Lettera a Il Foglio di Luca Del Pozzo
Al direttore – E’ vero, il celibato sacerdotale non è un dogma di fede. Ed è altrettanto vero che da sempre tra gli uomini di Dio ha allignato la lussuria (uno piuttosto ferrato sull’argomento si chiamava Lutero). Per carità, nulla di cui scandalizzarsi. Per dire, un mio vecchio professore di Diritto canonico era solito ricordare una battuta molto in voga ai tempi in cui frequentava il seminario, che più o meno suonava così: “La castità sacerdotale è una virtù che si tramanda di padre in figlio”.
Ma né l’umana debolezza, né tanto meno – come vorrebbe certa narrativa – il legame tra celibato e pedofilia (fenomeno questo, per altro statisticamente irrilevante, legato piuttosto all’omosessualità, questa sì dilagante, tra le fila del clero) o la crescente carenza di sacerdoti, in Amazzonia come altrove, sono buoni motivi per rivedere la disciplina del celibato. Tra l’altro, anche laddove – vedi le comunità protestanti – del celibato non c’è manco l’ombra, non solo non risulta che tali comunità (in primis in Germania) brillino per una fede da fare invidia, ma quel che più conta non si è arrestata ed anzi è sempre più grave l’emorragia dei fedeli. Vorrà dire qualcosa? In tale ottica non si può non plaudire l’esortazione apostolica “Querida Amazonia” che non ha aperto ai viri probati come auspicava il documento finale del Sinodo. Per l’Amazzonia come altrove occorre andare alla radice del problema. Se c’è carenza di preti, e fermo restando che l’eucarestia non è un diritto, la soluzione non è abbassare l’asticella – magari pensando in questo modo di arginare, soprattutto in Sudamerica dove il fenomeno è dilagante, l’esodo di massa dei cattolici verso la sponda evangelica rincorrendo i protestanti sul loro stesso terreno – ma riproporre il Vangelo nella sua integralità, senza sconti, senza addolcire la pillola, senza compromessi di sorta. Prova ne sia, lo abbiamo già detto ma vale la pena ribadirlo, che laddove il Vangelo viene proposto e vissuto in maniera autentica e seria (vedi i movimenti laicali ecclesiali) le vocazioni fioriscono a migliaia. Altrimenti si rischia di mettere una toppa peggiore del buco. I vescovi tedeschi sono avvisati.
107. Come cattolici possediamo un tesoro nelle Sacre Scritture che altre religioni non accettano, benché a volte siano capaci di leggerle con interesse e anche di apprezzare alcuni dei loro contenuti. Qualcosa di simile cerchiamo di fare noi con i testi sacri di altre religioni e comunità religiose, dove si trovano «quei precetti e quelle dottrine che […] non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini».
Esortazione Amazzonica. ???????
Beh dov’è il problema? anche in altre religioni si trovano “raggi di verità”, certamente.
Questi “raggi di verità” sono illuminati e compresi pienamente, però, solo dalla Rivelazione di Cristo, in cui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità.
I missionari, storicamente, avendo incontrato le cuiture indigene, hanno sempre annunciato il Vangelo cercando di valorizzare ciò che di buono già c’era.
“Vagliate tutto, trattenete ciò che vale”, come diceva già S. Paolo.
E’ pienamente cattolico tutto questo, non c’è nulla di cui meravigliarsi.
Nessun problema….
Il celibato sacerdotale non è un dogma, ma nemmeno una mera disciplina ecclesiasitica. Nostro Signore stesso ha parlato di “eunuchi per il Regno di Dio”. Come si possono escludere da questo insegnamento, se non comando, coloro che devono guidare il gregge del Signore?
Del Pozzo rileva che per l’Amazzonia siano assai più importanti movimenti laicali che annuncino la buona novella del Vangelo piuttosto che ministri di Dio “ibridi’ (mi si conceda il termine), che amministrino l’Eucarestia.
Personalmente, posso dirmi d’accordo: tante persone oggi hanno bisogno di Dio, anche in aree dove i sacerdoti non difettano, ma che in Chiesa non entreranno mai! E ancora meno si metterebbero a parlare con un prete!
Ben vengano dunque movimenti cattolici laicali che in aree dove l’evangelizzazione è ai primordi, possono costituire uno “step” utile per aprire la strada ad un cattolicesimo pieno e consapevole. Anche la laicità può servire la Chiesa accostando persone lontane che aspettano una parola di vita, del resto Gesù non era un sacerdote, e non lo erano neppure gli apostoli! Non lo era san Francesco e non lo erano tanti santi!! Inoltre penso che tante persone preparate possano svolgere nelle aree amazzoniche servizi belli e dignitosi a servizio della Chiesa anche senza essere preti! Servono, innanzitutto, persone accoglienti e preparate , capaci di vivere il dono di sé tra le gente e che rimandano direttamente a Gesù e alla Sua Risurrezione: l’Eucarestia, che richiede una fede consapevole e matura, può anche attendere.
Gesù veramente è l’unico e sommo Sacerdote, talché i sacerdoti ordinati sono sacerdoti in quanto assimilati e configurati a Cristo.
Concordo che l’Eucaristia può attendere: nella storia della Chiesa moltitudini di cristiani (anche recentemente nei paesi in cui la religione è perseguitata) non hanno potuto accedere alla celebrazione né alla Comunione eucaristica e nessuno si è mai sognato che ciò pregiudicasse la loro salvezza eterna.
Preghiamo intensamente perche’ sempre più missionari si dedichino anima e corpo ai fratelli d’Amazzonia, e perché il Signore susciti vocazioni sacerdotali indigene.
Nel frattempo, auspicherei che sacerdoti itineranti lascino nelle comunità una riserva eucaristica, per potersi Comunicare almeno periodicamente e praticare l’adorazione eucaristica…
Tratto da AVVENIRE: La prima cosa che occorre sempre ricordare è che Gesù non era un sacerdote secondo la tradizione giudaica. La sua non era una famiglia sacerdotale. Non apparteneva alla discendenza di Aronne, bensì a quella di Giuda, e quindi legalmente gli era preclusa la via del sacerdozio. La persona e l’attività di Gesù di Nazaret non si collocano nella scia dei sacerdoti antichi, ma piuttosto in quella dei profeti. E in questa linea, Gesù prese le distanze da una concezione rituale della religione, criticando l’impostazione che dava valore ai precetti umani legati alla purità rituale piuttosto che all’osservanza dei comandamenti di Dio, cioè all’amore per Dio e per il prossimo, che, come dice il Signore, «vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (Mc 12,33). Persino all’interno del Tempio di Gerusalemme, luogo sacro per eccellenza, Gesù compie un gesto squisitamente profetico, quando scaccia i cambiavalute e i venditori di animali, tutte cose che servivano per l’offerta dei sacrifici tradizionali. Dunque, Gesù non viene riconosciuto come un Messia sacerdotale, ma profetico e regale. Anche la sua morte, che noi cristiani giustamente chiamiamo “sacrificio”, non aveva nulla dei sacrifici antichi, anzi, era tutto l’opposto: l’esecuzione di una condanna a morte, per crocifissione, la più infamante, avvenuta fuori dalle mura di Gerusalemme.
Stiamo parlando di sacerdozio cattolico, mi sembra.
Le genti amazzoniche di cui stiamo parlando appartengono alla Chiesa Cattolica, mi sembra.
Bene: quindi ribadisco che un cattolico è tenuto a confessare che Gesù Cristo è l’unico e sommo Sacerdote.
E pertanto nulla rileva che Gesù Cristo sia o non sia di famiglia sacerdotale secondo la tradizione giudaica.
Tratto dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
“Tutte le prefigurazioni del sacerdozio dell’Antica Alleanza trovano il loro compimento in Cristo Gesù, « unico […] mediatore tra Dio e gli uomini » (1 Tm 2,5). Melchisedek, « SACERDOTE del Dio altissimo » (Gn 14,18), è considerato dalla Tradizione cristiana come una prefigurazione del sacerdozio di Cristo, UNICO « sommo SACERDOTE alla maniera di Melchisedek » (Eb 5,10; 6,20), « santo, innocente, senza macchia » (Eb 7,26), il quale « con un’unica oblazione […] ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati » (Eb 10,14), cioè con l’unico sacrificio della sua croce.” (n. 1544)
“l sacrificio redentore di Cristo è unico, compiuto una volta per tutte. Tuttavia è reso presente nel sacrificio eucaristico della Chiesa. Lo stesso vale per l’unico sacerdozio di Cristo: esso è reso presente dal sacerdozio ministeriale senza che venga diminuita l’unicità del sacerdozio di Cristo. « Infatti solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri ».” (n. 1545)
Certo, la Chiesa ha proclamato Gesu’ quale sommo sacerdote della nuova alleanza; va ricordato, tuttavia, che l’istituzione del sacerdozio nasce all’inizio del terzo secolo: il vocabolo “sacerdos”, si riscontra per la prima volta soltanto nel periodo Tertulliano per indicare i Vescovi e pure i presbiteri. Riferendomi pertanto a Gesu’ ebreo, posso ribadire che Egli non era “sacerdote’.
Quindi, seguendo la tua logica, visto che fino al terzo secolo il vocabolo “sacerdos” non era usato e visto che quando Gesù era su questa terra la Sua Chiesa non l’aveva ancora proclamato sacerdote, Gesù non era sacerdote (poi lo è diventato? Meno male).
Mi spiegherai poi, secondo la tua logica, la differenza tra il “Gesù ebreo” che non è sacerdote e Nostro Signore Gesù Cristo unico e Sommo Sacerdote, che ho sempre ritenuto essere la stessa Persona (seconda della Trinità incarnata).
In sintesi: non ha alcun senso auspicare – come fai tu – che a evangelizzare siano laici perché “del resto anche Gesù non era sacerdote”, visto che il contenuto integrale ed esauriente dell’evangelizzazione medesima è Gesù Cristo unico e Sommo Sacerdote, Capo e Sposo della Chiesa, e in quanto tale unico Salvatore universale. Quindi bene che anche i laici evangelizzi o, a condizione che quello che ho detto sia il contenuto e il fine esclusivo della loro opera di evangelizzazione.
Comunque non voglio questionare oltre con te, soprattutto in casa d’altri.
Un saluto e buona serata
Eppure la logica è semplice: Gesù, quando iniziò a predicare in quella realtà , non era sacerdote . Mi sembra piuttosto chiaro.
Un poco più di sacerdote.Dio.
Vale
ho già cercato di spiegargli che non ha senso auspicare che i laici evangelizzino “perché del resto Gesù non era sacerdote quando cominciava a predicare”, visto che Gesù non solo non è laico, ma è nientemeno che Dio incarnato (e non mi risulta che un laico, per quanto santo, possa essere Dio) e unico vero Sacerdote, senza il quale è impossibile che chicchessia sia sacerdote realmente, e non solo nominalmente.
Cinquant’anni di biblicismo (da non confondersi con l’autentica indagine delle Sacra Scritture) han fatto danni peggio delle locuste…
@ Vale
Perfetto! ✌
Questo è il mio corpo questo è il mio sangue non quello sulla croce ma questo nel calice.Patto nuovo di una vittima viva e non morta come le offerte sacrificali.Gesù Cristo è il Dio della vita non della morte.Amatevi l’un l’altro no soffrite come ho sofferto io.La messa è sacrificio di persona viva data a noi per un atto di totale amore per la vita eterna.La sofferenza fa parte della nostra natura umana Lui non ne poteva aggiunge altra.Ecco la incomparabile bellezza della fede cristiana.Successivamente ha accettato liberamente anche il sacrificio della croce e poi è risuscitato dai morti perché come Dio non poteva morire.Il dono dell’Eucarestia è il massimo dei doni divini.
La sofferenza non fa parte della natura umana, è conseguenza del peccato originale. Cristo, pur essendo senza peccato, ha accettato di soffrire per redimerci. Non è che la sofferenza sia una condizione creaturale inevitabile: è conseguenza della colpa.
Per il cristiano ogni sofferenza, per ottenere frutti di salvezza, va congiunta a quella salvifica di Cristo; e ogni sofferenza che non sia quella dei dannati viene da Dio o come pena temporale da scontarsi in espiazione per il peccato proprio (seppure rimesso quanto alla colpa) o come espiazione per il peccato altrui (è il caso della sofferenza dell’innocente), e ciò in nessun modo si contrappone all’infinito Amore di Dio, giacché consoffrire con Dio che soffrendo ci ha acquistato la salvezza significa aderire al suo Amore Misericordiosissimo, che nella Sua innocente sofferenza per noi si manifesta pienamente
@Alessandro
> Concordo che l’Eucaristia può attendere: nella storia della Chiesa moltitudini di cristiani (anche recentemente nei paesi in cui la religione è perseguitata) non hanno potuto accedere alla celebrazione né alla Comunione eucaristica e nessuno si è mai sognato che ciò pregiudicasse la loro salvezza eterna.
Concordo, anche se e’facile comprendere che per altri sacramenti le cose si facciano un po’piu’spinose: pensa per esempio alla confessione e all’unzione degli infermi.
Rimane comunque evidente che non si puo’risolvere un problema creandone un altro.
Fra parentesi: Che poi se solo il Papa lo permettesse ci sarebbe tutta questa moltitudine immensa di viri probati pronti a scattare per risolvere tutti i problemi della Chiesa in Amazzonia, mi sembra non sia neanche questo stato dimostrato statistiche alla mano. L’esperienza protestante sembra in ogni caso puntare nella direzione opposta, come giustamente rilevato nell’articolo.
@ola
Concordo con il tuo intervento.
Annoto: ordinare clero uxorato, in mancanza di candidati celibi, perché garantisca i sacramenti porterebbe a dissestare l’economia sacramentale: a sfigurare il sacramento dell’Ordine per – contraddittoriamente -garantire gli altri sacramenti.
Ma è forse possibile, per onorare un sacramento, sfregiarne un altro?
La domanda è retorica. Se si capisse la risposta giusta, non si comincerebbe nemmeno a ipotizzare clero uxorato in Amazzonia o in altra porzione della Chiesa Latina, ma si lavorerebbe (soprattutto di Rosario 😉 ) perché sorgano copiosamente vocazioni sacerdotali indigene, visto che senza dubbio qui e ora Nostro Signore sta chiamando al sacerdozio celibe tanti di quei ragazzi amazzonici che noi nemmeno immaginiamo. Aiutiamo Gesù perché la chiamata giunga a destinazione e sia generosemente accolta!
Interessantissimo spunto di riflessione. Ricordo che nel 1996 passai tre mesi nel nord della Germania, in terra protestante (una delle segretarie del mio ufficio mi raccontò una volta che i primi cattolici lì si erano visti dopo la guerra: erano profughi dall’est). Il duomo evangelico (bellissimo) e la principale chiesa cattolica (molto meno bella) distavano fra loro poche centinaia di metri. La chiesa evangelica, spesso chiusa al pubblico, era quasi sempre vuota, mentre quella cattolica aveva le messe piene di gente. Diversi amici mi dicono che, in Europa, i protestanti stanno peggio di noi.
E’ vero che in America del Sud sta avvenendo un po’ il contrario (me ne parlò anni fa uno zio missionario in Amazzonia, ora purtroppo morto), ma è anche vero che le comunità cattoliche locali hanno appoggiato la sinistra populista (per esempio Lula), mentre Bolsonaro è stato appoggiato soprattutto dai protestanti. Basta parlare coi brasiliani per capire perché l’appoggio a Lula e alla sua successora sia stato un errore…. Non è, cioè, per il fatto che sono pochi e non sposati che i preti cattolici hanno perso terreno, ma per essersi legati a personaggi che vengono visti come controversi.
Appoggio a Lula, ma prima ancora alla Teologia della Liberazione.
Quest’ultima avversata senza esitazione da San GPII.
Oggi tornata in gran spolvero.
La sinistra offre un discreto ascendente sugli uomini di Chiesa.
Aimè purtroppo!
In realtà, la teologia della liberazione ha avuto molti seguaci fra i preti all’inizio, poi molti di loro, vedendo che Marx vi aveva più peso di Cristo, si sono allontanati e sono tornati a prima e l’hanno avversata. Però, sicuramente il problema nasce da lì.
La teologia della liberazione ha sicuramente avuto un grande successo inizialmente, poi molti preti sono tornati sui loro passi, quando si sono resi conto che Marx c’entrava più di Cristo.
Purtroppo, ancora molti confondono la dottrina sociale della Chiesa col socialismo…
Il celibato sacerdotale non è un dogma. Ne consegue che discuterne non è un peccato mortale. Non vi è alcuna relazione tra omosessualità e pedofilia. Non mi risulta che siano state pubblicate delle statistiche da cui risulti che la pedofilia sia più diffusa tra gli omosessuali che tra gli eterosessuali. Riguardo alla crisi delle vocazioni, credo anch’io che il problema non si risolva consentendo ai sacerdoti di sposarsi.
“Complessivamente l’81% delle vittime sono maschi e il 19% femmine. Le vittime maschili tendono ad essere più vecchie delle vittime femminili.”
https://it.wikipedia.org/wiki/Casi_di_pedofilia_all%27interno_della_Chiesa_cattolica
Sembrerebbe che nella Chiesa sia dilagante il fenomeno dell’omosessualità, quindi è inevitabile che la maggior parte degli abusi sui minori abbia un’origine omosessuale. Ma secondo il Sole24Ore, al di fuori della Chiesa, il 70% delle vittime di pedofilia sarebbero bambine. Trovo scorretto quindi collegare l’omosessualità alla pedofilia, sarebbe più corretto collegare l’omosessualità al celibato. All’interno della Chiesa non si registrano percentuali anomale nei casi di pedofilia, si registra invece una presenza anomala di omosessuali. E io mi farei qualche domanda. Grazie per l’informazione comunque. Ignoravo questa statistica.
https://www.ilsole24ore.com/art/pedofilia-telefono-azzurro-40percento-vittime-ha-meno-10-anni-piu-rischi–web-AEfo3UjE
Senta non ci faccia perdere tempo, è evidente che moltissimi dei casi di pedofilia del clero sono più precisamente casi di efebofilia omosessuale.
@Marco 29:
Lei sta confondendo i piani. Se parliamo in valore assoluto, è arcinoto che la maggior parte dei casi di pedofilia avviene tra le mura domestiche, cosa che per altro non fa che avvalorare l’infondatezza di chi strumentalmente associa pedofilia e sacerdozio e, quindi, celibato. Se parliamo invece di pedofilia tra le fila del clero, intanto sarebbe più corretto parlare di efebofilia posto che di casi di pedofilia vera e propria se ne contano molto pochi, inoltre e cosa più importante, le statistiche dicono che almeno l’80% degli abusi ha origine omosessuale, motivo per cui se è vero che non tutti i preti omosessuali sono pedofili , è altrettanto vero che la stragrande maggioranza dei casi di pedofilia riguarda preti omosex. D’altra parte , caso mai ce ne fosse bisogno che vi sia un legame tra omosessualità e pedofilia lo hanno dimostrato anche i risultati conclusivi di un’inchiesta condotta in Australia dalla Royal Commission, secondo cui il 96,2% dei maschi abusati ha affermato di aver subito abusi da un adulto di sesso maschile. Non solo . La stessa ricerca ha evidenziato che il 95% dei pedofili agisce tra le mura domestiche (vedi sopra), e che ben il 99,9% degli abusatori non viveva vita celibataria: dice niente? Il problema piuttosto è un altro, ed è stato magistralmente descritto dal Prof. Oko della Pontificia Accademia dì Cracovia, quando già diversi anni fa parlò di “omoeresia”, ossia del tentativo in atto nella chiesa di “sdoganare” una volta per tutte l’omosessualità. E fin tanto che non si prenderà il toro per le corna si continuerà a guardare al dito (celibato) per non vedere la luna (crisi di fede da cui deriva il dilagare dell’omosessualità).
“E fin tanto che non si prenderà il toro per le corna si continuerà a guardare al dito (celibato) per non vedere la luna (crisi di fede da cui deriva il dilagare dell’omosessualità).”
Proprio così. E Benedetto XVI l’ha ribadito chiaramente anche l’anno scorso:
https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_11/papa-ratzinger-chiesa-scandalo-abusi-sessuali-3847450a-5b9f-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml
Dice il Papa emerito: “Il processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale, da lungo tempo preparato e che è in corso, negli anni ’60, come ho cercato di mostrare, ha conosciuto una radicalità come mai c’era stata prima di allora. Questa dissoluzione dell’autorità dottrinale della Chiesa in materia morale doveva necessariamente ripercuotersi anche nei diversi spazi di vita della Chiesa…
Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere? In ultima analisi il motivo sta nell’assenza di Dio. Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio, perché è un discorso che non sembra avere utilità pratica…
In effetti, anche nella teologia, spesso Dio viene presupposto come fosse un’ovvietà, ma concretamente di lui non ci si occupa. Il tema «Dio» appare così irreale, così lontano dalle cose che ci occupano. E tuttavia cambia tutto se Dio non lo si presuppone, ma lo si antepone. Se non lo si lascia in qualche modo sullo sfondo ma lo si riconosce come centro del nostro pensare, parlare e agire.”
Benedetto XVI evidenzia inoltre che una teologia che neghi gli assoluti morali finisce drammaticamente per giustificare il relativismo morale, e con ciò lo scadimento della morale e il suo assoggettamento a logiche mondane e non cristiane, sicché la misura di ciò che è bene non è più Dio ma l’io con le sue preferenze (discrezionali, circostanziali, cangianti e volubili):
“Si affermò ampiamente la tesi per cui la morale dovesse essere definita solo in base agli scopi dell’agire umano. Il vecchio adagio «il fine giustifica i mezzi» non veniva ribadito in questa forma così rozza, e tuttavia la concezione che esso esprimeva era divenuta decisiva. Perciò non poteva esserci nemmeno qualcosa di assolutamente buono né tantomeno qualcosa di sempre malvagio, ma solo valutazioni relative. Non c’era più il bene, ma solo ciò che sul momento e a seconda delle circostanze è relativamente meglio…
Papa Giovanni Paolo II, che conosceva molto bene la situazione della teologia morale e la seguiva con attenzione, dispose che s’iniziasse a lavorare a un’enciclica che potesse rimettere a posto queste cose. Fu pubblicata con il titolo “Veritatis splendor” il 6 agosto 1993 suscitando violente reazioni contrarie da parte dei teologi morali. In precedenza già c’era stato il Catechismo della Chiesa cattolica che aveva sistematicamente esposto in maniera convincente la morale insegnata dalla Chiesa…
Non ci poteva e non ci doveva essere alcun dubbio che la morale fondata sul principio del bilanciamento di beni deve rispettare un ultimo limite. Ci sono beni che sono indisponibili. Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare.”
Considerando agli attacchi indicibili cui è sottoposta oggi “Veritatis splendor” (si pensi allo sconcertante sinodo tedesco in corso), si capisce meglio quanto ci sia bisogno vitale di rimettere al centro Dio come assoluto Signore del bene se non si vuole perpetuare e aggravare la degenerazione morale del clero e dei laici in atto in tanta parte dell’orbe cattolico.
un prete che abusa di un dodicenne è pedofilo se invece è diciottenne è omoerotico si dice così perché il sesso si fa solo con una donna e non con un uomo,questo è erotismo.Io penso che se dagli adolescenti si passa poi agli adulti è la stessa radice generata dalla devianza.
Non fa una piega.
Consiglio di leggere cosa dice un missionario spagnolo in Perù, don Ignacio, a proposito della vera realtà amazzonica e di cosa hanno veramente bisogno quegli uomini e quelle donne.
Quanto sarebbe auspicabile che sacerdoti così venissero ascoltati di più.
Mi ha commosso leggerlo.
https://panamazonsynodwatch.info/it/2020/02/10/gli-indigeni-della-selva-amazzonica-sono-stati-usati-per-attaccare-la-fede-cattolica/
ho fatto una riflessione sullo scarso numero di preti.I preti nascono dai cristiani, diminuiscono questi, diminuiscono quelli. Allora bisogna pregare i Dio che ci mandi tanti cristiani.Questa la realtà.Il “lavoro” dei preti è diminuito assai,meno confessioni,meno comunioni, meno cresime, meno matrimoni non parliamo delle estreme unzioni quasi scomparse, lo stesso per le benedizioni delle case ecc.Quanto tempo in più hanno.Cosa fare?Meditare la parola di Dio ed evangelizzare.Non devono dare la minestra ai poveri oppure accompagnarli a fare la spesa ecc.Queste cose le fanno i laici, no i preti.Il prete non è elargitore di prestazioni ma di fede il suo tempo deve essere, pieno, per Dio e basta.I fedeli lo aiuteranno per tutte le altre cose.Basta il prete assistente sociale e le cose sicuramente cambieranno.
Ok. È proprio così.
Alcuni vescovi sono stati la rovina della reputazione mondiale della nostra Chiesa.I preti che con certezza erano stati scoperti pedofili o omoerotici dovevano essere allontanati dalla Chiesa e non spostati in altre parrocchie.Questa la radice del disastro.
Dunque, ragioniamo (per evitare di crepare dalle risate).
Io non so come funzionano i tram in Amazzonia.
Però so benissimo come funzionano qui.
Il rapporto che abbiamo col sesso oscilla tra l’erratico e l’inesistente : mi è sfuggito qualcosa?
Ma chi è quel genio che è arrivato a pensare di usare il sesso per risolvere un problema di scarsità vocazionale?
Non ci sono vocazioni perché la gente non crede in Dio, non perché non copula abbastanza.
Di tutti i miei amici sposati : o sono divorziati, o vivono sull’orlo di un collasso nervoso.
Non c’è via di mezzo.
Così come consiglio di far fare alle donne la fine di Debra Winger nel finale del film “Ufficiale e Gentiluomo”, perché penso che reggere il timone di una famiglia sia un attività seria da farsi con calma e a tempo pieno, analogamente, penso, che portare la lieta novella sia un attività altrettanto seria ed impegnativa.
Non una specie di hobby da gestire nei ritagli di tempo.
Naturalmente io sbaglio perché sono “fuori di testa” come dicono i miei amici progressisti (divorziati).
@Beppe sì, non so se tu sia fuori di testa, ma certamente hai scritto cose che non c’entrano nulla con l’argomento.
@Thelonious
si, naturalmente : io dico sempre cose che “non centrano con l’argomento”.
Soprattutto quando per capire le ovvietà della vita occorrono conoscenze in psico-teologia avanzata.
Cercherò quindi di essere più puntuale, visto che questo argomento è così difficile da capire.
La Chiesa distingue 2 sacramenti : la vita consacrata e quella coniugale.
Sono due sacramenti distinti.
Perché?
Perché SONO COSE DIFFICILI già presi separatamente … hai una vaga idea di quello che accadrebbe ficcandole tutte e due nella stessa testa?
Se fai 2 lavori nello stesso momento le difficoltà raddoppiano.
Se poi questi 2 lavori sono già in se e per se complessi … le difficoltà esplodono.
Thelonious, è tutto molto semplice guarda : 1+1=2.
Concordo in tutto, chi pensa che un prete possa anche essere sposato ha una ben scarsa opinione del sacramento del matrimonio. Sono due sacramenti distinti, molto impegnativi e di eguale dignità. Pensare che si possano vivere pienamente e contemporaneamente è segno di superficialità. Sarebbe come dire al chirurgo che mentre opera potrebbe fare anche l’anestesista. Certo che lo può fare, ma non sarà mai ne un buon chirurgo ne un buon anestesista!
@Beppe
Premesso il fatto che sono d’accordo sulla difficoltà di entrambe le vocazioni, e premesso anche che riconosco che il celibato sacerdotale ha un valore intrinseco per il fatto che Gesù stesso era celibe e vergine, tuttavia ti ricordo che la chiesa CATTOLICA a diritto orientale conferisce il grado dell’ordine sacro fino al secondo grado (ossia il presbiterato) anche ad uomini sposati.
Questo non rende invalido nessuno dei due sacramenti, e la loro vita è pienamente incardinata nell’unità dell’unica Chiesa Cattolica.
Perciò, quando si vuole difendere una cosa importante (come il celibato sacerdotale, con cui peraltro sono d’accordo anch’io al 100%) bisogna tirar fuori le ragioni giuste, e basta conoscere un minimo di storia della Chiesa (quella vera, non quella che è esistita solo nella mente di certi tradizionalisti) per capire che il matrimonio e l’ordine sacro non sono, di per sé, incompatibili.
Continuare a battere su questo chiodo non aiuta la causa e non aiuta a capire.
Perchè semplificare è giusto, ma quando le cose sono importanti e profonde, farle diventare tutte, come dici tu “1+1=2” non le rende semplici, ma le banalizza a basta, e non aiuta la causa, pur giusta.
“il matrimonio e l’ordine sacro non sono, di per sé, incompatibili”
Ecco, questa è l’affermazione (che ricalca quanto detto in “Presbyterorum Ordinis” al n. 16) ripetuta mille volte in queste settimane, di cui ho già parlato qua:
https://costanzamiriano.com/2020/02/13/per-lamazzonia-come-altrove-occorre-andare-alla-radice-del-problema/#comment-146464
e qua
https://costanzamiriano.com/2020/02/13/per-lamazzonia-come-altrove-occorre-andare-alla-radice-del-problema/#comment-146469
Non ripeto quello che ho già scritto lì.
In estrema sintesi: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno chiaramente insegnato, al contrario, che il matrimonio e l’ordine sacro sono di per sé incompatibili (e non era certo loro ignota la storia della Chiesa e la disciplina vigente nella Chiesa Cattolica orientale), ossia che corre un nesso ontologico-sacramentale tra sacerdozio e celibato, come ci ricordano Benedetto XVI stesso e il cardinal Sarah nel libro ““Dal profondo del nostro cuore”.
Dopodiché (ma qui non mi rivolgo a te, Thelonius, ma faccio un discorso generale), si può nascondere quest’insegnamento giovanpaolino-benedettino sotto il tappeto (come fa il documento conclusivo del sinodo panamazzonico al n. 111), o anche far finta che l’insegnamento giovanpaolino-benedettino non sia questo, e perfino operare tale occultamento senza farsi scrupolo al contempo di dichiararsi integralmente ossequienti al Magistero giovanpaolino (le vie dell’ipocrisia sono infinite…); ma ciò non giova alla verità, non fa progredire di un millimetro nel capire davvero come Cristo voglia che sia il sacerdote, e non toglie che trattasi di Magistero autentico (non di semplice opinione teologica personale, espressa come privato dottore), impartito da Papi legittimati a impartirlo.
Oltretutto, è un insegnamento che non fa che portare infine e provvidamente in piena evidenza un elemento cruciale: non è che l’obbligo del celibato nella Chiesa Latina (e l’obbligo che il vescovo sia celibe anche nelle Chiesa cattolica a diritto orientale: dice niente questo?) ci indichi soltanto che il celibato è una sorta di stato particolarmente favorevole a ricevere e vivere fruttuosamente l’ordinazione sacra (sicché il coniugato è solo un po’ meno favorito a vivere fruttuosamente il sacramento dell’Ordine), ci indica qualcosa di molto più grande, che il Magistero autentico giovanpaolino-benedettino al riguardo non si è inventato, ma ha il pregio di aver tratto finalmente e salutarmente allo scoperto con la massima nitidezza.
Tutto ciò – come ho già segnalato nei commenti indicati – non significa che non sussistano evidenti frizioni tra questo contenuto di Magistero autentico e legittime consolidate discipline plurisecolari.
A proposito delle quali, le cose più intelligenti (e utili a capire come andare oltre queste discipline senza andarci contro) le hanno scritte a mio avviso Benedetto XVI e il cardinal Sarah con schiettezza nel noto libro:
“Perché la Chiesa cattolica ammette la presenza di un clero sposato in alcune Chiese orientali unite?
Alla luce delle affermazioni del magistero recente sul legame ontologico tra sacerdozio e celibato, penso che tale accettazione abbia lo scopo di favorire una progressiva evoluzione verso la pratica del celibato, [evoluzione] che avrebbe luogo non per via disciplinare ma per ragioni propriamente spirituali e pastorali”.
Si licet parva…, concordo in pieno con questa convinzione.
@Alessandro
sì, hai ragione, e ti ringrazio della pacata ed articolata risposta (come sempre le tue, del resto).
Peraltro, come ho scritto subito, anch’io sono convinto dello stretto legame tra verginità (che è parola ancora più forte di “celibato”) e l’azione “in persona Christi”.
Vero Roberto, sono d’accordo con te. Occorre tornare ad evangelizzare, basta assistenza sociale.
Il celibato sacerdotale non è un dogma di fede, come tante altre cose…. É un’opportunità, data la delicatezza e l’importanza del compito. ” Tutto è lecito ma non tutto conviene” dice San Paolo. Pensiamo che ne sarebbe stato della Chiesa Cattolica se non avesse avuto il celibato sacerdotale….!
Oltretutto è vero che non è un dogma di fede, ma è altrettanto vero che il Magistero recente ha sempre più fortemente ed esplicitamente affermato che corre un nesso ontologico-sacramentale tra celibato e sacerdozio.
E’ quello che Benedetto XVI e il cardinal Sarah asseriscono chiaramente nel libro “Dal profondo del nostro cuore”: “C’è un legame ontologico-sacramentale tra sacerdozio e celibato. Qualsiasi indebolimento di questo legame costituirebbe una rimessa in discussione del magistero del Concilio e dei Papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI” (pp. 130-1)
Si veda ad esempio l’esortazione apostolica “Pastores dabo vobis”, di Giovanni Paolo II, al numero 29:
“È particolarmente importante che il sacerdote comprenda la motivazione teologica della legge ecclesiastica sul celibato. In quanto legge, esprime la volontà della Chiesa, prima ancora che la volontà del soggetto espressa dalla sua disponibilità.
Ma la volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l’Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l’ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore.”
E al n. 50
“In tal senso il celibato sacerdotale non è da considerarsi come semplice norma giuridica, né come una condizione del tutto esteriore per essere ammessi all’ordinazione, bensì come un valore profondamente connesso con l’ordinazione sacra, che configura a Gesù Cristo buon Pastore e Sposo della Chiesa, e quindi come la scelta di un amore più grande e senza divisioni per Cristo e per la sua Chiesa nella disponibilità piena e gioiosa del cuore per il ministero pastorale”.
Insomma: il Magistero giovanpaolino afferma inequivocabilmente che la piena configurazione a Gesù Cristo buon Pastore e Sposo della Chiesa esige che l’ordinazione sacra sia conferita a celibi.
Pertanto è gravemente ingannevole pretendere oggi di ragionare in profondità sul celibato sacerdotale senza tener conto che il Magistero recente e autentico, segnatamente quello giovanpaolino e benedettino, ha indubitabilmente vieppiù evidenziato un legame ontologico-sacramentale tra sacerdozio e celibato che va ben al di là della mera disciplina e prassi diuturna della Chiesa Latina.
Sicché, limitarsi, come fanno alcuni, ad asserire che Presbyterorum Ordinis del Concilio Vaticano II al n. 16 afferma che “la perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli… non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio”, senza leggere per intero il n. 16, e senza considerare quanto illustrato sul Magistero autentico recente al riguardo, è il modo migliore per vietarsi una intelligenza più profonda e limpida della questione celibataria.
Se esistono frizioni irrisolte già all’interno di Presbyterorum Ordinis, e quindi tra Presbyterorum Ordinis e il suddetto Magistero autentico giovanpaolino e benedettino al riguardo, il modo per indagare seriamente queste frizioni, e quindi per porsi nelle migliori condizioni per cercare di capire che cosa Cristo davvero voglia dalla Sua Chiesa quanto al celibato sacerdotale, non è fingere che tale Magistero autentico non ci sia o che non dica quello che palesemente dice.
Concludendo: è vano ripetere quasi meccanicamente che l’Ordinazione sacra configura a Cristo, senza interrogarsi radicalmente – come fanno Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – su che significa “configurarsi a Cristo.”
Se “configurarsi a Cristo” non è solo un modo di dire, allora significa configurarsi – insegnano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – a Cristo quale Cristo è, ossia unico Sommo Sacerdote, Capo e Sposo della Chiesa, che proprio in quanto Sposo della Chiesa non prende moglie ed è pertanto celibe.
Sicché configurarsi compiutamente a Cristo comporterà per il sacerdote ordinato non prendere moglie ed essere casto nella perfetta continenza, come Cristo non prende moglie ed è casto nella perfetta continenza.
Mi rendo conto che questo modo di intendere la configurazione a Cristo del sacerdote ordinato può suonare problematico e perfino scandaloso, e risultare stridente con discipline e prassi secolari, ma non si può eluderlo senza eludere il Magistero autentico recente giovanpaolino e benedettino al riguardo, con ciò stesso rinunciando a pensare radicalmente, spregiudicatamente, autenticamente che significa che l’ordinazione sacra “configura a Cristo”, oltre (ma non contro) discipline e prassi secolari.