Edith Stein e il mistero del Natale

 

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di Claudia Mancini   LaPorzione.it

Nel raccoglimento dell’abbazia benedettina di Beuron, nel 1932, tre anni prima di entrare nel Carmelo, Edith Stein scrisse una ricchissima meditazione teologica sul Natale. Il testo, pronunciato in occasione di una conferenza dell’Associazione Accademici cattolici di Ludwigshafen (nel Land della Renania-Palatinato, in Germania), fu pubblicato per la prima volta nel 1950 a Colonia e in Italia solo nel 1989.

Filosofa, ebrea, atea, convertita, religiosa e martire, questa donna speciale inizia la meditazione non con una citazione erudita, alla ricerca di un incipit originale, ma con una riflessione che spiazza per la sua semplicità; sì, la semplicità di chi ha lo sguardo inclusivo della fenomenologia. La Stein fa notare che tutti – anche gli appartenenti ad un’altra religione e i non credenti, cui l’antico racconto del bambino di Betlemme non dice alcunché – non possono sottrarsi al fascino del Natale. Nelle settimane precedenti già «un caldo flusso di amore inonda tutta la terra», perché «tutti preparano la festa e cercano di irradiare qua e là un raggio di gioia». Cercare e dare gioia, preparare e prepararsi ad una festa, poiché è strutturalmente umano, è sempre apprezzabile e mai scontato da ricordare. Ma per il cristiano, e in particolare per il cristiano cattolico, la stella che porta alla mangiatoia è anche qualcos’altro. Il cuore di colui che vive con la Chiesa, fin dalle campane del Roratee dai canti dell’Avvento, comincia a battere all’unisono con la sacra liturgia che scandisce un tempo unico: il tempo di un’attesa che è allo stesso tempo un’ardente nostalgia. Un’attesa-nostalgia che cresce durante l’Avvento, e trova appagamento solo quando le campane della messa di mezzanotte suonano e annunciano: «E il verbo si fece carne». A questo annuncio, ci ritroviamo sempre davanti all’incanto del Bambino nella mangiatoia, che protende le mani e sorridendo sembra già dire quanto più tardi, divenuto Maestro, le sue labbra ripeteranno fino all’ultimo respiro della croce: «Seguimi».

Attenzione: la Luce della stella e l’incanto del Bambino nella mangiatoia durano il tempo di un battito del cuore. «Alla Luce discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa la notte del peccato». Di fronte al Bambino, simultaneamente, gli spiriti si dividono in “favorevoli” e “contrari”. Davanti al «Seguimi», chi non è per Lui è contro di Lui. Non a caso, il giorno dopo il Natale, mentre ancora riecheggia il suono gioioso delle campane notturne e delle festose liturgie natalizie, la Chiesa depone i paramenti bianchi della festa e indossa il rosso del sangue e, il quarto giorno, il violetto del lutto per ricordare il primo martire Stefano e i bambini innocenti uccisi da Erode. Che significa questo? Dov’è l’incanto del bambino nella mangiatoia, dov’è la «beatitudine silente della notte santa»?

Il mistero della notte di Natale, scrive la Stein, porta una verità grave e seria che l’incanto della mangiatoia non deve velare ai nostri occhi: «il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti». La gioia del Bambino e delle figure luminose che s’inginocchiano attorno alla mangiatoia – i bambini innocenti, i pastori fiduciosi, i re umili, i martiri, i discepoli, gli uomini di buona volontà che seguono la chiamata del Signore – va di pari passo con la constatazione che non tutti gli uomini sono di buona volontà, che la pace non raggiunge «i figli delle tenebre», che a essi il Principe della pace «porta la spada», che per essi è «pietra di inciampo» contro cui urtano e si schiantano. Quel Bambino divide e separa, perché mentre lo contempliamo impone una scelta: «Seguimi». Egli lo pronuncia anche per noi, oggi, e ci pone di fronte alla decisione di scegliere tra la luce e le tenebre. Le mani del Bambino «danno ed esigono nel medesimo tempo». Allora, se mettiamo le nostre mani in quelle del Bambino divino e rispondiamo con un «Sì» al suo «Seguimi», cosa riceviamo?

«O scambio mirabile! Il Creatore del genere umano ci conferisce, assumendo un corpo, la sua divinità». Proprio qui sta la grandezza del mistero dell’Incarnazione: chi sceglie la luce, chi si mette dalla parte di quel Bambino, «libera la via perché la Sua vita divina possa riversarsi in noi», e porta «invisibilmente il Regno di Dio dentro di sé». Il Natale è l’inizio di un’avventura che non è altro che quella di lasciare la grazia «penetrare di vita divina tutta la vita umana». Perche Dio è diventato uomo? Dio è diventato un figlio degli uomini, affinché gli uomini potessero diventare figli di Dio. Scrive la Stein: «uno di noi aveva lacerato il legame della figliolanza divina, uno di noi doveva nuovamente riannodarlo e pagare per il peccato. Ma nessun discendente di questa progenie antica, malata e imbastardita, era in grado di farlo. Su di essa andava innestato un ramoscello nuovo, sano e nobile».Queste parole di Edith Stein richiamano alla mente – per evidente analogia – un passo del “Cur Deus homo?” di Sant’Anselmo, in cui è racchiusa la medesima logica della redenzione: «La restaurazione della natura umana non sarebbe potuta avvenire, se l’uomo non avesse pagato a Dio ciò che gli doveva per il peccato. Ma il debito era così grande che la soddisfazione – essendo obbligato solo l’uomo, ma potendolo solo Dio – occorreva che fosse data da un Dio-uomo». (CDH 2,6)

Edith Stein aveva imparato alla scuola dei maestri del Carmelo, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce in particolare, che la grazia si sviluppa in noi come un seme che ci trasforma, facendoci partecipe della Vita stessa di Dio. Per questo motivo, il seguito della meditazione insiste sui segni fondamentali di un’esistenza umana unita a Dio. Il primo segno della figliolanza divina è «essere una cosa sola con Dio». Il Bambino è sceso nel mondo per essere un «corpo misterioso» con noi: «egli è il nostro capo, noi le sue membra». Non esistiamo più «gli uni accanto agli altri, come esseri singoli, autonomi, ma siamo tutti una cosa solo con Cristo». Ilsecondo segno della figliolanza divina è «essere una cosa sola in Dio»: «se nel corpo mistico Cristo è il corpo e noi le membra, allora siamo membra gli uni degli altri, e tutti insieme siamo una cosa sola in Dio». Misura del nostro amore per Dio è il nostro amore per il prossimo «che sia parente o no, che lo troviamo simpatico o no, che sia moralmente degno del nostro aiuto o no»; «chi ama col suo [di Cristo] amore, vuole gli uomini per Dio e non per sé». Il terzo segno della figliolanza divina è la disponibilità ad accogliere qualunque cosa dalla mano di Dio: «Sia fatta la tua volontà!», in tutta la sua estensione, deve essere il criterio della vita cristiana. Esso deve scandire la giornata dal mattino alla sera, il corso dell’anno e tutta la vita. «Deve essere l’unica preoccupazione del cristiano. Tutte le altre il Signore le prende su di sé».

Nella Luce e nel calore della notte santa, quando abbiamo appena cominciato ad affidarci al Bambino, stringiamo fiduciosi la sua mano e vediamo con chiarezza quanto dobbiamo fare e non fare. Ma la situazione non rimarrà sempre così. Chi guarda l’incanto del Bambino nella notte santa non può far finta di non vedere che la via che si diparte da Betlemme conduce al Golgota, va dalla mangiatoia alla croce. «Chi appartiene a Cristo deve vivere tutta la sua vita». La notte di Natale e la notte della croce sono un’unica notte. Verrà il tempo della sofferenza e della morte, per ogni uomo. Quando sarà, la fiducia in Dio rimarrà incrollabile? Saremo disposti ad accogliere qualsiasi cosa dalla Sua mano? Saremo ancora capaci di dire «Sia fatta la tua volontà!», anche nella «notte più scura», «allorché la luce divina non brilla più e la voce del Signore tace»? I misteri del cristianesimo sono un tutto indivisibile. Chi ne approfondisce uno, finisce per toccare tutti gli altri – scrive la Stein. Sullo splendore luminoso che irradia dalla mangiatoia cade l’ombra della croce. La Luce della notte santa si spegne nell’oscurità del venerdì santo, ma torna a brillare più luminosa la mattina della resurrezione. Il Figlio incarnato di Dio perviene, attraverso la croce e la passione, alla gloria della Resurrezione. Così ogni uomo deve soffrire e morire. Ma se egli è un membro vivo del corpo di Cristo, la sua sofferenza e la sua morte diventano, grazie alla divinità del capo, redentrici: «Ognuno di noi, tutta l’umanità perverrà con il figlio dell’uomo, attraverso la sofferenza e la morte, alla medesima gloria». E Il Salvatore, ben sapendo che siamo uomini quotidianamente alle prese con le nostre debolezze, viene in aiuto della nostra umanità con quelli che la Stein chiama i «mezzi della salvezza»: «essere ogni giorno in relazione con Dio» attraverso l’ascolto della Parola, la preghiera liturgica ed interiore, la vita sacramentale. Ma è soprattutto al «Salvatore eucaristico» che dobbiamo fare spazio, affinché possiamo trasformare la nostra vita nella sua. Come il corpo terreno ha bisogno del pane quotidiano, così anche la vita divina aspira in noi ad essere continuamente alimentata: «Chi lo fa veramente il suo pane quotidiano, in lui si compie quotidianamente il mistero del Natale, l’incarnazione del Verbo». E questa è indubbiamente la via più sicura per conservare ininterrottamente l’unione con Dio e radicarsi ogni giorno sempre più saldamente e profondamente nel corpo mistico di Cristo.

Sono venti pagine di meditazione sul Natale, quelle scritte dalla Stein, fittissime e densissime. Per ricordare che i misteri del cristianesimo sono un tutto indivisibile, perché sono tutti misteri portatori di salvezza. Incarnazione, Croce e Resurrezione sono inseparabili. Solo perché veramente il Figlio, e in Lui Dio stesso, «si è fatto carne», Egli ha potuto morire e risorgere, quindi strapparci dalla morte e consegnarci ad un futuro in cui questa “carne”, la nostra esistenza terrena, entrerà nell’eternità del Regno di Dio. Celebriamo il Natale come l’invito a lasciarci trasformare da Colui che è entrato nella nostra carne, che si è congiunto a noi e ha congiunto noi a sé, per penetrare di vita divina tutta la vita umana. Il mistero della notte di Natale ci ricordi che con l’Incarnazione avviene qualcosa di straordinario: la carne diventa lo strumento della salvezza. «Verbum caro factum est» il Verbo si fece carne, scrive l’evangelista Giovanni e un autore cristiano de III secolo, Tertulliano, afferma: «Caro salutis est cardo», la carne è il cardine della salvezza. «Infatti se l’anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile! La carne vien battezzata, perché l’anima venga mondata; la carne viene unta, perché l’anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché l’anima ne sia difesa; la carne viene coperta dall’imposizione delle mani, perché l’anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l’anima si sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che son state unite nelle opere». (De carnis resurrectione, 8, 3: PL 2, 806).

fonte> LaPorzione.it

 

* Edith Stein, Il mistero del Natale, trad. italiana di Carlo Danna, Editrice Queriniana, Brescia 1989, 2013 (decima edizione).

* Immagine: Icona Natività, Andrej Rublev, Mosca – Galleria Tret’jakov.  In alcune icone della Natività, nella tradizione orientale, Gesù Bambino viene rappresentato avvolto in fasce  bianche e deposto in una mangiatoia che ha la forma di un sepolcro; un’allusione al momento in cui Egli verrà deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo e messo in un sepolcro scavato nella roccia (cfr Lc 2, 7; 23, 53).

35 pensieri su “Edith Stein e il mistero del Natale

  1. Giusi

    «Caro salutis est cardo», la carne è il cardine della salvezza. «Infatti se l’anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile! La carne vien battezzata, perché l’anima venga mondata; la carne viene unta, perché l’anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché l’anima ne sia difesa; la carne viene coperta dall’imposizione delle mani, perché l’anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l’anima si sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che son state unite nelle opere». (De carnis resurrectione, 8, 3: PL 2, 806).

    Che bello! La grandezza del corpo nella nostra grande unica religione. Mi piacciono tantissimo i tuoi post Claudia! Sono veramente profondi, complimenti! Leggendo queste parole non ho potuto fare a meno di pensare, come contrasto, a una notizia che ho letto oggi:

    http://www.repubblica.it/cronaca/2013/12/19/news/ceneri_del_figlio_trasformate_in_diamante-74043329/

    Che squallore! Io sono sempre stata contraria alla cremazione perchè banalizza il mistero della morte, nei funerali la salma viene portata via in tutta fretta come una cosa immonda da bruciare al più presto, è implicita in essa una forma di disprezzo per il culto dei morti (pregare sulla tomba, portare un fiore) quando non si arriva a quei veri e propri sacrilegi di tenere le ceneri in casa o disperderle in mare. Mancava ricavarne un anello. Grazie per averci ricordato la sacralità della carne, del corpo che un giorno diventerà il corpo glorioso.

    1. Claudia Mancini

      Grazie Giusi, gentilissima. Non sono molto oggettiva su Edith Stein, da lei sono travolta. Tuttavia, credo sia giusto dire che questa riflessione sul Natale abbia valore proprio per il suo ampio respiro. La capacità di unire la logica della incarnazione e della redenzione: da Betlemme al Golgota, dal bene al male, dall’anima alla carne. Trova sia impostante riappropriarsi di questa visione unitaria di tutti i misteri del cristianesimo, tutti contemplati nell’unità del mistero della salvezza.

      Colgo l’occasione per lasciare i miei più cari auguri a tutti voi per un Santo Natale. Grazie per l’ospitalità, di cuore.

  2. 61Angeloextralarge

    Cosa dice attualmente la Chiesa sulla cremazione:
    La Chiesa si è sempre studiata di inculcare la inumazione dei cadaveri, sia circondando tale atto con riti destinati a metterne in risalto il significato simbolico e religioso, sia comminando pene canoniche contro coloro che agissero contro una cosí salutare prassi; e ciò specialmente quando l’opposizione nasceva da animo avverso ai costumi cristiani ed alle tradizioni ecclesiastiche, fomentata dallo spirito settario di chi si proponeva di sostituire alla inumazione la cremazione in segno di violenta negazione dei dogmi cristiani e specificatamente della risurrezione dei morti e della immortalità dell’anima. Tale proposito era evidentemente un fatto soggettivo, sorto nell’animo dei fautori della cremazione e non oggettivamente inseparabile dalla cremazione stessa; di fatto l’abbruciamento del cadavere, come non tocca l’anima, e non impedisce all’onnipotenza divina di ricostruire il corpo, così non contiene, in sé e per sé, l’oggettiva negazione di quei dogmi.
    Non si tratta, quindi, di cosa intrinsecamente cattiva o di per sé contraria alla religione cristiana. E ciò fu sempre sentito dalla Chiesa, come risulta dal fatto che, in date circostanze, e cioè quando risultava che la cremazione del cadavere era chiesta con animo onesto e per gravi cause, specialmente di ordine pubblico, essa soleva permettere la cremazione. Tale migliorato mutamento di animo, congiunto al piú frequente ripetersi di circostanze che ostacolano la inumazione, spiega come in questi ultimi tempi siano state dirette alla Santa Sede insistenti preghiere perché sia mitigata la disciplina ecclesiastica relativa alla cremazione, oggi spesso richiesta, non certo per odio contro la Chiesa o contro le usanze cristiane, ma solo per ragioni igieniche, economiche o di altro genere, di ordine pubblico o privato.
    La santa madre Chiesa, attenta direttamente al bene spirituale dei fedeli, ma non ignara delle altre necessità, decide di ascoltare benignamente queste richieste, stabilendo quanto segue:
    1. Deve essere usata ogni cura perché sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli; perciò gli Ordinari con opportune istruzioni ed ammonimenti cureranno che il popolo cristiano rifugga dalla cremazione dei cadaveri, e non receda, se non in casi di vera necessità, dall’uso della inumazione, che la Chiesa sempre ritenne e adornò di solenni riti.
    2. Tuttavia, per non accrescere le difficoltà di ogni sorta e per non moltiplicare i casi di dispensa dalle leggi vigenti, è sembrato conveniente apportare qualche mitigazione alle disposizioni del diritto canonico, così che quanto è stabilito nel can. 1203, pp. 2 (vietata esecuzione del mandato di cremazione) e nel can. 1240, pp. 1, n. 5 (diniego di sepoltura ecclesiastica a chi ha chiesto la cremazione) non sia più da osservarsi in tutti i casi ma solo quando consti che la cremazione sia voluta come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa.
    3. Ne segue che a chi abbia chiesto la cremazione del proprio cadavere non dovranno essere negati, per questo motivo, i Sacramenti ed i Pubblici Suffragi, a meno che consti avere egli fatto tale richiesta per i motivi sopra indicati, ostili alla vita cristiana.
    4. Per non indebolire l’attaccamento del popolo cristiano alla tradizione ecclesiastica e per mostrare l’avversione della Chiesa alla cremazione, i riti della sepoltura ecclesiastica ed i susseguenti suffragi non si celebreranno mai nel luogo ove avviene la cremazione e neppure vi si accompagnerà il cadavere.
    Gli em.mi padri preposti alla difesa della fede e dei costumi hanno riveduto questa Istruzione l’8 maggio 1963; e il Papa Paolo VI si è degnato di approvarla nell’udienza concessa all’em.mo segretario del Sant’Offizio il 5 luglio dello stesso anno.

    Sacra Congregazione del Santo Ufficio
    Sebastiano Masala, Notaro

    Dal Rito delle esequie, 15:
    A coloro che avessero scelto la cremazione del loro cadavere si può concedere il rito delle esequie cristiane, a meno che la loro scelta non risulti dettata da motivazioni contrarie alla dottrina cristiana: tutto questo, in base a quanto stabilito dall’Istruzione della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, De cadaverum crematione, in data 8 maggio 1963, nn. 2-33.
    Le Esequie siano celebrate secondo il tipo in uso nella regione, in modo però che non ne resti offuscata la preferenza della Chiesa per la sepoltura dei corpi, come il Signore stesso volle essere sepolto, e sia evitato il pericolo di ammirazione o di scandalo da parte dei fedeli.
    In questo caso, i riti previsti nella cappella del cimitero o presso la tomba si possono fare nella stessa sala crematoria, cercando di evitare con la debita prudenza ogni pericolo di scandalo o di indifferentismo religioso.

    1. 61Angeloextralarge

      Giusi: anche io sono contraria. Purtroppo in famiglia c’è chi ha lasciato detto già di farsi cremare e la cosa, pensando a quel momento, mi da il voltastomaco.

  3. 61Angeloextralarge

    OT ma urgente: Francesca è una mamma di 34 anni, con un tumore al seno, in stato già avanzato. Grazie per le preghiere!

  4. Rosanna

    Certo caro controllore che uno può scrivere “che la cremazione e’ una forma di disprezzo per il culto dei morti ” oppure che solo al pensiero ha ” il voltastomaco ” e anche che è’ un “un procedimento squallido” senza il minimo rispetto di chi ha fatto questa scelta nei termini e nelle regole che la Chiesa ha stabilito.
    E se io chiedo che , oltre a pregare che il Bambino ci renda bambini, preghiamo perché questo Natale ci renda più tolleranti vengo censurata.

    1. Giusi

      E’ ricomparsa l’ossessionata dalle mie parole. Io la penso esattamente come ho scritto e lo ripeto. Tra l’altro leggi bene quello che dice la Chiesa:

      “Dal Rito delle esequie, 15:
      A coloro che avessero scelto la cremazione del loro cadavere si può concedere il rito delle esequie cristiane, a meno che la loro scelta non risulti dettata da motivazioni contrarie alla dottrina cristiana: tutto questo, in base a quanto stabilito dall’Istruzione della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, De cadaverum crematione, in data 8 maggio 1963, nn. 2-33.
      Le Esequie siano celebrate secondo il tipo in uso nella regione, in modo però che non ne resti offuscata la preferenza della Chiesa per la sepoltura dei corpi, come il Signore stesso volle essere sepolto, e sia evitato il pericolo di ammirazione o di scandalo da parte dei fedeli.
      In questo caso, i riti previsti nella cappella del cimitero o presso la tomba si possono fare nella stessa sala crematoria, cercando di evitare con la debita prudenza ogni pericolo di scandalo o di indifferentismo religio

    2. 61Angeloextralarge

      Rosanna: mi pare che in fatto di intolleranza non scherzi nemmeno tu. Entri in un modo un po’ frettoloso in un discorso tra me e Giusi e proprio nella fretta giudichi e condanni gli altri… li etichetti. Bell’esempio di tolleranza…
      Se dire che mi da il voltastomaco vuol dire non essere tolleranti, mi dispiace per te ma non hai capito il senso del mio voltastomaco. Per me è una sofferenza, non una critica verso la mia familiare che ha fatto questa scelta. E’ il mio volerle bene che fa sì che io provi il voltastomaco, soprattutto perché lei non vuol farlo con le motivazioni che la Chiesa dice. Se lei lo facesse con le giuste motivazioni, non avrei nessun dispiacere. Non le ho mai detto nulla, né mai aprirò bocca im nerito: è sufficiente come tolleranza? Non fermarti all’apparenza degli scriti: prima chiedi. Chiedi a chi ha lasciato il commento il perché delle sue parole. Oh, se ti offendi per questa mia risposta mi dispiace, ma hai toccato un tasto che per me, ripeto, è doloroso… e lo hai toccato in un modo non molto piacevole.
      E comunque la Chiesa preferisce la tumulazione.

      1. Giusi

        Angela lasciala perdere, quella ha una sindrome: quando legge me, vede rosso. E’ un copione: scrive, poi se la prende con Admin perchè secondo lei non la pubblica. Se non fossi tollerante non sarei andata a funerali di mamme di mie amiche cremate.

        1. Suvvia Giusi… non buttare benzina sul fuoco.
          Se non ti conoscessi un pochino meglio (un pochino) anche a me daresti ogni tanto la reazione dell’ortica… 😉
          Poi che se tollerante perché vai ai funerali ecc. ecc. chi po’ saperlo?
          Le tue prime affermazioni sul tema non è che facevano presagire buoni propositi…

          Oh, è Natale, mica potevo esimermi… 😀

          1. Giusi

            Le prime e pure le ultime. La penso così e ho potuto verificare che le persone che fanno cremare i lori cari non vanno nemmeno al cimitero il giorno dei morti, non gli fanno dire messe in suffragio e non pregano per le Anime Sante del Purgatorio.

            1. Può essere.
              Siamo sempre lì, possono non avere formazione, fede, sensibilità…
              Poi non significa che non pensino ai loro cari.
              Io, ad esempio per anni non ho fatto visita alla tomba di mio padre, ma perché l’ho sempre sentito vivo nel mio cuore e presente anche in quello che sono.

              Che voglia mo fa’? Li, ci, vi scomunichiamo?! 😉

              1. Giusi

                Si parlava del valore del corpo per la nostra religione, ho espresso il mio pensiero, intolleranza è definirmi intollerante

            2. 61Angeloextralarge

              Giusi: è morta da circa un mese, dopo una breve ma dolorosissima malattia, una donna che per me rappresentava molto. Era uno degli ultimi personaggi legati alla figura di mio padre. Ho fatto di tutto perché riuscisse in qualche modo a ricevere i conforti religiosi. Non sono riuscita nel mio intento ma ho pregato tanto. Quando ho letto nel manifesto funebre: “Munita dai conforti religiosi…” ho sussultato di gioia: il Signore aveva trovato altre vie.. Beh, ero pronta ad andare al cimitero per “trovarla”. E’ stata fatta cremare e adesso è in una urna a casa dell’ex marito, uomo dal quale si era separata perché violento e dedito all’alcool. Mi è sembrata un po’ una beffa: dopo averla maltrattata tutta la vita, adesso l’ha voluta vicina. Ma io ed altri che in un certo qual modo le siamo stati vicini quando lui la picchiava… siamo tagliati fuori dal visitarla”. E’ molto triste, anche se so che lei, ora, è con mio padre e gli altri loro amici… Mi piace pensare che giochino a carte e si facciano un goccetto senza malizia. Lo so che il Paradiso non è così, ma a mio padre sarebbe piaciuto e anche a lei e agli altri.

              1. Si Angela è molto triste, ma certo è che nulla adesso la può toccare, né cambia molto che il suo corpo riposi in terra o in un’urna….

                Mettiamola così: speriamo che l’urna che il marito conserva in casa gli sia di monito e di ricordo dell’amore ricevuto da colei che è stata sua sposa e che procuri anche i giusti rimorsi che lo chiamino a giusta richiesta di perdono a Dio (per lo meno stando a quanto racconti).

                1. 61Angeloextralarge

                  Mario: ho romanzato un po’ la storia, rispetto alla realtà molto più dura. Sapessi che sofferenze tutta la vita! La suocera l’aveva messa in mezzo ad una strada con una bimba di pochi mesi. Si era tenuta solo il “diletto figlio”… Per campare alla meno peggio lei, per anni, ha fatto “il muratore”. Piccola e gracile di fisico.

          1. sweety

            Anche a casa mia i nonni – credenti e rispettosi di tutte le leggi della Chiesa – si sono fatti cremare e per me è un grande doloro sentire definire questo un “procedimento squallido” o “da voltastomaco”.
            Che vogliamo fare…io so quanto amore di Dio avessero i nonni e tanto mi basta.
            Mio nonno (l’ altro, però, non quello che si è fatto cremare), tra l’altro, non avrebbe mai pronunciato parole simili, per esempio, mi ha sempre insegnato che il rispetto e l’amore per il prossimo, anche quello che magari ferisci attraverso parole sconsiderate, sono la cosa più importante (dopo l’amore di Dio, ovvio).
            Perciò io ti direi di lasciar perdere, perché se uno sta appresso a tutte le critiche che sente su Internet, anche dette da cattolici e perciò motivo di scandalo perde davvero il senno e si espone a peggiori rischi di imitare le critiche e finire in una spirale di insulti reciproci.

            1. Giusi

              Io non ho detto che considero squallide le persone che si fanno cremare tanto è vero che sono andata pure al loro funerale, considero squallido il procedimento perchè penso a Nostro Signore Gesù Cristo, alla Sindone, al Suo Corpo piagato nel sepolcro e poi al suo Corpo Glorioso Risorto e non vedo alcuna relazione con la cremazione. Questo mio pensiero l’ho potutuo esprimere tranquillamente anche con i figli dei cremati senza che nessuno si offendesse. Angela ha poi chiarito il contesto all’interno del quale le viene il voltastomaco. Io non ho insultato nessuno, Ho espresso solo il mio pensiero che ribadisco.

              1. @Giusi come spesso accade poi ci si attorciglia sugli specifici termini usati…
                ma permettimi di evidenziare che scrivere: “Che squallore! …….., è implicita in essa una forma di disprezzo per il culto dei morti (pregare sulla tomba, portare un fiore) quando non si arriva a quei veri e propri sacrilegi di tenere le ceneri in casa o disperderle in mare. Mancava ricavarne un anello.”

                E’ un’affermazione forte (direi eccessiva…), univoca “… è implicita, ecc” (chi l’ha detto?) e che susciterebbe tua uguale reazione se fosse rivolta, implicitamente, ad una qualunque prassi tu seguissi (su questo o altro tema…).

                Poi, lo pensi, lo affermi, lo vuoi ribadire? Padronissima, ma una piccola autocritica ci starebbe… sai che ti stimo, ma spesso utilizzi “l’alzo zero” per le tue bordate 😉
                Non penso che tu ti sia rivolta “ai figli dei cremati” (orrida esperessione, ma per capirsi) apostrofandoli con un: “che squallore!”…

                1. Giusi

                  Si si gli ho detto proprio così! La penso così: che devo fare? Mi devo sparare? Per me il culto dei morti è sacro! E quello, a mio avviso, non è culto! Io non seguo una qualunque prassi, seguo quella che si è sempre seguita!

                  1. Va bene Giusi… ti sfugge il punto, che non è come la pensi, né tanto meno la “prassi” del culto dei morti che segui… (che peraltro è lo stesso che seguo io).
                    Fa lo stesso…

                    Buona Viglilia e Buon Natale. 😉

                    1. Giusi

                      Ma l’articolo dell’anello l’hai letto? Ma è così difficile capire che è una china discendente: che si comincia dalla cremazione e si arriva (anzi si è arrivati!) all’urna in casa (questo è peraltro vietatissimo dalla Chiesa!) e alla dispersione delle ceneri in mare (altrettanto vietato!) e all’anello! E’ rispetto per il corpo questo? E’ riconoscerne la sacralità? Che scuse devo chiedere? Di pensarla così? La penso così! Se mi devo autocriticare mi autocritico ma su questo no, sarei ipocrita, ecco sicuramente ho sbagliato a dire “quella” di Rosanna, di questo mi scuso.

                    2. Si Giusi ho letto e non è che il mio pensiero si discosti da quanto scritto…
                      Ma il problema è – anche – quello dato da “chi tiene le redini e dà le disposizioni per tutto ciò che riguarda la sepoltura, annessi e connnessi?”
                      Direi di averne accennato nel mio commento più sotto – che non mi pare abbia avuto grande eco (mica che sia un problema…) .
                      Ancora una volta dalle “amministrazioni” che ben poco si preoccupano di Segni e Senso Religioso… questo certo non aiuta, anzi si potrebbe dire che le “aperture” della Chiesa su questo tema ( o se vogliamo minor “rigidità”) sembrano “arrendersi” alla “china discendente” che denunci.

  5. Sul tema “cremazione si” – “cremazione no” vanno tenute presenti, oltre tutte le indicazioni della Chiesa, già ben riportate da Angela in prima battuta, che valgono prima di tutto per i credenti e che sono (come per altri argomenti) un invito e una prudenza volta a preservare i significati ultimi che possono essere sviliti o svuotati da prassi che eliminano i simboli che a questi significati rimandano (potremmo anche citare lo spostamento dei cimiteri fuori dalle mura cittadine ancorché lontani dalle chiese stesse), vanno tenute presenti dicevo, le disposizioni che in molti Comuni d’Italia spingono e incoraggiano (anche sotto forma di contributi economici) la pratica della cremazione.

    Non starò qui a fare un possibile analisi dai motivi… alcuni potrebbero avere un senso (molto laico ovviamente) alcuni sono di carattere prettamente, squisitamente economico, ma certamente inducono i più a optare per questa scelta. Persone che magari anche con un radicata fede, non attribuiscono la necessaria importanza alla pratica dell’inumazione (e questa non vuole essere un accusa), anzi proprio perché certi della resurrezione dei corpi, non vedono questa “differenza”, che di fatto non esisterebbe se, ad esempio, il corpo di un nostro caro fosse “irrecuperabile” per cause accidentali.

    Quindi ancora una volta, ciò che fa la differenza, è la disposizione dei cuori, il senso che si dà alle cose, le cosiddette “intenzioni”, che certo possono essere in taluni casi, correttamente aiutate a fare un discernimento, ma altrettanto non possono essere bollate come riprovevoli da taluni (salvo la libertà di ognuno di esprimersi come meglio crede e farsi carico di ciò che afferma).

    Personalmente (a chi interessa) propendo certamente per l’inumazione, avere una tomba che sia “segno”, anche come “arte funeraria” (a chi interessa ne parlo qui: http://wp.me/p20fJu-mu e qui: http://wp.me/p20fJu-nt ), e un suo “spazio” fisico, che consenta un minimo di raccoglimento privato. Ma anche su questo oggi o si stanziano somme non certo alla portata di tutti, o si finisce, in tempi sempre più brevi – un tempo passavano 30/50 anni, oggi anche solo 10 – in un mini-loculo “di massa”, dove a stento c’è posto per un fiore e se non vuoi salire una scaletta di ferro, mono-posto a 2 metri di altezza, devi… pagare (molto semplice, più paghi, più ti “guadagni un posto ad altezza d’occhi).
    E’ l’industria del “caro estinto! 😐 (con buona pace dei segni e dei simboli…)

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