tratto dal blog di Renato Calvanese, www.sacrosanteletture.it
Ridotto ad uno stato di larva, ad una macchietta dell’essere in cerca di nulla: questo è l’uomo per Samuel Beckett. Nella storia della letteratura poche sono le opere che hanno ritratto un’umanità così raccapricciante come quella messa in scena in Aspettando Godot, tanto da rappresentare il capolinea dell’uomo occidentale, il punto di non ritorno dopo il quale ci può essere solo l’eutanasia di una civiltà.
Beckett riesce a mostrare l’approdo esistenziale dell’uomo moderno sistemando sulla scena due soli personaggi, Vladimiro ed Estragone, due straccioni ridotti a mangiar porcilaie, ad ingannare il tempo ciarlando o a fare indifferentemente piani di suicidio. Il testo si apre con una frase terribile che verrà richiamata ripetutamente, “niente da fare”: Vladimiro ed Estragone compaiono sulla scena di un mondo ridotto ormai ad un deserto incomprensibile, una “diarrea esistenziale” lo definirà Vladimiro, in cui nulla più c’è da fare, da capire, da chiedere. Solo un filo sottile ci tiene legati, ancora per poco, a questa baracca che è la vita, ed è l’attesa illusoria che si presenti qualcuno, che accada qualcosa, che arrivi Godot e che possa finalmente spiegare tutto.
Estragone: E mentre aspettiamo, cerchiamo di conversare senza montarci la testa, visto che siamo incapaci di star zitti.
Vladimiro: E’ vero, siamo inesauribili.
Estragone: Lo facciamo per non pensare.
Vladimiro: Abbiamo delle attenuanti.
Estragone:Lo facciamo per non sentire.
Vladimiro: Abbiamo le nostre ragioni.
Estragone:Tutte le voci morte.
Vladimiro:Che fanno un rumore d’ali.
Estragone:Di foglie.
Vladimiro:Di sabbia.
Estragone:Di foglie.
(Aspettando Godot, di Samuel Beckett)
Non c’è alcuna sequenza ordinata di eventi nell’opera: l’albero in scena un giorno è sterile, l’indomani è fiorito; davanti ad esso si ritrovano ogni giorno Vladimiro ed Estragone ma nessuno dei due è in grado di ricordare quanto successo solo poche ore prima. La notte cala istantaneamente senza che mai accada qualcosa, senza traccia alcuna di Godot. Il tempo non scorre veramente, ma è imprigionato in un ritmo ciclico in cui tutto è destinato a ricominciare senza memoria del passato. Ogni giorno il primo giorno, ogni giorno lo stesso giorno in cui nulla di ciò che accade può essere salvato.
Vladimiro: Ho forse dormito mentre gli altri soffrivano? Sto forse dormendo in questo momento? Domani, quando mi sembrerà di svegliarmi, che dirò di questa giornata? Che col mio amico Estragone, in questo luogo, fino al cader della notte, ho aspettato Godot? Che Pozzo è passato col suo facchino e che ci ha parlato? Certamente. Ma in tutto questo quanto ci sarà di vero? (Estragone, dopo essersi invano accanito sulle proprie scarpe, si è di nuovo assopito. Vladimiro lo guarda). Lui non saprà niente. Parlerà dei calci che si è preso e io gli darò una carota. (Pausa) A cavallo di una tomba è una nascita difficile. Dal fondo della fossa, il becchino maneggia pensosamente i suoi ferri. Abbiamo il tempo d’invecchiare. L’aria risuona delle nostre strida. (Sta in ascolto) Ma l’abitudine è una grande sordina. (Guarda Estragon) Anche per me c’è un altro che mi sta a guardare, pensando. Dorme, non sa niente, lasciamolo dormire. (Pausa). Non posso più andare avanti. (Pausa). Che cosa ho detto?
Per non colare a picco, l’uomo crea il suo Godot
Perché sono venuto al mondo? Cosa spiega questo fatto che è la vita? Il caso. Il caso è la risposta che Beckett mette nel cuore dei suoi personaggi. E allora, se le cose stanno così, come si fa a non dire, con Vladimiro ed Estragone “e se ci pentissimo di essere nati?”. Se il caso è la risposta come faccio a non guardare alla mia esistenza come ad una condanna da scontare, ad una terribile conseguenza di un parto avvenuto a cavallo di una tomba, che oggi mi costringe ad aspettare semplicemente che torni la notte, che tutto si faccia nuovamente buio? Che senso può avere la vita dell’uomo? Che senso hanno le mie scelte, le mie relazioni, il bene che compio, il tempo che passa, la fatica che faccio, se il fatto che ci sono è frutto del caso? Come fa la ragione a non colare a picco di fronte ad uno scenario tanto terribile? L’uomo non è fatto per reggere questo svelamento della realtà, ed è in questo vuoto allora che egli compie la prova più ardua: crea l’illusione che le cose abbiano un senso. E’ questo il punto che Beckett conquista e mette in scena nel suo Aspettando Godot. Di fronte alla sua insignificanza, al suo vagare, l’uomo decide di affidarsi al cielo, ad una forza esterna, ad un Godot che verrà a redimere il mondo, a salvarci. Anche Beckett è un figliastro di quello Zarathustra che gridava al mondo “Vi scongiuro, o fratelli, siate fedeli alla terra, e non credete a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono dei manipolatori di veleni, sia che lo sappiano, o no.” (F.Nietzsche, Così parlò Zarathustra)
Secondo Beckett gli esseri umani si sforzano di rimanere ignari della loro condizione senza avere il coraggio di tirare giù il sipario su questa storia assurda che è la vita. E’ per questo che in tutta la piece i due vagabondi protagonisti cercano in varie maniere di rimanere stupidamente allegri, affinché il tempo passi, affinché un altro po’ di vita sia lasciato alle spalle.
Estragone: Troviamo sempre qualcosa, vero, Didi, per darci l’impressione di esistere?
O l’illusione o la morte, questo il punto d’arrivo di Beckett
Secondo la prospettiva intuita da Samuel Beckett, all’uomo rimangono solo due alternative: o coltivare l’illusione di un Godot, di qualcuno capace di ridare senso alle cose, oppure rimane la morte, quel suicidio di cui Vladimiro ed Estragone parlano spesso in maniera grottesca, senza avere mai la forza di andare fino in fondo. O si persiste nella finzione, in questa recita di azioni senza senso che sono le nostre giornate, o ci si ammazza: questa per Beckett è la scelta fondamentale di fronte alla quale si trova l’uomo. Questo è il suo approdo ultimo, questa la verità disvelata alla fine del suo percorso esistenziale, la comprensione del mondo strappata alla vita dall’autore irlandese. Questa l’eredità lasciata a questo tempo così simile alla scena di Aspettando Godot, in cui all’uomo è stata portata via la speranza di trovare una risposta al suo slancio buono, alla sua attesa di una felicità che non sia meschina, ma grande, eterna, capace di trovare casa nella miseria del mondo, capace di far diventare una mangiatoia il trono di un re.
Eppure esiste per noi, per l’uomo di oggi, per la nostra civiltà, per la nostra singola persona, un’alternativa a questo quadro di morte, di ridicolo, di narcosi che ci viene prospettato ed è quella di battere il mondo in lungo e in largo, nelle dimensioni dello spazio e del tempo, della geografia, della storia, del nord e del sud, del presente e del passato, interrogando gli uomini, i vivi come i morti, alla ricerca di un senso che possa trovare una corrispondenza con l’aspirazione del nostro cuore, con la dignità della nostra domanda, con la sorpresa grande dell’esserci. Non è vero che l’uomo è chiamato a scegliere tra un’illusione e la morte! L’uomo è chiamato prima di tutto a muoversi, non a star fermo, perché Godot non si aspetta, gli si va incontro.
Il non credere non è una scelta, tutti sappiamo che la fede è un dono, tutto è un dono, starei per dire ma lo è anche la sofferenza. La grande crisi che ha attraversato il ventesimo secolo e che continua, trae origine dall’inconciliabilità fra essere ed esistere. Tantissimi pensatori esistenzialisti, alcuni anche credenti, altri nichilisti, hanno tradotto nelle loro opere l’angoscia di questa antinomia, ne cito solo alcuni: Kierkegaard, Dostoevskij, Nietzsche, Sartre, ecc. Ben due dei Vangeli terminano col grido dell’abbandono. Alcuni pensatori recenti, poco conosciuti e ne cito Giuseppe Maria Zanghì, hanno cercato nelle loro opere di dare una risposta alla crisi del pensiero cercando di far coincidere l’essere con l’amore. Dio (l’Essere) è Amore come dice Giovanni. La massima espressione dell’amore di Dio per noi coincide proprio col grido dell’abbandono, non poteva amarci di più.
Buongiorno,
io penso che non esiste un uomo che non cerca la sua felicità, questo anche per chi non crede, o crede….è vero che Dio ci ha creato di materia, ma con un soffio divino, la nostra anima…..a questo punto l’uomo si fa mille domande, perché sono nato, chi sono,dove vado, a cosa serve la mia vita ecct….ma il nostro pensiero è limitato confronto al pensiero di Dio Creatore.
Dio ci Ha creato per LUI, e torniamo da Lui…..come dice la Sacra scrittura quello che saremo non ci è stato rivelato, allora dopo mille domande, è giusto l’abbandono nel Suo Amore, nulla è stato creato in vano.
Più di cosi non poteva fare…..ogni cosa che Dio Ha creato, anche l’uomo, …disse è cosa buona.
Sinceramente sta storia che la fede sia un dono che non tutti hanno avuto mi ha un pò stufato.
Da un lato, se non ricordo e se non ci son stati aggiornamenti, sta scritto chiedete e vi sarà dato.
E non mi pare che si facciano esclusioni.
Inoltre, perchè Dio dovrebbe dare la fede ad uno e dimenticarsi di un altro?
Posso capire che può aver dato a chi 5 a chi 3 e a chi 1 talento (moneta d’oro di circa 30 kg d’oro), ma neanche qui non mi pare che si parli di 0.
La fede è un dono (non un diritto, non un possesso, non un vanto…). Ma per l’appunto sta scritto: “Chiedete e vi sarà dato”. Chiedere con insistenza e con fiducia. “Ma”, dice qualcuno, “io non so chiedere, non so pregare”. C’è, al riguardo, un bel pensiero di Escrivà de Balaguer: “Mettiti alla presenza di Dio, e non appena comincerai a dire: ‘Signore, … non so fare orazione! …’, sii certo che avrai cominciato a farla”. Più che farsi domande teoretiche, alle quali esistono il più delle volte adeguate e complicate risposte teoretiche, è saggio fare proprio questo suggerimento 😉 .
“Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione».
Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall’interno gli risponde: Non m’importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».”
Luca 11, 1-13
😉
Però, per mettersi alla presenza di Dio i invocare il suo nome, bisogna già avere per lo meno un briciolo di fede..
Verissimo….siamo limitati …..allora stiamo alla Sua presenza
Leggerò stasera con attenzione.
Questo blog è molto interessante e da ora in poi lo tengo come unico blog di riferimento per la mia FORMAZIONE cristiana.
Buona serata
Intendo che terrò come riferimento per la mia FORMAZIONE cristiana l’intero blog di Costanza Miriano, Non solo questo post ☺
I due personaggi sono ridotti ad una vita insensata piatta e infelice, priva di slanci e aspettative. Come il filosofo Sartre esistenzialista definiva la vita una nausea. Ateo e comunista. Credo che queste figure evidenzino cosa sia la vita senza credere in un Dio buono, che ci accetta per come siamo. Se non ci si riconosce come creature insufficienti a noi stessi (Papa Benedetto appena eletto si defini’ insufficiente lavoratore della vigna), si cade nell’Io-dio, con la inevitabile profonda e angosciosa delusione appena sperimentiamo la fragilita’ fisica, psicologica, delle relazioni umane. L’uomo cerca sempre il suo Dio, ma lo deve cercare al di fuori di se’. Per noi cristiani e’ Gesu’ che ci ha cercato, azzerando la distanza tra noi e Dio padre.
L’ha ribloggato su harvest60.
E i santi pastorellli di Fatima non sono forse grotteschi? Che c’entra Beckett?
Perché’ grotteschi? Perché’ hanno capito l’enorme forza del male e che solo il bene puo’ vincerlo? Hanno accettato il discorso della montagna, non come un estetismo da salotto, ma come regola di vita. Certo si può’ irridere anche quello, ma solo a patto di vedere nella vita una prigione da cui non uscire, quella prigione che le religioni secolari hanno costruito nel secolo scorso e che non sono ancora scomparse e che anche in occidente si preparano per chi dissente dal pensiero unico.
“L’uomo è chiamato prima di tutto a muoversi, non a star fermo, perché Godot non si aspetta, gli si va incontro.”
Non so Godot, ma per quanto riguarda Dio, è Lui che è venuto incontro a noi. Quelli che si sono mossi per cercarlo a volte hanno anche fatto qualche passo nella direzione giusta, ma non sarebbero mai arrivati da soli.
Però una volta che la Via c’è, allora sí che bisogna muoversi. Come minimo per capire se quell’uomo che ha detto “Io sono la Via” diceva la verità o la più assurda pretesa della storia.
Ho appena letto la storia di uno che si è mosso. “The case for Christ” di Lee Strobel, un giornalista del Chicago Tribune, laureato in legge a Yale, ateo, che – quando la moglie si converte – decide di dimostrare che il Cristianesimo è una farsa, i Vangeli non sono attendibili, la Resurrezione non è mai avvenuta, ecc. Per quasi due anni studia, fa ricerche, intervista esperti di filologia antica, archeologi, medici, raccoglie prove… è arrivato alla conclusione che gli ci voleva più fede per rimanere ateo che per credere in Gesù Cristo.
Quest’anno è uscito anche il film ma non so com’è, 2 volte ho provato ad andare a vederlo e 2 volte il cinema aveva cancellato lo spettacolo serale. Se arriva in Italia fateci caso…