Quaresima: perché io valgo

DISMA BLOG

Bisognerebbe imparare a contemplare di più il Crocifisso, cosa che peraltro in Quaresima dovrebbe anche esserci più facile. Cristo in croce è ciò che ci dice che cosa siamo; guardare Cristo in croce ci permette di capire noi stessi. Perché in quell’immagine è racchiusa la verità più profonda, più sconvolgente e in assoluto più chiarificatrice del nostro essere: io valgo la vita di Cristo.

Valgo la vita di Dio.
A me questa cosa fa impressione. Io sono uno per cui è valsa la pena che Dio morisse; e non mi sembra che Dio faccia le cose senza ragione. Quindi deve esserne proprio valsa la pena.
Oltre l’avermi creato, oltre l’essersi incarnato, oltre a tutti i miracoli piccoli e grandi fatti per me, Dio ha ritenuto che valesse la pena di morire per me. Io valgo la Sua vita.

Non so a voi, ma questo introduce in me un modo di guardare a me stesso del tutto nuovo, perché questo mio valere la vita di Dio mi carica di una responsabilità oltre ogni immaginazione. Dio in persona è morto per me: e io cosa ne faccio di tanta grazia? Non posso più nè illudermi di rispondere a me stesso della mia vita, nè tantomeno lamentarmi di qualcosa. Anzi, a questo punto devo dimostrare che ne sia valsa davvero la pena, di morire per me. Non posso mica sprecare una cosa così grossa.

Seconda considerazione, più difficile da accettare ma altrettanto sconvolgente, è il fatto che anche il mio prossimo vale la vita di Dio. Proprio quel rompiballe, quell’immorale, quella persona di cui non salverei nulla. Ecco, proprio per quello lì Dio ha valutato che valesse la pena di morire.
Uno dei due non ci ha visto giusto. E non credo che sia Dio.

 

14 pensieri su “Quaresima: perché io valgo

  1. Beatrice

    @Francesca

    Ti rispondo qui perché nell’altro post hanno chiuso i commenti. Ma perché dovete sempre contrapporre la testimonianza di vita personale alla difesa delle Verità di fede? Le due cose non sono in contrapposizione, ma proprio per niente! Ci sono fior di Santi che hanno sempre fatto entrambe le cose contemporaneamente, perché il cristiano ha anche un ruolo pubblico, non può esimersi dal testimoniare la Verità, quando è necessario, pena il peccare di omissione. Ma tu a una Caterina da Siena saresti andata a dire “ma smettila di infangare la Chiesa e il Papa e pensa piuttosto a testimoniare con la vita”? E a Gesù saresti andata a dire “ma smettila di infangare i sacerdoti del sinedrio e pensa solo a testimoniare con la vita”? No, perché i clericali di oggi, per cui non si può dire bah contro vescovi e Papa, si sarebbero strappati i capelli anche nel vedere nel 30 d.C. il figlio di un falegname rimbrottare aspramente i capi religiosi dell’epoca. Insomma, tu che cosa ne sai di quello che fa Fabrizio nella sua vita per vivere al meglio gli insegnamenti del Vangelo? Cosa ne sai se ha mai spinto alla conversione qualcuno con la testimonianza della sua vita?

    Noi semplici fedeli facciamo parte della Chiesa e abbiamo responsabilità non indifferenti, non possiamo far finta di niente di fronte a una delle crisi di fede peggiori dai tempi di Ario e di Lutero. Ci sono casi in cui abbiamo il dovere di intervenire a difendere la Verità, qualche volta possiamo davvero fare la differenza, come è successo per Charlie Gard, perché, sebbene quel povero bambino abbia lo stesso fatto una brutta fine, la nostra mobilitazione ha smosso un po’ le cose, ha permesso di ritardare la condanna a morte emessa per “bassa qualità di vita”, ha fatto sì che intervenissero il Papa e Trump e che la storia fosse seguita da tutti i media, ma se fossimo rimasti in silenzio l’avrebbero ucciso nell’indifferenza generale.

    Se in tutto questo tempo non ci fossero state resistenze di laici e consacrati alle riforme dei “misericordiosi” le cose a quest’ora andrebbero ancora peggio, penso per esempio al sinodo dove volevano già sdoganare le unioni omosessuali con la controversa Relatio post disceptationem (ma comunque tra poco ci siamo anche con quello per la gioia dei vari padre Maggi, che forse secondo te è stato qui infangato da Paul Bratter). Adesso poi è sotto attacco l’Humanae Vitae, ma guai a dire qualcosa in merito, giusto? Altrimenti si infanga quella parte di Chiesa attualmente al potere che l’Humanae Vitae vuole rottamarla, giusto?

    È vero: nelle testimonianze che hai portato di musulmani divenuti cristiani le conversioni non sono dovute a Papi e vescovi, ma questo non vuol dire che le scelte di Papi e vescovi non abbiano riflessi sulle vite non solo dei semplici fedeli ma di tutti gli uomini. O pensi sia un caso che in poco tempo abbiamo avuto in Italia la prima legge sui matrimoni gay e sull’eutanasia? Forse sarebbero passate comunque quelle leggi, ma almeno i pro-life e pro-family non si sarebbero sentiti abbandonati e disprezzati come è successo e succede attualmente (perché conosco gente di quel mondo e ti assicuro che è così che si sentono). Ma davvero pensi che i Papi e i vescovi possano fare quello che più piace a loro senza influire minimamente sul corso degli eventi? Ma secondo te ha più possibilità di cambiare le cose un Papa o un semplice laico senza alcun ruolo dirigenziale? E comunque se proprio vuoi un esempio concreto della differenza che può fare un consacrato con una fede salda, eccoti qui un esempio recente: “Malato di Sla fa il biotestamento, ma poi cambia idea. «Ho incontrato don Negri»”
    https://www.tempi.it/malato-di-sla-fa-il-biotestamento-ma-poi-cambia-idea-ho-incontrato-don-negri#.WrbABZco_UQ

    Infine un’ultima cosa: se c’è qualcosa che dovrebbe aver insegnato la brutta vicenda della lettera di Ratzinger è che non c’è continuità tra i due pontificati, perché è vero che il Papa emerito parli di una “continuità interiore”, ma, come fa notare qui (http://www.corriere.it/cronache/18_marzo_22/primo-dualismo-pontefici-vigano-francesco-ratzinger-18a0ea20-2d43-11e8-af9b-02aca5d1ad11.shtml) Massimo Franco del Corriere, è “un’espressione così sottile da suonare lievemente criptica”, mentre tutt’altro che criptico è il chiaro rifiuto di Benedetto di scrivere la prefazione ai libretti di Francesco perché tra i teologi figurano due fieri oppositori del pontificato suo e di Giovanni Paolo II. Morale della favola: non ti possono piacere sia Benedetto XVI che Francesco, visto che sono chiaramente agli antipodi per visione teologica e scelte pastorali oltreché liturgiche (vedi infatti il mobbing che sta subendo quel sant’uomo di Sarah).

    Dopo l’Amoris laetitia e la confusione che è seguita, la decapitazione dell’Ordine di Malta per proteggere uno che ha diffuso preservativi in Africa, la svendita dei martiri cinesi rimasti fedeli a Roma a costo di grandissimi sacrifici, lo snaturamento del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per la famiglia e della Pontificia Accademia per la Vita (con persone pro-aborto e pro-eutanasia al suo interno, per non parlare di quel Paglia fan di Pannella e favorevole all’uccisione di Alfie Evans), dopo il testo ambiguo contro l’accanimento terapeutico diramato proprio quando si discuteva della legge sul bio-testamento (che guarda caso tutti i giornali hanno letto come un beneplacito alla legge senza ricevere nessuna smentita), dopo la cacciata di Muller e prima di lui di suoi collaboratori fedeli alla dottrina, dopo l’umiliazione pubblica inflitta a Sarah, dopo la dichiarazione di don Chiodi (nuovo membro della PAV) contro l’Humanae Vitae e la creazione di una commissione apposita per rottamarla, dopo che il testo del Papa contro l’accanimento terapeutico (quello che ci ha fatto avere il bio-testamento per intenderci) è stato usato da un giudice inglese per avallare l’uccisione di Alfie Evans senza che nessuno (a parte Costanza e pochi altri) abbia avuto niente da ridire, insomma dopo queste e tante altre cose, che ora non mi ricordo con precisione, non ce la faccio più a sentirvi dire “smettetela di infangare la Chiesa”. Mi viene solo da rispondervi con le parole di Santa Caterina da Siena: “Avete taciuto abbastanza. È ora di finirla di stare zitti! Gridate con centomila lingue. Io vedo che a forza di silenzio il mondo è marcito”.

    1. @Beatrice

      “Ti rispondo qui perché nell’altro post hanno chiuso i commenti. ”
      Meglio qui, sotto il viso del Signore.

      “Ma perché dovete sempre contrapporre la testimonianza di vita personale alla difesa delle Verità di fede?”

      Ma secondo te, CHE COSA proponevo io di testimoniare con la propria vita?
      I fichi secchi?

      “Le due cose non sono in contrapposizione, ma proprio per niente!”

      Appunto.
      Quando posso ti rispondo nel dettaglio al tuo lungo commento. Queste, come sai, sono giornate un po’ impegnate.
      Ti ho risposto ora così sai che ti ho letta. Se per caso ti rispondo nei prossimi giorni e qui avessero chiuso i commenti, se puoi tieni d’occhio dove scrivo perché la risposta sarà per te, alle domande e obiezioni che mi poni.
      Ciao

      Osanna al Figlio di Davide.
      Benedetto Colui che viene nel Nome del Signore.

    2. Adolfo

      #Ma davvero pensi che i Papi e i vescovi possano fare quello che più piace a loro senza influire minimamente sul corso degli eventi? Ma secondo te ha più possibilità di cambiare le cose un Papa o un semplice laico senza alcun ruolo dirigenziale?#

      Grazie da parte mia, Beatrice. Noto spesso che la tecnica di contrapporre “noi” (ultime ruote del carro) a “loro” (gerarchia ecclesiastica, che può pesantemente influire – in bene o in male – sulle sorti della Chiesa), abbia come scopo quello di scusare sempre e comunque “loro”.

      Si possono tranquillamente dimostrare molte discrepanze, ad esempio fra il pontificato di GPII o di Benedetto e quello di Francesco: ma per costoro ciò non conta. Se la realtà contraddice il loro pensiero, tanto peggio per la realtà.
      Magari dicono che anche i Papi precedenti a volte hanno sbagliato, e ciò è vero. Ma un conto è l’eccezione, un conto è la regola. Se la Dottrina viene sistematicamente lasciata da parte, proprio per poter sviluppare una disciplina dei Sacramenti e una pastorale che, di fatto, negano la Dottrina, allora il problema non solo c’è, ma è pure bello grosso.
      Se vi sono intere conferenze episcopali, che interpretano dei documenti dell’attuale papa in modo diametralmente opposto, evidentemente l’ambiguità di tali documenti è grave. E non si risolve certamente affermando che i documenti di oggi vanno letti in continuità con quelli di ieri: così infatti dovrebbe essere… ma così non è. E sempre meno lo sarà.

      La Chiesa va di male in peggio, e ciò che dispiace è che, a leggere certi interventi, chi critica papa e gerarchia in genere, ha sempre e solo un intento distruttivo. Mentre i sostenitori dell’attuale gerarchia continuano a girare intorno ai problemi. Non di rado anche i sostenitori riconoscono che certe cose non vanno… però si ostinano a negare che “la fonte primaria dei problemi” stia proprio nei pastori che sono diventati lupi e/o mercenari.

      Certamente ognuno di noi deve impegnarsi in un serio cammino di fede, ma abbiamo anche il diritto di alzare la voce, quando vediamo che la Chiesa di Cristo è attaccata proprio da coloro che dovrebbero difenderla. Esattamente come un figlio ha tutto il diritto, e anche il dovere, di rimproverare il padre, se quel padre si dimostra degenere.

  2. Beatrice

    @Zimisce

    Anche a te rispondo qui perché di là hanno chiuso i commenti. Alcune cose che hai detto mi trovano concorde. Per esempio condivido le tue perplessità sulla Bossi-Fini o i dubbi che hai espresso circa le politiche attuabili per risolvere il problema dell’immigrazione. Ci sono però anche cose su cui dissento, perché ho letto articoli che dicevano l’opposto di quanto affermi. Tu dici:

    «Comunque in tutti questi casi la situazione si calmerà quando varie situazioni miglioreranno nei paesi di emigrazione».

    Ecco, io invece avevo letto su “Tempi” un articolo di Rodolfo Casadei in cui sosteneva che i migranti, ad eccezione dei siriani, arrivano anche da Paesi in crescita dove ci sono prospettive di vita tutto sommato buone. Ti riporto parte del pezzo citato:

    «Sono solidale coi profughi dalla Siria, anche perché ho toccato con mano i pericoli ai quali chi vive in quel disgraziato paese è quotidianamente esposto. Ma non posso non notare che molti profughi siriani, le cui ragioni dell’esodo dal paese di cui sono cittadini sono più che legittime, non si limitano a cercare un approdo sicuro alla loro fuga: vogliono andare a vivere in Germania, e in subordine in un altro paese nordeuropeo. Cioè sono attratti non semplicemente dalla sicurezza, ma dalle migliori prospettive di benessere. E questo vale anche per la maggioranza degli africani, che emigrano in Europa per motivi prettamente economici: vengono da paesi come la Nigeria e la Costa d’Avorio, che hanno tassi di crescita del Pil dell’8 per cento annuo. Certo, si tratta di una crescita che contiene molte diseguaglianze, ma non si può dire che non ci siano prospettive.
    La verità è, come ha scritto lo Spectator alla fine di ottobre, che «le persone che prima erano troppo povere per pensare di emigrare, adesso hanno abbastanza denaro per intraprendere il viaggio. Hanno smartphones e sanno come si vive all’estero. La velocità a cui la povertà globale si sta riducendo ha messo in movimento milioni di persone». È così: non la fame, ma la rivalità mimetica spinge le persone a emigrare in Europa».

    https://www.tempi.it/strage-di-parigi-ce-un-solo-modo-per-sconfiggere-il-terrorismo-jihadista#.WrZ1sJco8e0

    Altro punto controverso che sostieni tu è il seguente:

    «questo fenomeno (l’immigrazione ndr) non si può imputare ad un complotto».

    A tal proposito io la penso come Diego Fusaro: dietro la tratta dei migranti ci sono potentati finanziari al soldo dei vari Soros (che, com’è noto, controlla molte ong), perché il liberismo ha bisogno di manodopera a buon prezzo, insomma di schiavi disposti a tutto pur di lavorare. Comunque, dato che io non sono nessuno per sostenere qualcosa del genere e Fusaro può far storcere il naso ad alcuni per il suo marxismo dichiarato, cito una recensione di Fubini al libro di Roberto Napoletano “Il Cigno nero e il Cavaliere bianco”. Alla fine dell’articolo Fubini scrive:

    «Ma gli strali più velenosi, e forse i brani di attualità più bruciante, Napoletano li riserva a una certa élite francese, accusata di voler indebolire l’Italia — banche incluse — per comprarne i gioielli di famiglia a poco prezzo. Il libro parla di un «disegno di conquista che la Francia conduce, in modo strategico e militare, nei confronti dell’Italia». Emblematico un passaggio: «Nei circoli internazionali il ragionamento geopolitico prevalente dà per acquisito che i francesi vogliono conquistare il Nord dell’Italia e magari lasciare che il Sud diventi una grande tendopoli per gli immigrati di tutto il mondo. Per loro sono dati quasi psicologico-esistenziali». Parole che, c’è da scommetterlo, non mancheranno d’infiammare favorevoli e contrari».

    http://www.corriere.it/economia/17_dicembre_03/grande-crisi-dell-europa-quella-lista-errori-trichet-ec0c1910-d867-11e7-83d0-5335217d8231.shtml

    Detto questo, penso che quello dell’immigrazione sia un tema delicatissimo che non può essere affrontato in maniera superficiale con slogan semplicistici tipo “stop all’invasione” o “aiutiamoli a casa loro”. Da cristiana mi trovo d’accordo col post di Emanuele Fant che era stato pubblicato qui: https://costanzamiriano.com/2017/11/06/lequivoco-delliaccoglienza/
    Noi viviamo obiettivamente nella parte di mondo privilegiata ed è del tutto comprensibile che anche gli altri vogliano godere del nostro benessere. Una ragazza nata in Nigeria ha tutto il diritto di sognare una vita migliore in Italia (io per esempio tempo fa sognavo di trasferirmi nel Regno Unito dove avrei sposato il mio mr Darcy e se capitasse l’occasione insomma non starei a pensare “ma io devo obbligatoriamente vivere in Italia e sposare un italiano perché altrimenti tradisco la mia patria e la mia gente”). Tra l’altro vorrei ricordare che se l’Europa è diventata cristiana è perché sono venuti a evangelizzarla certi stranieri dalla Palestina.

  3. Approfitterò anch’io della pazienza dei padroni di casa, perché ieri molti mi hanno risposto, ma sono stato fuori tutto il tempo.

    @exdc
    Quindi, questo fatto renderebbe di fatto improbaile che i musulmani diventino maggioranza, anche perchè non mi risulta che ci siano tante (qualcuna si, ma tante no) conversioni di europei alla fede di Allah, e questo è reso difficile anche da un altro fatto: mentre il cristianesimo è filosoficamente allenato a dibattre con i non credenti su tutte le questioni fondamentali inerenti la fede (esistenza di Dio, immortalità dell’anima, teodicea), l’islam non solo non lo è, ma addirittura proibisce il dibattito su queste materie.
    E siccome lo scetticismo è merce diffusa, i musulmani sono inadatti a convertire gli occidentali con la discussione ed il libero dialogo.

    Il punto è questo: gli islamici hanno un tasso di fertilità ben più alto di tutte le altre etnie. E lo hanno anche per motivi ben precisi. Per questo ci sono previsioni che paventano una conquista da parte loro di tutta l’Europa. Ora quello che c’è da dire è che le previsioni di questo tipo proiettano nel futuro le situazioni correnti, per cui spesso e volentieri sbagliano per non saper predire il cambiamento di certe condizioni. Per esempio, anni fa questa previsione era fatta per Israele – ovviamente in tempi molto più brevi – e un cambiamento del tasso di fertilità della popolazione ebraica sta cambiando le cose. Siccome il “break even” per l’Europa è previsto tra molti decenni, io penso con relativa tranquillità che le cose cambieranno prima. Il problema è altro: è l’instabilità ed il rischio concreto di guerra civile in questi decenni, con tutte le conseguenze che avrebbe. In altre parole, fossimo negli anni ’30 io ti direi: Hitler non ha possibilità di vincere definitivamente, ma può fare molto danno. Ora, qui si è citata Poitiers, e si possono citare altri eventi-simbolo dell’epoca, ma la situazione era molto più complessa. In realtà ampie zone d’Europa erano soggette alle scorrerie dei saraceni che si erano installati in alcune aree uscite dal controllo delle istituzioni (e facevano molto danno pur non essendo tantissimi), semplicemente perché le istituzioni erano crollate dopo la caduta dell’Impero, ovvero si erano frammentate e i frammenti (principati locali) non si mettevano insieme. Mi pare che molti ignorino queste situazioni meno eclatanti o famose, per così dire, ma molto diffuse. Oggi la storia si sta ripetendo, col le opportune mutande mutate: le aree fuori controllo esistono già, si chiamano banlieues per esempio, e il grande danno che pochi stanno facendo lo vediamo in episodi come quelli di Carcassonne di venerdì, ed è un’escalation.

    @zimisce
    Continuando il parallelo con gli italiani in Sudamerica, sai per caso se quelle leggi contro l’emigrazione sono servite? Io credo che l’emigrazione verso quei paesi sia tornata a livelli fisiologici solo quando la qualità della vita in Italia è risalita ad un certo livello.

    Mi risulta che siano emigrati, ma da altre parti. Comunque, sono d’accordo che non ha molto senso discutere l’efficacia di quello specifico provvedimento, perché era chiaramente più efficace di quello che si può fare oggi in senso non costrittivo: perché l’oceano non si può attraversare con in barconi, e quindi era sufficiente ridurre i viaggi organizzati.

    tenendo conto che questo fenomeno non si può imputare ad un complotto o ad una pubblicità sbagliata (per quanto diversi tipi di malintenzionati possano cavalcarlo

    Non sono d’accordo. Tu hai ragione nel dire che ci sono concause che si sommano, tra cui lo stato di quei paesi. Ma io faccio presente che gli unici paesi in cui negli ultimi anni c’è stato un peggioramento della situazione, tale da poter essere messo in relazione con l’aumento dei viaggi, sono quelli della sponda meditteranea influenzata dalle (ridicolmente) cosiddette “primavere”. Nel resto dell’Africa non è successo niente di eclatante (salvo casi rari); anzi, ieri citavo la guerra civile in Rwanda: milioni di morti, vent’anni fa, e nessun flusso di migranti verso l’Europa paragonabile con quello attuale. Per cui è evidente una “manina”.

    la legge Bossi-Fini di qualche anno fa è stata un colossale autogol, che ha ingolfato di procedimenti tutto l’apparato di polizia.
    Può essere. Io mica la difendo. Solo che ovviamente non la attacco in senso più lassista. Non aggiungo altro perché concordo con Sabino.

    Infine sulle invasioni medievali ribadisco che tutti quei popoli erano armati e di solito si presentavano direttamente per fare bottino.
    Non tutti lo erano. In ogni caso, la propaganda è un’arma essa stessa. Dovrebbe essere inefficace per invadere una nazione in salute, ma noi non siamo una nazione in salute (e non parlo solo dell’Italia) e purtroppo persino queste cose che dovrebbero essere spuntate si rivelano armi efficaci.

    @Kosmo
    Anche far venire qui gente a diplomarsi e laurearsi è una PESSIMA idea
    Qui traparentesi bisognerebbe discutere su come è stato demolito il nostro sistema formativo, dalla scuola all’università, e riflettere se una cosa che non funziona già per gli indigeni possa funzionare per ancora un’altra massa di gente.

    @Francesca
    Nella stragrande maggioranza sono arrivati al cristianesimo attraverso dei semplici cattolici (spesso digiuni di libri di teologia).

    Francesca, questo lo capisco benissimo. Ed è anche giusto così, perché trattasi di questioni per così dire molto “distribuite”, o meglio “a grana fine”, quindi sono fenomeni che devono avvenire per mano di persone “normali”, nel tessuto della società. Il problema è che questo avveniva perché comunque dall’alto era chiaro il messaggio: evangelizzate, convertite. Se non servissero “direttive” dall’alto (abbi pazienza per il termine burocratico), e il popolo cristiano fosse capace di darsi un indirizzo da solo, la gerarchia non servirebbe. Se Cristo l’ha istituita, vuol dire che è fondamentale.

    Tradotto, significa sempre uguale: alza le chiappe e smettila di infangare la Chiesa.
    Io le chiappe le alzo e non infango la Chiesa: mi unisco al coro di voci che denunciano chi la sta infangando. Coro di voci che include don Guy Pagès, che conosce benissimo la situazione. Non aggiungo altro, che ha già detto molte cose Beatrice.

    CONCORDO CON TALE AFFERMAZIONE e la completo: le famiglie cattoliche devono crescere i figli come buoni cattolici, quelle ebraiche i figli come buoni ebrei, quelle musulmane i figli come buoni musulmani, quelle buddiste i figli come buoni buddisti.

    Il cardinale, e non solo lui, non parla del legittimo diritto di una famiglia di educare i figli secondo le proprie convinzioni, sui cui sono d’accordo pure io. Quello che sostanzialmente dice è che tutte le religioni sono valide in qualche modo. Ovviamente lo dice in modo obliquo, facendo volontariamente un gran pasticcio tra proselitismo e conversioni forzate. Ma anche qui inutile che io proceda: basta di nuovo rileggersi don Guy Pagès.

  4. Luigi

    Io invece sono un cultore dell’oblìato “principio di autorità” (del cui oblìo si vedono però i risultati), per cui non riprendo a commentare articoli di Costanza che già dicevano tutto quanto vi era da dire 🙂

    Desidero invece far sapere a Elisa, “Mente Libera 65”, “Sweety”, Giovanni “ex DC” e a tutti coloro con cui ho avuto qualche scambio magari un poco acceso, che per me essi valgono; non perché mi stiano granché simpatici (non conoscendoli nemmeno) ma perché, come ricorda il blogger citato qui sopra, anch’essi sono valsi il sacrificio della Croce.
    Del resto, se non valessero non avrei probabilmente impiegato il mio tempo con loro.

    Consuiderato il nome del blog citato, mi sovviene quanto detto dal sacerdote nell’omelia di stamane: il colloquio tra Nostro Signore e il “buon ladrone” è uno dei momenti più importanti nella storia dell’umanità (l’ha detto lui, io riferisco solo).
    Evidentemente, se il Catechismo ammonisce a coltivare l’amor di patria un motivo ci sarà.
    Sono sicuro che ne prenderanno anch’essi coscienza, quando il buon Dio vorrà.

    A loro come a tutti, suggerisco questo filmato. Un poco vintage, seppure risalga solo alla Settimana Santa del 2016:

  5. Antonio Spinola

    Poco sopra leggevo “sognavo di trasferirmi nel Regno Unito”, e pensavo: ma si può veramente desiderare di emigrare?
    Non so voi, ma io non mi chiedo se l’Italia mi piacesse o no, dall’Italia non ho mai pensato di andarmene, non perché mi senta “obbligato”, ma perché a fare l’emigrato non ci tengo.
    Mi piacerebbe eccome abitare del nord della Francia, o in altri bei posti che sono un sogno (o così appaiono a me!), infatti certe volte, non lo nego, ho tanto invidiato chi è nato altrove, in luoghi più desiderabili. Ho anche amato altri linguaggi e altri costumi, ma l’emigrato no, l’idea stessa mi resta insopportabile. Non potrei mai farlo per scelta, o per interesse.
    E mi permetto di dire a chi è tentato di abbandonare la propria Patria, piacevole o meno che sia: perché non vi fidate del Padre al quale è parsa cosa buona che nascessimo in un certo modo e in un certo luogo?
    Buona domenica delle Palme.

    1. Luigi

      “E mi permetto di dire a chi è tentato di abbandonare la propria Patria, piacevole o meno che sia: perché non vi fidate del Padre al quale è parsa cosa buona che nascessimo in un certo modo e in un certo luogo?”

      Non avrei potuto dirlo meglio (anche per quanto di non detto vi è nella frase).
      Grazie di cuore (e pure con una punta di commozione).

      1. @Antonio @Luigi

        Io nella mia vita professionale ho perso il conto di quante proposte di lavoro mi hanno fatto negli USA (in particolare nella Silicon Valley); parlo di trasferte definitive, non di ingaggi che prevedono una trasferta temporanea. Professionalmente sarebbe stato estremamente allettante (e retributivo). Non vi dico neanche che rifiutai per via del regime (questo lo posso dire da qualche anno a questa parte, mentre io sto parlando anche di cose di più di dieci anni fa, diciamo in epoca pre-Obama, quando non pensavo manco lontanamente che mi sarei trovato in un mondo fatto così. Eppure qualcosa mi disse che era meglio evitare; non ho posizioni nette come le vostre nei confronti di chi ha deciso di trasferirsi all’estero; ma, in sintesi, la vocina che mi girava in mente per motivare il mio rifiuto era “Io qui son nato e qui combatto” (anche se all’epoca, come ho già detto, il combattimento non l’avrei mai sospettato com’è oggi).

        1. Luigi

          “non ho posizioni nette come le vostre nei confronti di chi ha deciso di trasferirsi all’estero”

          Mi permetto di precisare il mio pensiero, Fabrizio.

          Io non ho preclusioni categoriche nei confronti di emigrazione / emigrati. Ho riportato, nei giorni scorsi, il commento del CCC al IV Comandamento e a quello mi rifaccio.
          Ad esempio, oserei dire che nel caso di Beatrice l’emigrazione di uno dei due sarebbe stata non un diritto, ma un dovere. Non è che si possa costruire una famiglia e poi uno rimane in Gran Bretagna e l’altra in Italia 😛

          In tanti altri casi è così.
          Pensiamo a chi si trova, ieri come oggi, nelle condizioni di non potere garantire la sopravvivenza dei propri famigliari.

          Quello che invece contesto alla radice è il “nomade è bello”, per cui se mi va di andarmene in giro per il mondo io sono ipso facto nel giusto a farlo (solo una delle tante declinazioni del “fa ciò che vuoi”).
          È il mito de “la mia patria è il mondo”, che non è cattolicamente accettabile.
          Poi, per carità, i seguaci di Boldrini&Bonino pensino pure diversamente; almeno abbiano però l’onestà intellettuale di contraffare il tutto sotto una patina fintocristiana.

          Non parliamo poi, perché è già stato fatto, di quando si chiama “emigrazione” ciò che emigrazione non è.
          La “Grande Sostituzione” non è emigrazione.

          Trovo ci sia, al fondo, la solita insofferenza per il nostro destino, nel cosmopolitismo mondialista (parodia dell’universalità cristiana).
          Destino inteso come etica – ed epica – della missione che ci è stata affidata su questa terra e in questa vita; quella che – pur modesta – solo a noi è dato di portare a termine.
          Dietro al vagabondare di tanti, nel tempo, nello spazio, nei costumi, mi pare ci sia molto del prometeismo dell’Ulisse dantesco, e del non volersi convincere della propria finitezza di creature.
          Fatichiamo proprio, oggi più che mai, a chinare il capo e dire “fiat voluntas Dei”…

  6. @ Beatrice e Fabrizio
    Io non lo so se c’è una propaganda in quei paesi a partire, sponsorizzata ad arte. Immagino che in caso dovrebbe essere reperibile qualche video simil-pubblicitario su Youtube. Mi sembra più probabile che la propaganda più forte siano i nostri spot commerciali, i prodotti che arrivano, i film e le serie tv.
    In tutta questa confusione bisogna cercare di capire quali politiche siano costruttive a breve e lungo termine. Sicuramente cercare di far valere un “diritto a non partire” come mi pare dicesse Benedetto XVI (e magari anche un “diritto al ritorno”). La soluzione Libia (e dall’altro lato la soluzione Turchia), come già dicevo a Fabrizio, credo funzionerebbe solo a brevissimo termine. Anche sul piano politico bisognerà tenere conto del potere che si dà a questi regimi (la Turchia più preoccupante della Libia).
    In più, se venisse fuori che stiamo finanziando dei nuovi lager, credo che avremmo qualche responsabilità. Nella parabola del buon samaritano, il samaritano lascia il bisognoso che incontra ad un locandiere, ma non credo che lo avrebbe fatto se il locandiere fosse stato un noto malintenzionato. Ne’ credo che quel samaritano avrebbe lasciato perdere se il bisognoso fosse stato uno che “se l’è cercata”, che magari stava andando a Gerusalemme perché ingannato dai predoni che volevano derubarlo.
    Per Beatrice poi aggiungo che, purtroppo, la società liquida ha fatto aumentare esponenzialmente la percentuale dei Mr. Wickham (e anche delle Lydia Bennet se è per questo), in Inghilterra poi in misura molto maggiore che altrove.

    @Antonio
    Io non credo che, se il percorso di vita lo consente e il desiderio non è idolatrico, trasferirsi sia un atto di sfiducia verso Dio. Personalmente mi sono sempre sentito tanto europeo quanto italiano. Forse se mi trasferissi fuori dall’Europa, e se lo facessi per pura comodità, sentirei un po’ di “avere abbandonato la nave”. Ma per il resto vivere in altri paesi mi ha fatto conoscere meglio le mie stesse radici. Forse quei c’entra la storia di ognuno, perché la mia stessa famiglia, pur tutta italiana, è un misto di nord e sud, e la città dove sono cresciuto non è quella di nessuno dei rami della mia famiglia, quindi non mi sono mai sentito fino in fondo “uno del posto” (mio fratello sì).
    Inoltre, avendo poi avuto sempre la fortuna di frequentare contesti ecclesiali anche viaggiando, è anche cresciuta la mia ammirazione per questa Chiesa che supera le barriere etniche (se no rischiamo di ricadere in un particolarismo che, come faceva notare Fabrizio, funesta altri continenti). Credo anche di potere invocare una vocazione all’internazionalismo, non socialista, ma già medievale, di cui ad esempio parla Chesterton nell’introduzione alla sua biografia di S. Tommaso (Tommaso d’Aquino, di famiglia normanna insediatasi in Italia, che spese gran parte della vita tra Italia e Francia). O mettiamoci anche un San Francesco, di madre piccarda e padre umbro. Devo dire che spesso ho osservato nelle coppie internazionali una forza a loro peculiare che è un dono per la comunità dove risiedono.
    Non credo che tutti siamo chiamati all’internazionalismo, ma per chi ne ha il desiderio ci sono buone chances che venga da Dio (poi sarà lui a confermarlo o no).

    1. Mi sembra più probabile che la propaganda più forte siano i nostri spot commerciali, i prodotti che arrivano, i film e le serie tv.

      D’accordissimo. In particolare, per gli spot, i peggiori per me sono le pubblicità di cibo per cani e gatti. Ma qui siamo in casa nostra e l’intervento sarebbe possibile farlo.

  7. Antonio Spinola

    Zimisce
    Davanti a una vocazione non ho scelta, mi sento “obbligato” e rispondo “eccomi!”. Certo, posso dir di no, ma disobbedendo al Padre.
    Lunghi soggiorni all’estero possono essere fruttuosi (non così spesso come si vuol far credere) ma non hanno nulla a che fare con l’emigrazione.
    I matrimoni tra stranieri a volte possono essere la generosa risposta a una “chiamata” personale che richiede un particolare sacrificio.
    L’evangelizzazione in terra straniera non è una generica chiamata all'”internazionalismo”, e, di nuovo, non ha nulla del migrare per scelta o interesse.

I commenti sono chiusi.