Piccolo schermo, grandi famiglie

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di Emanuele Fant per Credere

Tra i frutti più desiderabili di ottobre ci sono le castagne e la ripresa della serie Un medico in famiglia. Quando mia moglie lo guarda, ha piacere che io non esibisca completa estraneità alle vicende di casa Martini.

All’ennesimo colpo di scena (Annuccia non è figlia del dottor Lele?), mi permetto di chiedere un ripasso. Sfrutta il tempo dei messaggi promozionali per ricostruire la struttura di un albero genealogico non privo di potature e di innesti: il signor Martini ha avuto fino ad ora tre mogli, due delle quali sorelle, con ognuna ha generato un paio di bambini; la signora che si accompagna al nonno, prima era la suocera. Continua a leggere “Piccolo schermo, grandi famiglie”

Lettera al Carnevale

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di Emanuele Fant

Caro Carnevale, non fare coriandoli della mia missiva. Tu lo sai che ci portiamo rispetto da lontano, ma non siamo mai riusciti a legare. Provo un brivido se passo accanto ai mimi-statue-egiziane in piazza Duomo, immagina i miei sentimenti nei giorni in cui le strade si chiudono con le transenne perché tu possa trionfare. Non mi piace sentire gridare, né l’odore della schiuma da barba sui muri. Al passaggio dei tuoi carri io mi concentro sulle ruote dei trattori, e mi si avvia la riflessione su quanto siamo poca cosa se persino uno pneumatico può superarmi in statura. Continua a leggere “Lettera al Carnevale”

Margherita adesso è Tua

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 di Paolo Pugni

Io non posso stare sveglio con le mani nelle mani, troppe cose devo fare prima che venga domani.

Era Margherita. Era la prima canzone in cui Cocciante sorrideva, amava, urlava la felicità.

Era.

Era Margherita. Era tre banchi di fianco. Era un sorriso sommesso. Era l’università rimandata. Era un’amica riemersa –miracoli di Facebook?- era una della terza C, anzi no, perché al terzo anno aveva cambiato sezione, ma era comunque una di noi del ginnasio. Continua a leggere “Margherita adesso è Tua”

Di antichissime suorine e del Marchio di Caino

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di Francesco Natale

 Ne ricordo ancora i nomi. Nulla di strano, in fondo: ci passai dieci anni tondi tondi in quella gigantesca villa arroccata in cima a Salita Speroni in quel di Recco. Asilo, elementari, medie: giornate fitte e, oggi lo so meglio di allora, meravigliose, trascorse fra i banchi e i giardini delle Suore Maestre Pie. Ne ricordo ancora i nomi: Suor Leonilde, Suor Fortunata, Suor Augusta, Suor Anselma, Suor Costanza, Suor Rosalia, Suor Carla, Suor Edwige, Suor Laura, Suor Lucina. Da decenni, ormai, quella scuola non esiste più, destino che accomuna purtroppo molti “istituti parificati” come oggi, secondo il gelido burocratese, bisogna chiamarli. Continua a leggere “Di antichissime suorine e del Marchio di Caino”

La barba e la cicatrice

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di Paolo Pugni

Carissimo Valerio, ti ho visto sdrucito e sfarinato stamane quando mi sei apparso come un riflesso per pochi istanti. Poi non ho più visto il tuo viso e ho iniziato a pensarti. Come eri. E come sei diventato. E mi sono commosso.

Ho visto quello che hai fatto e quello che hai distrutto in questi anni e non ho potuto fare a meno di provare una fitta di dolore, caro, perché fai sicuramente parte di quella generazione che ha dissipato ciò che i padri avevano accumulato, di fatto rubando ai tuoi figli quello che non avevi ricevuto in eredità ma, come si dice, in prestito.

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Il viaggio

di Paolo Pugni

Sta nell’illusione, nella menzogna che ti racconti quando ti dici “che bello qui, ci tornerò di sicuro” anche se sai che non vedrai più queste strade, queste case, questa gente. Nel desiderio di voler trascorrere almeno una notte in tutti gli alberghi che incontri, in tutte le camere. Continua a leggere “Il viaggio”

Percorsi

di Paolo Pugni

Vivo d’espedienti. Come ogni consulente. Specie oggi. E vivo nomade.

No, non perché sia messo così male da sopravvivere grazie alla pastorizia. Direi piuttosto che si tratta di un nomadismo progettuale, invece che andare dove mi porta il cuore, mi trascinano i progetti. Che a volte sono istantanei, peggio di PIC, o di certe affermazioni triviali sull’uso della sessualità.

Altre volte invece ti creano consuetudine. E dipendenza. Spesso geografica, o spaziale se preferite. Continua a leggere “Percorsi”

Non ti scordar di me

di Jane

Lo scrittore britannico E. M. Forster diceva che se non ricordiamo non possiamo comprendere. Ricordare significa, letteralmente, ripassare dalle parti del cuore. In fondo, forse, è vero che la vita è quella che si ricorda e che si è in grado di raccontare. Continua a leggere “Non ti scordar di me”

Lo chiamavano naso a banana

Il ricordo più lontano che ho è un atto di ribellione.

Vedo chiaramente le strada in discesa, e il cancello che ovviamente invece era dritto. Quindi sotto al cancello c’era un buco, a forma di triangolo (scaleno? Non mi ricordo i nomi dei triangoli ma, mi dispiace, signora maestra, ormai non mi può più bocciare) sotto al quale io e mio cugino Alessio ci infilammo per scappare dall’asilo. Ricordo l’avventura con grande divertimento, anche se adesso che sono mamma mi sento male per quella me stessa piccola che si è lanciata come una palletta di lardo – quale ero a tre anni – sulla strada tra le macchine. Non so perché non sono finita spiaccicata sull’asfalto, probabilmente perché il traffico nel mio quartiere perugino negli anni settanta era inesistente, o forse perché già da allora incubavo, in nuce, questa abilità da mister Magoo di girare per il mondo schivando pericoli nonostante la mia inattitudine alla perigliosa vita moderna.

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