Appunti di viaggio a New York

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di Costanza Miriano

Mentre il volo sta per riportarci nell’amata Roma, mi viene voglia di condividere un po’ di quello che ho visto a New York. Più che averne voglia – a dir la verità avrei un gran sonno, non so bene neppure che ore sarebbero secondo il mio corpo – mi fa piacere condividere quello che mi porto a casa. Se una mia amica fosse partita, io vorrei curiosare tra le cose che ha visto, soprattutto le più insignificanti, tipo come ci si veste per correre o che borsa va di moda (se poi parto con l’analisi polito-sociologica potete sempre smettere di leggere).

Dunque, cosa porto con me. Innanzitutto tutti e quattro i figli sani e salvi, il che è già una notizia, perché stamane quando abbiamo svoltato su Lexington Avenue Livia non se ne era accorta ed aveva proseguito dritta. Io stavo parlando con Lavinia, e quando mi sono girata per il conteggio dei figli che faccio con frequenza compulsiva ogni quindici secondi, non l’ho vista. In mezzo alla folla ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola, lei ha sentito qualcosa, è tornata indietro e un barbone le ha indicato dove stessi. Dopo una manciata secondi ci abbracciavamo, lei in lacrime, io col cuore che batteva in pancia e le gambe molli, e una paura che non mi lascia da un giorno intero (dico stamattina ma in realtà sono passate quasi ventiquattro ore, per quella cosa incomprensibile dei fusi), e la gioia di guardarla come un prodigio, un miracolo, di toccarle le mani e le gambe e la faccia per essere sicura che sia vera.20160905_172425

Per il resto, allora: per correre ci si veste anche con delle gonnelline tipo tennis attaccate ai pantaloncini, in realtà sono un po’ di anni che girano, ma insomma al Reservoir la mattina presto – uno dei luoghi preservati dall’orda barbarica dei turisti – mi è parso che andassero di moda. Va molto anche la manica tipo guanti lunghi, ma senza guanti, per tenere caldo dal polso all’ascella, ma non ho trovato la mia taglia – come si dice braccetto secco in inglese? I runners sono tantissimi e piuttosto bene allenati. Il mio polpaccio etrusco si è difeso con tutte le forze, ma quando mi ha superato un uomo che spingeva un baby jogger gemellare (è un passeggino da corsa che avevo anche io, ma che purtroppo non è adatto alle sconnesse strade romane coi loro marciapiedi che, quando ci sono, sono stretti) ho avuto un piccolo colpo all’autostima. Nessuna femmina invece è stata lasciata passare, il fatto poi che ci abbia rimesso i polmoni è irrilevante.

La cosa bellissima, per cui non smetto di ammirare l’America, sono i volontari che curano le piantine del parco, puliscono, potano, innaffiano, zappettano… Oltre alle persone che lo fanno di lavoro, c’è un esercito di volontari con la maglietta verde che solo per amore di Central Park fanno un lavoro continuo per mantenerlo in ordine, pulito, verde, rigoglioso, e più in ordine di certe case, tipo la mia il sabato mattina. I corridori li salutano, almeno con un cenno del capo, per riconoscenza. Ovviamente non c’è una cacca di cane per terra (quelle neanche per le strade, ne ho contate due di numero in una settimana di camminate dalla mattina alla sera), i padroni le raccolgono, e nel parco non c’è neanche una lattina, una cartaccia, niente di niente (quelle, invece, ad Harlem o a Brooklyn ci sono, a Manhattan no). Lo sanno tutti come è nata l’America, mettere delle regole serie e severe e farle rispettare era necessario, e funziona: lì la gente sa che non c’è modo di sgarrare, se lo fai in qualche modo paghi. Per esempio, uno dei misteri inspiegabili per me è come faccia a materializzarsi un poliziotto ogni volta che serve. Tipo se c’è una sirena e a un incrocio bisogna bloccare il traffico, spunta un agente che tre secondi prima, ne sono certa, non c’era (credo che vivano sotto i tombini). Se superi un limite di velocità sullo specchietto retrovisore vedi subito le luci che lampeggiano. E anche se la regola è scritta dentro ogni americano – basta vedere come si mettano in fila, spontaneamente, ordinatamente, anche ai carrelli degli hot dog per le strade – perché venga rispettata in modo massiccio e diffuso ci deve essere la consapevolezza che se sgarri paghi, perché c’è il peccato originale, ma qui parto con la predica…

img_3998Le americane non si vestono benissimo, sempre piuttosto basic, per quanto tendenzialmente ben pettinate e manicurate. Tutti girano con borracce e shaker e contenitori vari per il cibo (c’è una catena che vende solo quelli, di tutte le misure e fogge possibili, in negozi enormi, Contain Yourself): l’alimentazione è una specie di ossessione. I risultati si vedono, perché non ho mai visto tante cosce scolpite come lì, e la differenza si nota soprattutto guardando gli uomini – l’ho fatto con interesse antropologico, sia chiaro (ma davvero, a me l’uomo che si piace molto sembra poco affascinante): da noi sono moltissime le donne attente alla forma e alla cura di sé, mentre gli uomini sono di meno (a parte le numerose eccezioni tendenti al cafone tatuato depilato eccetera). Invece gli uomini americani evidentemente sono cresciuti a sport e vitamine e integratori, e sinceramente si vede. Poiché di solito nell’ultimo secolo quello che è successo oltre Oceano ha dettato legge anche qui, non so se stiamo andando verso quel tipo di uomo anche in Europa, e non so se mi piace. C’è un confine sottile fra l’amore per lo sport che fa stare bene e che aiuta a vivere meglio tutto il resto, e il trasformare il proprio corpo in un idolo: non esprimo giudizi, e come potrei visto che corro da oltre trenta anni e ho attraversato molte fasi, anche sbagliate, in questa lunga storia d’amore con la corsa? Quando io ho cominciato le donne che correvano a Perugia si contavano sulla punta delle dita, e la parola fitness non esisteva proprio. Comunque, che la forma fisica sia un idolo o no, le campagne terroristiche sul cibo hanno avuto effetto, gli obesi in giro sembrano sensibilmente diminuiti, e per fronteggiare il junk food c’è un’attenzione, come dicevo, ossessiva, anche se poi i negozi sani tipo Whole food, che meraviglia, o di cibo ben curato, tipo Dean and De Luca, hanno prezzi da gioielleria. Quanto ai fast food c’è una nuova catena, si chiama Shake shack, fa hamburger buonissimi, e un’altra che è solo newyorkese che si chiama Five guys (non testata). Negativa l’esperienza al Chelsea Market, che ha riciclato il vecchio mercato del pesce e della carne in un posto dove si mangia di tutto, seduti o take away: posto divertente, scenario affascinante da primi del ‘900, ma la domenica a pranzo era una vera bolgia. Lo stesso per l’Highline Park, che ha riciclato la vecchia linea della metro sopraelevata, circondando le rotaie arrugginite di un giardino perfetto per una passeggiata che guarda Manhattan dall’alto: stesso problema che per il Chelsea Market, troppa gente. Per vedere dall’alto molto meglio la funivia che porta alla Roosevelt Island, gratuita con la Metro Card (molto consigliabile, ma solo se si ha un marito che si sa orientare: per 32 dollari la prendi tutte le volte che vuoi per una settimana, compreso il viaggio per l’aeroporto): la voce non deve essersi sparsa tra i turisti perché a godere il panorama dello skyline dall’alto eravamo in pochi. Anche questa, come tutte le destinazioni del viaggio, e il viaggio stesso, lo devo a mio marito che dopo essere stato qui con me la prima volta si è innamorato della città, c’è tornato una decina di volte e la conosce così bene che ogni volta che vede una foto riconosce l’angolo, la strada. la Avenue (lui sostiene che sia semplicissimo orientarsi, ma io non ho ancora capito dov’è nord e dove il sud).

img_4079Ero stata a New York cinque i sei volte prima di questa, una con gli amici, una per lavoro, una per la maratona, una con mio marito, una con i nostri primi due figli… Mancavo da undici anni, però, e l’ho trovata molto cambiata (lo fa in continuazione). La prima volta – era mi sembra il 1990 – ospite di carissimi amici perugini per un lungo viaggio in California, avevo avuto la sensazione di entrare in un altro mondo, letteralmente: tutto era diversissimo dall’Italia, tutto. Il cibo, i locali, i negozi, la gente per strada (che, prima di tutto, era molta di meno). Ho ancora le vaschette del sushi conservate da allora – pezzetti di plastica insignificanti che a me erano sembrati incredibili, come incredibile era entrare in una grocerie e comprare piattini decorati col bambu con sopra del pesce crudo alle due di notte. Per anni ho conservato tutto di quel viaggio, scontrini lunghi come lenzuola, etichette dei vestiti con foto e frasi che mi fac
evano sognare, depliant, ricordi, spazzolini da denti a fiori, giornali, vestiti comprati a due lire sulla 34esima che ancora indosso, perché sanno di New York, una città che, piaccia o no, è davvero la capitale dell’Impero, come ama definirsi (the Empire State). Oggi invece l’ho trovata, per quanto sempre piena di energia, infinitamente più simile a tante capitali europee: molte catene di negozi sono le stesse che spuntano come funghi al centro di Roma ma anche nei tristissimi centri commerciali delle periferie, gli Starbucks tutti uguali, gli odori di cibo etnico che infestano Trastevere come Wall Street. Il Disney Store, per esempio: ne avevamo parlato per mesi alle nostre bambine, perché un tempo era un negozio a quattro piani con i bozzetti originali dei primi disegnatori di Biancaneve e Cenerentola, alcuni esposti, altri in vendita a prezzi proibitivi. Entrare in quel piccolo paradiso per bambini (anche cresciuti) sulla Fifth Avenue era qualcosa di speciale, oggi le bambine sono entrate nel nuovo, molto più piccolo, sull’orribile Times Square – i marciapiedi talmente pieni di turisti che non si camminava letteralmente – e hanno trovato più o meno le stesse cose che a Roma, e comunque tutto made in China, altro che bozzetti originali! È la globalizzazione, e anche qui non mi spingo oltre nell’analisi, perché non ne sono in grado. Forse insieme a New York sono cambiata anche io, mi è sembrato molto evidente che la capitale dell’Impero è la capitale degli idoli, in cui l’uomo con tutti i suoi desideri è al centro di tutto (la dichiarazione davanti all’inquietante Rockfeller Center con il diritto dell’uomo alla felicità meriterebbe un post a parte).

Altre note: siccome tutte me lo chiedono, no, non ho fatto uno shopping selvaggio, perché noi italiane abbiamo più gusto, e perché i vestiti sono più o meno gli stessi nelle grandi catene, e se sei ricca ricca ti vesti Prada, Gucci eccetera. I negozietti più belli del Village o Soho sono troppo costosi per me (ho preso solo tre cose all’outlet di Brooklyn Industries, outlet più saldo a essere precisa, a Brooklyn), e ho comprato come dicevo anche dei contenitori che spero salvaguarderanno le mia borse dall’odore di cibo che le caratterizza tutte (magari un giorno comprerò anche Do Son di Dyptique).

Bambini in giro: pochissimi, e quasi tutti biondissimi con tate dalla pelle scura. Per vivere a Manhattan è necessario che lavorino tutti e due i genitori. Le scuole sono tutte private, quelle pubbliche sono per chi non si può permettere le altre, e i ragazzi, la s14225505_10209454408190055_4682732533472270388_ncuola è ripresa lunedì, vanno in divisa. Famiglie numerose non ne ho viste, e in metro tutti ci guardavano con benevolenza e, lo devo dire, ci cedevano sempre il posto, nonostante i nostri ragazzi non siano più piccoli.

Alla presentazione del mio libro nella parrocchia del Village (grazie ancora a Costanza, Rossella, Anna Raisa, Jennifer, Evelyn, padre Walter, Katy) non c’era una folla oceanica – una quarantina di persone – ma noi devote del bicchiere mezzo pieno pensiamo che sia uno straordinario inizio, visto che alla prima a Roma eravamo molti di meno, una ventina comprese le amiche dei bagni Carmen venute da Marotta, e poi le copie hanno superato le centomila. Chissà che piano piano, col passa parola, non possa cominciare qualcosa di grande anche dall’altra parte dell’Atlantico. Non che il mio libro possa cambiare qualcosa, ma credo che ci sia bisogno là molto più che altrove di una nuova visione della donna (e su questo, sì, scriverò qualcosa a parte). Lì, a Nostra Signora di Pompeii, ho incontrato soprattutto italiani o italoamericani (che gioia conoscere finalmente di persona Luca Dombrè), e ho avuto la sensazione di parlare con persone con una parte del cuore, almeno, rimasto a casa. Per questo a Ellis Island vedendo i visi spaventati e speranzosi e poveri degli immigrati che venivano fatti stazionare lì in quarantena prima di essere assegnati a un posto di lavoro in America ho provato una forte stretta al cuore che mi accompagna ancora e mi fa apprezzare il privilegio di poter tornare a casa, di viaggiare senza rompere legami. Chiacchierando con una persona che era venuta a sentirmi ho accennato al mio impegno contro la legge sulle unioni civili, ma lui mi ha risposto letteralmente: “scusa, ho paura a parlarne, perché qui c’è il carcere se dici certe cose”. Ecco, spero che anche questo non segni la tendenza per l’Europa, perché se c’è una cosa per cui ho sempre ammirato l’America è per il rispetto quasi ossessivo della libertà personale, non certo per la spinta al consumo bulimico. Ma così il rispetto della libertà ha fatto tutto il giro, ed è diventata regime: se per rispettare la sacrosanta libertà delle persone con tendenze omosessuali io perdo la libertà di dire che PER ME la famiglia è fatta di un uomo e una donna, e che solo un uomo e una donna possono dare a un bambino i riferimenti esistenziali, se vado in carcere non perché impedisca a qualcuno di fare qualcosa ma solo perché dico quello che penso, beh, adesso è la mia libertà di pensiero, giudizio e parola a essere soppressa.

44 pensieri su “Appunti di viaggio a New York

  1. 61angeloextralarge

    Smack! Bentornati… ti ho pensata alla mia maniera e non sapendo “quanti” eravate, ho messo tutti.

  2. “Noi, il popolo degli Stati Uniti, al fine di perfezionare la nostra Unione, garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all’interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà, poniamo in essere questa Costituzione quale ordinamento per gli Stati Uniti d’America.”

  3. Daniela Menozzi

    Ti sei iscritto? lo ricevi? visto che tu ci passi spesso… ti piacerà l’articolo 🙂

  4. Elisabetta

    Cosa ti sei persa, e ne valeva la pena: la paradossale lettera, sull’Avvenire di oggi, di “Paola Lazzarini, Cagliari e altri 59 firmatari di tutta Italia” tutta tutta tutta per protestare contro l’iniziativa di preghiera per i morti del terremoto. Riporto la frase finale, che sintetizza i motivi della protesta:”L’aver pubblicato una lista, l’esportazione a scegliere e la burocratizzazione di una pratica devozionale (si, scrivono proprio così’) e’ stata una deriva che respingiamo fortemente: est modus in rebus.”
    Cosa di certo non ti perderai: il libro “Benedetto XVI: ultime conversazioni”. Bellissimo.

      1. Elisabetta

        No, Mocellin risponde e difende l’iniziativa, anche se modo suo. Però un bello spazio in seconda pagina gliel’hanno dato.

          1. Fabrizio Giudici

            Per me Avvenire è il giornale degli anti-cristi, quindi nessuna sorpresa. Tuttavia, la risposta del giornale è stata più articolata: non ha esplicitamente detto che l’iniziativa era disdicevole, ma – in pieno stile tarquiniano, anche se il direttore in questo caso ha delegato la risposta – ha dato un colpo al cerchio ed uno alla botte. Anche peggio, tutto sommato, ma in piena coerenza con il magistero liquido.

            Vale la pena invece leggere interamente il testo della lettera e trovare certe perle, come:

            “a questa idea medievale del Purgatorio si associ una presentazione in chiave magica delle indulgenze”
            “Questo è l’equivalente del mettersi in piazza a urlare i nomi uno a uno aspettandosi offerte e alzate di mano”

            Non si capisce se i firmatari sono solo ignoranti di catechismo, nonostante le loro citazioni a sproposito, oppure se più semplicemente non capiscono l’italiano. Certamente sono quella razza di sedicenti cattolici che smaniano di trovare ogni occasione possibile per scusarsi con il mondo delle idee “antiquate” (medievali) della Chiesa e testimoniare la loro modernità.

            La seconda frase che ho citato, peraltro, quella che cita “offerte ed alzate di mano”, ha un sapore chiaramente luterano, in quanto richiama la critica al mercato delle indulgenze. Non hanno capito niente, come Lutero, ma si adeguano e si preparano per l’appuntamento di ottobre a Lund.

            http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Sisma-e-Giubileo-ragioni-di-dissenso-e-motivi-per-sperare-in-una-carezza—3.aspx

            1. Alessandro

              I firmatari della letteraccia o sono in malafede, o sono degli emeriti ignoranti quanto al Magistero della Chiesa, anche se si illudono (come tutti i cattolici “adulti”) di essere quelli che di Cristo e della Chiesa hanno capito meglio degli altri (ossia di quelli “da medioevo”, secondo il loro linguaggio rozzo e inerudito, perfettamente consono alla loro rozzezza e inerudizione traboccanti di boria e sussiego).

              Visto che citano il Catechismo senza conoscerlo, avrebbero dovuto citarne anche (ma appunto sarebbe stato chiedere troppo alla loro rozzezza e inerudizione boriose) i nn. 1471 e seguenti, che si occupano delle indulgenze (come ognuno può verificare):

              http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p2s2c2a4_it.htm

              Mi limito a riportare il n. 1479:

              “Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch’essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l’altro, ottenendo per loro indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati.”

              Quanto ad Avvenire, stendiamo velo pietoso… basti dire che la linea editoriale del cosiddetto “quotidiano dei cattolici” (che però non è il mio) la detta chi, in virtù di meriti e pregi che con tutta la buona volontà non riesco a indovinare nemmeno scervellandomi tutto il giorno, è stato fatto segretario generale della CEI: mons. Galantino, quello che manco sa della sorte di Sodoma, quello che candidamente ha ammesso che lui la Comunione ai divorziati risposati la concedeva già quand’era parrocco, molto prima dell’avvento di Francesco, infischiandosene di tutti gli espliciti divieti magisteriali:

              http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e372b35d-d2cd-42ff-b2d4-844a904a0a5a.html

              quello che con viso molto espressivo affermò: “Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza” (si dice aborto, monsignore: interruzione volontaria della gravidanza è una locuzione eufemistica, palliativa, escogitata dagli abortisti per annebbiare la realtà dell’ “abominevole delitto”, come lo chiama il Concilio Vaticano II), quello che non ha niente da dire se islamici declamano il Corano in chiesa a Messa (anzi se ne rallegra), che ha pertinacemente avversato i Family day e ha ostacolato in ogni modo chi, nella Chiesa, fedele al Magistero, si opponeva al riconoscimento legale delle unioni omosessuali (se oggi ci ritroviamo l’obbrobriosa legge Cirinnà, uno dei principali responsabili è proprio questo monsignore, che ha fatto tutto il possibile per delegittimare chi osteggiava il ddl dentro e fuori il Parlamento).

              Che ci aspettiamo, dunque, da Avvenire?

                    1. Fabrizio Giudici

                      Capita a fagiolo questo post de Il Timone… repetita iuvant:

                      http://iltimone.org/35110,News.html


                      […]
                      D. Hai detto che per ricevere l’Eucaristia bisogna essere in grazia di Dio. E se la ricevesse un peccatore?

                      R. Il peccatore si ciberebbe del sacramento, ma in modo solo sacramentale, non spirituale. Cioè non ne riceverebbe alcun frutto. Anzi, commetterebbe una profanazione, un gravissimo sacrilegio (S. T. III, q. 80, a. 3).

                      D. Profanazione, gravissimo sacrilegio! Che parole forti! Ricevere l’Eucaristia in peccato mortale è dunque il più grave dei peccati?

                      R. Sentiamo che cosa ci dice S. Tommaso a questo proposito (S. T III, q. 80, a. 5):

                      «In due modi un peccato può essere più grave di un altro: primo, di per sé; secondo, per le circostanze. Di per sé secondo la sua natura, che viene desunta dall’oggetto. E sotto questo aspetto quanto più grande è ciò contro cui si pecca, tanto più grave è il peccato. E poiché la divinità di Cristo è superiore alla sua umanità, e l’umanità stessa è superiore ai sacramenti della sua umanità, i peccati più gravi sono quelli che vengono commessi direttamente contro la divinità, come i peccati di incredulità e di bestemmia. Al secondo posto per gravità si trovano invece i peccati commessi contro l’umanità di Cristo, per cui si legge [Mt 12, 32]: “A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro”. Al terzo posto infine si trovano i peccati che vengono commessi contro i sacramenti, i quali si ricollegano all’umanità di Cristo. E dopo di questi vengono gli altri peccati contro le semplici creature.

                      Per le circostanze poi un peccato è più grave di un altro in rapporto al soggetto che lo commette: un peccato di ignoranza o di debolezza, per esempio, è più leggero di un peccato fatto per disprezzo o con piena consapevolezza, e così si dica delle altre circostanze. E sotto questo secondo aspetto il peccato di cui parliamo in alcuni può essere più grave, come in coloro che si accostano a questo sacramento con la coscienza di un peccato per attuale disprezzo, in altri invece meno grave, come in coloro che ricevono questo sacramento con la coscienza di un peccato per paura di essere scoperti. Così dunque è evidente che questo peccato è per natura sua più grave di molti altri peccati, ma non è il più grave di tutti».[…]

                    2. Alessandro

                      @santignazio alias Vincent Vega alias…

                      “Tranquilli ragazzi, quella è una legge ecclesiastica che il Papa può cambiare… La dottrina invece non può cambiare, e infatti nessun Papa l’ha mai cambiata”

                      Gentile Vincent, eviti di propagare informazioni fasulle e di fornire false rassicurazioni.

                      Il trito ritornello secondo cui, concedendo l’Eucaristia ai divorziati risposati conviventi more uxorio, “non cambia la dottrina” è FALSO, in quanto il divieto senza eccezioni di ricezione dell’Eucarestia per i divorziati risposati conviventi more uxorio ha carattere dottrinale, e quindi chi volesse modificarlo modificherebbe la dottrina, come ho già precisato qua:

                      https://costanzamiriano.com/2016/08/09/francesco-e-il-sultano/#comment-116155

                      In particolare, che il divieto in oggetto sia di natura dottrinale e che nessun cambiamento pastorale possa intervenire a mutarlo, se non contraddicendo alla dottrina stessa (e quindi surrettiziamente attentando alla dottrina) è quanto è stato precisato con la massima autorevolezza e chiarezza dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella “Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati” (14 settembre 1994).

                      Il documento va letto per intero, qui cito solo un passaggio eloquente che dice esplicitamente quanto ho appena detto:

                      “Di fronte alle nuove proposte PASTORALI sopra menzionate questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la DOTTRINA e la disciplina della Chiesa in materia.
                      Fedele alla parola di Gesù Cristo, la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio.

                      Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione” (n. 4).

                      Si veda, nello stesso senso e dello stesso tenore, la “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla santa comunione dei divorziati risposati” (24 giugno 2000), del Pontificio consiglio per i testi legislativi.

                      Ovviamente, bisogna tener sempre fermamente presente che, quand’anche il Papa fattualmente emettesse un atto la cui conseguenza sarebbe quella di “cambiare la dottrina”, la dottrina non potrebbe cambiare, giacché nessuno, nemmeno il Papa regnante, ha il potere di modificare una dottrina irreformabile. Il Magistero irreformabile, essendo tale, rimane IN OGNI CASO E SEMPRE irreformabile, cioè immutabile: rimane Magistero non mutato, non cambiato – e quindi vincolante il fedele esattamente come prima -, appunto perché è impossibile PER CHICCHESSIA cambiare, mutare ciò che è immutabile

                      – “Tranquilli ragazzi, quella è una legge ecclesiastica che il Papa può cambiare”

                      Falso che il Papa possa cambiarla. Infatti, cambiarla implicherebbe – come ho mostrato – un cambiamento di DOTTRINA che nemmeno il Papa ha il potere di operare.

                      Lo precisa ESPLICITAMENTE e CON OGNI CHIAREZZA “Dichiarazione circa l’ammissibilità alla santa comunione dei divorziati risposati” (24 giugno 2000) del Pontificio consiglio per i testi legislativi:

                      “Il Codice di Diritto Canonico stabilisce che: «Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (can. 915).

                      Negli ultimi anni alcuni autori hanno sostenuto, sulla base di diverse argomentazioni, che questo canone non sarebbe applicabile ai fedeli divorziati risposati.

                      Viene riconosciuto che l’Esortazione Apostolica Familiaris consortio (AAS 73 [1981], 185-186) del 1981 aveva ribadito, al n. 84, tale divieto in termini inequivocabili, e che esso è stato più volte riaffermato in maniera espressa, specialmente nel 1992 dal Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1650, e nel 1994 dalla Lettera Annus internationalis Familiae della Congregazione per la Dottrina della Fede (AAS 86 [1994], 974-979).

                      Ciò nonostante, i predetti autori offrono varie interpretazioni del citato canone che concordano nell’escludere da esso in pratica la situazione dei divorziati risposati. Ad esempio, poiché il testo parla di «peccato grave» ci sarebbe bisogno di tutte le condizioni, anche soggettive, richieste per l’esistenza di un peccato mortale, per cui il ministro della Comunione non potrebbe emettere ab externo un giudizio del genere; inoltre, perché si parli di perseverare «ostinatamente» in quel peccato, occorrerebbe riscontrare un atteggiamento di sfida del fedele, dopo una legittima ammonizione del Pastore.

                      Davanti a questo preteso contrasto tra la disciplina del Codice del 1983 e gli insegnamenti costanti della Chiesa in materia, questo Pontificio Consiglio, d’accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede e con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dichiara quanto segue:

                      1. La proibizione fatta nel citato canone, per sua natura, deriva dalla LEGGE DIVINA e TRASCENDE L’AMBITO DELLE LEGGI ECCLESIASTICHE positive: queste NON possono indurre cambiamenti legislativi CHE SI OPPONGANO ALLA DOTTRINA della Chiesa.”

                      Se qualche teologo la pensa diversamente sbaglia, e le sue opinioni sbagliate non vincolano il fedele, il quale ha il dovere di prestare assenso pieno e irrevocabile alle dottrine irreformabili della Chiesa, non alle opinioni (sbagliate) di Tizio o Caio.

  5. Fabrizio Giudici

    ” quella è una legge ecclesiastica che il Papa può cambiare ”

    Le leggi ecclesiastiche che la Chiesa può cambiare nel campo sacramentale sono varie, come per esempio la modalità e la durata del digiuno che deve precedere la ricezione della Comunione, così come le modalità di somministrazione o l’età e la formazione necessarie perché un battezzato possa accedervi. E già, comunque, quando si dice che queste cose possono cambiare, è sottinteso che non possono cambiare arbitrariamente, ma solo se non contraddicono il Magistero.

    La Chiesa non può invece cambiare la natura dei Sacramenti, perché non sono di sua proprietà; e il Magistero definisce chiaramente la situazione a proposito dell’accesso all’Eucarestia, che non sto a ripetere perché qui è stata abbondantemente e chiaramente descritta.

    Don Ariel, peraltro, ad aprile in quello stesso articolo scriveva:

    «Tu daresti l’Eucaristia ai divorziati risposati?». Ho risposto: «No. E non solo non gliela do, ma presto anche attenzione al fatto che non si presentino a riceverla. Se però il Romano Pontefice stabilisse diversamente – cosa che, come abbiamo visto, grazie a Dio non ha fatto – io non posso e non devo negarla, perché non stabilisco io la disciplina dei Sacramenti; perché non sono io munito da Cristo Dio del potere di legare e di sciogliere»

    Se “grazie a Dio non l’ha fatto” è una questione che non è stata risolta. È evidente che Bergoglio ha intenzione di cambiare la disciplina, ma non è chiaro se Francesco ha compiuto un atto formale in tal senso, neanche in quest’ultimo ingarbuglio argentino. Non fa che agire obliquamente, quando basterebbe scrivere una pagina chiara. È evidente il disprezzo che nutre nei confronti di cardinali, teologi e semplici fedeli che gli hanno più volte chiesto un chiarimento.

    “La dottrina invece non può cambiare, e infatti nessun Papa l’ha mai cambiata.”

    Parzialmente vero, nel senso che sì, la dottrina non è mai cambiata, ma qualche papa ci ha provato, e gli è stato impedito. Fortunatamente – o meglio, provvidenzialmente – ogni volta che un papa ci ha provato nella Chiesa altri uomini ispirati si sono mossi per difendere l’ortodossia.

    1. “Le leggi ecclesiastiche che la Chiesa può cambiare nel campo sacramentale sono varie, come per esempio la modalità e la durata del digiuno che deve precedere la ricezione della Comunione, così come le modalità di somministrazione o l’età e la formazione necessarie perché un battezzato possa accedervi. E già, comunque, quando si dice che queste cose possono cambiare, è sottinteso che non possono cambiare arbitrariamente, ma solo se non contraddicono il Magistero.”

      Bisogna distinguere due campi però, quello dottrinale e quello pastorale: in quello dottrinale deve necessariamente esserci continuità, in quello pastorale no.

      “Se “grazie a Dio non l’ha fatto” è una questione che non è stata risolta. È evidente che Bergoglio ha intenzione di cambiare la disciplina, ma non è chiaro se Francesco ha compiuto un atto formale in tal senso”

      Invece è chiaro; inequivocabilmente. Qua c’è la lettera di Francesco ai Vescovi https://www.lifesitenews.com/news/pope-no-other-interpretation-of-amoris-laetitia-than-allowing-communion-for

      Se non basta questo non so cosa servirebbe, a questo punto.

      Il discorso qui è molto semplice. La dottrina immutabile insegna che chi è in oeccato mortale non può accostarsi alla Comunione. Ma è evidente a chiunque che non è affatto detto che un divorziato risposato o un convivente sia in stato di peccato mortale. Questo è un discernimento che spetta al Confessore.

      Perciò la scelta passata di escludere tutti i divorziati risposati o i conviventi prima del matrimonio dalla Comunione, era per l’appunto una legge ecclesiastica, che come ha spiegato Don Ariel può essere cambiata. Lui stesso ha detto che Papa Francesco potrebbe farlo, che ne avrebbe il potere (non essendo un dogma).

      All’epoca la questione non era ancora chiara, visto che Al era uscita da poco, ma ora il Papa ha provveduto a chiarire. Ho fornito appositamente il documento di Lifesitenews.

      Personalmente non condivido certi disfattismi: che la Chiesa oggi su certe questioni di morale sessuale sia meno rigorosa che nel passato, perlomeno a livello pastorale, è evidente, e secondo me anche un bene.

      A chi dovesse pensare che il rigorismo possa salvare consiglio di leggere questo articolo preso da un blog tradizionalista http://cordialiter.blogspot.com/2015/08/i-rigoristi-edificano-per-linferno.html con particolare attenzione alla parte finale.

      E cerchiamo di stare tranquilli, la Chiesa dottrinalmente non può errare, punto. Se potesse errare significherebbe che Cristo avrebbe mentito promettendo ciò che ha promesso a Pietro, ma essendo Cristo Dio non poteva mentire.

        1. Alessandro

          – “Se la Chiesa potesse errare significherebbe che Cristo avrebbe mentito promettendo ciò che ha promesso a Pietro, ma essendo Cristo Dio non poteva mentire.”

          Gentile Vincent, evidentemente ignori il Magistero cattolico sull’infallibilità del Papa e sull’assistenza dello Spirito di cui beneficia il Papa.

          Ho cercato di chiarire in altra circostanza, forse può servirti:

          https://costanzamiriano.com/2016/07/10/luomo-non-e-un-fungo/#comment-114965

          In sintesi: nemmeno il Papa ha il potere di mutare una dottrina irreformabile. Ed irreformabile è la dottrina che vieta la ricezione della Comunione eucaristica ai divorziati risposati conviventi more uxorio. Se il Papa cerca di mutarla, il fedele cattolico deve 1) sapere che Egli non ha il potere di farlo, 2) evitare di assecondarLo e 3) non sentirsi in alcun modo vincolato da questo tentato mutamento.
          In sintesi, e icasticamente: Amoris laetitia non può in alcun modo modificare quanto esplicitato in Familiaris consortio al n. 84 e nel Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1650.

          Quanto alla condotta del Confessore, ho ribadito mille volte su questo blog che il Confessore è al servizio del Magistero, non è un contraffattore del Magistero.
          La Congregazione per la dottrina della Fede, nella nota lettera del 1994, ha già spiegato chiaramente che è contrario al Magistero della Chiesa che un Confessore, dinnanzi a un divorziato risposato perseverante nel convivere more uxorio, gli conceda (magari in nome di una presunta “misercordia pastorale”) l’assoluzione sacramentale e quindi la Comunione eucaristica:

          “Da alcune parti è stato anche proposto che, per esaminare oggettivamente la loro situazione effettiva, i divorziati risposati dovrebbero intessere un colloquio con un sacerdote prudente ed esperto. Questo sacerdote però sarebbe tenuto a rispettare la loro eventuale decisione di coscienza ad accedere all’Eucaristia, senza che ciò implichi una autorizzazione ufficiale.

          In questi e simili casi si tratterebbe di una soluzione pastorale tollerante e benevola per poter rendere giustizia alle diverse situazioni dei divorziati risposati.

          4. Anche se è noto che soluzioni pastorali analoghe furono proposte da alcuni Padri della Chiesa ed entrarono in qualche misura anche nella prassi, tuttavia esse non ottennero mai il consenso dei Padri e in nessun modo vennero a costituire la DOTTRINA comune della Chiesa né a determinarne la disciplina.

          Spetta al Magistero universale della Chiesa, in fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, insegnare ed interpretare autenticamente il «depositum fidei».

          Di fronte alle nuove proposte pastorali sopra menzionate questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la DOTTRINA e la disciplina della Chiesa in materia.

          Fedele alla parola di Gesù Cristo, la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione”.

          Più chiaro di così!

    2. Roberto

      Che poi la questione tocchi prassi, legge ecclesiastica, e non la dottrina, è cosa che sostiene il duo don Ariel-Cavalcoli. Monsignor Livi è in netto disaccordo, per esempio:

      http://www.fidesetratio.it/files/su-Cavalcoli-8112015.pdf

      [Cavalcoli] “”pretende che siano considerati «infallibili» anche tutti gli insegnamenti contenuti nel magistero ordinario, non dogmatico ma meramente “pastorale”, di questo Papa. Allo stesso tempo, per giustificare i cambiamenti
      “disciplinari” (ma tali da implicare una radicale riforma dottrinale) che egli suppone e presuppone che il Papa voglia introdurre nella prassi pastorale sulla famiglia, Cavalcoli pretende che sia considerato meramente “pastorale”, e quindi riformabile, il magistero di san Giovanni Paolo II sul matrimonio: magistero che invece è indubbiamente dogmatico nelle intenzioni e nella materia, essendo questa già definita in termini teologico morali irriformabili dalla Scrittura e dal Concilio di Trento. Si tratta insomma della legge di Dio, interpretata autorevolmente e proposta infallibilmente dalla Chiesa. Ciò nonostante, Cavalcoli, per quanto riguarda il sacramento del matrimonio e l’accesso ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia da parte di quei fedeli che vivono nel concubinato e non vogliono cambiare il loro stato di vita, insiste a dire che la Chiesa può e deve cambiare questa legge, considerandola di indole meramente
      “disciplinare”, quindi accidentale e provvisoria, quando invece si presenta come fondamentale e perenne.””

      E ancora:

      “”Non si tratta affatto di “dettagli” ma dell’essenza stessa della legge morale circa lo “stato di grazia” necessario per ricevere la Comunione e circa le condizioni spirituali necessarie per ricevere l’assoluzione sacramentale e tornare così in uno “stato di grazia” dopo il peccato. Le analogie che Cavalcoli adduce (sofisticamente) per equiparare la riforma da lui auspicata a meri ritocchi rituali o disciplinari non sono assolutamente accettabili da un punto di vista teologico””

      Perciò che la questione si possa considerare pacificamente chiarita dalle tesi di Cavalcoli, è tutta da vedere…

      1. Fabrizio Giudici

        “Che poi la questione tocchi prassi, legge ecclesiastica, e non la dottrina, è cosa che sostiene il duo don Ariel-Cavalcoli. ”

        Esatto. Cavalcoli è un teologo di fama e personalmente ho molta considerazione per lui: ha scritto pagine “pesanti” contro il rahnerismo e altre eresie. Ma non è perfetto e altri teologi di fama non sono d’accordo sull’estensione dell’infallibilità papale sostenuta da Cavalcoli (ricordo peraltro che ci sono notevoli controesempi nella storia dei papi, Cavalcoli li ha citati, ma non mi pare abbia dato una spiegazione soddisfacente).

        Che la pastorale possa cambiare con discontinuità è un discorso delicato: non può farlo contraddicendo la dottrina, quindi siamo sempre fermi al punto essenziale.

        La cosa fondamentale è questa: un cambiamento di dottrina è impossibile. La tesi per cui questo sarebbe solo un cambiamento di prassi, ammesso e non concesso che sia sostenibile, va detta chiaramente e inequivocabilmente e tocca al Papa farlo. Invece sinora non l’ha mai fatto e, ripeto, ha agito con sotterfugi: la AL è ambigua, il tema è toccato in una nota a piè di pagina, c’è quel “Io posso dire di sì” pronunciato in aereo che non può essere considerato magisteriale (traparentesi questo lo sostengono pure all’Isola di Patmos); dopodiché ha voluto indicare come legittimo interprete Schoemborn, costruendogli attorno un’aura di autorità da Congregazione di Dottrina della Fede che non ha, snobbando Mueller che invece è su posizioni opposte. I fatti di questi giorni erano apparentemente una novità, perché ci sarebbe un documento firmato da Francesco che approva una dichiarazione di vescovi argentini…

        “Se non basta questo non so cosa servirebbe, a questo punto.”

        Ma ieri sera c’è stato il colpo di scena, descritto dal post di MiL che ho linkato: i vescovi argentini hanno detto che si trattava di un documento riservato che non doveva girare. Pare ci sia stata opposizione di alcuni vescovi e un teologo. Sull’Osservatore Romano è uscito un tentativo patetico di mons. Aguilar di chiarire la situazione:

        http://www.osservatoreromano.va/it/news/altro-che-ambiguita

        Ma non chiarisce niente. Dà semmai una sua personale interpretazione:

        “pensa anche ai molti cristiani che hanno fallito nel loro matrimonio, si sono rifatti una vita come hanno potuto e, al tramonto della loro esistenza, desiderano riconciliarsi con Dio e con la Chiesa.”

        Quel “al tramonto della loro esistenza” fa pensare a persone anziane, e dunque persone che vivono in castità come suggeriva GPII. Ma se il senso della AL fosse questo, allora non ci sarebbe nessuna novità pastorale, che viene invece contemporaneamente acclamata.

        Dunque è un pasticcio. Si conferma che c’è un gruppo di prelati che intende agire nelle tenebre (lo dicono loro stessi: il documento sarebbe stato riservato), e ben sappiamo di chi è questo stile. Il Papa chiarisca da che parte sta e se quel documento che ha la sua firma è vero o no. Non è tollerabile che queste cose, che hanno un impatto rilevante sulla sorte di molte anime, vengano gestite in questo modo. Uno potrebbe farsi l’idea che al governo della Chiesa ci siano dilettanti allo sbaraglio come al comune di Roma: quelli non sanno leggere e questi non sanno scrivere?

        1. Alessandro

          “Cavalcoli è un teologo di fama e personalmente ho molta considerazione per lui: ha scritto pagine “pesanti” contro il rahnerismo e altre eresie. Ma non è perfetto e altri teologi di fama non sono d’accordo sull’estensione dell’infallibilità papale sostenuta da Cavalcoli”

          Cavalcoli, appunto, non è perfetto, può sbagliare, e che nella fattispecie sbagli lo dimostra il fatto – come evidenziavo in precedenza – che, per quanto attiene il divieto di ricezione dell’Eucaristia da parte dei divorziati risposati conviventi more uxorio, NON siamo dinnanzi a una qualsivoglia legge ecclesiastica positiva la cui abrogazione o modifica non intaccherebbe una dottrina irreformabile (cioè, la cui abrogazione o modifica non attenterebbe all’irreformabilità di una dottrina irreformabile, immutabile).

          Il già citato testo del Pontificio consiglio per i testi legislativi al paragrafo 1 precisa infatti con ogni chiarezza che

          “La proibizione fatta nel citato canone [il 915 del Codice di diritto canonico, cioè il divieto ai divorziati risposati perseveranti nel convivere more uxorio di ricdevere l’Eucaristia], PER SUA NATURA, deriva dalla LEGGE DIVINA e TRASCENDE L’AMBITO DELLE LEGGI ECCLESIASTICHE positive: queste NON possono indurre cambiamenti legislativi CHE SI OPPONGANO ALLA DOTTRINA della Chiesa.”

          http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

  6. Fabrizio Giudici

    “E cerchiamo di stare tranquilli, la Chiesa dottrinalmente non può errare, punto. Se potesse errare significherebbe che Cristo avrebbe mentito promettendo ciò che ha promesso a Pietro, ma essendo Cristo Dio non poteva mentire.”

    Falso. Anzi, come prima, è un miscuglio letale di falsità e verità: il nostro Vincent è dunque un modernista da manuale. Intanto la Chiesa non è solo quella che vediamo, ovvero la Chiesa Militante. In secondo luogo il corretto modo di capire come essa sia infallibile si basa anche sulla conoscenza della sua storia. L’eresia ariana era grave, perché dipingeva un Cristo diverso da quello reale (in termini diversi da oggi, ma il trucco è sempre lo stesso). Anche in quel caso, la scusa erano “motivi pastorali” (i popoli germanici – ahò, sempre quelli eh! – di recente conversione avevano problemi a comprendere il dogma della Trinità, dunque andava “edulcorato”). Ci fu un papa come minimo vigliacco, il potere temporale che sostenne l’eresia e dietro quasi tutti i vertici della Chiesa. Per trent’anni l’eresia dominò, anche nei fedeli (secondo gli storici due terzi dei fedeli ci caddero). Molte chiese erano interdette ai fedeli ortodossi, che si trovavano costretti ad assistere all’aperto alle celebrazioni dei pochi preti rimasti nell’ortodossia. Quelli che poi furono proclamati santi per aver combattuto l’eresia furono considerati reietti, perseguitati e alcuni addirittura scomunicati. Poi, passato il tempo della punizione, lo Spirito Santo rimise le cose a posto. Quindi, per periodi di tempo limitati, chi governa la Chiesa può sbagliare e anche in modo molto grave. Questo non contraddice la promessa di Cristo: la promessa, infatti, dice che poi tutto ritorna a posto. Infatti anche in questo infernale scorcio di storia ci troviamo in una situazione contingente, poi tutto tornerà a posto. Come i nostri antenati di milleottocento anni fa, dobbiamo semplicemente resistere.

    Quanto ai rigoristi, direi che oggi ricadono pienamente dentro la categoria quelli che sostengono che le legittime critiche al Papa, sto parlando di quelle basate sul Magistero, siano peccato.

    1. Alessandro

      Giunge la conferma ufficiale che Papa Francesco ha firmato una lettera con cui approva le linee interpretative e applicative del capitolo 8 di Amoris laetitia elaborate dai vescovi della regione pastorale Buenos Aires:

      http://www.osservatoreromano.va/it/news/discernimento-e-carita-pastorale

      Va detto con grande chiarezza, per amore di verità, che queste linee violano il Magistero della Chiesa, e che pertanto Papa Francesco, approvandole, approva e favorisce la violazione del Magistero della Chiesa.

      Che purtroppo Francesco, con Amoris laetitia, approvasse e favorisse quella violazione del Magistero consistente nell’ammissione all’Eucarestia di taluni divorziati risposati conviventi more uxorio era già da tempo un datto di fatto indubitabile, come evidenzio qui:

      https://costanzamiriano.com/2016/09/10/appunti-di-viaggio-a-new-york/#comment-116948

      Giova qualche precisazione sulla condotta che i fedeli cattolici debbono tenere quando si realizzi la sventurata evenienza (nien’affatto esclusa come impossibile dal Magistero della Chiesa) di un errore del Papa che comporti un attentato al Magistero della Chiesa.

      Poiché nemmeno il Papa regnante ha l’autorità di rendere lecita e giusta una violazione del Magistero della Chiesa, il fedele è tenuto a non cooperare in alcun modo a questa violazione del Magistero, sicché il Papa non va in alcun modo assecondato dal fedele in questa violazione, e ogni sua disposizione che conduca a tale violazione va dal fedele disattesa.

      Concretamente, per quanto riguarda la questione della ricezione dell’Eucaristia da parte dei divorziati risposati, il fedele è vincolato a prestare pieno e irrevocabile assenso all’insegnamento impartito dal Magistero autentico della Chiesa, presentato in particolare dall’esortazione apostolica Familiaris consortio al n. 84 e dal Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1650.

      I testi magisteriali vincolanti al riguardo sono, nel dettaglio, i seguenti:

      – Giovanni Paolo II, Esort. apost. “Familiaris consortio”, n. 84

      – Codice di Diritto Canonico, canone 915, secondo l’interpretazione autentica del Pontificio consiglio per i testi legislativi, (Dichiarazione circa l’ammissibilità alla santa comunione dei divorziati risposati, 24 giugno 2000)

      – Giovanni Paolo II, Esort. apost. “Reconciliatio et Poenitentia”, n. 34

      – Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1650

      – Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994

      – Benedetto XVI, Esort. apost. “Sacramentum caritatis”, n. 29

      Il fedele è altresì tenuto a pregare con sincero affetto filiale per il Santo Padre, affinché egli si penta di questo errore e lo emendi. Il fatto che il Papa sia incorso in errore non autorizza il fedele a disobbedire al Papa quando egli insegni e governi in modo conforme al Magistero della Chiesa: diversamente, sarebbe il fedele a commettere una violazione del Magistero. Bisogna inoltre sempre ricordare che il Papa regnante, ancorché sventuratamente sia incorso in grave errore, seguita a detenere le prerogative del ministero petrino.

      Il cattolico sa comunque che l’errore non può prevalere nella Chiesa; perciò, mentre con fortezza evita di cooperarvi e resiste all’opera di chiunque cerchi di convincerlo ad aderirvi, beneficia della certezza indefettibile che, se non il Papa regnante, chi gli succederà interverrà a indicare e confutare l’errore, rettificandolo.

      Chi desiderasse conoscere nel dettaglio gli errori enunciati e approvati dai vescovi della regione pastorale Buenos Aires e sventuratamente avallati dal Papa trova qui un validissimo chiarimento:

      http://blog.messainlatino.it/2016/09/amoris-laetitia-il-perpetuarsi-della.html

      1. Alessandro, sai che si trovi da qualche parte la traduzione in italiano del comunicato dei Vescovi Argentini?

        Ho trovato solo varie “sintesi” o estratti…

        1. Alessandro

          Una traduzione ufficiale in italiano non esiste, e mi pare nemmeno una “ufficiosa” (ma vedrai che nei prossimi giorni sarà approntata e divulgata), anche se il testo originale è facilmente comprensibile per un italiano che, pur non conoscendo lo spagnolo, “mastichi” la materia:

          https://www.data.lifesitenews.com/images/pdfs/Criterios_aplicacio%CC%81n_AL_-_Regio%CC%81n_BA.pdf

          http://ilsismografo.blogspot.it/2016/09/argentina-intercambio-de-cartas-sobre.html

          La traduzione di don Morselli di alcuni paragrafi del comunicato è comunque fedele e tocca i punti-chiave:

          http://blog.messainlatino.it/2016/09/amoris-laetitia-il-perpetuarsi-della.html

        1. Roberto

          In ogni caso, è utile ricordare che una norma di interpretazione autentica deve possedere almeno lo stesso grado gerarchico della norma interpretata; altrimenti lascia il tempo che trova.
          Senza per questo nascondere l’amarezza per la radicale disonestà di questo modus operandi.

          1. Fabrizio Giudici

            Commenta Cascioli oggi:

            http://www.lanuovabq.it/it/articoli-amoris-laetitiail-dibattito-non-e-finito-17388.htm


            […]
            In aggiunta però ci sono alcuni elementi che fanno ritenere la vicenda un po’ più complessa di come appaia a prima vista. Anzitutto le date: il documento dei vescovi argentini porta la data del 5 settembre, e del 5 settembre è anche la risposta di papa Francesco, una rapidità davvero insolita per la risposta di un Papa che deve riflettere su questioni e procedure piuttosto complesse.

            Inoltre dopo la pubblicazione dei documenti sul sito Infocatolica, ci deve essere stata una reazione di almeno parte dell’episcopato argentino, perché successivamente è stato affermato che le linee guida dei vescovi non sono ancora definitive, si tratta di una bozza ancora da rivedere. Ma se questo è vero, chi ha coinvolto il Papa nell’approvazione di linee guida non ancora adottate?

            Domande a cui forse nei prossimi giorni si potrà avere risposta, ma tornando alla vicenda principale c’è da chiedersi cosa potrà accadere prossimamente, quali reazioni potranno avere vescovi e cardinali che hanno già chiesto chiarimenti ufficiali al Papa o che nelle loro linee guida hanno dato ben altra interpretazione al capitolo VIII dell’Amoris Laetitia.

            Di sicuro però, anche se la lettera firmata da Francesco rispecchiasse il suo vero pensiero in materia, questo non significa che essa possa essere considerata la fine del dibattito. Per il semplice fatto che cambiamenti dottrinali o indicazioni pastorali devono essere “insegnate” (magistero vuol dire insegnamento) nelle modalità richieste e in modo chiaro, inequivoco (altrimenti che insegnamento è?). In altre parole: se papa Francesco – come chiunque altro Papa – desiderasse davvero cambiare le condizioni per l’accesso all’Eucarestia, sarebbe necessario che lo dicesse esplicitamente rivolgendosi a tutti i cristiani: una lettera privata destinata ad essere letta da pochi intimi non è un atto di magistero, né lo possono essere frasi – o addirittura note – poco chiare. Il resto sono chiacchiere.

            Mio commento: sono fondati i commenti di Roberto sopra e di Cascioli sotto, cioè che la lettera, forse privata, forse no, forse pubblicata apposta, forse sfuggita, ma comunque confermata, è un pasticcio. Tuttavia è inutile continuare a parlare di “dibattito”. Il dibattito non c’è. Da quella parte non arriva nessuna risposta nel merito delle osservazioni, non c’è nessun dialogo (curioso, eh, proprio da parte di chi parla di dialogo in continuazione) e, mentre il dibattito se lo fanno tra loro i sostenitori della retta dottrina, sono già in cantiere le “iniziative pastorali” basate sull’errore. Sarebbe il caso di indirizzare più energie su come assistere i fedeli a “prestare pieno e irrevocabile assenso all’insegnamento impartito dal Magistero autentico”.

            Mi spiego.

            Finché siamo in un “contesto informato” come questo è relativamente facile portare a sostegno del Magistero una serie di documenti, dai passi del Catechismo a quelli integrali della Familiaris Consortio e tutta una serie di analisi serie pubblicate in questi mesi da teologi, canonisti, eccetera. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Inoltre è possibile ragionare sui paletti che anche l’autorità papale deve rispettare e contrastare atteggiamenti papolatrici.

            Ma là fuori? C’è gente che non sa niente di niente, non sospetta neanche minimamente quello che sta succedendo, vede solo la TV e legge il Corriere o Repubblica. E, invece di avere un luogo dove c’è un dialogo continuo, come succede per esempio qui, può essere che uno abbia a disposizione giusto poche battute, magari davanti alla macchinetta del caffè o per strada. Come si fa a catturare l’attenzione senza essere liquidati? Un errore alla prima battuta e ti sei giocato l’interlocutore. Perché fino a pochi giorni fa si poteva menare il can per l’aia e far finta che Francesco non avesse preso posizione; ora non è più possibile e quindi testimoniare la sana dottrina implica porsi in una posizione di contrasto con certe parole del Papa.

            Sarebbe utile aver qualche linea guida da seguire. E sarebbe fondamentale che certi vescovi e cardinali, invece di continuare a far finta che Francesco non ha preso posizione, si ponessero come punti di riferimento, in modo che il tutto non possa essere facilmente liquidato come un movimento di laici che non hanno credibilità.

          2. Alessandro

            Hai ragione, Roberto.

            Il guaio è che la maggior parte dei fedeli ignora che “una norma di interpretazione autentica deve possedere almeno lo stesso grado gerarchico della norma interpretata”, e che quindi la maggior parte dei fedeli che verranno a conoscenza della risposta di Francesco al comunicato argentino riterranno che quella risposta mostri incontestabilmente che l’interpretazione applicativa del capitolo 8 di Amoris laetitia contenuta nel comunicato è quella giusta, ed è vincolante.

            Se si volesse (finalmente!) fare un discorso serio e fondato come quello che fai tu, basterebbe fare una considerazione semplicissima a monte.

            Basterebbe far notare, come fece il cardinal Caffarra, che se con Amoris laetitia “il Papa avesse voluto mutare il Magistero precedente, che è chiarissimo, avrebbe avuto il dovere, e il dovere grave, di dirlo chiaramente ed espressamente. Non si può con una nota, e di incerto tenore, mutare la disciplina secolare della Chiesa. Sto applicando un principio interpretativo che in Teologia è sempre stato ammesso. Il Magistero incerto si interpreta in continuità con quello precedente.”

            http://www.caffarra.it/intervista250516.php

            Non diversamente si espresse il prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede:

            “Alcuni hanno affermato che la “Amoris laetitia” ha eliminato questa disciplina e ha permesso, almeno in alcuni casi, che i divorziati risposati possano ricevere l’eucaristia senza la necessità di trasformare il loro modo di vita secondo quanto indicato in Familiaris Consortio 84, cioè abbandonando la nuova unione o vivendo in essa come fratello e sorella. A questo bisogna rispondere che se la “Amoris laetitia” avesse voluto cancellare una disciplina tanto radicata e di tanta rilevanza l’avrebbe detto con chiarezza e presentando ragioni a sostegno.”

            http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351295

            Quindi, se (finalmente!) si facesse un discorso serio e fondato, basterebbe far notare che

            1) In Amoris laetitia non è detto da nessuna parte esplicitamente e chiaramente che con quel documento si muta il Magistero a riguardo della ricezione dell’Eucaristia da parte dei divorziati risposati

            2) condizione imprescindibile perché il Papa muti il Magistero è che firmi un documento in cui esplicitamente e chiaramente dica che lo fa

            3) pertanto, considerati 1 e 2, si conclude di necessità che con Amoris laetitia il Papa NON ha mutato il Magistero a riguardo della ricezione dell’Eucaristia da parte dei divorziati risposati: continua a valere Familiaris consortio 84 e Catechismo n. 1650.

            Il discorso sarebbe chiuso qui, con buona pace dei cosiddetti “teologi” che, ignorando questi elementari e basilari principi di ermeneutica dei documenti papali (e dimostrando quindi di ignorare l’ABC della teologia), da mesi affermano giulivi che senza dubbio con Amoris laetitia è stata superata Familiaris consortio e che quindi, in virtù di Amoris laetitia, in certi casi i divorziati risposati conviventi more uxorio possono accostarsi all’Eucaristia.

            Purtroppo, questi elementari e basilari principi di ermeneutica dei documenti papali non sono ignorati solo da taluni cosiddetti “teologi” (evidentemente più loquaci che capaci), ma anche dai semplici fedeli, che oltretutto non hanno il tempo o la preparazione per leggersi un documento chilometrico e ingarbugliato come Amoris laetitia.

            E questi fedeli che fanno? Sentono dire da tutti i mezzi d’informazione, sia quelli laicisti sia quelli cattolici (vedi Avvenire, Osservatore Romano, TV2000 ecc.), che è proprio così, che con Amoris laetitia è stata non contraddetta ma superata (?) Familiaris consortio e che quindi, in virtù di Amoris laetitia, in certi casi i divorziati risposati conviventi more uxorio possono accostarsi all’Eucaristia. E purtroppo tanti di questi fedeli, di fronte ad affermazioni così perentorie e concordi, si convincono che le cose stiano proprio così.

            Invano mons. Schneider, il cardinal Caffarra e altri vescovi e teologi hanno chiesto al Papa di pubblicare un’interpretazione autentica di Amoris laetitia che dissipi la confusione e riprovi le interpretazioni del documento incompatibili con il Magistero.

            E’ evidente infatti che la recente lettera di Francesco in risposta alle linee interpretative argentine del capitolo 8 di Amoris laetitia non può in alcun modo costituire una interpretazione autentica dell’esortazione apostolica: una interpretazione autentica non può consistere in una risposta privata alla lettera di qualche episcopato.

            Una interpretazione autentica deve essere un documento pubblico, firmato dal Papa, nel quale il Sommo Pontefice impegna esplicitamente il proprio potere di insegnare per spiegare autenticamente una volta per tutte i punti di Amoris laetitia che hanno suscitato dubbi e interpretazione contrastanti.
            Siamo ancora in attesa di questa interpretazione autentica.

            Ma purtroppo, come dicevo, la maggior parte dei fedeli piglierà come interpretazione autentica la lettera in risposta al comunicato dei vescovi della regione parstorale Buenos Aires.

            Beninteso: per amore di verità va riconosciuto che il principale responsabile di questa incresciosa e perniciosissima confusione, che condurrà allo smarrimento di molti cuori, è Papa Francesco, il quale con Amoris laetitia ha firmato un documento ambiguo ma dal quale si può capire distintamente che egli è a favore della Comunione ai divorziati risposati, e che alle sacrosante richieste di chiarimento non ha risposto, come sarebbe suo grave dovere, con una interpretazione autentica, ma con parole e atti (da ultimo: la lettera ai vescovi argentini) dai quali si capisce perfettamente che egli (contravvenendo sventuramente al Magistero della Chiesa) è favorevole alla Comunione ai divorziati risposati conviventi more uxorio e con i quali sta palesemente attendendo a promuovere questa grave violazione del Magistero:

            https://costanzamiriano.com/2016/07/30/chi-sei-tu-che-mi-sgozzi/#comment-115701

  7. Giusi

    L’Osservatore Romano va bene come fonte? Pagina 7.

    http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/QUO_2016_209_1309.pdf

    Ossevatore Romano, Papa Francesco, Vescovi argentini. L’amoris laetitia si interpreta così… Interpretazioni giustificazioniste o concordiste non sono più possibili.
    “L’Amoris laetitia non ignora le difficoltà del vivere la nuova unione in continenza e lascia aperta la possibilità di accedere al Sacramento della riconciliazione quando si manchi a questo proposito”
    In pratica, ti propongo l’astinenza ma se non vuoi puoi comunque accedere ai Sacramenti…

    Poi arriviamo al colmo…ossia al caso in cui “non si può accedere alla nullità del matrimonio” ovvero nel caso in cui il Sacramento del matrimonio sia valido davanti a Dio e lo si infranga col perenne adulterio…ebbene, almeno in questo caso ci saranno parole di ammonimento? Ci sarà la dura condanna dell’adulterio perenne che porterebbe alla dannazione?? Ci saranno almeno parole per le famiglie ferite, ossia quelle della prima e vera unione e non certo della seconda unione sacrilega???
    Assolutamente no!!!”cammino di discernimento ” anche in questo caso!!!
    E cosa mai prevederà questo cammino di discernimento per gli adulteri perenni??? Eccovi serviti:
    “Se ci sono limitazioni che attenuino la responsabilità, particolarmente quando la persona consideri che cadrebbe in un’ulteriore mancanza provocando danno ai figli della nuova unione,si apre alla possibilità di accesso ai Sacramenti”
    Praticamente…se vivere la castitá nella seconda unione inducesse l’uomo o la donna ad andare con un terzo compagno danneggiando la seconda famiglia (della prima non frega nulla a nessuno) allora è “doveroso” ,per salvare la seconda famiglia, profanare il primo e unico matrimonio andando a letto col secondo partner!!! E non solo!!! In questo caso, siccome lo si fa col buon fine di salvaguardare la seconda (sacrilega) unione allora non si è più in stato di perenne adulterio e dunque si può accedere ai Sacramenti!!!! E non solo : ” i Sacramenti in questo caso, dispongono la persona a continuare a maturare con la forza della grazia”…
    Questo è ciò che dice il testo…che vergogna…

    1. Fabrizio Giudici

      Dal blog di Messa In Latino:

      http://blog.messainlatino.it/2016/09/mons-schettino-salga-bordo.html#more


      A Sua Ecc. Rev.ma
      Mons. Tranquillo Schettino
      Arcivescovo di Pantofolonia

      Eccellenza,

      mi rivolgo a Lei perché, anche se non la ritengo uno stinco di santo, penso che Le sia rimasto un po’ di buon senso e La reputo in grado di rendersi conto che – dopo Amoris Laetitia – la Chiesa sta naufragando; come la Costa Concordia, neppure la Chiesa andrà a fondo – per le promesse del Salvatore -, ma ugualmente si contano i morti.
      Anche Lei ha responsabilità del naufragio, quando non ha rimosso i docenti non ortodossi dai seminari, per le tante volte che ha taciuto, per quando ha nascosto lo scheletro di preti fornicatori nell’armadio di un discreto trasferimento, quando ha tollerato ogni abuso liturgico, quando è stato debole con i forti e forte con i deboli.

      E poi, adesso che la DC non c’è più, ed è più difficile ottenere i necessari contributi per la diocesi, bisogna arrangiarsi con i Rotary, con i Lions, con qualche libero muratore.
      E poi ricorda la trafila di campagna elettorale che ha fatto perché, “nonostante la mia indegnità” e “avrei rifiutato se mi fosse stato possibile” arrivasse quella nomina…?
      Eccellenza, Lei, con tutto questo, è complice di questa situazione surreale in cui la Chiesa oggi si trova.

      Però ha ancora il buon senso di capire che non si può, in nome di una falsa misericordia, stravolgere la dottrina della Chiesa sul Matrimonio, sull’Eucarestia, sulla Confessione e sulla Grazia.
      Una voce in fondo al cuore Le sta dicendo che non si può ballare il tango argentino sulle ossa di San Giovanni Paolo II.
      La storia del sacerdote Eli, che era in fondo un buon uomo, ma ha fatto una brutta fine perché ha lasciato che figli facessero i mascalzoni, Le insegna che non basta arrivare in equilibrio alla pensione per salvare l’anima.
      E il Siracide Le ricorda di “non ambire la carica di giudice se non hai il coraggio di togliere l’ingiustizia” (Sir 7,6).

      Ma oggi, Eccellenza, Lei ha la possibilità di rifarsi; dica pubblicamente quello che pensa, lo dica ai suoi preti, lo dica al Suo popolo, lo dica al Suo Papa.
      Dica che non si può fare la Comunione in stato di peccato mortale, dica che per Confessarsi ci vuole il proposito di non peccare più, dica ai fratelli che vivono in situazione irregolare che non mancherà loro la Grazia per portare la Croce e per non peccare, e dica che la Chiesa è loro vicina non per lasciarli nel peccato, ma per tirarli fuori e portarli alla vittoria.

      Mons. Schettino, salga a bordo!

        1. Fabrizio Giudici

          Certamente gli Schettino è meglio licenziarli e sostituirli. Siccome con i vescovi non si può fare (per lo meno così facilmente), già se un 10% tornasse a bordo sarebbe un gran risultato…

  8. Alessandro

    I vescovi delle sei diocesi della provincia di Alberta, in Canada, non concordano con i colleghi di Buenos Aires.

    Hanno reso note linee-guida interpretative di “Amoris laetitia” nella quali affermano che i divorziati risposati civilmente, in mancanza di una pronuncia di nullità da parte del tribunale ecclesiatico competente che potrebbe spianare la strada al matrimonio canonico, non possono accedere all’assoluzione sacramentale e alla Comunione eucaristica se non alle note condizioni di cui in Familiaris consortio al n. 84.

    http://caedm.ca/Portals/0/documents/family_life/2016-09-14_PastoralAccompanimenttoDivorcedandRemarried.pdf

    1. Fabrizio Giudici

      A questo punto sarebbe interessante sapere se riceveranno una lettera papale con scritto che la loro interpretazione è chiaramente errata. Sempre che il principio di non contraddizione conti ancora qualcosa.

      Chapeau ai vescovi canadesi. E i nostri?

      1. Alessandro

        I nostri non sanno che pesci pigliare.

        Il potentissimo segretario generale della CEI mons. Galantino è favorevole favorevolissimo alla Comunione ai divorziati risposati conviventi more uxorio (figuriamoci… lui la concedeva già prima di Francesco), e non vorrebbe contrariare in nulla Francesco che l’ha voluto lì e che – ormai è indubitabilmente assodato – violando sventuratamente il Magistero autentico della Chiesa promuove la Comunione ai divorziati risposati.

        Ma anche Galantino sa che, se presentasse linee-guida permissive al riguardo, i vescovi italiani ancora integralmente fedeli al Magistero (che non posso sapere esattamente quanti siano, ma per fare qualche nome direi Crepaldi di Trieste, Negri di Ferrara, Camisasca di Reggio Emilia) gliele tirerebbero dietro.

        Non resta che rinunciare a compilare linee-guida, o compilarne di così ambigue che dentro ci stia a un tempo il sì e il no.

        Fermo restando che le linee-guida di una conferenza episcopale nazionale non hanno in quanto tali il potere di vincolare ad aderirvi alcun vescovo, nemmeno di quella nazione.

        Anzitutto perché il vescovo è al servizio del Magistero autentico della Chiesa, e quindi, se qualche documento (fosse pure firmato dal Papa) lo invita più o meno palesemente a disattenderlo, il vescovo ha il dovere grave di declinare vigorosamente e inequivocabilmente l’invito.

        Inoltre, come scriveva anni fa Ratzinger in “Rapporto sulla Fede”, “le conferenze episcopali non hanno una base teologica, NON fanno parte della struttura ineliminabile della Chiesa così come è voluta da Cristo, hanno soltanto una funzione pratica concreta… non possono agire validamente in nome di tutti i vescovi” a meno che non si tratti di “materie in cui lo abbia disposto il diritto universale”.

        E ancora: “Nessuna conferenza episcopale ha, in quanto tale, una missione di insegnamento: i suoi documenti NON hanno valore specifico ma il valore del consenso che è loro attribuito dai singoli vescovi…

        La Chiesa è basata su una struttura episcopale, non su una sorta di federazione di Chiese nazionali. Il livello nazionale non è una dimensione ecclesiale. Bisogna che sia di nuovo chiaro che in ogni diocesi non c’è che un pastore e maestro della fede, in comunione con gli altri pastori e maestri e con il Vicario di Cristo”.

      2. Alessandro

        Quindi, per quello che mi risulta, in base a pronunciamenti ufficiali di vescovi e conferenze episcopali (situazione aggiornata al 17 settembre)

        quanto alla Comunione ai divorziati risposati conviventi more uxorio dopo Amoris laetitia

        dicono NO:
        i vescovi polacchi, l’arcidiociesi di Philadelphia negli USA, la diocesi di Springfield (Illinois) negli USA, la diocesi di La Plata in Argentina

        dicono Sì:
        i vescovi delle Filippine e i vescovi argentini della regione di Buenos Aires

        Basti questo a chiarire quale incresciosa, insostenibile situazione di divisione e lacerazione della Chiesa una, indivisa e universale hanno generato Amoris laetitia e la ormai assodata volontà del Papa – volontà incompatibile con il Magistero autentico della Chiesa – di ammettere alla Comunione i divorziati risposati conviventi more uxorio…

        1. Alessandro

          Dimenticavo: come ho segnalato in precedenza, NO anche dai sei vescovi della provincia di Alberta in Canada

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