Cartoline dal Paradiso

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di Costanza Miriano

Se, come diceva santa Bernadette, avere la fede è vedere Dio ovunque, Pippo Corigliano di fede ne ha a camionate. Ho la fortuna di avere a che fare con lui abbastanza spesso (è consulente a Rai Vaticano, dove lavoro anche io), e ogni volta che parliamo di qualcosa che è successo nel mondo, anche di qualcosa che mi ha fatto arrabbiare, Pippo con un triplo axel, un quadruplo carpiato, un repentino ubriacante rovesciamento di prospettiva, riesce a trovare il disegno del bene anche nel groviglio più fitto del male. Qualcosa per cui gioire, il lato positivo, la possibilità della soluzione. Insomma, l’impronta di Dio nel mondo.

Non parliamo, invece, di quello che succede se oggetto della conversazione è una persona. Pippo ha un’abilità quasi soprannaturale di vedere il lato bello di chiunque, di scusare l’imperdonabile, di capire l’incomprensibile. E poi c’è la famosa risata pippesca. Una versione di risata che sfodera puntualmente quando c’è qualcosa che si dovrebbe  proprio criticare, e non si riesce a salvare niente, neanche con tutta la fantasia. Allora, in quel caso, pur di non dire una parola negativa su nessuno Pippo ride, e dice “be’, a un certo momento… capisco…” e vari intercalare generici che servono a cambiare argomento e a virare velocemente su argomenti neutri quali le mezze stagioni e il disgelo del Polo.

Questo sguardo sorridente sul mondo, quest’occhio benevolo sulle persone, questa fede incrollabile nel fatto che siamo figli di Dio, stirpe regale, Pippo li traduce ogni settimana in una Cartolina, una breve riflessione (si sa, gli uomini, soprattutto se ingegneri, hanno questo mirabile dono della sintesi, a me sconosciuto) per scovare nella realtà le ragioni della speranza.

E adesso di queste cartoline è uscita una raccolta. Ho già svelato le ragioni del mio conflitto di interessi – sono amica di Pippo – ma lo stesso, consapevole che verrò ingiustamente sospettata di insider trading, aggiotaggio e anche un po’ di abigeato (non c’entra, ma erano anni che aspettavo di usare questa parola) consiglio a tutti i miei amici di comprare questo Cartoline dal Paradiso, appena uscito in libreria per edizioni Ares e Tempi, anche perché, fatto non trascurabile, le cartoline sono brevissime, e durano ciascuna giusto il tempo di un rosso al semaforo, di un’attesa al banco gastronomia (due numeretti, a occhio e croce), di una breve sosta in bagno (che come si sa almeno per noi mamme è uno dei momenti culturali più alti della giornata, da quando si riacquista il privilegio di poter chiudere a chiave la porta). Un modo agevole di portarsi con sé un sorriso in borsa, senza assumere sostanze stupefacenti.

Purtroppo questo libro ha un fastidioso effetto collaterale. Ti fa venire voglia di fare le cose bene, di essere una persona migliore, perché di fronte alla tenerezza di Dio descritta questa è la prima reazione. Ti viene da cercare di essere migliore, e io adesso non ne avrei tanta voglia. Ho troppe cose da fare e vorrei prendere la scorciatoia, farle male, vivacchiare, imboscarmi, ma se si leggono le cartoline non si riesce più tanto.

Infine c’è da dire una cosa. In questo libro vengono dette cose durissime e coraggiose sulla natura del potere, sul degrado dell’Occidente, sui cristiani tiepidi, sulla manipolazione culturale, sulla legislazione italiana e sugli scenari mondiali. Cose che sui giornaloni non si leggono. Eppure vengono dette col sorriso dell’esperto portavoce, con questo tono partenopeo sempre elegante, con questa calma da ingegnere padrone della situazione… insomma, anche la sgridata uno, così, se la prende volentieri.

84 pensieri su “Cartoline dal Paradiso

  1. Elena Maffei

    Dio c’è. ..e sorride. Sono una moglie, mamma e prof felice (in ordine di apparizione variabile). Manifestare l’amore di Dio nella vita vuol dire sorridere a 27 studenti in un’aula provvisoriamente (!) senza banchi…e speriamo che oggi arrivino insieme alle sedie. Buona giornata!

  2. Opus Dei: tautologìa.

    ” Lì dove sono le vostre aspirazioni, il vostro lavoro, lì dove si riversa il vostro amore, quello è il posto del vostro quotidiano incontro con Cristo. È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini. Il cielo e la terra, figli miei,sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell’orizzonte. E invece no, è nei nostri cuori che si fondano davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria…”

  3. Il signore che balla come un pazzo all’inizio del video è stato per una vita il compassato portavoce dell’Opus Dei, ed è l’autore del libro che recensisco qui sopra. Tanto per dare un’idea (la fede dà alla testa).

    1. 61angeloextralarge

      Questi “compassati portavoce…” mi piacciono troppo! Pippo? Smackmegagiganteeanchedipiù!

  4. ….quello che a me non mi torna è questa grossolana suddivisione dell’umanità in due categorie. gli illuminati (gioiosi) e gli oscuri (grunt): quando invece ognuno di noi può constatare che tutto è rimescolato insieme in disordine.
    Per quanto riguarda il vecchio danzante: hai voglia di vecchi danzanti nel mondo!!!

    1. Thelonious

      Esiste però una forma di letizia che non dipende dagli avvenimenti tristi o lieti che capitano, e neppure dal temperamento.
      Questa letizia è conseguenza della fede. Credo sia questo di cui stiamo parlando

      1. Personalmente non faccio nessuna “grossolana suddivisione” in base alla fede…
        Esistono persone sempre imbronciate (per non dire peggio), come persone generalmente più gioiose.

        Certo se nella categoria delle prime, trovo persone che “strombazzano” – e uso il termine per fare un preciso distinguo – la loro fede, la cosa mi pone dei dubbi, giacché chi ha incontrato Cristo, pur nei propri limiti caratteriali, NON PUO’ essere perennemente incazz… pardon, imbronciato.

        Come peraltro l’essere una persona d’animo gioioso, non è di per sè sinonimo della presenza della fede.

        E’ la letizia che appare nella croce che fa la reale differenza.
        Anche perché nella croce, nella croce seria, solo una fede provata e ben salda può dare una letizia (e non parlo di una accettazione supina che sa di “cosa me tocca sopportà”) che agli occhi umani appare realmente come follia, come stoltezza… vi dirò, una letizia capace anche di scandalizzare.

        Ed è anche per questo che personalmente, senza suddivisioni, grossolane o meno, propongo a CHIUNQUE di abbracciare la Fede, entrare nella Chiea, incontrare Cristo 😉
        Che poi – per rispondere ad altra domanda di Alvise di ieri(?) – anche senza nominarela Croce, certo si può trovare gusto nel fare tante cose al mondo, ma la differenza di provare gusto per le stesse cose CON o SENZA Cristo, non ha paragone, anzi CON Cristo, tante delle cose che parevano assolutamente futili, acquistano tutta un’altra pienezza…

        E quando poi la Croce si presenta (perché a TUTTI si presenta!)… beh, di questo ho già detto 😉

  5. vale

    già ordinato.

    e segnalo un altro,visto che si stanno affilando le armi per il sinodo tra Kasper ( “la speranza della famiglia” uscito a luglio ,mi pare) e Muller :
    “Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica”.
    Il libro esce quasi in contemporanea in Italia, il 1° ottobre, e negli Stati Uniti) riunisce assieme gli scritti di cinque cardinali e di altri quattro studiosi .

    http://www.corriere.it/cronache/14_settembre_17/no-comunione-divorziati-cinque-cardinali-contro-aperture-eb6cd766-3e27-11e4-af68-1b0c172fb9a5.shtml

    1. vale

      p.s.
      tra l’altro, se è vero quel che ipotizza magister, se ne vedranno delle belle( si fa per dire):

      Il trasferimento dell’attuale Prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica al ruolo, puramente simbolico, di “cardinale patrono” del Sovrano Militare Ordine di Malta – ipotizzato da Sandro Magister nell’articolo che qui di seguito riportiamo – se attuato, non potrà certo classificarsi tra i normali avvicendamenti. Sono note le posizioni del cardinale Raymond Leo Burke, in netta contrapposizione con le “aperture” ipotizzate dal cardinale Kasper in materia di comunione ai divorziati risposati. Il trasferimento avverrebbe proprio alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, al quale il cardinale Burke, con il nuovo incarico, non avrebbe più titolo per partecipare.

      1 a 0 per kasper.

      http://www.riscossacristiana.it/esilio-malta-il-cardinale-burke/

      http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350870

    1. Johnny

      Si esatto, non vedo cosa ci sia di strano ad avere più categorie di letizia. O la mania egualitaria del nostro tempo, oltre che sesso,censo, etc… ha investito anche gli stati d’animo?

      1. ….volevo sommessamente suggerire che NON esitono diverse categorie di letizia, ma una sola: l’essere lieti,
        Come anche si vede essere liete tante persone (Pippo incluso) con la fede o senza la fede. O no?
        ( se invece si può parlare solo di sé, che si parli solo di sé, allora)

            1. Thelonious

              la gioia soprannaturale deriva dalla speranza come virtù teologale, ossia dalla certezza sul futuro basata sul presente avvenimento di Cristo risorto.

              Questo non significa che non siamo condizionati dagli eventi che ci capitano. Certo che si, ma questa e un’altra cosa. Una cosa dell’altro mondo in questo mondo.

              Non dipende da altri eventi, non dipende dal temperamento, non dipende nemmeno dall’esito dei nostri sforzi di cambiare noi stessi e il mondo. E’ pura gratuità. Da questo punto di vista “del doman non v’è certezza” non si addice a questo caso. Non c’è certezza di cosa materialmente ci sarà, ma c’è la certezza della resurrezione di Cristo.

              E, per grazia di Dio, della resurrezione nostra con Lui.
              Questo, mi spiace, ma con la gioia mondana non c’entra nulla.

              E, per dirla con Dante, “intender non la può chi non la prova”.

  6. Thelonious

    “E solo della prima è giusto e retto essere lieti (e parlare)?”…. ??? questo nessuno l’ha detto.
    Ripeto: io parlo della mia esperienza, non di quella altrui. Nella mia personale esperienza (fatta di quotidianità, ma ti assicuro anche di croci) non sarebbe possibile, senza la fede, capire che tutto ciò che mi capita può essere strada al mio compimento, ossia alla felicità. Che, detto in altre parole, è lo stesso concetto di ieri. Non c’è nulla di quello che ti capita, che è contro di te, se tu non vuoi. Accettare e offrire a Cristo la propria croce è la vera strada per la resurrezione. Ed è questa certezza che genera quella che Bariom chiama “letizia che appare nella croce”. Poi, detto questo, ciascuno può esser lieto di ciò che crede e parlare di ciò che ritiene opportuno, ci mancherebbe altro

  7. Il Cardinale parteciperebbe lo stesso al Sinodo, anche se non più membro della Curia. E’ il sinodo dei Vescovi, non dei Curiali, e in qualità di Cardinale, Burke ha il diritto e il dovere di parteciparvi.
    Un sinodo che si prospetta davvero come una guerra. Lo sarà a tutti gli effetti.
    Il problema non è solo Kasper. Ci sono intere conferenze episcopali che si stanno schierando.
    E la letizia, per esser in tema, sta certamente nel constatare che da questi mali Dio saprà ricavare dei beni enormemente più grandi. Possiamo definirlo lo stile di Dio. Il Suo marchio. Di Lui che lascia in tutte le cose il segno della Sua bontà.

  8. “Qualcosa per cui gioire, il lato positivo, la possibilità della soluzione. Insomma, l’impronta di Dio nel mondo.”

    Mica l’ho scritto io questo! (a proposito del parlare ognuno per sé)

  9. Rosa

    ok qualcuno conosce un piano B?
    Perchè per quanto ne capisco io, non c’è poi molta differenza tra dare la Comunione ai divorziati e poi ammettere il divorzio.
    Come disse il Santo martire Cardinale Fisher al Santo Martire Moro: la cittadella cade tradita dai difensori

    1. Salvo il fatto che Il Padreterno conosce il piano A, B, C, D…
      E il “difensore della cittadella” è Lui attraverso lo Spirito Santo.
      Lasciamo ad altri i catastrofismi e i disfattismi… seppure prima della Resurrezione nessuno avrebbe dato un soldo per quell’uomo “appeso al legno”, questo era PRIMA.
      Ora sappiamo che la morte e vinta e la Vittoria appartiene a Nostro Signore.

      La Comunione ai divorziati poi, già oggi, a particolari condizioni che non sto qui a ribadire giacché ognuno le dovrebbe conoscere, viene concessa e non può essere negata.

      1. La “dottrina” di per sé non è un fatto immutabile… il primo a cambiare la dottrina in uso al tempo, fu lo stesso Gesù Cristo.

        Certo, subito si dirà, ma Lui era Gesù Cristo… ma dove lo ritroviamo oggi?
        O vogliamo sempre mettere in dubbio si trovi nelle decisioni (eventuali) della Sua Chiesa, solo perché tali decisioni non piacciono (eventualmente) a noi?

        1. Giusi

          Beh si la dottrina Kasper non mi piace ma questo è secondario. Credo che sia contro la Parola di Dio. Sapevo che Gesù avesse portato a compimento la dottrina non che l’avesse cambiata ma magari tu ne sai più di me.

          1. La “dottrina Kasper” (se così vogliamo chiamarla) è un’altra cosa… e non è la Dottrina o sbaglio?

            Gesù a portato a compimento la Legge, nel senso che è l’unico che l’ha compiuta nella sua essenza (che si può tradurre semplicemente nel “primo e più grande” dei Comandamenti).

            La dottrina del tempo (quella dei Farisei), come anche tu ben sai, comprendeva infinite prassi, lacci e lacciuoli, “pesi caricati” sulle spalle dei piccoli e dei semplici.
            Ad alcune di queste Cristo contravvenne in modo evidente, vi è più di un episodio ben riportato nei Vangeli… a questo mi riferivo. 😉

            1. Giusi

              Ah allora siamo d’accordo! Basta mettere la dottrina Kasper e quella dei farisei tra virgolette dal momento che non rappresentano la Dottrina.

              1. Si ,ho “toppato” io l’approccio al discorso… 😉 😐

                Di fatto potrebbe cambiare le “prassi” (era più giusto riferirsi a questa), sempre a patto che la “prassi” non contraddica, nei fatti, la Dottrina.

  10. Ciò che si da a particolari condizioni è la comunione ai divorziati. E la condizione è che non siano risposati. Ci può essere poi il caso di conviventi: e le condizioni sono che si comunichino in un luogo dove non sono conosciuti, e che vivano in castità, qualora motivi importanti comportino la non possibilità di interrompere la convivenza.
    Ma qui il punto è che la comunione la si vuole dare ai divorziati risposati.
    Per quanto riguarda Gesù Cristo, ricordiamo che Lui stesso ha affermato che non è venuto per cambiare la Legge ma per portarla a compimento, perché nemmeno uno iota della legge sarebbe stato cambiato. E difatti, a distanza di 3 secoli, per un solo iota l’eresia ariana avrebbe conquistato la maggioranza della Chiesa.
    Dire che la dottrina non è immutabile è un’eresia, se non anche formale, sicuramente materiale.
    Qualora dovesse succedere per assurdo che il Papa ammettesse la Comunione ai divorziati risposati, allora si verificherebbe un punto limite, che non ha precedenti storici: si sarebbe liberi dall’obbedienza al Papa, che ipso facto non dovrebbe essere più riconosciuto come tale.
    Il Papa è il Servo, il Custode della Dottrina. Non il suo padrone, spiacente.
    La battaglia a cui mi riferivo prima consiste proprio nel rischio di scisma: perché anche se il Papa non ammetterà la comunione ai divorziati, cosa più che probabile, molti episcopati, che ormai sono andati troppo oltre, si separeranno da Roma; ed anche questo è più che probabile. Perché non sarebbe la prima volta che succede.

    1. @Maccabeo concordo con quanto hai scritto…
      Mi sono evidentemente espresso male. Nella mia risposta a Giusi forse ho chiarito.

      Ma il problema di fondo resta che da più parti si insinua, si teme, si “prevede”, che la Chiesa cambi ciò che della Dottrina è immutabile in quando direttamente conseguente alle Leggi di Dio da Lui a noi consegnate.

      1. Giusi

        La paura sorge dalla presenza di molti cardinali che la vogliono cambiare. Ma ormai aspettiamo….. Anche se resta sempre il fatto che molti sacerdoti nella prassi l’hanno già cambiata…..

    2. vale

      in tema l’articolo di matzuzzi sul Foglio di oggi: ” i vescovi tedeschi hanno pronte le “tesi” da inchiodare all’uscio del Sinodo”

    1. @Angela, ho letto l’intero articolo/documento (interessante), ma non ho trovato traccia di una posizione, quantomeno netta, che possa far dire “anche se vivono in castità”, restando comunque corretto quanto indica Maccabeo.

      1. 61angeloextralarge

        Mario: dovevo incollare due link e invece ne ho incollato uno solo. Devo ritrovare l’altro…

  11. ok, Bariom, va bene.
    Per extralarge… io ho precisato che i conviventi possono comunicarsi dove non sono conosciuti. Un permesso che può dare soltanto il confessore abituale dei soggetti: egli verifica la retta coscienza e l’impossibilità di lasciare la convivenza. E questo non è in contrasto con quanto affermato nell’articolo al quale rimandi. In tal modo, infatti, si evita il pericolo di scandalo. Ma, ripeto, soltanto il confessore può darne il permesso, insieme all’assoluzione sacramentale.
    Preghiamo molto in questo periodo, per i nostri pastori. Se certi paletti salteranno la società andrà in caduta libera verso l’autodistruzione. E di questa dissoluzione incalzante credo che siamo un po’ tutti testimoni. Famiglie distrutte, collassi economici, bambini trascurati… e poi la maggior parte dei divorziati non se la sente più di risposarsi, dandosi semplicemente a rapporti occasionali. E non mi sembra siano per questo felici. Sono i rapporti stabili a renderci tali. Il saper che c’è qualcuno che ci vuole bene e sul quale possiamo fare sempre affidamento e al quale possiamo dare il nostro amore senza riserve. Da buon maschietto, aggiungerei anche panni stirati e cena pronta, ma ormai su quello ho gettato la spugna, e non lo spero più

    1. 61angeloextralarge

      Maccabeo: ma tu dove l’hai trovata l’info che se un convivente (che vive in castità) è fuori parrocchia può ricevere l’Eucarestia? Mi risulta nuova.

      1. @Angela, non so dove l’ha “trovata”, ma anch’io “la so” in questi termini e mi pare la cosa sia piuttosto comprensibile…

        Facciamo un caso concreto: Antonio e Antonia sono conviventi non sposati impossibilitati comunque per situazioni irregolari ha sposarsi in chiesa, hanno figli, hanno messo su casa assieme, ecc, ecc.
        Iniziano un cammino di conversione e comprendono che il loro vivere come marito e moglie senza esserlo di fronte a Dio, complica non di poco il loro cammino e di fatto li fa rimanere in una stato di peccato grave che li esclude da una piena Comunione con Dio, con la Comunità, con loro stessi, quindi – con l’aiuto di Dio – decidono, vedendo bene di non separarsi ad esempio a motivo dei figli di cui sopra, di vivere sotto lo stesso tetto come fratello e sorella.

        Se Dio concede loro questa grazia, cosa impedisce loro di accostarsi alla Comunione Eucaristica?

        Giustamente Maccabeo sottolineava l’importanza fondamentale dell’essere seguiti da un confessore/padre spirituale, che sappia valutare le loro reali intenzioni, in perdurare nella prassi dei loro buoni propositi (valutare aggiungerei eventuali cadute, che ognuno di noi può avere, e ricondurle alla Misericordia di Dio) e sostanzialmente seguirli, consigliarli, confermarli nel loro cammino, valutando e dando il suo assenso alla partecipazione piena alla Santa Eucaristia.

        L’aspetto poi del “fuori parrocchia” è legato al motivo di evitare scandalo, non in senso moralistico, ma lo scandalo “dei piccoli” in senso evangelico.

        Considerazione del tutto personale, molti di noi, sapendo che un uomo e una donna vivono sotto lo stesso tetto e non sono sposati, sono portati ad escludere (o a non credere) che possano vivere in castità, ma credo questo appartenga alla nostra pochezza e al essere portati in prima battuta più ad un giudizio vedendoli eventualmente accostarsi alla Comunione. Se si fosse in un piccola comunità, che ben conosce le persone di questa ipotetica ricostruzione e il loro cammino di conversione in atto, credo il problema non sussisterebbe, ma nella normalità dei casi, una saggia prudenza a evitare appunto scandali, giudizi, pregiudizi ecc, ecc. indica nella soluzione del “fuori parrocchia” una strada sensata.

        Si qui quel che so e come sono riuscito ad esporlo, certamente altri (Maccabeo in primis in questo caso) potranno correggere o aggiungere… 😉

        1. 61angeloextralarge

          Mario: condivido in pieno. Il punto è che vorrei conoscere la fonte ufficiale dei documenti della Chiesa. In modo da poter ribattere con concretezza e non con le parole a chi si dichiara certo che in ogni modo i conviventi che vivono in castità non possono ricevere l’Eucarestia “mai” e in “nessun luogo”.
          Il secondo link che per il momento non ritrovo era di un blog gestito da un sacerdote… mi spiego?

          1. Ah perfetto, scusa avevo frainteso (e mi era parso strano tu sostenessi il contrario… 😉 ).

            Qui ci vorrebbe il mitico Alessandro… 😀

            1. Ho trovato questo:

              CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

              LETTERA AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
              CIRCA LA RECEZIONE DELLA COMUNIONE EUCARISTICA
              DA PARTE DI FEDELI DIVORZIATI RISPOSATI

              (riporto solo lo stralcio sul punto preciso della questione, ma è consigliata la lettura per intero http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_14091994_rec-holy-comm-by-divorced_it.html)

              «Per i fedeli che permangono in tale situazione matrimoniale, l’accesso alla Comunione eucaristica è aperto unicamente dall’assoluzione sacramentale, che può essere data «solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, “assumano l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”»(8). In tal caso essi possono accedere alla comunione eucaristica, fermo restando tuttavia l’obbligo di evitare lo scandalo.»

                1. Alessandro

                  Eccomi, perfetta la citazione di Bariom!

                  Qui i testi del Magistero sul tema dei fedeli divorziati e “risposati”:

                  http://www.patriarcatovenezia.it/s2ewdiocesivenezia/allegati/2185/Testi_del_Magistero_sul_tema_dei_divorziati_e_risposati_ITA.doc

                  Mi permetto un’annotazione: nei paesi di antica cristianizzazione afflitti da una dilagante e pervasiva secolarizzazione la questione dottrinale e pastorale che si pone, e che la Congregazione per la Dottrina della Fede sta vagliando da anni (trattandosi di problema spinoso e di ardua soluzione), non è certo se chi ha contratto un matrimonio canonico valido (rato e consumato) possa ricevere la comunione eucaristica nel caso in cui abbia stabilito una relazione “more uxorio” con chi suo coniuge non è (è impossibile che, perdurando questa relazione more uxorio, il coniuge che vi è implicato sia rettamente ammissibile alla comunione eucaristica, per il semplice fatto che questa relazione attenta oggettivamente all’assoluta indissolubilità del matrimonio rato e consumato, contrastando quindi manifestamente con la volontà di Dio che Egli stesso ha rivelato e perciò configurando una condotta peccaminosa grave abituale che, finché perdura, frappone evidentemente un impedimento insormontabile alla ricezione della comunione sacramentale), ma quale nesso corra tra grado di Fede dei nubendi e validità del matrimonio canonico.

                  – Così Benedetto XVI ad Aosta il 25 luglio 2005: “quando sono stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito. Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire.”

                  – Benedetto XVI alla Rota Romana il 26 gennaio 2013: “Nel contesto dell’Anno della fede, vorrei soffermarmi, in modo particolare, su alcuni aspetti del rapporto tra fede e matrimonio, osservando come l’attuale crisi di fede, che interessa varie parti del mondo, porti con sé una crisi della società coniugale, con tutto il carico di sofferenza e di disagio che questo comporta anche per i figli. Possiamo prendere come punto di partenza la comune radice linguistica che, in latino, hanno i termini fides e foedus, vocabolo, quest’ultimo, col quale il Codice di Diritto Canonico designa la realtà naturale del matrimonio, come patto irrevocabile tra uomo e donna (cfr can. 1055 § 1). Il reciproco affidarsi, infatti, è la base irrinunciabile di qualunque patto o alleanza.

                  Sul piano teologico, la relazione tra fede e matrimonio assume un significato ancora più profondo. Il vincolo sponsale, infatti, benché realtà naturale, tra i battezzati è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento (cfr ibidem).

                  Il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Ma se è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti, non è tuttavia possibile separarli totalmente. Come faceva notare la Commissione Teologica Internazionale in un Documento del 1977, «nel caso in cui non si avverta alcuna traccia della fede in quanto tale (nel senso del termine “credenza”, disposizione a credere), né alcun desiderio della grazia e della salvezza, si pone il problema di sapere, in realtà, se l’intenzione generale e veramente sacramentale di cui abbiamo parlato, è presente o no, e se il matrimonio è contratto validamente o no» (La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio [1977], 2.3: Documenti 1969-2004, vol. 13, Bologna 2006, p. 145).

                  Il beato Giovanni Paolo II, rivolgendosi a codesto Tribunale, dieci anni fa, precisò, tuttavia, che «un atteggiamento dei nubendi che non tenga conto della dimensione soprannaturale nel matrimonio può renderlo nullo solo se ne intacca la validità sul piano naturale nel quale è posto lo stesso segno sacramentale» (ibidem). Circa tale problematica, soprattutto nel contesto attuale, occorrerà promuovere ulteriori riflessioni.”

                  – Sul nesso tra fede e validità del matrimonio così si esprime Familiaris Consortio (documento del 1981 firmato da Giovanni Paolo II e che raccoglie gli esiti dell’ultimo Sinodo dedicato a famiglia e matrimonio): “Proprio perché nella celebrazione del sacramento una attenzione tutta speciale va riservata alle disposizioni morali e spirituali dei nubendi, in particolare alla loro fede, va qui affrontata una difficoltà non infrequente, nella quale possono trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto della nostra società secolarizzata.

                  La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere primario dei pastori di farla riscoprire, di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni che consigliano alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è imperfettamente disposto.

                  Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell’economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore «al principio». La decisione dunque dell’uomo e della donna di sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche se non in modo pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla volontà di Dio, che non può darsi senza la sua grazia. Essi sono già, pertanto, inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza, che la celebrazione del sacramento e l’immediata preparazione alla medesima possono completare e portare a termine, data la rettitudine della loro intenzione.

                  E’ vero, d’altra parte, che in alcuni territori motivi di carattere più sociale che non autenticamente religioso spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa. La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che riguarda solo chi si sposa. Esso è per sua stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli sposi davanti alla società. E da sempre la sua celebrazione è stata una festa, che unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque, che motivi sociali entrino, assieme a quelli personali, nella richiesta di sposarsi in chiesa.

                  Tuttavia, non si deve dimenticare che questi fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti nell’Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la loro retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa intende fare quando celebra il matrimonio. E, dunque, il solo fatto che in questa richiesta entrino anche motivi di carattere sociale non giustifica un eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del resto, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, i sacramenti con le parole e gli elementi rituali nutrono ed irrobustiscono la fede (cfr. «Sacrosantum Concilium», 59): quella fede verso cui i fidanzati già sono incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la grazia di Cristo non manca certo di favorire e di sostenere.

                  Voler stabilire ulteriori criteri di ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi rischi. Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati, con grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la tradizione ecclesiale.

                  Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati, il pastore d’anime non può ammetterli alla celebrazione. Anche se a malincuore, egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far comprendere agli interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono essi stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano.” (n. 68)

                  – Il prefetto della CDF, cardinale Müller, al riguardo così si esprime in un recente libro-intervista: “Benedetto XVI ha fatto insistenti richiami a riflettere sulla grande sfida rappresentata dai battezzati non credenti. Di conseguenza, la congregazione per la dottrina della fede ha raccolto la preoccupazione del papa, mettendo al lavoro un buon numero di teologi e di altri collaboratori per risolvere il problema della relazione tra fede esplicita e implicita.

                  Che cosa avviene quando un matrimonio è carente perfino della fede implicita? Certamente quando essa manca, sebbene sia stato celebrato “libere et recte”, il matrimonio potrebbe risultare invalido. Ciò induce a ritenere che, oltre ai criteri classici per dichiarare l’invalidità del matrimonio, ci sia da riflettere di più sul caso in cui i coniugi escludano la sacramentalità del matrimonio. Attualmente ci troviamo ancora in una fase di studio, di riflessione serena ma tenace su questo punto. Non ritengo opportuno anticipare conclusioni precipitate, dal momento che non abbiamo ancora trovato la soluzione, ma ciò non mi impedisce di segnalare che nella nostra congregazione stiamo dedicando molte energie per dare una risposta corretta al problema posto dalla fede implicita dei contraenti.

                  D. – Perciò se il soggetto escludesse la sacramentalità del matrimonio, allo stesso modo di chi, al momento di sposarsi, escludesse per esempio i figli, quel fatto potrebbe rendere nullo il matrimonio che è stato contratto?

                  R. – La fede appartiene all’essenza del sacramento. Certo, occorre chiarire la questione giuridica posta dall’invalidità del sacramento a causa di una evidente mancanza di fede. Un celebre canonista, Eugenio Corecco, diceva che il problema sorge quando occorre concretare il grado di fede necessaria perché possa realizzarsi la sacramentalità. La dottrina classica aveva ammesso una posizione minimalista, esigendo una semplice intenzione implicita: “Fare ciò che fa la Chiesa”. Corecco aggiunse che nel mondo attuale globalizzato, multiculturale e secolarizzato, in cui la fede non è un dato che si possa semplicemente presupporre, si rende necessario esigere dai contraenti una fede più esplicita, se davvero vogliamo salvare il matrimonio cristiano.

                  Insisto nuovamente a ripetere che tale questione è ancora in fase di studio. Stabilire un criterio valido e universale al riguardo non è davvero una questione futile. In primo luogo perché le persone sono in costante evoluzione, sia per le conoscenze che via via acquisiscono col passare degli anni, sia per la loro vita di fede. Il tirocinio e la fede non sono dati statistici! Talvolta, al momento di contrarre il matrimonio una certa persona non era credente; ma è anche possibile che nella sua vita sia intervenuto un processo di conversione, sperimentando così una “sanatio ex posteriori” di ciò che in quel momento era un grave difetto di consenso.

                  Desidero ripetere in ogni caso che, quando ci troviamo in presenza di un matrimonio valido, in nessun modo è possibile sciogliere quel vincolo: né il papa né alcun altro vescovo hanno autorità per farlo, perché si tratta di realtà che appartiene a Dio, non a loro.” (Gerhard Ludwig Müller, “La speranza della famiglia”, Ares, Milano, 2014)

                  http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350851

                  Se ne è parlato poco nel clamore mediatico presinodale (mi pare), ma è bene che si sappia che sulla serissima questione del rapporto tra grado di Fede dei nubendi e validità del matrimonio (e non su questioni che sono già state opportunamente affrontate e chiarite da decenni), sta studiando da anni chi ha i titoli per farlo…

                  1. Alessandro è “riapparso” alla grande 😉

                    Molto interessante, soprattutto le “dinamiche” legate alla questione Fede (dei nubendi) – Sacramento (validità dello stesso).

      2. Da tutti i preti con i quali ho parlato, inclusi prelati, di degnissima vita. La misericordia non è un’invenzione di Papa Francesco. La Chiesa la esercita da sempre, e con la praticità romana. Se è lo scandalo, oltre alla perdita di grazia, ad impedire la comunione, a entrambi si può ovviare: al primo, comunicandosi in segreto, al secondo con l’assoluzione sacramentale. Una sana pastorale che non intacca la dottrina. Casi rari, ma ci possono essere: a volte, ad es., i conviventi hanno un figlio, o più di un figlio.
        Grazie alla Chiesa, figlia di Roma, che nel suo diritto ha come suprema lex il bene delle anime, e nell’applicazione di ogni canone si avvale del principio dell’aequitas

  12. ,,,come anche tantissima gente usano fare, senza bisogno delle virtù teologali, ma per autentica semplice gioia spontanea, come si vede anche tutti gli esseri viventi animali sono contenti di suo, senza bisogno di credere, e senza dentiera!

    1. Alvise, l’abbiamo capito… sei un “martello”.

      Personalmente ti ho già fatto i miei “distinguo” e altri i loro.
      Se l’hai capito bene, se non vuoi capirla, bon… non è che ripetere continuamente “come tutti…”, “come tutti…”, “come tutti…” cambi la sostanza. Che per te è quella per me, non è esattamente quella.

      1. Bariom:
        …quindi per te (e per gli altri) solo i cristiani, e cioè i cattolici, possono essere lieti?
        (quanto a Pippo Corigliano mi pare un personaggio da film con Totò)

    1. Della serie “love is love”… 🙁

      Al di là dell’episodio (ma anche sull’episodio se le cose stanno come riportate…) non si comprende come benedizione di Dio – ma ci sarebbe di che discutere se quella impartita in questi termini possa essere considerata tale – e peccato (oggettivo), possano stare assieme.

    1. Thelonious

      …ma chi te lo impedisce? Io? Bariom? Costanza? Pippo Corigliano?
      Se però fai domande e ti vengono date risposte accettale, anche se non sono quelle che tu condividi.

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  14. Dall’ultima newsletter di Radio Maria:
    ………………………………..

    Cari amici,
    uno dei messaggi più significativi della Regina della Pace in questi ultimi mesi è quello dato attraverso il veggente Ivan il 17 Agosto durante un incontro di preghiera in Italia.
    La Madonna ha invitato a pregare per il Papa e la sua missione di pace con parole sulle quali è necessario riflettere:
    “In modo particolare, cari figli in questo tempo pregate per il mio amatissimo Santo Padre, pregate per la sua missione, la missione della pace”.

    La Madonna fa innanzi tutto riferimento ai pericolosi focolai di guerra che si accendono e si dilatano nel mondo, tanto da poter affermare che siamo di fronte a “una terza guerra mondiale” che procede per tappe.
    In questo contesto il suo occhio si posa sulla “missione della pace” per la quale Papa Francesco si sta spendendo con grande coraggio fin dall’ inizio del suo Pontificato e invita a sostenerla con la preghiera.
    Tuttavia ciò che colpisce di più nel messaggio della Santa Vergine è l’esplicita affermazione che Papa Francesco “è il suo amatissimo Santo Padre”.

    Si tratta di una espressione che la Gospa usa per la prima volta, come a voler sottolineare la strettissima unione fra la Madre della Chiesa e il Successore di Pietro, fra Lei e Papa Francesco.
    Ed è anche un materno ammonimento a prendere le distanze dalle lingue biforcute che, anche all’interno della Chiesa, non perdono occasione per criticare e diffamare coloro che Cristo ha posto a capo del suo gregge.
    …………………………………..

    Meditiamo gente, meditiamo… 😉

    1. Giusi

      Bariom a Padre Livio interessa solo che venga riconosciuta Medjugorje. Pertanto se il Papa fosse Gengis Khan diverrebbe suo seguace indefesso. A me le sue epurazioni non sono piaciute. Io credo a Medjugorje non l’ho mai nascosto, meno a tutto l’ambaradan che c’è dietro……

      1. @Giiusi puoi pensarla come vuoi, ma trovo il commento del tutto gratuito e ingeneroso, in più sottintenderebbe che il messaggio sarebbe stato “manipolato” per secondi fini?

        Personalmente non ho problemi a credere che a Medjugorje appaia Maria, ma sempre mi rimetto e mi adeguerò al pronunciamento della Chiesa se e quando ci sarà.
        Io sono certo (opinione personale) che così farà anche Padre Livio data la sua fedeltà alla Chiesa e le sue “epurazioni” (anche se non ti sono piaciute) io le sposo in toto e sono proprio in linea con quanto sostengo qui in merito a gratuti e azzardati giudizi sul Santo Padre che vengano da chicchessia.

        Poi se uno non da nessun valore alle apparizioni di Medjugorje (padronissimo) anche il valore di questo ultimo messaggio è nullo, se al contrario vi si da qualche valore – le parole sul Santo Padre sono quelle, non sono inventate da Padre Livio – c’è di che meditare.

        1. Quindi in sostanza non capisco dove stia il problema… se “credi” a Medjugorje, come interpreti la frase sottolineata da Padre Livio?
          O il problerma sta solo che da lui (che evidentemente non apprezzi) è stata sottolineata? Se la riportavo con commento di tizio a te più gradito era diverso?

        2. Giusi

          Palmaro non era chicchessia, il Papa stesso lo ha chiamato e ha detto che apprezzava le sue critiche. Non attribuirmi cose che non ho detto, non sottintendo niente ma non ha senso imbastire un discorso su un messaggio di un’apparizione non riconosciuta. Peraltro non ne sono certa e non ho nemmeno voglia di verificare ma mi pare si trattasse di una di quelle apparizioni “straordinarie” serali (al di fuori di quelle giornaliere) delle quali Ivan ha notizia non ho capito come..

          1. Ribadisco il chicchessia (che non è un dispregiativo…)

            Se il Papa apprezza le critiche di qualcuno è solo per bontà sua e costui può trovare sedi appropriate e magari private.

            Non ho “imbastito” nessun discorso… ho riportato una cosa – tale quale fai tu spesso e non è neppure che si debba essere d’accordo, ma il tuo disaccordo è stato secondo me espresso con un giudizio fuori luogo. Tutto qui.

          2. 61angeloextralarge

            Giusi: Ivan ha ancora le apparizioni quotidiane. A volte riceve messaggi da divulgare, come quello del 17 agosto e un paio in più in quei giorni, altrimenti sono “affari” suoi e di Maria.

            1. 61angeloextralarge

              N.B.: di solito i messaggi che Ivan divulga sono quelli che riceve in un’apparizione straordinaria che ha la sera durante un incontro con il gruppo di preghiera, al quale ormai da anni partecipa anche la maggioranza dei pellegrini presenti in quel momento a Medjugorje. Quindi, per lui è la seconda apparizione di quel giorno.

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