Dall’amore della morte alla morte dell’amore

di Michel Schooyans  da Nuovo Disordine Mondiale edizioni San Paolo (2000)

L’antropologia che è alla base dei movimenti contro la vita è inammissibile non solo in ragione del suo razionalismo soggettivistico; essa lo è anche, essenzialmente, perché ha come inizio e come termine la morte dell’uomo concreto. L’antropologia soggettivistica porta l’individuo a cercare la felicità in se stesso. È così che questa antropologia comporta la perdita del significato dell’amore.

Questa antropologia è a sua volta superata da coloro che sostengono che l’uomo, per affermare se stesso come individuo, deve negare Dio, negare il mondo che gli è dato, negare gli altri individui ed essere addirittura

disposto — paradossalmente — a negare se stesso. Tutto ciò che condiziona l’esistenza umana viene avvertito come qualcosa che grava sull’autonomia dell’uomo; quest’ultima deve essere totale affinché lo sia anche la libertà. Per essere libero, l’uomo deve poter dare la morte e persino darsi la morte, arbitrariamente, senza dover rendere conto ad alcuno.

Nel momento in cui l’essere mortale dell’uomo viene definito relativo e viene per esempio annunciata la prospettiva di una sopravvivenza personale oltre la morte, ecco che la libertà dell’individuo viene ipotecata e compromessa da questo fatto, da questa prospettiva, da questa speranza. Per essere padrone della sua vita e di quella degli altri, l’individuo deve quindi essere padrone della sua morte e di quella degli altri. Questa antropologia esclude non solo la prospettiva di una immortalità personale, ma anche la possibilità di un riferimento all’esistenza di Dio. Se Dio esistesse, rappresenterebbe un ostacolo alla libertà dell’uomo.

Per essere totale, la libertà dell’uomo postula la morte di Dio. Ciò che fa grande l’uomo è il suo orgoglio, è l’affermazione incondizionata di sé nella lotta per la vita, nella sfida alla morte o nella saggezza di rassegnarsi a quest’ultima. L’uomo si realizza come essere mortale, senza possibilità di scampo, nell’esperienza della morte e attraverso di essa. Non stupisce quindi che questa antropologia completa-mente atea e impietosa abbia come conseguenza la negazione stessa dell’amore parentale e filiale e di ogni socialità.

I genitori che si ritrovano in questa antropologia considerano il bambino che sta per nascere come una diminuzione del loro essere e, una volta nato, del loro avere; hanno quindi interesse a distruggerlo. L’eventuale presenza del figlio è vissuta dai genitori come un’usurpazione della loro esistenza. In questa prospettiva, è intollerabile che il figlio significhi la morte per i genitori. Ciò che i genitori danno al figlio, è ciò di cui si devono privare; ciò che egli è, essi non lo sono. Il figlio viene visto dai genitori come un limite fondamentale al loro essere finito, come il segno della loro completa finitudine.

È evidente che questa antropologia del più forte, che prelude all’aborto e all’infanticidio, prelude anche, e per le stesse ragioni, all’eutanasia dei vecchi genitori da parte dei figli divenuti adulti, dal momento che la vita dei genitori e ciò che essi possiedono ipotecano l’autonomia e persino la vita dei figli divenuti autonomi. Il cerchio fatale è chiuso: per essere libero, l’uomo deve avere il controllo sulla vita dall’inizio alla fine.

 

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17 pensieri su “Dall’amore della morte alla morte dell’amore

  1. PieroValleregia

    salve
    in definitiva è il trionfo del terrore che, ormai riscontriamo ovunque; figli e anziani genitori visti e “sentiti” come un ostacolo all’aperipizza, alla palestra, allo spinning, alle serate interminabili … riporto solo un aneddoto, personale, che mi capitava quando ero allenatore/preparatore atletico di rugby giovanile (con bimbi di età tra gli 8 e i 12 anni).
    Spesso la frase ricorrente delle mamme (ma anche di alcuni papà) che portavano i figli all’allenamento, era questa: ohh, finalmente mi libero di “sto rompiballe” e vado a farmi i c… miei.
    Notare come il “rompiballe” ne veniva già dalla scuola a tempo pieno e magari anche da altri impegni esterni, pur di non essere un ostacolo ai prodi genitori.
    Non vorrei sembrare presuntuoso ma, insieme all’altro allenatore che curava la parte tecnica, siamo riusciti a dare un po di serenità, divertimento e una specie di calore famigliare a questi ragazzini …
    saluti
    Piero e famiglia

        1. Fabrizio Giudici

          E il bello è che si definisce “Corte europea dei diritti dell’uomo”…

          Il dispositivo della Corte Europa non l’ho letto, ma quello dei giudici inglesi insisteva sul concetto del “maggiore interesse del bambino”. Così. come al solito con i progressisti, si parte con la tanto strombazzata autodeterminazione (per l’eutanasia, ah, è il malato che deve decidere, la Chiesa e ogni altra entità esterna non s’intrometta!), e si finisce con l’essere determinati da uno stato becchino.

        2. PieroValleregia

          dei “diritti” dell’omo … sono senza parole, ebbene si, riesco ancora a stupirmi; questa gente è di un’aridità incredibile, conosco atei che sono contrari all’aborto e all’eutanasia; ragazzi la rivoluzione francese è la causa di tutti i mali, cè poco da discutere su questo …
          saluti
          Piero e famiglia

    1. Che i figli siano dei “rompiballe” è un fatto…
      Anche la moglie (e il marito) può essere una gran “rottura”…

      Tutto quello che ci chiama e ci obbliga ad uscire da noi stessi, dal nostro egoismo, dal nostro “io per me e poi per gli altri … se ce n’è” diventa una “rottura di balle”.
      Se non si riesce a vedere altro nell’Altro, se non si capisce che si finisce per vivere e morire soli con il caro “me stesso”, è così. Non c’è nulla da fare.
      “L’inferno sono gli altri” come diceva Sartre.

      Il passaggio a “l’Altro è Cristo” è un abisso…

      La Famiglia è (o dovrebbe essere) la principale “palestra” che ci allena al “salto sopra l’abisso”, o meglio a caminare per attraversare questo baratro.
      Talvolta si è solo in bilico su una corda, tal altra è un traballante ponticiello… molti ahimè cadono di sotto.

      A volte troviamo un bel ponte che è l’amore, che implica la rinuncia a sè.
      Anche il solo “amore umano” (che è sempre Dono di Dio) ci aiuta in questa “traversata”.

      Se questo amore poggia sulla Fede, allora, come si diceva per quella casa: “…. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.”

  2. rosa

    Sul Corriere la notizia c’è. Pure Avvenire ne parla. Per quanto vedo naturalmente Repubblica.it parla solo dei matrimoni gay……..

  3. Carlo Bianchi

    “Noi tutti oggi siamo ben consapevoli che col termine «cielo» non ci riferiamo ad un qualche luogo dell’universo, a una stella o a qualcosa di simile: no. Ci riferiamo a qualcosa di molto più grande e difficile da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo termine «cielo» vogliamo affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona neppure nella e oltre la morte, ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità; vogliamo affermare che in Dio c’è un posto per noi. Per comprendere un po’ di più questa realtà guardiamo alla nostra stessa vita: noi tutti sperimentiamo che una persona, quando è morta, continua a sussistere in qualche modo nella memoria e nel cuore di coloro che l’hanno conosciuta ed amata. Potremmo dire che in essi continua a vivere una parte di questa persona, ma è come un’«ombra» perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri cari è destinata a finire. Dio invece non passa mai e noi tutti esistiamo in forza del Suo amore. Esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e ci ha chiamati alla vita. Esistiamo nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà, non solo nella nostra «ombra». La nostra serenità, la nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio, nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto un’«ombra» di noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere nell’eternità”.

    (Papa Benedetto XVI, dall’Omelia del 15 agosto 2010 – Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo)

  4. anna maria

    Oggi i giudici (!?) hanno deciso: “CHARLY DEVE MORIRE”!
    oggi verrà tolta la spina che gli permette di respirare. Perchè anche contro il desiderio dei suoi genitori, può avvenire ciò? Perchè un’Essere senza fede e senza Dio, si può permettere di uccidere una creatura, un bimbo bello, innocente,e amato quale Dono da Dio?
    A noi il compito di fare il possibile perchè queste cose non succedano più, cioè perchè l’impossibile diventi possibile.
    La preghiera e la Fede ci dà la certezza che il Signore non abbandona chi a Lui si rivolge per chiedere aiuto in questo mondo senza Dio!
    Pace a te piccolo Chary, ai tuoi famigliari e a tutti noi che amiamo la Vita!
    ANNA MARIA

  5. vale

    E,sulla scia di schooyans ( letto a suo tempo) si capisce meglio quell’analfabetismo secondario ( cito dalla prefazione de “i padroni del caos” di r. cristin) che enzensberger 30 anni fa aveva individuato come malattia della mente europea,paradossale e degenerato prodotto dell’ansia educativa occidentale.
    “…l’analfabeta secondario è il miglior esempio di questa forma politicizzata dell’uomo europeo della nostra epoca: a differenza dell’analfabeta classico,egli non si rende conto di esserlo e, anzi, ritiene di sapere quasi tutto quello che gli serve per imporsi nello scontro quotidiano che anima il mondo ipertecnologico.

    Si crede ben informato si muove in un ambiente che lo rende ermetico contro qualsiasi affezione della propria coscienza.
    …..su questo tipo socialmente aggressivo, culturalmente ottuso, politicamente corretto edideologicamente influenzabile, i teorici del caos…hanno costruito il loro potere, disprezzando l’uomo medio…”

  6. Lumpy

    Il commentatore sul FT che chiede (ai genitori) “ma farne un altro è così difficile?” e tutti sotto ad applaudire è agghiacciante

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