di Andrea Torquato Giovanoli
Tre minuti: questo è il tempo concesso per sostare di fronte alla Sindone.
Ci pensi mentre percorri la coda che ti porterà a contemplare la tanto discussa reliquia, mentre ti immagini quali saranno i sentimenti, magari le emozioni, che attraverseranno il tuo cuore quando sarai davanti al lenzuolo; quello stesso lenzuolo che hai già veduto tante volte in fotografie più o meno dettagliate, ma che ora potrai finalmente osservare dal vivo. Basteranno tre soli minuti per farsi un’idea definitiva di che cosa è in realtà quel pezzo di lino? Sono sufficienti tre minuti per far sbocciare la fede nel cuore di chi non crede? Sono abbastanza tre minuti per soddisfare il desiderio di venerazione per coloro che riconoscono il volto di Dio nell’immagine impressa sulla tela?
I pensieri ti si affollano nella mente, misti magari a qualche sprazzo di preghiera, mentre la coda procede, più o meno velocemente, verso la meta di questo strano pellegrinaggio. Strano perché di ciò che vai a visitare sai magari già tutto ciò che c’è da sapere; strano perché dell’oggetto che vedrai hai già visto tutto quello che è possibile vedere; strano perché, pur conoscendo anticipatamente ed esattamente ciò che ti si parerà davanti agli occhi, nel cuore ti aspetti qualcosa di nuovo, di sorprendente: segretamente ti aspetti qualcosa di miracoloso.
Poi, ad un tratto, dopo tanti vagheggiamenti, entri nella semioscurità della Basilica. Percorri gli ultimi passi su quel palchetto di legno foderato che sembra quasi prenderti per mano per condurti davanti all’oggetto di tante attese, mentre tenti le prime sbirciatine a quello che tra poco vedrai chiaramente. Infine, quasi inaspettatamente, ti ci trovi di fronte, e senza che tu te ne renda conto il cronometro scatta. Le parole di un’orazione lontana si spandono per l’aria, ma tu le senti a malapena, perché ora ci sei davanti alla Sindone e l’immagine di quell’uomo imbrattato di sangue e percosse ti assorbe totalmente, ti pacifica il cuore, ti sgombra la mente e ti attira a sé. Tanto che l’unico pensiero che ti rimbomba in testa è che sei troppo lontano. Tanto che l’unico desiderio che ti fa eco nel cuore è che vorresti essere lì vicino, toccarla, annusarla, stropicciarla al tuo petto in un abbraccio virtuale con la persona che essa rappresenta. Così come ha fatto Maria.
Perché allora non ci sono più dubbi: è Lui, non può essere che Lui quell’uomo. E dentro tutta quella sofferenza così crudamente ritratta intravedi anche la beatitudine del sacrificio, la gioia della risurrezione: perché dentro quel lenzuolo il cadavere non c’è, ne rimane soltanto il riflesso, come l’ombra scarlatta di Colui che è vivo, per sempre. E così, quando i tre minuti sono finiti, solo una parola ti rimane nel cuore: grazie.
“Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). 🙂 Lo stesso identico stupore di Tommaso!
Grazie Andrea, mi hai fatto rivivere la mia esperienza della Santa Sindone tanti anni fa, quando dopo una lunga fila silenziosa tutt’a un tratto mi sono trovata davanti quel Lenzuolo di cui sapevo tutto….e lì ho capito che non sapevo niente! Proprio vero “Mio Signore e mio Dio!”. Ora e sempre.
L’ha ribloggato su mondidascoprire.
Ho rivissuto le emozioni di quando la vidi per la scorsa Ostensione. L’ho osservata per uno dei tre canonici minuti perchè gli altri due avevo gli occhi colmi di lacrime. Il mio grazie l’ho detto davanti a Gesù sacramentato nella vicina chiesa. Quanto Amore per il genere umano! ❤
Ho prenotato subito appena ho saputo la notizia.E’ un privilegio vedere la Sindone .
Non ho bisogno di prove perche’ so che quel telo ha custodito il corpo del mio Dio.
Grazie per questa testimonianza, penso da mesi alla visita,all’emozione che provero’ alla vista del telo.
Grazie ancora Andrea perche’ anticipi il percorso verso Colui che Vive per sempre
L’ha ribloggato su noncerosasenzaspinee ha commentato:
http://ilnestrosesansespine.blogspot.com/
Grazie, ATG! Fu così anche per me, qualche anno fa.
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