Un bambino alla volta

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Ecco una delle storie che Paola Bonzi prima vive, e poi racconta nel suo blog (  paolabonzi.it ). Il “suo” Centro Aiuto alla Vita della Mangiagalli di Milano, dopo avere aiutato migliaia di bambini a evitare la morte che sembrava decisa dai loro genitori, è rimasto sena fondi. Paola non si dà pace per questa impossibilità di strappare alla morte altri bambini, e chiede a tutti noi di fare qualcosa, se possiamo. Oppure di passare parola.

15 gennaio 2013

“Non so come chiedertelo – dice Antonella affranta – si è presentata una giovane coppia, Marta e Luca, inviati dall’ospedale s. Paolo perché avendo chiesto di abortire, hanno infatti il certificato in mano, non sembravano convinti.”

“Coraggio, qual è il problema?”

Antonella racconta: “Sono molto giovani, entrambi di 23 anni, entrambi di altra nazionalità senza permesso di soggiorno ed entrambi disoccupati. Luca abita con alcuni parenti e non deve pagare l’affitto ma Marta dorme in un posto-letto che costa 230 euro al mese. Non hanno un soldo!”

Eccoci di nuovo!

“Tu che progetto hai fatto Antonella!” domando come sempre impreparata davanti a queste situazioni quasi assurde.

” Come al solito: la borsa della spesa, le visite con la dottoressa Mondina, il corredino, il passeggino e i pannolini fino all’anno del bambino.”

“Il fatto è – aggiunge con un po’ di affanno – che mi hanno fatto una gran pena e mi è sembrato che tutto ciò non bastasse; non ti viene in mente qualcosa d’altro!”

“Mi viene in mente che dovremmo offrire tante altre cose che non abbiamo i soldi per fare!”

Restiamo in silenzio per qualche attimo; poi soggiungo:

” Senti un po’, vuoi che facciamo il solito salto nel buio, per i tuoi protetti!”

L’intenzione di Antonella è chiarissima e contagiosa:

“Ma ti sembra che la loro relazione sia buona e che abbiano intenzioni serie?”

“Credo proprio di sì, se solo potessimo aiutarli con il sussidio della regione… ma non hanno il permesso di soggiorno, anzi, per la verità, non hanno proprio niente.”

Il foglio della prenotazione per interrompere la gravidanza si materializza davanti al mio naso anche se siamo solo al telefono.

“Va bene, ho capito. Rassicuriamoli, che il posto-letto lo pagheremo noi, sperando di farcela. Facciamo una bella domanda a ‘Progetto Gemma’ augurandoci che l’accettino, e mandiamoli subito da Gabriele in amministrazione perché possano avere il primo dei diciotto sussidi.”

Antonella, tutta felice, torna nella stanza dei colloqui dove aveva lasciato la coppia per venire a telefonarmi; mi richiama quasi subito: “Sono con loro e ho comunicato ciò che abbiamo deciso; Marta ti vorrebbe parlare.”

Il “pronto” che mi arriva, è di una giovane voce rotta dal pianto e il suo “grazie” vuol dire che un altro bambino nascerà!

fonte:  http://www.paolabonzi.it/

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6 pensieri su “Un bambino alla volta

  1. rossana

    il più grande spettacolo….sono tutti quei ragazzi a cui è stato consentito di venire alla luce….lasciamoli nascere!!!

  2. Lalla

    “…inviati dall’ospedale s. Paolo perché avendo chiesto di abortire, hanno infatti il certificato in mano, non sembravano convinti.”
    Vorrei solo sottolineare questo: qualcuno ha guardato, qualcuno si è accorto, qualcuno ha dato un consiglio, qualcuno ha ascoltato, qualcuno ha offerto dell’aiuto. Un bambino nasce.
    Abortirlo non era un fatto ineluttabile, non era una necessità insormontabile, non era nemmeno una decisione presa, men che meno un “diritto”. Però servivano quei cinque semplici passaggi.

  3. La Nuova Bussola:
    “…nell’attuale situazione italiana: in linea di principio nulla osta a un impegno nella Lista Monti o nell’alleanza Pdl-Lega, che lasciano libertà di coscienza. Problemi grossi ci sono invece per il Pd, perché questo partito nega programmaticamente – e non soltanto in qualche suo rappresentante – i princìpi non negoziabili. Se nella nostra cultura non è stato ancora abolito il principio di non contraddizione, allora è incompatibile affermare il diritto alla vita e militare in un partito che considera l’aborto una conquista civile; è inconcepibile affermare che la famiglia è solo quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna e poi fare campagna elettorale per chi sostiene il riconoscimento dei matrimoni gay. Nulla vieta che una volta in Parlamento si possa collaborare su tante materie, ma è cosa ben diversa dall’adesione a un programma.”

  4. Elisabetta

    Da romana vorrei che qualcuno mi spiegasse, se lo sa, come e’ possibile che proprio in Lombardia la Sanita’, di cui si dice sia piena di ciellini, non trovi i soldi per finanziare i CAV. Non capisco, lo trovo davvero paradossale.

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