con loro perchè sono indottrinati…però domenica mattina alle 10 solo loro erano in giro qui a san Giuliano(cittadina dell’intherland milanese dove la sottoscritta vive)ed eraqno tanti,ve lo assicuro…
quinid cara Costanza sei veramente una benedizione con la tua testimonianza di vita e dico col cuore a tutti i cattolici:svegliamoci!!!!!come dicono i testimoni di geova sulla loro rivista.
Comunque siccome sono de coccio non mollerò il colpo e quando ne incontrerò ancora uno vorrei essere”preparata” a controbattere..quindi(arrivo finalmente allla richiesta di aiuto):qualcuno conosce un sito, un libro che parli di loro e di tutte le cose assurde in cui credono alla luce della fede cattolica?
grazie di cuore
Paola
Mia nonna, nella sua saggezza e semplicità, un giorno al cospetto di due giovani donne che le si presentarono alla porta con la rivista “Torre di guardia” le ha esortate in dialetto in questo modo ”Andé a trovarve un om” (Andate a trovarvi un uomo). Ora si potrebbe disquisire sull’opportunità di dare queste risposte poco educate, ecc. in ogni caso sortivano un effetto paragonabile ad un bel scapocchione di papà.
scusate gli innumerevoli errori..
Paola
Mi piace molto questo blog perchè ci sono pochi discorsi teologici e molte esperienze personali e poi visto che sono una persona un po’ timida, posso scrivere di me con la sicurezza che non conoscete la mia faccia. Tante volte nel vangelo il Signore chiede “cosa vuoi che ti faccia?” oppure “ma credi che io possa fare questo?” e tante volte ho pensato che se smettessi di lamentarmi del marito che non è come vorrei che fosse o dei figli che non sono perfetti, sicuramente riuscirei ad ascoltare la Sua voce. Ricerca in me un minimo di fiducia in Lui e la mia conversione è partita proprio a 19 anni, immersa in una profonda depressione, ad un ritiro in Assisi, quando ho percepito che c’era per me un amore grande da parte del Signore e da lì ho iniziato a camminare…….
Ciao a tutti ?
E’ oggi il mio anniversario di nozze : 17 anni di sottomissione…yeahhhhh!
🙂
Quanto mi piace il post di oggi, per diversi motivi : primo mi riporta all’adolescenza e ai suoi orrori. E anche io (Guido c’era) quelli a cui piacevo manco me li ricordo : invece ho stampate in mente le iniziali di quelli per i quali a malapena esistevo.
Ah! Beata gioventù …?
Poi mi piace perchè su in cima c’è addirittura un’immagine di Troisi, che ho sempre adorato.
E in un certo senso , poi lo chiarirò, passo al punto che mi piace più ti tutti : quel “Vuoi guarire?” di Gesù.
Secondo me significa : Sei proprio sicuro di voler cambiare?
Sei pronto a volere perdere quest’Abito a cui in fondo ti sei adattato?
Non pensi che poi potrebbe essere troppo facile, più che felice?
Sei maturo? Sapresti andare avanti da un nuovo inizio?
L’immagine degli infermi mi tocca tantissimo, sia superficialmente, che profondamente.
Io mi sono occupata per anni dei pazienti colpiti in età pediatrica di una delle mie stesse patologie : è stata una delle cose più belle e più ricche, più emotivamente coinvolgenti, di tutta la mia vita.
Ho smesso da poco perchè non sono mai riuscita a garantire loro i veri aiuti che ritenevo meritassero : tutto è sempre rimasto ancorato al farmaco, quindi al medico, all’Ospedale, e mai si è data la giusta priorità alla psiche, al cuore, all’emotività di questi piccoli e meno piccoli ammalati.
Con loro, ho incontrato e conosciuto decine di parenti, familiari, nonni, fratelli e sorelle, anche amici e morosi. E non sapete, davvero non sapete, quante volte ho sentito nominare la parola “Guarigione” in questi anni: “Guarirà? …davvero non può guarire?…perchè è toccato a lui…?…perchè non è toccata a me?…se fosse toccata all’altro figlio…spero un giorno, nella guarigione…” e tante altre domande affini.
Ho lettp anche un bellissimo libro : 1000 FILI MI LEGANO QUI” sulla percezione propria e altrui della malattia.
Io non sono un’eroina, ho solo un modestissimo coraggio. Ma se mi fossi trovata di fronte a quella piscina insieme a tutti quei piccoletti e ai ragazzi e Gesù mi avesse onorato della sua attenzione chiedendomi “E tu vuoi guarire?” io penso che avrei abbassato gli occhi e mi sarei girata dai piccoletti dicendo “Guarda Signore : prima c’è lui, poi c’è lei, poi c’è quel ragazzo che è tanto arrabbiato con la sua malattia…e lei..lui..lei..lui” fino a che non li avesse guariti tutti.
Anzi sarei partita in assoluto da una bimba che ho conosciuto che è focomelica, cioè ha solo due dita per mano e non può iniettarsi il farmaco da sola.
Poi avrei sperato che il Signore fosse stanco per continuare, avrei gioito con lui di tutti questi bimbi liberati, li avremmo guardati correre via con le loro famiglie…poi Gli avrei detto Grazie Signore e sarei sgaiattolata via.
Perchè io non lo so se vorrei guarire. Sento che senza la mia Croce mi sentirei povera e messa a nudo. Perchè è una Croce che ha dato un senso alla mia vita e che mi ha spinto ad adattarmi, che mi ha costretto a fare sforzi e permesso di insegnarlo ad altri ma soprattutto di capirli.
L’ultima mamma che ho visto col bimbo ammalato da poco mi ha detto al telefono: sto così male…e magari, se ti vedo…mi passa!
Chiudo su Troisi e sul film “Ricomincio da tre” : qualcuno gli dà la battuta dicendo “Quando c’è la felicità..”
E Gaetano, che è lui nel film, risponde:”No…chilla è la salute!”
🙂
non lo so perche ti ho chiamata Francesca…scusa Costanza…hahhaha
L. ……. non mi viene in mente nessuno…..
Chiara
NO! Non era quel L. che conosci, che appunto non degnandomi di uno sguardo invece mi interessava… Era un altro!