di Emanuele Fant per Credere
Tre africani vanno in bicicletta in autostrada, qualcuno li fotografa e sul web si inizia a ironizzare: “Ecco le risorse per l’Italia di domani!”. Sono quotidiane le critiche all’aspetto dei richiedenti asilo: “Hanno muscoli da palestra e i palmari in tasca”. Persino dalle comunità di accoglienza a volte giungono segnali di preoccupazione: “Gli abbiamo offerto pastasciutta, ma loro pretendono il loro cibo tradizionale”.
Qualcuno, sull’altro fronte, si premura di smentire le accuse, sottolineando che gli immigrati sono sempre laureati, non vedono l’ora di lavorare e quando vogliono qualcosa chiedono sempre “Per favore”.
Dove sta la verità? Probabilmente è come al solito equidistante dalle ideologie parziali.
Quasi tutti i migranti con cui sono entrato in relazione (insieme abbiamo fatto ultimamente uno spettacolo teatrale) di mestiere vogliono fare il calciatore, danno più credito a un parrucchiere che a un insegnante, sono tutt’altro che puntuali. A conti fatti, non sono giovanotti migliori dei loro coetanei italiani, con un po’ meno di mezzi culturali. Eppure continuiamo a stupirci di queste imperfezioni, come se chi chiede soccorso dovesse presentarsi già sorridente e in abito scuro, come a un colloquio di lavoro.
Noi sbagliamo quando gettiamo in mare salvagenti per ripescare il frutto delle nostre aspettative. Se salviamo gli africani perché coi loro contributi ci pagheremo le pensioni, non stiamo mettendo in pratica le Beatitudini, ma un piano aziendale. Lo straniero è un investimento se ci ricorda la domanda urgente di accoglienza che brucia dentro a ogni essere umano. Se è malato, maleducato, sfinito, l’urlo è disperato, ma più chiaro. Farci carico di chi alla fine ci darà una delusione, è mandato del nostro Fondatore: “Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete?”. Gesù, a chi lo segue, chiede un passo ulteriore. Ricorda ai suoi discepoli che non sono una associazione filantropica non governativa, ma gente scriteriata e eccessiva.
Gentile Costanza,
la seguo da tempo ed ho letto, condividendone “la lettera e lo spirito”, alcuni Suoi libri sulla vita coniugale, tanto che li ho prestati e consigliati ad amici e parenti. Avrei voluto scriverLe tante volte per farLe i miei complimenti, e ne approfitto solo ora, che mi accingo a dissentire da quanto qui ha ripubblicato.
Nello scritto a firma Emanuele Fant si dice che “la verità è equidistante dalle ideologie parziali”. Allora, sarebbe stato coerente e logico concludere con una risposta, in merito alla “accoglienza” di migliaia di africani al giorno, che considera una serie di fattori (politici, economici, culturali ecc.). Non con una citazione evangelica interpretabile come si vuole.
Ma temo che qui la posizione, acriticamente pro-immigrazione dell’attuale Papa, sia condivisa in pieno… Il che, naturalmente, è legittimo, ci mancherebbe altro. Ma sarebbe un buon servizio alla “verità” svolgere considerazioni su questa famosa “accoglienza” in grado di considerarla non un “valore assoluto”, bensì una possibilità da vagliare eventualmente qualora le condizioni generali, dalle quali non si può ignorare la situazione economica e il quadro geopolitico, la rendessero ammissibile, specie se si considera che quest’immigrazione di massa ha i suoi registi, i suoi impresari, i suoi attori e, come in ogni film, le sue comparse. Le esegesi evangeliche, onestamente, le trovo fuori luogo, e finiscono per svilire i testi sacri stessi, che non sono fatti per essere dei manuali ad uso socio-politico. O almeno non solo quello. Altrimenti si rischia anche d’introdurre il principio per cui il cristiano che non “accoglie” (cioè, non è favorevole all’immigrazione di massa) non è un “buon cristiano”… Oppure il magistero del Papa deve abbracciare anche quelle che – a mio parere – debbono restare posizioni personali assunte in libera coscienza?
Detto questo, La saluto, rinnovandoLe i miei complimenti ed i miei più sentiti auguri di ogni bene.
EG
Penso che in realtà il punto di vista di molti italiani sia molto più pratico e realistico. L’altruismo non s’impone, ed invece è quanto sta accadendo. Impongono la cultura dell’accoglienza in tutte le salse, ma intanto I disoccupati residenti aumentano sempre più. I vecchi hanno pensioni da fame e molti smettono di curarsi per mancanza di mezzi. Figli non se ne fanno quasi più, la politica scriteriata di chi ci governa stenta a fornire gli aiuti adeguati alle madri lavoratrici. La sicurezza è ormai un sogno perduto, e le ragazze hanno paura persino.di prendere il treno per andare a scuola. Depressioni e attacchi di panico sono presenti in molte persone, e il tasso dei suicidi si allarga sempre più. Per non parlare poi dell’aumento esponenziale di furti e rapine. Se questo vi pare il paese prospero felice e generoso che dovrebbe allargare le braccia per mantenere tutta questa gente nullafacente, e con ben poche prospettive di trovare uno straccio di lavoro, senza batter ciglio…be’, io penso che vi sbagliate. Solo che questi sbagli li paga come al solito il popolo, sul quale ci si ostina a caricare sulle spalle pesi fuori misura,che alla lunga ( o alla breve)non potranno che generare rabbia malcontento e ribellione.
Eppure continuiamo a stupirci di queste imperfezioni, come se chi chiede soccorso dovesse presentarsi già sorridente e in abito scuro, come a un colloquio di lavoro.
È ideologia anche pretendere di presentarsi come “equidistanti” e poi propalare altra fuffa, come questa dell’abito scuro (che è persino ridicola). Anche l’immagine a corredo è degna del Minculpop: come se le missioni che recuperano i naufraghi stessero a far calcoli prima di tirare a bordo le persone.
Il punto reale è che la maggior parte di queste persone non sono né profughi di guerra né gente che patisce la fame.
Forse è il caso di citare qualche vescovo africano: “Non fatevi ingannare dall’illusione di lasciare i vostri Paesi alla ricerca di impieghi inesistenti in Europa e in America”.
È anche il caso di ricordare che ogni volta che c’è stato un trasferimento di massa di persone da un luogo all’altro sono sempre derivati problemi, non risolti neanche a distanza di secoli (basta guardare gli USA), e chi ne ha beneficiato non è mai stato il migrante, ma il “benefattore”; in realtà tutt’altro che un benefattore, ma uno interessato ad avere manovalanza a basso costo.
“ogni volta che c’è stato un trasferimento di massa di persone da un luogo all’altro sono sempre derivati problemi, non risolti neanche a distanza di secoli (basta guardare gli USA)”
PREMESSA: Fermo restando che come si legge nel CCC, qualsiasi autorità ha il diritto di stabilire chi far entrare e chi no.
Cosi’e’troppo generico, si possono trovare X esempi contrari: gli europei immigrati due secoli fa hanno arricchito inestimabilmente il Brasile, le migrazioni seguite alla caduta dell’Impero Romano sono alla base dell’Europa medievale, etc. etc.
Il problema della situazione odierna lo riassume Giovanni Cerbai appena sotto.
Buongiorno Ola,
prendo spunto dal tuo intervento per una riflessione generale, anche perché tu almeno non sei un fanatico del “sola scriptura”, hai dato un’occhiata al Catechismo e non t’impanchi a giudicare il prossimo.
Ok, si chiama “captatio benevolentiae” 😉
Partiamo da un fatto: che Dio riesca a trarre il Bene anche dal male non implica minimamente (anzi!) che questo sia meno malvagio. In altre parole, che le invasioni barbariche siano state uno dei fattori che portarono alla nascita della millenaria civiltà cristiana non le rende meno condannabili.
Oggi, come ieri.
Non so quale bene abbiano apportato gli immigrati europei nelle Americhe. So però quanto male hanno arrecato, con la loro azione, all’Europa.
Come osservato altre volte, l’amor di patria è dovere direttamente discendente dal IV Comandamento. Lo dice sempre il Catechismo. Ora, abbandonare la propria patria perché vi si conduce vita stentata è un po’ come lasciare la propria sposa perché è diventata anziana. Non so come lo chiami tu, ma io lo chiamo tradimento.
Certo, è molto più facile lasciare tutto e costruire un’altra vita agli antipodi.
È lo stesso di tanti, uomini e donne, che appunto abbandonano il proprio coniuge quando comincia ad andare “stretto”. Anzi, spesso usano le stesse parole: me ne vado per rifarmi una vita lontano da te…
Illusi. Poveri illusi.
E traditori.
Se Dio ci ha donato una terra, comandando di amarla, come si può conciliare ciò con il ripudio di quella?
Non si può, ovvio.
Ecco perché i vescovi africani – che evidentemente conoscono l’Africa meglio di noi, rincoglioniti dalla propaganda delle ONG – hanno ammonito i giovani africani a rimanere.
Perché se essi abbandonano la loro terra, questa non avrà futuro.
Aggiungo che non sono i disperati, ad approdare in Europa. Quelli rimangono a morire in qualche landa senza nome, lontani dalle telecamere e dalla carità pelosa di tanti occidentali. Chi arriva qui ha invece un minimo di cultura (e di ricchezza, visti i prezzi pagati per il viaggio). In Europa non ha alcuna utilità, in Senegal o in Nigeria farebbe la differenza. Hai presente quella desueta formula che richiama a ottemperare i “doveri del proprio stato”?
C’è poi un fatto che sfugge praticamente a tutti.
Gli asiatici e gli africani non hanno voluto gli europei sulla loro terra.
Non li hanno voluti a comandare; e già su questo bisognerebbe discutere, visto che almeno gli africani hanno dimostrato coi fatti di non sapersi guidare da sè. Ma sorvoliamo.
Il nodo focale è che non li hanno nemmeno voluti, gli europei, come ospiti. Basti pensare cosa è accaduto ai coloni francesi in Algeria o a quelli italiani in Libia (per tacere di quelli algerini o libici che invece avrebbero voluto che gli europei rimanessero, consapevoli di aver bisogno del loro aiuto).
Ciliegina sulla torta, gli africani neri si son dati ultimamente al genocidio degli africani bianchi…
Hanno voluto emanciparsi? Bene, ne traggano le conseguenze.
L’indipendenza sia tale anche nei fatti, non solo a parole. Costruiscano un futuro sulla terra che Dio ha dato loro.
Questo si chiama diventare adulti, come persone e come popoli.
Fuggire di fronte alle difficoltà e alle responsabilità è invece segno evidente di mancanza di maturità, come persone e come popoli.
Il tutto, come avrai notato, astrae dal fatto comunque innegabile dei luridissimi e mefitici programmi e interessi che stanno dietro, da parte delle élites anticattoliche, alla Grande Sostituzione.
Il meno che si possa osservare, citando Silvana de Mari, è come introdurre centinaia di migliaia di maschi, in età militare e impregnati di odio nei confronti dell’Europa e di ciò che rappresenta, configuri esplicitamente un crimine.
E, aggiungo di mio, un crimine contro l’umanità. Imprescrittibile, come è noto.
Ciao.
Luigi
P.S.: dimenticavo. Nessun politico europeo, che mi risulti, ha mai incitato gli immigrati nelle Americhe a “figliare come conigli”, in modo da surclassare numericamente le popolazioni locali.
Questo è invece un chiaro obiettivo di tanti leader africani e medio-orientali, buon ultimo (solo in ordine di tempo) neo-sultano Erdogan. Cos’altro bisogna vedere, per aprire gli occhi sulla realtà?
@Luigi rispondo qui a te e a Fabrizio.
Sulla situazione attuale penso che stiamo dicendo tutti la stessa cosa, nel mio commento infatti rimando a quello di Giovanni Cerbai sotto.
Ora, sulle migrazioni in quanto tali: quello che tu esemplifichi come un rapporto sponsale – e in tal caso avresti ragione – e’invece un rapporto di paternita, non a caso Patria ha la stessa radice di Padre. Una sposa si sceglie – o tu o qualcun altro per te – mentre una Patria, cosi come un padre, no.
Per questo non e’piu’vero che abbandonare fisicamente la propria Patria sia tradimento di quanto non lo sia abbandonare fisicamente la casa paterna. Ci puo’essere certo il caso di tradimento, ma non e’assolutamente necessario che ci debba essere, e se emigrare fosse peccato in se mi aspetterei di trovarlo anche nel Catechismo, cosa che invece non e’, nemmeno in quello di San Pio X. Qui eventualmente ci potrebbe dare una mano Alessandro.
A meno che tu non ti riferisca esplicitamente alla migrazione di massa, in questo caso penso che continui a valere il CCC 2241.
Ti cito anzi Biffi:
“Una consistente immissione di stranieri nella nostra penisola è accettabile e può riuscire anche benefica, purché ci si preoccupi seriamente di salvaguardare la fisionomia propria della nazione. L’Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto.”
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7283.html?refresh_ce
“Aggiungo che non sono i disperati, ad approdare in Europa. Quelli rimangono a morire in qualche landa senza nome, lontani dalle telecamere e dalla carità pelosa di tanti occidentali. Chi arriva qui ha invece un minimo di cultura (e di ricchezza, visti i prezzi pagati per il viaggio). In Europa non ha alcuna utilità, in Senegal o in Nigeria farebbe la differenza. Hai presente quella desueta formula che richiama a ottemperare i “doveri del proprio stato”?”
Se effettivamente e’cosi’, allora hai senza dubbio ragione.
@ola
Certo, esiste un diritto a emigrare; riporto il CCC 2241 che hai correttamente segnalato:
“Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.
Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.”
Come si vede, il diritto a emigrare si esercita lecitamente in mancanza di “sicurezza e delle risorse necessarie alla vita”.
Nel Messaggio del 2004 Giovanni Paolo II parla, accanto a un antecedente “diritto a non emigrare”, di un “diritto a emigrare” e di persone che “devono emigrare per forza” quando non hanno “la possibilità di soddisfare necessità fondamentali quali il cibo, la salute, il lavoro, l’alloggio, l’educazione”:
“ogni Paese deve essere posto in grado di assicurare ai propri abitanti, oltre alla libertà di espressione e di movimento, la possibilità di soddisfare necessità fondamentali quali il cibo, la salute, il lavoro, l’alloggio, l’educazione, la cui frustrazione pone molta gente nella condizione di dover emigrare per forza. Esiste certamente anche il diritto ad emigrare”
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/messages/migration/documents/hf_jp-ii_mes_20031223_world-migration-day-2004.html
Nel complesso, mi pare che il Magistero affermi che è lecito migrare quando manca la possibilità di soddisfare necessità fondamentali: quelle riguardanti la sicurezza, il sostentamento in vita, la salute, l’alloggio e il lavoro.
Ho solo riportato due testi, il tema sarebbe molto ampio, non ho la pretesa di affrontarlo adeguatamente qui…
Ola,
mi permetto di precisare i seguenti punti:
– non ho scritto che l’immigrazione è un peccato. Infatti anche Nostro Signore, in imminente ed inequivocabile pericolo di vita, divenne emigrante (la nota “fuga in Egitto”). Sottolineo: imminente e inequivocabile pericolo di vita. Rimane però che, quando si trattò di adempiere la Sua missione, non si fece scrupoli di rimanere laddove il Padre lo aveva mandato, fino a morire di Croce;
– ho espressamente osservato come l’amor di patria discenda dal IV Comandamento, “Onora il padre e la madre”. Il paragone col matrimonio era “come esempio”, non “per analogia”;
– mi dispiace, ma non sono d’accordo che i genitori e la madre patria non siano scelti. È Dio Onnipotente a scegliere per noi, a decidere che si venga al mondo in una terra e in una famiglia, piuttosto che in altre. Così come Egli sceglie che si nasca in una data precisa, piuttosto che in un’altra. Se il buon Dio ha voluto che io nascessi in Italia invece che in Russia, un motivo ci sarà;
– mi era ben chiaro, avendolo a suo tempo citato anch’io, il punto del CCC poi riportato da Alessandro. Mi limito a sottolineare quel passo inequivocabile, “alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine”. “Che non gli è possibile” significa “che gli è impossibile”. Dubito fortemente che questo sia il caso di moltissimi stranieri “importati” in Italia, per non dire di quel “risorse necessarie alla vita”. “Necessarie”, non “utili” o “che mi piacerebbe avere”;
– quanto infine al termine “tradimento”, è mio. Un po’ forte, forse; e per altro include anche i miei antenati a suo tempo emigrati nelle Americhe (presso gli archivi di Ellis Island, per dire, è registrato in ingresso nel 1905 un mio omonimo di sette anni. Visto il comune italiano di origine, direi che era proprio mio parente). Ma che qualcosa non vada, ripeto, lo dicono anche i vescovi africani:
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/04/i-vescovi-africani-contro-limmigrazione-in-disaccordo-con-bergoglio/
http://www.lanuovabq.it/it/leldorado-e-in-africa-gliappelli-inascoltatidei-vescovi
e via così, a piacimento.
Ciao.
Luigi
“Se effettivamente e’cosi’, allora hai senza dubbio ragione.”
Che sia così non lo dico io:
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13214425/libero-intervista-anna-bono-esperta-africa-smonta-balle-boldrini-ong-immigrati-italia-.html
E aggiungo che preferirei aver torto marcio.
Be’, ma il vero problema non risiede nell’etnia di chi approda sulle nostre coste, né nel suo grado di istruzione. Quasi sempre il problema consiste 1) nella religione dei migranti; 2) nella loro volontà di integrarsi. Per quanto riguarda la religione, l’islam costituisce un grande problema, perché, dove applicato con rigore coranico, impedisce la divisione di poteri e compiti tra stato e chiesa. Dove invece sia blando è comunque una mina vagante che può essere fatta esplodere un giorno o l’altro da imam jihadisti. La volontà di integrarsi può essere inficiata sia dalla religione islamica, sia dai nostri costumi occidentali straliberisti e decadenti. Assistiamo così al costituirsi di ghetti autoimposti (banlieu, in Francia) dove la legge dello Stato non vige. Stati nello Stato.
>> Parlare di “migranti” è una forzatura del linguaggio. Queste persone per l’Italia non sono “migranti”, e infatti nelle statistiche ufficiali di “migranti” non si parla, ma “immigrati”. Negare l’uso del termine “immigrati” significa negare la legittimità del punto di vista di un paese in cui la disoccupazione è raddoppiata e la povertà triplicata in pochi anni come risultato di precise scelte politiche, dettate da regole adottate per precisi motivi di distribuzione del reddito.
…Immigrare è un diritto? La risposta è no.
I cosiddetti “migranti economici”, cioè gli immigrati – clandestini o meno – non solo si appropriano liberamente del capitale sociale di una comunità, ma compromettono seriamente il sacro diritto dei rifugiati di trovare asilo politico, rendendone l’esercizio ulteriormente penoso, o magari vedendoselo rifiutare, come sta succedendo ai tibetani, che sono “meno migranti” degli altri). <<
https://goofynomics.blogspot.it/2017/07/aiutiamoci-casa-nostra.html
Sui risvolti poco chiari di cosa possa esserci dietro questa immigrazione ho letto un intervento di Gianandrea Gaiani, esperto internazionale di storia Contemporanea e di analisi storico-strategiche dei conflitti, sul dossier “Disarmo”, allegato dell’ultimo numero del Mensile “Città Nuova”, il cui contenuto non è disponibile online ma qualcosa si riesce a sapere riguardo alla sua analisi, oggettiva e non di parte, in questo link: https://it.sputniknews.com/opinioni/201701083899791-immigrazione-un-libro-tutto-che-non-dicono-in-italia/
Credo ci sia un fraintendimento. Emanuele non dà ricette su come l’Italia deve accogliere i migranti, bensì invita a non pretendere troppo dal migrante che incontriamo. E lo fa basandosi sul Vangelo. Grazie Emanuele (e grazie a Costanza che pubblica i suoi scritti).
Sommessamente chiedo se allora posso ritenere abbastanza accoglienti, nonché prive di troppo aspettative, le parole di chi quest’estate ha giustificato la violenza di due “accolti” su una ragazza polacca, riferendosi alla loro ignoranza del fatto che non si stupra in spiaggia….
“Sommessamente chiedo se allora posso ritenere abbastanza accoglienti, nonché prive di troppo aspettative, le parole di chi quest’estate ha giustificato la violenza di due “accolti” su una ragazza polacca, riferendosi alla loro ignoranza del fatto che non si stupra in spiaggia…”
A suo tempo, su quelle parole si è alzato un bel polverone.
Mi permetto di osservare, però, che prese oggettivamente – non so infatti con quali intenti vennero pronunciate – sono niente altro che la realtà.
Può piacere, può non piacere, ma quello del “buon selvaggio” è un mito illuminista; detto in altro modo, una menzogna spudorata.
Ha richiesto un paio di millennii, all’Europa, l’arrivare a pensare (almeno in teoria) che le donne non sono “res nullius”. Eppure tanti e tante continuano ad agire come se così fosse.
Pensare che in Asia e Africa, ben più influenzate da culture e culti nefasti, possa andare meglio è davvero puerile e irreale.
Aggiungo un particolare che a molti sfugge.
Quelli che giungono in Italia non sono certo gli elementi peggiori.
Leggetevi le cronache africane – quelle vere, non gli spot di “medici senza frontiere” o “save the children” – e vedrete.
Cominciando, magari, dalle azioni del famigerato Eichmann africano Rolihlahla Dalibhunga (ai più noto col nome d’arte di Nelson Mandela).
Il tempo, però, è galantuomo, per cui molti avranno la possibilità di ricredersi. Magari dolorosamente, ma è un mondo difficile…
Su questo, Emanuele Fant ha ragione da vendere.
Non ci andiamo più noi, in giacca e cravatta, come potete pretendere che lo facciano vuduisti o maomettani?
Ovviamente, il farli arrivare in Europa con la nuova tratta degli schiavi, come “risorse”, è l’antitesi da manuale dell’amore cristiano.
Ciao.
Luigi
Però non si devono sovrapporre i due piani: quello personale, al quale fa da riferimento la parabola del buon samaritano; e quello socio-politico, che mi impone di dare accoglienza e cura ai malcapitati compatibilmente con le risorse e i limiti della comunità ospitante. Proviamo a pensare se il samaritano avesse dovuto chiedere la solidarietà in solidum all’oste in quanto sprovvisto del necessario capitale per le cure e l’alloggio della sfortunata vittima dei briganti….
invita a non pretendere troppo dal migrante che incontriamo. E lo fa basandosi sul Vangelo.
Mi sembra un Vangelo fantomatico, di quelli buonisti. Io nelle Scritture leggo:
6 Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi. 7 Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, 8 né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. 9 Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare. 10 E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi.
Posso dirti anche di avere un minimo di esperienza. Molti anni fa fui imprenditore per qualche anno. Tra i dipendenti c’era una persona che era veramente profugo di guerra. Era (lo è tutt’ora di sicuro, ma ho perso in contatti) una persona molto seria e molto determinata a colmare tutte le lacune (*) culturali, sia di lingua che di preparazione tecnica. Una persona veramente da ammirare.
Ho conosciuto poi, negli anni, gli immigrati – probabilmente in parte anche clandestini – dell’epoca “pre-immigrazione-di-massa-programmata”. Insomma, quelli che chiamavamo “vu’ cumprà”. Li ho conosciuti perché andavo sempre nella stessa spiaggia, si incontravano sempre le stesse persone, e dopo un po’ di tempo si stava anche un po’ a parlare, magari quando avevano voglia di riposarsi un po’ sotto l’ombrellone della mia famiglia. Molto diversi dal primo caso, perché dovevano anche tirare a campare, ma tutti sgobbavano.
Nessuno aveva tempo di bighellonare con le cuffie e l’ipod.
E questo non è neanche tutto il problema, perché poi – come ho già scritto – ci sono anche quelli che lavorano, ma finiscono in forme di caporalato, che a parole vogliono tutti combattere.
(*) Ho scritto “lacune”, perché quando si dice che certi sono “laureati” si da’ per scontato che laurearsi in ingegneria al Politecnico di Milano sia la stessa cosa che laurearsi in qualche sconosciuta università africana… non è così.
“Ho scritto “lacune”, perché quando si dice che certi sono “laureati” si da’ per scontato che laurearsi in ingegneria al Politecnico di Milano sia la stessa cosa che laurearsi in qualche sconosciuta università africana… non è così.”
E infatti si evita accuratamente di ricordare come quelle lauree non siano riconosciute; non dico dall’Italia, ma dalla UE.
Per cui è come se non esistessero.
Alla fine, siamo sempre alle solite.
Si pensa che la civiltà sia un qualcosa di assodato, di dato per sempre; qualcosa che, semplicemente, si respira, per cui basta cambiare aria per averla… siamo abituati a vedere la lampadina che si illumina quando schiacciamo l’interruttore, e a stupirci se ciò non avviene. #CREDICI!
Lettura consigliata: Laurent Obertone, “Guerriglia”.
Ciao.
Luigi
Abbiamo più di 4 milioni di poveri totali, questi sono il nostro prossimo prima di tutto ,poi gli altri. questo vale in tutti i paesi del mondo.Come si fa ad amare uno che viene da 3 mila km di distanza poi non si aiuta l’anziana del nostro pianerottolo. E’ un altruismo falso ed ideologico.Come si fa ad amare un profugo e disprezzare un italiano.Ogni nazione si deve far carico dei propri poveri.Paesi arabi ricchissimi,Africa ricchissima di materie prime e invasa dalle multinazionali.La ricchezza va ridistribuita.Arrivano tutti uomini giovani che impoveriscono il loro paese di provenienza.Creare lavoro nei paesi di provenienza. Istruirli da noi con le scuole professionali o di avviamento al lavoro e poi ricominciare ad inviarli nei paesi di provenienza con la loro capacità lavorativa e professionale.Basta con il bonismo demenziale ed ideologico.
Bravissimo, condivido!
tante riflessioni, ognuna con punti interessanti, mi sembra che gli italiani (io sono “straniera”, svizzera, quindi certamente non nelle stesse condizioni di chi arriva da paesi del sud o dell’est) siano sempre stati comunque gente accogliente, facilmente pronta a condividere, proprio perché spesso ci si ricordava del fenomeno in senso inverso, ma quello che ora è difficile, lo è anche per il numero delle persone da sistemare… che fa capire che non è un fenomeno “normale”, e sulle cause di questo fenomeno c’è tanto da scoprire…
A nessuno sfiora il dubbio che buona parte del problema immigrazione sia dovuto alla NOSTRA disorganizzazione e alla NOSTRA mafia (a tutti i livelli)?
A nessuno sfiora il dubbio che buona parte del problema immigrazione sia dovuto alla NOSTRA disorganizzazione e alla NOSTRA mafia (a tutti i livelli)?
Primo: quante volte bisogna ripetere che le immigrazioni di massa hanno portato problemi ovunque?
Secondo: se, com’è evidente, noi abbiamo problemi specifici, questo non vuol dire che dobbiamo essere ancora più cauti? Perché l’immigrazione non risolve certo il problema della mafia; semmai, ne crea delle altre (la mafia nigeriana, per esempio, non ce l’avevamo).
“A nessuno sfiora il dubbio che buona parte del problema immigrazione sia dovuto alla NOSTRA disorganizzazione e alla NOSTRA mafia (a tutti i livelli)?”
No, perché abbiamo smesso da tempo la sveglia al collo e l’anello al naso.
In Francia, in Gran Bretagna, in Germania, in Belgio, in Svezia – tutti paesi col bollino blu di Saviano – ci sono vere e proprie enclavi indipendenti, sottratte di fatto all’autorità statale, dove nemmeno le forze dell’ordine si azzardano ad entrare; perché se entrano non escono vive, come da fatti di cronaca.
Marsiglia, il Londonistan, Molenbeek, sono solo la punta dell’iceberg.
Vige lì solo un equilibrio instabile, da una parte sapendo che il minimo scuotimento può far precipitare l’inenarrabile, dall’altra consapevoli che il tempo (e il ventre delle proprie donne, Boumedienne dixit) lavora a proprio favore.
Non si tratta di disorganizzazione, quindi, ma di una scelta.
Precisa, lucida, ormai chiara.
Del piano Kalergi si sono resi conto anche i sassi, seppur (da sassi) facendo finta di nulla; per cui esprimerò il programma con le inequivocabili parole del già citato Nelson Mandela: “Il bianco deve essere completamente vinto e spazzato dalla faccia della terra”.
Ciao.
Luigi
“Quante volte bisogna ripetere che le immigrazioni di massa hanno portato problemi ovunque?”
Libero di ripeterlo ancora una volta, ma magari non è vero. Magari è una posizione semplicemente egoista e per ciò stesso anti-cristiana, alla faccia delle tante citazioni erudite che leggo qui tra i commenti e che letteralmente violentano il vangelo. Non riesco proprio a capire come uno possa ascoltare a messa le numerosissime affermazioni di Gesù (“Avevo fame…”, “avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione…”, e tantissime altre) e non battere ciglio, affermare che è perfettamente cristiano dire “arrangiatevi non vi vogliamo”.
“Se noi abbiamo problemi specifici, questo non vuol dire che dobbiamo essere ancora più cauti?”
Quelli che sono detti eufemisticamente “problemi specifici” sono la nostra criminalità e il nostro (basso) livello di civiltà. Quindi è colpa nostra (magari non tutta di Fabrizio Giudici ma comunque nostra, ai vari livelli di responsabilità). Risolviamo i problemi invece di scaricarli su chi è più indifeso.
Però non mi piace discutere così. Proviamo a essere propositivi.
Questa gente viene effettivamente da situazioni molto negative. Eccezioni praticamente non ce ne sono. Chi lo nega è disinformato o in malafede. Anche gli Italiani che emigravano in America ai tempi della Santa Cabrini erano migranti economici. Avrebbero dovuto starsene a casa? chi risponde a questa domanda?
Solo un esempio. Per ogni richiedente asilo l’Europa sborsa 35E/giorno cioè 1000 Euro al mese e non lo occupa in alcun modo. E` così che educhiamo la gente? a stare in branda o ai giardini o, peggio, sulla strada tutto il giorno per 2-3 anni in attesa del fantomatico permesso di soggiorno che non arriverà? Se diventano sfaccendati e delinquenti siamo noi che li educhiamo così.
Ricordiamo che i migranti per approdare sulle nostre coste, compiono un percorso irto di difficolta’ paragonabile, per certi aspetti, a quello dei salmoni; una volta giunti alla meta sono sfiniti e vanno rifocillati, o no? La differenza sta solo nel fatto che i salmoni sono assai ambiti per le loro qualita’ mentre i migranti sono visti, ahime’, solo come un gravame e poco altro.
Comunque non è vero che ci pagheranno le pensioni.
Sarebbe un bel c….o: io ho circa 33 anni di contributi……
Infatti li manteniamo noi. E siccome i posti di lavoro non ci.sono, continueremo a mantenerli fino ai nostri 67 anni, quando defungeremo il.giorno prima della pensione.
… gli europei immigrati due secoli fa hanno arricchito inestimabilmente il Brasile …
Se lo chiedi ai discendenti delle popolazioni indigene, non ti risponderanno allo stesso modo (così come i discendenti dei pellirossa). Si deve evitare di cadere negli eccessi: l’uno è la demonizzazione di Colombo e della colonizzazione, incluso il mito del buon selvaggio secondo cui prima lì era tutto rose e fiori e i problemi li hanno portati solo gli europei; l’altro è dimenticare che c’erano dei padroni di casa che sono stati espropriati. Non ha senso rivendicare la situazione di prima, perché sennò staremmo in guerra permanente rivendicando fatti di duemila anni fa, ma è certamente opportuno evitare di ripetere gli stessi errori.
Poi, cosa si intende per “arricchire”? Indubbiamente ci sono alcuni progressi materiali che abbiamo portato; il vero arricchimento fu però l’evangelizzazione. Non vedo nessuna di queste cose portate dai nuovi “migranti” (considerato che la maggior parte sono islamici, poi, semmai abbiamo una de-evangelizzazione…). Ma qui stiamo ricadendo nell’ottica di vantaggi e svantaggi.
Per quanto riguarda il Brasile, consiglio di rivedere questa pagina di storia, che mi pare praticamente dimenticata da tutti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Decreto_Prinetti
Il decreto Prinetti fu un provvedimento preso nel 1902 su iniziativa del ministro degli esteri Giulio Prinetti, nella sua qualità di Presidente della Commissione sull’emigrazione, che impediva la cosiddetta emigrazione sussidiata diretta specialmente in Brasile.
Con il finire dell’Ottocento si era intensificata l’emigrazione europea nel Brasile che ebbe un grosso impulso quando, nel 1888 il Brasile, ultimo dei paesi della comunità internazionale, aveva abolito la schiavitù. I grandi proprietari terrieri ricorsero allora per sostituire la manodopera schiava agli emigranti europei, per lo più italiani. Alcuni agenti si incaricavano di anticipare l’importo delle spese di viaggio. Il fenomeno degenerò in veri abusi: i lavoratori così importati erano trattati come i precedenti schiavi.
Per evitare tali fenomeni di sfruttamento[1], il governo italiano prese il drastico provvedimento di proibire l’emigrazione sussidiata. Fu considerato uno dei rari provvedimenti a tutela del lavoro degli emigranti italiani e come tale fu difeso anche da Filippo Turati[2], ma provocò un irrigidimento nelle relazioni tra Italia e Brasile che continuò ad inviare opuscoli che esaltavano le felici condizioni del lavoro in quelle terre.
Esattamente la robina che vediamo oggi, solo che all’epoca i socialisti italiani erano meno incoerenti dei loro attuali discendenti e Turati fu tra coloro che, riconoscendo la situazione, fece approvare una legge per bloccare il fenomeno.
@tuc
Dici che bisogna che li facciamo lavorare? Giusto. Ma ti sei già dimenticato quello che scrivevi sopra, cioè che noi abbiamo dei problemi specifici? Non solo la mafia: anche la disoccupazione, che non cala (l’ISTAT manipola i dati, come si fa in tutto il mondo, conteggiando come disoccupati solo quelli che non sono registrati come in cerca di lavoro, invece di conteggiare quelli che effettivamente non hanno un lavoro) e soprattutto la disoccupazione giovanile è un disastro. Come facciamo ad occupare anche altre masse di giovani?
@Fabrizio Giudici
Ma ti sei già dimenticato quello che scrivevi sopra, cioè che noi abbiamo dei problemi specifici? Non solo la mafia: anche la disoccupazione, …
Occhio che frase è tua e io la ho solo citata per ricordare che non si possono usare i cosiddetti “problemi specifici” come alibi per rifiutare chi chiede aiuto. In secondo luogo non è vero che in Italia manca il lavoro: in Italia manca il lavoro RETRIBUITO il che è molto ma molto diverso. A parte i 35Euro per richiedenti asilo di cui ho già parlato, una famiglia indigente tipica (80% stranieri) riceve vari Bonus che, sommati, diventano un mezzo stipendio: Bonus Luce/Gas, Bonus Famiglia, Bonus Bebé (forse lo tolgono), Bonus Nascita, Carta SIA, … Ora hanno inventato l’orribile reddito di cittadinanza. Questo modo di fare significa insegnare sistematicamente al povero a non lavorare, a non cercare, a non faticare ma a stendere continuamente la mano. Non credo di offenderti se affermo che anche tu, se ti avessero inculcato per anni che non val la pena alzarsi alle 5 per i turni in fabbrica perché, tanto, in Italia tutto s’aggiusta, alla fine avresti ceduto. Io avrei ceduto. Io ho avuto la fortuna (come credo anche tu) di essere formato in un ambiente che mi ha insegnato degli obiettivi positivi. Trovo assolutamente schifoso dare poco (perché E` POCO) in cambio di NULLA. Abbiamo città da pulire, un sistema idrogeologico instabile, spiagge, boschi e parchi da mantenere ma anche archivi da riordinare, pacchi da consegnare… basterebbe che lo stato (solo lo stato, non un privato!) pagasse per questi lavori più o meno quello che già spende in bonus e in spese per richiedenti asilo. Questa gente avrebbe una dignità, si integrerebbe col lavoro (Art 1 della costituzione più bella del mondo). Invece non lo si fa perché mantenere la gente nella miseria e togliere ad essa ogni dignità è molto più redditizio per la criminalità. Stesso dicasi per le enclavi (banlieu, Londonistan ecc.).
Una nigeriana sveglia cui abbiamo chiesto perché non denunciasse i suoi aguzzini mi ha ironicamente risposto: “secondo te è meglio che io denunci il mio presidente o il tuo?”
Un’ultima annotazione: non sono le “invasioni” che determinano le crisi ma il contrario: quando un popolo non ha più identità, voglia di fare, di affrontare nuove sfide allora comincia o ad alzare i muri o a subire gli eventi. A questo punto è cotto a puntino per l’invasione e la fine. Comunque poi tutto ricomincia dopo un po’…
“Abbiamo città da pulire, un sistema idrogeologico instabile, spiagge, boschi e parchi da mantenere ma anche archivi da riordinare, pacchi da consegnare… basterebbe che lo stato (solo lo stato, non un privato!) pagasse per questi lavori più o meno quello che già spende in bonus e in spese per richiedenti asilo.”
Fammi capire.
Invece di far lavorare nei modi che indichi i milioni di italiani poveri, disoccupati, spesso alla disperazione quando non suicidi, lo Stato italiano – italiano! – dovrebbe impiegare degli stranieri?
Invece di coloro che in Italia hanno diritto di vivere, perché è la loro patria, bisognerebbe far passare avanti chi questo diritto non ce l’ha?
Ammetto che il tutto mi dà la nausea.
Sono parecchio d’accordo con Fabrizio G. (incredibile….!)
“Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: «Venite, è pronto». Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: «Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi». Un altro disse: «Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi». Un altro disse: «Mi sono appena sposato e perciò non posso venire». Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: «Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi». Il servo disse: «Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto». Il padrone allora disse al servo: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena»».”
Dubito fortemente che Nostro Signore pensasse alle Coop Bianche e Coop Rosse quando disse “ero straniero e mi avete accolto”. L’accoglienza è diventata un affare per alcuni, che poi si fanno belli citando il Vangelo. A loro vanno i profitti, alla gente comune (per lo più famiglie e anziani) va il disagio di avere per vicini di casa giovani diseredati e sfaccendati.
In secondo luogo non è vero che in Italia manca il lavoro: in Italia manca il lavoro RETRIBUITO il che è molto ma molto diverso.
Il lavoro non retribuito (o sotto-retribuito) è già un problema per sé, ma in Italia manca proprio il lavoro. Per esempio l’acronimo NEET indica i giovani che non studiano più (perché hanno completato un ciclo di studi) e non lavorano, e noi a questo proposito siamo messi molto male (cito fonte non sospetta):
http://www.huffingtonpost.it/2017/07/17/record-di-neet-litalia-e-il-paese-europeo-con-il-piu-alto-nume_a_23033658/
Il fenomeno è complesso e può essere che certi rifiutino di fare certi lavori; frequentemente compare la notizia che certe offerte cadono nel vuoto. Ma continuano a cadere nel vuoto anche dopo l’inizio dell’invasione di immigrati, il che vuol dire che neanche loro vogliono, o sono qualificati.
Per non parlare di un gran numero di aziende in crisi, con ondate di licenziamenti in vista (ILVA è solo un esempio, se fate un passo a Genova è probabile incappiate in una manifestazione di protesta dei lavoratori di altre aziende).
E in questo scenario vogliamo trovare lavoro a centinaia di migliaia (e che dovrebbero essere milioni, secondo gli immigrazionisti) di persone?
@luigi
Fammi capire. Invece di far lavorare nei modi che indichi i milioni di italiani poveri…il tutto mi dà la nausea
Come indica Fabrizio Giudici nel suo commento la disoccupazione italiana riguarda in massima parte persone con titolo di studio e che possono permettersi di non fare molti dei lavori che ho indicato.
I residenti sotto la soglia di povertà assoluta sono grossomodo il 12% dunque 7,2 milioni; di questi l’80% è straniero (lo so perché vengono da me) dunque gli autoctoni sono meno di 1,5 milioni, compresi vecchi e bambini. Credo che tu non abbia dati aggiornati e di prima mano.
L’idea che gli immigrati toglierebbero il lavoro agli italiani è una leggenda. In realtà con una immigrazione gestita così male vengono effettivamente tolte risorse (in uomini e mezzi) e dunque il danno esiste. Ma non per colpa di chi immigra: la colpa è di chi non vuole gestire bene le cose perché ha interesse che le cose NON funzionino.
Completo dicendo che oltre a italiani fannulloni esistono anche stranieri fannulloni. Li ho conosciuti. Ma la maggioranza cerca un riscatto e basterebbe solo essere italiani civili per realizzarlo. Loro farebbero i lavori che nessuno vuole fare e basterebbe che a gestirli fosse lo stato in modo da sgombrare il campo dall’interesse privato. Abbiamo anche gli strumenti legali (il servizio civile ad es.). Invece noi educhiamo i poveri (italiani e non) a trasformarsi in parassiti e a telefonare in Africa dicendo “venite, qui ci pagano per non fare niente!” Siamo noi la rovina di noi stessi (e di loro).
“(lo so perché vengono da me)”
Il che è esemplare, come fonte d’informazione.
Infatti i conti non tornano, visto che stando a quanto riporti tutti gli stranieri residenti in Italia dovrebbero essere in condizioni di povertà assoluta.
Osservato questo, non io ma altri hanno fornito dati in merito.
Se anche restiamo coi tuoi, alquanto sbalestrati, per cui i soli italiani poveri “assoluti” sono circa 1,5 milioni, la mia espressione “milioni di italiani poveri” (“assoluti” e “relativi”) è del tutto rispondente a realtà.
Detto in altro modo, neolingua e bispensiero non funzionano.
“Loro farebbero i lavori che nessuno vuole fare”
Ecco, mancava il cavallo di battaglia del razzismo antitaliano. Gli stranieri fanno i lavori che gli italiani non vogliono fare.
Ora siamo al completo, direi.
Ovviamente – ricollegandomi anche all’intervento di Fabrizio – l’espressione corretta è “loro farebbero i lavori che nessuno vuole fare per quelli stipendi“.
Il che scoperchia tutto il verminaio sottostante.
Come evidenzia il sottofondo da radical-chic quell’osservazione sui poveri educati a trasformarsi in parassiti. Mi sembra di leggere Scalfari.
Lo sapeva che in 10’anni i nostri governanti hanno dimezzato le borse dottorali? Come mai ora trovano tutti questi soldi per chi non è nato nel nostro paese?
L’idea che gli immigrati toglierebbero il lavoro agli italiani è una leggenda. In realtà con una immigrazione gestita così male vengono effettivamente tolte risorse (in uomini e mezzi) e dunque il danno esiste.
Ecco, ammettiamo pure che non sia un togliere direttamente il lavoro: il punto è proprio che tolgono risorse. Sono parecchi soldi: le ultime cifre del governo parlano di cinque miliardi l’anno, e sicuramente sono sottostimate; anche perché poi non tengono conto di altre spese (quelle per la sicurezza, ovvero le forze dell’ordine che devono presidiare i punti caldi). Ancora: ogni abitazione che viene destinata ad un immigrato non viene destinata ad un italiano; non sarebbe un problema se tutti gli italiani bisognosi avessero una casa, ma i dati dicono che non è così. Eccetera.
Se è vero che c’è una serie di intermediari parassiti che sono in gran parte responsabili di tutto ciò (e non solo privati, o comunque con grandi agganci statali, per cui invocare l’intervento dello stato non sarebbe risolutivo) ci sono altri effetti che vengono ignorati: la legge della domanda e dell’offerta e la contrattazione. In altre parole, se mi pagano 100 euro (per un tot di ore di lavoro a consulenza, o parte di uno stipendio, o per erogare un servizio o comprare un prodotto) quel valore è frutto della situazione attuale della domanda e dell’offerta e/o della contrattazione (per quanto riguarda gli stipendiati). Immettere una massa di lavoratori che sono disposti a fornire quelle prestazioni per un costo inferiore (sia perché in gran parte lavoreranno in nero – infatti è noto che p.es. gli immigrati finiscono in gran quantità nella raccolta delle campagne – sia perché provengono da un contesto che li rende più facilmente appagati, sia perché non hanno la cultura di contrattazione indigena) inevitabilmente si finisce con l’erodere quei 100 euro. Il risultato è un impoverimento generale, compresi gli italiani.
E io credo che questo non avvenga solamente come conseguenza non premeditata, penso invece che sia proprio voluto dai padroni del vapore: infatti la spinta ad accontentarsi di salari inferiori è un effetto ricorrente di molte riforme del lavoro che sono state applicate negli ultimi anni, con la scusa della flessibilità (che di per sé non è sbagliata, beninteso, se non viene usata come pretesto per altro). D’altronde, ripeto, è roba già vista nella storia, in varie form: a fine ‘800 Londra pullulava di cinesi, sollecitati ad immigrare per fornire manodopera a basso costo alle industrie, perché – a differenza degli indigeni che si organizzavano in Trade Union – gli orientali sfogavano le loro frustrazioni nelle fumerie d’oppio… non a caso proibite, ma tollerate. Marx, che pure a proposito di oppio in senso lato scrisse varie cazzate, su questo fenomeno aveva le idee chiare (si spinsero all’uso dell’oppio anche gli operai indigeni, con diverso successo rispetto agli orientali). Oggi le fumerie d’oppio sono di diverso tipo, ma assolvono sempre lo stesso scopo.
La cosa assurda è che questo meccanismo è ben evidente alla stessa parte politica che spinge per l’immigrazionismo quando si tratta di gestire la crisi delle grandi aziende: per esempio, i sindacati sanno bene che la crisi del settore dell’acciaio è dovuto sostanzialmente, al netto di errori e/o furberie imprenditoriali, all’offerta mondiale a basso costo proveniente da Cina ed India. Curiosamente da quel lato ci si intestardisce nella difesa di settori che sono probabilmente una battaglia persa – perché ci sono dinamiche globali difficilmente contrastabili, visto che sono esterne – ma non si difendono altri settori, anzi, si lasciano esposti all’attacco, dove la battaglia è totalmente interna – tant’è che per creare il problema si devono trasferire grandi quantità di persone dentro i nostri confini.
si vede che tutti questi “migranti” avranno letto il nuovo libro”la Bibbia non l’ha mai detto”dove il fondatore del cristianesimo viene liquidato come capo di un ” gruppo mantenuto da donne ricche “.
di m. biglino e lorena forni.
adesso che siete avvertiti,potete evitarvi la lettura…. 🙂
e.cmq, sono venuto finalmente a capo della questione dell’ospedale da campo:
http://www.campariedemaistre.com/2017/11/mezzogiorno-dincenso.html
@Fabrizio Giudici
Immettere una massa di lavoratori che sono disposti a fornire quelle prestazioni per un costo inferiore … inevitabilmente si finisce con l’erodere quei 100 euro. Il risultato è un impoverimento generale, compresi gli italiani.
No se si tratta di lavori che gli italiani comunque non farebbero e no se quello “stipendio” torna allo stato in beni e servizi (affitti, luce, gas, scuola, …) che altrimenti lo stato deve erogare, volente o nolente, come assistenza sociale. Le cifre che lo stato butta via in un assistenzialismo senza prospettive sono semplicemente vergognose.
Io ascolto tutti ma sono in questo momento assolutamente convinto che offrire un lavoro è tecnicamente ed economicamente possibile e che questa è l’unica soluzione umana, dignitosa, cristiana per noi e per loro.
@Luigi
“Il che è esemplare, come fonte d’informazione.”: preferivi che scrivessi “lo so perché l’ho sentito dire da Luigi”? Tu sei libero di non crederci ma io alla mia fonte di prima mano (me stesso, per lavoro) ci credo.
Sei anche libero di criticare soprattutto se opponi dati che cambiano la sostanza della situazione.
Secondo quanto ricavo dal mio lavoro la gran parte degli stranieri è in condizione di povertà assoluta. E non mi pare strano pensarlo. Basta passeggiare. Poi possiamo giocare sulle cifre, sulle soglie, sulle date delle rilevazioni. La sostanza non cambia. Ti faccio osservare che i dati ufficiali sono sempre per difetto.
Penso ci siano poche persone lontane dal mio pensiero più di Scalfari: di tutto quel che scrivi è quello che m’è spiaciuto di più.
Il fatto che tutti i fattorini x Amazon che vengono a casa mia siano stranieri mi sembra già un indizio che gli italiani quel lavoro a quelle condizioni non lo fanno. Che c’è di strano? quando si dice “quel lavoro” si intende tutto il pacco ossia anche le “condizioni di lavoro”, lo stipendio, la copertura sanitaria, le ferie, la durata contrattuale eccetera. Se lo accettano vuol dire che in Africa starebbero peggio. Credo che sull’Africa siano informati più di te.
P.S.: sono quasi guarito dalla costipazione che mi ha tenuto in casa. Grazie della conversazione.
“Il fatto che tutti i fattorini x Amazon che vengono a casa mia siano stranieri mi sembra già un indizio che gli italiani quel lavoro a quelle condizioni non lo fanno. Che c’è di strano?”
Non so, magari il fatto che “opprimere il povero” e “negare la giusta mercede all’operaio” sono due dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio?
Insomma, gratta il modernista “misericordioso” e troverai il sorosiano.
“Ad ogni modo ricacciarli indietro non possiamo, non ci è mai riuscito nessuno se non in modo transitorio.”
Quindi non hai problemi solo col Catechismo, il principio di realtà, la matematica e la geografia. Ora pure con la storia!
Il primo esempio che mi viene in mente si chiama Reconquista. Durò sette secoli, è vero, il che la pone ipso facto oltre l’orizzonte mentale dei moderni pari tuoi, tutti presi da una fretta del diavolo.
Ma fu vinta. Mai sottovalutare gli europenses…
Ciao.
Luigi
No se si tratta di lavori che gli italiani comunque non farebbero e no se quello “stipendio” torna allo stato in beni e servizi (affitti, luce, gas, scuola, …) che altrimenti lo stato deve erogare, volente o nolente, come assistenza sociale. Le cifre che lo stato butta via in un assistenzialismo senza prospettive sono semplicemente vergognose.
Qui si continua a menare il can per l’aia. Quali sarebbero questi lavori (che se poi esistessero, ci sarebbe un altro danno, la ghettizzazione)? Io vedo immigrati lavorare come netturbini, operai stradali, addetti alla manutenzione degli alberi e delle aiuole, raccoglitori nei campi, camerieri, cuochi, muratori, operai in fabbrica, commessi, operatori di call center: tutti lavori che però vedo fare anche agli italiani (non ho scritto fattorini: vedi sotto). E mi basta e avanza: perché se si volesse sostenere la tesi del non impatto, si dovrebbe sostenere che fanno _solo_ lavori che non piacciono agli italiani, e i controesempi elencati già negano questa tesi.
Tu citi i fattorini di Amazon. Ma mai citazione poteva essere più sbagliata:
http://www.repubblica.it/economia/2017/10/02/news/caporalato_digitale_i_dipendenti_invisibili_e_senza_diritti_dei_servizi_low_cost-177099822/
È proprio il fenomeno che ho descritto sopra: non è che gli italiani non vogliono più fare quel mestiere, ma Amazon si è imposto al pubblico – con un meccanismo fuori da quello che andrebbe considerato un libero mercato con il minimo ragionevole di regolamentazione – perché ha potuto imporre salari da fame (altrimenti non potrebbe offrire le consegne ai prezzi appetibili che offre) e come conseguenza quel lavoro lo fa solo gente che è obbligata ad accontentarsi (“stipendi sotto il livello di sussistenza”, dice il sindacalista intervistato). Non a caso Amazon è tra i big della Silicon Valley che spinge potentemente a favore dell’immigrazione: così si procura la manodopera a basso costo di cui aveva bisogno.
Poi sai quale sarà la prossima puntata? La consegna con veicoli a guida automatica e droni (almeno nelle loro intenzioni… io nutro qualche dubbio che funzioni realmente, ma potrei sbagliarmi, potrebbe funzionare seppur parzialmente). A quel punto Amazon darà una pedata nel culo a quei fattorini, che ci ritroveremo noi come ulteriore problema sociale.
Esistono poi impatti a cascata, nelle filiere. Se per esempio un produttore di olio italiano, per mettersi al livello della produzione straniera, usasse immigrati malpagati o in nero per abbassare i propri prezzi, potrebbe mettere fuori mercato altri produttori italiani più scrupolosi. Qualora quessi dovessero fallire, salterebbero vari posti di lavoro in filiera, e non solo quelli di raccoglitore.
L’unico settore dove questo effetto negativo sulla contrattazione è quello del volontariato puro, perché in teoria lì la remunerazione non c’è proprio… ma anche qui stiamo parlando di un settore problematico, perché le aree dove il volontariato è veramente tale sono solo quelle dove i volontari campano perché hanno un lavoro e poi decidono di dedicare alcune ore del tempo libero. Se fanno solo i “volontari”, è un lavoro in nero camuffato da volontariato.
@Fabrizio Giudici
Ho citato Amazon come esempio di lavoro che nessuno vuol fare ma ho sottolineato in più punti che questa operazione NON dovrebbe essere data ai privati proprio per i motivi di sfruttamento che giustamente tu elenchi. Prova a rileggere.
Ad ogni modo ricacciarli indietro non possiamo, non ci è mai riuscito nessuno se non in modo transitorio. E` meglio dunque prendere il toro per le corna e trovare un’altra strada. Occorrono idee e soluzioni non elenchi di problemi. Se non ti sembrano valide le mie proposte inventa tu qualcosa d’altro. Ciao.
Ad ogni modo ricacciarli indietro non possiamo, non ci è mai riuscito nessuno se non in modo transitorio.
Non ci ha mai provato nessuno, e questo è differente.
Parlavo proprio ieri con un giovane africano ( bè, quasi trentenne ), che chiede l’elemosina vicino casa nostra, davanti a un piccolo supermercato , come fosse un lavoro : viene da un paese, limitrofo al nostro, in cui vive al momento, con un mezzo, ha un orario preciso dalle alle…. In pratica sono tre anni che fa questa vita, non fugge da situazioni di guerra, conosce un po’ l’inglese, pochissimo l’italiano, si barcamena per sopravvivere con l’aiuto di quanti impietosisce ( non lo dico con ironia, anche mio marito ed io ci siamo impietositi, lo aiutiamo in qualche modo ), ma non trova lavoro e pure l’aiuto di istituzioni o caritas varie gli è precluso, almeno a sentir lui, non so se perché , forse perché è ormai qui da molto tempo.
Ebbene, davanti all’obiezione che forse sarebbe meglio per lui tornare in patria, dice che a lui piace italia, piace europa, a casa sua sta peggio.
Ma io dico, peggio che mendicare da tre anni, e con la prospettiva di continuare a farlo per chissà quanto altro tempo, senza un alloggio decente, dormendo spesso per strada, senza affetti, subendo umiliazioni continue…
E solo nella mia zona di provincia , quanti ce ne sono di africani, giovani e meno giovani ,che vivono così ?
Tanti, tantissimi.
E solo nella mia zona di provincia , quanti ce ne sono di africani, giovani e meno giovani ,che vivono così ?
Tanti, tantissimi.
Altro paradosso: questi immigrati “storici” non interessano a nessuno, alla faccia dell’equità propugnata da molti. Tutti si prodigano solo per le ondate da qualche anno in qua. Si notano differenze nelle loro condizioni anche da certi comportamenti manifesti: davanti ad una chiesa vedo immigrati “storici” chiedere la carità, negli orari di tutte le messe ed indipendentemente dal tempo; davanti all’altra ci sono solo quelli che arrivano dal centro di accoglienza e non ci sono mai se è buio o piove.
L’ha ribloggato su gipoblog.
Non mi va di leggere tutti commenti…..( sono stanca )..ma una cosa voglio dire per mia esperienza…che loro devono essere aiutati a casa loro, non credo che mancano strumenti per farlo. Ma siccome c’è sempre frutti di guadagno per chi è in mala fede…..questo succede….purtroppo…( Dove sei nato là è il tuo cuore )…..ciao a voi tutti e buona serata…..