Il comodino ateo

Qualche giorno fa a commento di un post di Laura che parlava di Alberoni la nostra Daniela Yeshua (detta Turris) è intervenuta per condividere un’esperienza, un ricordo. Molti di voi l’avranno letto quel commento  ma per chi se lo fosse perso lo riproponiamo come post.

di Daniela Yeshua

Il mio Alberoni si chiama Kahlil:

Me lo ricordo ancora quando lo poggiavo sul comodino ateo di mio padre.

Papà serviva sul mio, alla sera, Shakespeare – avevo 13 anni quando mi diede da mangiare “la bisbetica domata”. Poi i vecchi sgarrupati comodini di entrambi erano diventati come davanzali di piccioni viaggiatori, ci lasciavamo libri ovunque, in gran segreto, gioielli di carta velata tra le pieghe delle lenzuola perchè fin sotto la nuca: alla notte ti tormentavi nel letto girandoti dall’altra parte e smussando le pieghe del cuscino scoprivi un nuovo libro lasciato dalle mie mani alle sue/dalle sue grandi mani alle mie, lì sotto il cuscino, una specie di ciocciolatino della dolce notte da sciogliersi nel viola del sonno inevitabilmente inquietato da rigide copertine alla base dei pensieri.

Lui mi diceva ‘stanotte scopri perchè sei Rossana’, e Rostand tutto d’un fiato fino all’alba. Io gli davo da bere Baricco, e ci lasciavamo bigliettini d’amore ovunque, giusto il tempo di imparare a scrivere e io avevo 23 anni all’ultima letterina della festa del papà nascosta tra il primo e il secondo piatto a tavola, piegatissima piccina piccina, spettatrice annuale del rito idillico del più grande amore: io e papà.

Il mio Alberoni non si chiamava Alberoni, era il Kahlil Gibran tutto mio e di papà mio.

Facevamo anche sfuriate da tintinnare la dentiera sul comodino della vecchietta dall’altra parte della strada, ma ai concerti di musica classica l’abbassarsi all’unisono delle nostre palpebre era l’unico frastuono percettibile – insieme, da soli, io e lui, a occhi chiusi, avevo cinque anni al mio primo concerto di Chopin, sino allo schiocco esausto dell’ultima nota dell’ultimo dei violoncellisti. Poi tornavamo a casa, l’ultima sigaretta della sera insieme, in cucina, e guardarci fissi negli occhi sostandoli altrove ma solo per leggere all’altro, stanco, ma felice, dolcissimamente felice, la riga soave e struggente della buona notte:

“L’amore non vuole che compiersi”.

Ma se amate e se è inevitabile che abbiate desideri, i vostri desideri hanno da essere questi:

Dissolversi e imitare lo scorrere del ruscello che canta la sua melodia nella notte.

Conoscere la pena di troppa tenerezza.

Essere trafitti dalla vostra stessa comprensione d’amore,

E sanguinare condiscendenti e gioiosi.

Destarsi all’alba con cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d’amore;

Riposare nell’ora del meriggio e meditare sull’estasi d’amore;

Grati, rincasare la sera;

E addormentarsi con una preghiera in cuore per l’amato e un canto di lode sulle labbra.”

Mio padre aveva un vecchio comodino ateo. Fino a 5 anni prima della sua conversione e della sua trasferta in cielo. Poi la sera che lui partì verso Casa io trovai sul suo comodino un ultimo libro; lo trasferii sul mio iniziando a leggere da dove aveva lasciato lui.

Anche io prima di allora in cameretta mia avevo un comodino ateo.

“E addormentarsi con una preghiera in cuore per l’amato e un canto di lode sulle labbra.”

In Cielo ricominceremo da qui. Insieme, al solito.

Io ho messo un segnalibro proprio qui, tu lo sai, papà.

85 pensieri su “Il comodino ateo

  1. Miriam

    la prima lacrima del nuovo giorno.
    Dolce, tenera, struggente, come il tuo scritto.
    Grazie per aver condiviso con noi io tesoro del tuo cuore ed i tuoi sentimenti.
    Io mi sono molto identificata; ed è la tenerezza che provo (proviamo) per mio marito ora che l’età ha smussato gli spigoli ed è rimasto del “noi” che abbiamo costruito insieme l’essenziale, quello che mai potrà essere cancellato. Anche il vostro “noi” è vivo e riprenderà, come tutti i “noi” che l’amore intesse nelle nostre vite piene di senso perché Qualcuno ce le ha affidate insieme a tutte le loro relazioni e infinitamente altro…

  2. angelina

    Un padre speciale. I libri, le parole, la musica, la sera insieme in cucina….

    Daniela, figlia di Re.

  3. Accarezzo il suo volto ma la mano è appoggiata alla mia fronte, il gomito sulla scrivania, chiudo gli occhi e di nuovo il tuo volto, ed io leggera rimango mentre una lacrima densa di ricordi tiepidamente discende sul viso e riscalda la mia pelle. Vorrei trascendere e volare con te ma il mio corpo ancora mi trattiene qui. La mia forza è il nostro legame che prima o poi ci riunirà nell’eterna gloria del Padre.

  4. “Ci sono infatti degli eunuchi nati così nel seno della madre, e ci sono degli eunuchi fatti tali dagli uomini, e ci sono quelli che si sono fatti eunuchi da séin vista del regno dei cieli.
    Chi puo comprendere comprenda,”
    Matteo 19,12

    1. …per questo Ratzinger ha sempre detto che nell’incontro con l’ellenismo il nascente cristianesimo battezzò il lògos e ripudiò il mythos… 😉

        1. oh, certo che ne sa di più! 🙂
          Perché “né la carne né il sangue” gli suggeriscono quello che dice! 😉

          comunque quello del rapporto tra mito e ragione nel cristianesimo nascente è un campo di ricerca fecondissimo: tra gli scritti gnostici si trovano in tal senso delle perle incredibili!

  5. grazie l’hanno già detto tutti, aggiungere altro può condurre a due baratri: da un lato la vanità di riuscire ad essere diversi, a farsi notare; dall’altro la banalità insulsa, che non fa neanche piacere, semmai disturba, come una mosca fastidiosa.
    Per cui si può essere tentati di non scrivere, ma un post così intenso, che squadra da ogni lato l’animo del lettore, che nasconde dentro una apparentemente sommessa poesia, quella violenza che conquista il Cielo, non può fermarsi a dieci miseri commenti. Anche se spaventa. Anche se stordisce per la commozione.
    E allora rischio, trascinato e sorretto dalla mia vanità, ad apparire diverso e a recensire invece che commentare questo racconto, che sarà anche vita vera, ma è soprattutto grande letteratura. Perché, come diceva Pontiggia, l’arte sta nella scelta degli aggettivi. E se non lo diceva lo avrebbe detto dopo aver letto questo post.
    Che qui la storia la spremi fuori da un linguaggio che ti afferra alla gola, come la vuoi intendere: per il groppo o per la collotta, e non ti molla più. Che non c’è una virgola fuori posto e i pendii sui quali ti conduce sai già che sono un rischio, perché la frase dopo di spinge giù a precipizio, fino a piombare a corpo morto dentro la parte più rinchiusa e riposta della tua anima, quella dove hai celato i ricordi più belli e che fanno più male.
    Qui c’è una luce che come quest’ottobre in crisi di identità, che si crede luglio e aprile e agosto anche, scivola lieve e morbida giù dal cielo con fragore però per ricordarci che la verità potrà mascherarla ma non la nega.
    E allora che cosa dire di questa pagina delicata e violenta, se non chiudere qui con i versi di Cristina Campo: con lievi mani, con lieve cuore, la vita prendere, la vita lasciare.
    Grazie
    Paolo

  6. guido

    a tutte le figlie, e a Livia e Lavinia:
    Daughters del sottovalutato John Mayer (comeTurris!)

  7. Io sono felice di scoprire di non essere l’unica pazza al di qua del cielo.
    Cosa dite? Cosa mai mi scrivete?
    Avevo – prima di voi nella mia vita – un barlume di idea di come sopravvivere a tutta la tenerezza che c’è in giro esplodendo gradualmente, provavo a imitare i fiori, cose così.
    Poi arrivate voi – rei di un novello smarrimento, il mio, e non scorgo in nessuno di voi il barlume del benchè minimo rimorso (…).
    Perchè non la so ancora l’arte di implodere – implodere – intensamente contemporaneamente gradualmente.
    Paolo, Paolo.
    Luigi.
    Alvise che te lo dico a fare.
    Tutti, diamine: decisamente tutti.
    E allora ora c’è questo video. Ma non è che sia proprio un video, è una farfalla.
    Perchè se io fossi una farfalla, facciamo una farfalla canterina e intensa, più della pioggia a scroscio vi bagnerei del mio grazie lungo un urlo
    – implosivo, implosivo, oh, Dio solo sa quanto implosivo.

    A vendicarmi.
    L e v i s s i m a m e n t e però.
    Così.

    – Siete tutti matti.

  8. Maxwell

    Suppongo che il mio non sia il primo cuore spezzato
    i miei occhi non siano i primi che versano lacrime
    non sono laprima che sa
    che non c’è modo do superarti

    Lo so, sono solo una pazza che è disponibile a tutto
    a mettersi seduta da qualche parte ad aspettare te
    Ma baby, non vedi
    non resta nient’altro da fare per me

    non sono irrimediabilmente devota a te
    ma ora non c’è modo per nascondersi
    fintanto che tu non metti da parte il mio amore
    sono fuori di testa
    irrimediabilmente devota a te
    irrimediabilmente devota a te
    irrimediabilmente devota a te

    La mia mente sta dicendo “Matta, dimenticalo”
    Il mio cuore sta dicendo “non lasciarlo andare”
    aspettare la fine,
    è questo che intendo fare

    http://www.youtube.com/watch?v=NqLo5cqWc-U

    BACIONI

  9. giuliana z.

    Grazie Dany! grazie per avermi raccontato in modo così poetico quale è stato e continua ad essere il rapporto che hai col tuo papà. Una continuità, da lui a te. Come deve essere tra genitori e figli. Io non ho potuto assaporare questo perchè il mio babbo se n’è andato troppo presto e l’unica sensazione che mi ha lasciato sono le sue spalle che mi portavano fuori nelle giornate di sole. Poi basta. Per molto tempo. Finchè non è arrivato, finchè non ho riconosciuto un nuovo padre, quello che c’è sempre stato dapprima impercettibile, poi sempre più visibile nella faccia degli amici, come oggi nelle parole e nei gesti di molti di voi qui. Il libro che mio padre ha lasciato sul comodino è stata la mia vita, ma per scoprirla, per sfogliarla mi ci è voluto un incontro.

    1. angelina

      Il Padre.
      Mentre leggevo le immaginifiche parole di Daniela, una voce dentro di me diceva “non io, no, mio padre non era così’”. Un padre tenero, affettuoso, che ti inizia al bello, alla lettura, al mondo; un padre complice, amico …NO non mi è toccato. NO, per me niente coccole, ecco.
      Un padre autorevole, lavoratore, onesto, stimato, severo, incapace di esprimere sentimenti, a volte iracondo, generoso, affidabile, pronto ad aiutare, a sacrificarsi ma non a ridere e giocare…e mai una vera lode o un complimento. Un padre con una fede da “uomo giusto”, molto laica, non clericale, letture di tipo socio-politico, giornali, niente poesia. Questo mi è stato dato, questo conservo nel cuore.
      Come Giuliana, sì, potrei dire anch’io due spalle forti che mi portavano.
      Ho dovuto fare i conti, dentro di me, con un padre del quale non ricordo un bacio. Da ragazza, e poi da moglie e da madre; il rapporto con questo padre burbero benefico ha certamente dato l’impronta a tutte le altre relazioni. Perchè scrivo queste cose. Perchè?
      Perchè credo che da questa esperienza primordiale con il proprio papà – la seconda, la prima è nella relazione con la mamma – ognuno di noi attinge anche il modo di relazionarsi con il Padre.
      Essere coscienti del “rapporto profondo, meraviglioso, sconvolgente, che esiste tra noi e il Padre. Siamo non solo sue creature, ma suo progetto di amore: dall’eternità. Egli ci ha ‘cullati’ nel suo cuore.” (sono parole prese in prestito da chi ha saputo dirlo meglio di me)
      E’ il percorso di una vita, a volte. Un desiderio mai colmato. Per qualcuno una scoperta non cercata. Per altri è granitica certezza e consolazione nei momenti difficili.

      “La creatura umana sente il bisogno di ascoltare, di vedere, di toccare Dio, e allora si capisce la psicologia di Filippo che al fondo è la nostra: “Gesù, facci vedere il Padre”. Vedere il volto del Padre! Sarebbe una cosa meravigliosa. Lo vedremo, ma intanto viviamo nell’attesa ed è un’attesa che non è di oggi, ma di sempre. “

      1. Angelina: a me mi sambra che le cose che racconti sono fatti importanti, esperienze così profonde e incancellabili della tua vita che mi sembra poi un vero peccato rapportarle all’esperienza col “Padre”. Come banalizzarle. Scusa la “bestemmia”.
        Io credo che il fatto che uno creda abbia fede eccetra siano fenomeni del tutto irrilevanti rispetto alla concretezza imprescindibile e parte di noi sempre che abbiamo respirato da bambini e che deve assolutamente restare una realtà da non deve essere mai contaminata da nessun altra susseguente.Un mondo perduto da conservare con cura e poi vivere come uno vive ma con questo mondo nostro proprio vissuto sempre con noi, separato da tutto il resto. E che nessuno ci può levare.

        1. angelina

          Ci sono eventi, Alvise, nella vita, un momento, un episodio in cui – dopo aver affrontato difficoltà,incertezze, delusioni, solitudine, rabbia, frustrazione,…. – improvvisamente ti fermi a riconsiderare ciò che è stato, il percorso fatto, e ti trovi a dire: sì, bene, ora è tutto chiaro, ora vedo il senso di questa vicenda e….sì, è vero, hai faticato tanto, sì certo, sei tu l’artefice del tuo destino ma… senti che sei stato accompagnato, che ciò che hai faticosamente raggiunto è pur sempre un dono. Bellissimo.
          Come quando l’amante incontra finalmente l’amata: la presenza, l’abbraccio, l’intimità, sono un dono, non una conquista, nessuna lotta, nessuna fatica, non ricordi più niente davanti all’incommensurabile gioia. Solo stupore. E ti senti GRATO, provi gratitudine verso qualcosa che ti supera e al tempo stesso è parte di te fin nel midollo delle ossa.
          Sono certa che sai di che si tratta.
          Questo, più o meno, per me è avere fede nel Padre. Questo, più o meno, è la concretezza imprescindibile della mia esperienza di figlia. Di creatura, piccola e imperfetta, amata da un’altra creatura, anch’essa imperfetta.
          Questo “nessuno ci può levare”, e non è un mondo perduto, è memoria viva, è storia quotidiana.
          Grazie di avermi offerto il tuo commento.

  10. Mi è sembrato di trovare nel racconto de “il comodino ateo” che il babbo di Daniela fosse ateo (che poi, c’è scritto, si è convertito) eppure è stato lo stesso un babbo notevole, mi sembra, uno che ti lascia i libri sul comodino e ne discute insieme appassionatamente
    ascoltando la musica e tante altre cose non dette, ma che immagino importanti.
    Mi vergogno un po’ a dire così perchè sembra che io voglia adoperare questo fatto per un mio fine e così facendo manchi di rispetto a questo grande personaggio del racconto, che poi è la storia vera vissuta da Daniela. Ma non mi sembra mancare di rispetto affermare che questo uomo aveva dentro di sè per quello che era lui i le virtù che aveva. E così tutti noi, anche fuori da qualsiasi credo o idea prestabilita possiamo sempre cercare di assomigliargli.

    1. Ma è proprio così, Alvise, e a chi mancheresti di rispetto?
      Bello che usi “virtù” e non “valori”: il massimo che uno può ricevere da un genitore è il sapere perché ci ha messi al mondo, ma se ci pensi è anche un po’ il minimo che ci si aspetta.
      Forse in cose come “la vita”, “l’amore” e via dicendo, il dono e il diritto coincidono.
      Chiaro che se lo ricevo, quel dono che “devo” ricevere, so già che c’è un perché. E non ho bisogno di sapere altro.

  11. Alberto Conti

    Daniela: splendido, non avevo avuto il tempo di leggerlo, hai donato la tua esperienza bellissima (e già questo sarebbe impagabile) trasformandola in poesia.
    Grazie

  12. Mario G.

    Quanto amore Daniela verso tuo padre, verso la lettura… verso Colui che desidera il nostro bene e ci fa sperimentare qui (al di là del cielo) la Sua tenerezza…

    Sono commosso…
    Grazie, grazie di cuore!

  13. nonpuoiessereserio

    Alvise, esiste l’ onestà intellettuale che tu hai, esiste il cuore buono e generoso che ti appartiene, esiste la tua umiltà che sa accogliere, secondo me se ci aggiungi un pizzico di desiderio il cinghiale è pronto da servire.

  14. Vedi Alvise,
    tu credi che rapportare tutte esperienze umane, così umane, così terrene, così tangibili, “fatti così importanti” significhi sciuparli, svuotarli di significato (qui leggo fra le righe, lo so, lo so, non si fa!).
    Per te tutto questo deve “restare una realtà da non deve essere mai contaminata da nessun altra susseguente”, cioè, immobile, immutabile, ferma.
    Per chi crede invece rapportare al Padre ogni minuto di vita vissuto, ogni sospiro di umanità, ogni odore, sudore o contatto pelle a pelle, ogni donarsi o colmarsi dell’altro significa rendere l’altro parte dell’eternità. Ma non un’eternità da pietra scolpita, bella me morta, un’eternità unica e feconda che solo l’Amore per eccellenza ci può dare.
    E’ assaggiare già qui e ora la bellezza e la grandezza dell’Infinito al quale siamo destinati, se solo decidiamo dire di si.

    1. Ma i tuoi anni brasiliani che hai raccontato, i racconti dei tui parenti, i momenti della tua infanzia, perchè pensare di inquadrarli in qualcos’altro da quello che sono stati e più saranno?
      Peccato sciuparli con quello che sei ora. Quello che sei ora non te lo leva nessuno. Quello che sei stata sì, se non lo lasci stare nella sua irripetibilità! Che bisogno c’è di questo effetto retroattivo della fede? La fede è avanti (posso capire) no indietro.La fede mangiatutto? Come i fagiolini?A che serve? Ma cosa ci avete nel cervello?

      1. “Ma cosa ci avete nel cervello?”

        – La fame.
        Quella che c’hai te, ‘more carissimo.
        La fame.
        Che sia un piatto eterno, però. da ricapitolarci tutto – tutto -, e ben pigiato dentro.
        Quello che è stato e quello che sarà.
        Che diamine è stato a fare e sarà ancora, se poi con me finisce senza un nulla in cui riporlo? Se io sono che io sia per sempre.
        Che tutta la mia vita sia un prolungamento dell’ Eterno.
        Io voglio tutto, Alvise. Me lo attesta la mia anima. Se fossi solo carne mi basterebbe tutto. Non mi basta nemmeno tutto l’amore del mondo, ad umanamente avercelo, pensa te. Se è umano è ancora poca roba per me. Perchè finito. La finitudine non m’appartiene. Non t’appartiene. Non siamo scimmie. Tutto qua l’arcano svelato del ventre perennemente affamato.
        Ecco perchè ho acciuffatto a sbafo la Mano che gratuitamente e unica me lo concede, tutto l’eterno che c’è nelle mie fauci ingorde d’infinito.
        Esaustivamente abbondantemente non ne sarò mai paga se non ricapitolandomi oggi sulla Terra nell’ Eterno, e domani esaustivamente straripantemente nel cielo che mi attende.
        ( Poi è solo che sto per uscire, ma TUTTI E TUTTO vorrei poter commentare e adesso, e tutti e tutto perchè Dio solo sa se m’avete fatto palpitare. Ma solo perchè siete infiniti – mo c’avevo solo ‘sti due minuti per leggervi e devo far la doccia o arrivo al cinema co ‘sta coda di cavallo che mi pende in capo da stamattina; magari è oggi che incontro il principe azzurro, si sa mai, damose ‘n ‘aggiustatina)

  15. Uno spunto per altre discussioni:
    E se un/una credente cattolico/a si sposasse/con un /una non credente potrebbe funzionare? Sarebbe egualmente assicurata la riuscita matrimoniale totale o solo metà? Naturalmente nell’ipotesi che il matrimonio si facesse egualmente in chiesa? Sarebbe possibile?

    1. sì, è possibile, sono i matrimoni di mixta religio. Noterei anche l’oscurantista Chiesa cattolica è l’unica a celebrare propri matrimoni religiosi anche se uno dei nubendi non è cattolico, senza chiedergli la conversione (nemmeno pro forma). Che poi funzionino, ovviamente, è tutt’un altro discorso.

      1. Lo chiedevo perché Costanza asseriva che matrimonio può funzionare solo con Cristo al suo interno (non credo arrivasse a garantirlo) ma è sufficiente il Cristo di uno solo o no?

        1. questa è una delle affermazioni di Costanza su cui c’è più discussione. Personalmente non la condivido in toto. Se certe cose funzionano solo dentro la fede, non possono essere vere. La fede, e il sacramento, danno di più. Di più vuol dire che qualche cosa c’è, non che non c’è nulla.
          Questo Papa insiste su Fede E Ragione.
          Non su Fede O Ragione.

  16. nonpuoiessereserio

    @Angelina ispiratissima, grazie.

    @Alvise
    Un bimbo nasce in una casa interrata, cresce e vive molti anni sotto terra, luci artificiali, ambienti limitati, ma non si accontenta. Cerca, vaga finché scopre una galleria che risale l’ interno di un vulcano e vede la luce, ritorna dai suoi amici e li esorta ad uscire, non può fare a meno di quella luce, del mare, degli alberi, delle colline. Dai no serve che vado avanti, te me ha capì.

    1. Sì, certo, ho capito quello che vuoi dire, credo di averlo capito, ma io non ci credo che ci sia una luce fuori, credo che si sia chiusi e non ci sia uscita, anche la morte è chiusa dentro questa caverna insieme con noi, e poi siamo miliardi di persone, e , mi domandavo, si potranno due persone spaiate appaiarsi?

          1. O tosco, che per la città del foco vivo t’en vai parlando onesto: i primi aereoplani stavano insieme con fil di ferro e colla. Funzionavano? Dipende da cosa si intende.
            Ti rispondo anche al post precedente: penso che senz’altro il Genio Cosmico abbia ragione: io ho detto solo che la Chiesa cattolica permette di celebrare un matrimonio religioso anche se uno dei due né è cattolico, né lo diventa. Il fatto di celebrare un matrimonio formalmente valido, però, non garantisce che funzionerà.

            1. Non farmi dire, more solito tuo, cose che non ho detto. Tu prima hai chiesto: <>
              La mia risposta si limita a dire che sì, è possibile “che il matrimonio si facesse egualmente in chiesa”. PUNTO.

            2. scusate, ripeto il post perché in quello precedente, non so perché, la citazione fra virgolette è stata mangiata dal sistema.

              Non farmi dire, more solito tuo, cose che non ho detto. Tu prima hai chiesto: “Naturalmente nell’ipotesi che il matrimonio si facesse egualmente in chiesa? Sarebbe possibile?”
              La mia risposta si limita a dire che sì, è possibile “che il matrimonio si facesse egualmente in chiesa”. PUNTO.

  17. nonpuoiessereserio

    Un sano ateismo precede la fede, non la segue, poi tuttalpiù può diventare insofferenza oppure odio.

  18. Forse non ho capito bene:
    Matrimonio tra due cattolici = garantito
    Matrimonio cattolico misto= possibile (funzionamento non garantito)
    Matrimonio tra due non cattolici p.es. solo civile =possibile (funzionamento non garantito)
    Così va meglio?

  19. nonpuoiessereserio

    Alvise, io non conosco la dottrina esatta però credo che la Chiesa permetta il matrimonio monco in vista di una possibile guarigione fondata sulla speranza e sulla misericordia di Dio. Non è bene che l’ uomo sia solo, Dio pensò dunque ad una compagna, carne della stessa carne, e quindi anche antropologicamente parlando il matrimonio inteso come convivenza dovrebbe funzionare, penso a due indigeni dell’ Amazzonia. Una sola cosa io limiterei nella Chiesa, tutte le manfrine dei corsi, vedo troppi fardelli che non aggiungono nulla all’ essenza e alla bellezza.

  20. Questo bellissimo, tenero e commovente racconto ci fa quasi toccare con mano la misteriosa e sconvolgente parentela tra l’amore e la morte. Solo chi ha amato fino al fondo del suo essere è capace di vincere la paura della morte e di saldare col fuoco dell’eternità legami al di là dello spazio e del tempo, della vita stessa. Grazie ancora di averci elargito un simile dono.

  21. @Lacorsia: in realtà mi pare anche difficile che due persone con convinzioni così diverse finiscano insieme. Parlando per me, non penso che potrei instaurare un rapporto amoroso con un cattolico/credente di qualsiasi altro tipo, e non per una questione di “discriminazione”. Sono proprio modi di vedere la vita diversi, a volte inconciliabili, che dubito potrebbero viaggiare insieme a lungo.

      1. C’è cattolico/credente e cattolico /credente, come anche non credenti eccetra, l’importante sarebbe che lo fossero in maniera non invasiva e pervasiva, ma come un soffio nell’anima in più o in meno a seconda dei punti di vista. Io avendo una vita carica d’anni e di esperienze ho visto gente sposata dove, la maggior parte dei casi, lei credente e lui comunista ateo, cose che si vede, o si vedeva, molto spesso nei paesi della toscana con le vie Togliatti e Marx e Gramsci e più in là la chiesa con le mogli dei mariti “rivoluzionari” e si volevano bene loro e i figlioli.

        1. Non so, forse il mio giudizio è falsato dall’essere una “agnostica praticante” e dallo stare con un ateo che condivide molti dei miei punti di vista. Ti faccio un esempio: sia io che il mio ragazzo siamo contrari al battesimo dei bambini. Siamo fermamente convinti che certe scelte si dovrebbero fare primo di persona, secondo in maniera ponderata. Ergo, se un un giorno avremo dei figli non li faremo battezzare, ma lasceremo che siano loro a decidere da grandi.
          Dubito che un credente accetterebbe di lasciare i figli non battezzati, in un certo senso esclusi dalla “famiglia” che lui ama e della quale si sente parte; d’altra parte a me sembrerebbe ipocrita far entrare i miei figli in una comunità in cui non credo e che loro sono troppo piccoli per scegliere consapevolmente.

          1. Perfettamente coerente tutto quello che dici, Fos.
            La cosa che lamento è che allo stesso modo, però, pensano molti sedicenti credenti, i quali non hanno capito niente del battesimo, del concetto di sacramento, del mistero della Chiesa. Cose, appunto, che un non credente non è tenuto a sapere, comprendere, credere.

            1. Beh, forse non è che non hanno capito niente: semplicemente più che Cattolici come si professano sono Battisti. Si sono infilati nella “famiglia” sbagliata, insomma 😀

              1. ti pare niente!
                (e anche i Battisti non è che sono cascati dal cielo: sono quelli che non hanno capito quelle cose che i cristiani hanno capito tra il III e il IV secolo…)

  22. @Cyrano, però spesso la “scelta” della propria religione è una questione culturale, spesso non ragionata. Se io nasco in una famiglia cattolica, battezzato, cresimato eccetera, è normale che considererò me stesso cattolico, anche se magari mi collocherei meglio in un’altra realtà. Ovviamente vale anche il contrario.
    Poi, se devo essere sincera, il verbo “capire” mi lascia perplessa: “capire” presuppone l’aver colto una realtà inconfutabile o quasi che, con un po’ di attenzione, tutti possono vedere. Io, mettendo tutte le religioni sullo stesso piano, non vedo particolari sprazzi di “comprensione”, ma più che altro interpretazioni. Io non capisco perché i battisti dovrebbero aver capito meno dei cattolici: dal mio punto di vista sono posizioni che, all’interno del loro contesto, hanno entrambe senso. Da una parte la comunità che si prende cura di ogni nuovo nato, che pone la nuova vita nelle mani di Cristo e Gli chiede di guidarlo e di proteggerlo. Dall’altra la comunità che dà ai suoi fedeli la responsabilità di scegliere un po’ “da che parte stare”, di entrare a far parte della famiglia o prendere un’altra strada.
    Secondo me hanno entrambe senso e nessuna delle due denuncia una particolare “incomprensione”. Ma, lo dico chiaramente, io sono una seguace del buon Montaigne per quanto riguarda certe cose, quindi capisco che il mio ragionamento possa far inorridire un fedele.

    1. No, non fa inorridire un fedele, a meno che non venga da un fedele, perché si basa su un criterio (che tu hai esposto) prettamente laico e ignaro dell’esperienza mistica della Chiesa. Se tu capissi queste cose saresti una credente: uso il verbo “capire” perché la fede, che ripudia insieme il razionalismo e il fideismo, è tuttavia ragionevole, e lo studio della storia del dogma (inteso in senso lato: non parlo di singoli articoli definiti, ma del complesso della credenza cristiana) dice molto, moltissimo in tal senso. Che la maggior parte degli uomini non ragioni sulla propria appartenenza di fede è insieme la ragione delle guerre di religione e la ragione per cui conviene evitarle; tenere le religioni sullo stesso piano, però, significa non conoscerle dal punto di vista storico (perché sono tutt’altro che sullo stesso piano, a giudicare dai loro prodotti storici) e/o aver già deciso che sono tutte ugualmente false dal punto di vista veritativo.
      Il Cristianesimo riceve nell’Incarnazione di Dio il privilegio di poter parlare insieme della storia e della verità. Questo è un unicum.

      1. Allora sarebbe più corretto dire “intuire”: il verbo capire presuppone il penetrare con la mente qualcosa, mentre tu parli dell’irrazionale per eccellenza, dello “scandalo”, per dirla come Kierkegaard (ma anche San Paolo dice una cosa del genere, se non erro).
        Quanto al mettere o meno le religioni sullo stesso piano, è ovvio per un non credente. So benissimo che le religioni non sono tutte uguali, che hanno avuto genesi differenti e differenti influssi sulla storia. Ma al di là della fede del singolo, convinto che la sua sia la religione “vera”, convinto che Dio gli abbia dato il privilegio di interpretare tutto secondo l’unica ottica corretta, che cosa cosa rende il cristianesimo, o l’islam, o l’ebraismo, superiore? Ognuna di queste dottrine ha influito sulla storia, ha luci e ombre, ha ispirato grandi uomini e grandi figli di buona donna.
        Se tu dovessi per un attimo dimenticare quello che hai intuito in maniera che tu stesso dici essere al di là di ogni razionalismo, il cristianesimo che cosa avrebbe di diverso dalle altre, passate presenti e future? Il tuo “Il Cristianesimo riceve nell’Incarnazione di Dio il privilegio di poter parlare insieme della storia e della verità. Questo è un unicum.” è un ragionamento circolare, che perde di senso appena si esce dall’ottica del credente.

        1. Oh, così mi piaci! 🙂
          No, la frase con cui avevo concluso non è una petizione di principio, per il semplice fatto che non intende rivendicare la verità di un dato teologico, ma il fatto storico che c’è un’unicità nel pensiero cristiano (l’Incarnazione) che è di matrice teologica – “rivelata”, dice il credente, mentre il non credente ovviamente evita questo attributo – ma i cui effetti si ripercuotono al di fuori dell’ambito prettamente teologico (e religioso). Un esempio: Cristo in quanto “Parola incarnata” è l’analogatus princeps della Scrittura concepita secondo il pensiero cristiano. Questo permette, tout court, di approcciare il libro sacro distinguendo in esso un elemento storico contingente e un altro, veicolato e più che veicolato dal primo, ma che non è contingente e che sono in un certo senso è storico. Questo fa del cristianesimo l’unica religione che può permettersi di dialogare con la modernità (anche perché per certi versi essa è una sua figlia “fuori controllo”): l’arabo contemporaneo invece è lo stesso del VII secolo, con in più le parole di uso comune introdotte recentemente. La distinzione ermeneutica tra “lettera” e “spirito”, fatta da quel gran rabbino fariseo di Paolo, è una distinzione teoretica, non squisitamente teologica: non serve affatto essere credenti per comprendere la marcia in più che questo addentellato ermeneutico dà al cristianesimo.
          Detto questo, però, torniamo nell’ambito esistenziale, da cui eravamo partiti: prima di tutto trovo inopportuno parlare di “privilegio” ricevuto, nell’essere cristiani. Vero, ritengo che il cristianesimo sia “la vera religione”, e delle altre credo quanto è stato molto equilibratamente scritto nella Nostra aetate del Vaticano II; questo però è per me un “privilegio” quanto per Paolo poteva essere “ragione di vanto” l’essere apostolo. La ragione per cui il cristianesimo è intrinsecamente missionario (“proselitista” non basta a dire ciò che intendiamo) è non solo che è vero, ma che chi sa la verità non ha diritto a tenerla per sé, perché in quella verità c’è il dato (che il credente ovviamente tiene per degno di fede) di un Dio che «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità». Un cristiano crede che non esista neanche un dono divino (a partire dall’essere Madre di Dio) che sia dato per puro “privilegio”, ma che ogni carisma sia dato a uno per il bene di tutti. Ecco perché, tra l’altro, non abbiamo bisogno di negare la proprietà privata (come certi eretici giudeocristiani chiamati “comunisti” vorrebbero) per impegnarci fattivamente alla dignità della vita di tutti, ed è sempre grazie all’Incarnazione del Verbo che un cristiano comprende il linguaggio di ogni essere umano, specie se povero e sofferente, come carico di assoluto: ogni uomo – dice il Concilio – è in certo modo stato unito al Verbo con l’evento dell’Incarnazione. Sei liberissima di non credere che il Verbo si è incarnato, ma non puoi negare che il fatto (sottolineo “fatto”) che io ci creda fa sì che il mio modo d’intendere gli esseri umani sia incomparabile a quello di chi di loro crede altro. Perché “altro” è certamente meno di “Dio” – definibile filosoficamente come “ciò di cui non si può pensare il maggiore”.
          La definizione anselmiana non produce la fede, chiaramente (ora arrivo allo scandalo), ma costituisce un limite del pensiero, perché non serve fede per comprendere che Dio esiste. Mi spiego: la “prova” anselmiana funziona davvero (Hegel la definì “un immenso sforzo del concetto”), ma quello che “prova”, ossia che “qualcosa di cui non può essere pensato il maggiore” esiste, questo non può essere oggetto di fede, in senso stretto e teologale. Perché? Per la stessa ragione per cui il Motore immobile di Aristotele è pensato come divino, sì, ma non è pensabile come un Dio “in cui” si possa credere: la fede teologale è teologicamente concepita come la relazione donata dal Creatore alla creatura e da entrambi tenuta in sussistenza in una dialettica irriducibile di Grazia e libertà.
          E qui entra in gioco Kierkegaard. E san Paolo. E tutti quanti. I quali, però, non si dimenticano che ci sono anche vie induttive per pensare l’esistenza di Dio (all’inizio della Lettera ai Romani Paolo parla delle perfezioni create che dicono della bontà e della potenza del Creatore) e che queste già orientano l’uomo verso un Dio personale, nei riguardi del quale la “fede” (ancorché non teologale) è se non altro pensabile.
          L’intuizione – che giustamente ricordi – ha parte insostituibile nell’esperienza religiosa, ma mai totalizzante (se non da correnti spiritualiste del Novecento in poi). Ecco perché io non ho detto che la fede è al di là del “razionalismo”, ma che lo ripudia, e che lo fa ripudiando insieme anche il fideismo (ossia l’esperienza religiosa in cui l’intuizione è il fattore totalizzante). Dio non è affatto pensato, nel cristianesimo, come “l’irrazionale per eccellenza”, ma come il meta-razionale, il più-che-razionale: il medioplatonismo ha regalato al cristianesimo la combinazione teo-logica della “via di negazione” (“Dio non è…”), della “via d’eminenza” (“Dio è infinitamente più che…”) e della “via apofatica” (“…”).
          La fede va oltre la ragione, ma senza contraddirla, e in questo è di nuovo l’Incarnazione del Lògos divino che conferisce al lògos umano vera dignità teologica: per questa ragione (e sottolineo “ragione”) il cristianesimo è l’unica religione che non ha mito (se non, al più, nella forma temperata della “mito-logia”).
          Niente ripudia di quanto è vero, giusto e bello in tutto ciò che è altro da sé, ma a tutte distribuisce gioiosa il lògos che ha ricevuto. Una religione così – e sì che ne ho studiate – io non l’ho mai trovata.

  23. perfectioconversationis

    Sto ruminando questo post da giorni. Mi sarebbe piaciuto, un padre come il tuo. In alcuni momenti l’ho proprio desiderato. Leggendo ne ho sentito nostalgia. Forse io per prima avrei dovuto essere una figlia come te.
    Invece sono stata molto arrabbiata.
    Ora, che ho figli miei, vorrei essere quel tipo di madre, ma anche qui sono molto al di sotto del compito. Prego il buon Dio che colmi tutto quel che mi manca…

    1. “Ora, che ho figli miei, vorrei essere quel tipo di madre, ma anche qui sono molto al di sotto del compito. Prego il buon Dio che colmi tutto quel che mi manca…” (Perfectio conversationis)

      Siine più che persuasa, mia dolcissima. Non fare torto a Dio dubitandone. Te lo dico in punta di lingua, io che sono un nessuno con neppure anello al dito, perchè è anche la mia, di perplessità – oh quante e quante volte – nell’attimo prima di rialzare lo sguardo fiducioso – per Sua grazia – a Colui che unico è in grado di farci ‘perfetti’, ‘come dèi sarete’, ‘santi, come Io sono sono Santo’, e ‘opere ancora più grandi di me farete’, oh così è, così è, niente a Lui è impossibile. Assurdo. Ma quando Lui dice ecco Lui fa, è unico l’istante dal dirlo al fiat del divenire, come i Cieli, i Cieli, oh, questi immensi monitor stradimensionali che narrano la gloria di Dio. Il salmo stesso di oggi così cantava, in tutta la Terra, in tutte le lingue del mondo, da un confine all’altro del nostro in fondo così piccolo pianeta. “I Cieli narrano la gloria di Dio”.
      Ti sento molto più ipercritica nei confronti di stessa di quanto in realtà tu risulti – in tutta probabilità – dolcissimamente ai tuoi bambini. Sii buona con te stessa, indulgi perchè Lui con te indulge.
      Più volte ho ravvisato, nelle tue parole qui, una profondità e una determinazione che raramente ravviso in donne, in cui intuisco una forte tempra decisionale, sovente è poi solo tesa nella risoluzione granitica di quella che oggi piace al mondo sbrodolarsi nel dnominarla “autorealizzazione femminile” – a investirci tutta una vita, e a qualsiasi costo.
      E se io in te vedo tale equilibrio già ora, come non ti donerà il Signore quell’affinamento di madre sempre figlia che Lui stesso scroscia a fiotti dal Suo cuore, e come non donartelo giacchè tu stessa poi lo chiedi?
      Mi sei tanto tanto cara. E lo so che non è una buona notizia, ma… io molto in te ravviso di me, come in pochi altri nella mia vita, dentro e al di là di un pc. A dirla tutta, io in questo blog sto scoprendo delle compagne di viaggio che al di fuori dei miei unici compagni/libri, o di coloro cui sono chiamata nel mio strapiccolissimo a dare, qui inimmaginabimente io ricevo, e ogni mattino e sino a sera – io vi leggo e sono piena di voi, di questa figliolanza che a grappoli ci presenta al Cielo – e mai potevo presumere di sperare si potessero poi incarnare in uomini veri, dal pianeta sogno dei desideri di Dio, le creature che oggi siamo, voi, voi tutti che incrociate argomenti su argomenti da un singolo post e giù tutta la vita a scambiarcela come cannucce da una stessa bibita, questa vita tutta che c’accomuna, la tensione d’infinito che ci trapassa e supera, voi, che siete l’unico “giornale” che io ami leggere nel web, comprarlo, proprio, al gratuito prezzo che a cristiani – e anime in cerca – si conviene.
      Mi sei cara.
      E’ solo il tempo che mi rallentava dal dirtelo.

      – Io non vorrei mai morire senza aver detto e in tutta semplicità, tutto quanto pensavo, per ogni fiore che mi si porgeva alla mano.
      Pian piano raggiungerò tutti.
      Dio buono mi darà il tempo sufficiente.
      Vi voglio tanto bene.

  24. “Forse io per prima avrei dovuto essere una figlia come te.”

    Non può passare come se niente fosse una frase così, e lastricare di silenzio il tutto dando a bere che sia così.
    No che non è così. Non è stato così, Daniela mia. Non sono stata nient’affatto una figlia adorable e men che meno – perchè me lo ricordo il tuo commento, @ Luigi – “la figlia che tutti i padri vorrebbero avere”.
    Solo che adesso ci sono solo io ad assicurarlo, qui, visibilmente, a passare finanche umile, e adesso, la figlia che con mio padre sono stata, ora tenta di dissuadervi da un’immagine di ragazzina che ha avuto un’infanzia spietatamente felice, non è merito mio, anzi, tutto il trucco dell’amarci così tanto, io e papà mio, era solo e unicamente nel perdono.
    Due testone di cax, direbbe Alvise nostro.
    Lui, il Gramsciano sporco maxista che mi leggeva Stendhal mentre gli massaggiavo tutti – tutti – i santi pomeriggi le spalle, poco dopo avergli portato a letto il caffè – amaro e con scorzetta grattuggiata di limone – ( al mattino lui a me, il caffè nel lettuccio mio e levissimamente nell’orecchio sussurrando “Buongiorno, principessa, studiato troppo anche stanotte, ti avevo nascosto i libri in un’ anta diversa dell’armadio da me in camera da letto e ti ho sentita entrare all’una con la pila”. “Avevo ancora da fare greco, Pucci, e ho finito latino solo alla mezza passata, era nell’ordine del pomeriggio la quinta materia del giorno e ho sforato: finite le altre 4 troppo tardi”; “hai tolto i preservativi dalla borsetta un’altra volta, sei sciocchina, lascia perdere le stronz* di tua madre”; “papà io sono fidanzata con te, non mi servono i preservativi, piuttosto il tuo comodino pullula di condom che fa schifo, datti una calmata con quella povera donna”; “tua madre mi lascia a secco, lei e quella chiesa puritana”; “papà…”, “eh…” e via così.

    Ma anche le valigie (con dentro la MIA robetta) dalle sue manone depositate a far la muffa davanti all’ingresso di casa e per due sere di seguito – la terza sera, ci fosse stata, sarebbe seguito il materasso e tutto intero in verticale – quando facevo la cameriera: innamoratami di un altissimo cameriere rincasavo all’alba decisamente ore dopo che avessero chiuso i due diversi locali in cui lavoravamo aspettandoci l’un l’altro e bevendo cappuccini e baciandoci fino a sentirci male.
    ( Io sono stata vergine sino ai miei 28 anni e senza il minimo straccio di “sacrificio”, ero proprio la più appassionata delle bambine e quando avevo tanto ma tanto ma tanto male all’ombelico, dopo ore e ore e ore passate a baciarci col galanprincipe di turno, io non mi spiegavo mai perchè non si tirasse fuori dai jeans quelle matite o quelle chiavi, che diamine aveva nelle tasche quello da farmi così tanto male mentre stretto ma così stretto m’abbracciava? Oh, io solo verso i 28 anni ho cominciato a ricordare e CAPIRE, capire…e a riderne con mia madre raccontandolo, che un’idea uno ancora oggi, e no che non se la fa. Sono stata preservata dal Cielo – di chi si alza il sopracciglio, adesso? – crescevo a latte e favole e pan celiaco e quando incontravo un uomo, anche in discoteca, anche sul cubo, tutta la passione del mondo si riversava in ore di baci e centellinatissimi, e meravigliosi: io ho davvero conosciuto uomini rispettosi da non capire ancora oggi, io non lo capisco ancora se fossero ammaliati da una supposta mia paventata ignoranza di come andasse il mondo dal mio punto di vista o semplicemente ipnotizzati da una gaiezza semplice e intensa, piccola piccola, io sognavo soltanto e mi pareva naturale che si facesse tutti altrettanto – no? – cosicchè dai miei amati romanzi sognanti io in tutta semplicità davo nuovi nomi ai nuovi principi nei miei grandi amori cui non avrei potuto cedere un solo centimetro in là del mio collo (ho anche subito tre tentativi di stupro, ma quella è un’altra storia che triadicamente non m’ha traumatizzato ma manco pe’ nulla, e karate a parte).

    Ma si litigava anche con papà mio, e certo.

    Tipo alla mia prima delusione d’amore, il suo montarmi in macchina di peso, andare nella pizzeria dove lavorava il garçon – io ancora non guidavo, m’è presa la necessaria impellenza di doverlo fare solo dopo la sua trasferta in cielo, prima non me ne importava granchè, c’era sempre lui, per ogni cosa, c’era mio papà – parcheggiare sotto il salice nascosto della pizzeria, vederlo scendere impetuoso dalla macchina e dirigersi dritto sparato verso il tipo che m’aveva lasciato, chiamarselo in disparte, dirgli “c’è qui qualcuno che ha bisogno di dirti ancora qualcosa”, e mentre io e il ragazzo altissimo parliamo, un’ora dopo ad aspettarmi solo, fumandosi un pacchetto di seguito ( al tempo io, io, ho detto “io”, odiavo fumo e fumatori – nella stessa stanza io con lui ma tassatoriamente senza quelle polpette di m* ) vedermelo riarrivare, mio padre, una bottiglia di Martini e 2 bicchieri tra le enormi dita ( astemia ero solo io) e tintinnarmeli negli occhi mentre i due brindano sorridendo e a 72 denti nel raccontarsi complici di quant’ è dura lavorare e studiare contemporaneamente etcetera etcetera e quanto sarebbe il caso, ora che io e l’altissimo cameriere s’era snocciolato l’equivoco galeotto della separazione che si rincasasse un filino prima..

    Io di storie così – di me e papà mio – ne ho un fienile zeppo.
    A venderle a flash ad un regista, e manco poi dei più gagliardi, c’avrei fatto i soldi a palate.
    L’ago nel pagliaio è che mio padre è un sognatore.
    Ho detto “è”.
    E non si può dire: “era” un sognatore.
    Ora sta in Cielo.
    Come diavolo potrebbe mai smettere adesso?

    (Pian piano riuscirò a rispondere anche agli altri commenti….No che non è un ode al padre. Ma mio padre ateo era. E un motivo ci sarà a quel morire così sereno, intubatissimo in rianimazione, improvissamente, scoppiante di salute e poi un infarto in chiesa a 52 anni, dicendo “Maria”, io c’ero in quell’alba in ospedale, nel giubileo del 2000, cinque anni quasi esatti dopo che tramite Maria le Madonne non lo sfiancavano più di bellezza soltanto nelle sue ricerche di storico dell’Arte.
    E quando partì, io ero più serena di lui.
    Qui, qui sta il divino.
    Perchè una cosa così, la poteva pensare solo Dio.)

    – Ora è il caso di portare i cani a passeggio. No, non c’è tempo di rileggere e correggere.

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