La vita è difficile

di Costanza Miriano

Il giorno dei santi – ero in ritardissimo uscendo dal lavoro, dovevo dare il cambio coi bambini a mio marito (festa, niente scuola, niente tata) – mi sono fiondata carica delle mie solite otto borse (bene essere pronte in caso di rapimento alieno) al parcheggione della Rai. Tutta sudata l’ho percorso in lungo e in largo due o tre volte con le chiavi del catorcio in mano, centocinquantotto pulsazioni al minuto, chiedendomi affranta chi mai avesse potuto rubare la mia macchina da senza tetto, impresentabile e piena di avanzi, prima di ricordarmi che per un rarissimo colpo di fortuna avevo trovato invece posto nel parcheggio più vicino, quello davanti al cancello (credo che ci sia gente che ci dorme per non abbandonare la piazzola). Ho cercato un lato positivo, nella mia inutile corsa con i tacchi, carica come un cammello. L’ho cercato ma non so. Forse l’esercizio fisico mi avrà apportato un grande beneficio cardiocircolatorio. Forse per questo avrò allungato la mia esistenza di due decimi di secondo (e probabilmente li utilizzerò per fare uno starnuto).

Il fatto è che la vita anche quando ci va tutto ma proprio tutto benissimo, è comunque piena di complicazioni. Minimo minimo di fatica. Io cerco di spiegarlo ai miei figli. Gliel’ho detto anche quella stessa sera, quando mi ha accolto una standing ovation a tavola. Avevo portato un uovo alla coque quasi commestibile. Quello prima era sodo. Quello prima ancora liquido. La realtà è che a casa mia basta portare a tavola qualcosa di presentabile per ricevere applausi.

Oltre ad essere abituati a un livello di cibo appena decente, i ragazzi mi vogliono bene, e sono piuttosto benevoli nei confronti dei miei difetti. Sanno che cucino mentre visito (sono Barbie dottoressa col mio folendoscopio losa fuxiam), mentre faccio domande a trabocchetto sulla lunghezza della Mosella (fiume forse mai sentito nominare prima di avere un figlio alle medie), mentre sostengo conversazioni di buon vicinato sul clima dal balcone con la signora detta Daddà, la vecchietta del secondo piano del palazzo di fronte.

Non contenta di ammannire menù pietosi, somministro ai miei poveri pargoli preziose riflessioni di elevata portata morale. Tanto loro non ascoltano, impegnati come sono a infilare dita nelle uova, chiedere “posso alzarmi?”, parlare tutti insieme e trovare astuti nascondigli per i pezzi di zucchina (sono allergici alle vitamine), occultandoli dentro tovaglioli o facendoli scivolare elegantemente sotto la sedia.

“La vita è difficile, bambini; è per questo che fare l’uovo alla coque non è semplice come sembra” ho detto l’altra sera, nel goffo tentativo di rivendermi l’omelia che padre Emidio aveva appunto fatto la mattina per la festa di tutti i santi.

Una volta uno psichiatra americano – ci ha raccontato in chiesa – stufo di pelare soldi inutilmente ai suoi pazienti, ha scritto un libro, esordendo proprio così. La vita è difficile. Molti dei nostri problemi nascono proprio nel momento in cui cerchiamo dimenticare questa semplice realtà. Ero troppo lontana (mi metto all’ultima panca per evitare che si noti il mio ritardo) per sentire il nome dello psichiatra, ma il concetto mi è arrivato benissimo. Anche perché ricordo bene la fase della mia vita in cui mi sono trovata con stupore a fare i conti con questa realtà: la vita è difficile. E da allora ho cominciato a ingranare, a convertirmi – strada lunga e tortuosa, ma è già tanto imboccarla.

Questa consapevolezza che appunto, lo ripetiamo, tante volte non fosse arrivato, la vita è difficile, manca a molti degli uomini contemporanei. Cresciamo, volenti o nolenti, in un clima culturale di spensieratezza posticcia. E quando le difficoltà arrivano sembrano sempre tragiche, e sempre impreviste, soverchianti, immeritate, ingovernabili. Invece sono parte della vita. Quelle piccole e le grandi.

Secondo padre Emidio è anche per questo che il Vangelo fatica ad arrivare al cuore dell’uomo contemporaneo, perché in molti casi manca l’uomo, e prima di tutto la consapevolezza della durezza della vita, della fatica di portare a casa la pagnotta e pure la pellaccia ogni sera. Ai tempi di Gesù le sue parabole, le sue parole arrivavano più direttamente, perché la consapevolezza della fatica della vita, di non dare niente per scontato, la percezione della incredibile fragilità e la consapevolezza dell’esistenza di Qualcuno di più grande erano nel patrimonio culturale comune.

L’illusione del controllo che per esempio ci danno tecnica e tecnologia è appunto un’illusione, perché il male c’è e agisce nelle nostre vite e non lo si può completamente dominare. Le nostre vite sicure sono un’illusione.

Accettare questa realtà significa dire sì alla prima nostra vocazione, quella alla vita, tutta, il pacchetto completo. Poi c’è la vocazione ad essere cristiani, ad accettare che sia Gesù Cristo la nostra via. Infine la terza, la vocazione specifica, quella che impone che a una certa età si cominci in qualche modo concreto a dare la vita, a portare frutto, a diventare dono per i fratelli, a somigliare a Gesù Cristo, ed è questa la santità (sto sempre riassumendo l’omelia di padre Emidio per la festa di tutti i santi): il segno che abbiamo imboccato la strada è che gli altri cominciano a chiederci qual è il nostro pusher, dove troviamo quella roba così buona che ci rende in grado di reggere per noi stessi e per qualcun altro che ci chiede una mano. Si diventa credibili, se si è persone serie, e si convincono gli altri, che in qualche modo cominciano a venirti dietro (non a me, per favore, soprattutto se mi vedete vagare tutta sudata in un parcheggio).

120 pensieri su “La vita è difficile

  1. chiedere “posso alzarmi?”: bambini così beneducati son diventati rari anche nei collegi svizzeri ed a Poggio Imperiale.
    Porca Svizzera alle zucchine

    1. Davvero i piccoli miriano chiedono “posso alzarmi?” prima di alzarsi da tavola?
      In compenso i miei non nascondono le zucchine, ma le mettono nel mio piatto

  2. Erika

    Grazie Costanza per questa riflessione.
    Stavo giusto andando a dormire adombrata dalle valanghe di commissioni e scadenze che mi attendono domani, sentendomi un po’ la sola e unica vittima di un destino avverso…e il tuo post mi ha riportato coi piedi per terra. La vita e’difficile per tutti.E sicuramente per me meno di altri. Quindi la smetto con i piagnucolii infantili: affronterò i miei doveri come meglio potrò. Buonanotte a tutti. 🙂

  3. Già, credo sia per questo che i matrimoni oggi non durano…perchè i novelli sposi, non sono nemmeno lontanamente sfiorati dal pensiero che la vita è difficile, che il matrimonio è “un lavoro” su noi stessi prima che sugli altri, che i figli sono senza istruzioni per l’uso, sono unici, irripetibili, e educarli è l’avventura più affascinante ma più difficile e rischiosa del mondo… e che in fondo noi cresciamo con loro …notte

  4. Cara costanza, una prova di autocritica reciproca:
    Te sai esattamente cosa scriverei se lo scrivessi a proposito del tuo post.
    Io, da parte mia, immagino esattamente cosa te risponderesti.
    Allora la prova è questa: io autocriticandomi a-priori non scrivo nulla…
    E te?

    1. beh, non scrive nulla anche lei, no? 😀 Così siete pari… 😉
      Che risata mi hai fatto fare, Alvi’! Grazie: un vero “bentornato”!

  5. nonpuoiessereserio

    Anch’io come Nerella ho collegato subito questa riflessione ai matrimoni che finiscono e quello che mi sorprende è che ciò avvenga nonostante il pusher sia lo stesso che fornisce me. Allora penso che non basta farsi dare la roba e fumare ma bisogna farlo in stretta compagnia del pusher, guardare come fa Lui, affinare la tecnica e magari farsi aiutare anche da sua madre.

  6. Miriam

    Anch’io oggi ho la mia dose di “vita difficile”. Ed ero più incline al mugugno: mi era presa così, mentre altre volte riesco al rivolgermi al Padre, offrendo e ricordando nostro Signore. Ebbene, è arrivata la dolce sferzata di Costanza, che mi dice: ce ti credevi? Eppure avresti dovuto saperlo! E sono tornata nella dimensione giusta…. Abbiamo sempre bisogno di soccorso per la nostra umanità… il bello è che arriva sempre 🙂

  7. Sybille

    E’ proprio vero, la vita è dura e difficile, ci mette davanti a scelte e decisioni impegnative. E menomale perché è in questi momenti che uno si chiede cosa sia giusto e fa i conti con la propria coscienza.
    Vedo tanti genitori che non fanno altro che ammorbidire e facilitare la vita dei loro pargoli ormai ultraventenni anche negli aspetti più minuti della vita quotidiana (ne conoscono uno che alla richiesta della madre di andare a buttare l’immondizia ha risposto candido, ma non so dove sia il bidone), ma senz’altro così non gli fanno un bel regalo. Viaggio per lavoro e ho visto loro coetanei cinesi ed indiani (so che può essere inteso come un luogo comune ma è così) impegnarsi e sacrificarsi veramente, la differenza è abissale.

    1. nonpuoiessereserio

      E’ stravero quello che dici. I nostri figli tendono a crescere in mondi ovattati, fatti di piumini, di sky, di i-phone, poi si beccano un malanno appena prendono una sferzata di aria fredda oppure cedono facilmente alle lusinghe alternative, alle scorciatoie, alle illusioni e si lasciano trasportare salendo sempre sulla carrozza più comoda.

        1. e se invece di preparare i figli per la strada li aiutassimo ad alzare lo sguardo e guardare le stelle?
          Che possiamo saperne noi di quali strade percorreranno loro?

          caminante no hay camino, se hace camino al andar
          (lo so, già l’ho citata,ma mi piace un sacco)

          1. Sybille

            Non so quali strade percorrerà il mio ometto, ma se non altro provo a spiegargli come si cammina. E a tenere un occhio sulla strada e uno alle stelle, le difficoltà della vita di tutti i giorni non devono farci dimenticare aspettative, ideali, valori.

            1. ecco appunto: quando insegni al tuo ometto a camminare come fai? Non gli spieghi come mettere un piede dopo l’altro, ma stando alla giusta distanza lo inviti a raggiungerti, e lui da solo pian piano si lascia per correre tra le tue braccia. E’ lui che scopre i passi, tu gli indichi il fine (e magari gli dici di fare attenzione agli ostacoli più pericolosi che può trovare lungo il suo percorso

          2. che fai contenti ad Alvise la palma per “prendo un pensiero e te lo distorco facendo finta di non capire e ne tiro fuori il peggio manipolando le intenzioni”?

            perché al tuo spagnolo potrei rispondere con:
            nessun vento è buono per il navigante che non sa dove andare…

            1. proprio per questo è importante guardare le stelle: sono loro che indicano il cammino 🙂
              sono un po’ refrattaria alle strade segnate, Paolo: è un mio limite, lo riconosco,preferisco andar per mare che per sentieri di montagna. Ma il tuo pensiero era bello, non volevo manipolare nulla, solo provare a puntare più in alto 😉
              L’educazione alla libertà è qualcosa di difficile e appassionante

          3. Velenia

            Un giovane scrittore italiano, nei ringraziamenti per il suo primo romanzo, ha scritto che i suoi genitori gli hanno insegnato a guardare il Cielo con i piedi per terra.
            Una delle mie più grandi aspirazioni è che i miei figli,un giorno,dicano lo stesso.

          1. Giusto per fare le punte alle matite, per mettere dritti gli aghi e dividere le graffette per dimensione: preparare i figli per ls strada vuol proprio dire fargli guardare altro che la sola strada, far guardare loro il cielo e quel punto dove si congiunge alla loro vita così da dargli non un cammino, ma una destinazione, quella dove ci auguriamo di trovarci tutti insieme un giorno.
            E, no, non è la pagina web del blog di Costanza, anche se spero gli assomigli….

            Sì, la vita è dura, difficile: per questo forse è così bella.
            Avete scritto tutte cose sublimi.
            Beh, quasi tutti… ;-))))) (ironia affettuosa)

            1. Lo conosco, e quando non era ancora LO SCRITTORE mi mando la copia staffetta del suo primo libro… a colori… per un parere e per un sostegno.
              Adesso ovviamente sta tre (mila) metri sopra, non per colpa sua si intende, ma per effettiva distanza…
              sic transit gloria mundi…..

  8. Ulteriori complicazioni:
    “Come spiegare la detenzione senza reato, senza sentenza, senza condanna, nei famigerati “Centri di Identificazione”, veri e propri lager che tutte le organizzazioni umanitarie ci rimproverano? Non dimentichiamoci che, in Europa, ci sono cacce aperte agli zingari, cacce sponsorizzate dai governi e sostenute dai cittadini, in Ungheria, Bulgaria, nella Repubblica Ceca. Non dimentichiamoci che i giornali del mondo (New York Times, 28 settembre 2011) danno notizie di “obbligo di lavori forzati per gli zingari”, organizzati in Paesi dell’Ue, nel silenzio quieto di tutti, cominciando dai parlamenti e dalle Chiese.”
    Furio Colombo

    1. vale

      ma chi, l’ex pr della Fiat in USA x Agnelli, ed ex di una banca in paradisi fiscali dei caraibi(in consiglio amministrazione di Overseas union bank di Nassau-dall’84 al ’94,- utilizzata per i fondi neri Fiat e pagamenti ai partiti( copyright Marco Travaglio in “Il Processo” editori riuniti-Roma 1997) e che con lo pseudonimo di marc saudade scriveva romanzi sadopedopornografici?
      il sottoscrittore del manifesto contro il commissarioCalabresi(’71)?
      l’ex beneficato da Craxi e De Michelis per lanomina all’Istituto Italiano di Cultura di New York?
      quel furio colombo?????
      e lo leggi ancora?????

    2. Aaron Rodgers put on another stellar performance, throwing four touchdowns to four different players, as the Packers held on to beat the Chargers.

      Ennesima ottima prestazione del quarterback dei campioni in carica Green Bay Packers.

      Come che c’entra?
      Ha medesime equivicinanza, pertinenza e profondità al/sul tema della citazione di Alvise!

  9. la vita è difficile. porca miseria se lo è! però dobbiamo essere certi di un fatto: Dio mantiene le sue promesse.
    La cosa è positiva, ma noi accogliamo con gioia tutto ciò solo se le Sue promesse sono uguali alle nostre richieste…bella fregatura che ci infliggiamo…

    1. Angela

      Forse perché quando preghiamo cerchiamo di piegare Dio alla nostra volontà e non itendiamo piegarci alla Sua?

  10. Alberto Conti

    “La vita è difficile. Molti dei nostri problemi nascono proprio nel momento in cui cerchiamo dimenticare questa semplice realtà.”

    E soprattutto la nostra massima preoccupazione è trovare di chi è la colpa; ovviamente non sapendocela più prendere con il Padreterno, dobbiamo sempre trovare il colpevole: mi ha fatto specie sentire degli insulti al sindaco di Genova, senza voler ridurre in alcun modo le responsabilità oggettive ma sicuramente non è colpa sua almeno la cementificazione secolare, ma ormai non possiamo più accettare che la vita sia dura nè, tantomeno, che possa finire; un tempo esisteva la coscienza collettiva della fatalità, si era ben consci che prima o poi arrivava la Grande Consolatrice.

    I medici vivono nel timore delle cause per negligenza e si affidano ciecamente ai protocolli intasando di esami inutili i laboratori delle ASL (e prosciugando le risorse), le difficoltà del traffico neve sono dovute all’inefficienza dei mezzi antineve e non al fatto che nevica, si cerca di trovare il colpevole anche per i terremoti indagando la commissioni per la Protezione Civile per un non ben definito mancato allarme; e nel piccolo il colpevole del mio disagio è il marito, la moglie, i figli, il vicino, il passante, il tempo, il non vincere il superenalotto, … mai “la trave nel nostro occhio”.

    Grazie Costanza

  11. giuliana z.

    Riprendo i commenti di Sybille, nonpuoiessereserio e Paolo, che mi sono piaciuti moltissimo!
    Ieri ho scoperto, parlando con un nipote che sta al terzo anno di giurisprudenza, che i genitori dovrebbero comprare abiti di marca ai figli per introdurli in una classe sociale superiore a quella di loro estrazione. La cosa mi ha inquietato non poco. Dal momento che la famiglia di mio nipote è identica alla mia (famiglia monoreddito con papà alle dipendenze statali), allora dovrei crescere i miei figli dicendo loro non che devono studiare e costruirsi il futuro con le loro capacità, ma che queste doti vanno corollate di camicie Ralph Lauren, scarpe Hogan, Iphone eccetera eccetera…. perchè se vogliono stare con amici che contano e magari farsi introdurre in ambienti dove il lavoro sarebbe assicurato (???), devono dimostrare che fanno già parte delle categorie sociali che hanno il soldo facile sganciato dal babbo. Capito come?
    Io mi chiedo davvero che educazione stiamo dando a questi ragazzi…. la vita è difficile, ma se vesti firmato (e il tuo babbo suda 20 ore al giorno, ma nessuno lo deve sapere), allora il piano è leggermente inclinato…..

    1. Angela

      Giuliana! Sono d’accordo con te. Purtroppo il valore odierno è la facciata e non l’interiorità, la capacità, l’onestà, e chi più ne ha più ne metta. Cerchiamo di non perderli questi valori, anche se è dura!

    2. Sybille

      guarda il mio ancora è piccolo, ma già rabbrividisco quando vedo alla scuola materna (e ne vedevo al nido) pupattoli abbigliati con le marche che dici tu. per me è una questione di principio, oltre che economica. Il bello è che tutto il ragionamento di tuo nipote oltre a essere terribile nella sua superficialità è anche smentito dai fatti. Secondo me, se uno è bravo emerge comunque. Almeno questa è l’esperienza che ho avuto io, ho visto tanti colleghi provenire anche da famiglie semplici ed affermarsi come professionisti. Io lo trovo rassicurante in questo mondo di cialtroni e di scansafatiche.

      1. giuliana z.

        ma sai la cosa che mi fa più tristezza? cercarsi gli amici in base all’opportunità, e cucirsi l’abito sulle loro misure pensando che ti accettino per quello. Io è dalle scuole medie che ho imparato a scartare gli amici che mi chiamavano per fare la vasca in centro solo se portavo lo zainetto di marca. Figurati all’università! e poi credo che se hai qualcosa da dire, se sei una persona di sostanza nessuno stia troppo a guardare se hai il vestito firmato. Il decoro nell’abito è importante, ma fermarsi a quello è da mentecatti. E chi si adegua a questo giudizio è un cretino. (e poi se credi di essere qualcuno per il vestito, almeno compralo coi soldi tuoi!)

        1. Sybille

          infatti! una volta la madre di una nostra amica cambiò del tutto attggiamento verso di me quando vide la casa dove vivono i miei genitori (bella casa, quartiere “giusto”). Prima mi trattava con sufficienza perché andavo in giro vestita normale su un motorino scassato..da quel momento ha cominciato ad assillarci a tutti quanti per le più diverse occasioni mondane alle quali nessuno aveva la benché minina intenzione di partecipare..fa ridere, no?

      1. giuliana z.

        chiedo scusa agli utenti di Iphone! ovviamente non ho nulla contro questo gioiellino tecnologico. Mi dispiace però che molti ragazzi ne facciano uno status symbol che li sollevi completamente dalla responsabilità del loro contenuto cerebrale!

        1. Non sono ancora riuscita a dimostrare a me stessa che l’iPad è assolutamente fondamentale per adempiere ai miei doveri di moglie madre e amica (per lavoro il capo mi ha già detto che non è necessario ma ha provato a vendermi il suo iPad 1 per passare al 2).
          Suggerimenti?

            1. iPad ti fa risparmiare tempo, spazio, potenzia le tua capacità multitasking, è sottile e sta in borsa, così hai più mani per tenere i figli, e può contenere filmati e novelle per i bambini just in case… e allra fefral che aspetti?
              iPad è la tua famiglia sarà più unita!
              In case ne abbiamo 3, 2 ce li hanno regalati dentro un progetto la scorsa primavera, il terzo per un altro lavoro… ma è uno spettacolo!

              1. Ok pugni, mi hai convinta. E visto che siamo 3 pari coi figli ma 3-0 con gli iPad ti mando il mio indirizzo affinché tu possa mandarmene uno dei tuoi in modo da progredire entrambi nella virtù (tu della povertà e distacco, io per poter seguire con maggi

            2. nonpuoiessereserio

              Per la cronaca io ho un Motorola Milestone 2 pagato a maggio Euro 437,00 che è mooooooooooolto meglio di un i-phone. Che vanità.

      2. giuliana z.

        ecco, lo sapevo, non vi seguo più…. ma di che state parlando??? 🙂
        (per chi non lo avesse capito, io per queste cose sono giurassica!)

  12. Cara Fefral, sì, i piccoli Tombari (cognome di mio marito) chiedono “posso alzarmi?”. Sono una rompiscatole tremenda su alcune cose e soprattutto sui compiti. Ma ho sicuramente molti altri punti deboli nella mia educazione, credo che non si possa vigilare su tutto, e magari chi vigila su tutto perde di vista la rassicurazione e la tenerezza. Quindi, qui si procede per tentativi, affidando tutto ai veri Genitori.
    Molti commenti bellissimi, ma ho la messa tra 14 minuti (oggi ferie).

    1. giuliana z.

      verissimo… tenere sotto controllo tutto è impossibile, e nemmeno è giusto. Ma sarebbe moltissimo affidare i figli ai Genitori del piano di sopra… se non lo facciamo è perchè non abbiamo fiducia nemmeno noi. Ci sforziamo di fare il meglio, usiamo la carota e il bastone, oppure molliamo ogni presidio perchè siamo convinti o di poter controllare o fatalisticamente che tutto sia già stabilito (“sono fatti così” “è il loro carattere” “non ci posso far nulla”…). E ci dimentichiamo di affidarli nella preghiera.

    2. sono una rompiscatole anch’io, ma generalmente quando mi chiedono “posso alzarmi” è dopo che li ho recuperati dalla loro cameretta, riportati a tavola e costretti a sedere.
      Però hanno imparato a chiedere “per favore” quando vogliono bere, ci sono riuscita anche col teppista

      1. Sybille

        anche io ci sto riuscendo “VORREI bere, per favore mi dai l’acqua?”
        per il resto una fatica enorme, forse anche io predico bene e razzolo male!

  13. Tombari, grande scrittore italiano sconosciuto ai più!!!
    Per quanto riguarda la citazione da Furio Colombo, puranmente casuale,lo considero un Odifreddi giornalistico, OMNIA MUNA MUNDIS (uno dei mundis sarei in questo caso io)

          1. Velenia

            Ho capito,ma la domanda resta la stessa,che c’entra il mio grande conterraneo con Alvise?Anche Alvi ha un romanzo nel cassetto che gli editori rifiutano e sarà pubblicato postumo?

            1. Alvise scripsit: “Tombari, grande scrittore italiano sconosciuto ai più!!!”
              So che all’Admin non piacciono gli avvocati per conto terzi, ma volevo ricordare ad Alvise come anche il Principe di Lampedusa sia stato per lunghi anni un finissimo intellettuale ed un raffinatissimo letterato sconosciuto ai più, ed abbia scritto un solo libro, passando però alla storia.

  14. Angela

    Costanza, grazie per questo post!
    Mi soffermo in modo particolare su questi punti:
    1. “Accettare questa realtà significa dire sì alla prima nostra vocazione, quella alla vita, tutta, il pacchetto completo”: è durissimo ma ci dobbiamo provare.
    2. “Poi c’è la vocazione ad essere cristiani, ad accettare che sia Gesù Cristo la nostra via!”: mi viene in mente il passo dove Gesù ci invita: “CHI VUOL VENIRE DIETRO ME PRENDA LA SUA CROCE E MI SEGUA”. Peccato che tutto oggi sia impostato ad evitare le croci, dalle piccole alle grandi: malattie, soprattutto se gravi, figli indesiderati perché complicherebbero la vita, e così via fino al tema più pesante, cioé la MORTE. Quanti non accettano la vecchiaia perché hanno paura della morte! Mi sembra una corsa pazzesca a voler sovvertire le leggi della natura (leggi di Dio).
    3. “Infine la terza, la vocazione specifica, quella che impone che a una certa età si cominci in qualche modo concreto a dare la vita, a portare frutto, a diventare dono per i fratelli, a somigliare a Gesù Cristo, ed è questa la santità”: i figli si fanno, anzi si CERCANO, perché la natura è la natura e poi fa quello che è chiamata a fare, quando tutto è COME noi abbiamo deciso. Per non parlare poi dell’egoismo di base nel quale cresciamo noi e i nostri figli!
    4. “il segno che abbiamo imboccato la strada è che gli altri cominciano a chiederci qual è il nostro pusher, dove troviamo quella roba così buona che ci rende in grado di reggere per noi stessi e per qualcun altro che ci chiede una mano. Si diventa credibili, se si è persone serie, e si convincono gli altri, che in qualche modo cominciano a venirti dietro”: uno dei compiti del cristiano è evangelizzare, non tanto con le parole (oggi di parole ce ne sono anche troppo), ma con i fatti concreti, con la vita. Benedetto XVI ha detto che il ondo oggi ha bisogno di testimoni (le sue parole precise non me le ricordo, ma il succo è questo).
    Aggiungo che i testimoni più credibili sono quelli della SPERANZA, cioé quelli che non si abbattono facilmente, che vedono il bicchiere mezzo pieno e che lottano per riempirlo. Di depressione e di tristezza ne ho fin sopra i capelli. Diamoci da fare, siamo ancora in tempo e lo saremo sempre. Madre teresa era una goccia d’acqua pulita in un oceano, e invitava gli altri ad essere a loro volta una goccia d’acqua pulita.
    Complimenti a Padre Emidio per l’omelia forte e concreta.

    1. vale

      sì però anche Madre Teresa ebbe più di un momento di sconforto,così come S.Paolo-“…ho conservato almeno la fede…”,o la Soubirous alla quale non fu promessa la felicità per questa vita, ma per l’altra.
      e quanti ce ne sono che subiscono il silenzio, con la solitudine, di Dio…..

      1. Angela

        Non intendevo dire che i testimoni della SPERANZA sono quelli che non hanno crisi, problemi, o che vivono fuori dalla realtà.
        La forza di Madre Teresa e di Santa Bernardette, secondo me, è stato il guardare avanti, anzi SOPRA, cioé alle cose del Cielo , alle cose future: qui c’è speranza. E qui si trova la forza per tirare avanti non campicchiando ma vivendo appieno la vita, nel bene e nel male.
        Mi piace pensare che guardavano alle cose del Cielo ripensando a quello che il Signore aveva loro manifestato nel passato.
        Madre Teresa nei suoi 40 e passa anni di aridità spirituale probabilmente pensava, anche attraverso dubbi da superare, a quello che il Signore le aveva promesso quando lei ne percepiva fortemente e concretamente la presenza.
        Bernardette, suppongo, ripensava alle apparizioni della Madonna. Chissà se anche lei, come la veggente Lucia di Fatima, ha continuato a vedere Maria anche quando i clamori di Fatima erano lontani da lei? Cosa potrebbe aver impedito alla Madonna di farlo?

        1. Angela

          Il mondo ha bisogno anche di noi come testimoni della speranza: i Santi degli altari ci sono riusciti, nel nostro piccolo possiamo riuscirci.
          Riporto una bella definizione di santità che ho ascoltato durante l’omelia di Ognisanti: “I santi non sono quelli perfetti ma quelli che quando cadono cercano di rialzarsi e quando sbagliano cercano di correggersi. La santità è il tentativo di arrivare al Cielo”.

          1. vale

            avevo capito quel che volevi dire, ma per ogni persona c’è una percezione differente delle difficoltà che ritrova nel vivere.( e va da sè che ho usato degli esempii estremi).
            poi è chiaro che, anche nella valutazione soggettiva, non bisognamai perdere il senso del ridicolo nell’ingigantire ( tipo la suocera citata da Velenia) e -se si crede- quello della speranza e/o del mistero della sofferenza( e non è detto che quella fisica sia la peggiore).
            talvolta capita, dopo una serie che appare infinita di contrarietà(eufemismo) che ci si lasci andare…quel mal de vivre che colpì i Berto ,i Gadda, per citarne due famosi…

            1. Angela

              Hai ragione. Tra l’altro questo tuo ulimo commento mi fa ricordare un’ insegnamento ricevuto anni fa e che cerco sempre di fare mio: se per me un’unghia spezzata è qualcosa di gravissimo e penso sempre a questo, il mio male aumenta, se, invece, la mia unghia spezzata è nulla paragonata alle sofferenze di chi mi sta vicino, il mio male diminuisce.

  15. Paolo Pugni:
    hai ragione, distorco, in quosto caso più sopra volevo solo insinuare attraverso un esempio preso a caso da un giornale che la vita è difficile, ma non per noi, parlo mediamente per noi oziosi (desocupado lector!)frequentatori standard del blog, non per nulla il messaggio di oggi incomincia con le solite traversie urbane di parcheggio di automobili etc. nonchè di terribili ingombri di ciclopici pesi di borsoni e avversità di questo genere ova à la coque e via discorrendo allora io mi ero sentito autorizzato a un richiamo al mondo reale storico sociale non delle nostre famigliole da quattro tacche, ma pur sempre più grasse che la media normale umana. Ma qualcuno dirà: ma noi si patisce di più, non di solo pane etc…

    1. Velenia

      Non noi si patisce di più, ma noi si patisce pure,Alvì non fare come mia suocera che quando qualcuno dice che ha mal di testa invariabilmente risponde:-Mal di testa il tuo?Mal di testa è quello che ho io!-

        1. Velenia

          No,mi dispiace scriteriato,ma sono Velenia anche con mia suocera,lei mi chiama “a rispostera” ( mi dispiace è intraducibile,ma vuol dire quella che dà cattive risposte) e io,quelle poche volte che la incontro,devo correre a confessarmi subito dopo.

    2. Alvise, parole di grande saggezza: pensiamo sempre di avere tutte le sciagure del mondo, perché sono nostre, e non vediamo il bicchiere mezzo pieno.

      A proposito un ingegnere dell’école politechnique ha finalmente risolto il problema. Il bicchiere non é né mezzo pieno né mezzo vuoto.
      E’ progettato male.

  16. nonpuoiessereserio

    George Moore dice che “The difficulty in life is the choice” ed effettivamente questa è la più grande difficoltà. Una volta compiuta la scelta faremo un bel pezzetto di strada per inerzia, poi secondo me c’è la difficoltà nel perseverare, nella tentazione di svoltare a destra o a sinistra quando davanti a noi c’è una salita o un pinco palla che ci invita a salire su una Porsche oppure una smutandata che ci fa credere di essere giovani e liberi.

    1. Sybille

      uhhhhhhhhh, come hai ragione! io mi macero nelle scelte, nelle decisioni da prendere. Per me la cosa difficile è decidere di fare le cose ed iniziare a farle riuscendo a continuare a guardarmi allo specchio la mattina (e per questo non c’è porsche o smutandato che tenga!!!!).

  17. La vita è difficile perché abbiamo una coscienza e una consapevolezza. La vita è difficile perché l’uomo è l’unico animale consapevole del fatto che dovrà morire. Tutti gli altri animali sono molto più felici, loro non soffrono della fretta della vita. La fretta ce l’ha solo l’uomo, perché solo l’uomo sa che un giorno dovrà morire.

    1. nonpuoiessereserio

      Hai sparato una cazzatina perché gli animali non sono felici, al contrario noi lo possiamo essere, nonostante le difficoltà della vita.

      1. Ti sbagli. Solo gli uomini hanno la coscienza della morte e per questo sono infelici. Lo capirai quando crescerai. Almeno io non ho offeso nessuno. Ciao.

        1. nonpuoiessereserio

          Che gli uomini possano essere infelici non l’ho negato, ho detto solo che gli animali non possono essere ne felici ne infelici. Ti sei offesa davvero? Guarda che io di cazzate ne sparo tutto il giorno, tu ne hai sparata una piccolina. Ciao

    2. nonpuoiessereserio

      Poi mi spieghi il nesso tra l’aver fretta come conseguenza del saper di dover morire, mi sfugge.

  18. Alvise, ho già spiegato che ho avuto e a volte ho problemi molto più seri, ma non mi va di parlarne pubblicamente, sia per pudore sia per ritrosia alla lamentela. Infatti ho scritto che anche quando ci va tutto ma proprio tutto bene la vita è comunque difficile. Mi stavo preoccupando, che il documentario di ieri ti era piaciuto, e non mi avevi criticato. Una nella vita dovrà pur avere delle certezze…

    1. COSTANZA:
      Non c’entri te che hai o non hai problemi, come, del resto, anche tutti. Noi, mi sembra, volevo dire, nel complesso, si usufruisce di una condizione di vita prospera nemmeno lontanamente paragonabile a quella della parte sfortunata del mondo.
      I quali, poi, a loro volta, i pezzenti, avranno, di certo, anche loro, in più, gli stessi dolori che di noi, salute, lutti, pene d’amore, mali oscuri etc.
      A meno che uno non affermi che i poveri, almeno, beati loro, hanno meno pensieri che dei ricchi, meno grilli per il capo.

    1. Angela

      Sorridi e fatti degli amici;
      ostenta un cipiglio e fatti venire le rughe:
      per che cosa viviamo,
      se non per rendere questo mondo meno difficile per tutti?

      (Come al solito, non ne conosco l’autore)

  19. Sixsigno

    Grazie. Che la vita sia difficile è un’ovvietà, ma come tutte le ovvietà, bisogna dirle per ricordarsene. Troppo spesso lo dimentichiamo. Grazie per averlo detto con queste parole, con un esempio concreto di vita. Mai come in questi giorni abbiamo bisogno di risvegliare queste consapevolezze, mai come oggi dobbiamo riassumerne la consapevolezza.

  20. Costanza!!!!!
    Io sto passando un momento follemente complicato, con un fine settimana follemente incasinato. Domenica ho parlato proprio di questo nella catechesi per gli adulti che tengo a Landriano, ero partita da questa citazione (presa da questo blog http://labellezzaeunaferita.wordpress.com/)

    “Il valore dell’istante ci fa emergere un altro pensiero: proprio qui è l’origine del nostro peccato: noi ci ribelliamo al Dio che emerge nelle circostanze. Noi non ci ribelliamo a Dio, anzi; ma – più o meno coscientemente – ci ribelliamo al suo emergere, al suo manifestarsi, al comunicarsi della sua volontà che è la circostanza; ci ribelliamo alla circostanza, vorremmo che fosse diversa la circostanza. Non diciamo “Fiat”, “Si” come la Madonna e la mamma di Pinuccio.
    La resistenza si mostra soprattutto nella incapacità di stare nell’istante.
    Stare nell’istante: tu, madre che sei a casa; tu, operaio che sei in…; tu, imprenditore che sei in…; tu, marito che sei…; tu, moglie, con quel marito, adesso, che ti percuote col suo modo di fare. La resistenza si mostra soprattutto nella incapacità di stare nell’istante. L’immaginazione nostra fugge o nel futuro o nel passato e lascia inquieta, timorosa o rabbiosa l’ora. Per avere una consistenza noi disobbediamo alla circostanza; cerchiamo la nostra consistenza nel fare quello che pensiamo o vogliamo, poniamo la nostra consistenza nella reazione alla circostanza invece che nella obbedienza alla circostanza. E così incorriamo
    in quello che dice il libro dei Proverbi: “Chi pecca contro di me danneggia se stesso, quanti mi odiano amano la morte”.

    Luigi Giussani, Guardare Cristo

    Grazie!

    1. nonpuoiessereserio

      Trovarsi nella circostanza avversa e dover rimanere in piedi senza saper cosa fare, farsi accarezzare dalla tentazione di chiudere gli occhi e smettere di lottare, odiare la lentezza del tempo che passa, rifugiarsi nella nostalgia del passato. Ma noi siamo lì. Lo sguardo di Gesù è lì davanti a me, dalla sua Croce mi guarda, io voglio guardarlo fiero e rimanere in piedi, con addosso i miei stracci, con i brandelli della mia vita. Il rumore è assordante ma bisogna resistere.

  21. Ele86

    Mi sono fatta la fatica di leggermi tutti i commenti. Sono un pò arrabbiata adesso! Sono della generazione dei ventenni quelli descritti sempre mollaccioni, non preparati alla vita. Non sono daccordo, ho venticinque anni sposata da uno e qualche mese, e ho un bimbo di due mesi esatti. So di essere quasi unica per età e scelte ma la volete sapere una cosa. Quando abbiamo annunciato che ci sposavamo sono stati gli adulti a dirci “perchè? sei incinta?” oppure “ma chi velo fa fare?voi non avete idea dei sacrifici che vi aspettano” e ancora “ma ragazzi no siete giovani, godetevi la vita”…gli amici e i coetani erano increduli e curiosi di vedere poi che anche con pochi mezzi siamo riusciti a salpare.
    Ciò che ci ha spiazziato è stato scoprire che erano gli adulti a non volere per noi questo passo. I nostri amici erano curiosi di capire come fosse possibile.
    Quando ho scoperto di essere incinta ho subito per nove mesi sguardi di commiserazione e dispiacere. Sembra che se una ragazza giovane è incinta è sempre e solo per incidente. Una donna addirittura mi ha detto “mi dispiace, quando nascerà?”
    MI DISPIACE?!?! un corno!

    Non è vero che i giovani di oggi non fanno sacrifici, li fanno e ne fanno anche tanti solo che li fanno per che cosa? per cose finite di poco conto. Coosco infinte scelte per cui vedo amici e amiche sacrificare la vita; dalla gara di moto gp alle tre di notte a cure dimagranti da urlo.
    Ma tutto questo da dove viene? da voi adulti. Mi dispiace dirlo, anche perchè non è riferito a tutti. Però i giovani di oggi si vedono davanti adulti che gli dicono che i sacrifici che hanno fatto loro anni fà non si devono ripetere. Che il matrimonio non è bello ma è solo fatica, più tardi ci arrivi megio è.

    Credo poi che ci sia un grosso grossissimo appunto da fare ai cattolici! Oggi c’è la pretesa di sposarsi con lee condizioni con cui si sono sposati i nostri genitori, i quali avevano già un lavoro fisso e spesso una casa . Oggi questo non è reale. O meglio lo è solo dopo i trent’anni. Ma tutti gli adulti ti dicono che ci si può sposare in queste condizioni. Anche nel mondo cattolico è così. Se ci si sposa con cose in “sospeso”,come l’università da finire ti senti dire le più fatte cose. E la provvidenza di cui un cattolico dovrebbe essere certo? quei cinque pani e due pesci nelle mie mani non sono nulla ma in quelle di gesù sfamano 5000 uomini!! Tutta questa abbondanza o è vera per me oggi oppure il vangelo è una bufala.

    Gli adulti cattolici d oggi invitano i giovani a questo saldo?Io ne ho incontrati davvero pochi. Se il cattolico è quello nel mondo ma con la mentalità non del mondo credo debba iniziare a ragionare così. Oggi non ci si può aspettare di avere tutto pronto lavoro casa macchina ecc prima di partire per l’avventura del matrimonio. Bisogna insegnare ai giovani a fidarsi dell’amore di dio, che è padre e quindi non ci farà mancare mai nulla.
    Bisogna uscire da questi schemi che per anni sono stati la colonna portante.

    Noi giovani siamo pronti per i sacrifici, ne facciamo tanti ma per cause sbagliate. Per scegliere le cuse giuste c’è bisogno di adulti santi sulle cui spalle possiamo sederci per poter allungare la vista del nostro orizzonte!

    1. Alessandro

      ele86 scusa se non intervengo nel merito delle tue considerazioni, volevo solo farti/farvi un grosso in bocca al lupo, mi ricordo che ci parlasti di te in dolce attesa e di tuo marito ancora universitario, mi stavo chiedendo da un po’ “chissà se Elena ha partorito”, felice di sapere che è così!
      Un caro saluto

    2. Angela

      Grande Elena! Complimenti e auguri!
      Sappi però che non sei una mosca bianca: conosco altri come te e tuo marito e anche loro hanno vissuto l’esperienza delle critiche da parte di amici, familiari, soprattutto adulti.
      Hai perfettamente ragione: se noi adulti non siamo santi, nemmeno voi giovani, guardandoci potrete diventarlo facilmente.

      1. Ele86

        Lo so che non siamo da soli. Il mio commento voleva solo sottolineare che è troppo facile sparare sui giovani. Sembra che se siamo mollacciosi è solo per colpa nostra. Comprendo anche il giusto timore di un genitore (mia mamma era più giovane di me quando si è sposata, ma la sua prima reazione è stata contraria;apportando scuse che sarebbe bello raccontare per ridere,ma sono una signora e voglio bene alla mia mamma,quindi per tenerezza nei suoi confronto ometto)qst tipo di attenzione lo comprendo. Il genitore deve fare il genitore,sono i figli a dover staccare il cordone ombelicale, la mamma è sempre la mamma e anche a 25 anni ti chiederà se hai messo la canottiera. Al di la di queste effimere preoccupazioni manca uno slancio da parte degli adulti, nel lanciare i giovani.
        Davvero è triste, forviante per un giovane avere adulti che ti invitano a mirare basso. Il cardinal biffi scrive in quel bellissimo libro “Contro mastro Cigliegia”…”i giovani negli anni dell’adolescenza hanno posizioni totalitarie,non ci sono sfumature per loro, tutto è estremo”…ecco crescendo è sano imparare a usare un pò di sfumature se no si diventa integralisti,però perdere la forza di tenere un’idea o una posizione chiara sulla verità è necessario,vitale. E invece più vai avanti più vieni invitato a soprassedere,a prendere le cose con calma a profilo basso. Anche negli ambienti cattolici è così e credo sia il peggio del peggio.
        Ormai ragioniamo esattaente come se non fossimo figli di Dio. Questo è triste!Ciò che a noi da forza sono i piccoli spazi di luce,anche questo blog, la mia guida spirituale spesso mi dice “ele già siamo pochi come cattolici adulti,almeno cerchiamo di stare insieme,ci vuole della compagnia nel cammino”. Sacro Santo!!

  22. Inutile dire quanto sia perfettamente concorde su tutta la linea – quoto anche Carotone – e quanto sia necessario riscoprire il legame profondo tra la consapevolezza che questo mondo è un continuo, arduo, difficilissimo banco di prova e il riconoscimento della propria vulnerabilità, il coraggio, la fiera sopportazione dinanzi al destino che spezza. Tutto il contrario dell’idea borghese del “diritto alla felicità”, che è proprio la ricetta per fare disastri, cioè creare disillusi, disperati e invertebrati.
    «La rassegnazione cristiana è una virtù virile, che suppone una scelta ragionata tra il rifiuto e l’accettazione dell’ingiustizia. Mi pare perciò che essa sia ben lungi dall’essere alla portata di tutti. Molto spesso, al suo posto s’incontra una specie di ebete indifferenza alle disgrazie altrui. La rassegnazione cristiana, secoli fa, andava sempre a testa alta, con gli occhi ardenti, con le mani saggiamente incrodate sul cuore, verso il patibolo o il rogo. Oggi è seduta con le mani penzoloni, l’occhio vitreo, presso un focolare che non la riscalda». (George Bernanos, “Rivoluzione e libertà”, Borla, 1963, p. 40)

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