
di Luca Ricolfi, per Il Sole 24 Ore, 16 ottobre 2016
Non so esattamente perché, ma ho sempre detestato gli appelli. Forse perché sono troppi, e i personaggi pubblici ne abusano (come i radicali con i referendum). O forse perché, assai spesso, sembrano strumenti di autopromozione dei firmatari, più che mezzi adeguati per risolvere i problemi che sollevano. Insomma, quali che siano le origini della mia diffidenza, non ho mai firmato appelli. Anzi, mi sono dato una regola: non firmare mai un appello, anche se lo condividi al 100%.
Oggi però sono crollato. Ho violato la mia regola, e ho firmato un appello, il primo (probabilmente l’unico) della mia vita. Non me la sentivo di non aderire.
Così, venerdì ho aggiunto la mia minuscola firma alle 9.964 che già erano state raccolte. Probabilmente, nel momento in cui leggete questo articolo, le firme avranno superato la barriera delle 10mila, tantissime per il tipo di argomento considerato. Di che cosa si tratta? Si tratta della lettera-appello contro l’abolizione, parziale o totale, della traduzione dal latino e dal greco nell’esame di maturità (una proposta lanciata qualche mese fa dall’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer a un convegno milanese). Qui non voglio aggiungere alcun argomento alle limpide e convincenti parole dell’appello, il cui testo è direttamente consultabile su internet (indirizzo utile anche per eventuale firma). Quello che vorrei fare, invece, è raccontare come può vedere le cose chi, come me, fa il sociologo e insegna materie scientifiche (matematica e analisi dei dati) agli studenti universitari. Ebbene, io sono convinto che la vera posta in gioco non sia la sopravvivenza della cultura classica nel nostro Paese. Certo, tutto fa pensare che la nostra epoca sia una sorta di contro-Rinascimento, un tempo in cui il pendolo fra l’ammirazione per i classici e la venerazione delle novità oscilla decisamente a favore di queste ultime. E, se devo fare una previsione, sono perfettamente persuaso che si continuerà sulla strada già imboccata con la soppressione della storia antica dalla scuola media inferiore: nelle scuole secondarie del futuro lo spazio riservato alla civiltà greco-romana da cui proveniamo sarà sempre più ristretto. E tuttavia a me pare che la ragione vera per cui si vuole (e quasi certamente si riuscirà) abolire la traduzione dal latino e dal greco non sia l’incapacità di apprezzare la cultura classica, o la volontà di promuovere la cultura scientifica, o il desiderio di modernizzare e svecchiare la scuola.
No, la vera ragione è molto più terra-terra: la traduzione dal latino e dal greco, insieme ad alcune parti della matematica (nei casi in cui vengono effettivamente insegnate), è rimasto l’ultimo compito davvero difficile della scuola secondaria superiore. È questo, semplicemente questo, che rende attraenti le tesi degli abolizionisti. È questo che – prima o poi – consentirà loro di imporsi. Perché, non nascondiamocelo, la domanda degli studenti e delle loro famiglie non è di alzare l’asticella, ma di abbassarla sempre più, come in effetti diligentemente facciamo da almeno quattro decenni. È questo, il livello dell’asticella, che fa la differenza fra una buona scuola e una scuola mediocre. Ed è questo, la tenace volontà di tenerla bassa, il non-detto che accomuna buona parte delle innovazioni nella scuola e nell’università. Se così non fosse, alla progressiva erosione dello spazio del latino e del greco, con la soppressione dell’analisi logica nella scuola media inferiore, la scomparsa quasi universale della traduzione dall’italiano, l’istituzione di licei scientifici “ma senza latino”, si accompagnerebbe l’introduzione di soggetti ritenuti più interessanti, o più utili, o più formativi, ma altrettanto impegnativi. Giusto per fare qualche esempio: studio del cinese, compresi gli ideogrammi; logica e calcolo simbolico; teoria della relatività; meccanica quantistica; filologia classica o moderna; algebra astratta; linguaggi di programmazione evoluti (al posto del ridicolo insegnamento del pacchetto Microsoft Office). Ecco perché dico che la cultura classica non è la vera posta in gioco.
Le minacce alla cultura classica vengono un po’ da tutte le parti, ma il suo vero tallone di Achille è che c’è un momento di essa, quello in cui prendiamo in mano un testo di 2000 anni fa e proviamo a tradurlo, che richiede un livello di organizzazione mentale che non siamo più capaci di fornire a tutti. Per questo, essenzialmente per questo, la traduzione dal greco e dal latino è entrata nel mirino della politica. Non tanto perché «non è utile» (quasi nulla di ciò che si insegna a scuola ha un’utilità immediata), ma perché è difficile, molto difficile. Si potrebbe obiettare: perché mai dobbiamo difendere le cose difficili? Non c’è un po’ di sadismo nel rifiuto di alleggerire gli studi? È arrivati a questo punto, a questo nodo del problema, che mi sono convinto che, proprio per il lavoro che faccio, non potevo non firmare l’appello. Perché quel che osservo nel mio lavoro di docente universitario non mi può lasciare indifferenti.
Quel che vedo è terribile. Ci sono studenti, tantissimi studenti, che non hanno alcun particolare handicap fisico o sociale eppure sono irrimediabilmente non all’altezza dei compiti cognitivi che lo studio universitario ancora richiede in certe materie e in certe aree del Paese. Essi credono di avere delle “lacune”, e quindi di poterle colmare (come si recupera un’informazione mancante cercandola su internet), ma in realtà si sbagliano. Per essi non c’è più (quasi) nulla da fare, perché difettano delle capacità di base, che si acquisiscono lentamente e gradualmente nel tempo: capacità di astrazione e concentrazione, padronanza della lingua e del suo lessico, finezza e sensibilità alle distinzioni, capacità di prendere appunti e organizzare la conoscenza, attitudine a non dimenticare quel che si è appreso. La scuola di oggi, con la sua corsa ad abbassare l’asticella, queste capacità le fornisce sempre più raramente. E, quel che è più grave, questa rinuncia a regalare ai giovani una vera formazione di base non avviene certo in nome di un’istruzione “utile”, ovvero all’insegna di uno sviluppo delle capacità professionali, ad esempio sul modello tedesco dell’alternanza scuola-lavoro.
No, il modello verso cui stiamo correndo a fari spenti è quello della liceizzazione totale: la scuola secondaria superiore è oggi un gigantesco liceo che non è più in grado di erogare una preparazione di base decente, e proprio per questo induce l’università a trasformarsi essa stessa in un immenso e tardivo liceo. L’unico baluardo che resta in piedi sono quelle scuole, ma forse sarebbe meglio dire – quegli insegnanti – che non hanno rinunciato a spostare l’asticella sempre più in su, per mettere i loro allievi nelle condizioni di affrontare qualsiasi tipo di studio, umanistico o scientifico che sia. È grazie a queste scuole e a questi insegnanti che all’università, nonostante tutto, arrivano ancora drappelli di studenti in grado di ricevere un’istruzione universitaria, e le materie più complesse non sono ancora state abolite del tutto. Ma si tratta di eccezioni, non di rado provenienti dalla minoranza di studenti (circa il 6%) che ancora scelgono il liceo classico, con la sua aborrita prova di traduzione dal latino e dal greco.
La regola, purtroppo, è che chi ha un diploma di maturità non è in grado di frequentare un’università che non abbia drasticamente abbassato gli standard. È per questo che sto con la lettera-appello sulla traduzione dal latino e dal greco. Per me quella lettera non difende semplicemente la cultura classica, il latino o il greco. Quell’appello, difendendo l’ultima prova veramente difficile rimasta in piedi nella scuola, difende anche un’idea più generale: che se non vogliamo privare i nostri ragazzi delle capacità di cui prima o poi avranno bisogno, dobbiamo regalargli studi degni di questo nome, e smetterla di proteggerli da ogni sfida che possa metterli davvero alla prova.
fonte: Il Sole 24 ore
per firmare l’appello clicca QUI
…per ridere un po’
Perfettamente d’accordo con l’articolo. Io firmo anche altre petizioni. … In Francia sembra che il fenomeno di abbassamento dell’asticella sia iniziato prima, per le stesse ragioni, più quella, nell’ultimo decennio, di ‘ facilitare l’inserimento sociale dei giovani delle banlieues’. Una totale assurdità all’opposto degli ideali della scuola pubblica laica e gratuita per tutti. Gli effetti disastrosi sono gli stessi, più avanzati.
Un professore di letteratura alle superiori francese ha scritto l’anno scorso un libro acuto sulla volontà di non trasmettere i valori del passato che affonda le radici in Descartes e Rousseau e ha preso corpo nei ministeri fin dagli anni 60.
Lo scopo per chi non è lui stesso ingannato da questa retorica, e persegue questa politica è di avere generazioni manipolabili, oltre l’odio, penso che si possa dire così, per l’eccellenza e il merito in genere.
“facilitare l’inserimento sociale dei giovani delle banlieues”
Con quali eccelsi risultati, è detto dalle cronache nere.
Quando non interviene la censura, è ovvio.
Ciao.
Luigi
Ho 76 anni. Liceo classico. Medico-Chirurgo. Pediatra. Medico legale….
Speriamo che rimanga anche per i giovani di oggi la possibilità di studi degni ed efficaci !
L’abolizione del latino e del greco (anche solo all’esame di maturità) sarebbe l’ennesimo suicidio della scuola italiana, dove si fanno tante cose ma i ragazzi dimostrano una ignoranza e una incapacità allarmanti.
Ma d’altra parte su vuoi controllare le masse devi tenerle nell’ignoranza e nella incapacità di ragionare.
Io da tempo non capisco più come si studia. Ho fatto il classico il secolo scorso. La mattina a scuola, il pomeriggio dopo pranzo si studiava fino a sera. I ragazzi d’oggi quando studiano? Non l’ho capito…. Ogni tanto sento: domani devo essere interrogato. Ma perché si avvisa? Un tempo si interrogava a sorpresa e se eri impreparato ti beccavi due sul registro.
Tutto condivisibile e giusto, non sia mai.
Forse bisognava accorgersene mezzo secolo fa, però, quando il più grande scrittore italiano del Novecento (niente Nobel, a lui: una garanzia) scrisse questo breve passo (il grassetto è mio):
“Leggendo un testo latino, non si troverà mai una parola in più del necessario, una parola inutile. Non è vero che lo studio del latino non serva a nulla. E non è neppur vero che il latino sia una lingua morta. Il fatto che non lo si parli più ha un’importanza relativa: il latino è talmente vivo che, oggi, non esiste lingua parlata capace di esprimersi con tanta precisione e con così scarso numero di parole. Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del prossimo futuro, ma perché gli uomini non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire, e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un pubblico discorso e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro”, potrà parlare un’ora senza dire nulla. Cosa impossibile col latino”
Invece no, c’erano da ascoltare le sirene stile “Anche l’operaio vuole il figlio dottore”, per non dire delle follie dei priori di Barbiana. Purtroppo il tempo è galantuomo e ora arriva inesorabile il conto da pagare.
Solo pochi mesi fa ho scoperto che il mio vecchio liceo, a suo tempo il secondo d’Italia pur se di non nobili natali, prevede una sezione “senza latino”; non so, deve essere una cosa tipo gli uomini senza [censura].
Ora leggo che non è un’eresia solitaria.
Lo studio del latino è l’unica cosa rimastami davvero dentro, della mia esperienza sui banchi della scuola italiana. E non perché è l’unica che davvero mi sia servita nella vita – non ho invece combinato nulla di serio con l’inglese, l’informatica o la biologia, saperi da commercio minuto – ma perché ebbe un fascino tale da farmi ancora sorridere di commozione quando mi capita di riprendere in mano “IL” Castiglioni-Mariotti.
Del resto il latino fu lingua di soldati quali mai ce ne saranno più.
(A margine, Ricolfi avrebbe potuto ricordare che tanto lo studio del latino – e, immagino, anche del greco – è salutare di per sè, quanto l’impiego di Internet è dannoso di default, a prescindere cioè dall’impiego che se ne fa, per le capacità di riflessione e analisi profonda.
Giusto per fa comprendere i motivi per cui una tecnologia militare così potente sia stata resa disponibile a tutti e perché la si voglia far diventare la base della “squola” del futuro)
Anche se gli spocchiosi cugini del classico non lo meritano, firmerò l’appello.
Ma sia chiaro che lo faccio solo per i legionari di Roma, non per quelle donnicciole di Atene (un’ultima testudo prima della fine ci sta bene).
Nonché per le ragazze del classico, a suo tempo alquanto più carine di quelle dello scientifico 🙂
Ciao.
Luigi
P.S.: la citazione è, ovviamente, di Giovannino Guareschi.
@Luigi
Sottoscrivo tutto (tranne l’ultimo paragrafo). Io posso aggiungere, da ingegnere, che un paio di colleghi che ammiro molto, che hanno una capacità operativa fuori dal comune, che spiccano tra le centinaia di colleghi con cui ho avuto a che fare, che mi hanno insegnato molto… fecero il classico.
Appello firmato.
Mi chiedo se l’Amoris Laetitia avrebbe potuto essere così ambigua, incluse le note a piè di pagina, se fosse stata scritta in latino, come la maggior parte dei documenti papali di rilievo in duemila anni di storia…
Fabrizio,
temo che i pasticci si farebbero anche in latino.
Piuttosto, gli spericolati sofismi del capitolo 8 e il contraddirsi da una frase all’altra sarebbero stati evitati se a scrivere il documento fosse stato qualcuno che sapesse saldamente padroneggiare la logica (con i suoi princìpi, a partire da quello di non contraddizione), che dovrebbe presiedere all’elaborazione di ogni ragionamento…
@alessandro
ahia
Ma certi giudizi contra personam sono necessari?
@Bri
hai ragione, m’è slittata la frizione, cartellino giallo a me, mea culpa mea culpa mea maxima culpa, dovevo ricordarmi che stavo parlando pubblicamente del Papa (che zoppica in logica, ma pur sempre del Papa)!
Sconto la pena riportando con plauso un passaggio dall’udienza di mercoledì scorso (sulle opere di misericordia):
“Ci sono però anche altre sette opere di misericordia dette “spirituali”, che riguardano altre esigenze ugualmente importanti, soprattutto oggi, perché toccano l’intimo delle persone e spesso fanno soffrire di più.
Tutti certamente ne ricordiamo una che è entrata nel linguaggio comune: “Sopportare pazientemente le persone moleste”. E ci sono; ce ne sono di persone moleste! Potrebbe sembrare una cosa poco importante, che ci fa sorridere, invece contiene un sentimento di profonda carità; e così è anche per le altre sei, che è bene ricordare: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Sono cose di tutti i giorni! “Ma io sono afflitto…”- “Ma Dio ti aiuterà, non ho tempo…”. No! Mi fermo, lo ascolto, perdo il tempo e consolo lui, quello è un gesto di misericordia e quello è fatto non solo a lui, è fatto a Gesù!”
(Papa Francesco, Udienza generale, 12 ottobre 2016)
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2016/documents/papa-francesco_20161012_udienza-generale.html
Manco male che ogni tanto “qualcuna giusta” la dice…
Non si capisce perché però debba esser dato quasi per scontato e non se ne faccia oggetto (per tutti) di positivi e costruttivi commenti.
Intanto (grazie a Fabrizio) sul tema “scuola-latino-fatica-gioventù-formazione”, ancora un paio di battute e staremo a riparlare solo di AL 😐
Vedi Bariom,
AL al suo capitolo 8, per com’è, per come invita a interpretarla l’Autore, per gli effetti (dovuti all’Autore) che sta producendo, è così gravemente dannosa per i fedeli che non si può far finta di niente, tanto più che l’Autore non fa nulla per emendare l’errore, anzi persiste e rincara.
Non è lo sbandamento di un giorno, è un gravissimo errore nel quale il Papa persevera e che produce danni ingentissimi e crescenti; è una brutta ferita sanguinante, come puoi pretendere che il pensiero di molti fedeli non corra spesso ad AL?
Detto questo, per parte mia continuerò a parlare di AL, perché intendo fare quanto è mio dovere per mettere in guardia i fedeli dalla polpetta avvelenata del capitolo 8, visto che la totalità dei media ufficiali cattolici presentano come balsamo il veleno.
Io al veleno non lascerò campo libero, per quanto è nenne mie possibilità. Lo farò cercando di non andare off topic. Semmai, interverrà Admin.
Per quanto riguarda il post di oggi, ho firmato la relativa petizione, ho suggerito di farsi due risate con Totò, e amen.
Solo Alessandro, non capisco perché un intervento come il mio debba essere interpretato come un “facciamo finta di nulla…”
Io suggerirei ad Admin di aprire un unico grande topic che tratti solo di AL (e più nello specifico Capitolo 8 – però mi sarebbe piaciuto leggere anche commenti, non necessariamente negativi su qualcosa che NON è solo il cap. 8), perché il rischio – ma direi qualcosa di più – e che qui non si parli d’altro, mentre credo ci sia molto di cui parlare (in bene e in male) nel nostro peregrinare su questa terra… e su questo blog. 😉
Sì, cerchiamo di non mandare off topic anche questo post.
Magari commentate su post dove già si è discusso.
Grazie.
Bariom,
visto che del capitolo 8 di AL ho detto praticamente già tutto quello che penso, e che tutto quello che ne penso è sostanzialmente espresso nella Supplica filiale che grazie a Dio è stata elaborata e pubblicata:
http://www.supplicafiliale.org/
mi assumo l’impegno di non parlare più di AL se non in replica a interventi che la riguardano e che non condivido.
“Intanto (grazie a Fabrizio) sul tema “scuola-latino-fatica-gioventù-formazione”, ancora un paio di battute e staremo a riparlare solo di AL”
Ah, ecco… 😀
“la logica (con i suoi princìpi, a partire da quello di non contraddizione), che dovrebbe presiedere all’elaborazione di ogni ragionamento…”
Ma è proprio questo il fatto, Alessandro: lo studio del latino, qualora condotto con un minimo di serietà, contribuisce fortemente a strutturare le capacità di analisi, di pensiero astratto (che non è quello campato per aria…), di logicità e sintesi, di diradare i particolari inutili cogliendo quelli essenziali; aiuta inoltre, e non poco, a sviluppare la pulizia mentale e il realismo.
Va cioè molto oltre il rosa/ae, l’ablativo assoluto e il “Gallia est omnis divisa in partes tres”.
Personalmente mi sono trovato a ringraziare lo studio della lingua latina in situazioni dove mai e poi mai avrei pensato di doverlo fare.
Fabrizio,
lo esplicito a scanso di equivoci: l’ultimo paragarafo era ironico.
Però è vero che, almeno nella mia città, le ragazze del classico fossero mediamente più belle di quelle dello scientifico (vedetelo come un ulteriore spunto di riflessione sulla AL).
Ma poi leggo: “Io posso aggiungere, da ingegnere […]”
“Nessuno è perfetto” (cit.) 😀
Si raccolgono a seguire cartelli di sfida da ex ginnasiali, ingegneri, fans di Bob Dylan e Lorenzo Milani, femministe, etc. etc.
Ciao.
Luigi
@admin
Mi adeguo alle tue direttive. Tuttavia, faccio presente che il tema “principio di non contraddizione” e “chiarità nell’esposizione” è ben legato al tema del latino, come dimostrato dai due interventi di Luigi. Così come si potrebbe parlare, sempre in tema di chiarezza, della liturgia e delle traduzioni improprie, come il “pro multis”… Più la gente diventa ignorante di latino, e portata a ritenere inutili tutte le questioni ad esso collegate, più tenderà a non capire queste cose.
@Luigi “lo esplicito a scanso di equivoci: l’ultimo paragarafo era ironico.”
Era chiaro, ma anche l’ironia si può anche condividere, o non condividere. 🙂 Senza intenti di critica, semplicemente perché certe cose fanno parte dell’esperienza personale. Per esempio, per quanto mi riguarda, il problema delle ragazze non era legato al liceo (scientifico vs classico), ma all’università (ingegneria vs fisica)…
Sì, infatti mi pare un palese off-topic.
Ma lui le sopporta le persone moleste? (Moleste secondo il suo giudizio si intende…..)
@Bri
Non prenderti però l’abitudine di correggermi fraternamente troppo spesso perché, come saprai, sono mooooooolto permaloso 😉
@alessandro
figurati io spero sempre di aver zero occasioni di sentirmi in dovere di farlo 🙂
Gentile Signora Cinzia,
“Ma d’altra parte se vuoi controllare le masse devi tenerle nell’ignoranza e nella incapacità di ragionare”
Non penso sia cosi’ se abbiamo una visione generale del Mondo.
Negli ultimi decenni scientificamente e tecnologicamente siamo andati Avanti e con grandi conquiste sia sociali che economiche ed una esplosione di scienza e tecnologia.
Come sempre il Mondo si muove verso nuove mete: fortunati tutti quelli che hanno il tempo di studiare discipline per il piacere e diletto del loro intelletto,
Come lei sei sa, qualsiasi istituzione dello Stato ha delle priorita’ di insegnamento verso le discipline a disposizione dei suoi cittadini.
In breve veda lei se e’ piu’ prioritario per il 2016 avere studenti, a diversi livelli educativi, in informatica o dottori in lingue antiche?
(Veda per esempio il dominio che ha preso il continente asiatico nel settore dello sviluppo, produzione e commercio dei moderni strumenti delle telecomunicazioni.
Noi Europei abbimao perso il treno, ed ora non siamo capaci di competere al loro livello sia come qualita’,avanzamento tecnologico e basso costo, ma siamo interessati a incolturarci di greco e latino)
Un semplice detto del Veneto: meglio un asino vivo che un dottore morto.
Nel senso che le esigenze del vivere molte volte condizionano saggiamente le priorita’ anche nel campo educativo.
Sfortunatamente chi soffre di questa situazione e’ sempre la classe sociale meno affluente che deve passare la vita nell’ignoranza: ingiustizia sociale.
In conclusione: se il Sistema Scolastico nel suo insieme non ha i fondi necessari per la crema sulla torta (arti) e’ gia’ di gran aiuto alla popolazione aver loro insegnato a leggere e scrivere: il resto solo se si puo’.
Cordiali, rispettosi saluti, Paul
” e’ piu’ prioritario per il 2016 avere studenti, a diversi livelli educativi, in informatica o dottori in lingue antiche?”
“Un semplice detto del Veneto: meglio un asino vivo che un dottore morto.”
Ma non è quello di cui stiamo discutendo. Infatti, non è che stata proposta l’abolizione dell’obbligo di insegnamento del greco e latino in qualsiasi scuola superiore, perché non esiste tale obbligo. Se uno non ha particolare predisposizione per lo studio e vuole imparare un mestiere il più presto possibile, esiste un’ampia scelta di istituti tecnici. Invece, eliminare il greco e il latino (perché di fatto è questo che è successo/succederà, se si tolgono dall’esame di maturità) vuol dire togliere a quelli che li vogliono studiare il diritto di studiarli proficuamente.
PS Come ingegnere informatico, dico che la formazione delle nuove leve (e me ne intendo: lavoro con gruppi di lavoro di varie aziende e a volte faccio consulenza per la selezione del personale) è in costante e veloce declino, sin da quando esercito la professione (più di vent’anni). Senza certamente generalizzare – esiste il talento personale – escono sempre più persone capaci di risolvere un problema di cui c’è la soluzione in un manuale rispetto a quelli in grado di gestire situazioni impreviste. Come diceva un collega già molti anni fa (avviso per le signore: battuta da caserma e sessista in arrivo), c’è gente che, se non gli si spiega che per andare a pisciare devono tirar giù la cerniera, se la fa nei pantaloni. Avendo mantenuto molti contatti con personale universitario, è pressoché univoca la spiegazione: escono malissimo dalle scuole superiori, pieni di lacune che devono essere colmate a scapito di altre cose.
Questo non è essere un buon ingegnere e, in generale, vale per tutti i mestieri. Qualsiasi cosa debba fare che dipende da altri – fosse anche spedire un pacco – vedo sempre più persone incapaci di gestire una situazione imprevista. Da notare che questa caratteristica (l’apprendimento limitato al manuale) è sempre stata peculiare dei sistemi educativi anglosassoni (è per questo che gli ingegneri italiani, un tempo, facevano faville all’estero). Solo che gli anglosassoni hanno mantenuto college di prestigio, cosa che noi non stiamo facendo – oltre al fatto che questi tendono ad essere privati, mentre da noi le scuole private hanno problemi di vario tipo, esogeni ed endogeni. Andate a vedere i dirigenti del PD dove mandano a studiare i figli e capirete meglio di cosa stiamo parlando.
Tralasciando il fatto che, in una democrazia liberale (per quanto ormai sia alla frutta) uno deve poter esercitare il proprio diritto di voto e, per farlo in modo consapevole e non farsi manipolare, non gli basta certo aver studiato un mestiere. Un minimo deve saper pensare e comprendere la realtà che lo circonda. Aggiungo che se non sa farlo, non fa solo male a sé stesso (e potrebbe anche non dolersene, fatti suoi), ma in quanto manipolabile fa del danno agli altri.
@Paul Candiago…. per prima cosa chiedo, se possibile, di togliere il “signora” e se possibile di darmi del tu…. siamo su un blog e sentirmi dare della “signora” mi fa sentire molto più vecchia di quanto non sia! 🙂
Ovvio, come ha detto anche Fabrizio Giudici, che nessuno vuole obbligare tutti i giovani a studiare latino e greco. Ma quello che molti non capiscono (i nostro governanti in primis) è che lo studio delle lingue classiche favorisce lo sviluppo di capacità logiche e cognitive che non servono certo per parlare correntemente il latino o il greco antico (e comunque quant’è bella la massa in latino… ma questo è un altro discorso).
Posso dire con certezza (perché lo sperimento quasi tutti i giorni) che i ragazzi universitari che hanno studiato almeno il latino dimostrano una capacità approccio allo studio e alla soluzione dei problemi ben diversa da chi il latino non l’ha mai studiato. E non parlo di universitari che fanno lettere, ma di studenti di economia, giurisprudenza, ingegneria, medicina…
Per fare bene certi lavori non bisogna solo avere delle nozioni tecniche, ma bisognerebbe avere delle capacità logiche che lo studio di alcune materie (lingue classiche per fare un esempio) aiuta a sviluppare.
Questo non significa che tutti devono studiare 10 anni dopo le medie. Anzi… magari ci fossero giovani che, avendo poca voglia di applicarsi sui libri, imparassero a fare bene – e sottolineo bene – lavori tecnici e artigianali Magari i ragazzi di 14 anni che non hanno voglia di studiare di studiare potessero andare come gli apprendisti dai calzolai, dagli idraulici, dai sarti etc. etc. Ci guadagneremmo tutti!
Che poi l’uso precoce delle tecnologie non aiuti a sviluppare certe capacità credo sia ormai un dato di fatto. Penso solo all’uso del dizionario, tanto per fare un esempio da poco… eppure ho incontrato studenti universitari che hanno difficoltà con l’ordinamento alfabetico.
“Noi Europei abbimao perso il treno, ed ora non siamo capaci di competere al loro livello sia come qualita’,avanzamento tecnologico e basso costo, ma siamo interessati a incolturarci di greco e latino”
Non condivido nulla – nemmeno una virgola, a scanso di equivoci – di quanto hai scritto, Paul; ma la frase che riporto è davvero fuori della realtà. Come il resto dell’intervento, per carità.
L’Europa ha perso il treno non perché si interessi a “incolturarsi” di greco e latino, ma proprio perché ha deciso che questo non serviva più.
In poche parole, stai confondendo amabilmente la causa con l’effetto.
Ovviamente, quando scrivo Europa intendo le sue élites dirigenti, le quali – come ormai dimostrato dai fatti – hanno in mente progetti ben precisi e, fondamentalmente, anticattolici.
Alla realizzazione di questi progetti, ormai largamente conseguiti, sono necessarie plebi istupidite e ridotte allo stato animalesco più deteriore (e mi scuso con gli animali). Ecco perché si devono eliminare gli studii difficili, come del resto tutto ciò che profumi anche solo lontanamente della bellezza del sacrificio; nel contempo elargendo però con abbondanza i circenses dei tempi nuovi: pornografia, gioco d’azzardo, sport, droghe, aborto…
E non è che si tratti solo di greco e latino.
Quando il latino era ancora studiato perfino alle medie, esisteva parallelamente una scuola di avviamento professionale che ridicolizzava, quanto a serietà, gli attuali istituti professionali; i quali, oltre a ritardare di tre anni l’inizio dell’apprendimento, sono spesso semplice sentina di lazzaroni e socialmente spostati.
In ultimo: guarda che i paesi asiatici oggi all’avanguardia tecnologica, sono i primi dove le scuole sono dure -anzi, spesso durissime – e però conservano i loro saperi tradizionali; ad esempio, in Cina, lo studio della calligrafia.
Per il resto hanno già scritto Cinzia e Fabrizio, per cui non aggiungo altro.
Ciao.
Luigi
Non è una questione di materie, ma di mentalità. In Giappone farsi un mazzo tanto per raggiungere un obbiettivo è normale, riconoscere che non si può fare un determinato corso di studi o lavoro perché non si hanno le capacità è normale. Qui si tolgono le domande di logica “Cambridge” al test d’ingresso di medicina perché, cito, “più lunghe, difficili e richiedenti più ragionamento”. Poi passano tutti. Evviva, tutti possono fare il medico!!!
@Cacciatrice concordo che sia questione di mentalità, anche perche’non credo in Giappone studino latino alle superiori. Da noi sarebbe ovviamente folle toglierlo, perche’ e’la nostra tradizione.
@ola “anche perche’non credo in Giappone studino latino alle superiori. Da noi sarebbe ovviamente folle toglierlo, perche’ e’la nostra tradizione.”
Pensa un po’ alla schizofrenia imperante: la stessa area politica che vuole togliere greco e latino d’altro canto si strappa le vesti perché la globalizzazione distrugge le varietà locali di pere/mele/castagne/formaggio/quello che volete. E fa le crociate perché siano preservate. E fa bene, intendiamoci (incartamenti ideologici e commercialmente truffaldini a parte); però le radici enogastronomiche sì e quelle culturali no?
@Fabrizio it’s the “world government” ( Benedetto XV ), baby!
Posto che, se c’è qualcosa che ultimamente mi risulta insopportabile, è la assillante e semi-totalitaria insistenza sul cibo, declinato quasi in ogni angolo della vita quotidiana; posto questo, come nell’episodio scritturale lo stracciarsi le vesti di cui parli è segno di ipocrisia senza fondo.
Perché, una volta fatta la sceneggiata, le azioni sono in genere ben differenti.
Diciamo che, come per le scuole, la parte ideologica che citi vuole semplicemente conservare per sè le eccellenze da gourmet (rendendole nel contempo inaccessibili agli altri), ma al cittadino normale nemmeno le brioches di Maria Antonietta vuole lasciare…
Ciao.
Luigi
“Perché, una volta fatta la sceneggiata, le azioni sono in genere ben differenti.”
Hanno seguito le orme di Naomi Klein: la tipa che scrisse “No logo” contro “logo” e “brand” e, proprio con quell’atto, creò uno dei loghi più potenti oggi, il suo. Così, Slow Food e Eataly sono partite all’attacco delle multinazionali, per poi diventare multinazionali esse stesse, però ammantate da un’aura di politicamente corretto ed eticamente sostenibile. A prezzi non proprio stracciati.
Non per nulla Petrini è stato oratore ufficiale al funerale di Fo.
Ciao.
Luigi
attenzione: non e’ solo abbassare l’asticella. Gli ignoranti ci sono sempre stati e sono sempre stati tanti.
C’e’ pericolo che la qualcuno impari a pensare. E imbestialisca di brutto.
Certo poi ci sara’ sempre chi crede che Platone ne la Repubblica descrivesse lo Stato perfetto o chi straparla di “democrazia” ateniese.
eh, così potrebbero leggersi in originale, cioè in latino, tanto per esempio :
tacito annali III,25
plinio il giovane lettere IV,15
SENECA DE BENEFICIIS iii 16,2
marziale epigrammi VI,67
il contadino di crotone nel satyricon di Petronio
ovidio nux 23-24
giovenale satire VI
s.cipriano a demetriano
SALVIANO DEL GOVERNO DI dIO vii,80
S.GIROLAMO CONTRO GIOVINIO
s.agostino sui costumi dei manichei 18,65
valerio massimo fatti e detti memorabili II,9,1
ecc.
e capire,tanto per citare l’ultimo riportato che: “la natura vi impone una doppia legge: quella di venire al mondo e quella di avere discendenza. per il solo fatto di avervi cresciuti, i vostri genitori vi hanno lasciato un debito, quello di avere anche voi dei figli.
non vi deve stupire questo contributo, che aiuterà chi sopporta il peso di una posterità numerosa…che importa soggiogare città e popoli se ci si comporta male tra le mura domestiche”
da libero di ieri pag.14″ io profuga vi dico: l’europa sarà musulmana” ( ed allora il latino non servirà a un tubo 🙂 )
nota la “profuga” incontrata in una pizzeria di piazza navona, è spostata con 4 figli e la germania gli ha concesso lo status di rifugiata.siriana viveva in iraq a erbil. dove la guerra non c’è.
dom.: ma i soldi per il viaggio chi ve li ha dati?
risp.: abbiamo diverse proprietòà in iraq.non siamo così poveri. lo sono quelli che stanno nei campi profughi in turchia,libano o giordania.
dom;. come fai a mantenerti?
risp. ricevo un sussidio di 500 euro al mese. le spese della casa,sanitarie e mezzi pubblici tutto è pagato.
non frequento negozi tedeschi ma solo turchi ( costano meno. estetista inclusa)
…
dom.: se frequenti solo turchi perché non sei rimasta ad istanbul?
risp: a me istanbul piace,qui no ( la germania,nota) però in germania lo stato paga bene i rifugiati, in turchia meno.
…
d.: che lavoro vorretsi fare in germania?
r.: nessuno. una volta fatto il ricongiungimento familiare io me ne starò a casa. a lavorare ci penserà mio marito. MA IN NERO. perché avrà il sussidio. ed anch’io continuerò a prenderlo.
D.: e non temi che i tuoi figli possano non integrarsi?
r.: loro andranno a scuola,tanto è gratis,poi staranno con noi ,tra siriani.
LORO NON CAMBIERANNO. LA GERMANIA,INVECE,Sì
d.: che vuol dire?
r.: credo che se allah ci ha mandati in così tanti e proprio qui e in germania è per farne un paese musulmano. inshallah.
e addio latino.
e pure tutto il resto.
( ah, per la cronaca, il 70% e passa dei sedicenti profughi dal medio oriente e dall’africa sono come questa . non scappano da nessuna guerra. e non sono neppure tanto poveri)
Sono assolutamente d’accordo con lei, professore. Come madre di sei figli – l’ultimo ha sostenuto l’esame di maturità lo scorso luglio – testimonio che la famosa asticella negli anni si è drammaticamente abbassata. Il vero problema è far comprendere il nostro discorso ai ragazzi (e a parecchi insegnanti)!
Grazie AN
Oserei dire che è ancora più complicato di così…
Oltre all’abbassare l’asticella, oltre alla (scarsa) motivazione e passione degli insegnanti, c’è l’enorme questione, sottolineata dalle neuroscienze, dell’influenza “strutturale” che le nuove tecnologie hanno sullo strutturarsi appunto di connessioni neuronali alla base delle capacità che citava l’articolo (memoria, concentrazione, astrazione, ecc…).
In soldoni, se il cervello è abituato ad un certo modo istantaneo di cercare e trovare risposte e soluzioni tramite pc,ecc, non svilupperà le strategie che usavamo noi davanti a libri da sfogliare, riassumere ecc, ecc…e qui non è un problema morale o di volontà, ma molto più profondo…
@M. Cristina, interessante spunto.
Banalmente quello che ormai accade utilizzando un “navigatore” anche per arrivare alla farmacia sotto casa…
Si perde la capacità di memorizzare riferimenti e luoghi, acutizzare il senso di orientamento e di spazialità o anche solo il gusto del “guardarsi intorno”…
Sentita qualche giorno fa: “Cogito, ego sum”. Non so che scuola avesse fatto.
Beh, sempre meglio del “coito, ergo sum”… che è filosofia imperante 😉 😐
A proposito degli insegnanti, c’è da dire che se si introducono meccanismi premiali per i dirigenti scolastici legati alla “riduzione della dispersione” (cioè alla riduzione del numero dei “non promossi”), c’è poi poco da stupirsi di certi risultati. Nessuno è tenuto a essere un eroe fino al martirio, almeno se non si tratta di abiurare la propria fede. E, infatti, chi introduce quei meccanismi certamente non si stupisce …
@Bariom
consiglio sul’ argomento del rapporto tra sviluppo cognitivo, scuola e nuove tecnologie l’interessantissimo libro di Jonah Linch Il profumo dei limoni”
https://books.google.it/books/about/Il_profumo_dei_limoni.html?id=aRUxCwAAQBAJ&source=kp_cover&redir_esc=y&hl=it
Come scrivevo ieri, è ormai noto che Internet – per le sue caratteristiche intrinseche – danneggia le capacità intellettive a prescindere dall’uso che se ne fa.
Grazie per il libro che hai segnalato; non lo conoscevo e lo leggerò volentieri.
Ne segnalo altri due, sempre sul tema:
Manfred Spitzer, “Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi”;
Nicholas Carr, “Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello”;
a cui aggiungo un terzo titolo (non prendo percentuali!), solo apparentemente esterno al tema ma in realtà ad esso profondamente correlato:
Michel De Jaeghere, “Gli ultimi giorni dell’Impero romano”.
Ciao.
Luigi
@luigi
le citazioni tratte sono,perlappunto, da de jaeghere.
già letto in francese. me lo rileggo,in questi giorni, pure in italiano.
ed il succo è che se buona parte della nostra tradizione e cultura e religione- almeno finché il cristianesimo è stata la religione guida e norma morale dell’occidente- è scritta in latino, così come buona parte di quella europea.
già montanelli ricordava,nella sua storia di roma, che una religione, a livello politico e sociale, vale fintanto che offre una guida al comportamento morale.
oggi non è più così. e lo si vede,appunto, dal ritenere il latino inutile o superfluo e la religione un fatto privato.(quando va bene)
certo che se il futuro è sul genere del “codice dei valori universali” voluto da m’bow quando era presidente dell’unesco siamo finiti.
Ho conosciuto il classico nei primi anni di lavoro come prof di materie scientifiche, poi tramite mia moglie e mio figlio (che ora fa l’ingegnere meccanico), e due cose mi sento di dire:
1) non è una scuola per tutti ma non è la “scuola dei signori”.
2) viva l’osticità “inutile” del suo latino e del suo greco!
Ribadisco e chiarisco la mia considerazione, da persona che nella scuola ci vive da trent’anni. L’abbassamento del livello formativo non è un incidente dovuto a fatti casuali come la qualità o le intenzioni degli insegnanti (che, pure, hanno il loro peso – soprattutto la prima – e non intendo negarlo). E’ il frutto, in primo luogo, di una scelta politica voluta e mantenuta almeno dal primo governo Berlusconi fino a quello attuale, in totale continuità tra cosiddetta sinistra e cosiddetta destra, di chiare indicazioni che vengono fatte piovere sul capo dall’alto agli istituti e dei meccanismi di premio / punizione messi in opera riguardo agli istituti stessi. Quest’ultimo provvedimento giustamente criticato da Ricolfi (una delle poche teste pesanti e autonome che riescono ancora ad avere accesso alla nostra stampa mainstream) non è che un ulteriore impulso nella stessa direzione.
errata corrige: teste pensanti e non pesanti
La cosa è iniziata molto prima: nel ’68. È noto, documentato, e personalmente ho testimonianze dirette di mia madre (insegnante di lettere in pensione), suoi colleghi amici di famiglia e amici personali un po’ più giovani di lei; gli anni ’70 erano pieni di stronzate egualitariste, mode “rivoluzionarie” e cervellotiche sulla didattica e chi più ne ha più ne metta. Infiltrate anche nel cattolicesimo: Luigi sopra ha citato il disastroso Don Milani. Certamente, ognuno ha voluto dare un suo colpo di piccone. Quanto ai meccanismi di premio / punizione, non sono sbagliati in sé. Sono sbagliati nel modo con cui sono stati formulati.
Mia madre, pure lei insegnante di lettere in pensione, negli anni Ottanta ha dovuto combattere contro il disprezzo del preside sessantottino per il tema di italiano, reo di essere 1) prova elitaria iniquamente discriminante gli alunni non cresciuti in famiglie agiate; 2) prova tradizionale, sinonimo di “sorpassata”, “anacronistica”, “inutile”
Per non parlare dei manuali di geografia raccomandati: silenzio sui crimini dei regimi comunisti e smaccata propaganda per l’URSS (e per la Cina, “dove tutti hanno un lavoro e fanno vita sana circolando in bibicletta”)
Il libro di testo adottato in storia era il famigerato Camera Fabietti: un libro comunista senza se e senza ma: una vergogna! Per fortuna la professoressa non lo era e ne faceva una lettura critica.
Vogliamo parlare dei testi di storia ormai infarciti di leggende nere spacciate come verità storica? O errori imbarazzanti?
E’ ovvio che non intendo riferirmi al fatto che esistano dei meccanismi di premio / punizione, ma al fatto che questi dipendano dal non bocciare e prescindano dalla qualità della formazione. Su come valutare questa, poi, si potrebbe discutere per anni. I test Ocse / Pisa propongono la scuola finlandese come la migliore del mondo, ma c’è anche chi ha autorevolmente sostenuto che in realtà questa produca alunni che ignorano, ad esempio, il concetto di frazione, Non entro nel merito di chi abbia ragione in proposito perché non ne ho conoscenza diretta.
Pure io lavoro a scuola da più di un decennio e , avvallandomi anche di tantissime testimonianze negli anni dei colleghe e colleghi più vecchi di me, posso dire di non condividere un’acca di ciò che tu dici Klaus!
Il ritornello è sempre “se siamo bassi di voti i genitori ci fanno il …” “poverino, ha tanti problemi alziamo gli voto” “se diamo la nota il genitore ci denuncia” “i dirigenti sono i primi ad aver paura della denuncia e di conseguenza non ci difendono” “i ragazzi sono sempre più sfacciati”
Invito gli insegnanti a rivedere con attenzione la correttezza ortografica/sintattica dei loro commenti: potrebbero essere letti da studenti.
Detto questo, sono d’accordo con Fabrizio e Alessandro: la cosa è cominciata prima e le scelte politiche erano entusiasticamente accolte e attuate da molte “quinte colonne” che non aspettavano altro.
“Invito gli insegnanti a rivedere con attenzione la correttezza ortografica/sintattica dei loro commenti: potrebbero essere letti da studenti.”
I quali studenti, purtuttavia, di eventuali scorrettezze non si accorgerebbero, poiché ignorano che sia la correttezza ecc.
😉
Perdona la battuta, così sdrammatizziamo un po’…
Cara signora, la cui gentilezza peraltro non mi sembra all’altezza dello pseudonimo, sono reduce da un collegio dei docenti tenuto proprio ieri nel quale la dirigente ci ha richiamati all’esigenza di ridurre la dispersione e ci ha invitati a periodi di sospensione dell’attività didattica al fine di recuperare le carenze.
Questo significa, ad esempio, che se l’alunno Pierino fa il 40% di assenze per andare alla sala giochi o a farsi le canne nel vicino parco, dovranno essere attuati periodi di sospensione dell’insegnamento, nel quale i compagni di classe che sono sempre stati presenti non apprenderanno nulla, al fine di consentire all’alunno Pierino e a quelli come lui di recuperare le sue carenze.
Una collega che temeva di non potere così svolgere il programma è stata richiamata (non dalla dirigente, da una collega) all’esigenza primaria di non lasciare nessuno indietro e al fatto che il programma è una cosa di altri tempi, da non considerare più quale esigenza primaria.
La stessa dirigente nel Ptof ha inserito come elemento di miglioramento la diminuzione progressiva della dispersione (cioè delle “non promozioni”) del 30% in meno ogni anno. Poi, a onor del vero, lei stessa ha avuto un ripensamento diminuendo queste percentuali che anche a lei sembravano troppo ottimistiche.
Questi elementi di miglioramento, per quanto ne so, sono quelli che concorrono alla valutazione delle prestazioni degli istituti e, quindi, anche alla premialità (anche economica) dei dirigenti. La nostra, comunque, non è certamente delle più estremiste ed è corretta nel comportamento perché, ad esempio, in sede di scrutinio non esercita pressioni (almeno per ora) per generalizzare le promozioni, come ho visto fare a molti altri, molte volte, durante la mia carriera.
Evidentemente la mia esperienza è alquanto diversa dalla sua e da quella dei suoi colleghi, anche se non mi riesce proprio di vedere in quale modo le frasi da lei riportate smentirebbero quanto da me affermato. Il timore dei ricorsi e dell’invadenza delle famiglie è anzi una conferma di quanto dicevo.
Ebbene sì, ho ripetuto due volte “esigenza primaria” nella stessa frase, faccio ammenda. Sostituisco la seconda con “urgenza pressante”.
Sono abbastanza signora da accorgermi e ammettere che non avevo letto il tuo primo post, dove non hai fatto altro che confermare ciò che ho detto nel mio, che invece tu hai letto ma non capito, probabilmente anche per una mia stringata sintesi.
Se ti riferisci alle turpi/ offensive/blasfeme parole “non condivido un’acca”, mi riprometto la prossima volta di dire “non condivido una elle”…
Scommetto che la dirigente di Klaus sia una fan sfegatata, per l’insegnamento della matematica, del metodo intuitivo-dinamico, per approssimazioni successive e consapevolezza a poco a poco per gradi insensibili, conciliando lo spirito d’indeterminatezza dei giovani con la proprietà, la sobrietà, la sintesi e la precisione che la matematica impone, senza scoraggiarli. Per tranquillizzare, io non faccio uso di droghe. Qualcuno, al MIUR, probabilmente sì…
😉
A me pare che questa schiera di maturati che ha sfornato l’ Italia per decenni nei rinomati licei di stato, maturati al liceo classico o scientifico che sanno tradurre dal greco e dal latino non abbia giovato granché al nostro paese e, io che di appelli invece ne firmo parecchi, quando guardo al passato del nostro paese e della nostra scuola faccio spesso questa considerazione: se oggi viviamo in questa drammatica situazione l’ educazione e la formazione che abbiamo ricevuto a scuola ( come anche in famiglia ci mancherebbe) deve essere rivista; quindi scendiamo dal piedistallo e usciamo da vecchi schemi. Per me il problema principale dei giovani a scuola non sono le prove difficili ma la vera motivazione allo studio che oggi manca totalmente per un problema profondissimo di senso dell’ esistenza e qui mi fermo per non fare il solito pippone
Davide nessuno ha detto “più liceo per tutti”!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma se uno lo fa lo deve fare bene.
E il tuo sarcasmo nei confronti di chi lo fa oltre che ridicolo e con una vena di sudditanza psicologica, anche senza basi d’appoggio visto che non mi risulta siano aumentate le iscrizioni ai licei.
Pure io non condivido l’idea dell’ “anche il contadino vuole il figlio dottore” e per cui tutti laureati e niente operai,ma non sono certo così cretina da proporre per esempio di togliere Diritto romano da Giurisprudenza dicendo magari “che tanto le leggi oggi sono diverse e quindi a che ci serve studiare quelle di 2000 anni fa”. Soprattutto se sono io la prima a non aver studiato mai in vita mia Diritto romano e quindi NON HO LE BASI PER GIUDICARLO!!!
Ahi, Giulia! 😀
Nella famosa (e brutta) canzone di Pietrangeli non era il contadino, ma l’operaio, a volere il figlio dottore… come noto dai tempi di Catone, l’agricoltura forma invece sano realismo; nonché ottimi soldati.
Non per nulla il primo atto, cui andava incontro il giovane romano appena inquadrato in una legione, era il taglio dei capelli, a simboleggiare il passaggio dall’età adolescenziale, confusa e disordinata, a un mondo dove vigevano ordine, gerarchia, disciplina.
Il secondo, subito dopo, era l’affidamento della recluta rapata a un legionario veterano.
Immagino le elucubrazioni in tema “problema profondissimo di senso dell’esistenza”…
Ciao.
Luigi
Confesso che non lo sapevo che stavo citando qualche canzone…l’ho sempre sentita e devo aver confuso nel tempo contadino con operaio,,, però il senso si è capito dai!
Io ho pure un caso in famiglia di un parente di quelli strapoliticizzati su tutto senza pur far riferimento ad un partito, che fa il contadino, ha sempre vituperato contro quelli che non vogliono spaccarsi la schiena come lui, ma da due anni sta facendo i predicozzi al figlio il quale non vuol saperne di far l’università ma che gli sta bene lavorar nei campi!
Sì, certo, il senso si era capito.
Non potevo però perdere l’occasione per randellare il pensiero cialtrone del politically correct.
Se la vuoi cercare su youtube, la canzone era “Contessa” di Paolo Pietrangeli. Proprio brutta, a prescindere.
Ciao.
Luigi
Cara Giulia grazie per la risposta. Posso fare anche io una citazione? Aveva ragione Albanese quando faceva dire al suo personaggio sindaco :” Chiù pilu per tutti ” e come giustamente dici tu non “più liceo per tutti”. Io, che ho fatto il liceo scientifico, e che sono contento di averlo fatto non volevo essere sarcastico nei confronti di chi fa il liceo né polemizzare con la riflessione espressa sul Sole 24 Ore. Semmai, dopo aver letto decine di commenti che invocavano più o meno direttamente il ritorno ai bei licei di una volta , mi facevo delle domande del tipo: come faranno negli Stati Uniti o nei paesi del Nord Europa dove non credo (ma correggetemi se sbaglio) si faccia greco e latino alle superiori. E in Cina o in Giappone? E poi come mai i più grandi sociologi vengono proprio dagli Stati Uniti? E allo stesso modo non si può dire che agli USA manchino storici di livello, intellettuali di vario genere, scienziati. O ancora: ma come è possibile che quei miei compagni di classe che andavano così bene in greco e latino oggi hanno una vita fallimentare mentre quel ragazzo che aveva 4 in Latino oggi sia un uomo di successo (non mi sto riferendo a me stesso se mai vi fosse sorto il dubbio, cosa che non credo), e cosi via…Tra parentesi mi risulta che anche il nostro presidente del consiglio abbia fatto il liceo classico. Rispondendo a Luigi in merito alle (mie) supposte elucubrazioni mentali sul senso dell’ esistenza io penso l’ esatto contrario: per capire il senso della nostra vita e quindi anche il motivo per il quale vale la pena studiare con impegno non serve proprio ne il Greco ne il Latino ne la filosofia. Il fatto che l Impero Romano sia crollato proprio quando i Romani non volevano più fare i soldati i e a Roma si diffondevano i costumi ellenistici non è casuale. Questo riferimento allo stile di vita del soldato Romano al quale Luigi sembra ammiccare potrebbe corroborare il valore di quanto ho inteso dire con il mio precedente intervento. Ripeto: tante versioni tradotte di Greco e Latino come solo il popolo italiano può aver prodotto per decine di anni non ci stanno salvando dalla stoltezza, né ci stanno consentendo di tenere il passo di molti altri paesi più evoluti economicamente e culturalmente; ma questi ultimi le risorse intellettuali, culturali e scientifiche, da qualche parte le avranno pur prese!? certamente non dal Greco né dal Latino. Infine il mio massimo rispetto per chi ha fatto o fa i licei classico o scientifico e anche per queste due importanti lingue.
@Davide
“come faranno negli Stati Uniti o nei paesi del Nord Europa dove non credo (ma correggetemi se sbaglio)”
Sbagli e di grosso. Latino e greco sono insegnati anche in altri paesi del mondo occidentale:
https://en.wikipedia.org/wiki/Instruction_in_Latin
Negli USA, in particolare, dopo un periodo di declino c’è di nuovo forte interesse:
http://www.corriere.it/cronache/08_agosto_12/classi_dirigenti_latino_greco_9dd04348-6841-11dd-859b-00144f02aabc.shtml
http://www.educationworld.com/a_curr/curr357.shtml
http://aleteia.org/2016/05/18/latin-makes-a-comeback/
Nota questo passaggio:
The Church may have mothballed much of its Latin, but in the secular world — according to the American Classical League — it’s making a roaring comeback and is now, after Spanish and French, the third most studied language in America. The biggest problem it’s facing isn’t disinterest in a “dead” language or the mystifying ablative absolute, but finding enough Latin teachers for all the students who want to study it.
In Asia no. Ma iniziamo a sfatare un mito: il Giappone non è la patria dei geni, anzi. È una società molto gerarchica e con un fortissimo senso del dovere, sono metodici e sgobbano come muli. Tuttavia, si sono indirizzati verso un binario morto da qualche decennio. Non sto dicendo che è perché non studiano latino e greco: sto dicendo che non sono un esempio da prendere a modello.
“E allo stesso modo non si può dire che agli USA manchino storici di livello, intellettuali di vario genere”
Ho già scritto che negli USA il latino è studiato, eccome. Aggiungo l’esperienza personale: io ho lavorato per qualche anno con una sede distaccata in Italia di un’importante università americana, specializzata in materie umanistiche (i professori avevano certamente studiato le lingue classiche!). In Italia – a Firenze per essere precisi – si trovavano come ragazzini nella fabbrica di cioccolato, visto che avevano una passione incredibile per la nostra cultura, ma si stupivano sul perché noi italiani, privilegiati in quanto nati e viventi nella fabbrica del cioccolato, non curiamo abbastanza le nostre radici culturali.
Francamente non vedo il senso di tirare conclusioni generali a partire dai tuoi amici di gioventù… o quel pirla di Renzi. Non sono certo casi singoli che fanno le statistiche.
I “costumi ellenistici” dei Romani della decadenza non sono “lo studio della filosofia”: mi pare che tu abbia le idee molto confuse.
Perché siamo messi così male? È stato chiaramente scritto: perché la nostra scuola, che era tra le migliori del mondo, è stata devastata a partire dal ’68. Non ripeto cose che altri hanno già scritto. In altri paesi occidentali, in condizioni molto variabili – spesso con sistemi caratterizzati da una grande variabilità – hanno comunque curato di più il sistema educativo: ci sono passati avanti anche per questo (*). Il nostro grande handicap, comunque, è una classe politica disastrosa.
(*) Negli ultimi anni stanno demolendo tutto anche loro – per esempio anche in Francia c’è un dibattito in corso, i geni al governo vogliono togliere il latino e introdurre l’arabo – ma questo è parte del nuovo ordine mondiale.
“Ripeto: tante versioni tradotte di Greco e Latino come solo il popolo italiano può aver prodotto per decine di anni non ci stanno salvando dalla stoltezza, né ci stanno consentendo di tenere il passo di molti altri paesi più evoluti economicamente e culturalmente”
Come dire: poiché, nonostante la patente di guida, avvengono un mucchio di incidenti d’auto, eliminiamola.
Tanto non ci salva dalla stoltezza di inaccorti, ubriachi, drogati, vocianti al cellulare, strade dissestate, allogeni privi del minimo rispetto. Che senza l’esame di guida la situazione potrebbe essere ben peggiore, non rientra evidentemente nella logica di chi, appunto, prendeva 4 in latino (in generale, non mi riferisco a nessuno).
Come chiaramente esposto da Ricolfi e poi da tanti commentatori, la battaglia su greco/latino è solo un aspetto del combattimento. Ma intanto difendiamo questa posizione!
Che poi, sia orizzontalmente che verticalmente, questa campagna vada inserita nel più ampio quadro della guerra in corso, è stato detto e ripetuto.
Non per nulla molti sono risaliti per lo meno al Sessantotto.
Fino a quando la scuola italiana ha conservato il suo unicum (che non era solo greco e latino: proprio io ho citato le scuole di avviamento professionale), l’Italia era ai primi posti nel mondo in tanti settori dove oggi, semplicemente, non esiste.
Parliamo dell’industria chimica, del nucleare, dell’elettronica… guarda caso la discesa è iniziata proprio in concomitanza con le idiozie egualitariste e moderniste del 6 politico e dintorni. Con lo svilimento della disciplina, mentale prima ancora che fisica, e della gerarchia. Con il dileggio delle uniformi. Con le lauree regalate, non sudate.
Ci sarebbe anche da discutere sulla presunta maggiore evoluzione culturale di molti altri paesi.
Stiamo parlando del nord Europa, dove il 50% della popolazione è sola, conducente una vita disperata e disperante?
O della Cina, dove regna un allucinante ibrido fra comunismo e capitalismo costruito su decine (forse centinaia) di milioni di morti?
O degli Stati Uniti, dove l’1% della popolazione detiene il 50% della ricchezza nazionale e dove si elegge un presidente solo perché petroliere o negro o, prossimamente, donna (e il famoso “merito”)?
Ah, non è infine che io “sembro” ammiccare: io ammicco proprio alla vita del legionario.
Che, come hai ricordato, inizia a perdere terreno – ma che strana coincidenza! – quando il latino viene sostituito dagli idiomi barbari.
Solo che, almeno, Roma ha avuto un Ezio. Noi, nemmeno quello.
Ciao.
Luigi
P.S.: a quanto già scritto da Fabrizio, aggiungo che la Germania è un’altra nazione dove furono massimamente coltivati gli studii classici. Non mi sembra di vedervi tutta questa arretratezza tecnologica…
“Negli ultimi anni stanno demolendo tutto anche loro – per esempio anche in Francia c’è un dibattito in corso, i geni al governo vogliono togliere il latino e introdurre l’arabo – ma questo è parte del nuovo ordine mondiale.”
Per la verità, in Francia almeno in parte sono costretti – con l’antichissimo viatico della violenza – a togliere il latino e mettere l’arabo, lingua dei prossimi padroni… “chi pecora si fa, il lupo se lo mangia”.
Ciao.
Luigi
Cari Fabrizio e Luigi grazie per la considerazione. Accolgo volentieri molte delle vostre considerazioni e condivido senza dubbio l idea che scienza e tecnologia non siano il toccasana per un mondo migliore, tutt’ altro (vedi l’ attuale tema della tecnocrazia).. Un futuro senza élite intellettuali formatesi anche o soprattutto attraverso gli studi cosiddetti classici (perdonatemi le imprecisioni) sarebbe disastroso. Ma ugualmente disastroso sarà il futuro se le élite non saranno permeabili alla luce di Cristo. Menti formate nei migliori dei modi anche attraverso lo studio del greco e del latino potrebbero essere armi eccellenti nelle mani di Satana. Se non è una leggenda mi sembra che molti tra i brigatisti avessero una solida preparazione culturale, e per farla breve pensiamo a come é nata la rivoluzione francese o il comunismo. Non voglio insistere nel sostenere la mia tesi ma convenite almeno su questo: greco, latino, filosofia, logica non sono necessariamente garanzia né di buon senso né di etica, senza voler chiamare in causa la Sapienza biblica o la saggezza laica. Se paragoniamo il nostro cervello ad una intelligenza artificiale in grado di apprendere, certamente l’ apprendimento di greco, latino, filosofia etc renderà questa intelligenza molto più performante ma se poi le diamo in pasto dati fasulli come una storia molto ideologizzata insegnata in alcune, tante, forse troppe scuole, abbiamo fatto un danno grave. Rispondendo invece nel particolare a Fabrizio sulla questione degli Usa, e solo con lo scopo di puntualizzare, credo di non sbagliare se dico che il greco ed il latino vengono si insegnati, ma non alla scuola superiore se non occasionalmente come corsi opzionali. Più comunemente vengono appresi all’università o in corsi particolari, o in scuole private e quindi il discorso cambia completamente ( idem a grandissime linee in Europa, con delle eccezioni). Poi togliamo pure le mie considerazioni tratte dagli amici di gioventù, ma teniamo le tue sui professori americani che hai conosciuto personalmente? Aggiungo: hai chiesto a quei professori quando hanno studiato il greco? Alle superiori o all’ università? E se per caso l’ hanno studiato alle superiori come l’ hanno studiato? Con gli standard italiani? Per quanto riguarda invece i costumi ellenistici approdati a Roma, ammetto di avere le idee un po’ confuse perché è molto che non prendo in mano un testo di filosofia o di storia, e certamente le mie conoscenze sono molto inferiori alle vostre e a quelle di Ricolfi, a cui faccio i complimenti sinceramente ammirato per il bagaglio di conoscenze che deve avere un docente universitario come lui. Quello che intendevo dire però non è il fatto che la filosofia greca abbia rovinato l’ impero romano, semmai la filosofia greca, tanto osannata, non ha impedito il diffondersi nella società greca, anche tra gli stessi filosofi, di costumi che non fanno onore né agli uomini né a Dio e, quando questi costumi sono giunti a Roma, hanno fatto danni. Rispondendo a Luigi invece, sulla questione della patente taglierò corto prendendo in prestito lo stesso esempio : la patente è la scuola e io non dico di eliminare la scuola; poi c’è la pratica e poi ci sono il greco ed il latino che rappresentano la teoria. Bene, secondo il mio modesto parere, certi aspetti della teoria (come lo studio del motore…) potrebbero anche essere ridimensionati per la lasciare più spazio all’osservazione delle conseguenze degli incidenti, o all’analisi delle dinamiche di incidente, oppure agli aspetti assicurativi o con l’approfondimenti pratico di elementi di guida sicura. Tutto questo senza che nessuno si scandalizzi. Dunque l’esame per la patente potrebbe diventare più facile per certi aspetti sul versante della teoria ma più attento agli aspetti innovativi che elencavo e con una parte di pratica fatta su un circuito in condizioni di bagnato (che poi sarebbe anche più divertente…perdonate la battuta). Infine per togliere ogni dubbio io non prendevo quattro in latino, mi attestavo intorno al sette, ed oggi non sono un uomo di successo -professionalmente ed economicamente parlando- ma ringrazio il Buon Dio per la famiglia che mi ha donato. Vi lascio con una domanda, sempre grato per la vostra disponibilità: se il nostro problema oggi sono i politici come dice Fabrizio, qual’è l’origine della loro pessima qualità? la loro impreparazione scolastica ed universitaria? la mancanza genetica di intelligenza? esami di greco e latino troppo facili? oppure la mancanza di fede? la mancanza di onestà? l’individualismo, l’arrivismo, l’egoismo, la sete di potere? l’indifferenza verso i poveri? E in tutti questi casi di chi è la responsabilità? del loro libero arbitrio? di uno scherzo fatto da Dio? del potere di Satana? di cattivi maestri o di genitori che non hanno saputo formarli bene? della società? della scuola? Penso che possiate immaginare la mia risposta perciò vi saluto con l’affermazione che ciò che ancora tiene a galla il nostro paese è proprio la presenza forte della Chiesa come popolo e come gerarchia, come istituzione e come carisma e del Papa – nonostante i lampanti problemi.
Per quanto riguarda il fatto che tutto sia iniziato con il ’68, sono assolutamente d’accordo. I leader sessantottini, entrati in carriera e divenuti politici, giornalisti, amministratori, professionisti di successo (come aveva previsto Pasolini con innegabile chiaroveggenza, qualsiasi cosa si pensi di lui) hanno, in buona parte, rimpiazzato il marxismo e la scuola di Francoforte con l’aziendalismo e il neoliberismo. Ma chi nasce tondo difficilmente muore quadrato.
Io intanto, per non saper né leggere né scrivere (come dicono a Macerata) ci ho messo una firma con l’indirizzo ufficiale. Una tantum…
Davide,
ti rispondo qui perché direttamente sotto il tuo ultimo intervento non è più possibile.
Scrivi:
“Menti formate nei migliori dei modi anche attraverso lo studio del greco e del latino potrebbero essere armi eccellenti nelle mani di Satana. Se non è una leggenda mi sembra che molti tra i brigatisti avessero una solida preparazione culturale, e per farla breve pensiamo a come é nata la rivoluzione francese o il comunismo.”
Una mente che diviene arma di Satana non è stata formata bene, piuttosto deformata. Inquinata. Avvelenata.
La dimostrazione che i brigatisti non avessero una solida preparazione culturale è data proprio dal fatto che divennero terroristi (infatti erano impregnati del delirante verbo marxista…). Non parliamo degli illuimisti, feccia dell’umanità.
Il termine “cultura”, come osservavo già in passato, ha la stessa radice di “culto” e (agri)”coltura”.
Non è un caso – il caso non esiste – che queste tre realtà, molto più intrecciate di quanto appaia a uno sguardo superficiale, siano entrate in crisi più o meno simultaneamente.
È stato poi già osservato, ma giova ripeterlo: il latino (e penso anche il greco) non sono “teoria”.
Ciò che apprendiamo e come lo apprendiamo ha riflessi profondi e significativi sulla nostra mente e su come ci rapportiamo col mondo.
Ecco perché lo studio del latino fa bene, ripeto, a prescindere che poi uno agisca in ambienti apparentemente lontanissimi da quella lingua (come è stato il mio caso).
Allo stesso modo, ripeto, Internet fa male indipendentemente dall’uso che se ne fa, perché destruttura le capacità di analisi e riflessione; non solo, a dimostrazione che è molto più teorica del latino, essa tende a demolire anche il già pur minimo senso della realtà dell’occidentale medio (come largamente dimostrato dalle cronache quotidiane).
Proprio oggi, su “La Verità” – nemmeno qui prendo percentuali! – c’è una lunga intervista al sopra ricordato Manfred Spitzer che spiega molto bene gli effetti di “idiotizzazione” conseguenti all’uso delle nuove tecnologie.
Quanto poi alle cose facili, quello che si ottiene con facilità vale poco o nulla…
Ciao.
Luigi
Ovviamente era “illuministi”, non “illuimisti”
Perfino la tastiera si rifiuta di scriverne il nome 😀
Ciao.
Luigi