Un no al pensiero unico che si fa legge

img_2473

L’ottimo intervento del senatore Gaetano Quagliariello  in Senato sulle unioni civili.

Signor Presidente, colleghi senatori,

sgomberiamo innanzi tutto il campo da un equivoco: non stiamo discutendo delle unioni civili come vengono intese dal senso comune; non stiamo discutendo del riconoscimento di diritti di mutua assistenza e solidarietà ai conviventi indipendentemente dalla natura sessuale della loro convivenza. Soprattutto non stiamo discutendo di un provvedimento finalizzato a stabilire una condizione di uguaglianza tra i cittadini italiani a prescindere dalle loro scelte sessuali.
Se infatti fosse così, signor Presidente, oltre che con l’uguaglianza questa legge avrebbe a che fare con la libertà. Con la libertà di scegliere senza avere per questo minori diritti personali rispetto a chi ha compiuto scelte differenti dalle mie. Con la libertà di scegliere senza che lo Stato entri nella mia camera da letto per stabilire quali siano i miei diritti e quali non lo siano; se posso contrarre una unione civile o debba limitarmi a stipulare un contratto, o se non abbia accesso a nulla di tutto ciò. Avrebbe a che fare con la laica libertà di scegliere senza pretendere che la mia scelta comporti il diritto di contraddire la natura, comprimere i diritti dei più deboli, mercificare il corpo e la dignità altrui.
Usciamo dall’ipocrisia! Usciamo dall’ipocrisia di una legge che, ipocritamente appunto, introduce un surrogato di matrimonio per le coppie omosessuali dal quale i conviventi eterosessuali vengono esclusi, e attribuisce loro il diritto di diventare genitori che forza e contraddice il dato di natura e, andando oltre ciò che per natura è possibile, incoraggia nei fatti la gestazione surrogata.
E’ la modernità, bellezza!, ci è stato detto. E chi si oppone a questa legge – lo ha ribadito in quest’Aula la senatrice Cirinnà – è retrogrado e oscurantista. Un po’ come quando – cito Pierpaolo Pasolini – “l’essere incondizionatamente abortisti garantiva a chi lo era una patente di razionalità, illuminismo, modernità”.
Io credo che le cose siano meno semplici di come la collega Cirinnà vorrebbe far intendere. Non solo perché non sempre la storia si evolve in linea retta. Ancor più perché la sfida che questa contesa parlamentare in qualche modo incarna, rappresenta in realtà il cuore stesso della grande dicotomia del ventunesimo secolo, tra la laicità più autentica incarnata dal sentimento popolare e il falso laicismo delle elite illuminate. Si inscrive in uno spazio pubblico nel quale il vuoto lasciato dalle ideologie tradizionali rischia di essere occupato da un pensiero unico conformistico e dominante che intellettuali anticonformisti dei quali sentiamo oggi una grande nostalgia, come Pierpaolo Pasolini e Augusto Del Noce, descrissero come radicalismo di massa.
Questa evoluzione – ammesso che di evoluzione si possa parlare, cosa che personalmente non credo – ci fa comprendere anche il ruolo nuovo assunto dalla religione in un Paese tradizionalmente cattolico come il nostro. E ci aiuta a capire meglio cosa ci sia al fondo di quella piazza chiamata “Family Day”, fatta di persone tutte diverse, ma tutte irregolari, che si sono ritrovate nello stesso giorno e nello stesso posto per lo più senza la guida di strutture organizzate né il richiamo di parole d’ordine precostituite, e che hanno così dato vita a una delle più imponenti manifestazioni che la storia d’Italia ricordi.
La dinamica che quella piazza oggi ci propone Pasolini l’aveva compresa già quasi mezzo secolo fa, come dimostra una sua riflessione del 1973: “L’antecedente ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale che omologava gli italiani. Ora esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale omologatore che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo”.
Sono trascorsi cinquant’anni e la liquidazione ha avuto il tempo e il modo di compiersi. Quel che allora era egemone oggi è minoritario, e si trova paradossalmente a interpretare una opposizione al pensiero egemone, come tale politicamente scorretta e dunque in grado di incarnare una passione irregolare per la libertà.
Quella piazza ha tuttavia ribaltato il paradigma. E, proprio come avvenne in occasione della legge sul divorzio, ancorché a parti invertite, potrebbe ritrovarsi a incarnare l’onda maggioritaria del senso comune.
A questa deriva omologante, per la quale a ogni desiderio deve corrispondere un diritto – Pasolini lo avrebbe chiamato “un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili”-, è possibile limitarsi a contrapporre la forza di una tradizione? Ci si può limitare a dire che il diverso ruolo del padre e della madre, o l’obbligo di non correre neppure il rischio che la donna possa degradarsi a mero strumento di riproduzione, siano capisaldi imprescindibili per il solo fatto che si sono sedimentati e tramandati negli anni, nei secoli e talvolta nei millenni?
Io ho molto rispetto per ciò che resiste al trascorrere del tempo, ma non credo che la sola tradizione basti a legittimare un valore. Nel tempo si sono tramandate anche cose infami che non meritano di essere conservate.
E’ il valore che fonda una tradizione, e non viceversa. E oggi in quest’aula stiamo parlando evidentemente non del progresso contro la conservazione, ma di valori contrapposti. Perché per noi difendere il diritto di un bambino ad avere genitori di sesso differente è un valore. Perché per noi opporsi all’utero in affitto, sia che a servirsene siano gli omosessuali sia che siano gli eterosessuali, è un valore. Perché per noi insistere sulla responsabilità personale in luogo della codificazione di diritti positivi è un valore.
Alcuni di questi valori, peraltro, sono stati recepiti e scolpiti nella nostra Costituzione, ed è questa la ragione per la quale, da qualsiasi visuale lo si guardi – come abbiamo dimostrato in sede di illustrazione delle pregiudiziali – il ddl Cirinnà in insanabile contrasto con la nostra Carta fondamentale.
E’ dunque sul terreno dei valori che si fonda l’opposizione a questa legge.
A dispetto di ciò che si vorrebbe far credere, il fatto che una persona debba essere libera e resa libera nelle proprie scelte sessuali, il fatto che da un’affettività che produca una convivenza prolungata debbano derivare dei diritti, è un dato indiscutibile e che nessuno ha mai messo in discussione.
Il dissenso nasce quando da questo terreno si passa alla forzatura dell’elemento naturale tesa alla creazione dell'”uomo nuovo”, fine ultimo di ogni perfezionismo, radice di ogni totalitarismo, conseguenza della presunzione fatale di dover realizzare un ordine supremamente razionale. Se nel ventesimo secolo questa presunzione si esprimeva essenzialmente in campo economico, oggi il suo terreno di applicazione è soprattutto quello antropologico. Ed è lì che la dimensione della modernità e quella dell’arretratezza vengono impropriamente contrapposte. Sarebbe “arretrato” tutto ciò che si oppone alla predeterminazione forzata della vita e della sua imprevedibilità. E sarebbe “moderno” ciò che invece conduce a pianificare la propria esistenza pretendendo che nel suo corso ogni desiderio possa realizzarsi.
Tradotto nei termini della questione di cui discutiamo, non vi è alcuna libertà e non vi è alcuna laicità nella pretesa di forzare ciò che è dato dalla natura. Sgomberiamo il campo dalla pretesa di una genitorialità che non può esistere e che tantomeno può essere oggetto di diritto, sgomberiamo il campo da un falso e illiberale laicismo che impone i desideri degli uni sui diritti di altri più deboli, e potremmo discutere laicamente di come assicurare con pienezza a ogni uomo l’esercizio della propria libertà.
Presidente, colleghi, questa falsa contrapposizione tra arretratezza e modernità riflette in realtà due visioni differenti dell’uomo, della sua essenza e della sua libertà. Ed è una sfida che va raccolta perché incarna drammaticamente il conflitto di questo nuovo secolo.
Scriveva sempre Pasolini che nell’Italia repubblicana in realtà una grande destra non è mai esistita. Perché essa nasca, non ci si può esimere dal proporre una visione antropologica alternativa a quella dominante, e farlo senza titubanze e senza complessi di inferiorità.
E’ questo il terreno sul quale si giocherà il nuovo conflitto politico e culturale. Ed è su questo terreno che può nascere un’alternativa al radicalismo di massa, in grado di rispettare le opinioni dei propri avversari ma anche di contrapporre ad esse una diversa visione del mondo.
Era la grande scommessa di questa legislatura: ritrovarsi su regole comuni per poter poi contrapporre valori forti e fortemente alternativi. Ben altro rispetto alla melassa intrisa di piccole furbizie con la quale un accordo di governo che avrebbe dovuto essere emergenziale e circoscritto viene trascinato oltre il suo perimetro e oltre il suo tempo fisiologico.
Colleghi dell’Ncd, lo dico senza recriminazioni e senza astio: è possibile stringere un accordo tra pensieri diversi ma ugualmente forti e consapevoli della propria reciproca differenza. Ma quando si ha a che fare con un pensiero debole, e prepotente perché consapevole della propria debolezza, da alleati si diventa succubi.
Il nostro “no” a questa legge, dunque, è un “no” senza compromessi non per radicalismo e tantomeno per fanatismo, ma perché nel nostro Paese c’è un disperato bisogno di chi dia corpo e sostanza a una visione più liberale, più cristiana e perciò più scandalosamente sovversiva rispetto al pensiero unico dominante che questa legge incarna alla “perfezione”. Grazie.

9 febbario 2016

26 pensieri su “Un no al pensiero unico che si fa legge

  1. Francesco Vitellini

    “senza pretendere che la mia scelta comporti il diritto di contraddire la natura”
    “che forza e contraddice il dato di natura e, andando oltre ciò che per natura è possibile”
    “forzatura dell’elemento naturale”
    “forzare ciò che è dato dalla natura”

    Con tutto il rispetto dovuto a chi esprime la propria posizione (e aspettandomene altrettanto) io ritengo che nascondersi dietro al concetto di “natura” sia almeno altrettanto ipocrita quanto il considerare un figlio un diritto.
    O, per lo meno, lo è invocare la “natura” solo quando fa comodo. Perché, a rigor di logica, è “natura” anche il fatto che se qualcuno si ammala di una malattia incurabile esso deve morire, e non essere curato. Perché, seguendo il suo ragionamento, se una persona si ammala di una malattia non curabile il suo corpo non è più adatto a sostenere la vita e, perciò, tentare di curare una malattia incurabile è “innaturale” o, per usare un tono simile al suo, abominevole (non usa questo termine, ma la sua posizione è conosciuta), e quindi sbagliato (e sotto questa ottica l’eutanasia sarebbe più che accettabile, doverosa).
    Allo stesso modo (e so di essere cinico) se la natura ti ha donato una deformità, secondo il suo punto di vista (“non forzare ciò che è dato dalla natura”, “non contraddire la natura”, “non forzare l’elemento naturale”), te la tieni e ciao. Niente protesi, niente cure, niente di niente, perché la deformità è come sei nato, quindi è naturale. Tutti i tentativi per rendere la tua vita più facile non lo sono.

    So bene che quanto espresso è cinico e duro, e so anche che non piacerà, ma non importa.
    Tutto quelo che voglio dire è che lei è liberissima di condurre le sue battaglie, ma sia onesta nell’ammettere la sua paura, e non si nasconda dietro il “dito naturale”.

    Non dimentichi che il “bisogno” o la “necessità” sono la giustificazione di ogni oltraggio arrecato alla decenza.

    1. Roberto

      Completamente sbagliato. Tutto il tuo ragionamento si basa su un concetto che potrei definire “manicheo” di natura.
      Definire infatti “naturale” una deformità per il solo fatto che ci si è nati, rovescia totalmente ciò che per “natura” qui si intende. Stessa cosa per il morire. Ti manca la benché minima idea di cosa si intenda filosoficamente per natura, e tutto il tuo ragionamento frana totalmente sotto il peso di questa tua deficienza.

      Ciò che manca, ciò che _defice_ è infatti male, che non ha una sostanza o un essere per sé come tu sembri credere sulla base delle tue considerazioni, che forse credi ciniche e anticonformiste, mentre sono semplicemente del tutto sballate.

      La natura di ogni essere, vivente e anche non, possiede determinate caratteristiche sue proprie. Così, è naturale per un essere umano (e non solo umano) il vedere. Ciò è dovuto alla natura umana, mentre il male della cecità è, appunto una deficienza, e come tale non naturale.

      E’ naturale per un vivente il continuare a vivere, e infatti secondo la medicina la vita non è che l’insieme delle funzioni che si oppongono alla morte. E’ perciò un male, innaturale per quanto inevitabile, l’assenza della vita che è la morte. Il fatto che non vi si possa sfuggire non rende per un vivente naturale il morire, e infatti ogni vivente a modo suo vi si ribella.

      E’ naturale, in quanto palesemente per questo sono progettati, che organi genitali maschili e femminili siano fatti per congiungersi tra loro, mentre è male in quanto innaturale che essi siano usati per altre ragioni; e altrettanto palesemente due individui dello stesso sesso non possono né mai potranno usare tra di loro i loro genitali per il fine naturale per il quale li possiedono.

      Ciò è quel che si intende qui per ‘natura’, mentre pensare che la privazione di un “bene di natura” sia anch’esso un bene è, a spanne, manicheismo.
      E’ lo stesso errore che fanno coloro che sostengono che, per il solo fatto che certe tendenze disordinate possono sorgere nei primi o primissimi anni di vita di una persona, allora essi sarebbero da considerare “naturali”. Proprio non ci siamo.

      1. Francesco Vitellini

        Grazie per il superpippone inutile. Dimostra ampiamente che la foglia di fico è la prima risorsa di chi ha la mente piccola.
        Prima di tutto l’articolo non è suo, quindi, fino a prova contraria, lei esprime una sua opinione, la sua interpretazione dell’articolo, così come io ho esposto la mia. A meno che, naturalmente, lei non sappia leggere la mente dell’autrice attraverso la rete (chi lo sa, le vie del Signore sono infinite).
        Detto ciò, io definisco “naturale” in un essere umano ciò con cui un essere umano nasce. Infatti, Il termine deriva dal latino natura, participio futuro del verbo nasci (nascere). Defnisce, quindi, una caratteristica strettamente collegata all’esistenza biologica, come è, anche ma non solo, il concepimento.
        Post hoc ergo propter hoc tutto ciò che è naturale è, per definizione, relativo all’essere umano in quanto corpo materiale di carne e sangue. Quindi anche la malattia, la deformità, la morte e così via.
        Per è cui la sua obiezione a costituire un tentativo maldestro di definire la natura post rem.
        E, in modo consimile, anche la sua farlocca idea che nascere cieco sia innaturale perché è un male è il parto di una mente piccola e incapace di pensiero logico. Sembra quasi che lei intenda consapevolmente attribuire una inferiorità a chi nasce con una deformità da ciò che lei considera (impropriamente, come ho detto sopra) naturale.
        Tralasciando il fatto che lei sta di proposito ignorando il fatto che io abbia parlato di malattie non curabili (disonestà intellettuale che ormai è la norma) è naturale continuare a vivere, su questo concordo, ma, se usiamo la “natura” come termine di paragone (come si fa nell’articolo) è naturale fino a quando non si usano artifici per allungare la vita. Questo non esclude la medicina tout court (qui è lei che ragiona per assoluti), perché migliorare la qualità della propria vita è una tensione naturale (questo sì). Allungarla no.
        Quanto alla sua idea di “scopo naturale” degli organi sessuali le ricordo che servono anche per espellere escrementi, e che è QUESTA la loro funzione primaria (non muori se non ti accoppi o se non hai figli, ma se non urini sì), ed è questo il loro fine naturale. Dire che il fine nautrale di un organo sessuale sia la procreazione è frutto di una convenzione, nulla più.
        Non è necessario essere dello stesso sesso per non poter procreare. Anche una persona sterile non può farlo, eppure dubito che lei abbia qualcosa da ridire su una coppia eterosessuale sterile che adotta un bambino (e il caso di una coppia omosessuale in cui uno dei due adotta il figlio dell’altro è esattamente uguale).
        Lei sta facendo lo stesso errore che fanno tutti quelli che hanno la mente rattrappita: non riesce a uscire dal suo pozzo.
        Stia bene.

        1. admin @CostanzaMBlog

          Lei in compenso ha dimostrato di non saper leggere neanche il nome dell’autore all’inizio del post, immaginiamo il resto…

          1. Francesco Vitellini

            Capita.
            Ma non cambia la sostanza della mia critica, alla quale non sta rispondendo, limitandosi alle tattiche grilline del “immaginiamo il resto”.

            A lei la palla

            1. admin @CostanzaMBlog

              Allora è un po’ in anticipo, ci vediamo tra quaranta giorni.
              Buona Quaresima.

        2. Roberto

          Molte malattie incurabili sono divenute curabili proprio perché si è sempre insistito nello sforzo di curarle.

          Per il resto, dopo aver assaporato con piacere come manifesti “tutto il rispetto dovuto a chi esprime la propria posizione” ti dico che puoi riempirti la bocca (o la tastiera) finché vuoi di “Post hoc ergo propter hoc” e “post rem”, ma le stupidate che scrivi sono ancora più comiche per il sussiego con le quali le scrivi. La parte che mi diverte di più, personalmente, è quella degli “organi sessuali che servono a espellere escrementi”. Il canale urinario (e solo quello, sai, perché gli organi femminili sono del tutto distinti tra genitale e urinario… ) è utilizzato per due funzioni, ma gli organi genitali e quelli urinari sono distinti. Vescica, testicoli… hai presente? Ognuno dei due ha la sua funzione naturale e distinta.
          Ti dirò di più, tieniti forte!! La bocca può servire sia per mangiare che per respirare – persino per parlare, anche se c’è chi farebbe meglio nella vita a stare zitto il più possibile! Oh, pazzesco eh! Non è che usarla per una delle sue funzioni la rende dedicata esclusivamente a-quella-sola-funzione-naturale. Lo so, immagino ne sarai sconvolto…. respira a fondo, solo col naso mi raccomando!
          Meglio una mente rattrappita che nessuna mente del tutto. Saluti dal pozzo!

          1. Questo post di Francesco Natale, di cui riporto una parte, è quello che si dice il cacio sui maccheroni.

            “Partiamo dalla tesi: il vostro qui presente considera ormai il “Secondo me…” come la più metastatica forma di cancro dialettico immaginabile.

            Basta premettere tale epiteto formulare alla cazzata cosmica che si sta per sparare e, tah-dah, ecco che ci si sente titolati, indipendentemente dal pozzo entropico di ignoranza terminale da cui si è sbucati o nel quale si continua a vivere, a concionare come novelli Platone, come redivivi Guenon, come resuscitati Solzenycin.

            L’avvento prima e la proliferazione smodata poi del media telematico hanno garantito ad una sterminata platea di sub-normali, che in quanto tali 90 su 100 assommano in sé pure una sicumera, una supponenza, una pedanteria da sagrestano fuori parametro, la vetrina ideale nella quale dar sfoggio di “cultura” da manovale (con tutto il rispetto per gli artisti della muratoria, che solitamente passano le giornate a lavorare, e bene, anziché postare deiezioni su Facebook) e grazie alla quale dar sfogo alle proprie frustrazioni di insoddisfatti perenni, di perennemente sconfitti (e un perché ci sarà…), di avidi e torvi pezzenti nell’Animo, pur magari provvisti di portafogli a fisarmonica.

            Perché al “Secondo me…” segue un corollario ineludibile: tutti hanno “diritto” ad avere un’opinione.

            Nulla di più falso: a meno che, cosa che puntualmente viene omessa, a tale ipotetico “diritto” non sia conseguente l’accettazione lineare dell’onere di prendersi nitroglecirici calci nel culo e letali cartoni per la faccia. Metaforici, di solito. Ma non sempre.

            Riscontro con sempre maggior amarezza il bisogno quasi sessuale, per innumerevoli soggetti, di sentirsi “intelligenti”. Di aver il plauso di una platea, per quanto magari popolata da zombie anencefali. Di ricercare parossisticamente l’approvazione da parte dell’ipotetico interlocutore, indipendentemente da quanto assurdo e ripugnante e stupido sia il “dictum” propalato: puri contenitori senza alcun contenuto.”

            Per chi volesse leggerlo tutto
            https://spaccavetri.wordpress.com/2016/02/08/il-corto-circuito-dialettico-lo-scempio-telematico-e-il-festival-dei-sub-normali/

            1. Roberto

              Paul, grazie di questo splendido regalo: lo faccio mio parola per parola 😀

              Anche “il diritto a un’opinione si guadagna”, con tutto quel che segue, è eccezionale. Condivido in pieno.

        3. Colindro

          “Quanto alla sua idea di “scopo naturale” degli organi sessuali le ricordo che servono anche per espellere escrementi, e che è QUESTA la loro funzione primaria (non muori se non ti accoppi o se non hai figli, ma se non urini sì), ed è questo il loro fine naturale. Dire che il fine nautrale di un organo sessuale sia la procreazione è frutto di una convenzione, nulla più.”

          Eeh? *Una convenzione?*

          Google. “Organi genitali”. => Wikipedia.

          “L’apparato genitale maschile è l’insieme di organi e di strutture che permettono la riproduzione sessuale negli organismi animali di sesso maschile.”
          “L’apparato genitale femminile, negli organismi anfigonici è l’insieme degli organi e delle strutture che permettono la riproduzione e l’accoppiamento negli animali femminili.
          L’evidenza esteriore può assumere differenti aspetti anatomici, con l’orifizio posizionato presso l’apertura del sistema escretore, integrandosi con lo sbocco esterno del sistema escretore (apparato urogenitale), integrandosi anche con lo sbocco terminale del sistema digerente (cloaca), [seguono eccezioni in ragni, crostacei, ecc.]”

          “Convenzione”, da /concordare, accordare/.
          convenzióne s. f. [dal lat. conventio -onis «incontro, riunione; accordo, contratto», der. di convenire: v. convenire]. –

          a. Generale accordo circa la scelta tra possibilità diverse; in partic., nelle scienze, riguardo all’uso e al significato di determinati simboli, all’adozione di unità di misura, alle norme da seguire nell’uso o nella formazione della terminologia, ecc.
          b. Uso accettato e seguito dalla maggioranza, nei modi di vivere e di pensare, in forme e maniere d’arte, ecc.; consuetudine, tradizione (per lo più al plur.): persona attaccata alle c.; essere schiavo delle c. sociali; liberarsi delle convenzioni.

          Usare l’organo riproduttivo per riprodursi non è una convenzione. E’ l’utilizzo proprio.
          Usarne il nome volgare come intercalare nel discorso è una convenzione.
          Adoperare gli organi medesimi per riprodurre la specie è ciò per cui esistono. E’ biologia, Santo Cielo!

          “Una convenzione”… (facepalm)

          (doppio facepalm)

        4. Gulliver

          Penso che il suo discorso sconti un vizio di fondo. Lei impone un suo concetto di “naturale”. Per citare le sue stesse parole, « io definisco “naturale” in un essere umano ciò con cui un essere umano nasce. Infatti, Il termine deriva dal latino natura, participio futuro del verbo nasci (nascere). Defnisce, quindi, una caratteristica strettamente collegata all’esistenza biologica, come è, anche ma non solo, il concepimento.».
          Ora: questa è la sua definizione; che magari è anche legittima, e ha le sue ragioni. Ma non può fare una colpa ad altri di modulare il discorso su altri concetti di natura che non siano il suo.

          Più radicalmente, è del tutto improprio dire “questo per me è natura”. Lei deve cercare un significato oggettivo delle parole, specie come quando – e nel suo caso è così – lei fonda la sua argomentazione su quel significato semantico che lei fornisce all’inizio.
          Insomma la sua, più che una argomentazione, è una tautologia. Lei conforma un concetto di “natura” in modo tale che non possa che avere ragione lei. E infatti se “naturale” è ciò con cui si nasce, anche non avere arti sarebbe naturale, se si nasce senza di essi. E’ un concetto di natura che non serve a niente, perché non descrive un “dover essere” ma solo un essere, aggiungendo un predicato sottinteso “è bene essere come si è”, che è del tutto privo di argomentazione.

    2. Vitelli’ se tu cali coppe quando regna bastoni non fai briscola. È la stessa cosa della natura secondo te, che non è la natura secondo il sen. Quagliariello nel suo intervento in aula. Non è che non si capisca la differenza dai…

  2. Massimo

    Il dibattito tra Roberto e Vitellini merita considerazioni più meditate e precise di quanto possa fare io, soprattutto a quest’ora. Mi scuso pertanto con i due e prego Vitellini di non insultarmi come rattrappito per questo.
    Il caso di una coppia omosessuale in cui l’uno/a adotta il figlio del partner mi sembra diverso dall’adozione di un bambino da parte di una coppia eterosessuale per tali ragioni: in un caso c’è – ad eccezione di precedenti relazioni eterosessuali tramontate – la produzione tecnologica e l’intenzionale privazione di un genitore inflitta al nascituro, nell’altro c’è un bambino già esistente, nato da una relazione tra un uomo e una donna, che per le più svariate ragioni è privo di una famiglia; in un caso si accampa il diritto di due partner (omo e/o etero) ad avere un figlio, nell’altro invece si afferma il diritto di un bambino ad una famiglia, sul modello della coppia da cui è nato, e che in più lo accudisca come quella coppia non ha voluto o potuto fare.
    Non riesco ora ad articolare bene la differenza tra l’uso del concetto di natura di Vitellini e di Roberto, ma prima dell’argomentazione viene la capacità di cogliere i principi e percepire le realtà, le situazioni. Io richiamerei innanzitutto alla necessità di vedere, schiarirsi lo sguardo e percepire tali differenze. Il ragionamento di Vitellini priva di fondamento il prendersi cura della propria vita, poiché la malattia è naturale. Nel secondo commento rifiuta questa conseguenza, ma nel primo di fatto c’è. A questo punto non vedo come egli possa distinguere tra curare e allungare la vita, cosa quest’ultima per lui non lecita. Colgo però e valorizzo di questo suo rifiuto della conseguenza assurda che io e Roberto gli attribuiamo la percezione della disumanità del non curare e curarsi. Prescindendo dalla questione delle piena libertà do ognuno di affrontare la malattia senza curarsi con la medicina, mi sembra evidente che un conto è curare una persona, un altro è produrre embrioni in sovrannumero di cui solo alcuni o uno potranno arrivare alla fine dello sviluppo, che poi non è una fine. Lì si cura un vivente, qui lo si produce e se ne scartano altri. Lì si cerca di reintegrare o sostenere le funzioni della persona, qui si priva una persona in formazione e poi alla sua nascita di una funzione naturale, il rapporto con la madre.
    Infine, nella sua assimilazione delle coppie adottanti e nella sottolineatura della funzione biologica di espulsione dei rifiuti da parte degli organi genitali, sfugge un particolare: è vero che urinare et simili sono essenziali alla vita, riprodursi no, ma questo è vero per l’individuo ma non per la specie, questo non comporta che la riproduzione come funzione naturale dei genitali sia una convenzione. Se non è necessario per il singolo riprodursi, è necessario per un singolo nascere da un uomo e da una donna. Semmai è una convenzione tragica la produzione tecnologica di individui, con lo scarto di quelli non impiantati (o peggio eventualmente abortiti, come si chiede da parte dei committenti a due donne gestanti per altri in California, poiché in attesa pgnuna di tre figli e non di uno o due come richiesto).
    Colgo infine con tristezza un diffuso alone limitante di questo discorso, e del mio anche: un appiattimento materiale. Ci sarebbe ben altro da rispondere, che attiene alla sfera relazionale che intreccia le persone e consente loro di formarsi e vivere, sia fisicamente che emotivamente e intellettualmente e spiritualmente: questo tra un uomo e una donna, tra il bimbo e la madre, tra il bimbo e il padre, tra un genitore e l’altro tramite il figlio. E questo livello relazionale è sì distinto ma non separato dal livello fisico.
    Grazie, scusate la lunghezza.

  3. Pierre

    La natura è teleologica, vi sono inscritti dei fini. Avete mai letto Spaemann? Fatelo, è il più grande filosofo vivente..
    Quagliariello ha parlato come uno statista: Pasolini, Del Noce, il meglio. Forza Senatore ricostruisca un’area cattolica/liberale alternativa a Renzi!

  4. Elisabetta

    Ecco un altro sapientone (per lo meno consequenziale quando ammette che la stepchild adoption prevede come passo obbligato successivo la donazione di spermatozoi e l’utero in affitto), per cui le donne sono solo portatrici di placenta con cui il feto non stabilirebbe alcun rapporto.
    http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/02/09/news/lo-psicologo-il-sesso-dei-genitori-irrilevante-l-idea-di-coppie-gay-con-figli-e-ancora-un-tabu-1.249479?ref=HEF_RULLO
    Che poi è così difficile da capire che la famiglia naturale è “naturale” perché è la natura che fa nascere un nuovo essere umano solo da un maschio e da una femmina? Ma ci arrivano gli ignoranti e non gli psicanalisti?

  5. Annarita

    Francesco Vitellini, credo che quando si parla di natura si parli in questo caso di legge naturale: un uomo ed una donna assieme possono fare un bambino, due uomini no, due donne no. Poi c’è una natura decaduta che è dovuta al peccato originale e li ci stanno dentro, le malattie sia del corpo, che dell’anima, i disastri naturali, la ferocia delle belve etc. Perciò in questo senso la natura è innaturale, perchè noi eravamo stati creati per vivere in salute, felici e sapienti e ogni altra cosa creata era al nostro servizio, non contro di noi, il nostro compito era amare e servire Dio per poi passare dal paradiso terrestre direttamente a quello celeste. La disobbedienza, l’orgoglio ci hanno fatto credere di poter essere come Dio e la nostra natura con il primo peccato di Adamo si è corrotta. Pertanto le malattie Francesco vanno combattute, come va combattuto il peccato, perchè non sono cose naturali, sono gli effetti della corruzione della nostra natura. Pertanto è bene distinguere la legge naturale che è stata posta da Dio ed è certamente buona e giusta, dalla natura decaduta degli uomini. Per questo c’è da dire no alla legge Cirinnà, perchè non si può legalizzare la malattia (in questo caso dell’anima), si deve invece tendere a rafforzare negli uomini la virtù e fortificarli contro il vizio(corruttore della natura), giusto appunto per riconquistare un po’ di natura persa. Sempre consapevoli che il nostro unico diritto è quello di essere liberi di conoscere Dio (e uno Stato buono cerca di aiutarci a farlo, non di ostacolare questo nostro diritto) e il nostro fine è quello di conoscere, amare e servire Dio per goderlo poi nell’Eternità. Lo Stato non può legalizzare il peccato, il peccato rimane tale e ha solo una funesta conseguenza, quella di far perdere le anime, pertanto va contro natura, perchè noi siamo fatti per il paradiso e se ci si fa caso, tutti agoniamo la felicità, perchè siamo fatti per essere felici, dunque una legge che condanna le anime al vizio e le mette in pericolo di perdersi eternamente, è una legge che va contro il naturale desiderio di felicità dell’uomo. A noi dunque il compito di seguire la legge naturale che in soldoni è definita dai 10 comandamenti, ed è li per aiutarci a salvarci, naturlamente poi è indispensabile la grazia di Dio, che va nutrita e difesa dalla nostra natura corrotta.

I commenti sono chiusi.