Un Dio pazzo d’amore

di Andrea Torquato Giovanoli

Quest’estate siamo andati in vacanza con tutta la famiglia in una specie di villaggio a Lignano Sabbiedoro e la refezione era a buffet self-service: ad ogni pasto ci recavamo in sala mensa sperando di arrivare prima dei numerosi gruppi di ragazzini che condividevano con noi il soggiorno e mandavamo i due piccoletti a blindare un tavolo libero, quindi nostro figlio maggiore, mia moglie ed io ci mettavamo in fila con cinque vassoi da riempire (i nostri tre più i due per i suddetti piccoletti che attendevano al tavolo).

Non c’era servizio ai tavoli, naturalmente, così, alla fine di ogni pasto bisognava racimolare le suppellettili sporche e gli avanzi sul proprio vassoio e depositarlo ordinatamente in apposite rastrelliere che si trovavano lungo il corridoio di accesso e che sarebbero poi state liberate dagli inservienti della cucina.

Anche da questo compito, come quello di approvvigionamento delle cibarie, i due piccoletti venivano esonerati (più che altro perché non ancora abbastanza forti da portare vassoi più grandi e pesanti di loro stessi), così il grande portava il suo e noi genitori sbaraccavamo anche quelli dei pargoletti.

Ebbene, alla fine di uno dei nostri pasti, mentre la nostra vacanza già volgeva al suo termine, è capitato che il sottoscritto, spossato da una mattinata trascorsa rigorosamente all’ombra a far formine giganti di sabbia (ovvero pigramente abbradipato dall’incalzante abbiocco post-abbuffata) ha chiesto al figliolo grande, di ritorno dall’aver riposto il proprio vassoio, di portare alla rastrelliera anche quello del suo amato papà, “peppiaceeere”.

L’erede, con solerte diligenza, ha raccolto il vassoio stracarico dell’anziano genitore e si è avviato verso il corridoio, prendendo però il percorso più tortuoso tra i tavoli. Vedendolo incedere con difficoltà tra le sedie malriposte, allora, ho provveduto a spostare le sedie che lo intralciavano per liberare il suo cammino (senza peraltro alzarmi dal mio posto, beninteso), cosicché il mio volenteroso ed obbediente bambino ha potuto raggiungere in sicurezza la sua destinazione.

E contemplandolo espletare questo gradito servizio mi sono sorpreso a riflettere su come anche il Padre agisca medesimamente con i suoi amati figli quando essi si fanno obbedienti alla Sua volontà: a corresponsione della fiducia che questi ripongono il Lui, anche (e soprattutto) quando intraprendono un sentiero difficoltoso, ecco che Egli, mano a mano che essi proseguono, rimuove gli ostacoli sul loro cammino cosicché possano giungere alla meta, senza tuttavia nulla togliere al valore del loro impegno.

Perché Dio non chiede altro all’uomo che la sequela all’esempio incarnato del Figlio, che poi è il cardine su cui ruota tutta la Sua missione terrena: l’obbedienza perseverante alla volontà del Padre.

Ai Suoi figli, infatti, Egli non domanda nulla di sovrumano in cambio della salvezza eterna: solo l’obbedienza a Lui, e per dimostrare che la Sua è una volontà di bene è disposto a sacrificarsi fino alle estreme conseguenze, e con rinnovato amore ogni volta, nella Santa Immolazione del Figlio.

E come mio figlio manco s’è accorto che gli spostavo le sedie per liberargli il passaggio, così troppo spesso anche l’uomo nemmeno si rende conto delle Grazie Celesti che Dio sparge sui suoi passi. Prima fra tutte proprio l’Eucaristia: segno della Sua Presenza attuale che interseca la vita di tutti coloro che ambiscono ad una relazione personale con Lui. Ma non meno segno della perseverante obbedienza del Figlio al disegno divino per la salvezza dell’uomo: rinnovata incarnazione di un Dio che si fa vicino alle Sue amate creature, chinandosi su di loro fino a sottomettersi, nell’obbedienza del Figlio, per la loro restaurazione a figli.

Poiché proprio nel Sacrificio Eucaristico si perpetua ancora oggi la sottomissione di Dio all’uomo (nonostante Egli abbia già attuato la sua gloria imperitura nella Risurrezione): come nel tempo della Sua vicenda terrena Egli scelse di rimanere sottomesso alla Madre Maria, nel tempo della Sua presenza come Risorto Egli sceglie di rimanere sottomesso alla Madre Chiesa attraverso le mani dei Suoi consacrati.

È questo il paradosso d’amore di un Dio che vuole comunicare la Sua presenza mediante l’ontologica inadeguatezza della Sua creatura, assumendosi fino alla fine dei tempi il rischio di rivivere la propria Passione nella crocifissione che può imporgli una Chiesa infedele, eretica e divisa.

11 pensieri su “Un Dio pazzo d’amore

  1. Roby

    Condivido appieno il tutto. Dio, padre, sa’ prima di noi stessi tutto quello che ci e’ necessario e provvede. Anche se, spesso, non lo si comprende.

  2. Mario

    “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.” (1 Giov 5, 19-21). Lasciati possedere da lui, dal fratello, per amore di Gesù, lasciati mangiare da lui, come altra Eucaristia, mettiti tutto al servizio di lui che è servizio di Dio, e il fratello verrà a te e ti amerà. Nell’amore al fratello è il compimento di ogni desiderio di Dio che è comando: “Io vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri come Io ho amato voi”.

  3. Karmell

    Il centro Getur, luogo di innumerevoli esercizi spirituali con il mio Movimento *.*

    Grazie per questa bellissima riflessione.

    1. Luigi igiuL

      Karmell, se posso, di quale movimento parla? Dallo stemma vedo che ha a che fare con i Carmelitani scalzi… E anche il nome…

      Per quanto riguarda l’articolo, mi ricorda la “Storia di un’anima” di Teresa del Bambino Gesù. Il paragone è simile: Teresina ringraziava Dio per tutti i sassi che aveva tolto sul suo cammino ancor prima che lei li vedesse e sapesse.

      1. Karmell

        La teoria dell’amore “preventivo” di santa Teresina (a proposito di carmelitani 😉 ), giustissima osservazione.

        Faccio parte del Movimento Ecclesiale Carmelitano, fondato dal teolo p. Antonio M. Sicari, che anche Costanza conosce bene.

  4. exdemocristianononpentito

    Non conoscevo tale movimento ecclesiale né il suo fondatore. Tuttavia ho visto alcune citazioni del predetto, e una in particolare mi ha colpito: quella sui santi che diventano piuttosto burberi quando sono “all,’esterno” della missione che Dio ha loro affidato.
    Mi sono infatti ricordato di alcune interviste televisive a persone che avevano conosciuto p. Pio, e tutti concordavano che spesso e volentieri era burbero e dava “rispostacce”. Un suo devoto addirittura ricordava di essere stato cacciato da lui, in malo modo, più di una volta.

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