I bambini ci guardano

di Costanza Miriano

Dunque, fatemi capire se ho capito bene.

Secondo la vulgata, i bambini devono essere lasciati liberi, ma come diciamo noi. Quindi per cominciare i loro sentimenti vanno anestetizzati. Che siano liberi da comandi repressivi, però, per cortesia, che non siano molesti, non conoscano dunque né il vuoto né la noia (e per questo tra tempo pieno a scuola e impegni pomeridiani le loro vite sono ferocemente organizzate). Devono esprimersi liberamente, ma sempre sotto il controllo di un adulto.

Non possono arrabbiarsi se i genitori, per esempio, si separano. Non possono essere tristi, depressi, disperati. Non devono provare rancore se i genitori partono alla ricerca di se stessi. Insomma possono essere come vogliono, a patto che siano come vogliamo noi. Questo più o meno il messaggio che arriva ai bambini sfogliando i giornali, o, anche, in libreria la maggior parte dei libri scritti per loro ai giorni nostri, come per esempio Diverso come uguale, di Luana Vergari, casa editrice Becco Giallo, che recita esattamente così: “Tony ha una stanza fichissima nella sua casa numero 2, dove abitano i suoi 2 papà. Tanto tempo fa il papà n. 1 di Tony e sua mamma erano sposati, ma poi hanno deciso che era meglio se s’innamoravano di altre persone. Allora il papà n.1 di Tony si è innamorato di Raul che è anche lui maschio, ed è diventato il suo papà n.2. La mamma di Tony non si sa, ma se si innamora di un maschio anche lei allora Tony ha anche il papà n.3!” Tutto ciò è illustrato con disegni che tentano di essere allegri, a colori disperatamente sgargianti. (Gli errori grammaticali, fatti immagino per rendere più amichevole il testo, sono nell’originale).

Anche questa per me è violenza sui bambini. Vuoi fare i tuoi comodi, senza curarti delle conseguenze che questo avrà su tuo figlio, o almeno non lasciandoti fermare da questa preoccupazione? Non gli togliere, almeno il diritto, di odiarti, di pensare che questo non è “fichissimo”, non cercare di convincerlo che ha un papà numero due o numero tre, perché lui sa e saprà sempre che ne ha solo uno, e senza numero. Lasciagli il diritto di essere arrabbiato, e disperato. Lasciagli desiderare disperatamente che i suoi genitori stiano insieme. Lasciagli odiare il “nuovo compagno” di mamma e papà.

Un’amica mi ha detto che ha conosciuto una neuropsichiatra infantile chiamata sempre più spesso dalle maestre a cui i bambini dicono “voglio morire”. E il problema, dice lei, sono sempre più spesso le famiglie allargate, questi ogm descritti dalla tv, dal cinema, da tutti come situazioni allegre e piene di simpatiche novità. Come se non sapessero che invece vanno a toccare quanto ogni bambino ha di più sacro, gli archetipi più profondi, quello che un giorno contribuirà a determinarne l’identità in modo incancellabile.

Ieri sera ho imprudentemente letto alle mie figlie un libretto che non avevo ispezionato prima. Si chiama La principessa della luna, di Francesca Lazzarato. La copertina diceva che era per lettori di 5-6 anni, i bei disegni mi hanno ingannata, e quindi mi sono trovata alle prese con una principessa alata che viene dalla luna. Sposa un contadino, hanno una bambina. Lui le nasconde il vestito ma un giorno lei lo ritrova, prende in braccio la sua bambina e vola via, perché certo, chiosa l’autrice, sapeva che prima o poi sarebbe dovuta tornare a casa sua. Il contadino era troppo pesante, non poteva portarlo con sé.

Immagino che questo sia un altro dei libri pensati per far entrare nell’inconscio dei bambini l’idea che i genitori a un certo punto debbano inseguire il loro destino, a qualsiasi costo. Le mie bambine, comunque, alla fine si sono molto divertite, perché quando ho visto la mala parata ho cominciato a usare il libretto come carta igienica, fazzoletto da naso, filo interdentale, bastoncino per le orecchie, ed è finita che si sono ribaltate sul letto dalle risate, cosa che ha rallentato l’addormentamento, ma ha insegnato che i libri si possono leggere criticamente, e anche strappare e buttare nel secchio.

Genitori senza regole e senza comandamenti, poi, producono figli ingovernabili. Deve essere per questo che ha preso così tanto piede l’insana, folle, inspiegabile, assurda piaga degli animatori delle feste per bambini. Soggetti che indossano un microfono appeso all’orecchio, e urlano “tutti su, tutti giù, lanciate in aria i pallonciniiiii” come dei pazzi, con la musica – rigorosamente orribile – a tutto volume (c’è una infallibile corrispondenza tra la bruttezza della musica e il volume a cui viene lanciata). Qualche giorno fa, credo per la prima volta in vita mia, me ne sono andata da una festa, accogliendo di buon grado la richiesta delle bambine, che odiano come me gli animatori e la confusione insensata. Eravamo andate per conoscere le amichette e le mamme della prima elementare, ma sommerse dal rumore e dai palloncini sponsorizzati dal centro commerciale era impossibile anche dire “piacere mi chiamo Costanza”.

Mi chiedo perché questo succeda sempre più spesso. Non me lo spiego. Io faccio feste a casa al termine delle quali ci vuole non l’animatore, ma casomai il rianimatore. Perché i genitori pensano che i loro bambini non possano semplicemente stare insieme nella stessa stanza senza essere intruppati e organizzati? Cos’è questo horror vacui? Non sanno che alla fine si organizzano? Chiacchierano. Iniziano a giocare con il nulla, anche che ne so con le bottiglie della Coca Cola vuote, con i tovagliolini di carta (ottimi per vestire i peluche), con le lattine usate come birilli. Si inventano dei giochi meravigliosi se noi ci fidiamo della loro intelligenza.

Dopo la festa ho chiamato la mamma che l’aveva generosamente organizzata, per scusarmi di essermene andata (avrei detto che avrei aderito all’iniziativa della prima festa della nuova classe solo a patto che, appunto, non ci fosse l’animatore). E lei ha ribadito che sopra un certo numero è impensabile fare a meno dell’opera del soggetto col microfono all’orecchio, perché altrimenti i bambini cominciano a tirare le sedie e rovesciare i tavoli. Eppure lì, in quella sala, nel pomeriggio, era pieno di genitori. Seduti, mentre l’animatore urlava come un forsennato. E mi chiedo: ma non siamo capaci di chiedere niente a questi bambini? Nessuna frustrazione, nessun comando, nessuna regola? Ci fidiamo così poco di loro? Abbiamo una meta così bassa per loro? O forse il problema è che è bassa la nostra, di meta?

172 pensieri su “I bambini ci guardano

  1. Sini

    Nel paese di mia moglie c’è un proverbio che recita: esistono due tipi di bambini, quelli sporchi e quelli infelici.

  2. Alberto Conti

    Rispetto all’ultima domanda: “La seconda che hai detto” (Quelo) 😉

    Mi colpiva molto quello che scrivi perchè alla predica della scorsa domenica il mio amico prete si è scagliato verso i macelli provocati nei figli dalle separazioni e verso i genitori che devono “andare via per cercare la propria felicità”.
    Osservava una cosa banale: “se interrogati ognuno di questi genitori sarebbe disposto a morire al posto del figlio qualora potesse (di fronte ad esempio all’ipotesi di una malattia), ma allora inizia a morire oggi per tuo figlio e rinuncia a quella che credi possa essere la strada per la tua presunta felicità!!!! Stai con tua moglie e i tuoi figli e muori ora!!!!” (gli esclamativi sono fedeli trascrizioni).
    Ovviamente (è un prete cattolico) il ragionamento finiva dicendo con l’aiuto di Cristo quel morire ti conduce veramente ad essere felice, ma quello che impressiona è la laicità e semplicità della prima parte del ragionamento: “saresti pronto a morire per tuo figlio, dimostralo iniziando ora”.
    Buonanotte

    1. @Alberto, in linea di principio e teorica, il ragionamento non fa una piega, ma bisogna essere consapevoli (come ognuno Cristiano credo lo sia) che il morire a sé stessi, non è una cosa praticabile all’Uomo senza l’aiuto di Dio.

      O per essere più esatti, un uomo può anche morire per una altro, o per salvare un figlio o anche per una causa o un’idea, e tanti esempi ci sono stati, ma entrare in una “morte quotidiana” come quella di continuare a vivere con colui o colei che è divenuto il TUO NEMICO (non scordiamocelo), difficilmente sta nelle nostre forze.

      Anche l’ipotetica sofferenza dei figli di fronte ad una separazione – e dico ipotetica perché il mondo qui fuori (mentendo o ingannandosi) continua a dirti dà più sofferenza restare assieme – non è sufficiente a motivare e darti la forza a questo sacrificio di sé.
      Forse e senza forse, in un impeto di sano Amore, ti getteresti anche nelle fiamme in un solo momento per salvare la vita ai tuoi figli, ma le fiamme dell’inferno quotidiano, mi dispiace se sei solo (e senza Fede SEMPRE si è soli in questi casi), non ce la fai… e scappi (perché dalla Croce si fugge), dandoti mille motivi e cercando di limitare i danni – creandone magari di peggiori) per salvare un po’ dei tuoi “sani principi”.

      “Saresti pronto a morire per tuo figlio, dimostralo iniziando ora”… accettando i tuoi limiti, accettando un cammino che la Chiesa può (e deve) proporti, ritorna a Cristo! E oltre a non vedere soffrire i tuoi figli, vedrai rinasce il tuo Matrimonio.

      Altri inviti, più o meno calorosi e pressanti, basati sul “buon senso”, sui “buoni sentimenti” o fosse anche su “prove scientifiche”, sono destinati ahimè, a fallire miseramente.

      1. Alberto Conti

        Ho sottolineato la parte più “razionale” della predica, che terminava (grazie a Dio) nella necessità di doversi appoggiare a Cristo, per evidenziare come nella cultura dominante nessuno negherebbe la disponibilità di un genitore a morire per lui, ma si preferisce negare l’evidenza delle sofferenze dei figli di genitori separati piuttosto che fare un ragionamento, a mio parere, lapalissiano.

        1. Lapalissiano… non ci piove 🙂

          E io ho voluto solo prendere spunto dal tuo intervento, per ricordare a me e a chi ha la bontà di leggere, dove portare un “ragionamento laico” e lapalissiano che, come tu hai indicato (o quell’omelia tramite te), mostra tutte le sue contraddizioni .

  3. JoeTurner

    bello e tristemente vero.
    Stavo pensando al titolo del post che è chiaramente un omaggio al film di Vittorio De Sica: un film di quel genere, una storia di quel genere, oggi sarebbe semplicemente improponibile perché andrebbe ben oltre il politicamente scorretto.

  4. Stefania

    Parole sante….. sono d’accordo. D’altra parte però è vero che alcuni bambini essendo sempre meno abituati a giocare insieme per carenza di fratellini e cuginetti, quando si trovano in compagnia faticano a giocare insieme. Nell’ultima settimana un bimbo figlio unico, con genitori amorevoli e attenti, mi ha confidato che preferisce stare a casa piuttosto che andare alle feste, perché a casa può giocare con i suoi giocattoli in pace; un altro bimbo anche lui figlio unico di genitori molto in gamba ha confidato alla mamma “finalmente il mio amichetto se n’è andato!!! Fa troppo rumore!”…. Forse dobbiamo riflettere sul perché abbiamo creato un mondo in cui i bambini (non tutti ovviamente) non riescono più a stare insieme e giocare in armonia…. almeno relativa! Un mondo di bambini che sembrano vecchie zitelle, abituati ad avere tutto a puntino esattamente come vogliono loro…. una rigidità di pensiero che lì porta a preferire stare da soli piuttosto che adattarsi all’altro.

    1. @Stefania “D’altra parte però è vero che alcuni bambini essendo sempre meno abituati a giocare insieme per carenza di fratellini e cuginetti, quando si trovano in compagnia faticano a giocare insieme.”

      Assolutamente corretta osservazione (anche i prosieguo).

      La mancanza della dimensione di “fratelli e sorelle” fa mancare anche la dimensione di una relazione stretta, dove non tutto è sempre rose e viole, l’egoismo e gli scontri emergono a più riprese, come normale data la nostra natura decaduta, ma – con l’aiuto dei Genitori – si entra anche nella dimensione del Perdono e della Riconciliazione, di quei piccoli “morire a sé stessi” (qui spesso richiamati) che educano i Figli alla “palestra Cristiana della Vita”.

      1. G

        @Stefania… scusami tanto se permetto una piccola constatazione… in alcuni casi (non tutti, è chiaro!), secondo me, non è che i bambini siano viziati, ma abbiano un’indole che li porta a giocare da soli semplicemente perchè davvero il chiasso e la confusione dà loro fastidio. Preferiscono avere una o un amichetto alla volta; sono introversi, riflessivi e ipersensibili, e vicino a bambini troppo rumorosi o ad una festa di bambini urlanti preferiscono stare soli a fare costruzioni lego. Preferiscono spendere energie a leggere, fare puzzles e a coltivare poche relazioni, ma profonde, piuttosto che socializzare con persone che non interessano davvero. Io sono sempre stata cosi’, lo sono anche da adulta, non sono figlia unica e non sono stata neanche viziata. E ho amici cosi’. E’ semplicemente questione di indole.
        Mia madre è figlia unica, e da piccola invece non faceva altro che cercare la compagnia di altri bambini per giocare insieme…
        Poi questo è solo un esempio personale, non voglio generalizzare…

        1. Stefania

          Ma certo ovviamente ognuno ha la propria personalità…. Io mi riferivo però ai bambini che a poche o tante relazioni profonde con i coetanei preferiscono relazioni occasionali o superficiali perché sempre mediate dall’adulto…. bambini che appunto si relazionano molto bene ai grandi (“com’è maturo per la sua età!”) ma piuttosto che trascorrere un pomeriggio con un altro bambino, che magari vuole giocare alle macchinine anziché ai lego, preferiscono stare soli. Bambini che preferiscono la libertà alla relazione…. ma guarda un po’ mi ricorda il libretto di cui parlava Costanza 🙂

  5. renzo

    Si quì c’è qualcosa che non va …se cominciano i compleanni con la festa a tema naturalmente con l’animatore e se il tema è l’orror e se i commenti sono “è stato tutto perfetto, mani monche, occhi fuori dalle orbite, sangue..” e non era la festa di Halloween….c’è molto che non và almeno penso…

  6. Giusi

    Il problema è che molto di quello che viene definito per bambini non è per bambini. A partire dai cartoni animati che pullulano di messaggi neanche tanto subliminali di sesso e violenza, dove le bambine non sono bambine ma lolite. Bisognerebbe esaminare attentamente tutto quello che viene loro sottoposto cosa che evidentemente è impossibile e poi come si fa a vietare tutto, a farli sentire diversi dai propri amici? Personalmente detesto anche quella trasmissione che fa cantare ai bambini le canzoni dei grandi. Ma per quanto tempo restano bambini i bambini? Si compie nei loro confronti un delitto di lesa innocenza e poi ci si meraviglia se hanno rapporti sessuali a 12 anni e se entro i 15 il loro modo di divertirsi è ubriacarsi o assumere sostanze eccitanti o tutt’e due insieme. Se a questo si aggiunge la mancanza di una famiglia unita (e anche sana) il quadro è completo e c’è veramente da rabbrividire.

  7. Leggendo il post mi sono commossa, perchè mi è ritornata alla mente una mia nipote che ha vissuto per ben tre volte la separazione dei genitori. Ogni volta che il padre o la madre facevano le valigie per lasciare il tetto coniugale per lei iniziava l’inferno: pianti disperati, digiuni prolungati, febbre da cavallo, problemi linguistici…. uno strazio da togliere il fiato. Alla separazione definitiva la mamma si è convinta che dare un taglio a quel rapporto prendi e molla sarebbe stata LA soluzione. Che dire? la bambina preferiva due genitori che si combattevano ma sotto lo stesso tetto piuttosto che due genitori lontani. Ora che entrambi hanno nuove storie (la ragazzina nel frattempo è cresciuta…) tutto a posto? ma per niente! pensate che le sia passato tutto il dolore? no, semplicemente finge di essere a posto, tranquilla, ma le si legge in faccia che cova un astio profondo, risponde in malo modo a tutti gli adulti che hanno a che fare con lei (nonni, insegnanti, soprattutto alla mamma!), cerca di controllare la sua vita mangiando giusto l’indispensabile per stare in piedi, passa ore davanti alla tv, ha pochissimi amici, e dice sempre una sola cosa “fatti i cavoli tuoi!”. Le puoi dare torto? chi la doveva amare di più si è fatto i cavoli propri, e giustamente lei ora chiede che continuino a farlo, senza assumere pretese sulla sua vita. Sì, i bambini ci guardano, e se si comportano in un certo modo è perchè lo hanno imparato da noi, e punteranno lo sguardo dove lo puntiamo noi.

    1. @giuly quello che riporti è l’esempio di tante e tantissime storie.

      Uno di quei casi in cui ancora si puotrebbe dire che “il peccato dei genitori ricade sui figli”, che non sono quasi mai pronti poi per formare una loro famiglia, tanto meno basata sul Matrimonio.
      Questi fatti lasciano un segno indelebile, più della morte… più della morte di un genitore (ne sono testimone).

  8. Dio ti benedica per le verità che dici. 😀
    A margine, regalo a tutta la famiglia una fiaba vera per sostituire quella fasulla della principessa lunare
    http://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/il_re_bazza_di_tordo

    e – espressamente per controbattere alle sgrammaticature di “Diverso come uguale”:
    Massimo Birattari, “La grammatica ti salverà la vita” (Feltrinelli Kids)
    http://www.lettera43.it/cultura/se-la-grammatica-ti-salva-dai-vampiri_4367566229.htm

  9. G.P.S.

    Siamo arrivati a questo punto perché si è dato ascolto ai nuovi “falsi profeti”, tra cui annovero non solo i conduttori delle più spregevoli trasmissioni televisive, ma anche degli psicologi, che hanno la presunzione di sapere qual è il bene e qual è il male, cercando di convincere il bambino a farsene una ragione se i genitori divorziano, dicendo a chi si vuole separare che fa solo bene e che è giusto ritrovare la libertà perduta (e chi se ne frega dell’altra persona, degli eventuali figli e quant’altro), che è giusto non fare figli in nome della carriera, cantando inni di lode ai vari metodi contraccettivi. Il rumore che cos’è, se non una sorta di anestesia uditiva, l’intrattenitore che altro è se non una comoda via per non scegliere e delegare ad altri quanto invece dovrebbe scegliere la singola persona… L’uomo di oggi sembra avere dimenticato Nostro Signore, il quale gratuitamente ti salva, ti cambia in meglio, ti insegna la gratuità dell’amore, del dare la vita per l’altro, del generare una nuova vita, del consolarti dalle tue più atroci sofferenze. La tanto libertà millantata da coloro che ritenevano possibile il raggiungimento della stessa solo tramite l’esclusione di Dio ha mostrato la sua vera identità: una prigione buia e stretta.

    1. Stefania

      Ah ah non sapevo di essere diventata una falsa profetessa…. Io cerco di fare il mio lavoro con correttezza e buon senso, e non mi sembra di rinnegare i miei principi cristiani. Certo che sarebbe meglio che queste cose non capitassero, ma se i genitori hanno deciso di separarsi il mio dovere di psicoterapeuta è di aiutare il bambino NON negando il suo dolore ma fornendogli degli strumenti per conviverci. Queste generalizzazioni mi sembrano un po’ ingiuste …

      1. lidia

        ma infatti Stefania, non preoccuparti, il tuo lavoro è preziosissimo. Servono psicologi buoni.
        Io, quando i miei si sono separati, sono andata dallo psicologo. Allora, una psicologa che ho sentito non faceva che dire “ma che male c’è, ma perché non vuoi che i tuoi genitori siano felici, in caso con altre persone” etc. e io l’ho trovata vera violenza psicologica. Un’altra, invece, con molta serietà e responsabilità non ha mai dato giudizi né sul mio pensiero sull’eventuale ri-matrimonio dei miei con altre persone (che non è avvenuto, cmq) né sulla separazione in sé, ma mi ha solo ascoltato e ha cercato di darmi strumenti per capire meglio me stessa e affrontare questa sofferenza.
        Quando sento dei cristiani che sminuiscono il lavoro degli psicologi mi infurio e mi rattristo: ci fossero più cristiani che si assumono questo compito prezioso, invece! Quanto bene potrebbero fare, e già fanno (ne conosco svariati).
        Che Dio ti benedica davvero!

      2. E infatti Stefania io credo il tuo lavoro sia preziosissimo, molto di più e soprattutto fatto in un’ottica cristiana…. ce ne fossero tanti di psicologi, psicoterapeuti, medici, insegnanti, giudici e si potrebbe continuare a lungo, capaci di unire la loro “scienza” con una visone che va oltre.
        Capaci di dare un Parola di Speranza laddove la sapienza umana si arresta.

        G.P.S. si è lanciato forse con troppo “sacro zelo” (come spesso facciamo in molti), nel tratteggiare una realtà per molti versi vera, ma dove nello “slancio”, si rischia appunto di fare “di tutta l’erba un fascio”, perché anche in tutti i limiti che anch’io vedo in una psicologia solo umana (l’uomo psichico è pur sempre creato da Dio), questa può essere esercitata con “carità” e onestà intellettuale da tanti professionisti, ancor meglio se cristiani.

        1. G.P.S.

          Credo semplicemente che una volta, quando gli psicologi non esistevano, si andava dal sacerdote il quale, senza prende un soldo, ti ascoltava anche per diverse ore e non solo per 50 minuti, e curava le sofferenze sia psichiche che spirituali. So benissimo, comunque, che tanti psicolgi e psicoterapeuti lavorano bene, per carità, ma a che serve cercare di mettere a posto la vita psichica senza curare anche, e soprattutto, quella spirituale, che è la vera “malata”? Sarebbe bello, infatti, che coloro i quali si rivolgono agli psicologi capissero l’importanza della propria spiritualità, come sarebbe altrettanto bello vederli accostarsi tutti all’Unico e Vero Dio, Nostro Signore Gesù, perchè solo in Lui possiamo trovare pace per le colpe commesse e per i dispiaceri terreni, che molte volte ci allontanano dalla Via. Se sono stato “sanguigno” nella mia risposta è perché vedere uomini che soffrono a causa dei mali del mondo e che si affidano a professionisti anche molto seri, ma molto spesso atei e puramente razionalisti, e che quindi non vedono nulla di male se ci si separa per andare a vive, ad esempio, con una persona dello stesso sesso, o con una più giovane e ricca, sempre in nome della libertà come la intende oggi il mondo. Ben vengano, invece, psicologi che credono in Dio e si accostano con carità alla persona che si è rivolta a loro.

          1. @G.P.S. fondamentalmente credimi mi sento molto in linea con quanto dici (e che qui hai espresso in modo più “dolce” diciamolo pure :-)) e anch’io se devo scegliere come primo consiglio, per qualcuno con problemi “esistenziali” ancorché psicologici, potendo, scelgo un buon sacerdote (ammesso di trovarlo facilmente e che abbia tempo e che non sia altrove ecc, ecc.), ma questo non è sempre facile, anche perché di fronte a problematiche complesse, questo sacerdote deve farsi carico di un percorso, non può bastare un solo colloquio o una confessione (se si escludono interventi miracolosi dello S.S.).

            Ecco che in alternativa una figura “professionale”, può essere un aiuto o un coadiuvante.
            Bisogna poi tenere presente il caso in cui la persona in oggetto NON ne voglia proprio sentir parlare di un sacerdote (può non essere pronta…)

            Insomma pur nel condividere quanto esprimi, credo, fidando sempre nel Discernimento e pregando, ci sia da valutare bene caso per caso. Anche il sacerdote sbagliato può “fare danni” (“sbagliato” nell’approccio intendo, non nella persona).
            Certo abbiamo sempre una grave responsabilità se qualche fratello lontano o in difficoltà si appoggia a noi per ritrovare la strada. Che Dio ci aiuti sempre.

            Una volta c’erano meno psicologi, ma più stregoni e ciarlatani… mah! mi sa di no… anche oggi non si scherza mica 🙁

            1. Giusi

              Senza contare che tanti di quelli che vogliono separarsi non intendono andare nè dallo psicologo, nè dal sacerdote, nè intendono mandarci i propri figli, vogliono separarsi e basta e magari farsi pure la guerra usando i figli come merce di scambio! Un sacerdote di mia conoscenza dice sempre che affinchè un matrimonio funzioni bisogna essere in tre (il triangolo no, non l’avevo considerato!): lui, lei e…… Dio!

    2. lele

      La psicologia è una disciplina che, più delle altre, può avere una duplice veste; se alla base del terapeuta c’è una impostazione cristiana forte, allora la psicologia può davvero essere un ausilio: memorabili, in tal senso, le catechesi di Padre Giovanni Marini ai corsi fidanzati di Assisi, che è preparatissimo psicologo, competente esperto in neuroscienze, dottore in psicologia, filosofia e teologia. Attingeva a piene mani dal repertorio psicoanalitico moderno, evidenziando che spesso la psicologia e la teologia, in campo sentimentale/affettivo, portano alle medesime conclusioni.

      Se invece per psicologia si intende quello psicologismo d’assalto che in nome del “trovare sé stessi” sacrifica tutto, o di quella sottospecie di psicologia d’accatto propinata dai vari Morelli e altri figuri televisivi, beh quella mi sembra davvero “trash allo stato puro”.

      1. “se alla base del terapeuta c’è una impostazione cristiana forte, allora la psicologia può davvero essere un ausilio”

        Ma che affermazione è questa!?!?

        1. Giusi

          L’impostazione cristiana porta a riunire non a dividere, porta a lasciare qualcosa di sè per andare incontro all’altro, porta a vivere anelando l’eternità e quindi ad elevarsi al di sopra delle nostre meschinità altrimenti è tutto un “segui i tuoi desideri”, “trova te stesso” come dice Lele citando i vari Morelli ma è un trovare se stessi dentro se stessi e che vuoi che troviamo nella nostra pochezza? Persino le bestie riescono a fare meglio di noi se non ci inginocchiamo davanti a Dio!

          1. Giusi:
            …non mi sembra che tu dia manifestazioni di pochezza se non con le solite frasi penitenziali dei cattolici(“persino le bestie etc.”)che si buttano sempre cenere sul capo(in realtà appare che tu ci abbia una bella
            intelaiatura interiore ) ma io volevo solo dire che non dalla fede è giusto valutare uno psicologo, ma dalla coscienziosità e impegno con cui si dedica ai suoi pazienti, come anche direi lo stesso per i medici generici e per chiunque altro abbia a che fare con la salute o coi problemi delle persone. Non credo assolutamente che uno psicologo cattolico sia meglio (pregiudizialmente) di uno psicologo x , per esempio, o y, o zzzzeta!

            1. lele

              io invece lo credo, e non ho alcun timore di dirlo.

              Dipende quale è il fine ultimo della terapia psicologica. Se l’inneggiare appunto al trovare sé stessi, assecondare le proprie voglie, e tutti i ritornelli oramai triti e ritriti della cultura dominante, credo che lo psicologo non faccia affatto un buon servizio. Spingerà il cliente verso il famoso “edonismo cialtrone” di Finiana memoria, che altro non fa che anestetizzare le coscienze.
              Uno psicologo che offra strumenti per non ricondurre sempre tutto alla propria psiche, ma anche per valorizzare, responsabilizzare, mostrare ad un uomo una strada migliore, è tutta un’altra cosa.
              E la differenza di impostazione fra psicologi atei e cattolici io la vedo tutta, avendo avuto a che fare con entrambe le razze per un certo periodo di tempo.

              1. lele:
                Io credo che bisogna distinguere, invece, tra psicologi intelligenti e non-intelligenti.
                E non necessariamente gli intelligenti sono quelli cattolici. E non farei nemmeno la distinzione tra credenti e atei (in questo campo, ma anche in quello della architettura, per per esempio.
                Ci potrebbero anche benissimo essere bravi psicologi ebrei, musulmani, animisti (junghiani) eccetra
                Come, per esempio, uno può essere aiutato da amici cattolici o meno.
                Quanto poi al valore della psicologia come tecnica, questo è tutto un altro discorso.!

                1. Stefania

                  Io penso che lo psicologo VERO debba aiutare a vedere dentro te stesso….. a capire cosa davvero davvero ti rende felice al di là delle paure (per esempio quante separazioni sono figlie di una paura di perdersi qualcosa, o paura di diventare finalmente “grande”?)…. Noi siamo fatti da Dio, e per Dio, e se riusciamo ad ascoltare davvero la nostra interiorità immancabilmente ci porterà a Lui…. il problema è estirpare l’erbaccia che ci impedisce di vedere con sicurezza il cammino!!!! Sant’Agostino diceva: “Rientra in te stesso, è nel cuore che abita la verità”….. Il nostro cuore che(che non è da confondere con le nostre passioni né con i nostri sentimentalismi) è molto saggio, dobbiAmo solo imparare ad ascoltarlo!!!!

            2. Giusi

              Ma vedi una cosa è un rene e un’altra cosa sono il cervello e il cuore intesi come sentimenti, dolore, relazioni insomma quello che fa stare male noi adulti, figuriamoci i bambini. Se mi parli di individui sono d’accordo con te: un ateo può essere migliore di un sedicente cattolico: è facile predicare bene, poi bisogna vedere come si razzola (mi ci metto dentro pure io naturalmente). Però questa è una materia dove contano i contenuti e allora c’è una grande differenza tra il considerare il matrimonio un sacramento (come ci si augura che faccia uno psicologo cattolico) oppure considerarlo un contratto che si può sciogliere a piacimento. Quando parlavo delle bestie avevo davanti agli occhi l’immagine del piccolo Leonardo trascinato dal padre e dallo psichiatra congiunti e con questo non voglio dire che sia meglio la madre, non lo so non li conosco. Però converrai che se si cerca di vivere autenticamente la propria fede non si arriva a quei livelli, si sacrifica il proprio egoismo per amore, almeno per amore del bambino! Non sono frasi penitenziali le mie: senza Dio mi sentirei veramente una nullità. La mia forza (poca) mi viene da Lui.

                1. Giusi

                  Eh no, il carattere è la superficie, io parlo di forza quella vera quella che ti fa mantenere la barra dritta qualsiasi cosa succeda e quella viene da Lui.

                    1. Giusi

                      Le barre le teniamo noi ma se non ci fosse Lui per me non avrebbe senso tenerla. Magari per te si. Come disse Schettino: “e vabbuò”!

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  11. giulia

    bè,da figlia di separati posso vedere il risvolto della medaglia,per le mie figlie ho stretto i denti quando non ne potevo più e non me ne sono andata.proprio perchè ci sono passata ho scelto di dargli quello che io non ho avuto.e ora,passato il momentaccio siamo felici(parola scelta)come sempre il destino può stupire.

  12. lidia

    “vado a mangiare, nonna” – “vado a mangiare nonna” – usa bene la virgola, salva una nonna 😉

    Sdrammatizzo perché, da figlia di genitori separati (ma non risposati) so bene di cosa si parla, anche se preferisco non parlarne adesso.
    ieri sera ho visto il film “Immaturi”, e, a parte alcuni spunti “buoni” (uno dei protagonisti decide di assumersi la responsabilità del figlio che la sua compagna aspetta; un altro decide di sposarsi) mi è rimasta una grande tristezza dentro, perché si dava per scontato che avere amanti, fare sesso pre- ed extramatrimoniale, separarsi etc. fosse normale. Poi si vedeva bene che tutto ciò la felciità non la dà: guarda un po’, alla fine tutti i protagonisti fanno scelte di responsabilità. Uno dice anche “Epicuro, sei un pallonaro. Non è evro che bisogna “cogliere l’attimo” e vivere la vita pensando che domani potresti finire sotto un autobus perché la vita è lunga, le possibilità di finire sotto un bus sono pochissime e perciò la vita va vissuta con responsabilità”. Ci avessero pensato prima, però…prima di fare figli e lasciarli a orfani a metà, prima di avere amanti su amanti, etc.
    Agli adulti immaturi fa da contraltare la figlia piccola di una di loro, che dice “Mamma, oggi in amore non c’è più tempo per le tattiche: quel bambino mi piace perciò faccio finta di ignorarlo. oggi giorno ti devi sbrigare, altrimenti lui va con un’altra”. E poui: “Mamma, ma la tua vita sessuale com va? E quando posso iniziare io ad averne una?” La mamma dice ” Avent’anni” e la bambina: “vabbè, facciamo sedici”.
    Non capisco se nelle intenzioni del regista questo fosse un intermezzo comico o tragico. Io l’ho trovato tragico.

  13. @ Bariom: a proposito del tuo commento sopra, dopo Alberto… sì, è vero, l’unico motore del sacrificio è Cristo, o almeno dovrebbe, per chi dice di averlo incontrato. Ma chissà come il morire a fettine, direbbe Costanza, è sempre una impresa sporca. Ti faccio un esempio: nelle parrocchie, sempre più di frequente, per pulire chiese, oratori, annessi e connessi, ci sono le imprese di pulizie, e pure ben pagate. Al momento degli eroici atti di carità (portare la particola ai malati, catechizzare, organizzare pellegrinaggi…) tutti sgomitano per fare. Quando c’è da fare qualcosa di umile, semplice, zozzo, basso, la latitanza completa…. ci siamo dimenticati che Gesù ha guarito il cieco nato con fango e saliva, non con magici intrugli o gesti altisonanti. Tutti siamo pronti a dire “lo faccio per Cristo”, ma decidiamo noi cosa ci deve mandare Cristo e cosa no. E la stessa cosa vale per i rapporti con i nostri cari. Tutti pronti a dare la vita per i figli (per il marito o la moglie un po’ meno…) nel caso di malattie gravi, ma sacrificare un pezzetto del proprio tempo o della propria felicità …. eh! ‘na parola! E allora? forse dovremmo provare a fare memoria del “centuplo quaggiù e la vita eterna” promessi da Gesù, coi tempi detti da Lui, non da noi….

    1. Cara giuly non posso che darti ragione e non è che la cosa non mi tocchi…

      Ho dovuto affrontare – con l’aiuto di Dio – la malattia grave e la morte della mia Sposa, ma quanta fatica spegnere prima il computer e dare più tempo a qualcuno in famiglia.

      Ho evangelizzato (nel mio piccolissimo), ma quanta fatica spostare tappeti o panche per approntare un sala… magari senza neppure ricevere un “grazie” 😉

      E’ un cammino di conversione… e chissà quanti “spostatori di panche” mi passeranno avanti (assieme a ladri e prostitute) nel Regno dei Cieli per il loro umile servizio fatto nel silenzio per Dio 🙂

  14. perfectioconversationis

    Due volte la settimana frequento gli spogliatoi di una palestra: mi siedo accanto alla mia bimba più piccola, le dico di togliersi i pantaloni e la maglietta, di infilare la tuta, di mettersi le scarpe. Poi le ricordo di infilare i suoi abiti nello zainetto e lo zainetto va riposto sul gancio. All’uscita, percorso inverso. Io sto seduta, parlo con lei, se serve le ricordo cosa deve fare, altrimenti parliamo d’altro. TUTTI e dico tutti gli altri bambini dello spogliatoio, anche di età maggiore (8, a volte 10 anni), hanno un adulto ai loro piedi, che allaccia scarpe, infila calzini, abbottona giacche… In alcuni casi ho visto anche due nonni che servono gli infanti stereofonicamente: la nonna calzino sinistro, il nonno calzino destro… avete presente la Vestizione del Giovin Signore?
    Quegli stessi bambini, che non possono farcela a vestirsi da soli, o a rinunciare all’ultimo videogioco, o a mangiare quel che c’è nel piatto senza troppe storie, possono essere sottoposti a qualunque tipo di situazione, se questo fa “realizzare” i propri genitori, o se serve agli adulti. Possono vedere programmi pre-serali che sconfinano nella pornografia, possono avere due padri o due madri, o più, o meno, ad assetto variabile, possono essere generati in provetta e affidati a vecchie signore (o signori), ma non devono sentirsi tristi, va tutto bene così, e se iniziamo a dirlo in età precocissima, può darsi che ce ne convinciamo pure noi…

  15. tommaso galvanini

    Buongiorno, sono d’accordo con quasi tutto il Suo post. Purtroppo sono tra quelli che, se avessero un figlio, chiamerebbe l’animatore…anche per questo non avrò mai figli, per non condannarli a dover vivere con un surrogato di genitore. Sono anch’io un figlio di una ficchissima famiglia allargata e leggo con malinconia le Sue parole, che sento vicine. Cordialmente TG

    1. Caro Tommaso, permettimi…

      Magari Dio vuole darti dei bellissimi figli e fare di te un ottimo padre. Non ti chiudere alla grazia di Dio, a Lui nulla è impossibile.

      Molti, moltissimi nostri Santi e anche molte Figure Bibliche sarebbero stati “surrogati” di qualcosa e anch’io un surrogato di padre e un surrogato di marito.

      Non sarebbe Dio se non fosse capace di andare oltre le nostre, a volte misere, storie e capacità.
      Auguri nel Signore 😉

    2. Caro Tommaso, il Signore di solito pesca proprio quelli come te, quelli che dicono “io non ce la faccio”, e ne fa meraviglie. Ogni tanto io e la mia amica superiora francescana ci guardiamo e diciamo: “certo che proprio il Signore ha scelto noi per dimostrare che è Lui che agisce, perché due più squinternate di noi era difficile trovarle!” Sono curiosa di vedere quale meraviglia con te!

  16. Floriana

    I bambini ci guardano, ci ascoltano, imparano molto dalla nostra vita.
    Bisogna seminare “semi di Amore” nel loro cuore ….
    Sono tornata sabato da un pellegrinaggio a Medjougorie di 4 giorni con mio marito e i nostri bambini di 5 e 3 anni. Sono grata alla Madonna per averci condotti tutti insieme da lei. Entrambi i bambini hanno partecipato alal via Crucis sul monte Pobrodo, pregando nel modo come sapevano fare e mio figlio di 5 anni si è unito al nostro gruppo di pellegrini con cui eravamo partiti da Roma, per salire anche il Krisevaz ( scusate…non ricordo come si scrive precisamente!). E’ stata una sua richiesta specifica quella di salire sul monte…..Il sacerdote che ci accompagnava era senza parole davanti ad un bambino di 5 anni che seguiva e saliva felicemente il monte …. gli abbiamo dato molta molta fiducia quando ci ha detto che ci teneva molto.
    Sicuramente attarverso di noi ha compreso la gioia del posto in cui ci trovavamo e il Signore ha fatto il resto…..
    Siamo stati tutti e 4 a “bagno maria” nella preghiera, giorno e sera per 4 giorni…..lontani da tutti quei mostriciattoli, fantasmini e zucche che circolavano in questi giorni…..e siamo tornati a Roma portandoci nel cuore grandi doni…..abbiamo compreso ancor di più quanto la preghiera ci unisce come famiglia.
    Nei suoi molti messaggi la Madonna dice sempre “Pregate il Rosario, pregatelo in famiglia….” Siamo strafelici che i nostri figli possano vederci pregare il Rosario insieme e poter unirsi a noi, come sanno fare ad oggi, nella preghiera.

    Anche gli psicologici come ognuno di noi è chiamato a vivere il proprio lavoro con carità e aiuto verso il prossimo…siamo tutti strumenti nelle mani del SIgnore.
    un caro saluto a tutti , Floriana

      1. Giusi

        Caro Alvise, l’unico modo per vivere è dare un senso al dolore che tocca a tutti. Il senso più sublime l’ha dato Gesù Cristo che è morto per noi. Io credo che sia il contrario: ci sono tanti barbari perchè si sono fatte poche Via Crucis.

  17. Tutta la Verità viene sistematicamente mistificata per le sporche intenzioni degli adulti. Quando mi capita l’occasione con i bimbi o i ragazzi che non sono miei non mi trattengo dal dire sinceramente come la penso su certe cose, anche se i loro 8 genitori gli hanno insegnato il contrario o più probabilmente non gli hanno insegnato nulla. Almeno sapranno che non esiste un pensiero unico, dominante che tende a soffocarli. Dobbiamo essere messaggeri di Verità, di Luce come i profeti dell’antico testamento.

  18. vale

    non so,sui commenti di quest post,ognuno( non è ognunismo,eh!) ha le sue esperienze. so solo che quando fui catapultato all’onaosi( e la sciùra Costanza sicuramente sa che è) ero -et pour cause- triste, disperato e depresso.
    credo che tali stati d’animo non passino mai. magari possono essere mitigati dal tempo, da amicizie. persino da amori malfiniti.
    l’unica cosa è che se è vero che i bambini, o adolescenti-quell’inesplicabile periodo di passaggio variabile per età-sanno organizzare il loro tempo da soli, è anche vero che vorrebbero avere un “referente” quando serve. a gratis. e senza pretese esagerate. ma con “polso” o idee chiare.
    se sono i genitori-tutt’e due- è meglio. ù
    ve lo assicuro…

  19. Cla

    Avete toccato un tema a me molto caro, essendo psicologa e “quasi” psicoterapeuta….da quando ho iniziato ad esercitare sono tante le domande che si affacciano, i dubbi etici, le questioni non risolte e ovviamente non è facile trovare con chi parlarne perchè i miei colleghi sono tutti atei e certi problemi non se li pongono proprio.
    Personalmente credo che una strada sia quella di ridimensionare di molto la figura dello psicologo/psicoterapeuti che a volte si vedono come onnipotenti e scordano il limite e l’obiettivo della propria professione.
    Noi dobbiamo lavorare con dei meccanismi mentali “rigidi” che non permettono più alla persona di scegliere liberamente, faccio un esempio: soffrire di attacchi di panico che non permettono di uscire di casa o di frequantare liberamente persone e luoghi, soffrire di ossessioni mentali che non permettono di vivere con serenità la propria giornata, essere schiavi di riti e compulsioni che dominano la persona che vorrebbe anche farne a meno ma proprio non riesce….e così via….
    In questi casi un bravo professionista deve sbloccare queste situazioni per ridare alla persona la maggiore libertà possibile..libertà che la persona eserciterà come meglio crede ( e che non va indirizzata dallo psicologo), un pò come il medico che ci cura la tonsillite ma poi non ci dice cosa dobbiamo fare della nostra riacquistata salute!
    Poi ci sono, invece, tutta un’altra classe di problemi che hanno a che fare con la dimensione esistenziale e qui, secondo me, nascono i problemi perchè lo psicologo può rischiare di suggerire/proporre/imporre la propria visione di vita. Tra questi problemi ci sono anche quelli di coppia che non sono patologici di per sè ( a meno che uno dei due non abbia un problema mentale e l’altro voglia essere sostenuto nell’affrontarlo, ma non è il caso cui ci stiamo riferendo) ma che riguardano di più la propria visione del mondo, la propria capacità di gestire le emozioni e le frustrazioni, le proprie convinzioni su se stessi, sulla felicità, sel senso della vita.
    In questi casi, a mi parere, come già diceva Stefania, in un post precedente, si può solo lavorare affinchè chi ha subito il trauma della separazione ( figli o coniuge abbandonato) possano ritrovare una certa lucidità e serenità che gli permetta di fare le scelte più appropriate, a meno che non vengano in coppia allora è un altro discorso perchè vuol dire che può esserci collaborazione ad una terapia insieme.
    Non voglio farla troppo lunga!!!!
    Il fatto è che, a mio parere, senza un percorso spirituale da certi problemi non se ne esce completamente, soprattutto perchè siamo contornati da stimoli della società che vanno in tutt’altra direzione, il famoso “realizza te stesso” che citavate che poi, in realtà..se uno davvero realizzasse se stesso verametne sarebbe santo perchè è quello il fine per cui siamo stati creati!
    Ieri mi trovavo agli esercizi spirituali della comunità Nuovi Orizzonti tenuti da Chiara Amirante e ho assistito alle testimonianze di ragazzi alcolizzati e tossicodipendenti che avevano già tentato percorsi di recupero psicologi in varie comunità, essi raccontavano che senza dubbio erano stati sempre aiutati però ogni volta erano poi ricaduti una volta fuori perchè, pur non sentendosi più attratti dalle sostanza cmq non sapevano cosa fare della loro vita…e che solo dopo aver fatto un cammino spirituale e fatto esperienza dell’Amore di DIo hanno proprio dato una bella sterzata interiore, perchè hanno sentito che quel vuoto che li spingeva a cercare sostanze per anestetizzare il dolore poteva essere colmato dall’amore di Dio e dei fratelli che lia vevano accolti….ovviamente la comunità scientifica degli psicologi avrebbe le sue spiegazioni e non accetterebbe mai l’intervento di Dio come variabile terapeutica!!!!
    Però mentre li ascoltavo mi chiedevo….cosa è più importante? che la scianza approvi o che intatno questi ragazzi siano di nuovo vivi e vadano in giro a testimoniare come Dio li ha guariti?
    Si potrebbe fare davvero molto se la psicologia si mettesse al servizio della fede! In fondo, come diceva un grande sacerdote di mia consocenza, Gesù è stato il più grande psicologo e nelle scritture ci sono già tutte le istruzioni affinchè l’essere umano si realizzi pienamente!
    Scusate la lunghezza!!!!!!

  20. “Non molestate i sedicenni. Lasciate che i sedicenni facciano i sedicenni e che si dedichino agli amori, alle canne, alle canzoni. I candidati che, per uno squallido calcolo, vogliono le primarie aperte ai sedicenni sono corruttori della gioventù. Corruttore è Matteo Renzi, corruttore è il renzino del Pdl, il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo che pure lui loscamente brama il voto fresco, il voto vergine. La politica è sangue, merda, menzogna (soprattutto menzogna), è uno spettacolo osceno che deve rimanere vietato ai minori. C’è un tempo per ogni cosa e per diventare come Renzi e Cattaneo i sedicenni hanno tutto il tempo. Giù le mani dai sedicenni.”

    Bravo, questa volta, Langone ! !(per diventare, generalizzerei, anche loro politici)

    1. Giusi

      I sedicenni sono già molestati a sufficienza soprattutto se si fanno le canne. Atroce considerare un connotato dell’essere sedicenni farsi le canne!

        1. Giusi

          Certo. C’è chi comincia da quello e va a finire alle altre! Già il concetto che per divertirsi bisogna assumere droghe o altro è un concetto malato.

          1. Giusy:
            Ma Langone, si sa vuole, sempre fare il “ganzo”!
            E poi quando dice “che si dedichino etc.” è solo una figura retorica, non dice che “bisogna assumere le droghe”!

            1. Giusi

              Sarà. Ma già senza le figure retoriche di Langone i giovani hanno tanti stimoli negativi. Dal momento che un adulto ha comunque una funzione educativa nei confronti dei ragazzi, è meglio che certe “figure” se le risparmi!

    2. vale

      toh, Alvise che “abbraccia “Langone.vado a farmi un brindisi per la faccenda.( che c’entri anche la coroncina ?)…

  21. Carla Vanni

    Mai chiesto un animatore per le feste di mio figlio: ora a sedici anni e non si droga, non fuma e non beve. Gli piacciono il calcio, le moto, le donne, lo sport, è Cattolico tradizionalista …sarà degenerato così per la carenza di animatori?

    1. Ringraziamo Dio.

      Non penso neppure che sia così per non aver mai avuto un animatore 🙂
      Li abbiamo anche nelle parrocchie (credo…)

  22. elisa

    premetto che non ho letto tutti i post…..
    Grazie Costanza, perchè è sacrosanto ciò che scrivi. Non ci fidiamo più della semplicità dei bambini. Dobbiamo aver sempre tutto sotto controllo, anche i loro sentimenti, dobbiamo parlare e mediare ma siamo esonerati dall’ascoltare (non si capisce poi mica il perchè visto che loro ci devono sempre ascoltare!), siamo terrorizzati dal fatto che possano “non divertirsi” o “non essere integrati” ecc..ma non ci tocca il fatto che ognuno a modo loro troverà la strada per divertirsi e integrarsi nella comunità, il punto è proprio su di noi..mamme e papà, nonni e nonne, maestre e non…cosa vedono i nostri bimbi? cosa guardano?
    guardano e vedono ciò che noi guardiamo e vediamo, si nutrono di ciò di cui noi ci nutriamo.
    Se i miei rapporti sono carichi di pretesa, controllo e ansia…raramente potrò aver un bimbo sereno perlomeno sarà isterico quanto me…..ma dico, sarà che il problema della mia vita di madre è quello della festa di compleanno????e se per te mamma degenere non è un problema allora ti senti dire “non vuoi bene a tuo figlio!” embhe certo perchè il bene suo e mio è la festa di compleanno e pensare che i primi cristiani nemmeno lo consideravano….
    excursus compleanno a parte, si leggono libri su come parlare della separazione ai piccoli o di uomini che amano altri uomini ma i bimbi queste cose non le capiscono sai perchè? perchè non è possibile nel loro cuore che mamma non ami più papà, semplicemente è impossibile al loro sguardo che ciò che li ha creati non sia più possibile, non sia più tangibile in un rapporto e questo è insopportabile per un piccolo cuore sincero e lo sarebbe persino per noi adulti se tendessimo di più alla semplicità che alla complicatezza del cuore! se solo fossimo un pizzico più umili, più mendicanti, più aperti (perchè essere liberi e aperti non significa poter dire si o no a ciò che mi pare e piace ma abbracciare la nostra strada con il cuore lieto…altrochè “sono aperta di idee per cui il divorzio è un passo necessario…” )se solo domandassimo questa semplicità anche a noi come a loro ci si spezzerebbe il cuore e certe ipotesi di vita non sarebbero nemmeno prese in considerazione…
    per cui i bambini ci guardano…..DUC IN ALTUM!

  23. Floriana

    Caro “filosofiazero” i miei figli sono stati non bene, ma benissimo a Medjougorie insieme ai loro genitori e hanno partecipato a modo loro al pellegrinaggio.
    Sono tornati felici e contenti a Roma. Nè io nè mio marito abbiamo preteso da loro nulla circa la partecipazione alla via Curcis ma sono stati loro che hanno voluto partecipare, soprattutto mio figlio di 5 anni e mezzo che ha partecipato ad una delle “scalate ” sul monte dell’apparizione insieme al resto del gruppo dei pellegrini con cui eravamo partiti e senza di noi che eravamo con la piccola (era un suo desiderio e non ha fatto il paicere a noi genitori e nè noi l’abbiamo trascinato lì). Ci ritornerei ancora mille volte con loro, perchè abbiamo potuto condividere un’esperienza unica come FAMIGLIA!
    L’ho sempre portato alla messa da quando ha pochi mesi, e credo che a 5 anni abbia già compreso (per quanto possa farlo un bambino) l’Amore di Gesù. Non ho mai pensato di fare lavaggi del cervello ai figli ma una cosa gliel’ho sempre detta e gliela continuerò a dire “Dio ti ama, per come sei e la cosa più importante della tua vita è l’Amore verso te stesso e il prossimo!”.
    Penso che molti giovani si perdano proprio perchè i genitori sono più concentrati a trasmettergli cose materiali piuttosto che l’Amore di Dio, forse perchè nemmeno loro ne hanno fatto esperienza nelal loro vita.
    La “storia” del nostro matrimonio è fondato sulla nostra fede, io mi sento uan privilegiata avendo potuto fare nella mia vita di 31 anni esperienza di Dio. Questo è l’eredità che voglio lasciare ai miei figli, il resto è vanità.

    Le barbarie sono ben altre …..come dire ad un figlio piccolo “Gesù non esiste, è tutta una favola!”. Mio figlio spesso torna a casa e mi dice che qualcuno dei suoi amici gli ha detto “mio padre mi ha detto che Gesù non esiste! E’ tutta una favola, come Babbo Natale!”. Questo stronca la vita ad un figlio, ne sono sicura!!!!!!

    Come genitori cristiani abbiamo battezzato i nostri figli e abbiamo l’obbligo e l’onore di crescerli nella fede cattolica e nell’Amore di Dio, facendo i conti con i nostri limiti ogni giorno.
    Floriana

  24. Raffaella

    Permettetemi una osservazione dalla mia esperienza personale: io avendo 5 pargoli e avendo sempre lavorato part-time (per puro egoismo, ovvero per evitare di impazzire negli incastri o di venir stritolata dai sensi di colpa) un animatore non me lo sono mai concesso. A quelli nati in primavera toccavano pericolosissime feste in terrazzo o in giardino e a quelli nati con le piogge feste in casa a vedere un film o a giocare a Monopoli, Scarbeo o a Risiko. I miei figli detestano gli animatori (SOPRATTUTTO quelli della Parrocchia) perchè dicono che “ci vogliono costringere a divertirci”. Sante parole. Ieri mi è capitato di ascoltare Ezio Aceti sui temi educativi e sugli adolescenti. Un tipo originale, indubbiamente ma interessante. La noia è una gran cosa, anche alle feste, e direi che privare i nostri figli di questa esperienza, come evitare che si avvicinino alla paura della morte, alle delusioni di non essere i primi e nemmeno i secondi, alla mortificazione di dovere riconoscere un errore, li renderà forse più lucidi intellettualmente ma terribilmente fragili emotivamente e affettivamente e questo, nell’adolescenza, sarà sì un problema, altro che la noia…

    1. Raffaella

      Una piccola chiosa: per chi non teme le fiabe vere, per chi ha paura delle fiabe Disney, provate a leggere le “Fiabe di Beda il Bardo” ai bambini (non piccolissimi ovviamente), magari pure con qualche frase in lingua originale. Io adoro “La fonte della vita”, “La storia dei tre fratelli” e “Lo stregone dal cuore peloso”. Lo so, verrò scomunicata…

      1. Ammetto la mia ignoranza… non le conosco, quindi, mancando “il corpo del reato” (lo so non è la giusta definizione) ti salvi dalla mia scomunica 🙂

        1. Raffaella

          grazie per la liberazione dalla scomunica: sono le fiabe scritte dalla Rowling, autrice non troppo amata dalle gerarchie ecclesiastiche ma a me tanto cara. La chiesa è corsa a “scomunicarla” ma non sanno che oggi gli adolescenti leggono Twilight, quello sì… Grazie mille per i tuoi commenti, sei un dei più simpatici ed equilibrati su questo blog.

    2. Pietro77

      “I miei figli detestano gli animatori SOPRATTUTTO quelli della Parrocchia”
      anche i miei! è verissimo e mi dispiace dirlo perché spesso si tratta di ragazzi che impiegano e sacrificano il loro tempo libero per i ragazzini più piccoli ma se porto i miei figli in parrocchia non è per farli divertire, non sono fessi e lo sanno che altrove si divertirebbero di più. Bisogna cambiare approccio, linguaggio e intenti NELLE parrocchie.

      1. Raffaella

        E’ vero, bisogna cambiare NELLE Parrocchie. Verissimo (una delle mie figlie è animatrice, so bene che sono generosi e bravi ragazzi) il punto torna sempre quello centrale: siamo noi della nostra generazione di adulti che dobbiamo prenderci la gatta da pelare ovvero capire che siamo responsabili e non basta che ci lamentiamo (io come donna sono in prima fila in genere nella lagna, me ne rendo conto e queste cose le dico a me stessa per prima)

  25. @Raffaella

    “direi che privare i nostri figli di questa esperienza (la noia), come evitare che si avvicinino alla paura della morte, alle delusioni di non essere i primi e nemmeno i secondi, alla mortificazione di dovere riconoscere un errore, li renderà forse più lucidi intellettualmente ma terribilmente fragili emotivamente e affettivamente e questo…ecc.”

    Non ho nulla da obbiettare alla tua affermazione, né solo come padre “laico”, nè come padre “credente” (volendo proprio disgiungere le cose tanto per capirsi)

    Non mi pare che in questo articolo si affermi il contrario, direi solo il punto focale sia un altro (sempre se ho ben interpretato) 🙂

    1. Raffaella

      infatti, non volevo essere in disaccordo, volevo sottilineare quanto fosse vero che: “Genitori senza regole e senza comandamenti, poi, producono figli ingovernabili. Deve essere per questo che ha preso così tanto piede l’insana, folle, inspiegabile, assurda piaga degli animatori delle feste per bambini.” partendo da una esperienza concreta. E sono perfettamente daccordo che in questo articolo c’è molto di più: c’è il richiamo a noi adulti a diventare padri e madri dopo essere stati trasformati dalla natura in genitori, c’è la preoccupazione perfettamente legittima (e chi ha filgi 17-19enni lo sa bene) che i disastri nell’identità di genere, nel non saper riconoscere il proprio posto nel mondo (sono un figlio o sono chiamato ad essere giudice, genitore, amico dei miei genitori) si seminano alle elementari. Qui mi fermo, considerando seriamente l’ipotesi di aprire un blog per genitori che mettano in connessione cuore e cervello: qui mi sembra che siamo tantissimi ma fuori, all’uscita di scuola, mi sento un po’ sola.

      1. A volte ci ritroviamo soli (all’uscita da scuola o altrove) perché non troviamo il coraggio di esporci per primi… o no?

        1. Raffaella

          Vero! A volte anche perchè ci siamo esposti e ci hanno impallinati… ma non demordo. Quest’anno qui a Pisa è nato un gruppo di genitori (per ora siamo solo una dozzina) e ci siamo chiamati “Per non perdere la bussola” dal titolo di un incontro cittadino che abbiamo organizzato in primavera. Siamo riusciti a tirare dentro anche qualche (pochi) insegnante, la Società della Salute e un paio di assessori trasversali. Non è che tutti gli altri genitori ci amino ma le cose belle vanno dette, mica possiamo sempre lamentarci. Grazie per avere la capacità di tirare la volata al positivo della vita: tipicamente maschile.

  26. Mi piace quando parli dei bambini e della loro intelligenza.
    Sabato, durante l’attività scout (faccio l’educatrice, non l’animatrice), ho avuto a che fare con bambini di 6 anni non capaci di infilarsi le scarpe. E non parlo di allacciarle, parlo proprio di infilarle. Bambini intelligentissimi, cui nessuno lascia spazio e tempo nemmeno per esercitarsi ad infilarsi le scarpe, figuriamoci per creare giochi che li sottrarrebbero al controllo, quanto mai passivo, degli adulti (quale genitore si siede per terra per giocare con le costruzioni? Quale mamma sottrae tempo alla manicure per inventare un esilarante gioco di ruolo? quale babbo costruisce archi e frecce con i ramoscelli della pineta dietro casa?). Però ne conosco un po’ di genitori così, e ti dico che i loro figli sono dei miracoli in mezzo all’ordinarietà del nostro mondo.

  27. Sono d’accordo anche io su quasi tutto il post. Ma a differenza del signor Tommaso, che viene da una famiglia allargata, io vengo da una famiglia stretta come una tenaglia e su questo vorrei invitarvi a riflettere.
    Premesso che concordo su tutta la linea sulle questioni più strettamente educative, non capisco cosa c’entri il riferimento ai modelli di famiglia. Una famiglia allargata potrà anche far male ai bambini, ma – credetemi – una famiglia fatta male fa altrettanto.
    Non è per generalizzare il mio caso, ma ne conosco tanti per poter dire una mezza verità.
    Vengo da una famiglia tutt’ora salda, ma fondata sul ricatto morale, sulla violenza (eh sì, della parte maschile su quella femminile) sullo sfogo più brutale della depressione paterna sul resto della famiglia, il tutto sotto il manto della massima normalità.
    Ebbene, anche nel mio cuore da piccola albergavano profondi desideri di morte. Oggi non è più così, anche grazie alla fede, ma le ferite di quel tempo sono profondissime, a volte soffocanti. Nonostante ciò, anzi per grazia, io credo fermamente nella famiglia, e nel modello “base”. Non mi permetto però di bollare i sentimenti delle altre persone e di giudicarli in maniera superficiale.
    Come nel mio caso, sono le persone che fanno le famiglie e non le famiglie che fanno le persone. E meno male, altrimenti ci avvilupperemmo in una spirale deterministica, senza spiragli di bene.
    Far rinascere il matrimonio, diceva qualcuno più su, magari sì. Ma se non accade, e se i coniugi non si pongono manco il problema di veder rinascere il matrimonio (come nel caso dei miei genitori, perchè quella per loro è l’unica normalità)? che si fa? si candida la gente al martirio? io penso che questa cose le si dica solo guardando le storie dall’esterno. La realtà può essere ben più cruda.
    Insomma meglio leggere poco i giornali e guardare di più le famiglie in carne ed ossa. Non è che quelli che si separano sono tutti seguaci del pensiero debole. Sono persone in carne ed ossa con problemi concreti. Non è detto che mettano al mondo figli squinternati, almeno non più di quanto non facciano le famiglie solide.

    1. Giusi

      Hannover, non penso che in questo blog tutti quelli che scrivono abbiano avuto la famiglia del Mulino Bianco e abbiano letto solo i giornali senza avere mai vissuto e senza essersi mai guardati attorno. Anch’io ho avuto i miei traumi (se più o meno gravi dei tuoi non lo so), ho amici e amiche atei, separati, divorziati e anche amici sposati con figli e belle famiglie. Non mi pare che qui qualcuno abbia giudicato le persone. Per quello che ho visto intorno a me, devo dire sinceramente che i figli li ho sempre visti soffrire quando i genitori si sono separati, certo che poi possono riuscire bene nella vita ci mancherebbe, dipende da tante cose, anche da come i genitori hanno gestito la separazione, dal carattere etc. ma che sia un dolore per tutti su questo non ci piove. Ma d’altro canto se i tuoi si fossero separati questo avrebbe tolto qualcosa alla tua sofferenza? Non mi pare sia quello il problema. Tuo padre resta sempre tuo padre, non so parli di depressione (che è una malattia), è un dolore che non dipende dal fatto che i tuoi non si sono separati, l’avresti avuto comunque, forse anche peggiore chi lo sa. Non esiste mica la formuletta del matrimonio felice e alcune volte separarsi è un modo per sopravvivere (ad es. una persona di mia conoscenza è dovuta scappare dal coniuge alcolista, dopo averle tentate tutte, ma proprio tutte, perchè ne andava della sua incolumità).

    2. @hannover1906 forse non solo io, ma certamente io ho scritto più sopra “vedrai rinascere il matrimonio”.

      Io ne ho visti tanti di matrimoni ricostruiti dalle loro macerie e li ho visti perché sto in mezzo alle persone e non perché leggo molti giornali 🙂

      Se i tuoi genitori non si pongono il problema evidentemente per loro il problema non esiste. Come tu dici, è la loro normalità… nessuno li condanna a nessun tipo di “martirio” (questo passaggio cmq non mi è chiaro).

      Sono contento che nonostante quello che racconti, tu credi fermamente nella famiglia, per Grazia come dici e spero il signore ti conceda la Grazia di riconciliarti con la tua storia rispetto i tuoi genitori e con tuo padre in particolare.

      Anche questo lo visto spesso accadere e non l’ho solo letto da qualche parte…

      1. Cerco di dare una risposta più precisa rispetto al mio post di lunedì. L’avevo fatto già ieri ma alla fine ho perso la schermata 🙁
        Dunque, dicevo, non capisco la sovrapposizione nell’articolo delle questioni educative alle considerazioni sulla natura delle famiglie. Estrapolo queste due frasi

        “Non gli togliere, almeno il diritto, di odiarti”

        “Un’amica mi ha detto che ha conosciuto una neuropsichiatra infantile chiamata sempre più spesso dalle maestre a cui i bambini dicono “voglio morire”. E il problema, dice lei, sono sempre più spesso le famiglie allargate, questi ogm descritti dalla tv, dal cinema, da tutti come situazioni allegre e piene di simpatiche novità. Come se non sapessero che invece vanno a toccare quanto ogni bambino ha di più sacro, gli archetipi più profondi, quello che un giorno contribuirà a determinarne l’identità in modo incancellabile.”

        Leggo tutti i giorni questo blog ma non intervengo mai. Quello che mi ha spinta a scrivere è la seconda frase riportata. L’ho sentita come una vera e propria coltellata che mi ha ricordato non la mia infanzia ma tutto il mio vissuto fino ad oggi (ho 32 anni). Anche io da bambina avevo profondi desideri di morte, pensiero che a mio parere i bambini non dovrebbero nemmeno sfiorare.
        Ma per fortuna il Signore non si dimentica dei figli più malconci e prima o poi li mette sulla strada della salvezza. Quanto a me, un giorno del mese di luglio dell’anno 2000, mi ha messa sulla strada di Assisi e lì tutto è cambiato. Certo, il cammino è stato lungo e tortuoso e non credo nemmeno sia finito. Quel desiderio di distruzione, in altre forme, torna quanto meno te l’aspetti e in mille e subdole forme.

        Negli anni il mio direttore spirituale mi ha sempre detto di… perdonare. Io francamente non capivo cosa volesse dire e mi innervosivo anche un po’. Il perdono, per me, non era parola pronunciabile all’interno della mia famiglia.
        A distanza di anni – per motivi e in modi che non sto qui a raccontare perchè non è il caso – il sentimento del perdono ha iniziato a prendere forma dentro di me, o quanto meno ho capito cosa voglia dire.

        Bene, io che ho fracassato l’anima di un santo sacerdote col mio rimuginare sul male ricevuto e col rifiuto del perdono (ed è tutto ancora da dimostrare se ho davvero fatto pace con la mia storia o meno) non direi mai, nemmeno per scherzo, “Non gli togliere, almeno il diritto, di odiarti”.

        Io non dico che lei, Bariom, parla dei casi familiari solo a partire dai giornali, dico che io sento parlare – dentro la Chiesa ma anche fuori – del disagio giovanile SOLO in relazione alle famiglie allargate e/o a quelle permissive, come se le famiglie versione “basic” non lasciassero in eredità ai figli gli stessi identici problemi “che vanno a toccare quanto ogni bambino ha di più sacro, gli archetipi più profondi, quello che un giorno contribuirà a determinarne l’identità in modo incancellabile”.

        Anche quando si hanno un padre e una madre di sesso opposto e uniti solidamente in matrimonio, per altro anche senza vizi di sorta (vite allegre e cose del genere), il Male è Male, credetemi.

        Io non dico che i miei avrebbero dovuto separarsi nè che le coppie in difficoltà debbano farlo. Non è certo una soluzione del problema, non elimina la sofferenza e non muta in bene gli archetipi. So solo che da bambina, da adolescente e anche oggi che sono sposata, io volevo… solo due genitori, qualcuno di cui fidarmi e che non mi lasciasse in balia del mio desiderio di morte.

        E’ facile identificare il Male quando prende certe forme, magari sotto i riflettori per motivi di attualità, le separazioni, le unioni omosessuali, la vita frivola. Più difficile è ammettere che la famiglia è stata, e in troppi casi è ancora, una monade in cui nessuno ha il diritto di mettere bocca, in cui tutto è accettabile perchè è frutto di un non meglio identificato amore, senza prendersi la briga di valutare le conseguenze.

        Certo non si può sciogliere di imperio una famiglia. Ma almeno si possono stigmatizzare certi modelli di famiglia, di oggi ma anche di ieri, senza cedere alla tentazione di cullarsi nell’idea che le famiglie allargate siano l’incarnazione del Male, mentre le altre sono solo dispensatrici di mali passeggeri, come una tirata di orecchie che il bambino da adulto ricorderà quasi con nostalgia.

        1. hannover1906
          finalmente parole di buon senso!
          vorrei, però, aggiungere, che il desiderio di morte nei bambini succede anche nelle famiglie, cosiddette, felici,
          nessuno lo sa spiegare perché.

        2. @hannover1906 una risposta “al volo” (magari più diffusa se avrò il tempo…)

          Non ho mai pensato che il Male come tu lo definisci (mi sento di darti del tu e gradirei facessi altrettanto) si annidi SOLO nelle famiglie NON credenti o allargate o scompagnate o come sia.
          Se qualcosa che ho scritto lo ha dato ad intendere, rettifico volentieri.

          Ripeto, tempo permettendo, tornerei sull’argomento 😉

          1. anche io rettifico se ho dato l’idea di “avercela” con te, è la struttura delle risposte del forum che mi porta a rispondere ad un singolo post, altrimenti la discussione si perde in mille rivoli. In realtà mi riferisco a più o meno tutto quel che leggo e sento in giro.
            E comunque piacere di conoscerti!

  28. Chiara

    E’ proprio vero che dai bambini si pretende davvero troppo! Il nostro parroco ha raccontato di aver ricevuto la confessione di un bambino di 9 anni “colpevole” di aver dato dello str**** al papà. Il motivo? Lo obbligava a chiamare “mamma” la sua nuova compagna. Se questa non è violenza….

  29. Antonietta

    Uno dei momenti della mia vita di mamma di cui vado meno fiera é quella volta in cui, dopo lunghe insistenze e accordi con una amica di classe che festeggiava lo stesso giorno, ho consentito a mio figlio di festeggiare il compleanno al Mac Donald’s. Non che mi aspettassi grandi cose ma me ne sono stata qualche giorno triste per avere permesso che due inanimati animatori somministrassero pseudo-giochi e pseudo- torta con un entusiasmo che neanche una lepre all’apertura della caccia ( cit.). Prima e dopo quel compleanno solo feste homemade a seconda del sesso e dell’età, tanta allegria, poca spesa e molta resa. Anche molto lavoro per mamma e papà, ma meglio sgobbare ed esserci. Questo rimarrà per sempre nella vita dei nostri figli.

  30. Chiara Segalla

    qui nll’ex meraviglioso nord est ci sono i compleannifici, ormai i lanifici sono vuoti e sfitti…..qualcuno fa questo business…..ma l’animatore, quello no…lasciamolo agli americani…..

    alla fine è più bello far ricordare ai figli la data della loro nascita in CRISTO

    il BATTESIMO

  31. Alessandro

    Altro che psicologi cattolici, qui ci vogliono insegnanti cattolici. Non tutti bambini hanno a che fare con lo psicologo, ma tutti vanno a scuola…

    Al Sinodo, il rettore della Lateranense monsignor Enrico dal Covolo ha detto che anche le scuole cattoliche «sono sempre più sottomesse al controllo diretto degli Stati». «I contenuti dell’insegnamento – ha rilevato il vescovo salesiano – sono imposti dallo Stato non solamente attraverso i cosiddetti programmi, ma pure per mezzo dei libri di testo».

    Secondo monsignor dal Covolo, «in questo procedimento, la visione culturale aperta alla fede cristiana viene sistematicamente indebolita, a vantaggio di prospettive cosiddette interreligiose o interculturali». «Di fatto, in questo modo – lamenta il rettore dell’Università del Papa – viene insinuata nella mente dei giovani una visione culturale ben lontana dalla fede cristiana, o addirittura esplicitamente contraria ad essa».

    Per monsignor dal Covolo, «il cavallo di Troia, attraverso il quale gli Stati si appropriano delle intelligenze degli studenti, è la formazione dei docenti che in molti Paesi i docenti sono formati unicamente nelle Università statali, e comunque chi vuole insegnare deve possedere l’abilitazione statale conseguita secondo il percorso formativo stabilito dagli Stati e con esami di Stato».

    «La progressiva scristianizzazione dell’Occidente – ha concluso il vescovo – è avvenuta così, attraverso la scristianizzazione delle scuole e delle università, ed ora, una Nuova Evangelizzazione non può che avvenire nel riconoscimento delle persone, della loro coscienza, dei loro diritti: se gli Stati, come spesso hanno fatto e continuano a fare, si appropriano del progetto personale di apprendimento, tolgono alle persone la libertà di realizzarsi, privandole di un diritto originario e costitutivo», la comunità ecclesiale può reagire impegnandosi a «curare con urgenza e priorità il buon funzionamento delle scuole e delle università in genere, ma in modo tutto particolare di quelle cattoliche».

    1. Alessandro:
      ….e cosa bisognerebbe insegnare nelle scuole italiane, che Cristo è risorto, che il Papa lo sostituisce in terra, che
      c’è i miracoli, che Galileo era grullo, che la rivoluzione francese è stata una sciagura per l’umanità, che c’è stata la creazione, che l’uomo non è una scimmia, che la famiglia deve stare chiusa in casa a pregare?

      1. Giusi

        E invece adesso cosa gli insegnano? Quali valori gli trasmettono? Dal fatto che Cristo è risorto non può che derivare un gran bene per tutti, se si mettesse in pratica quello che dice il Papa il mondo sarebbe un Paradiso, i miracoli esistono anche se nessuno è più restio della Chiesa a riconoscerli, su Galileo la questione è molto complessa (non si può certo esaurire in due parole) ma sappi che la Chiesa non l’ha mai considerato un grullo, è stato sempre cattolico e non ha mai neanche detto: eppur si muove, la rivoluzione francese (confermo) è stata una sciagura per l’umanità, ne paghiamo ancora le conseguenze, l’evoluzione viene ormai negata dagli stessi scienziati e la famiglia, tranquillo, può anche pregare in un prato.

        1. ….allora dovrebbero dire (i professori): le cose stavano andando benino e sarebbero, comunque, migliorate le condizioni spaventose di vita e di servitù dei contadini francesi e europei, quand’ecco a dei senzadio e senza principii gli venne in mente di fare la rivoluzione?

            1. …ho, ovviamente, molto semplificato, ma che le condizioni di vita sotto i nobili e i preti fossero SPAVENTOSE credo che nessuno lo possa contestare. Sì, la borghesia, gli illuministi, tante sarebbero le cose da dire, ma senza la Rivoluzione chi ce li schiodava di lì il primo e il secondo stato?

              1. Giusi

                Potrei replicare ma non lo faccio non per scortesia nei tuoi confronti ma perchè se comincio questa discussione non la finisco più, mi ci vuole troppo tempo. Poi non è nemmeno l’argomento del post e forse non è corretto nei confronti di chi ci ospita. Buona Notte

              2. Lei crede ancora che il terzo stato fosse composto di contadini con gli zoccoli e operai con la carmagnola? Erano tutti in parrucca incipriata e scarpini di vernice, e la rivoluzione l’hanno fatta insieme al duca d’Orléans (poi ribattezzato Philippe-Egalité), al vescovo d’Autun (dei duchi di Talleyrand-Périgord) e a tanti altri nobili laici ed ecclesiastici che si divertivano a giocare col fuoco. Provi a leggere “Cittadini” di Simon Schama, invece del solito Michelet 😉

                1. giuly

                  Viviana: sei il mio guru storico! anche io ho letto Cittadini di Shama molti anni fa…. mi si è aperta una visione nuova e molto scomoda della tanto declamata Rivoluzione….

                  1. Embrassons-nous 😀 Se il francese non ti è ostico, consiglio vivamente anche “Marie Antoinette l’insoumise” di Simone Bertière. Per sgonfiare miti e ristabilre verità storiche sepolte sotto piramidi di luoghi comuni è una fuoriclasse.

                    1. Riconosco che esiste la idealizzazione e la mitizzazione e anche la falsificazione storica,
                      Conosco abbastanza bene (o no, io no?) la storia per non sapere come stavano e come andarono le cose
                      (almeno per tutto quello che se ne sa).
                      Ma da qui al revisionismo sanfedista ce ne corre!!!

                    2. Dare del revisionista a una storica è come dare del cornuto a un toro: è nella natura della bestia. Mi considero altamente onorata, e dal primo e dal secondo appellativo 😀

  32. …e poi, invece, io direi, più che altro, importante, insegnanti meno ignoranti, in assoluto!!!
    Anche fossero, magari, preti, di qualsiasi dottrina, ma meno ignoranti, almeno!!!

        1. Giusi

          Nel senso che tanti sono ignoranti ma non tutti. Lo so che non sei Schettino ma volevo ricordarti che esistono i naufragi….. ma magari ti salvi….

    1. Oh Alvise, hai già abbassato il tiro? Anche preti insegnanti?

      Ma insegneranno che Cristo è risorto, che il Papa lo sostituisce in terra, che
      c’è i miracoli, che Galileo era grullo, che la rivoluzione francese è stata una sciagura per l’umanità, che c’è stata la creazione, che l’uomo non è una scimmia, che la famiglia deve stare chiusa in casa a pregare!!

      Non è da te…

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  34. Gli animatori oratoriali sono l’espressione più chiara e triste di un cattolicesimo turistico e sociale, non devozionale, quello stesso cattolicesimo che alle processioni preferisce le fiaccolate (senza sapere che le prime hanno un effetto reale, le seconde invece solo uno simbolico), all’organo sostituisce le chitarre (dopo 7 anni di pontificato di B-XVI ancora se ne odono in giro) e alla sana dottrina il consommè sentimentalistico e sociologico di una pseudo-filosofia un po’ moralistica e un po’ permissiva, la cui soglia di “spirituale” si attesta ai romanzi di Dacia Maraini o ai libri di Vito Mancuso. Alla fin fine tutto si riconduce alla terrificante profezia di Gomez Davila, confermata dalla nostra storia recente: “I cattocomunisti stanno convertendo il cristianesimo in un agnosticismo umanitario con vocabolario cristiano”. Lo stesso cattocomunismo, che fino a 50 anni fa rimaneva in odore di eresia ed era guardato storto dai veri cattolici (parroci inclusi), è diventato oggi un’opzione dottrinale fra le tante nell’ampio recinto della Chiesa, tant’è vero che non lo si chiama più nemmeno col suo nome ma si suole far riferimento a un vago “cattolicesimo progressista”, in opposizione alla linea tradizionalista, come se tutto sommato fossero tutte opinioni legittime. Dopotutto ci sono due modi per distruggere la Chiesa, o attaccarla frontalmente oppure minarla dall’interno, liquidandone gli usi e i costumi e smantellandone la dottrina e la liturgia, buttate a mare come zavorre o anticaglie. Alla fine è sempre Gomez Davila a definire la verità: “La vera religione è monastica, ascetica, autoritaria, gerarchica”.

    1. Mio Dio spero non sia sempre e “solo” lui a definire la verità… 😐

      A parte questo, mi sfugge questo continuo scagliarsi da più parti contro le “povere” chitarre…
      Che un santa Messa non debba essere un concerto rock, pop, o bit siamo tutti (credo) d’accordo, ma la chitarra, chitarra classica per dippiù, che male ci ha fatto? Se ben suonata è un ottimo accompagnamento di melodie sante e/o gioiose.

      Solo organi a canne? E dove non ve ne siano? E in terra d’Africa dove suonano bonghi e strumenti indigeni per cantare Lodi a Dio?

      Che ne facciamo dei timpani e dei sistri di ebraica memoria?

      Che l’orecchio di Dio sia così suscettibile all’accordo di qualsivoglia strumento piuttosto che di ciò che ci canta in cuore? …ma forse sono solo in nostri orecchi troppo sensibili (o suscettibili :-))

      1. Tranquillo Bariom, Gomez Davila non è l’unico genio su cui ha soffiato lo Spirito Santo, ma sicuramente è uno dei più eloquenti.
        Per quanto riguarda gli strumenti musicali, esiste tutta una metafisica della musica che risale fino a Platone e Pitagora, e che fa grande attenzione a distinguere secondo il ritmo fra strumenti sacri e strumenti profani, oppure in termini differenti fra strumenti apollinei e strumenti dionisiaci. Il punto è che la musica sintonizza l’anima sulla frequenza favorita dallo strumento utilizzato, pertanto è foriera di ordine o di disordine a seconda di che cosa suona. Non tutti gli strumenti sono uguali!! La chitarra è uno strumento moderno e profano, infatti è utilizzato in sarabande paesane o nello spettacolo della canzonetta e non è adatto ad accompagnare il carattere mistico della liturgia cattolica. Su questo hanno ragione i lefebvriani, ma ad esempio anche gli ortodossi, che hanno conservato la sacralità non solo della liturgia ma anche dell’atmosfera liturgica, non ne permetterebbero mai l’uso. Timpani e sistri sono strumenti antichi e hanno un loro carattere sacro, certificato dall’Antico Testamento, ma di sicuro non sono paragonabili a chitarre e chitarrelle.

        1. Caro Vento dell’Ovest, non voglio aprire una diatriba, anche perché i miei argomenti non sono assolutamente a livello dei tuoi, ma la metafisica dei suoni e della musica già mi lascia un po’ così, figuriamoci gli strumenti sacri e profani…

          I cembali e i sistri sono “certificati” dall’Antico Testamento? Si, ma che genere di suoni emettevano? Ordinati o disordinati? E se li sentissimo suonare oggi? Magari li metteremo all’indice.a co
          Che dire della “sacralità” di Davide che balla nudo davanti all’Arca? Si sa come la storia andò a finire…

          Poi sai, sacro e profano… io da profano, ho imparato che è una distinzione tipica della religiosità naturale: dentro il cerchio è sacro, fuori del cerchio è profano.

          Penso sia Cristo che ha reso “tutto Sacro”, persino i nostri miseri corpi, non era Lui che mangiava con pubblicani e peccatori, i cui discepoli mangiavano senza aver fatto prima le sacre abluzioni?
          Mi dirai centra poco, qui parliamo della Liturgia.. si può darsi.

          Non lo so… Tutto con giusta misura e ben “orchestrato”, ma se devo pensare che c’è un strumento “profano” che non può elevare le sue note a Dio per il fatto di esserlo – profano intendo, allora neppure io potrei (a volte, spesso, sempre, non mi importa) entrare in chiesa o cantare con il coro. Se un peccatore può elevare un canto a Dio, non può farlo una semplice (senza colpa per di più) “chitarrella”?

          1. Allora, mettiamola più semplice, tu in chiesa puoi suonare (e sentir suonare) quel che ti pare, non sarai certo fulminato dal Cielo (d’altro canto nemmeno i peccatori lo sono), ma non tutto “và” nella liturgia, come non tutti i vestiti vanno su una donna grassa, non tutti i fiori vanno in una bouquet nuziale, non tutte le scarpe vanno su un calciatore di serie A. E’ (anche, ma non solo) una questione di gusto. Tu usciresti mai di casa vestito da donna? Certamente no, eppure i travestiti dicono che è tanto bello…il che non vuol dire però che allora vestirsi da uomo o vestirsi da donna è la stessa cosa! Non so se è chiara l’idea. Per tutte le arti esiste un canone, anche per la musica sacra. Posso capire che parlare di metafisica della musica possa turbare un pochino, ma se non capiamo che anche la musica ha radici più lontane sia di Elvis che di Mozart allora non ha senso nemmeno parlare di “musica sacra”. La chitarra è chiaramente uno strumento profano, il che non vuol dire blasfemo, profano non è mica un’offesa, vuol solo dire che non è sacro, non è adatto a suonare “il ritmo di Dio” ma è molto più adatto a suonare il ritmo dell’uomo, della festa paesana, della canzonetta popolare. E’ l’esperienza stessa che lo dice. Proveresti mai a suonare una chitarra elettrica in una Messa in latino? E’ chiaro poi che se uno ama Dio può innalzare inni con qualsiasi strumento, ma -ripeto- non tutti gli strumenti hanno la stessa eloquenza ritmica e musicale, così come non tutte le voci hanno lo stesso timbro: i tenori arrivano a un picco a cui i baritoni e i contralti non arrivano, ma non è un minus ma solo una varietà di natura. PS. Quello che nella liturgia dico per la musica, vale anche per la lingua: si può dire Messa in qualsiasi lingua, ma nessuna lingua è divina e appropriata quanto il latino, nel quale la Chiesa (non a caso) ha pregato per quasi 2000 anni.

            1. Ecco mettiamola più semplice altrimenti non ci arrivo :-)…

              I tuoi esempi, paragoni, metafore, sono stringenti ma non calzanti, anzi stanno lì a dimostrare come tu consideri quasi aberrante ciò che definisci “profano” (e io non ho mai detto di inserire chitarre elettriche in una Messa in latino).
              Chi stabilisce qual’è “il ritmo di Dio”?

              Se nessuna lingua è divina e appropriata quanto il latino, ne consegue che risultano liturgie di serie A o di serie B (e non mi risulta).

              La Chiesa ha pregato per quasi 2000 anni il latino per motivi storici (certo la storia è guidata da Dio), ma poteva essere l’aramaico.

              Mi dispiace ma io non sono convinto, come sono in molti, che la Messa in latino salverà la Liturgia e il mondo. Io non ho nessun problema a partecipare a messe in latino, ascoltare canti gregoriani, ricevere la Comunione in ginocchio o anche su una gamba sola. Mi spiace però pensare che molti storcono il naso per una chitarra (hai detto tu che ancora se ne odono troppe…).

              La nostra Liturgia è oggi troppo spesso sciatta e triste, per la fretta, per l’approssimazione, per lettori che non proclamano, per ministranti che si agitano inutilmente sull’altare (e intendo accoliti che durante la proclamazione del Vangelo pensano sia meglio fare un corsetta in sacrestia…), per i Segni che non vengono rispettati e neppure più “spiegati” all’assemblea che cade in un analfabetismo liturgico (e a d un analfabeta puoi dare anche il latino resterà tale). L’errore, per me, è pensare che questo derivi dall’aver abbandonato la “vecchia” Liturgia, perché quella altri limiti aveva mostrato (non sto qui a citarti dotte opinioni che non siano le mie).

              Ma laddove c’è una Comunità e una Fede viva la Liturgia “brilla” (qualunque sia la lingua) e si vede.

              Poi se la Chiesa domani mi dirà: prega così o cosà, in questa lingua o solo in quest’altra, io non ho problemi. Ma oggi non è così.
              Anche la Liturgia passerà.

              1. Mi spiace ma io non concordo su nulla, invece, anche perchè posta in questi termini è solo una questione di superficialità, del tipo “qualsiasi cosa mi dica la Chiesa va bene, chissene importa delle ragioni”. Che poi la Chiesa non ha mai detto che si debbano usare le chitarre, è stata un’iniziativa parrocchiale anni ’60 purtroppo di successo. Eppure il Papa ha detto che con le deviazioni nella liturgia dopo il Concilio Vaticano II si è davvero esagerato. Anzi se c’è una cosa che questo Papa ha cercato di re-insegnare a noi cattolici -credo- è che la ragione è elemento complementare delle Fede, questa non può prescindere dall’altra, il che significa che non si può passare sopra alle cose di fede (lingua liturgica, musica sacra, architettura sacra) con la ruspa relativista del “più o meno va bene tutto”, ma invece si può e si deve interrogarsi se una cosa è davvero cattolica, perchè e in che misura. Altrimenti si rischia di finire, come è successo a molte comunità cristiane, alla mercè dei capricci del parroco di turno, o viceversa della plebe di turno, che impongono la loro religione fai-da-tè sopra alla liturgia millenaria. Ridurre ad esempio l’uso del latino a una questione politica, come farebbe un Odifreddi ignorante qualunque, è una cosa assai grave: il latino non è una lingua “politica” ma una lingua sacra, proprio come il greco e come l’ebraico, è la lingua in cui pregavano S. Pietro e S. Paolo, è la lingua di S. Gerolamo e del messale di Pio V, “riabilitata” da Benedetto XVI dopo 40 anni di oblio (non di abolizione), insomma è la lingua dei santi e dei Papi. Certo, al pari del greco e dell’ebraico, ma noi non preghiamo nè in greco nè in ebraico, preghiamo nell’italiano della CEI (con tutto il rispetto per Bagnasco &soci). Chi risponde a tutto questo “è uguale”, forse non si è accorto della crisi che da 50 anni a questa parte sta vivendo la Chiesa, senza conversioni nè vocazioni, da quando ha abbandonato (ufficialmente o ufficiosamente, a conti fatti è lo stesso) molte delle sue millenarie vestigia.

                1. lidia

                  ma certo…solo che Pietro pregava in aramaico e non si sa sapesse il altino (perché avrebbe dovuto?). Paolo scrive le epistole in greco, non in latino; a ben vedere, le uniche lingue della Scrittura sono greco, ebraico e aramaico: quaindi il caratteri “divino” del latino non c’è da nessuna parte, a mio avviso.
                  Ripeto, la liturgia in latino vale per l’universalità (tutta la Chiesa di rito romano prega in una lingua) e di sacralità, dato che è una lingua morta e non si usa in contesti “profani”. Se questa è la premessa, sono d’accordo; se la premessa è “il latino è una lingua divina”, no, mi spiace.
                  però, posso dire? Io ho studiato greco, salvo antico, ebraico e latino; molta gente no, e la liturgia in latino si ridurrebbe ad uno spettacolo incomprensibile (come è spesso in Russia).
                  Non dico aboliamo il latino, ma io credo che Dio sia molto, molto felice di sentir canyare le sue lodi in giapponese.
                  proprio un paio di settimane fa parlavo on il metropolita bielorusso Kondruszewicz, reduce dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione, e diceva che una delle cose dette dal Sinodo era quella di rendere la fede vicina alla gente – anche tramite mezzi linguistici.
                  poi, gli abusi che tu citi sono innegabili ed io per prima li condanno – sciatteria e oblio della tradizione per primi. Ma tra uso e abuso c’è un “ab-” che fa la differenza…forse dovremmo soffermarci sull’abuso, invece di criticare l’uso: io credo ceh sarebbe un approccio più proficuo….
                  ciò detto, alcune preghiere io le so solo in latino e non mi piacciono in italiano; spesso ascolto la Messa in latino e la trovo bella (semmai, trovo orribili le traduzioni della CEI – dove sta scritto che ” non sum dignus ut intres sub tectum meum” si dice “non sono degno di partecipare alla Tua mensa”?? Solo in italiano è così, e io so a memoria la liturgia in altre quattro lingue!)

                  1. Grazie Lidia del tuo contributo, che almeno non viene da un ignorante come me…

                    “…e la liturgia in latino si ridurrebbe ad uno spettacolo incomprensibile (come è spesso in Russia).”

                    Come si era ridotta la NOSTRA Liturgia, quando ormai il latino lo sapevo solo come cantilena a memoria. Questo non lo dico io – povero miscredente convertito dell’ultima ora – ma tanti sacerdoti (che conosco) e che celebravano in latino.

                    Gli Ortodossi (e qualcosa qui la so) di fatto celebrano, anzi meglio, partecipano, pregando per ore e ore, chi vuole e come vuole (e sono molto più bravi di noi in questo), difronte alle iconostasi che li alitano appunto ad avere un riferimento nella preghiera e celano ciò che avviene al di là, un po’ come avveniva nel Sancta Sanctorum degli Ebrei.

                    1. lidia

                      in teoria sì, poi spesso in Russia si dice “prostojat’ sluzhbu”, cioè “assistere in piedi alla Messa” – non tutti capiscono lo slavo ecclesiastico.
                      io, cmq, a volte vado alla Messa cattolica di rito greco-cattolico in lingua slava ecclesiastica, c’è a oma vicno S.Maria Maggiore, e devo dire che la liturgia orientale è molto più suggestiva: si sta in piedi, ci si inchina alle icone, e i misteri si celebrano come dici tu dietro l’iconostasi…però un po’ mi piace e un po’ no. Mi pare di partecipare di più alla nsotra liturgia, di capire meglio.
                      ma forse dovrei solo imparare a pregare con più spirito di abbandono orientale, come i cattolici di rito orientale o gli ortodossi….

                    2. Infatti anch’io apprezzo molto talune cose della loro Spiritualità e Liturgia.
                      Da tante cose c’è da apprendere del buono 🙂

                  2. Pietro77

                    “solo che Pietro pregava in aramaico e non si sa sapesse il altino (perché avrebbe dovuto?)”
                    forse per via delle Pentecoste? 🙂 🙂 🙂

                  3. Alessandro

                    Secondo me su latino e liturgia dice bene mons. Inos Biffi citando il suo omonimo cardinal Giacomo:

                    In particolare le “Memorie e digressioni di un italiano cardinale” si soffermano sulla costituzione liturgica “Sacrosanctum concilium”. Alla sua apparizione, ricorda il cardinale, «mi sono molto rallegrato. Tutto il più intelligente ed equilibrato movimento liturgico – che negli anni precedenti avevo seguito con passione – trovava qui la sua massima accoglienza e il suo coronamento. Di qui è partita, provvidenziale e inarrestabile, la riforma che tanto avevamo auspicato». Indubbiamente «di qui la più sconcertante insipienza ecclesiastica ha preso arbitrariamente le mosse per le sue vistose aberrazioni (…) Ma di ciò questa Costituzione è incolpevole».

                    Continuando, Giacomo Biffi mette in luce le provvide riforme intese a rendere effettivamente possibile una «pia e attiva partecipazione dei fedeli» alla celebrazione, per cui «un totale e perfetto ritorno alle forme che prima del Concilio erano normali per le celebrazioni meno solenni sarebbe in esplicito contrasto con l’insegnamento e con la volontà del Vaticano II». Il cardinale non manca poi di osservare che, se «il Concilio non aveva né voluto né previsto la totale scomparsa del latino dalle nostre celebrazioni», già nei “Praenotanda” del nuovo messale riformato «la Santa Sede era addivenuta a una concessione generale».

                    E, infatti, dopo la menzione del testo conciliare: «L’uso della lingua parlata può riuscire spesso di grande utilità per il popolo» (36), si afferma: «L’entusiasmo con cui questa decisione è stata dappertutto accolta, ha portato, sotto la guida dei vescovi e della stessa Sede apostolica, alla concessione che tutte le celebrazioni con la partecipazione di popolo si possano fare in lingua viva, per rendere più facile l’intelligenza piena del mistero celebrato» (Proemio, 12). A parere del cardinale: «Una licenza soltanto parziale, con il risultato di avere una “liturgia bilingue”, non poteva sostenersi a lungo; ed è quindi a mio parere giustificato che si sia oltrepassato il dettato conciliare».

                    … come scrive il cardinale Biffi, si deve richiamare con vigore «la disposizione a celebrare nelle domeniche e nelle feste, almeno nelle chiese cattedrali, una solenne eucaristia latina (ovviamente secondo il messale di Paolo VI)».

                    … Abbiamo letto l’illuminato pensiero del cardinale Biffi sulla non sostenibilità a lungo di una licenza soltanto parziale con il risultato di una «liturgia bilingue». E infatti l’uso sempre più ampio della lingua volgare aveva come intenzione, ed ebbe come felice traguardo, quella «partecipazione attiva dei fedeli» «ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne della Chiesa» di cui già parlava nel 1903 Pio X nel motu proprio “Tra le sollecitudini” e fu ininterrottamente richiamata dai Sommi Pontefici successivi, fino a Pio XII, che avviò le prime e decisive riforme liturgiche.”

                2. “anche perchè posta in questi termini è solo una questione di superficialità, del tipo “qualsiasi cosa mi dica la Chiesa va bene, chissene importa delle ragioni”…

                  Vabbè prendiamo anche questa accusa di superficialità… chissà com’è con chi ha tanto zelo si arriva poi alle accuse personali 🙂 su perone di cui non sai nulla (si non era personale, era nell’ottica di…, ecc ecc).

                  “Chi risponde a tutto questo “è uguale”, forse non si è accorto della crisi che da 50 anni a questa parte sta vivendo la Chiesa, senza conversioni nè vocazioni, da quando ha abbandonato (ufficialmente o ufficiosamente, a conti fatti è lo stesso) molte delle sue millenarie vestigia.”

                  Altra conclusione gratuita e fuori luogo… cmq se ti può consolare me ne sono accorto, ci sto in mezzo e “ci lavoro su”, dal mio piccolo, insignificante e superficiale punto di vista, che ovviamente non è il tuo.

                  A stultus salutat te

                  1. L’intervento qui sopra (giusto per ricollegare il collegabile) è rivolto a Vento dell’Ovest, ed il “fuori luogo” dell’ultima frase citata non sta ovviamente all’argomento (del tutto IN luogo) ma nella sottesa e ribadita accusa di superficialità a chi “non si è accorto che…”
                    Se la crisi poi parte da 50 anni addietro, si è portati a pensare che i Documenti del CV II a nulla siano serviti, se non peggio, di questa crisi siano stati fautori.

                    1. Il “chi non si è accorto che” non era, ovviamente, un’accusa di ignoranza, ma una formula retorica, visto che nessuno può non essersi accorto della crisi di cui parlavo. Dopotutto non sono stato io a dire che “col Vaticano II ci aspettavamo la primavera e invece è venuto l’inverno” (Paolo VI). Col che non si vuole accusare i documenti del Concilio in sè, ma chi li ha maldestramente applicati, magari con intenti opposti a quelli dei padri conciliari. Ad esempio, non so voi ma io non vedo realizzata quella “partecipazione attiva dei fedeli” alla Messa di cui ha parlato qualcuno. Io vedo piuttosto delle chiese semivuote (non tutte, s’intende), o mezze-piene di gente sbadigliante, col cellulare che squilla (roba che a teatro se ne guarderebbero bene, in chiesa invece chissenefrega) e che magari nemmeno s’inginocchia alla consacrazione. Per carità, lungi da me giudicare, io sono l’ultimo dei peccatori e poi i tiepidi sono sempre esistiti, ma di certo un’atmosfera liturgica poco mistica e molto assembleare non aiuta di certo a infiammare i cuori dei fedeli, il mio incluso. Che poi l’uso delle lingue nazionali in luogo del latino favorisca la comprensione del popolo, questo nessuno lo mette in dubbio, il suo converso è che spezza la comunione linguistica della Chiesa militante (comunione nello spazio) e della Chiesa trionfante (comunione nel tempo), comunione linguistica che è alla base della stessa Tradizione. Senza contare tutte le ambiguità, gli equivoci e persino gli errori veri e propri che la traduzione nella varie lingue della Scrittura e dei Messali ha comportato. Ora finchè traduciamo sbagliato Cicerone, il peggio che può capitarci è essere un po’ ignoranti, ma se traduciamo sbagliata la Scrittura o il Messale liturgico quello che ci capita è fraintendere la verità, prendendo lucciole per lanterne e agendo di conseguenza. Ormai si sa che il protestantesimo è nato per un’ambigua e quindi erronea traduzione in tedesco di un passo di S. Paolo da parte di Lutero. La lingua, come la musica e come l’architettura, sono cose serie.

            2. lidia

              mah, non so….si potrebbe dire lo stesso del greco, dell’ebraico; Papa Giovanni Paolo II ha elevato al rango di co-patroni d+Europa Cirillo e metodio, che hanno tradotto le Scritture e la liturgia in antico slavo (tuttora la lingua liturgia della Chiesa ortodossa russa); le Chiese (cattoliche) di rito maronita usano l’arabo; quelle copte il copto etc. Io amo molto la liturgia tridentina e il latino, ma dire lingua divina mi fa un po’ ridere (perdonami ma sono linguista) – il latino è stato scelto non perché la lingua abbia qualcosa di “divino”, ma perché è la lingua di Roma, centro politico di allora e centro di diffusione del cristianesimo. Se fossimo rimasti a Gersusalemme, chissà forse parleremmo della lingua “divina” ebraica o aramaica (tra l’altro sto studiando ebraico biblico e davvero è bellissimo – mi emoziona pensare che Gesù leggesse la Torah come la leggo io).
              L’unico pregio del latino è che è internazionale e risparmia alcune traduzioni dubbie della liturgia, ergo, è appropriata in quanto sicura; e in quanto lingua morta ha un certo carattere sacrale, questo sì; ma sinceramente non lo vedo più divino dello swahili, del greco o del giapponese, ecco.

  35. E’ un argomento delicatissimo che ciascuno affronta come può, impossibile chiedere ai genitori di essere perfetti, dovrebbero prima essere individui perfetti… Penso che anche la genitorialità si impari strada facendo e ciò implica una serie di errori inevitabili. D’altra parte, come ogni persona non può essere perfetta, non c’è genitore che non abbia, involontariamente, fatto soffrire i propri figli. E’ comunque bello vedere persone che si interrogano e si migliorano, faticando, giorno per giorno, anche nel percorso di genitori. Grazie, continuo a leggerti! Alessandra

  36. Mi metto in coda solo per esprimere un apprezzamento. Non ho bambini, ma mi trovo d’accordo con la premessa e la conclusione del suo articolo. Sarebbe una vera perdita credere i bambini incapaci di superare piccole frustazioni e sarebbe ancora più pericoloso se questo avvenisse perchè noi non sopportiamo di vederli attraversare queste realtà. I bambini, per quello che posso conoscerli, diciamo da zia, hanno molte risorse da mettere in atto e vanno aiutati a farle emergere. Interessante articolo, grazie!

    1. La chiusa dell’articolo citato da Maria è brillantemente in sintonia col tema del post
      «Gran parte della libertà moderna è, alle radici, paura. Non è tanto che noi siamo troppo audaci per sopportare le regole, è che siamo troppo paurosi per sopportare le responsabilità. Mi riferisco alla responsabilità di affermare la verità della nostra tradizione umana e di tramandarla con la voce dell’autorità, una voce insopprimibile. Questa è la sola ed eterna educazione: essere così sicuri che qualcosa è vero da avere il coraggio di dirlo a un bambino»
      (G.K. Chesterton – who else?).

  37. a proposito di revisionismo:
    Sì, sul toro con le corna, giusto, ma io avevo parlato di “revisionismo sanfedista” vale a dire l’opposto, come qualunque altro revisionismo di parte, del lavoro storico SERIO !

    1. …e poi, quale sarebbe la verità sulla rivoluzione francese, che fu efferata? che fu un bagno di sangue?
      che non fu quello che fu? che cosa fu allora? un complotto massonico? una macchinazione contro la chiesa?
      un arretramento di fronte alla situazione di pace e di bene (sic!)che c’era in Europa da secoli?

        1. FFT (fortemente fuori tema 😉 ) Una volta avrei tirato fuori gli Svevi ma oggi nutro gravi dubbi anche sullo Stupor Mundi…Se vuole continuare con questa topica, meglio per posta privata, anche la pazienza di Admin avrà un limite 🙂

  38. vale

    @Alvise
    capisco che uno abbia le sue idee in merito alla rivoluzione francese,ma:
    a meno di non voler cadere nel ridicolo:che fu un bagno di sangue, in special modo per chi non la pensava come quelli (che poi avrebbero fatto la stessa fine di coloro che massacrarono) è un dato di fatto.( vedere,per es. Vandea e le colonne di massacratori che batterono la zona) figlio diretto della rivoluzione fu Napoleone.e non mi si dica, che per quanto “geniale”,le sue guerre non furono che delle carneficine a fin di saccheggio.
    che la massoneria ebbe parte , e gran parte, nel fomentare se non dirigere, molte delle “rivoluzioni” dell”800, oramai nessun storico serio si azzarderebbe a negarlo( inclusa la caduta dell’impero austro ungarico- e basterebbe rileggersi Fejto(con la dieresi sulla o finale)-per esempio.
    che l’obiettivo di quasi tutti i rivoluziionarii di quel periodo, ed anche di inizii ‘900 fosse, in buona parte,l’abbattere la chiesa e le sue strutture, idem. tra l’altro c’è una mole tale di testi, lettere, e libelli dove si dice esplicitamente questo. e da parte di protagonisti delle varie rivoluzioni e risorgimenti sparsi per l’europa fino alla guerra civile spagnola.
    per cui , se vuoi far retorica usa argomenti-che non dovrebbero mancarti- un po’ più serii. non queste banalità da sezione di partito, o da “intellò engagée” radical chic.

    1. …ma io non sostengo mica che la rivoluzione francese fu la vittoria del bene sul male o che non ci insieme l’odio per la chiesa e il tentativo di eradicarla e nemmeno che questo non ci fu nell’ottocento e dopo, ma non mi riesce di capire che cosa voi gli contestate a queste realtà, appunto, storiche. Che furono fuori della storia? Che non fu storia vera?Che fu diretta da altri che non consentirono alla storia vera di svolgersi come invece si sarebbe svolta senza modificazioni “esterne”e efferatezze? Ma io, abbi pazienza, le conosco le vicende e atrocità della storia, macchinazioni “antistoriche” incluse! ma non fanno tutte queste cose parte della storia che è stata? E come avrebbe dovuto essere invece? L’Europa raggomitolata in se stessa fino alla fine dei secoli, che tanto avrebbe pensato a tutto la provvidenza? Va bene fare chiarezza nella storia , ma si può mica abolirla o espungerla perché ci fu coinvolta anche la bestialità umana e la scaltrezza delle sette, tutte quelle che volete!

      1. Alessandro

        Certo che la rivoluzione francese fu “storia vera”. Nessuno vuole far finta che non sia esistita. Ma sarà lecito condannare gli ammazzamenti e i bagni di sangue, o no? Oppure non si possono condannare perché tanto ormai sono accaduti, e cosa fatta capo ha? Allora alla stessa stregua è inutile deplorare il gesto di un omicida, tanto ormai il gesto è compiuto, factum infectum fieri nequit…

        1. Certo che possiamo deplorare i bagni di sangue, (e quanti ce n’è stati!) ma non solo è esistito quelli nella storia, ma anche le sopraffazioni, le ingiustizie, la servitù, la miseria, la fame eccetra (nonché le sette, quelle buone e quelle cattive)

    1. Alessandro

      cercando di raccontare quel che è avvenuto veramente. Quindi non usando i libri di scuola, che mediamente raccontano altro…

          1. E anche un bagno di sangue stupido. Per esempio c’è un nesso diretto tra le vittorie navali di Nelson ad Abukir e Trafalgar e il precedente azzeramento – via ghigliottina o emigrazione – dell’ufficialità della Marina militare francese (non a caso detta “La Royale”).

            1. …e perché, professore, questo bagno di sangue stupido e inutile? Non poteva restare tutto come stava, che tra l’altro, lei ha detto più volte, che si stava benone, non come nel medioevo, ma quasi?
              Perchè ci furono gli (scusate la parola) illuministi e/o i massoni che sobillarono le folle ignoranti e le aizzarono contro i nobili e i preti e anche le fazioni, tra sé, col risultato che poi vennne Napoleone e fu non solo un altro bagno di sangue inutile e stupido (ovviamente) ma il crollo dei valori che la Chiesa con tanta assiduità e amore e intelligenza aveva mantenuto per tanti secoli!!!

              1. Ma, caro il mio bastiancontrario, la “rivoluzione” nasce sempre perché ci sono dei torti da raddrizzare. I rivoluzionari partono sempre animati dalle migliori intenzioni. E chissà come, promettono sempre il paradiso in terra. Peccato che poi, chissà come, qualcosa vada sempre storto: il paradiso è sempre di là da venire, l’inferno invece è molto facile da realizzare (chiedere a vandeani, kulaki, portatori di occhiali, montagnards e chi più ne ha più ne metta…)
                Non sarà mica i rivoluzionari tendono a dimenticare un qualche ingrediente indispensabile della ricetta per la felicità?

                    1. Alessandro

                      chi promette il Paradiso in terra è come minimo un illuso. La Chiesa non è un’illusa

                    2. …no il paradiso in terra, ma una società più giusta, almeno(che a quei tempi ce n’era, prima dell’89, parecchio meno, in Francia, di ora, o no?)

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