di Giovanni Marcotullio per La Croce quotidiano
«A causa della ricchezza dei due anni di riflessioni che ha apportato il cammino sinodale, la presente Esortazione affronta, con stili diversi, molti e svariati temi. Questo spiega la sua inevitabile estensione. Perciò non consiglio una lettura generale e affrettata». Così Papa Francesco nell’introduzione all’Amoris lætitia (AL 7). E prosegue: «Potrà essere meglio valorizzata, sia dalle famiglie sia dagli operatori di pastorale familiare, se la approfondiranno pazientemente una parte dopo l’altra, o se vi cercheranno quello di cui avranno bisogno in ogni circostanza concreta. È probabile, ad esempio, che i coniugi si riconoscano di più nei capitoli quarto e quinto, che gli operatori pastorali abbiano particolare interesse per il capitolo sesto, e che tutti si vedano molto interpellati dal capitolo ottavo» (ibid.)
Ciò significa che l’Esortazione sarebbe inevitabilmente stata – e difatti tale risulta – una cartina di tornasole della geopolitica ecclesiale: visto che il Papa ha invitato alla riflessione calma, vorrei oggi raccogliere due reazioni al testo pontificio, entrambe prodotte nella prima settimana dalla pubblicazione della Amoris lætitia, analoghe per autorevolezza e per rappresentatività di un’importante polarizzazione ecclesiale. Da una parte quella di Alberto Melloni, dall’altra quella di Bernard Fellay.
Il primo, ordinario di Storia del Cristianesimo a Modena-Reggio Emilia (e contestualmente corifeo attuale della c.d. “Scuola di Bologna” sull’interpretazione dei testi del Concilio Vaticano II), ha scritto su Repubblica all’indomani della pubblicazione dell’Esortazione. È il testo di un uomo che conosce bene la storia della Chiesa e quella dei dogmi, ma nondimeno colpiscono l’occhio certe sue (peraltro non sorprendenti) interpretazioni, spesso nutrite di omissioni o di chiose sottintese.
Ad esempio, è evidente che l’Amoris lætitia parta «da una lettura biblica profonda», e che dunque il suo cuore non ne sia il chiacchieratissimo capitolo ottavo; nondimeno Melloni vola subito ai «temi su cui la chiesa era attesa al varco: la comunione ai divorziati risposati, la dignità delle persone omosessuali, la visione della sessualità». Una scelta che ha forse l’unico pregio di mostrare chiaramente i proprî presupposti. Francesco conia l’espressione “le coppie cosiddette irregolari”, e Melloni annota che «quel “cosiddette” vale tutta l’esortazione»: come a dire che l’essenza dell’Esortazione sarebbe lo sdoganamento etico di ogni condizione sentimentale, vale a dire che “love is love”. Chiunque vede da sé – e con buona chiarezza, leggendo il documento – che non serve “una lettura biblica profonda”, né un documento tanto lungo e particolareggiato, per declinare uno slogan sessantottino, e che appunto “fate l’amore non fate la guerra” non può in alcun modo considerarsi il «ripensare una parola: “amore”» che avrebbe permesso di «spostare l’asse attorno al quale ruotava da cinque secoli la storia del matrimonio». Un simile asse sarebbe stato spostato, secondo Melloni: solo il dettaglio dei cinque secoli ricorda al lettore che a scrivere non è il membro fuori corso di un collettivo studentesco ma un affermato docente universitario, il quale se parla di “cinque secoli” ha evidentemente in mente il decreto tridentino sul matrimonio – comunque una rivoluzione più modesta di quella che anticipava il cardinal Walter Kasper, riportandoci necessariamente al primo concilio di Nicea col suo riferimento a uno sconvolgimento quale la Chiesa non avrebbe conosciuto da “millesettecento anni”.
Sulla «cruciale nota 336» Melloni dice più di quanto la nota contenga, ma qui gli viene facile farlo, considerando che la nota papale è caratterizzata da una voluta indeterminatezza: ci torneremo dopo. Il salto carpiato in cui il professore si produce rispetto alla “questione gay” è degno di un’attenzione particolare: sicuramente parla più volte di omosessualità (in assoluto e in percentuale) Melloni nel suo articolo che il Papa nel documento – ma vediamo. «Sulle persone omosessuali – scrive il professore – “Amoris laetitia” non ripete l’errore compiuto nel primo sinodo dei vescovi: quando si fecero aperture rivelatesi immature e che oggi il papa recupera con qualche cautela». Quale errore? Perché errore? E il papa “recupera un errore”? Trattandosi di parole della relatio del 13 ottobre 2014 vale forse la pena riportarle tutte: «[50] Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?
[51] La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender.
[52] Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli».
I lettori si ricorderanno certamente, ora, delle scintille volate in conferenza stampa tra il Relatore generale Péter Erdö e il segretario aggiunto Bruno Forte (che fu dal primo rivelato essere l’autore unico di questi paragrafi, inseriti in qualche modo contro il volere del relatore generale e al di là della stessa assise sinodale); per chi volesse saperne di più, un dettagliato reportage di quelle fasi “opache” del lavoro sinodale si trova in Edward Pentin, The Rigging of a Vatican Synod. Ebbene, di questi tre controversi paragrafi, scritti da mons. Forte e che oggi Melloni qualifica di “errore” (salvo poi tentare la giravolta dei “tempi non maturi”), cosa “recupera” Papa Francesco? A leggere il testo di Amoris lætitia si vede che non si parla mai delle persone omosessuali se non in quanto membri di una famiglia (ovvero quella in cui esse, come tutti, sono nati e cresciuti). Non esiste alcun cenno alla “questione omosessuale” (la quale dunque non «ci interpella in una seria riflessione»), sono scomparsi i cenni al “mutuo sostegno” e al “sacrificio” e neppure si fa menzione dei “bambini che vivono con coppie dello stesso sesso”. “Qualche cautela”, dice Melloni. Alla faccia. Ciò che Francesco riprende è il testo dei vescovi successivo alla relatio contenente il colpo di mano di mons. Forte, ovvero quello che nega che esista «fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». E ciò che resta dell’ex numero 51 viene perfino inasprito, come ognuno può vedere: «[…] è inaccettabile “che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”». In realtà, sembrano molto più di alcune, le cautele che Papa Francesco ha effettivamente preso, ma forse non vanno nella direzione sottintesa da Melloni…
Il quale prosegue qualificando a sua volta di “ingiusta” la qualificazione dell’aggettivo “ingiusta” riferito alla “discriminazione nei confronti delle persone omosessuali” come è descritta nel Catechismo: vale a dire che, per il professore, ogni discriminazione nei confronti di un’anomalia naturale sarebbe, ipso facto e qua talis, ingiusta. “Logica” buona per le pagine di Repubblica, e che difatti Melloni si guarda bene dell’introdurre nei suoi (peraltro apprezzabili) lavori accademici. Mentre però sulla comunione alle coppie irregolari il Bolognese ha buon gioco di scrivere ciò che vuole, perché l’indeterminazione, in effetti, è scientemente contenuta nel testo, quando parla di contraccezione deve inventarselo di sana pianta, il silenzio del testo (perché non c’è): «[…] pur elogiando i metodi naturali di Paolo VI, condanna la contraccezione di Stato, ma non quella dei singoli: e apre a parti inattese, come l’elogio della gioia erotica, che non appare più come un male, neutralizzato dal suo esito procreativo, ma un dono di Dio come tale, letto senza astrazioni irrealistiche e senza spiritualismi». Ora, mi spiacerebbe stroncare l’entusiasmo del professor Melloni, ma chiunque sfogli i paragrafi di cui parla in ultimo si rende conto che sono zeppi di rimandi al magistero del XX secolo (dalle memorabili catechesi sull’amore di Giovanni Paolo II indietro fino alla Casti connubii di Pio XI) e che lo stesso tema era già stato trattato nella Deus caritas est di Benedetto XVI, non a caso ripetutamente citata… Ma quanto alla contraccezione Melloni fa crescere sul presunto silenzio circa la contraccezione personale attiva l’ipotesi di un permesso latente: «In questo senso l’Enciclica Humanae vitae (cfr 10-14) e l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […]. La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è ‘il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità’ (Gaudium et spes, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr Rm 2,15), 172 e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente”». Ed è tutta una citazione dalla relatio finalis del 2015 (quella che soppianta la prima, libertaria).
Il professore però si rende conto di star forzando la mano, difatti cambia gioco: non si tratta de «l’ultimo rigore di un derby fra rigoristi e possibilisti finito in parità ai tempi supplementari, e tirato dal papa a porta vuota», perché l’asse del discorso (il famoso asse cinquecentenario di cui sopra) si è spostato superando il superamento del «matrimonio di “puro consenso” (in cui era possibile perfino qualche matrimonio gay) e aveva resistito fino a ieri». Cioè, se capisco ciò che leggo: il decreto tridentino (immagino che Melloni si riferisca al Tametsi) avrebbe superato un ordinamento giuridico di “puro consenso” (in cui «qualche matrimonio gay era possibile» – questa è proprio nuova); la Amoris lætitia annullerebbe il decreto tridentino e ci riporterebbe al presunto #loveislove di prima. Peccato che si tratti di una pagina di giornale: sicuramente nei suoi corsi Melloni la spiega meglio, questa storia dei “matrimonî” gay prima del Concilio di Trento (“possibili”, ma “qualche”)… D’altronde tutto ciò sarebbe dimostrato dal «recente e debolissimo [sic!] dibattito italiano sulle unioni civili, incagliatosi sui figli, senza percepire quei valori che “Amoris Laetitia” riconosce in unioni che vuole equiparate al matrimonio, ma non vuole ridurre ad atto privato». Qui la sintassi stessa crea problemi: quali sono le unioni che vuole equiparate al matrimonio? Chi vuole equipararle, senza ridurle ad atto privato? Di chiaro c’è solo l’intenzione di leggere tra le righe il contrario di ciò che nelle righe sta scritto senza possibilità di equivoco. Perché? Questa è una domanda interessante.
Melloni torna più comprensibile (e condivisibile) quando esce dalla fattispecie e afferma che Francesco avrebbe fatto «un passo in avanti nella sua riforma del magistero e del papato. Il magistero, secondo Francesco, deve rinunciare ad essere onnivoro […]; deve liberarsi dall’idea che l’astrazione sia un bene in sé […]; deve dare l’esempio di essere “umile e realista” […]. Il papato […] esce più forte non per motivi politici o geopolitici, ma per la bellezza evangelica di alcuni passaggi sui bambini disabili, per la descrizione così vera della pazienza e delle crisi coniugali, per la fermezza con cui chiede quel rispetto per l’altro che la chiesa non aveva mai insegnato agli ex coniugi […]». Tutto vero, salvo che su quest’ultimo punto: di rispetto la Chiesa ne ha sempre chiesto così tanto da non aver mai incoraggiato gli abbandoni, neanche in nome del #loveislove.
Ha comunque ragione, Melloni, nel rilevare che «riplasmando il genere della esortazione Francesco restaura un altro pezzo di sinodalità come principio del cattolicesimo latino»: rinunciabili sono i tentativi di contrapposizione tra Ratzinger e Francesco (anche mediante il ricordo di Peter Hünermann), come pure l’ultimo obolo versato dal Bolognese alla causa del “matrimonio” gay, in chiusura. Il polso dello studioso di storia, però, e anche dell’uomo di fede, si sente chiaro e nitido in una grande verità (che infelicemente Melloni aveva mescolato alla propaganda omosessualista): il «progresso nella fede passerà dal tempo, dai vescovi e dalle chiese». Questa è probabilmente la verità più vera di tutto il suo articolo, che ci servirà anche nel confronto con il superiore generale della Fraternità S. Pio X.
Domenica scorsa, infatti, mons. Fellay ha tenuto a Puy-en-Vélay, dove aveva accompagnato un pellegrinaggio, una predica nel corso della messa. Nel calendario tridentino era possibile festeggiare in quella data la solennità dell’Annunciazione, e così stavano facendo. Dopo un passaggio sul senso dell’incarnazione e del contestuale auto-annichilimento di Dio, e facendo cenno al ruolo di “custode del Redentore” assegnato dalla Provvidenza a san Giuseppe, egli ha lungamente adattato alla condizione attuale dei lefebvriani il “miscens gaudia fletibus” (“mescolando le gioie alle lacrime”) dell’inno a San Giuseppe. In questo contesto ha detto, fra l’altro, che l’Esortazione «porta il titolo “La gioia dell’amore”… e ci fa piangere». «Dopo aver costruito un bell’edificio, una bella imbarcazione – ha detto il presule con suggestiva analogia – il Pontefice regnante ha aperto una falla nello scafo, precisamente sulla chiglia della nave. E allora capite cosa succede: si ha un bel dire che il buco è stato fatto con tutte le precauzioni possibili, si ha un bel dire che il buco è piccolo piccolo: la barca va a fondo».
Queste parole – chiaramente riferite alla questione della comunione ai «divorziati sedicenti risposati» sono state riportate soltanto da un paio di organi di informazione italiani, ma anche quelli si limitavano al singolo passaggio, laddove poco dopo se ne apre un altro molto più interessante, perché racconta di due incontri che mons. Fellay ha fatto recentemente a Roma: uno col papa e uno col segretario della commissione Ecclesia Dei, l’organo istituito da Benedetto XVI per accompagnare e guidare il rientro dei lefebvriani nella piena comunione con la Chiesa cattolica.
«Voi sapete – ha detto Fellay ai fedeli convenuti – che molto recentemente abbiamo incontrato Papa Francesco. Ebbene, ci ha detto che Benedetto XVI alla fine della sua vita, del suo regno, del suo pontificato, avrebbe fissato una data; e se la Fraternità [San Pio X, n.d.r.] non avesse accettato la proposizione romana al termine di quella data, egli aveva deciso che la Fraternità sarebbe stata scomunicata». Una notizia pressoché inedita, ovvero non rispondente che ad alcuni rumori di Palazzo, trattandosi di un futuribile e non di un fatto. «E Papa Francesco – ha proseguito il Vescovo – ci ha detto che è stato probabilmente lo Spirito Santo a ispirare Papa Benedetto XVI, e che gli ha fatto dire qualche giorno prima della fine delle sue dimissioni di abbandonare questa idea. E dunque Papa Benedetto XVI avrebbe detto: “Lascio fare al mio successore”. E a Papa Francesco hanno messo materialmente davanti, sulla sua scrivania, la nostra scomunica, dicendogli: “Non mancano che la data e la firma”. E Papa Francesco ha detto: “No, non li scomunico, non li condanno”. E Papa Francesco mi ha detto: “Non vi condannerò”. Ha pure detto: “Voi siete cattolici: andiamo avanti in un cammino verso la piena comunione”. Mi ha detto: “Voi siete cattolici”. Ha sì continuato con “in cammino verso la piena comunione”, ma nondimeno ha detto “siete cattolici”! E ha pure detto: “Sa, ho mica pochi problemi con voi! Mi fanno storie con voi, perché sono buono con voi. Ma io ho risposto: sentite, io abbraccio e bacio il Patriarca Kirill, faccio del bene agli anglicani, tratto bene i protestanti, non vedo perché non debba trattare bene anche questi cattolici”. È così che egli ha spiegato, e ha aggiunto: “Se io ho dei problemi, voi pure ne avete; non bisogna spingere, non bisogna creare altre divisioni, lasciamo tempo al tempo”. E ha detto che naturalmente la facoltà di confessare la conserveremo anche dopo [dopo la fine dell’anno santo, n.d.r.], dare l’estrema unzione, assolvere dal peccato di aborto. E io gli ho risposto: “E allora perché non anche gli altri sacramenti?”. Oh, era molto aperto: “Vediamo come si sviluppano le cose…”. Evidentemente ci danno speranza: ecco, un giorno ci danno speranza, ci fanno gioire… e il giorno dopo, ecco un’esortazione terrificante, che fa tanto male alla Chiesa».
Ne viene fuori uno spaccato di Vaticano in era Bergoglio “al naturale”: viene fuori la titubanza di Benedetto XVI, che da sempre si era speso per ricucire lo strappo con i figli di mons. Lefebvre ma riteneva di non dover e non poter fare sconti sull’accettazione del Vaticano II, dalle Costituzioni dogmatiche fino alle dichiarazioni e agli altri documenti minori. La remissione della scomunica in cui il vescovo francese e i vescovi da lui ordinati erano incorsi doveva essere un segno di distensione e avvicinamento, nelle intenzioni di Papa Ratzinger: al suo passo in avanti dovevano seguire i passi degli altri, ovvero l’accettazione dei documenti del Concilio (pur con tutte le differenze legate all’autorità dei singoli testi). I lefebvriani, però, non sembrano avere la minima intenzione di capitolare su cose come l’ecumenismo, il giudizio sulle religioni non cristiane e sulla stessa libertà religiosa: scopriamo da questo passaggio che la situazione creatasi era un cruccio per Benedetto XVI, il quale temeva forse di aver contribuito a creare uno stallo contraddittorio. Francesco non insiste, accoglie, abbraccia e chiede di essere “in cammino”. Si vede chiaramente che Francesco applica ai lefebvriani la medesima misura di “misericordia” riservata ai divorziati risposati (come pure agli amici gay, ai trans invitati a Santa Marta e via dicendo): se questo può risultare insopportabilmente umiliante per Fellay (il quale “mescola le gioie alle lacrime”), è pur vero che i tratti psicologici di questa umiliazione somigliano molto a quelli del fratello maggiore della parabola dei due figli.
Ma se Benedetto XVI dice “voi dovete tornare cattolici”, Francesco dice “voi siete cattolici” (e aggiunge “in cammino verso la piena unità”, naturalmente). Parallelamente, se in Curia ci sono monsignori che mettono zelantemente la scomunica dei lefebvriani sul tavolo del Papa, nella stessa Curia ci sono altri monsignori che chiosano il “voi siete cattolici” di Papa Francesco a mons. Fellay fornendo un inatteso corollario. È questo il caso di mons. Guido Pozzo, incontrato dal vescovo lefebvriano poco dopo l’incontro con Papa Francesco: «Il giorno dopo abbiamo visto monsignor Pozzo, il responsabile della Commissione Ecclesia Dei, di quest’istanza romana che si occupa di noi, e monsignor Pozzo ci ha detto: “Noi pensiamo (“noi”, cioè la congregazione della Fede, non solo lui) che non dobbiamo domandarvi se non ciò che si domanda e che è necessario ad ogni cattolico, e niente di più”». Formula che, sostituendo “cristiano” a “cattolico”, è la medesima in uso nel dialogo ecumenico, specialmente con gli ortodossi riguardo alla questione del primato pontificio: a quelli si chiede quindi di riconoscere il ministero dell’unità che per tutto il primo millennio tutte le Chiese hanno riconosciuto al Vescovo di Roma, e di collaborare con lui a definire meglio quali modalità di esercizio di quel ministero sono più adatte ai nostri tempi; a questi invece cosa si chiede?
Dice qualcosa in merito il seguito della predica di Fellay: «Pozzo ha sviluppato questo pensiero dicendo: “Ebbene, il concilio Vaticano II non è dottrinale, e quindi questo non possiamo domandarvelo”. È stato anche più chiaro: “Voi avete il diritto di difendere la vostra opinione sulla libertà religiosa, sull’ecumenismo, sulla relazione con le altre religioni – Nostra Ætate –”. È stato così sorprendente che gli ho detto: “Non è impossibile che le domandi di venire a dire questa cosa da noi”». E si capisce bene la sorpresa del prelato francese: se le parole del Papa avevano il suono dell’accoglienza di un padre pronto a riprendere in casa il figlio protestatario, quelle di mons. Pozzo suonano come una totale resa delle armi. Verrebbe da chiedersi: se la scomunica è stata rimessa e non sarà nuovamente comminata, se il Summorum Pontificum garantisce a ogni comunità la possibilità di celebrare nella forma straordinaria del rito romano e se neanche si può esigere da ogni cattolico che accolga i documenti del Vaticano II, perché esiste ancora una commissione Ecclesia Dei?
Frena quindi i facili entusiasmi, Fellay, e rilancia la riflessione sul piano storico ed ecclesiologico: «Non penso che sia opportuno assumere atteggiamenti di trionfo, cari fedeli. Penso che di fatto questo cambiamento sia un cambiamento profondo, estremamente importante; accade a causa della situazione drammatica della Chiesa. Si può dire che sia un po’ una conseguenza del caos che si sta stabilendo nella Chiesa; c’è una tale confusione, ci sono tanti e tali attacchi contro la fede, contro la morale in tutti i sensi che alla fine, se così si può dire, da parte della Congregazione della Fede ci si è detti: “Non abbiamo il diritto di maltrattare questa gente, che non fa che dire e insegnare quello che la Chiesa ha sempre insegnato… non abbiamo il diritto di considerare ciò che fanno come un peccato gravissimo”, mentre attorno a loro ce ne sono tanti e tanti – prelati e cardinali… uno avrebbe quasi voglia di dire anche il Papa – che dicono non soltanto delle sciocchezze… ma delle eresie, che aprono la strada al peccato».
Fellay offre subito la prova della correttezza della sua analisi: una qualche confusione dev’esserci per forza, se un vescovo commissariato, dopo aver conferito con i vertici della commissione, legge pubblicamente le loro aperture – oggettivamente “disinvolte” – come sintomo di debolezza e spaesamento. Si può persino insinuare la tesi più grave e temeraria che l’ecclesiologia latina conosca – l’eresia del Romano Pontefice – senza dover temere ripercussioni di sorta.
E la sua lettura si conclude con l’esortazione alla Fraternità: «Ci sono comunque alcuni, nella Chiesa, che stanno reagendo, riflettendo, che dicono “così non va”. E così in mezzo a questo turbamento, in mezzo a queste lacrime arriva il balbettio [sic!]: “No, non vi possiamo obbligare ad accettare il Concilio”. Forse non ce lo diranno così chiaramente, ma comunque ce l’hanno detto! Certo, prendiamo questa dichiarazione con molta prudenza, domandiamo al buon Dio di illuminarci, di farci vedere che cosa vuol dire tutto questo, se è veramente la verità, se domani non ci daranno di nuovo un’altra indicazione. E nondimeno, miei carissimi fratelli, tutto questo ci mostra qualcosa: cioè che la fedeltà a tutto ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, questo paga. Bisogna semplicemente conservare questa fedeltà, ella s’impone a questi moderni, ella si impone come la realtà: noi siamo cattolici e vogliamo restare tali».
Una lettura speculare a quella di Melloni, ugualmente suggestiva e valida per evidenziare l’ampiezza del campo del dibattito nella Chiesa Cattolica (di Francesco e non solo): due letture uguali e contrarie, quindi, che mostrano la forza e la debolezza dell’elasticità ecclesiale cattolica in questo momento.
Un fatto altamente emblematico, in tal senso, è la dichiarazione del cardinal Raymond Burke, per la quale l’Esortazione Amoris lætitia non sarebbe un documento magisteriale, bensì l’espressione pubblica del personale punto di vista del Papa: «La natura personale – spiega Burke – cioè non magisteriale del documento emerge anche dal fatto che le citazioni riportate provengono principalmente dal documento finale della sessione 2015 del Sinodo dei Vescovi, nonché dai discorsi e dalle omelie di Papa Francesco stesso. Non si ha un impegno costante di collegare il testo in generale o tali citazioni al Magistero, ai Padri della Chiesa e agli altri autori provati». Dispiace di dover dissentire da un personaggio che tante volte si è distinto per acribia e imparzialità di giudizio, ma questo secondo argomento non consta assolutamente: già a prima lettura si è invece colpiti dalla tensione del Papa a suffragare, nel documento, i proprî contenuti con dovizia di puntelli magisteriali e tradizionali (tomisti in buona parte!).
Se invece, come Burke adduce a primo argomento di sostegno alla sua tesi, il punto è che Papa Francesco stesso indicherebbe al n. 3 della Amoris lætitia l’intenzione di non impegnare la propria autorità magisteriale, questa leva mi pare anche più debole dell’altra: nell’introduzione, infatti (e in particolare al n. 3), Francesco afferma la sua convinzione che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». Il che, evidentemente, non equivale a disimpegnarsi o a minimizzare la portata dell’Esortazione, ma fa piuttosto parte di quella ristrutturazione del magistero in sé che – a mio avviso sensatamente – ritrovava Melloni.
La questione è, per così dire, procedurale, non può essere banalizzata: il magistero si riceve, quando viene promulgato, per criterî formali, ossia con obbedienza proporzionata all’autorità che lo emana e al tipo di documento di cui consta. Immediatamente, poi, subentra l’assenso sostanziale, che varia in forza dei contenuti: mille e mille volte, nella storia della Chiesa, atti magisteriali con tutti i crismi sono caduti nel dimenticatoio e altri, magari dal pedigree meno blasonato, sono assurti a dottrina tradizionale. I giochi, in realtà, non si fanno quando un documento nasce, ma quando (e se) viene ricevuto e a sua volta “canonizzato”: la Veterum sapientia di Giovanni XXIII è un ricordo da eruditi perché mai nessuno l’ha ripresa (ma neppure l’avevano criticata!); la Humanæ vitæ di Paolo VI è ormai una pietra miliare della morale sessuale cattolica, benché la sua gestazione e la sua prima accoglienza siano state tutt’altro che pacifiche e lineari.
La reazione di Burke ha dato modo a Tornielli di chiosare, correttamente: «[…] Dire che un’esortazione apostolica firmata dal Papa al termine di due Sinodi ai quali hanno preso parte vescovi provenienti da tutto il mondo rappresenti null’altro che l’opinione personale del Pontefice, una semplice raccolta di suoi pensieri, è un’affermazione destinata a far discutere». La motivazione è anche più intelligente della nota: «Se infatti finisce per essere magistero solo quello “infallibile”, cioè definito ex cathedra, se quello che viene considerato magistero ordinario in realtà non è più magistero (e chiunque può decidere se lo sia o no), bisogna allora concludere che neanche l’enciclica “Humanae vitae” è magistero, e che non lo è neppure la “Familiaris consortio” di san Giovanni Paolo II. Tutti testi da leggere con un certo qual rispetto, sicuramente, ma nulla più: tutti punti di vista che i Papi hanno presentato, senza volerli “imporre” a nessuno». E sono osservazioni cui difficilmente si può replicare con altrettanta stringente sensatezza. Verrebbe peraltro a crearsi un ulteriore, incresciosissimo, problema: «Sarebbe interessante poi rispondere anche alla domanda su chi ha titolo per “interpretare” correttamente i documenti che secondo il cardinale Burke sarebbero “non magisteriali”».
La risposta a questa domanda in realtà c’è ed è semplice: è quella che – da storico del cristianesimo – Melloni ha enunciato: il tempo, i vescovi, le Chiese. Questi sono i catalizzatori concreti della ricezione di un documento magisteriale: la via della delegittimazione formale di un testo, invece, mi pare una via inutile quando non dannosa, comunque sempre esposta al rischio di un pericoloso rinculo.
Paradossalmente – ma paradossi simili mostrano più l’ironia della storia e del suo Signore che la bizzarria degli uomini – Burke si viene a trovare nei confronti di questo documento in una posizione molto simile a quella che ha Melloni nei confronti dei testi del Vaticano II: proponendo infatti di questi un’ermeneutica “della discontinuità e della rottura”, è cosa frequente che debba tralasciare questo o quel testo (o viceversa considerarvene sottinteso uno di fatto assente) in favore del mitologico “spirito del Concilio”. La propensione del Bolognese per uno spiritualismo magisteriale si rivela già da semplici tic linguistici come il frequente uso dell’espressione “il Regno”, preferito a “il Vangelo” (e non parliamo di “la Tradizione”): quando Burke prende una posizione del genere, invece, minimizza la portata del documento con pretese ragioni “materiali”. Si tratta in realtà di frizioni fisiologiche in ogni momento importante della storia della Chiesa: sempre, però, ha vinto non tanto chi ha delegittimato i testi, quanto chi ne ha promosso un’ermeneutica vincente nella ricezione ecclesiale.
E l’ermeneutica vincente mi pare avere due costanti: da un lato è quella che va incontro alle situazioni concrete degli uomini (come ripete costantemente Papa Francesco, e come pure ho potuto apprendere dagli studî di autori come Manlio Simonetti); dall’altro è quella che meglio sa farsi interprete del disagio profondo che alberga nel cuore degli stessi. Ecco perché una proposta lassa non può mai risultare veramente e durevolmente vincente, esattamente come non lo può una rigorista.
Me lo hanno ricordato le parole che Costanza Miriano ha scritto qualche giorno fa sul suo blog: «Ecco perché c’è qualcosa che non mi convince nell’ansia che percepisco, tra diversi uomini di fede, di comunicare la buona notizia, il Vangelo, raccontandone solo la bellezza, tacendo della drammaticità della lotta, omettendo tutto ciò che possa anche lontanamente ricordare la croce, il dolore, la bruttezza, la fatica. Non ho gli strumenti necessari a dare un nome a questa cosa: non so se si tratti di una corrente teologica, di una scelta pastorale, oppure di una strategia solo comunicativa (a chi è lontano tu cerchi prima di parlare della bellezza, poi casomai della fatica che tocca fare per vestirsene stabilmente). Non posso neppure dire che si tratti di un errore, perché se guardo ai sacerdoti che compiono queste scelte penso sempre che hanno una sapienza e una conoscenza di molto superiori alla mia, che ho solo, come dicevo, il mio sensus fidei. Sono certa che chi sceglie di mettersi di fronte al mondo usando uno stile che definirei eufemistico, lo faccia perché vuole stare in una posizione amica, vuole conquistare non per piacere ma per entrare nei cuori e, da dentro, condurli a Cristo.
Mi chiedo solo questo: funziona? Serve dire della bellezza a persone che non la sperimentano? E soprattutto, se c’è del bene in tutto, nel mondo, nei nostri cuori, in tutte le nostre vicende, a cosa serve il battesimo? Io posso dire che se qualcuno venisse a dirmi solo quanto è bella la vita e quanto è facile salvarsi io penserei che allora forse sono sbagliata io, perché questa bellezza non mi balza agli occhi con tanta evidenza, e devo scavare nel fango come Bernadette alla ricerca dell’acqua […]. Posso dire che a tante delle donne che incontro, che mi raccontano fatica e dolore e dubbio e scoramento e difficoltà e tradimenti grandi e piccoli, io cerco di dire non che amare è bello e facile, ma che è l’acqua che si trova scavando, se si vuole amare veramente, ma veramente, tutti quelli che ci sono dati».
Io penso che le “aperture” dell’Esortazione, nel complesso contesto del documento integrale, nonché del pontificato bergogliano, vogliano suonare come l’arringa dell’Enrico V di Shakespeare prima della battaglia di Azincourt: si offre una borsa a chi non se la sente di scendere in campo e poi si offrono tante e tali ragioni per combattere che tutti si battono come leoni e (con la grazia di Dio) travolgono gli avversarî. Certo, qualche aspirante disertore può pensare di salvare la pelle e guadagnare una borsa al contempo, ma il momento della verità viene in ogni vita, immancabilmente – nessuna scelta “al ribasso” paga, mai, per il semplice motivo che non è intimamente appagante. E questo nessuno può cambiarlo con qualsivoglia dichiarazione.
Ho molto apprezzato, invece, la fiduciosa serenità con cui il cardinal Lorenzo Baldisseri ha risposto recentemente alle domande di Giuseppe Rusconi, ad esempio sulla discussa espressione “cosiddette irregolari”: «Ciò [l’espressione “coppie irregolari”, n.d.r.] è stato detto nel codice di diritto canonico, che si è costituito per la prima volta nel 1917. E prima che succedeva? Nei secoli c’è stato un evolversi della definizione terminologica. Che è cambiata. L’idea prevalente era quella di catalogare, sempre quell’idea di etichettare… Ma papa Francesco continua a farci presente che noi siamo in cammino… Noi non possiamo dire che ci sono famiglie che sono a posto, regolari e altre che non sono a posto, irregolari. È una catalogazione che è stata affermata, ma non è di diritto divino. È un’espressione canonica che si è imposta in un dato momento. Ma il diritto canonico in quanto tale segue le esigenze del tempo».
Il Papa lascia ai pastori la libertà e la responsabilità di accompagnare la formazione delle coscienze, Baldisseri auspica che i pastori sappiano onorare tale libertà. È senz’altro lecito domandarsi se certe letture dell’Esortazione in chiave “tana libera tutti” siano appropriate, quand’anche venissero da autorevoli membri delle Conferenze episcopali. D’altro canto sarebbe auspicabile che certi altri prelati, isolati nella stoica resistenza al modernismo dilagante come mons. Fellay, non avessero la pretesa (storicamente infondata, oltre che ingenua) di essere gli ultimi custodi della pura tradizione ecclesiale: il passaggio della predica di domenica scorsa in cui Fellay diceva che “andò allo stesso modo con la faccenda della comunione nelle mani!” (e chi scrive non fa mai la comunione nelle mani) è molto rivelativo di una strana insensibilità ai gradi della Tradizione. Sembrerebbe che per certo clero le chiroteche episcopali e la cauda cardinalizia afferiscano alla “Tradizione” allo stesso modo della genealogia apostolica, del dogma della transustanziazione e del primato universale nella Chiesa.
Rischia di diventare un “al lupo al lupo”, questa fissa di chiamare “tradizione di sempre” delle mere usanze con appena cinque o sette secoli di vita, col pericolo concreto di sciupare le tante e preziose realtà che si difenderebbero meglio con altra disposizione. E del resto va pur sempre detto che restano altrettanto problematiche (se non ancora di più) certe istanze istituzionali “ufficiali” che, forse non senza qualche ragione, Fellay e altri trovano risibili e lacrimevoli insieme.
Ah, ecco.
L’ha ribloggato su My Blog LeggiAmo La Bibbiae ha commentato:
http://leggiamolacroce.blogspot.it/
Le due frasette di richiamo all’attenzione da “Al lupo al lupo” sembrano solo un mero tentativo, poco efficace almeno nei miei confronti, di dimostrarsi imparziale da parte dell’autore del testo.
Forse Fellay voleva banalmente portar un esempio di come, ogniqualvolta la Chiesa ha permesso delle eccezioni, nella realtà siano poi diventati degli abusi non puniti dalle Autorità, Vescovi in primis, che invece avrebbero dovuto proprio vigilar che non si verificassero, tali abusi.
AMORIS LAETITIA. La aspettavo, sono corsa a comprarla. anche in più copie. Potrei regalarla, pensavo, ai miei figli, a qualche amico farfallone. Ma, amara sorpresa, in me ha creato una grande confusione. Punire il peccato non il peccatore giustissimo. Io ho potuto gustare e piangere di dolore e di gioia per la misericordia che mi è stata usata dal Signore, (quando mio marito se ne andato ho tentato tre volte il suicidio), ma non comprendo più. Tutti perdonati, “Tutto può succedere” per riprendere un titolo di un famoso film. Quello che trovo scritto qui non corrisponde a quello cui credo e per cui un uomo di nome Gesù si è speso. Tutti vi leggono una chiesa finalmente “moderna”, aperta,che diamine, un matrimonio non può durare per sempre, e non solo. E se i coniugi (l’uno o l’altro) hanno tradito la promessa di fedeltà non solo verso la donna/uomo, ma anche verso i figli, be’ succede, non è colpa loro la società, la vita frenetica ecc., perdoniamo. E se ricostituiscono una sorta di famiglia sulle macerie del dolore provocato, bisogna riconoscerla,non è irregolare (irregolare chi saranno? le moglie e i mariti che credono in quel Sacramento, che amano nonostante tutto?) il Signore vuole la felicità per i suoi figli. Ed io, io che ho sofferto, che soffro che credo che………. speravo. Ecco, l’ho detto speravo. Si, speravo ancora dopo sedici anni in cui il Signore più di una volta mi ha presa in braccio quando faticavo ad andare avanti, quando i miei figli non rientravano la notte e disperata uscivo per la città a cercarli mentre il loro padre era con la “fidanzata”. Ma proprio lui, il Papa, non ci disse: “Non fatevi rubare la speranza”? Be’ lui l’ha rubata a me e a milioni di altre persone come me. Oggi, se qualcosa non cambierà, non so più che significato ha essere cattolico e cosa significa: “l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola”, “fedeltà” e “nella buona e nella cattiva sorte” nel matrimonio. Mi si è aperta di nuovo una ferita che fa tanto tanto male e mi sento ancora più sola di prima, senza più riferimenti. Cosa penseranno i miei figli ora? Riesco a malapena a gestire le mie lacrime, perchè sono una persona adulta e perchè nessuno le capirebbe, ma sono qui anche ora che scendono senza curarsi della mia resistenza.
Io sono molto sconcertata, non so se riuscirò a superare tutto questo. Se anche la Chiesa mi gira le spalle in cosa posso ancora credere e sperare.
Si, mi sembra proprio uno “scarico di responsabilità”.
Spero di essersi sbagliata, che ad una lettura più approfondita possa comprendere che il senso delle parole è diverso da quello che ho interpretato. Lo spero con tutto il cuore, spero di dover chiedere perdono per il mio errore di valutazione e implorare MISERICORDIA.
Una donna sola.
Cara Rossella, non si senta sola. Cerchi la guida di un buon sacerdote, ce ne sono tanti ancora, e non si scoraggi. Sta passando per la porta stretta, fa male, ma spero e le auguro con tutto il cuore che possa trovare persone che la incoraggino e la sostengano. Un abbraccio.
Hai tutte le ragioni del mondo a sentirti tradita dalla Chiesa, anch’io mi sento tradita in quella che è per me la cosa più importante che possiedo: la mia fede. Purtroppo vivere da cristiani è sempre stato difficile in ogni epoca: pensa a quante ne hanno passate i martiri sotto l’impero romano! Oggi la roccia su cui si basa la nostra fede è minata proprio da chi avrebbe il compito di custodirla, ma questo non vuol dire che tutto è perduto. Esiste ancora qualcosa in cui puoi credere e sperare, o meglio Qualcuno: Gesù Cristo. Non sei sola e non lo sarai mai, perché il Suo amore infinito non verrà mai meno, nonostante tutto quello che può accadere all’interno della Chiesa. Credimi, io soffro la solitudine praticamente da quando sono nata, ma poi ho capito che non lo sono mai stata sola, neanche per un istante. Esistono ancora tanti preti rimasti fedeli a Gesù, che ti permetteranno di incontrarLo fisicamente attraverso l’Eucaristia. La bellezza del cristianesimo consiste proprio nella possibilità di toccare Dio per mezzo dei sacramenti, non si tratta solo di un rapporto “virtuale” con una divinità astratta e sfuggente. Tutto questo non è cambiato: Cristo è ancora presente nell’Eucaristia e continua ad agire attivamente nella storia e a vivere nei cuori dei veri cristiani. Quello che sta accadendo nella Chiesa preoccupa molto anche me e a volte mi getta nello sconforto più totale, ma poi mi ricordo di un’omelia che ho sentito una volta, in cui il prete diceva che Gesù ha già vinto per noi la battaglia decisiva contro il male attraverso la sua morte e resurrezione, tutto quello che ci resta da fare è avere fede e resistere fino a quando, si spera, potremo vivere in pace nel regno promesso dai Vangeli. Dobbiamo confidare nel Signore e sperare in un futuro migliore, continuando fino a che avremo fiato in gola a difendere la verità, anche quando nessuno neanche tra i preti la vuole più ascoltare e a combattere per la giustizia consapevoli del fatto che non siamo soli in questa battaglia. Nel frattempo evita le letture lunghe e stancanti, che creano solo un’inutile confusione, ti consiglio piuttosto di aprire i Vangeli, che invece sono chiarissimi, a me aiutano sempre quando mi sento giù di morale!
“Hai tutte le ragioni del mondo a sentirti tradita dalla Chiesa,”
Ecco, attenzione, scusate se sono pedante come al solito, io ho capito cosa intendi dire, ma bisogna essere precisi: la Chiesa non ha mai tradito, non tradisce e non tradirà mai nessuno. Certo dici bene che il fondamento di tutto è Cristo, e lui non tradirà mai, ma ci ha promesso che anche la sua Chiesa non ci tradirà mai e che non potrà essere sopraffatta. Quindi possiamo contare su entrambi. Non solo perché c’è la Chiesa Trionfante e quella Purgante: cioè un corpo mistico oltre a quello materiale e visibile; ma anche perché quella Militante, nonostante i suoi difetti, le sue cadute, il fatto che possa essere transitoriamente governata male, è un organismo vasto e complesso e non può essere ridotta ad una delle sue parti. Parimenti, il papato è un cardine della Chiesa e, problemi transitori a parte, non dobbiamo lasciare che la nostra fiducia in lui si incrini.
Ricordiamoci che la porta è stretta e due sono gli errori che possiamo fare: farci menare per l’aia dai modernisti, ma d’altro canto anche far incrinare la nostra fedeltà nella Chiesa.
… fiducia in esso …
Ottimo Fabrizio…
@Beatrice, Cristo è presente nell’Eucaristia anche quando avessimo difronte sacerdoti “infedeli” (se, quando, pochi tanti che fossero e indipendentemente da ciò che pensiamo…)
É della nostra eventuale infedeltà che dobbiamo preoccuparci.
Io i pipponi di Marcotullio non li reggo più da tempo: puro stile intellettualoide post-conciliare, valanghe di parole per seppellire i fatti. Il trucco è noto: si prende un noto estremista, Melloni, si dimostra che è fuori linea, e questo dovrebbe rincuorare il fedele che tutto è a posto. Il classico compromesso tra 2+2=4 e 2+2=6 che porta a 2+2=5. Tutto a piccoli passi, che vediamo da cinquant’anni, secondo il miglior stile finestra di Overton.
Invece, facciamo così: prendiamo qualche passaggio fondamentale di questa esortazione e vediamo se possiamo rispondere con un sì o un no a qualche domanda diretta. Siccome non voglio essere banale, per ora metto da parte la questione dell’eucarestia ai divorziati risposati. Prendo invece famigerata nota 329:
***
In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli»
***
In pratica si dà il via libera a chi vive in stato di adulterio: un vero e proprio invito alla fornicazione, rivolto inoltre a chi magari sta cercando di mantenere la castità nel nuovo rapporto tra mille difficoltà. Dunque: è in linea con il magistero precedente? È in linea con i Comandamenti? Per me: no e no. Vediamo cosa pensate voi. Risposte nette, che tutto il resto lo lasciamo al Maligno.
PS Dopo aver esaminato quella prima questione: comunque, sugli omosessuali, Melloni lasciamolo perdere. Questo è quello che ha scritto mons. Cupich, clone di Francesco piazzato a Chicago:
https://www.lifesitenews.com/news/archbishop-cupich-again-insists-people-in-homosexual-unions-can-receive-com
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When asked if the same “internal forum” could be used to secure Communion for sexually active homosexuals, he said that it could. “When people who are in good conscience working with a spiritual director come to a decision, then they need to follow that conscience. That’s the teaching of the Church. So in the case of people receiving Communion in situations that are irregular that also applies. The question then was: Does that apply to gay people? My answer was: they’re human beings too. They have a conscience. Thy have to follow their conscience.”
****
A proposito di questo mappazzone (non è il primo me ne ricordo un altro relativo ad un articolo di Costanza) vorrei far notare che non si tratta solo di Melloni. Invito a leggere questo bellissimo articolo di Rusconi su Rosso Porpora che si conclude con una legittima domanda di Dante Alighieri…..
AMORIS LAETITIA: GAUDIO ‘PROGRESSISTA’… E UNA DOMANDA DI ALIGHIERI DANTE – di GIUSEPPE RUSCONI – http://www.rossoporpora.org – 17 aprile 2016
A esclusione di pochi ‘irriducibili’ (che non si accontentano mai) la fanfara ‘progressista’ ha intonato la ‘Marcia trionfale’ per festeggiare la pubblicazione dell’Esortazione apostolica postsinodale. In effetti – e ce ne dispiace per i solerti pompieri già entrati in azione – sembra proprio che l’esultanza si giustifichi pienamente. Tanto che anche il Sommo Poeta ha inoltrato una richiesta particolare…
http://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/584-amoris-laetitia-gaudio-progressista-e-una-domanda-di-alighieri-dante.html
@fabriziogiudici
Per rispondere ho bisogno che tu mi dica chi sono quei “molti” e cosa significa nel contesto della nota l’atto del “rilevare”
Ah, non ho ancora letto l’esortazione (non so se sia condizione necessaria per fornire una risposta)
E chi vuoi che siano? La maggior parte! Quelli che si fanno la religione a modo loro e che ora dopo l’esortazione si sentiranno in diritto di farlo con la benedizione del Papa!
@giusi
Mi pare che la nota qualifichi questa tua maggior parte con un “conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro”
Io leggo “ACCETTANDO” ma forse è stato aggiunto dal copincolla e nel testo originale non c’è
Sono quelle accettazioni dottrinali disattese dalla pastorale…… Ma, battuta amara a parte, non è questo il punto. La gravità di questa nota è che fa riferimento alla Gaudium et Spes: [329] Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 186. In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 51). Il riferimento è in merito alla questione che se in una coppia mancano gesti di affettività sessuale può nascere il problema di una infedeltà.
Questa citazione è assolutamente impropria.
Nella Gaudium et Spes infatti si teme per una infedeltà all’interno di una coppia regolare mentre qui si applica la stessa cosa per prevenire un’infedeltà in una coppia irregolare.
Cioè in pratica si dice che se non vi è un’intimità sessuale all’interno della coppia irregolare questa coppia potrebbe disgregarsi, quindi in un certo senso si vuole tutelare la coppia adultera, non erano queste le intenzioni della Gaudium et Spes! Insomma, detto fuori dai denti, si tratta di una mistificazione! E dopo essersi quantomeno assunto la paternità di queste note firmando l’esortazione, sugli aerei ( e, come ha fatto notare Fabrizio, non è la prima volta) fa lo smemorato di Collegno! E poi io dovrei rendere conto a Luigi se sogno un altro Papa?
Neanche a farlo apposta Bri ho appena trovato questo articolo se vuoi approfondire:
In “Amoris laetitia” citazione inesatta di “Gaudium et spes”
http://blog.messainlatino.it/2016/04/in-amoris-laetitia-citazione-inesatta.html
@giusi
Perché mi copincolli dalla bussola o altro e non mi rispondi semplicemente tu?
Io una risposta a chi sono i molti che accettano ma rilevano l’ovvio (tanto che vale anche per uno sposato in regola) avrei piacere ad averla da te
La risposta te l’ho data ma vedo che mistifichi anche tu parlando di ovvio. Cosa sarebbe ovvio? Fare quello che si desidera e pretendere che non sia peccato? La Comunione non è una caramella. Di questo si sta parlando caso mai non te ne fossi accorto!
@giusi
Ovvio (*) è che senza intimità bla bla bla … non è che se questa osservazione vale per i regolari non vale per gli irregolari.
Vale per le coppie.
Al di là che sia in un caso l’intimità sia “lecita” e nell’altro “no”
Vabbè continua pure a parlare d’altro.
@giusi
Vabbè continua pure a sproloquiare sui papi cattolici
“In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli»”
Scusate ma, come ho gia’proposto in un altro commento, non sarebbe possibile leggere in questa nota piu’una esortazione ai pastori a prestare attenzione nella direzione spirituale anche questo punto spinoso, piu’che un “.. quindi da oggi in poi e’ammissibile l’adulterio” arbitrariamente voluto leggere in fondo, che stona allora pero’stridentemente con il “conoscendo e accettando” all’inizio?
io penso che se una coppia divorzia – per ragioni x – e si trova in una nuova unione, oramai stabile e con figli, ebbene, la priorità è rendere la nuova famiglia stabile e felice, per i figli. se entrambi i coniugi ce la fanno a vivere BENE in castità, bene. Ma se non ce la fanno, o se solo uno dei due è “convertito” e l’altro no, la priorità è salvaguardare la famiglia. I figli della famiglia precedente (se ci sono) certo non saranno più felici di un ulteriore divorzio e ulteriore frammentazione e destabilizzazione della famiglia (esperienza personale docet). Il bene per cui lottare non è un rapporto sessuale sì o no, ma la solidità di una famiglia che è fuori dalla legge ma che, scusate, oramai esiste e deve essere difesa.
Io non pretendo insegnare a nessuno, e non dico mai il mio parere in pubblico fuori da certi circoli perché non voglio correre il rischio di confondere i piccoli fratelli nella fede, ma non riesco proprio a pensarla diversamente.
Ce ne faremo una ragione.
…la insostenibile leggerezza della FORNICAZIONE!
Io ho capito che l’Amoris lætitia è inutilmente lunga e utilmente confusa.
L’Humanae Vitae è di 10 pagine. Per dire “sì sì e no no” non servono tante parole.
Il Papa sull’aereo:
AMORIS LAETITIA E I SACRAMENTI PER I DIVORZATI-RISPOSATI
Infine non potevano mancare le domande sulla recente uscita dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia. Ci sono nuove possibilità concrete per i divorziati-risposati e l’accesso ai sacramenti? «Io posso dire sì. Ma sarebbe una risposta troppo piccola. Vi raccomando di leggere la presentazione del documento che ha fatto il cardinale Schönborn, che è un grande teologo e ha lavorato alla Congregazione per la dottrina della fede».
È stato poi chiesto al pontefice perché il riferimento all’accesso ai sacramenti è stato inserito in una nota al testo e non nel testo stesso. «Senta, uno degli ultimi Papi, parlando del Concilio, ha detto che c’erano due concili, quello Vaticano II, in San Pietro, e quello dei media. Quando ho convocato il primo Sinodo, la grande preoccupazione della maggioranza dei media era: potranno fare la comunione i divorziati risposati? Siccome io non sono santo, questo mi ha dato un po’ di fastidio e un po’ di tristezza. Perché quei media non si accorgono che quello non è il problema importante. La famiglia è in crisi, i giovani non vogliono sposarsi, c’è un calo di natalità in Europa che è da piangere, la mancanza di lavoro, i bambini che crescono da soli… Questi sono i grandi problemi. Non ricordo quella nota, ma se è in nota è perché è una citazione dell’Evangelii Gaudium».
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-profughi-portati-a-roma-ecco-perche-15887.htm
Vado a dormire. Mi piacerebbe svegliarmi con un nuovo Papa. Possibilmente cattolico.
…Farisei ce n’è stati in tutti i tempi!
.Giusi:
..ma, a ogni modo, a giudicare dalla tua sempre lucida consapevolezza teologico-dogmatica, a te certo non ti manca certo lacapacità di giudicare cosa sia bene e cosa sia male (con l’aiuto, ovviamente, di tutti gli strumenti magistrali a tua disposizione).
Come sempre tutto quello che te dici (o che voi dite) non è per voi (ci mancherebbe!) ma per i più sprovveduti, gli ignoranti, i bambini, gli embrioni non nati, i babbei di cui è piena la terra e di cui (te)voi, certo, non siete una parte. A voi (a te) non vi manca certo la guida di nessun papa, essendo già voi (te) guide ben formate (dalle Scritture e dagli altri papi “veri”) e ben attrezzate contra omne malum. E poi c’è la preghiera, il rosario,la madonna di Fatima eccetra eccetra, lo Spirito Santo…
Non mi sembra ci sia di che lamentarvi (ti) (sempre) !
p.s. io invece sogno di addormentarmi e di non risvegliarmi (e presto sarà proprio così).
non ha nessuna importaza quello che c’e’ scritto nella AL. E’ importante quello che viene capito. Tanto piu’ che c’e’ piu gente che legge Repubblica di quanta non ve ne sia che abbia letto la AL.
Preti in primis.
AI quali , nel fatti, viene affidato il cosiddetto discernimento.
QUello che e’ stato capito di questa AL, e’ che puoi peccare quanto ti pare, tanto c’e’ la misericordia.
la triste realta’ e’ questa:
http://www.santalessandro.org/2016/04/i-sacramenti-ai-divorziati-risposati-adesso-alla-luce-del-sole/
[…]
By Alberto Carrara on 16 aprile 2016 · Editoriali
EMERGE IL SOMMERSO
Dunque divorziati e separati che si sono sposati di nuovo possono essere riammesse ai sacramenti. È una delle novità della “Amoris laetitia”, l’”esortazione apostolica” che Papa Francesco ha scritto a conclusione dei due sinodi sulla famiglia. Se ne è parlato molto, come era logico aspettarsi. E se ne è parlato anche in commenti a caldo tra amici. Più di un prete ha commentato: “Si fa già, si faceva già da molto tempo”. Ma, aggiunge un amico che ha il senso dell’umorismo: “Era artigianato locale”, benigna concessione di preti larghi di maniche. Adesso si fa alla luce del sole: il Papa stesso esorta ad andare in quella direzione.
IL CENTRO ASCOLTA LA PERIFERIA
Il fatto che si sia passati da un “artigianato locale” a prassi di tutta la Chiesa, non è cosa da poco. La Chiesa ha recepito una pratica sommersa e l’ha fatta sua. Non è la prima volta che capita. Anzi, capita spesso. Soprattutto è capitato alla confessione, il sacramento che, forse, ha cambiato di più nella storia della Chiesa. La confessione così come l’abbiamo adesso non esisteva nei primi secoli del cristianesimo: ci si confessava una sola volta, per lo più in fin di vita, come una specie di “secondo battesimo”. Attorno al VI-VII secolo i monaci irlandesi hanno istituito una penitenza che si poteva ripetere e poteva essere impartita dal semplice sacerdote e non dal vescovo come era prima. Riforma di enorme portata, ma adottata, si direbbe oggi, in periferia e recepita dal centro. Anche stavolta, dunque, la “periferia” ha iniziato a ragionare su alcuni situazioni, a distinguere caso da caso, a fare discorsi onesti ai penitenti. Alla fine la Chiesa “ufficiale” ha preso atto e ha accettato.
[…]
avanti allegramente verso l’inferno. (Quanto segue proviene dalla conferenza episcopale filippina)
http://cbcpwebsite.com/Messages/amoris.html
“After collective discernment, your bishops will come up with more concrete guidelines on the implementation of the Apostolic Exhortation. But mercy cannot wait. Mercy should not wait. Even now, bishops and priests must open welcoming arms to those who have kept themselves out of the Church because of a sense of guilt and of shame. The laity must do no less. When our brothers and sisters who, because of broken relations, broken families and broken lives, stand timidly at the doors of our churches – and of our lives – unsure whether they are welcome or not, let us go out to meet them, as the Pope urges us to, and assure them that at the table of sinners at which the All-Holy Lord offers himself as food for the wretched, there is always room. O res mirabilis manducat Dominum pauper, servus et humilis…O wonderful reality that the poor, the slave and the lowly should partake of the Lord. This is a disposition of mercy, an openness of heart and of spirit that needs no law, awaits no guideline, nor bides on prompting. It can and should happen immediately.”
Ecco a cosa ha portato la Amoris Laetitia.
Ma il fatto che Gesù sia venuto per i malati e non per i sani non vi dice nulla? State rinunciando alla carità cristiana in nome di una paternalistica visione della verità di cui credete di essere gli unici detentori? E giudicare i propri fratelli da quando è diventato un atteggiamento cattolico?
Dile, quella che hai detto è una grandissima CASTRONERIA! Tu praticamente stai dicendo che Gesù non è venuto anche per me??!!!!!!!!!!!
@giulia: il passo citato da Dile è del Vangelo. E comunque siamo tutti malati: la malattia è il peccato. Nessuno può ritenersi giusto davanti a Dio
Questo è verissimo però di recente non viene inteso nel modo giusto. Pare che si possa fare quello che si voglia tanto il Signore è misericordioso…..
Si, Giusi hai ragione su questo, ma a me pare che ritenersi “giusti” o “sani” sia proprio sbagliato in partenza.
E’ venuto per i malati per guarirli e convertirli non per farli sguazzare allegramente nel peccato. La Verità non è nostra, l’ha detta Gesù e sul divorzio è stato chiarissimo.
Eh no caro Papa Francesco, non dormiva per caso a Santa Marta Bernie Sanders! Era stato invitato dal Vaticano in qualità di esperto di non so cosa per partecipare a un convegno sui 25 anni dell’enciclica Centesimus Annus! Non è che chiunque viene a dormire a Santa Marta e la mattina la saluta. C’è chi agogna un incontro con lei da anni ma mai lo otterrà! E i gesti del Papa hanno un significato non lo sa? La sua risposta poi mi è sembrata molto poco misericordiosa, non è propriamente un linguaggio da Papa…
Raptus in aereo, Papa Francesco sbrocca: “Trovati uno psichiatra”. Choc ad alta quota: con chi ce l’ha
http://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/11899457/papa-francesco-bernie-sanders-psichiatra.html
@Giusi
Sbrocca? Che titolaccio
Ho visto il video e rideva mentre faceva la battuta con tono educatissimo
Si certo. Ma potevi anche evitare di guardare il video………
@dille Ma il fatto che Gesù sia venuto per i malati e non per i sani non vi dice nulla? State rinunciando alla carità cristiana in nome di una paternalistica visione della verità di cui credete di essere gli unici detentori? E giudicare i propri fratelli da quando è diventato un atteggiamento cattolico?
La carità cristiana consiste nel riportare prima di tutto sé stessi e poi gli altri sulla strada indicata dalla parola di Cristo. Correggere i fratelli è un dovere. Quell’ “unici detentori” te lo tieni per te: qui nessuno si sta ergendo a detentore della verità, ma tutti – da anni, da quando questo incubo è iniziato – stanno facendo costanti riferimento alle Scritture e al Magistero.
Sinceramente avendo molto rispetto dell’intelligenza di C.M, mi aspetto che Lei ne abbia altrettanta della nostra ed eviti di sottoporci articoli volti a negare ció che ormai è a tutti evidente. Al limite, se proprio uno non se la sente di urlare dai tetti la verità su Bergoglio, che è con ogni evidenza nemico della Chiesa, taccia. Ma farci credere che tutto va bene proprio no!
Fa anche un po’ ridere il Marcotullio. Tutti quelli che cita, Melloni, Burk, Fellay, tutti ma proprio tutti hanno inteso la rottura fra pastorale e dottrina. Diverso é solo il giudizio di valore che ne danno. Possibile che solo Marcotullio abbia capito? Il pompiere si fa quando c’è ancora speranza di salvare qualcosa, ormai l’incendio é divampato in modo indomabile e a noi non resta che pregare per la Chiesa e continuare a credere, a sfidare il mondo con la fede, come la Madonna e s. Giovanni ai piedi della Croce, quando tutti, Pietro per primo se ne erano andati perché a viste umane era finito tutto.
Ha parlato proprio il Papa: più chiaro di così!
LA SI SMETTA DI ARRAMPICARSI SUGLI SPECCHI. LO HA DETTO PROPRIO IL PAPA SULL’AEREO:
Insomma, sì o no la comunione ai divorziati risposati? Papa Francesco: “Sì. Punto”
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/04/17/insomma-si-o-no-la-comunione-ai-divorziati-risposati-papa-francesco-si-punto/
@Giusi
Veramente, se l’italiano non mi inganna e se ancora lo so leggere, non mi pare che la risposta sia un “Sì, punto”. C’è un bel “Potrei dire” davanti che non necessariamente va interpretato nel modo netto che viene fatto intendere. Quello che segue poi, dice chiaramente che la questione non può essere ridotta e liquidata in modo semplicistico.
Ma vabbeh, mi sembra di capire che questo papa per lei è l’alter ego di qualcuno che è “decaduto”, quindi ogni volta che apre bocca si sente in diritto/dovere di gridare allo scandalo e alla rovina di tutto, fino a sperare che il giorno dopo al suo posto se ne trovi un altro “cattolico”…
C’è il testo ufficiale della Santa Sede:
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/04/16/0275/00626.html
Ma la trascrizione è errata. Infatti c’è il video (minuto 17:30):
https://www.youtube.com/watch?v=FCpruhfRX80
e la risposta è “Eh, io POSSO dire sì. Punto”. E fa un segno netto con il braccio. “Punto” e linguaggio del corpo sono inequivocabili. Non so cosa vuoi di più. Per il resto, Francesco rimanda all’intervista dell’austriaco che, tra le altre cose, esprime la sua soddisfazione per il fatto che non ha più senso parlare di “coppie regolari” ed “irregolari”, eccetera.
A parte che la risposta del Papa è – una volta tanto – abbastanza chiara, se siamo arrivati a dover consultare i video e leggere il linguaggio del corpo stile serie TV “Lie to me” abbiamo toccato il fondo. Ci siamo sorbiti mesi di pre-sinodo 2014, il sinodo, i tormentoni sul documento intermedio e la relazione finale, il dopo sinodo, il pre-sinodo 2015, il sinodo, il documento finale e tutte le interpretazioni sulla votazione arrivata con un voto di scarto, gli appelli perché ci fosse un’esortazione post-sinodale chiara, e siamo ancora qui a dover interpretare un condizionale o un indicativo? Ma cos’è, la Chiesa o il PD?
Capito Luigi? Il condizionale è una velina….. A questo punto siamo giunti! E mi lasci i miei sogni per cortesia! Almeno quelli!
@Giusi
I suoi sogni non li tocco. Ho semplicemente sottolineato quello che ha scritto, aggiungendo la mia impressione sul modo in cui lei considera il papa…
Buona giornata
Lo considero come si fa considerare. Buona giornata anche a lei.
@fabriziogiudici
grazie del link
Ora andrò, col tempo, a leggere Schonborn. Mi tocca dato che il Papa ha detto
“Eh, io posso dire sì. Punto. (*) Ma sarebbe una risposta limitata. Le dico di andare a leggere Schonborn, che è teologo bravissimo … e lì troverà tutto ”
Ah, ma qual era la domanda cui ha risposto?
(*) da qui in poi vado a memoria e non è una citazione precisa, correggetemi pure, anzi
Quello che segue è il suggerimento di leggere Schönborn. L’ha letto Schönborn? Poi dice che non si ricorda la nota che lui stesso ha scritto…… Comunque oggi cioè ormai ieri ho sentito in Chiesa una predica allucinante. E’ cominciata la corsa all’adeguamento: ho trovato un triste conferma immediata di quanto scrive Cascioli nel suo ultimo editoriale:
Comunione ai divorziati risposati, preti e vescovi in corsa per arrivare primi
di Riccardo Cascioli
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-comunione-ai-divorziati-risposatipreti-e-vescovi-in-corsa-per-arrivare-primi-15898.htm
@Bri
Nessun contesto potrà mai giustificare atti sessuali tra due divorziati risposati: gli atti sessuali fuori dal matrimonio sacramentale sono un male intrinseco, cioè che non è giustificabile in nessun caso. Come tutti i peccati, le conseguenze soggettive possono essere grandemente ridotte dal contesto. Può essere che una coppia, formulato seriamente un proposito di castità, cada e ricada; pazienza, pentendosi, rendendosi conto ogni volta della propria debolezza, che è come quella di tutti noi, espressa in altre circostanze, confessandosi ogni volta potrebbe benissimo accedere alla comunione. Ma non può invece mettersi in testa che sia lecito e un suo diritto. E quel passaggio del documento incita questo atteggiamento.
Altro che aiuto alle famiglie ferite: è uno spintone verso il precipizio di quelle che stanno attraversando passaggi pericolosi con le migliori intenzioni.
Altro che aiuto alle famiglie ferite: è uno spintone verso il precipizio nei confronti di quelle che stanno attraversando passaggi pericolosi con le migliori intenzioni.
@fabriziogiudici
Mi pare che tu non abbia onorato il tuo “vediamo se possiamo rispondere con un sì o un no a qualche domanda diretta”
Certo ti chiedevo più di un sì/no …
“Nessun contesto potrà mai giustificare atti sessuali tra due divorziati risposati” (SIC!!!)
…la sessuofobia cattolica non muore mai?
Ma non ti rendi conto di essere banale?
Giusi: (la mi scusi)
..banaliter banalibus respondebandur!
(ma non vi rendete conto di essere osessivi-compulsivi-ripetitivi?)
(si capisce che lo fate, ovviamente, per i più deboli. per i bambini, per gli ignoranti
eccetra eccetra, ovviamente, per portarli sulla strada “giusta”)
Alvise il discorso è molto semplice. Non è obbligatorio essere cattolici. Se lo si è bisogna rispettare le regole. Se si infrangono occorre la consapevolezza di essere nel peccato per il quale c’è la confessione che dev’essere corredata dal pentimento e dal proponimento di non peccare più. Se lo stato di peccato è permanente è inutile prendere in giro il Signore né si può pretendere di essere nel giusto nemmeno se lo dice il Papa!
…e a chi tocca ispezionare chi siano (davvero) gli eventuali peccatori e che seguano tutte le regole di rientro di cui sopra? Te e le beghine padovane? O dei sacerdoti che conosci te?
O ti senti di dover lanciare continuamente bengala di avvertimento e/o riprovazione contro il popolo dei peccatori
che lo sapete solo voi e i sacerdoti che conoscete solo voi se sono o non sono peccatori?
@filosofiazzero
ti prego
Also sprach Giusi: “Non è obbligatorio essere cattolici. Se lo si è bisogna rispettare le regole.”
Non so voi, ma io non ho mai visto il messaggio di Gesù condensato in modo più mirabile 🙁 🙁 🙁
Alvise già il fatto che nell’immaginario collettivo (ti ergo ad immaginario collettivo ma non lo so se è un complimento…) si distingua tra sacerdoti dimostra che la situazione è patologica. I sacerdoti non dovrebbero parlare in nome proprio ma in nome di Cristo pertanto non dovrebbero esserci differenze. Invece è una babele. Questa confusione non viene da Dio.
Non dovrebbero essercene in quanto alla Dottrina…
In quanto a parlare in Nome di Cristo differenze possono essercene eccome, giacché Cristo non ha affrontato e dato una parola per tutte le situazioni della vita.
E qui torna in ballo il “discernimento” (che NON è una “parolina magica”…)
Si certo diversi modi per portare ad un’unica Fonte.
MA SI PUO’?
Il S. Padre non si ricorda delle note che lui stesso ha scritto nell’Esortazione Amoris laetitia?
http://blog.messainlatino.it/2016/04/il-s-padre-non-si-ricorda-delle-note.html
Soffre un po’ troppo spesso di strane amnesie a proposito dei documenti della Santa Sede:
http://www.interris.it/2016/02/19/86305/cronache/papa/il-papa-torna-dal-messico-il-testo-integrale-del-suo-discorso-in-aereo.html
D. […] C’è un documento della Congregazione della Dottrina della Fede, che risale al 2003, che dedica un’ampia attenzione a questo, e in più dedica un capitolo al comportamento che devono tenere i parlamentari cattolici in Parlamento davanti a queste leggi, e si dice espressamente che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. [si parlava della Cirinnà] […] questo documento del 2003 ha ancora un valore, e effettivamente, quale comportamento un parlamentare cattolico deve tenere?”
Papa Francesco: “Non ricordo bene quel documento del 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata: questo, direi soltanto questo. Credo che sia sufficiente. […]
I pipponi di Marcotullio. Appunto.
Ha detto tutto Paul Bratter in due righe.
Andiamo a pregare, che è meglio.
@ Fabrizio Giudici
In merito alla nota 329 ti rispondo subito e chiaramente: Si! E’ un vero e proprio invito alla fornicazione.
Infatti, la castità viene vista come un disvalore che addirittura attenta ad una presunta fedeltà non dovuta (visto che il nuovo compagno/a non è tuo marito o tua moglie) mentre gli atti sessuali con il concubino/a sono visti come necessari per il consolidamento della coppia e la serenità dei figli (di secondo letto).
Praticamente si è realizzato quello che Isaia profetizzo molti secoli fa: “Guai a quelli che chiaman bene il male, e male il bene, che mutan le tenebre in luce e la luce in tenebre, che mutan l’amaro in dolce e il dolce in amaro”! (Isaia 5.20).
Naturalmente dal Papa non mi aspettavo che pronunciasse frasi dello stesso tenore di quelle che sono costate la vita a San Giovanni Battista: “Non ti è lecito tenere con te …” ma addirittura mai avrei previsto la nota 329 il cui contenuto suona profondamente beffardo verso tutti coloro che pur di mantenersi fedeli al giuramento fatto in Chiesa hanno combattuto stoicamente contro il prepotente richiamo della carne e si sono astenuti.
@Thelonius È una citazione del Vangelo totalmente decontestualizzata e privata del contesto. Basta come risposta il nuovo post che cita Ratzinger.
@Ola Il problema è che è possibile interpretare come si vuole. Capisci bene però che se il contesto di interpretazione è quello di Schoemborn (al quale Francesco ha fatto esplicitamente rimando) il quale dice che è “superata la distinzione tra unione regolare ed irregolare”, che sarebbe “artificiosa ed esteriore”:
http://agensir.it/quotidiano/2016/4/8/cardinale-schonborn-superata-la-divisione-tra-regolare-e-irregolare/
allora il problema è enorme. Sostanzialmente siamo nell’arbitrarietà che darà alibi a qualsiasi prete e vescovo lassista o in malafede; e questo, ripeto, dopo un processo durato quasi tre anni e dopo che in molti si erano appellati al Santo Padre per avere un documento “chiaro”.
Scusate: e privata del senso.
@Fabrizio: sono d’accordo con te sulla decontestualizzazione, però la mia era una risposta circa la presunzione di essere sani, che nessuno può avere (almeno: io no di certo)
@Thelonius “[…] però la mia era una risposta […]”
L’ho capito. Io non criticavo la tua risposta, quanto l’osservazione originale.
@Bri
La domanda era “[…] vorrei fare una domanda su un altro evento degli ultimi giorni, che è stata la sua Esortazione Apostolica. Come lei ben sa, c’è stata molta discussione su uno dei molti punti […] dopo la pubblicazione: alcuni sostengono che niente sia cambiato rispetto alla disciplina che governa l’accesso ai Sacramenti per i divorziati e i risposati, e che la legge e la prassi pastorale e ovviamente la dottrina rimangono così; altri sostengono invece che molto sia cambiato e che si sono tante nuove aperture e possibilità. La domanda è per una persona, un cattolico che vuole sapere: ci sono nuove possibilità concrete, che non esistevano prima della pubblicazione dell’Esortazione o no?” (di questa non ho verificato l’audio: è la trascrizione della Sala Stampa).
Per quanto riguarda la posizione di Schoemborn, io ti ho citato l’AgenSIR, che essendo l’agenzia stampa dei vescovi dovrebbe (?) essere affidabile. Probabilmente però si dovrebbe cercare un virgolettato completo.
@fabriziogiudici
Grazie. Devo trovare il tempo
@tutti
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/04/08/0241/00531.html
Il link alle parole del cardinal Schonborn
Lo devo ancora leggere ma lo riporto a eventuale beneficio della discussione
Letto
Perfetto (secondo me e nei limiti accettabili di umana perfezione)
@Bri “Perfetto (secondo me e nei limiti accettabili di umana perfezione)”
Non dubitavo: per te va sempre tutto bene a prescindere. Il testo contiene parecchio veleno. Il primo è quel “superamento” tra “regolare ed irregolare”. E anche nel momento in cui il prelato, subito dopo, cerca di precisare, dice:
“Abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario”
Questo è intollerabile. La Chiesa non ha mai fatto “idealizzazioni”, né tanto meno eccessive, sul modo di vivere cristiano. Ma chi si credono di essere il cardinale e i suoi colleghi per osare fare questa distinzione, tra chi è venuto prima di loro in duemila anni e loro che ora avrebbero capito tutto? Gran parte delle peggiori eresie della Chiesa sono state presentate proprio in questo modo: “finora si è fatto così, ma si è sbagliato; ora però noi abbiamo capito tutto”. Non a caso Paolo ammoniva a star lontano dai falsi maestri che ci avrebbero illusi con false promesse. Mi fa un po’ impressione, Bri, che tu ti scomponi per chi osa fare osservazioni sul Papa, e vada così facilonamente dietro a chi sovverte la Chiesa intera.
Tutto quello che la Chiesa ha detto in duemila anni, l’ha detto sulla base della parola di Cristo. Il quale, nel Vangelo, nel presentare il matrimonio inteso alla luce del sacramento, già faceva dire agli apostoli “è troppo duro”, “chi mai vorrà sposarsi”. Ma era così, e cosi è: però Dio non chiede niente che sia troppo duro da sopportare, e ci aiuta con la Grazia. La stessa parola “ideale” è velenosa. Non c’è nessun ideale: c’è una sequela, e Cristo stesso l’ha delineata.
Dalle conclusioni del Concilio di Trento:
18. Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema.
21. Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini da Dio come redentore, in cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema.
Una “perfezione” da paura!
“Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il Papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già Papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E Papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di San Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio” (AL 305). E Papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il Papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”. Ma allo scopo egli non ci offre una casistica, delle ricette, bensì ci ricorda semplicemente due delle sue frasi famose: “Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (EG 44) e l’eucarestia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 44).
Non è una sfida eccessiva per i pastori, per le guide spirituali, per le comunità, se il “discernimento delle situazioni” non è regolato in modo più preciso? Papa Francesco conosce questa preoccupazione: “comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione” (AL 308). Ad essa egli obietta dicendo: “poniamo tante condizioni alla misericordia che la svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e quello è il modo peggiore di annacquare il Vangelo” (AL 311).
Papa Francesco confida nella “gioia dell’amore”. L’amore sa trovare la via. È la bussola che ci indica la strada. Esso è il traguardo e il cammino stesso, perché Dio è l’amore e perché l’amore è da Dio. Niente è così esigente come l’amore. Esso non si può avere a buon mercato. Per questo nessuno deve temere che Papa Francesco ci inviti, con “Amoris laetitia”, a un cammino troppo facile. Il cammino non è facile, ma è pieno di gioia!”
@fabriziogiudici
Solo due note sul piano personale: non mi va tutto bene a prescindere e non vado proprio dietro a nessuno
Non mescoliamo alle nostre idee/osservazioni commenti sulla possibile altrui natura come persone
Sul merito del contenuto tornerò dopo
“Capisci bene però che se il contesto di interpretazione è quello di Schoemborn (al quale Francesco ha fatto esplicitamente rimando) il quale dice che è “superata la distinzione tra unione regolare ed irregolare”, che sarebbe “artificiosa ed esteriore”.”
Non ho letto il documento di Schoenborn, ma se il “superamento” della distinzione fra “regolare” e “irregolare” e’inteso nell’accezione di Marcotullio sopra – cioe’in rimando a un “essere in cammino” e uno spostamento della situazione di irregolarita’alla responsabilita’personale dei singoli ( mia e’la responsabilita’di vivere nel peccato di un nuovo legame, non della famiglia in se, che di fatto include anche eventuali nuovi figli che di questo peccato non portano responsabilita’alcuna ) piu’che alla loro somma, allora continuo a non vedere un nesso causale da cui da cio’debba necessariamente e inequivocabilmente discendere un’interpretazione della nota che sdogana l’adulterio – tantopiu’, continuo a far presente, che questo sarebbe in contrasto logico prima ancora che dottrinale con le sue stesse premesse ( “[… ] conoscendo e accettando […]” ).
“Sostanzialmente siamo nell’arbitrarietà che darà alibi a qualsiasi prete e vescovo lassista o in malafede”
Spero di no, pero’e’ principalmente un problema della nota o della malafede?
“@Ola Il problema è che è possibile interpretare come si vuole.”
E su questo ( mi ) taccio. Anzi no, una cosa la voglio dire: Preghiamo tanto per i sacerdoti che sono incaricati della cura delle nostre anime in questi tempi burrascosi, e preghiamo Dio che ce ne mandi dei tosti, e belli santi.
Il canto V dell’inferno dopo Amoris laetitia
di Mons. Benigno Umberti
Stavvi Minos e orribilmente ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
[…]
Ma a’tempi di Francesco giù discese
un peccator che pure andava in chiesa,
ma l’altrui moglie in sposa prese.
E quando Mínos già la coda tesa
pronta avea per indicare quel loco
d’aspra vendetta per indegna presa,
l’adulter spirto “Aspetta un poco”
dicea a Minosse tanto sbalordito
“a ricacciarmi in quell’eterno foco”.
Di Amoris laetitia segnò di pronto dito
all’incredul demon quella frasetta
che innocente fea ogni pervertito:
“demonio, o fariseo, tu mi da retta!
Che se consorte altrui ho tolta
nessuna pena in ver ora mi aspetta!
Tu dei saper che a volta in volta,
caso e caso vedere è necessario,
per una situazion mia colpa è tolta.
E la moral diventa un mondo vario,
ognuno fa quel che giusto gli pare
su senso di peccato ormai cala il sipario.
Ah ah, chi sei tu Minos per giudicare?
Non rotear tua maledetta coda
Or ti saluto, devo proprio andare!”
Quando i dannati udiron nuova moda
assai lacrimaron di gran fotta
che ai tempi lor morale non si froda.
“Ah di fortuna ebber gran botta
costor che vissero in quegli anni,
dove empietà a misericordia è ricondotta”
http://blog.messainlatino.it/2016/04/il-canto-v-dellinferno-dopo-amoris.html
Con tutto il rispetto, e senza entrare in argomento, monsignor Umberti meriterebbe almeno un po’ di Purgatorio per la qualità di alcuni dei suoi, si fa per dire, endecasillabi.
Vabbé non pretenderai che eguagli il Poeta! Peraltro penso che sia già morto…. Deve averla mandata dall’al di là……
L’ho postata perché proprio l’altro giorno avevo letto il bell’articolo di Rusconi su Rosso Porpora che si concludeva con una domanda del Poeta e oggi ho trovato questo……
Allora la colpa è mia: mamma me lo ha sempre detto che debbo studiare.
Ma non lo ho fatto.
Quindi al momento non ci sto a capir niente per cui non so che fare.
Scusate se mi ripeto.
Per cui la metto secca secca:se un divorziato mi fa la corte che faccio?
Lo smammo come facevo fino a poco fa o posso prender in considerazione la cosa?
Ok è terra terra, ma ho 2x anni e alla mia età mamma (e a dir il vero pure papà) di figli già ne avevano per cui sarebbe il caso che mi……
@Rosa, dai… la risposta la conosci ed è la stessa che hai nel cuore e che ti ha portato sin qui. Se il Signore ti concede di mantenerla, accetta questa Grazia che è un Dono.
Se lo fai solo per obbligo ad una “legge”, non ti dico disattendi alla legge (qua poi pare a molti che sia decaduta…), ma … che fatica!
Se cambi atteggiamento per debolezza (vedi la fatica di cui sopra) ecco che le parole e le note qui stra-citate, sembrano assumere tutto un altro “suono” e significato.
Io sono convinto che la risposta nel cuore ce l’hai chiara, perché il tuo cuore è orientato al Signore.
Un abbraccio.
Cattolici olici:
Spasmodici facean la sentinella
Che quacheduno errasse alcuna fiata
O che facessin qualche marachella.
Purtroppo per te Alvise non capisci niente. Noi (parlo per me) non siamo gli esseri perfettissimi ma non cerchiamo l’avallo del Signore per i nostri peccati. La misericordia non significa che il Signore cambia la legge e abolisce il peccato, significa che qualsiasi cosa abbiamo commesso anche la più terribile Egli è lì disposto a perdonarci purché ci pentiamo, riconosciamo il nostro errore e confidiamo in lui. Io non vado a giudicare i divorziati risposati (quante volte qui si è parlato di Adinolfi? Mi sono mai erta a giudice?) ma se lo vedessi fare la comunione direi che il suo è un comportamento sacrilego. Mi è capitato di dirlo a persone che sapevo essere in tale situazione e mi sono sentita rispondere che si confessavano direttamente con Dio perché con che diritto i sacerdoti che sono pedofili…, che non si sentivano colpevoli, che erano andati dal tal sacerdote (guarda caso un eretico) che gli aveva dato l’assoluzione…. Chiaro che l’ho fatto quando ho potuto (con persone con cui avevo una certa confidenza e in separata sede). Non ho ottenuto niente ma esiste pure il peccato di omissione pertanto se ci sono le condizioni per farlo abbiamo il dovere di avvisare e anche di pregare. Io non mi sento migliore degli altri, di alcuni più consapevole questo sì.
Allora: dalla pagina di un sacerdote né tradizionalista, né modernista, cattolico:
L’esortazione postsinodale in ordine di importanza, si colloca al di sotto di:
– costituzione apostolica
– enciclica
Quindi l’ordine di precedenza (dal più importante al meno importante) è:
1) costituzione apostolica (vincolante per tutti, legge della Chiesa, ex cathedra), a seconda del tema può essere:
– dogmatica (es. Lumen gentium)
– pastorale (es. Gaudium et spes)
2) enciclica (non ex cathedra, ma con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori quindi vincolante. È Magistero ed è indirizzata ai Vescovi e quindi ai fedeli. Es. Rerum novarum)
3) esortazione (postsinodale, ma a volte viene emanata pure senza sinodo. Corrisponde a una riflessione personale, non è magistero ma va tenuta in considerazione)
4) bolla pontificia (sempre ad personam, es. Scomunica a Lutero)
5) breve apostolico (come la bolla, ma tratta argomenti non rilevanti)
6) lettera apostolica (talora in forma di “motu proprio” se di iniziativa propria del Pontefice). Spesso è un atto di governo interno, es. La riforma del processo canonico.
7) lettera semplice (es. quella che Paolo VI scrisse alle B. R.)
8) messaggio (Es. Auguri)
Ecco, appunto…
Non so voi, ma poiché non è vincolante io la ignoro e faccio come prima. Ma naturalmente non faccio testo. Tanti vescovi e sacerdoti si regoleranno in base ad essa: sta già succedendo. L’ho toccato con mano persino alla messa di ieri: predica allucinante, stavo per uscire sono rimasta per rispetto al Signore ma non andrò più in quella Chiesa.
Spero tu sia andata a chiedere conto a quel sacerdote (quanto meno convinta che abbia detto cose “allucinanti”)…
Oppure stiamo sempre a chiacchiere sulla presa di coscienza di ogni singolo fedele, la difesa della veritá (della Chiesa non nostra), ecc, ecc.
Bariom mi pareva un invasato, urlava persino, mai sentito così (forse voleva autoconvincersi di quello che diceva: parlava dell’esortazione….), non vado perché faccio più peccato se vado già lo so. Pregherò per lui. Ho deciso di proteggermi. Data la situazione sceglierò le chiese. Anche se altre sono più comode. Ma voglio sentire parole di vita eterna, ne ho bisogno, sono troppo avvilita.
Se la Lumen gentium è vincolante e legge della Chiesa, come si può dire a mons. Fellay che non possono imporgli il Concilio Vaticano II?
Che c’entra questo fatto? La posizione della Fraternità non è chiara, non si è ancora addivenuti a nessuna conclusione. Staremo a vedere.
Ho approfittato della tua classifica per tornare su un punto dell’articolo che mi ha lasciato perplesso: mons. Pozzo avrebbe detto a mons. Fellay che a loro non si può chiedere di riconoscere il Concilio Vaticano II perché non è dottrinale. Quindi deduco che la Lumen gentium secondo mons. Pozzo, se davvero ha detto quelle cose, non sarebbe vincolante.
Io ho letto i commenti solo oggi e l’ordine in cui vengono pubblicati rimane per me un mistero. Chiedo scusa quindi se sono intervenuto nel mezzo di una discussione con cose che non c’entravano, ma dopo decine di commenti pubblicati in ordine sparso era impossibile capirlo.
Due frammenti del quinto evangelo accidentalmente ritrovato a Gerusalemme
FRAMMENTO 12
Vi era stato detto: Chiunque guarda una donna con desiderio impuro, ha già commesso con lei adulterio nel suo cuore. Ma adesso io vi dico: Non bisogna esagerare. La donna è fatta per l’uomo e l’uomo per la donna. Purché tutto si faccia per amore (Quinto evangelo).
E’ questo il solo frammento che, richiamandosi esplicitamente a un loghion registrato dai vangeli tradizionali, lo supera per approdare a una visione più alta e rasserenante.
Ed è una fortuna incalcolabile che sia stato scoperto. Il discorso della montagna nella sua forma fin qui nota poteva essere proposto a una società prefreudiana, non alla nostra, che ha finalmente le idee chiare sull’uomo e sulla donna: essa sa che il sesso è una realtà così semplice e innocente, da non meritare l’attenzione ossessiva che da sempre gli ha prestato la
morale comune; e insieme è una forza tanto travolgente e fondamentale per l’uomo, che deve invincibilmente assorbire e marchiare ogni suo pensiero, ogni suo impulso, ogni suo momento di vita.
Con divina intelligenza, Gesù in questo testo non aggredisce dal di fuori l’impulso sessuale per coartarlo con norme oggettive, ma cerca di lievitarlo dal di dentro, facendone essenzialmente un’espressione d’amore e quindi un incontro personale, dove è irrilevante la natura di ciò che si compie, perchè tutto si valuta dalla capacità di comunione che è insita nella reciproca attrattiva e nella reciproca donazione.
Si arriva in tal modo alla perfetta libertà interiore, che tutto consente, tranne l’ipocrisia o la debolezza di sentirsi attratti da impegni, da vincoli, da considerazioni esterni all’impulso d’amore.
Una libertà dove ogni timidezza deve essere travalicata da un’audacia autenticamente evangelica: sicché se il tuo occhio destro non ci vede bene, tu guarda con il sinistro, e se la tua mano destra è troppo cauta, adopera la sinistra.
Tuttavia, nota acutamente il Maestro, “non bisogna esagerare”. L’invito è nel frammento rivolto ai puritani e agli inibiti. Ma noi, coll’equilibrio che ci contraddistingue, lo estendiamo anche all’altro fronte: per una sana attività sessuale, sia pure non inceppata da inutili moralismi, una certa moderazione è salutare.
FRAMMENTO 13
Se qualcuno rimanda la propria moglie e ne sposa un’altra – a meno che la prima sia imbruttita ai suoi occhi – commette adulterio. Chi poi sposa la divorziata compie un vero atto di carità. (Quinto Evangelo)
Abbiamo qualche dubbio sull’autenticità di questo frammento. Da tutto il quinto evangelo Gesù appare come un uomo dalla straordinaria larghezza di idee, ma c’è un limite a tutto. Qui si difende non solo il divorzio, ma addirittura il libero amore. Anche la citazione della regina delle virtù, la carità, appare almeno sorprendente in questo contesto.
Sicchè ci sembra legittimo il sospetto – anche se non c’è nulla sotto il profilo della critica testuale che ci dia argomenti atti a convalidarlo – che queste righe siano state introdotte da qualche copista malevolo, al fine di screditare tutto il nostro prezioso manoscritto. Tuttavia, sia o no opera di un falsario, questo brevissimo brano ha per lo meno, circa il divorzio, il pregio della limpidità.
A nostro avviso su questo argomento le posizioni veramente logiche sono due. O si accetta che l’unione sponsale crea tra i partecipanti una vivente unità che tocca le radici profonde dell’essere e soggiace intatta a tutte le sopravvenienti vicissitudini della vita: “un solo corpo”, come si esprime la Scrittura; e in tal caso è del tutto inutile andare alla ricerca di casi pietosi o drammatici che giustificherebbero la divisione: come non si può più sopprimere un nuovo essere cui s’è dato l’esistenza, così quest'”unico corpo” resta al di là delle volontà che l’hanno costituito. O non si ammette che questo nuovo essere esista, e allora è abbastanza ipocrita stendere l’elenco delle situazioni che legittimerebbero il divorzio: non ne esiste nessuna più grave della mancanza di amore. Se c’è amore, anche l’ergastolo o il manicomio di uno dei coniugi non sono ragioni sufficienti; se non c’è amore, anche l’ergastolo o il manicomio non riuscirebbero a rendere il vincolo più insopportabile di quanto già non sia.
In conclusione se non si volesse accettare l’idea prenapoleonica dell’indissolubilità e si decidesse di prestare fede a questo quinto evangelo, il libero amore resterebbe di questo problema l’unica soluzione schietta, coerente, totale.
@vanni
Oggi pomeriggio mi son mangiato un bel pane con la nutella
Ma dopo aver letto questo mi rincresce non aver preso cavoli a merenda
Dici che non c’è attinenza? Ma è sempre un bel leggere.
@vanni
Si, quello sì
L’attinenza sarebbe tutta da dimostrare 🙂
E’ “Il quinto evangelo” del cardinale Biffi. Consiglio caldamente.
Grande! E in epoca non sospetta!
@giusi
Non facciam passare le parole del cardinal Biffi come una risposta profetica all’Amoris Letitia
Le sue son riflessioni giustissime. Punto.
Il collegamento a questo contesto è frutto solo della possibile interpretazione di qualcuno che (ovviamente) non può essere Biffi
L’AL non è uscita dall’uovo di Pasqua. Ha radici profonde e un autentico uomo di Dio intelligente e profondo come il Cardinale Biffi poteva ben essere profetico.
Ho capito, c’è dei cattolici -olici sul blog, ma mica il mondo gira intorno ad essi e con essi e per essi.
Che allora i cattolici-olici si calmassero un pochininoe a a quegl’altri altri (che siamo la maggioranza) gli venissero risparmiate le quistioni peccaminose e penitenziali (specie di natura perineale).
E ora passassimo (se lo volessimo) a argomenti di natura umana terrestre!
Perché tu sei cattolico?
..e soprattutto: chi ti obbliga a leggere di suddette questioni, se non ti interessano?
Sono una beghina io?
…però mi interessano come mostrusità sofoantropologica, questo va detto!
Non essendo cattolico per te il problema non si pone. Che te ne importa della Comunione? Per quanto riguarda i mostri può darsi che ti tocchi vederli in eterno sempre che prima dell’eutanasia il Signore non ti faccia la grazia.
…il problema si pone (anche per gli altri, talvolta) datasi la infestazione di cattolici-olici perniciosi.
Io intanto mi strabilio nel leggere di cosa può essere capace la mente dell’homo religiosus…
@filosofiazzero
Lascia perdere i 4 commentatori che siamo
Che pensi invece dell’esortazione?
Se ti va di soddisfare la mia curiosità
……della Esortazione penso che in realtà non ci sia nulla di nuovo, né tantomeno di preoccupante per i cattolici., a guardare bene. . Solo le beghine si preoccupano. Perché in realtà non hanno fede.
(
Il tuo parere mi conforta non poco.
@giusi
Disse sguazzando la rana nel pentolone che si stava scaldando al rospo che la avvisava di uscirne fuori
Un simile giudizio di un ateo sull’AL è una conferma. Non è un caso che questo Papa sia osannato da atei, sodomiti, abortisti, comunisti, eretici… e questo è un dato di fatto.
L’altro dato di fatto é che questo fa gettare ombre sinistre (a dir poco) sul giudizio che tanti credenti hanno su questo Papa.
Restano “dati di fatto” a cui dovrebbero seguire e seguono analisi, che possono avere esiti ben diversi a seconda di chi le sviluppa e con quale intento.
E chi ha causato tutto questo? Sono stata io (giusto per prendere un esempio a caso) a proclamare grandi d’Italia Napolitano e la Bonino? Per dirla con Marzullo fatti una domanda e datti una risposta.
Ho letto quasi tutti i vostri commenti. Io vi posso solo dire come mi regolo da separato (per decisione muliebre). Non mi metto per quanto possibile alle mie forze e chiedendo specialmente aiuto a Dio, perchè anche in questa mia situazione Lui mi sta dicendo qualcosa che serve alla mia salvezza, nella condizione di venire meno alla fedeltà di quel vincolo matrimoniale che – almeno io – ho contratto in piena consapevolezza e libertà. A me che le sfumature pastorali cambino, magari per venire incontro a casi più complicati del mio, perchè ad esempio ci potrebbe essere chi si converte dopo aver magari divorziato ed essersi pure risposato, non crea scandalo. La Chiesa è Madre e Maestra. Certamente non mi pare che sia detto in alcun passo dell’A.L. che il matrimonio non è più quello voluto da Cristo. Come pure non si è detto assolutamente che ci si possa accostare all’Eucaristia nella condizione di peccato mortale. Questo sarebbe stato tradire la nostra Fede. Da Cattolico direi che del Papa ci dobbiamo fidare, perchè è lui che governa la Barca di Pietro, non noi. Un abbraccio a tutti.
@laudan62
Grazie
Grazie @laudan62… Secondo me così é e così deve essere.
Un abbraccio 😉
Che, discernendo caso per caso, i divorziati risposati possano fare la comunione è detto altro che storie!
Ed è sempre stato così. Il giudizio è del confessore. Perciò nessuna novità…
E’ sempre stato così un cavolo! San Giovanni Paolo II era stato chiarissimo! Ci son sempre stati dei sacerdoti eretici ma è la prima volta che hanno l’avallo del Papa!
Ti sbagli. Rischi piuttosto tu di essere eretica. Il peccato mortale che esclude dalla comunione con Dio ha tre componenti: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. È perciò questione che solo il confessore può ponderare con una certa attendibilità. Ed è solo la condizione di colpa grave che esclude dall’Eucaristia. Non c’è nessun cambiamento a riguardo. Com’è logico che sia.
I divorziati risposati potevano e possono (perché l’AL non è vincolante) fare la comunione in un solo caso: se vivono in castità. Ovviamente per fare questo significa che hanno intrapreso un percorso di conversione. Il resto sono chiacchiere.
Ecco. Appunto. Lo vuoi sapere tu se vivono o no in castità? O non sarà piuttosto questione da affidare al confessore? Mi pare sia tu a chiacchierare un po’ troppo
Se stessimo parlando di questo questa discussione non avrebbe senso. Ma non è di questo che stiamo parlando.
Ma infatti, parliamo d’altro, tanto con te o dici che il Papa è eretico oppure non c’è ragionamento che valga…per me ti puoi cuocere tranquillamente nel tuo brodo, se tanto ti piace.
@laudan62 “Fidarsi del Papa”
Non sempre. In passato già ci furono papi che sbagliarono. Questo vuol dire che non si può escludere che succeda di nuovo. Dopodiché, nessuno sta pensando di governare la barca: è che molti hanno mal di mare.
“Come pure non si è detto assolutamente che ci si possa accostare all’Eucaristia nella condizione di peccato mortale”
Il problema è che si dice questo:
Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante.
Ai “normalisti”: spiegateci il senso di questa frase. E in particolare il senso di quel “più”, che evidentemente suppone un prima e un dopo. Qual’è il momento del cambiamento?
@enrico “Se la Lumen gentium è vincolante e legge della Chiesa, come si può dire a mons. Fellay che non possono imporgli il Concilio Vaticano II?”
Forse non è il caso di discorrerne in questo post, ma condivido esattamente la tua domanda; e penso anche la tua risposta.
@Fabrizio
Riguardo alla Lumen gentium magari hai anche ragione, troppa carne al fuoco. Vediamo.
Riguardo al ‘più’, io non l’ho inteso come se ci fosse uno stacco del tipo: prima era peccato mortale e ora no (perché l’ha detto il Papa coi suoi amici ‘progressisti’). L’ho inteso come: ci sono situazioni complesse, i peccati rimangono peccati ma bisogna vedere la situazione dei peccatori. Non è (più) possibile considerare in stato di peccato mortale in automatico i protagonisti di unioni irregolari.
Condivido l’idea del Papa che la Comunione ai divorziati non è il problema centrale della famiglia di oggi, c’è ben altro.
Leggo commenti preoccupati che questo Papa stia aprendo la strada al maligno, io mi chiedo invece se questo Papa non ne rappresenti un tremendo nemico ed il diavolo lo stia combattendo con i dubbi e le maldicenze.
Perché non è più possibile? Dio dovrebbe per caso accondiscendere ai nostri vizi? Per non aprire la strada al maligno la strada la indica il Vangelo: si si no no il di più viene dal maligno. In quasi 300 pagine di esortazione, in molti punti ambigua (per non dire altro), gliene si dà di spago al diavolo! E infatti i frutti si vedono: confusione tra i fedeli e il clero.
Ripenso alle diatribe che nel corso dei secoli hanno attraversato la Chiesa, ai processi verso questa o quell’altra persona e al tempo che la Chiesa si è preso prima di pronunciarsi in merito a questa o quella questione…
Qui dentro invece sto leggendo una facilità al giudizio tale che se ci fosse ancora il rogo, forse lo si accenderebbe volentieri.
Anche il giudizio temerario è peccato e credo sia molto più facile che lo si commetta che un divorziato risposato che decide di fare la comunione, con o senza discernimento.
Eppure tra le parole di Gesù, oltre al Sì, Sì, No, No, si trova anche la parabola della zizzania e la proibizione ai servi di andare a estirparla fino alla mietitura… È Lui il giudice e a Lui solo spetta il giudizio… Questo mi conforta!
Ma c’è anche la risposta di Gesù alla domanda di Pietro: “Signore e lui?”
E Gesù: “Se voglio che lui rimanga CHE IMPORTA A TE? TU SEGUIMI!” A buon intenditor…
Infine, non ricordo dove è scritto, ma sono certo che qualcuno nel NT abbia detto: “Non vogliate giudicare nulla prima del tempo”…
@luigi igiul
Eh, ha voglia di ripeterlo caro Luigi
Compresa quella che tanti alimentano come se non facessero altro di mestiere…
E così ipso facto chi ti risponde (Enrico l’ha fatto bontà sua…) dovrebbe essere iscritto tra i “normalisti”?!
Bel modo di etichettare a priori il pensiero altrui…
E tu come ti definiresti in una sola parola ?
Francamente preferisco correre il rischio di sbagliare col Papa piuttosto che certamente sbagliare da solo. Penso di farlo a ragion veduta visto che l’obbedienza al Papà per un cattolico non è questione irrilevante.
E questa è l’apoteosi delle frasi fatte! La stavo aspettando!
Se ti piace tanto, hai trovato soddisfazione. Mi fa piacere. Salutami monsignor Lefebvre, quando sarai nel suo regno😂😂
Scusa Luigi, ma il tuo discorso è una perfetta dimostrazione di come si stia riducendo il cristianesimo a una serie di frasi più o meno sconnesse e private della ragione.
Tutto parte dalla tua affermazione secondo cui qualcuno vorrebbe il rogo, e giù fino alla zizzania che non si può separare sino alla fine dei tempi. Primo: in verità, nessuno sta chiedendo il rogo. Stiamo discutendo se un documento papale contraddice in alcuni punti la dottrina. Chi lo sostiene, porta abbondanti argomenti presenti non nella sua visione soggettiva, ma nel Magistero precedente. Non perché siamo teologi, ma perché conosciamo quello in cui crediamo e stiamo discutendo di vecchie questioni che qualcuno ha indebitamente riaperto, non di nuova teologia. Tutto qui. Secondo: che il male sarà presente sino alla fine dei tempi è un fatto, e questo non vuol dire che dobbiamo lasciarlo stare lì. Cristo ci ha chiesto di combatterlo nel suo nome. Anche questo ci siamo persi?
Terzo: nessuno qui sta pretendendo di chiudere la questione subito come se fosse un prefetto della CDF. Al momento opportuno ci penserà qualcuno dotato dell’opportuna autorità, e sono convinto che ciò chiederà del tempo. Atanasio e gli altri ci misero trent’anni a disfarsi dell’arianesimo. Però, avevano ragione sin dall’inizio.
@Fabrizio,
Grazie per aver esordito dandomi del ripetitore di “frasi più o meno sconnesse e private della ragione”…
Potrei obiettare per chiarire il mio pensiero, ma non penso sia utile: ho la sensazione che con lei potrei trovarmi sempre in difetto…
“Non è (più) possibile considerare in stato di peccato mortale in automatico i protagonisti di unioni irregolari.”
Appunto: è una novità. E motivata da cosa? Infatti, il Papa sostiene di non cambiare la dottrina.
@Bariom “E tu come ti definiresti in una sola parola ?”
Cattolico. Uno che segue questa esortazione del card. Sarah in un’omelia di otto giorni fa: «Non lasciamoci impressionare da certi membri del clero che, per ragioni pastorali, pretendono di cambiare l’insegnamento di Gesù e la dottrina plurisecolare dei sacramenti della Chiesa». È abbastanza chiara? Ti soddisfa? 🙂
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1477_Card-Sarah_Omelia_10-4-16.html
Dopodiché, Bariom, qui sopra abbiamo citato passaggi della AL e confrontandoli con il Magistero. Non ti sei fatto sentire su cosa ne pensi. Ma ovviamente non sei obbligato. Però poi sei arrivato a criticare. Allora, se vuoi criticare, fallo con delle motivazioni. Io non ho visto un gran che di risposte alle obiezioni poste: solo frasi fatte.
@laudan62 “Ed è sempre stato così. Il giudizio è del confessore. Perciò nessuna novità…”
Qui siamo al paradosso. Se è sempre stato così e non c’è nessuna novità, perché questi tre anni di tormentone?
In realtà è sempre stato un abuso, che violava le disposizioni dei papi precedenti. Ora l’abuso qualcuno vuole che diventi norma.
Bene, allora sino a prova contraria (o dichiarazione contraria) potresti considerare ed appellare anche gli altri semplicemente “cattolici” non trovi?
Su questo semplice aspetto la mia critica ti sembrava fuori luogo?
O la potevo sollevare solo avendo dato il mio parere sul “AL”?
Parere che non credo possa cambiare di molto certe posizione già piuttosto definite e apparentemente senza tema d’appello… io da parte mia ci sto ancora lavorando e meditando.
Ma non credo nessuno “penda dalle mie labbra”, ne come giustamente dici io sia obbligato a renderlo noto.
@Bariom “Su questo semplice aspetto la mia critica ti sembrava fuori luogo?”
Non so. In realtà, in questo ultimo scambio c’è un difetto d’origine: mi stai chiedendo un giudizio su me stesso. Invece dimmi tu l’attributo che ritieni più opportuno. Sono eretico: dico cose fuori dal Magistero? Sono irrazionale: dico cose che sono illogiche o campate per aria? Eccetera. “Normalista” è il minimo, in questo contesto, per uno che sostenga che non ci sono cose strane in giro.
“O la potevo sollevare solo avendo dato il mio parere sul “AL”?
Visto che tutta la discussione verte su AL, e non su quanto siamo bravi e buoni e belli, magari sì, avrebbe una certa attinenza 🙂
“io da parte mia ci sto ancora lavorando e meditando.”
Ne sono sicuro (senza ironia).
“Ma non credo nessuno “penda dalle mie labbra””
Anch’io sono sicuro che nessuno penda dalle mie, altrimenti mi porrei un freno piuttosto deciso.
@Luigi “Grazie per aver esordito dandomi del ripetitore di “frasi più o meno sconnesse e private della ragione””
Prego. Magari mi sbaglio: mi faccia capire che mi sbaglio. Non mi pare di aver letto molto Magistero citato a sostegno delle sue tesi. Fattostà che se uno non si rifà al Magistero, interpreta il cristianesimo in modo soggettivo. Magari in buona fede, ma sempre soggettiva.
@Bri
Come per Luigi, non vedo perché te la prendi se dico che “ti fai andare bene tutto”. Hai letto tutta l’intervista di Schoemborn e hai detto che va tutta bene così com’è. Io non seguo tutte le discussioni qui dentro, ma non mi ricordo un tuo commento sul fatto che Francesco o uno della sua squadra abbia mai fatto o detto una virgola sbagliata. Libero tu di pensarlo, ma a questo punto è inevitabile che io commenti a quel modo.
E’ proprio come dici. Mi sono rotta le scatole di sentirmi rivolgere frasi fatte e mai un argomento!
@giusi
Non è affatto come dici
Gli argomenti ci sono è che purtroppo non sono molto bravo a copincollarli dalla rete
Ps.
E questo solo perchè chi legge non si faccia l’idea che il fastidio che nutri sia veramente motivato dall’assenza di argomenti
Ma non copiaincollarre. Dillo con parole tue. O almeno leggi l’esortazione se no di che stai a parlà?
Ammesso che siano sempre frasi fatte e mai argomenti, cambierebbe qualcosa?
Mi spiace Giusi, ma non mi pare proprio tu vada cercando una alternativa al giudizio che hai ben radicato in testa e che non lesini certo di esprimere continuamente…
Ma cosa dovrei avere di radicato in testa? E perché poi? Ancora frasi fatte! E ancora con la storia che la colpa è di chi rileva e non di chi fa e scrive e ci umilia nel nostro essere cattolici….. Io poi sono l’ultima che rileva……
E chiedi cosa avresti di radicato in testa e nel cuore?
Basta leggere le tue parole “e non di chi fa e scrive e ci umilia nel nostro essere cattolici…”
Vabbè Bariom: continua a confondere le conseguenze con le cause.
@fabriziogiudici
Non me la sono presa. Mi levavo un etichetta di dosso. E ripeto l’invito a limitarsi a confrontare opinioni
@fabriziogiudici
Ora entro in argomento sul contenuto
Quando ho scritto “perfetto” riferendomi all’intervento del cardinal Schoenborn volevo indicare che era perfetto nella sua interezza. Prendere uno stralcio qui o una là significa chiedere di avvicinarsi a un palmo di naso ad un dipinto bellissimo per constatare che il tal particolare in realtà a guardar bene non è che sia come i manuali dicono che avrebbe dovuto essere dipinto
Il quadro è l’insieme NON il particolare frammento
E più l’ho riletta più l’ho apprezzata
Sappi che rispetto molto la preoccupazione che hai espresso ieri in merito alla possibilità che certe interpretazioni (che io ritengo comunque sbagliate) dell’esortazione possano spingere fratelli in situazioni difficili a fare una scelta contraria a quella che farebbero alla luce di interpretazioni diverse. È a tutti gli effetti una spinta che non servirebbe.
Spinta che sta però nelle interpretazioni, pompate e gridate a gran voce. Non trovi che offrire una interpretazione più in linea con il testo tutto intero dell’esortazione, più in linea con il magistero, senza creare o cavalcare casi mediatici, senza urlare allo scandalo o alla rivoluzione o all’apostasia farebbe del bene anche a questi fratelli?
Ho scritto “offrire un’interpretazione”
@fabriziogiudici
Hai ragione invece sul fatto che non si trovino miei commenti su “errori” del Papa
Da un lato non mi ritengo in grado di individuare errori in quel che dice, se noti non padroneggio citazioni dal magistero o dal catechismo o da altre encicliche come altri qui sanno fare. Sono, detto senza falsità, ignorante, e molto. Un po’ è una scelta colpevole, un po’ una scelta fortunata.
Dall’altro faccio pure notare che non troverai nemmeno un mio commento a lode delle gesta del Papa. Trovi solo risposte in difesa di uno che non ti può (ovviamente) ribattere.
Istinto di difesa che poi nasce e si alimenta anche dall’estetica di certi commenti che consentono al buon “nemico” filosofiazzero di darci lezioni (eh, già)
E mò, sotto un cielo bellissimo, se va a laurà 🙂
@Fabrizio,
“mi stai chiedendo un giudizio su me stesso. Invece dimmi tu l’attributo che ritieni più opportuno”.
No, non ti sto chiedendo nulla e se volevo darti un attributo te lo davo… La mia era una provocazione che a quanto pare a sortito il suo effetto: “se non vuoi ti siano dati attributi, perché attribuisci attributi agli altri?”. 😉
(Diciamo pure limitatamente al contesto… ok?)
Le novità le inventa Repubblica e noi gli andiamo appresso…
Si certo: tutta colpa di Scalfari. Va tutto bene madama la marchesa.
Mi sembra non ci sia più niente di costruttivo da aggiungere, è ora di chiudere i commenti su questo post.
Saluti